Come si impara un mestiere
Di Giorgio Rado
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Anteprima del libro
Come si impara un mestiere - Giorgio Rado
successi.
1
Il Signor Davide
1.1 - L'inizio di tutto.
Qualcuno potrebbe pensare che io abbia iniziato a giocare con pettini e forbici sin dalla prima infanzia, ma devo subito dire che non è stato così. Come tutti gli altri bambini giocavo e ne combinavo di cotte e di crude, a volte piuttosto pericolose, erano altri tempi e certe preoccupazioni di oggi, allora non esistevano. In ogni caso mai avrei pensato di fare il parrucchiere, anzi a dirla tutta, il mio sogno era assai diverso.
Ma è meglio cominciare dall'inizio.
Sono nato il 14 marzo del 1956 a Bojon di Santa Maria Assunta di Campolongo Maggiore, una frazione dell'infinita provincia di Venezia, ricca di terreni e di persone che ad essi dedicavano la loro esistenza. Un posto tranquillo, uno di quei posti in cui non succedeva nulla di interessante e dal quale si provava il desiderio di venir via, anche se farlo da bambino non fu facile, dopotutto lì c'era casa mia e più ancora c'erano i miei genitori.
Del paese ho ancora molti ricordi. Per esempio il tipo che veniva con l'Ape vicino alla chiesetta a vendere cachi, castagne, marroni arrostiti, ma anche caramelle e liquirizia. Poi la cartoleria in cui si trovavano giornali, quaderni e altre cose, tutto in pochi metri quadrati molto disordinati. Se vi fosse entrata una persona dei giorni nostri, non avrebbe capito nemmeno di che tipo di negozio si trattava.
Da piccolo facevo la raccolta di figurine che andavo a comprare proprio lì, in particolare quelle degli animali che seguivo con cura, anche se alla fine non la completavo, non ho mai trovato la figurina del pappagallo Hoara, non sono mai riuscito ad averla e per questo non sono mai riuscito a completare la raccolta. Anzi, colgo l'occasione per chiedere a chi sta leggendo se ce l'ha magari in qualche cassetto, armadio o soffitta, di farmelo almeno vedere, almeno una volta. Così mi tolgo la soddisfazione e non ci penso più!
Bojon di Santa Maria Assunta di Campolongo Maggiore si sviluppava attorno e ai lati della strada Provinciale fra Dolo e Piove di Sacco, verso la provincia di Padova, ma quella via non era solamente una strada, era il confine di due mondi.
Non so per quale motivo e da quale misteriosa serie di fattori ciò sia derivato, ma quella lunga arteria divideva il centro urbano in due parti, una occupata da persone di ideologia democristiana e l'altra di convinzione comunista, con un antagonismo che nulla aveva da invidiare alle indimenticabili vicende cinematografiche di Brescello fra Don Camillo e Peppone. La prima faceva riferimento alla Chiesa principale che vantava affreschi curati e preziosi, mentre la seconda si accontentava di una chiesetta eretta per volere popolare e oggettivamente priva di qualunque ambizione artistica.
1.2 - Le mie origini.
Sono il terzogenito di quattro figli, la più grande è Giannina, poi c'è Rodolfo, io e il più giovane, Daniele. Adesso che ho rivisto la fotografia di famiglia, mi sono accorto che tenevo la mano sul fianco come mio padre. A osservarla mi sembra di guardare una di quelle fotografie di una volta, quelle di tanto tempo fa, con la differenza però che in quell'immagine ci sono io! La cosa mi fa un po' impressione. Possibile che sia trascorso così tanto tempo?
Mio padre Amedeo era un serio e professionista carpentiere impiegato nella realizzazione delle armature del cemento. Lavorava al Lido di Venezia nel periodo delle costruzioni degli edifici principali dell'isola, non parlava molto, preferiva frasi sintetiche che bisognava sbrogliare per capire del tutto. Aveva un solo passatempo, la Briscola che giocava presso il bar dei Pilotto, il cui figlio Vanni era mio coetaneo, grande amico e compagno di classe.
Mia madre si chiamava Ines, un'impeccabile casalinga dotata di una parlantina favolosa e proprio grazie a questa sua abilità era ogni volta impegnata a completare quello che mio padre diceva con poche parole che bisognava poi interpretare per comprendere.
Come su tante altre cose, Amedeo e Ines erano complementari, si completavano a vicenda e come non molte coppie, sono rimasti sempre molto uniti e questo lo trovo assolutamente invidiabile.
Frequentai l'asilo dalle suore.
Sulle suore non mi sento di dire né male, né bene, ma l'asilo mi ha lasciato il brutto ricordo dell'odore della minestra di verdure, tanto che ancora oggi non riesco a sopportare né quell'odore, né tantomeno la pastina delle minestre. Quindi se mi si vuole fare un dispetto, mi si offra un piatto di passato di verdura con la pastina di quella piccola piccola.
Ma un bel ricordo ce l'ho pure, si tratta del viso di una bellissima bambina dai boccoli biondissimi con la quale parlavo spesso. Mi piaceva così tanto che mi affannavo anche a difenderla quando qualcuno dei bambini la importunava o comunque la disturbava. Non mi ricordo più il suo nome e me ne