Voli di una Farfalla
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I Prati del Popolo Romano saranno il suo letto.
Mario sarà comunque utile all'economia della vicenda e del libro, perché almeno farà vivere a Linda Roma tra tormento e bellezza, tra storia e cronaca degli anni 80.
Nella vicenda si incrociano quelle vere di Linda, di Mario, di Roma e dell'autore.
*** Recensioni ***
"È come quando a teatro si alza il sipario… l’autore è riuscito a ricreare le stesse emozioni, accompagnando il lettore sul posto dove i protagonisti vivono le loro vicende, senza mai una parola di troppo, lasciando subito spazio ai personaggi e alla loro relazione."
(Dott. Mauro Pompi, editor – fotografo)
***
"[...] A Linda non si può non voler bene, lei va “dove la porta il cuore” a rischio di soffrire, fino a morire nella sua disperata ricerca d’amore. Nonostante tutto continua ad aprire se stessa a quell’uomo che non ha saputo o voluto amarla…"
(Fabio Riondino, lettore)
***
"[...] Un romanzo breve ma intenso, ricco, senza colpi di scena, ma proprio per questo… molto difficile."
(Anonimo correttore di bozze)
*** Chi è Lidiano Balocchi? ***
La pensione l'ha portato a dare sfogo alle aspirazioni dello scrivere libero, cosicché quando le sue vicende personali si sono incrociate con quelle di Mario, il protagonista, si è immedesimato in esse, in una storia "vera". Ha mischiato l'interesse alla scrittura ed alla cultura, lasciando da parte i libri tecnici inerenti la sua professione di pubblico dipendente, di sociologo, di pubblicista e l'ha riversato sulla storia di un uomo inventato.
Lidiano Balocchi è nato nel podere di Poggio Pinzo, mezzadria dentro la Contea di Santa Fiora alle pendici del Monte Amiata, ma dagli anni 60 ha stabilito la sua famiglia a Roma.
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Anteprima del libro
Voli di una Farfalla - Lidiano Balocchi
sentimenti…
CAPITOLO PRIMO
Erano le sei. Un pomeriggio di metà settembre. Alla Stazione Termini non accadeva nulla di diverso da quello che succede tutti i giorni. Il sole tagliava sopra i palazzi, lasciava un’ombra nera, lunga e diritta, da una parte della piazza e una luce più bianca del solito dal lato opposto. Anzi tingeva di marrone chiaro i blocchi di tufo che compongono le maestose Mura Serviane, quel pezzo d’antico che abbocca e accompagna il fronte moderno della Stazione. Le grandi vetrate lucide parevano nere anch'esse. Rispecchiavano un cipresso cresciuto accanto alle Mura e qualche tetto lontano. Il caldo era sopportabile, anche perché il ponentino non lascia mai sola la città, nel pomeriggio.
Roma alla Stazione, a quell’ora, era un andirivieni di persone in cerca di qualcosa: un treno, un taxi, un tram, un’informazione, un’amicizia. In maggioranza erano persone sole in cerca di quanto avevano fisso a mente, decise per la loro strada. Ma non mancavano quelle incerte che cercavano chi gliela indicasse.
Se guardavi il fronte della Stazione, una fila di taxi scorreva, si fermava, caricava chi stava aspettando e partiva: era continua. Sul piazzale marciapiedi lunghi erano d’appoggio a molti autobus fermi al capolinea in attesa di un nuovo giro. Anche una fila di tram a singhiozzo davanti ai palazzi si fermava, caricava e ripartiva. Gli sfaccendati s’attardavano sotto l’ombra dei platani. Un accattone, seduto lì per terra, appoggiato al suo zaino nero-sudicio sbriciolava pezzi di pane ai piccioni che l’avevano circondato. Spavaldo, più alto di tutti, un gabbiano a passi sicuri si faceva largo in mezzo agli altri uccelli e andava a colpire preciso il pezzo più grosso che due del branco si stavano litigando.
Era curioso mirare questa scena di amicizia naturale: nessun volatile si adombrava del barbone che alzava il braccio per gettare i bocconi a chi era più lontano. Ognuno faceva la sua, era tutto previsto e misurato. Più là, a due passi dall'uomo per terra, un barattolo con due monetine dentro invitava i passanti a lasciare il loro obolo spicciolo.
Ora il brulichio di prima si mischiava e si districava senza che nessuno si fermasse e senza che nessuno apparisse incerto su quel che cercava.
Anche quest'anno l'estate è andata... Non mene sono neanche accorto che c'è stata l'estate, a Roma. Quei due giorni al mare e poi... Non è così?
In fondo hai ragione. Il lavoro: tranquillo; i turisti: pochi o pochi hanno avuto bisogno di noi.
No, questo no. Che dici? Il 64 non ha fatto un giro senza un borseggio. Qui in cabina è stato sempre pieno di oggetti rinvenuti.
Insomma, sì, il caldo è stato sopportabile, come parli tu, poi con 'sta ventolina... E' stata una mano santa. Chi l'ha portata? Chi l'ha inventata?
E' stato Giuliani, quello che t'ha sostituito d'agosto. Bella idea, se no l'azienda quando ci pensava che 'sta cabina sotto il sole s'infoca,
concluse Mario, uno dei due tranvieri al capolinea del 64.
Una signora distinta, uscita dalla massa, titubante si avvicinò alla porta della cabina in fondo ai capolinea degli autobus pubblici: Atac, servizio informazioni. Due uomini in uniforme erano lì disposti a rispondere.
Eccone una. Proprio come pensavi tu – commentò un tranviere rivolto al collega. - Venga, signora. Mi dica... La vedo titubante, mi dica.
Mario accompagnò con un gesto l’invito ad entrare.
Sì, quel posto per un servizio pubblico, quell'ufficio volante in mezzo al Piazzale della Stazione Termini pareva proprio una cabina di comando. Era una struttura di legno, verniciato di verde scuro, arrotondato per tre lati, dove una vetrata panoramica permetteva di assistere a tutto quello che si muoveva davanti agli occupanti. Vedevano fino in fondo al piazzale, fino alle Terme di Diocleziano da un lato ed all'ingresso della Stazione dall'altro. Il mobile di legno seguiva la forma ed il marciapiede di trachite su cui poggiava, dopo il capolinea dell'autobus n.64. Una feritoia sui vetri permetteva il contatto diretto con il mondo esterno. Sui piani di appoggio all'interno stavano sparsi molti opuscoli di pubblicità, un telefono in mezzo ai due operatori lì seduti; un attaccapanni reggeva pezzi di una divisa ed un cappello da alta uniforme.
Buona sera. Sono sperduta in questa vostra città. Sono da poco qui e vorrei andare ad Ancona. Ditemi. Sapete come posso fare?
In un buon italiano la signora miscelò una sicura formazione inglese, che donava un tono simpatico al suo parlare forestiero.
Signora, deve prendere il treno, deve entrare là di fronte, sotto quelle vetrate e cercare il treno, il binario e segnarsi gli orari che ritiene comodi per lei. Secondo quando vorrebbe partire, dico,
precisò Mario.
Non so. Un orario comodo...
, propose la donna.
Vuol dire che è meglio di mattina?
Io non sono mai stata, non conosco. Quanto tempo occorre per arrivare?
Mario si alzò dal suo posto. Fece un cenno al collega: Esco un attimo. Faccio due passi...
, poi:
"Venga che vediamo. L’accompagno al cartello delle 'partenze'. Io sono Mario e lavoro qui, molti dei miei pomeriggi, per l'azienda dei trasporti di Roma."
Io sono Linda. Sono nata a Dorchester, da poco vivo a Roma e lavoro dentro la Fao per alcune consulenze: aiuto gli italiani a conoscere meglio la mia lingua.
S'avviarono. Il tranviere, in divisa, le camminava a fianco; era uno uomo prestante, alto e robusto, di mezza età: una bella presenza. Insomma, Linda si disse subito: che bell'uomo. E si sentiva importante, forse privilegiata da quella compagnia. Anch'essa era una signora di media età, alta, elegante, vestita con qualche ricamo e qualche accessorio in più sull'abbigliamento, una borsa capiente in mano, capelli fluenti non biondi, ma il tutto intonato con gusto su un portamento distinto: matura, ma bella. Molti uomini, siamo certi, avrebbero desiderato sostituire Mario in quei pochi passi che li separavano dalle partenze
.
Il viavai non permetteva una conversazione aperta e libera, ma solo parole di necessità.
Venga, ma non era mai stata qui? E' un po' una bolgia, ma basta guardarsi intorno e si trova tutto quello che è utile...
riprese Mario.
Sicuramente sarà vero, ma io per adesso non so dove mettere i piedi, che briga prendere in questa confusione. Mi sento persa.
Venga, venga e vedrà dove sono i cartelli dei treni...
Grazie, che si è scomodato. E' così gentile... Che dirà il suo collega?
Il mio collega è un bravo ragazzo. Sa che di fronte ad una bella signora si deve far di tutto per aiutarla e pure accontentarla. Oggi è toccato a me, domani capiterà a lui. Poi, durante il servizio ogni ora abbiamo diritto a distendere le gambe... Oggi ancora non mi ero alzato dalla sedia. Mica facciamo così con tutte le signore! Eppoi lei, mi consenta, è una bella signora...
Eh, gli italiani, siete sempre così galanti!
"Signora Linda, siamo arrivati. Ecco qui una tabella delle partenze
. Ha detto Ancona. Ma per stasera?"
Sì, poi vediamo le comodità...
"Ecco. Qui dice: per Ancona... Ancona. Ore 19, binario 13, arrivo ore 23.30. E' un Espresso
. Va bene o guardo di un altro?"
Guardi altro, ma questo già va bene...
commentò lei.
L'altro è a mezzanotte, dice la tabella. Sa, Ancona è un po' fuori mano. Non è una linea diretta e i treni non ci sono a tutte le ore. Non credo che le vada bene. Dove va alle tre del mattino, se non ha niente di prenotato? Sa dove andare?
domandò Mario.
Veramente rimarrei qui con lei a parlare fino a domattina, per guardare i movimenti delle persone, ma non ho nessuno, né qui, né là.
Allora bisogna decidersi: vada in biglietteria, faccia il biglietto. Andata e ritorno? Poi aspetti davanti al binario 13, che non ci sarà molto da aspettare,
concluse Mario.
Sì, che dice? mi aspetta che salga sul treno e che parta? Oramai le rubo due altri minuti, sperando che lei non debba avere rimproveri per causa mia.
M'avvio al binario, quello là. L'aspetto là, ma presto, faccia presto.
Linda fece il biglietto e tornò di corsa al punto indicato da Mario. Può salire. Il treno è qui pronto. Aspetta lei.
Si salutarono come due vecchi amici, con una forte stretta di mano ed un cenno di abbraccio.
Mi aspetti. Torno a trovarla presto.
Buon viaggio. Ciao.
Il treno si mosse. Dal finestrino Linda rivolse un cenno di saluto al suo accompagnatore. Mario è un bell'uomo, gentile, distinto. È l'uomo che ci vuole per me! Deve essere bello averlo vicino, appena torno
.
Lei si mise subito a fantasticare, dopo che sparì alla sua vista: sentiva di poterlo seguire a braccetto, già lo stringeva. Si estraniò dai vicini del suo compartimento: appena un abbozzo di saluto cortese, poi seguitò nei suoi pensieri, mentre che il treno viaggiava. Ogni tanto il convoglio si fermava, ma quelle stazioni non le dicevano nulla di nuovo, parevano tutte uguali e di averle già viste. Insignificanti, a confronto dei luoghi che aveva visitato nel mondo, durante i suoi quarantanove anni. "Firenze, sì, è importante, Bologna, anche; ma Ancona... Che ci vado a fare ad Ancona? Per farmi vedere da