Canne al vento
()
Info su questo ebook
Edizione integrale
Canne al vento, pubblicato nel 1913, è il romanzo della Deledda più letto e tradotto. Sullo sfondo di Galte (Galtellì), un piccolo paese della Sardegna orientale, si intravedono i mali secolari dell’isola, l’estrema povertà della Baronia e l’incubo della malaria sempre in agguato. A Galte vivono le dame Pintor, appartenenti alla nobiltà terriera ormai decaduta, che non sanno adattarsi alla società che cambia, nella quale hanno buon gioco commercianti e usurai. Protagonista principale del romanzo è Efix, il “servo” delle dame Pintor, che si cura della loro sopravvivenza. Quando, diversi anni più tardi, giungerà in paese Giacinto, figlio di Lia, una delle sorelle, a sconvolgere l’esistenza di tutti, Efix, con la sua sofferta saggezza, cercherà in ogni modo di arginare il disastro finanziario provocato dal giovane dissennato, ma morirà proprio il giorno in cui Noemi, la più giovane delle Pintor, deponendo il suo orgoglio, sposa il ricco cugino Don Predu. Il romanzo è pervaso da una vena lirica che stempera le forti passioni trasformandole, come scrive la stessa Deledda, «in un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo».
«Ed ecco nella fantasia stanca del servo le cose a un tratto cambiano aspetto come dalla notte al giorno; tutto è luce, dolcezza: le sue nobili padrone ringiovaniscono, si risollevano a volo come aquile che han rimesso le penne; la loro casa risorge dalle sue rovine e tutto intorno rifiorisce come la valle a primavera.»
Grazia Deledda
Grazia Deledda (Nuoro 1871 - Roma 1936) esordì come narratrice su un periodico di moda. Nel 1926 ottenne il premio Nobel per la letteratura. È stata definita la scrittrice del verismo romantico. Restano famosi alcuni suoi titoli: Elias Portolu; Marianna Sirca; La madre. Delle sue opere la Newton Compton ha pubblicato Canne al vento; La via del male; Marianna Sirca; Sangue sardo e altri racconti; La giustizia; Il paese del vento; Leggende sarde e Tradizioni popolari di Sardegna.
Grazia Deledda
Grazia Deledda was born in 1871 in Nuoro, Sardinia. The street has been renamed after her, via Grazia Deledda. She finished her formal education at 11. She published her first short story when she was 16 & her first novel, Stella D'Oriente in 1890 in a Sardinian newspaper when she was 19. Leaves Nuoro for the first time in 1899 and settles in Cagliari, the principal city of Sardinia where she meets the civil servant Palmiro Madesani who she marries in 1900 and they move to Rome. Grazia Deledda establishes an international reputation as a novelist& wins the Nobel Prize for Literature in 1926.
Leggi altro di Grazia Deledda
Il fanciullo nascosto (Novelle) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniChiaroscuro (Novelle) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI giuochi della vita Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl dono di Natale Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'ombra del passato. Romanzo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa casa del poeta. Novelle Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAmori moderni Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Correlato a Canne al vento
Titoli di questa serie (100)
L'agente segreto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCosì parlò Zarathustra Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Vita dei Cesari Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'interpretazione dei sogni Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Psicopatologia della vita quotidiana Valutazione: 4 su 5 stelle4/5La coscienza di Zeno Valutazione: 4 su 5 stelle4/5L'amante di Lady Chatterley Valutazione: 3 su 5 stelle3/5America Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniOrgoglio e pregiudizio Valutazione: 4 su 5 stelle4/5La psicoanalisi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI Malavoglia Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I Fiori del Male e tutte le poesie Valutazione: 4 su 5 stelle4/5L'origine dell'uomo e la selezione sessuale Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il maestro e Margherita Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I grandi romanzi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAl di là del bene e del male Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Una vita Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa metamorfosi e tutti i racconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'Anticristo - Crepuscolo degli idoli - Ecce homo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl processo Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Ossessioni, fobie e paranoia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStoria d'Europa dalle invasioni al XVI secolo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTutte le poesie Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I promessi sposi Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Poesie zen Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe avventure di Sherlock Holmes Valutazione: 4 su 5 stelle4/5L'origine delle specie Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Senilità Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniUmano, troppo umano Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Tutte le avventure di Sandokan Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Ebook correlati
Canne al vento Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRaccolto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL’edera Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCarne Umana Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniHalma Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl riccio rapito Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa danza della collana Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMeri Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDE RERUM. Raccolta di poesie Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMail di cuore, mail d'amore (HALF-Book): Fermenti di un discorso amoroso Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniQuando le strade portavano un nome Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRitratti letterari Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVersi sparsi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'esclusa: Ediz. integrale Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTutte le novelle Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMalus: Sfida alla Notte Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Rose Rosse Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVento d’Estate Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniC'art Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe storie del castello di Trezza Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLilith Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSulla Strada Bianca Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCinquanta poesie sotto un albero Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'enigma del Toro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl mistero del quadrato magico Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe novelle per il tempo che verrà Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLeggende napoletane Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniFortune e sfortune della famosa Moll Flanders Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI capolavori Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniM@il di cuore, m@il d'amore (Firenze) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Narrativa letteraria per voi
Confessioni di uno psicopatico Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I capolavori Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Uno, nessuno, e centomila Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il maestro e Margherita Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Alla ricerca del tempo perduto Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Tenera è la notte Valutazione: 1 su 5 stelle1/5L'idiota Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I fratelli Karamazov Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa metamorfosi e tutti i racconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCuore di tenebra e altri racconti d'avventura Valutazione: 4 su 5 stelle4/5L'idiota Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl giallo di Varese: Una nuova indagine del magistrato Elena Macchi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAlice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Tutti i racconti, le poesie e «Gordon Pym» Valutazione: 4 su 5 stelle4/5I magnifici 7 capolavori della letteratura erotica Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSuor Monika. Il romanzo proibito Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI Malavoglia Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Tutti i racconti gialli e tutte le indagini di Padre Brown Valutazione: 3 su 5 stelle3/5La coscienza di Zeno Valutazione: 4 su 5 stelle4/5L'Eneide Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa locandiera Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa chiave di violino Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Ivanhoe Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Suite francese Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Giacomo Puccini - I segreti del grande maestro tra Musica e massoneria- II edizione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSherlock Holmes: "Elementare, Watson" Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Decamerone Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl pane sotto la neve Valutazione: 3 su 5 stelle3/5Una stanza tutta per sé Valutazione: 4 su 5 stelle4/5La tua misura esteriore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Categorie correlate
Recensioni su Canne al vento
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
Canne al vento - Grazia Deledda
Capitolo primo
Tutto il giorno Efix, il servo delle dame Pintor, aveva lavorato a rinforzare l'argine primitivo da lui stesso costruito un po' per volta a furia d'anni e di fatica, giù in fondo al poderetto lungo il fiume: e al cader della sera contemplava la sua opera dall'alto, seduto davanti alla capanna sotto il ciglione glauco di canne a mezza costa sulla bianca Collina dei Colombi.
Eccolo tutto ai suoi piedi, silenzioso e qua e là scintillante d'acque nel crepuscolo, il poderetto che Efix considera più suo che delle sue padrone: trent'anni di possesso e di lavoro lo han fatto ben suo, e le siepi di fichi d'India che lo chiudono dall'alto in basso come due muri grigi serpeggianti di scaglione in scaglione dalla collina al fiume, gli sembrano i confini del mondo.
Il servo non guardava al di là del poderetto anche perché i terreni da una parte e dall'altra erano un tempo appartenuti alle sue padrone: perché ricordare il passato? Rimpianto inutile. Meglio pensare all'avvenire e sperare nell'aiuto di Dio.
E Dio prometteva una buona annata, o per lo meno faceva ricoprir di fiori tutti i mandorli e i peschi della valle; e questa, fra due file di colline bianche, con lontananze cerule di monti ad occidente e di mare ad oriente, coperta di vegetazione primaverile, d'acque, di macchie, di fiori, dava l'idea di una culla gonfia di veli verdi, di nastri azzurri, col mormorìo del fiume monotono come quello di un bambino che s'addormentava.
Ma le giornate eran già troppo calde ed Efix pensava anche alle piogge torrenziali che gonfiano il fiume senz'argini e lo fanno balzare come un mostro e distruggere ogni cosa: sperare, sì, ma non fidarsi anche; star vigili come le canne sopra il ciglione che ad ogni soffio di vento si battono l'una all'altra le foglie come per avvertirsi del pericolo.
Per questo aveva lavorato tutto il giorno e adesso, in attesa della notte, mentre per non perder tempo intesseva una stuoia di giunchi, pregava perché Dio rendesse valido il suo lavoro. Che cosa è un piccolo argine se Dio non lo rende, col suo volere, formidabile come una montagna?
Sette giunchi attraverso un vimine, dunque, e sette preghiere al Signore ed a Nostra Signora del Rimedio, benedetta ellasia, ecco laggiù nell'estremo azzurro del crepuscolo la chiesetta e il recinto di capanne quieto come un villaggio preistorico abbandonato da secoli. A quell'ora, mentre la luna sbocciava come una grande rosa fra i cespugli della collina e le euforbie odoravano lungo il fiume, anche le padrone di Efix pregavano: donna Ester la più vecchia, benedetta ella sia, si ricordava certo di lui peccatore: bastava questo perché egli si sentisse contento, compensato delle sue fatiche.
Un passo in lontananza gli fece sollevar gli occhi. Gli sembrò di riconoscerlo; era un passo rapido e lieve di fanciullo, passo d'angelo che corre ad annunziare le cose liete e le tristi. Sia fatto il volere di Dio: è lui che manda le buone e le cattive notizie; ma il cuore cominciò a tremargli, ed anche le dita nere screpolate tremarono coi giunchi argentei lucenti alla luna come fili d'acqua.
Il passo non s'udiva più: Efix tuttavia rimase ancora là, immobile ad aspettare.
La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertivano l'uomo che la sua giornata era finita. Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d'uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa; sì, la giornata dell'uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti. I fantasmi degli antichi Baroni scendevano dalle rovine del castello sopra il paese di Galte, su, all'orizzonte a sinistra di Efix, e percorrevano le sponde del fiume alla caccia dei cinghiali e delle volpi: le loro armi scintillavano in mezzo ai bassi ontani della riva, e l'abbaiar fioco dei cani in lontananza indicava il loro passaggio.
Efix sentiva il rumore che le panas¹ facevano nel lavar i loro panni giù al fiume, battendoli con uno stinco di morto, e credeva di intraveder l'ammattadore, folletto con sette berretti entro i quali conserva un tesoro, balzar di qua e di là sotto il bosco di mandorli, inseguito dai vampiri con la coda di acciaio.
Era il suo passaggio che destava lo scintillio dei rami e delle pietre sotto la luna: e agli spiriti maligni si univano quelli dei bambini non battezzati, spiriti bianchi che volavano per aria tramutandosi nelle nuvolette argentee dietro la luna: e i nani e le janas, piccole fate che durante la giornata stanno nelle loro case di roccia a tesser stoffe d'oro in telai d'oro, ballavano all'ombra delle grandi macchie di filirèa, mentre i giganti s'affacciavano fra le rocce dei monti battuti dalla luna, tenendo per la briglia gli enormi cavalli verdi che essi soltanto sanno montare, spiando se laggiù fra le distese d'euforbia malefica si nascondeva qualche drago o se il leggendario serpente cananèa, vivente fin dai tempi di Cristo, strisciava sulle sabbie intorno alla palude.
Specialmente nelle notti di luna tutto questo popolo misterioso anima le colline e le valli: l'uomo non ha diritto a turbarlo con la sua presenza, come gli spiriti han rispettato lui durante il corso del sole; è dunque tempo di ritirarsi e chiuder gli occhi sotto la protezione degli angeli custodi.
Efix si fece il segno della croce e si alzò: ma aspettava ancora che qualcuno arrivasse. Tuttavia spinse l'asse che serviva da porticina e vi appoggiò contro una gran croce di canne che doveva impedire ai folletti e alle tentazioni di penetrare nella capanna.
Il chiarore della luna illuminava attraverso le fessure la stanza stretta e bassa agli angoli, ma abbastanza larga per lui che era piccolo e scarno come un adolescente. Dal tetto a cono, di canne e giunchi, che copriva i muri a secco e aveva un foro nel mezzo per l'uscita del fumo, pendevano grappoli di cipolle e mazzi d'erbe secche, croci di palma e rami d'ulivo benedetto, un cero dipinto, una falce contro i vampiri e un sacchetto di orzo contro le panas: ad ogni soffio tutto tremava e i fili dei ragni lucevano alla luna. Giù per terra la brocca riposava con le sue anse sui fianchi e la pentola capovolta le dormiva accanto.
Efix preparò la stuoia, ma non si coricò. Gli sembrava sempre di sentire il rumore dei passi infantili: qualcuno veniva di certo e infatti a un tratto i cani cominciarono ad abbaiare nei poderi vicini, e tutto il paesaggio che pochi momenti prima pareva si fosse addormentato fra il mormorio di preghiera delle voci notturne, fu pieno di echi e di fremiti quasi si svegliasse di soprassalto.
Efix riaprì. Una figura nera saliva attraverso la china ove già le fave basse ondulavano argentee alla luna, ed egli, a cui durante la notte anche le figure umane parevan misteriose, si fece di nuovo il segno della croce. Ma una voce conosciuta lo chiamò: era la voce fresca ma un po' ansante di un ragazzo che abitava accanto alla casa delle dame Pintor.
«Zio Efisè, zio Efisè!»
«Che è accaduto, Zuannantò? Stanno bene le mie dame?»
«Stanno bene, sì, mi pare. Solo mi mandano per dirvi di tornare domani presto in paese, che hanno bisogno di parlarvi. Sarà forse per una lettera gialla che ho visto in mano a donna Noemi. Donna Noemi la leggeva e donna Ruth col fazzoletto bianco in testa come una monaca spazzava il cortile, ma stava ferma appoggiata alla scopa e ascoltava.»
«Una lettera? Non sai di chi è?»
«Io no; non so leggere. Ma la mia nonna dice che forse è di sennor Giacinto il nipote delle vostre padrone.»
Sì, Efix lo sentiva; doveva esser così: tuttavia si grattava pensieroso la guancia, a testa china, e sperava e temeva d'ingannarsi.
Il ragazzo s'era seduto stanco sulla pietra davanti alla capanna e si slacciava gli scarponi domandando se non c'era nulla da mangiare.
«Ho corso come un cerbiatto: avevo paura dei folletti...»
Efix sollevò il viso olivastro duro come una maschera di bronzo, e fissò il ragazzo coi piccoli occhi azzurrognoli infossati e circondati di rughe: e quegli occhi vivi lucenti esprimevano un'angoscia infantile.
«Ti han detto s'io devo tornare domani o stanotte?»
«Domani, vi dico! Intanto che voi sarete in paese io starò qui a guardare il podere.»
Il servo era abituato a obbedire alle sue padrone e non fece altre richieste: tirò una cipolla dal grappolo, un pezzo di pane dalla bisaccia e mentre il ragazzo mangiava ridendo e piangendo per l'odore dell'aspro companatico, ripresero a chiacchierare. I personaggi più importanti del paese attraversavano il loro discorso: primo veniva il Rettore, poi la sorella del Rettore, poi il Milese che aveva sposato una figlia di questa ed era diventato, da venditore ambulante di arance e di anfore, il più ricco mercante del villaggio. Seguiva don Predu, il sindaco, cugino delle padrone di Efix. Anche don Predu era ricco, ma non come il Milese. Poi veniva Kallina l'usuraia, ricca anche lei ma in modo misterioso.
«l ladri han tentato di rompere il suo muro. Inutile: è fatato. E lei rideva, stamattina, nel suo cortile, dicendo: anche se entrano trovano solo cenere e chiodi, povera come Cristo. Ma la mia nonna dice che zia Kallina ha un sacchettino pieno d'oro nascosto dentro il muro.»
Ma a Efix in fondo poco importavano queste storie. Coricato sulla stuoia, con una mano sotto l'ascella e l'altra sotto la guancia sentiva il suo cuore palpitare e il fruscio delle canne sopra il ciglione gli sembrava il sospiro d'uno spirito malefico.
La lettera gialla! Giallo, brutto colore. Chissà cosa doveva ancora accadere alle sue padrone. Da venti anni a questa parte quando qualche avvenimento rompeva la vita monotona di casa Pintor era invariabilmente una disgrazia.
Anche il ragazzo s'era coricato, ma non aveva voglia di dormire.
«Zio Efix, anche oggi la mia nonna raccontava che le vostre padrone erano ricche come don Predu. È vero o non è vero?»
«È vero», disse il servo sospirando. «Ma non è ora di ricordar queste cose. Dormi.» Il ragazzo sbadigliò.
«Ma mia nonna racconta che dopo morta donna Maria Cristina, la vostra beata padrona vecchia, passò come la scomunica, in casa vostra. E vero o non è vero?»
«Dormi, ti dico, non è ora...»
«E lasciatemi parlare! E perché è fuggita donna Lia, la vostra padrona piccola? La mia nonna dice che voi lo sapete: che l'avete aiutata a fuggire, donna Lia: l'avete accompagnata fino al ponte, dove si è nascosta finché è passato un carro sul quale ella è andata fino al mare. Là si è imbarcata. E don Zame, suo padre, il vostro padrone, la cercava, la cercava, finché è morto. È morto là, accanto al ponte. Chi l'ha ucciso? Mia nonna dice che voi lo sapete...»
«Tua nonna è una strega! Lei e tu, tu e lei lasciate in pace i morti!», gridò Efix; ma la sua voce era roca, e il ragazzo rise con insolenza.
«Non arrabbiatevi, che vi fa male, zio Efix! Mia nonna dice che è stato il folletto, a uccidere don Zame. È vero o non è vero?»
Efix non rispose: chiuse gli occhi, si mise la mano sull'orecchio, ma la voce del ragazzo ronzava nel buio e gli sembrava la voce stessa degli spiriti del passato.
Ed ecco a poco a poco tutti vengono attorno, penetrano per le fessure come i raggi della luna: è donna Maria Cristina, bella e calma come una santa, è don Zame, rosso e violento come il diavolo: sono le quattro figlie che nel viso pallido hanno la serenità della madre e in fondo agli occhi la fiamma del padre: sono i servi, le serve, i parenti, gli amici, tutta la gente che invade la casa ricca dei discendenti dei Baroni della contrada. Ma passa il vento della disgrazia e la gente si disperde, come le nuvolette in cielo attorno alla luna quando soffia la tramontana.
Donna Cristina è morta; il viso pallido delle figlie perde un poco della sua serenità e la fiamma in fondo agli occhi cresce: cresce a misura che don Zame, dopo la morte della moglie, prende sempre più l'aspetto prepotente dei Baroni suoi antenati, e come questi tiene chiuse dentro casa come schiave le quattro ragazze in attesa di mariti degni di loro. E come schiave esse dovevano lavorare, fare il pane, tessere, cucire, cucinare, saper custodire la loro roba: e soprattutto, non dovevano sollevar gli occhi davanti agli uomini, né permettersi di pensare ad uno che non fosse destinato per loro sposo. Ma gli anni passavano e lo sposo non veniva. E più le sue figlie invecchiavano più don Zame pretendeva da loro una costante severità di costumi. Guai se le vedeva affacciate alle finestre verso il vicolo dietro la casa, o se uscivano senza suo permesso. Le schiaffeggiava coprendole d'improperi, e minacciava di morte i giovani che passavano due volte di seguito nel vicolo. ...
Egli intanto passava le giornate a girovagare per il paese, o seduto sulla panca di pietra davanti alla bottega della sorella del Rettore. Le persone scantonavano nel vederlo, tanto avevan paura della sua lingua. Egli litigava con tutti, ed era talmente invidioso del bene altrui, che quando passava in un bel podere diceva le liti ti divorino
. Ma le liti finivano col divorare le sue terre, e una disgrazia inaudita lo colpì a un tratto come un castigo di Dio per la sua superbia e i suoi pregiudizi. Donna Lia, la terza delle sue figlie, sparì una notte dalla casa paterna e per lungo tempo non si seppe più nulla di lei. Un'ombra di morte gravò sulla casa: mai nel paese era accaduto uno scandalo eguale; mai una fanciulla nobile e beneducata come Lia era fuggita così. Don Zame parve impazzire; corse di qua e di là; per tutto il circondario e lungo la Costa in cerca di Lia; ma nessuno seppe dargliene notizie. Finalmente ella scrisse alle sorelle, dicendo di trovarsi in un luogo sicuro e d'esser contenta d'aver rotto la sua catena. Le sorelle però non perdonarono, non risposero. Don Zame era divenuto più tiranno con loro. Vendeva i rimasugli del suo patrimonio, maltrattava il servo, annoiava mezzo mondo con le sue querele, viaggiava sempre con la speranza di rintraccia re sua figlia e ricondurla a casa. L'ombra del disonore che gravava su lui e su l'intera famiglia, per la fuga di Lia, gli pesava come una cappa da condannato. Una mattina fu trovato morto nello stradone, sul ponte dopo il paese. Doveva esser morto di sincope, perché non presentava traccia alcuna di violenza: solo una piccola macchia verde al collo, sotto la nuca. La gente disse che forse don Zame aveva litigato con qualcuno e che era stato ammazzato a colpi di bastone: ma col tempo questa voce tacque e predominò la certezza che egli fosse morto di crepacuore per la fuga di sua