Qui abitavano Alberto Guetta e Pierluigi Guetta
Alberto e Pierluigi Guetta, Pietro Viterbo
I Guetta componevano una numerosa famiglia: i genitori Dante Guetta e Irma Varios avevano cinque figli, oltre ai più grandi -Alberto e Liliana di ventidue anni, Pier Luigi di diciannove-c’erano i più piccoli: Sergio di undici anni, Vittorio Emanuele di sei. Erano finiti in Umbria grazie a una loro domestica, Dusolina Lupini, che all’indomani dell’8 settembre li aveva aiutati a trovare alloggio in un casolare di suo padre a Rancana, una frazione del comune di Scheggia (Perugia). Erano muniti di documenti falsi, ma tutti nella zona sapevano che erano ebrei e nessuno tradì la loro fiducia. Il 27 marzo 1944 reparti corazzati tedeschi scatenarono nelle campagne attorno a Gubbio un grande rastrellamento con l’obiettivo di ricercare i renitenti alla leva e «colpire i partigiani e quanti li aiutavano». Ma non furono presi né uccisi partigiani, mentre invece i militi tedeschi, che sospettavano della popolazione tutta, puntarono le armi sulla gente e spararono a chiunque cercasse di nascondersi o fuggire, «incutendo panico e terrore».
Razziarono alimenti, animali, vino dalle case contadine e assassinarono decine di civili. In questo contesto di brutale e arbitraria violenza, alle prime avvisaglie che il rastrellamento stava raggiungendo Rancana i fratelli Guetta e il giovane Viterbo pare decidessero di nascondersi nei boschi vicini. Scoperti dai tedeschi vennero portati in una casa di Villamagna nel comune di Gubbio, insieme ad altre persone catturate. Dopo interrogatori sommari, quasi tutti i prigionieri furono liberati, ma non i tre giovani. Pur non essendo stati riconosciuti come ebrei, tuttavia quei ragazzi dovevano aver insospettito i militi tedeschi, che forse ritennero di aver catturato dei renitenti da punire, o forse li presero per spie. «Sembra che fossero fatti uscire come se fossero lasciati liberi, ma mentre si avviavano lungo un viottolo, furono uccisi con una raffica di mitra e lì abbandonati (al vocabolo Bucosecco).» Dopo l’eccidio i genitori non poterono neppure recuperare le salme. Ma la rete di solidarietà che li circondava funzionò: un giovane prete del luogo, Ubaldo Braccini, d’accordo con le famiglie, provvide alla sepoltura e, davanti al pericolo di essere scoperti dai tedeschi come ebrei, riuscì a far fuggire da Rancana i Guetta e a procurare loro un asilo nel palazzo vescovile di Gubbio dove si salvarono.
Dopo la liberazione, i tre giovani furono sepolti insieme a Firenze al cimitero ebraico di Caciolle.
Estratto Dal libro
Marta Baiardi, Le tavole del ricordo. Guerre e Shoah nelle lapidi ebraiche a Firenze (1919-2020), Viella, Roma 2021