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Modelle per Egon Schiele
Modelle per Egon Schiele
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E-book189 pagine3 ore

Modelle per Egon Schiele

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Info su questo ebook

Breve, forte e ardente è la vicenda di Egon Schiele catturata in queste pagine.
L’Europa del primo Novecento, gonfia di tensioni represse, sta per collassare, e la crisi della società è il riflesso della crisi individuale: ognuno è in bilico su un abisso di mediocre passività. Il perbenismo asfissia la fantasia, l’immaginazione è lasciata preda della più cinica ottusità.
Lo Schiele di Gaetano Cinque, descritto lungo tutta la propria parabola artistica rivoluzionaria e scandalosa, rifugge le stantie formule accademiche, distanti dall’uomo. Arriva a consumare se stesso verso un ideale di arte che non si distacchi mai dalla sua unica vera fonte di ispirazione, la vita, piena, cruda, feroce e languida di eros, forza primigenia che ogni cosa domina e a cui ogni spirito deve cedere. I suoi quadri grondano di sferzante desiderio e di inesprimibile tragicità.
Ma questa figura di Schiele non è ben definibile se non messa in stretto rapporto con quelle che della sua ispirazione sono imprescindibili muse, un po’ amanti, un po’ amiche, un po’ tiranne e un po’ schiave. La torbida sorella Gerti, le tante donne di strada, la celebre Wally che già aveva conquistato il grande maestro Klimt, e poi l’enigmatica Edith, che diviene sua moglie e che porta all’estremo il suo conflitto interiore tra una libertà assoluta a cui non può abdicare e una armonia borghese che può dargli stabilità e protezione.
Una ambiziosa ricostruzione letteraria, che privilegia non tanto il puro dato biografico bensì la sfumatura interpretativa più intima e sfuggente della personalità dell’immortale artista austriaco.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2020
ISBN9788832927436
Modelle per Egon Schiele

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    Anteprima del libro

    Modelle per Egon Schiele - Gaetano Cinque

    1998

    1

    Nel ricordo del primo amore

    Non sapevo che ti interessassi di storia dell’arte. Ricordo che nutrivi piuttosto una passione per la scrittura.

    Non è mai tardi per aprirsi a nuove prospettive. Ma per favore, tu mi devi aiutare. Per questo ti ho cercata dopo tanti anni. Sono venuto fino a Milano per parlare con te.

    Non è molto bello quello che mi dici. Si vede che mi sono illusa ancora una volta. Non sono io a interessarti. Di chi si tratta questa volta? Di nuovo un’altra donna?

    No, questa volta è un uomo, e un genere di amore molto diverso. Un amore smisurato per l’arte, per vivere il quale non è sufficiente il tempo che il destino ci assegna.

    E chi è quest’uomo che ha suscitato in te tanto interesse al punto da spingerti a ricongiungerti, anche se credo solo per un breve periodo, a me?

    È Egon Schiele, Egon Leon Adolf Schiele.

    Ci guardiamo con intensità.

    Quanto vorrei darle un bacio appassionato.

    Ho pensato subito a Aurora quando l’idea di un romanzo su Schiele ha cominciato a ossessionarmi. Mi sono detto: una vita breve votata all’arte, alla sublime arte, quale soggetto più stimolante oggi che dell’arte si hanno solo idee utilitaristiche e commerciali. E poi, una pittura così intensa, fatta di umanità e di analisi della psiche dei soggetti rappresentati.

    Ma di Schiele si è scritto tanto. Lui stesso ha scritto il controverso Diario del carcere e alcune poesie, oltre a una produzione figurativa tanto vasta che, per una vita così breve come la sua, appare veramente sorprendente. C’è anche chi su di lui ha scritto un romanzo dal singolare titolo Il pornografo di Vienna.

    E allora perché cimentarmi in un altro romanzo?

    Vorrei che si presentasse come qualcosa di nuovo, che raccontasse qualcosa che non sia già stato detto, in cui Schiele possa rivivere in un’immaginazione letteraria, senza che sia tradito il suo spirito originale, le sue profonde radici, le sue convinzioni artistiche.

    Vorrei entrare, attraverso una letteraria ricostruzione immaginativa, nei meandri della sua creazione artistica, e vedere quanto oggi il suo impegno artistico sia rivoluzionario e parli ai cuori delle nuove generazioni.

    Credo che Schiele sia un classico, e un classico, proprio in quanto tale, va sempre reinterpretato.

    Ma è un’operazione molto difficile.

    È un’avventura che non potevo vivere da solo. Con mia moglie e i miei due figli raramente mi confronto sui temi letterari e sulle mie produzioni narrative. Certo mi piace consegnare i miei manoscritti a Alessandra, mia moglie, e ai miei due figli, ingegneri meccanici, tutti e due impegnati nella prosaica attività della produzione industriale.

    Ma in questo caso avrei avuto bisogno di un aiuto più incisivo, ovvero di qualcuno che potesse seguirmi nella stessa costruzione del mio scritto.

    A chi rivolgermi?

    C’è stato un lampo.

    Un affondo nel passato, una memoria che è riemersa da un letargo volutamente tenuto nascosto a me stesso e anche a chi mi stava accanto.

    Ho detto a Alessandra: prendo il treno da Napoli e cerco il contatto con un’esperta di storia dell’arte.

    Aurora Lenghi, affermata critica d’arte, è stata una mia antica fiamma, che miseramente ho cercato nel più bello di spegnere.

    All’inizio fu difficile stare con lei: ci eravamo innamorati da ragazzi, su quel treno metropolitano che al mattino portava me al liceo classico Genovesi e lei all’istituto d’arte di Pizzofalcone.

    Io salivo alla stazione di Pozzuoli Solfatara e lei in quella dei Campi Flegrei a Fuorigrotta. Primi amori, eccitazione continua. Dentro di me batteva un cuore innamorato, un piacere di visione e di contatto, di profumi selvatici e di primavere sorprendenti. Tutto per me era finalizzato a quel momento mattutino in treno.

    Lì sì che il tempo si è fermato.

    Poi finalmente ci siamo frequentati durante il periodo universitario, e in seguito abbiamo deciso di andare a vivere insieme a Roma.

    Fu un’esperienza breve e fallimentare. Le nostre strade si divisero, io me ne tornai a Napoli e lei se ne andò a Milano.

    Dopo tanti anni, ora avevo bisogno di lei.

    Ritrovarla è stato molto difficile. Mi sono ricordato di un’amica comune, ed ecco il contatto, servito al tavolino di un bar nel centro storico di Napoli, in piazza San Domenico Maggiore. Insieme alle informazioni recuperate, un tuffo in un passato remoto.

    Il tempo fa questi scherzi. La vita sarà sempre avara. Gli anni si accumulano, restano i sogni e i desideri inespressi.

    Ora Schiele, che ho imparato ad amare, attingendo alla meraviglia dei suoi disegni anche per la copertina dei miei romanzi, mi ha ricondotto a Aurora, che ha mantenuto tutta la sua leggiadria di donna seducente, nonostante l’età.

    È stata la sua competenza a darmi la gioia di rivederla. Mi ha accolto a casa sua insieme al marito, che però subito è scomparso, immagino nel rispetto dei sentimenti antichi ed esclusivi della sua compagna di vita. In effetti, la sua presenza mi sarebbe stata di impaccio.

    Aurora conosce la mia sensibilità, per questo sono sicuro che mi aiuterà.

    Che cosa vuoi raccontare nel tuo romanzo? Quale aspetto di Egon Schiele vuoi cogliere? Guarda che non è una cosa semplice. È un autore controverso. È austriaco, è legato a Klimt, appartiene alla corrente secessionista. È stato un vero espressionista. Sai cosa vuol dire Espressionismo in pittura?

    Aurora, io ti ho interpellata per avvalermi della tua sensibilità, oltre che delle tue conoscenze tecniche dell’arte. Vorrei che tu mi aiutassi a entrare nell’animo di questo grande artista, nelle pieghe della sua vita breve ma intensa.

    Hai un piano narrativo chiaro? Soprattutto, sai già quali fatti della breve vita di Schiele vuoi mettere in evidenza nel tuo libro? Perché una cosa è un saggio, un’altra è un romanzo.

    Vedo, mia cara, che ti intendi anche di letteratura. E a pensarci bene, non poteva essere diversamente, perché l’arte, anche se in forme espressive diverse, è una ed eterna. La pittura e la scrittura si somigliano molto nella trasfigurazione che applicano alla realtà: tutti e due i linguaggi usano un segno, ciò che li differenzia è la caratterizzazione della tecnica espressiva.

    Scende il silenzio. È imbarazzante.

    Aurora mi chiede: Vuoi un caffè?

    Come al solito si cerca la banalità per non cedere alla tentazione di un abbandono nostalgico.

    Ma va bene, perché io sono qui per Schiele e il mio romanzo.

    Sai, Aurora, ho preso in affitto un appartamento qui a Milano. Perché è qui che io scriverò il mio romanzo. Tu mi assisterai, e lo dedicherò a te. A Aurora, scriverò, mia musa del canto nostalgico.

    E tua moglie non la prenderà male?

    Perché dovrebbe? Io dedico il libro a te perché tu dedichi a me il tuo tempo. E poi su questo autore c’è sintonia con te più che con mia moglie o i miei figli.

    E qui mi viene una domanda stupida: Ma tu, Aurora, perché non hai avuto figli?

    Con te sì che l’avrei voluto un figlio, ma poi ho perso la convinzione. Arturo ci ha provato, poi ha rinunciato. Tu lo sai che Schiele ha vissuto molti anni con Wally Neuzil, la sua modella preferita, per la quale ha anche subito un violento ostracismo a Krumau, dove era andato a vivere, ma poi nel 1915 ha sposato un’altra donna, Edith Harms? E avrebbe avuto un figlio da lei, se la morte non fosse intervenuta.

    Ma tu non eri una mia modella. E lo sai come è andata. Roma non è stata per noi una città eterna.

    Io ti ho amato e ti amo ancora.

    Mi dispiace ferirti di nuovo. Se rivedermi ti crea sofferenza, lasciamo perdere. Affronterò da solo il mio progetto letterario, che sinceramente giudico immane, ma per me necessario. La mia editor, venuta a conoscenza di questa idea, mi ha sconsigliato di andare avanti, mi ha detto che era meglio lasciar perdere. Ma io ho insistito, e ora anche lei aspetta con curiosità il mio manoscritto. Ho un anno di tempo. Però, se tu non vuoi starmi accanto, io mi ritiro in buon ordine.

    No, no. A essere sincera è una sfida anche per me. Lo sai che tutta la pittura di innovazione mi ha sempre interessato. E la Secessione viennese, con Klimt in testa, mi ha stimolato molto. Ho scritto anche parecchi articoli per riviste specializzate. Credo che possa esserti di aiuto. L’unico rischio è la sovrapposizione di piani tra la vita di Schiele e la nostra. Vorrei che non accadesse. Alla fine del libro, noi non saremmo più sofferenti di prima, anzi, questo sforzo ci aiuterebbe a capire di più della nostra esistenza. Perché purtroppo la vita è sempre breve, e non si arriva mai a qualcosa di definitivo.

    Veniamo agli aspetti organizzativi.

    Questa è la parte più difficile. Io vorrei una totale dedizione di Aurora al mio lavoro. La vorrei con me, magari nell’attico che ho preso a Milano, un monolocale ben arredato in una via nei pressi di piazza Duomo.

    La tastiera del mio computer è lì, pronta con la luce bianca delle sue battute.

    Scriverò di giorno, al mattino, e poi alla sera, prima di mettermi a letto, dopo la telefonata di Alessandra. In verità lei mi cerca anche durante il giorno, vuole sapere come procedo con la scrittura. Ma procederò spedito solo se accanto a me ci sarà Aurora.

    Arturo, il marito, cosa dirà? E cosa potrei dirgli io, mi presti tua moglie per un anno finché non avrò terminato il mio romanzo su Schiele? Non posso mica pretendere tanto.

    Aurora mi previene: Corrado, non penserai che io ti stia accanto mentre scrivi? Vorrebbe dire che verrei a vivere con te nel tuo appartamento. A proposito, dove stai?

    È vicino a piazza Duomo. Molto centrale. Quando mi manca l’ispirazione mi basta scendere e passeggiare un po’ per il centro storico. Milano mi piace, anche se è molto diversa da Napoli.

    Dammi l’indirizzo, verrò a trovarti. Ma non da sola: verrò con mio marito. È giusto così.

    E il tuo aiuto, allora?

    Teorico, quando ci vediamo.

    Sempre qui a casa tua?

    Sì. È questo l’accordo che ho preso con Arturo.

    Non potremo vederci fuori, magari per una cena?

    Con mio marito, sì.

    In sostanza, la mia autonomia da tuo marito è solo qui a casa tua?

    Esatto. Ma dimmi, come inizia il romanzo?

    Non mi va di scoprirmi del tutto già ora. Speravo di ottenere da Aurora qualcosa di più di una semplice consulenza teorica. Sento anzi il bisogno di andare via da lì e di cominciare il mio lavoro al più presto, in assoluta solitudine.

    La saluto con un casto bacio e le lascio, scettico, l’indirizzo della mia sistemazione a Milano.

    2

    Un carcere disumano

    Ce l’ha fatta Arthur Roessler a introdurre carta, matita, qualche colore e dei pennelli nel carcere di Neulengbach, dove da alcuni giorni si trova rinchiuso Egon Schiele.

    Alla vista dell’amico e del materiale che stringe tra le mani, il giovane pittore grida pieno di gioia: Finalmente, finalmente!

    Dopo aver abbracciato l’inatteso ospite accompagnato da due guardie che sorvegliano con attenzione l’incontro, Schiele si rivolge con acredine ai due secondini: Perché questa disumana ingiustizia nei miei confronti?

    Coraggio Egon, vedrai, è solo un equivoco.

    Arthur Roessler, uomo mite e dai modi garbati, è veramente innamorato di Egon. Ne ha fatto un suo pupillo, lo ha introdotto nella cerchia degli artisti viennesi, è convinto che sarà un grande dell’arte, per cui va seguito e aiutato nella sua evoluzione. Cerca di tranquillizzare il suo giovane protetto con parole rassicuranti.

    Questo del carcere è solo un incidente, ben presto si chiarirà tutto e tornerai alla tua espressione pittorica.

    Non è vero che tornerò a essa, ma solo perché non l’avrò mai abbandonata. Mio caro, visto che mi hai fatto questo meraviglioso regalo, anche qui produrrò ciò che il mio cuore, i miei sentimenti, le mie visioni mi ispirano. Senza arte si impazzisce e si muore. Io ho dentro un mondo che voglio esprimere nelle linee che vado tracciando di continuo. Pensa che appena mi sono trovato chiuso in questa lurida cella, non avendo materiale per disegnare, ho usato la mia saliva e la superficie di queste pareti piene di buchi. Le linee prendevano sì corpo, ma dopo un po’ scomparivano, ed era un’illusione terribile. Guai se nell’arte pittorica tutto svanisse poco dopo essere stato delineato. Il nostro mondo interiore deve fissarsi in una rappresentazione fisica per acquistare una dimensione reale. Per questo i primi giorni ho sofferto da morire. Oltre all’ingiustizia di una punizione che non merito, non potermi esprimere con la pittura è stato devastante. Ma ora grazie a te potrò lavorare. La prima immagine che porterò sulla carta sarà questa cella crudele.

    Roessler ha ascoltato con profonda attenzione l’analisi del giovane artista. È sorpreso nel vedere in Schiele una consapevolezza così appassionata del fare pittura.

    Le guardie, indifferenti, stanno solo attente che tra i due non avvenga qualche battuta illecita o un trasferimento di materiale utile per una pur improbabile fuga.

    Schiele è un fiume in piena. Noncurante di chi gli è attorno segue il proprio pensiero.

    Che triste la vita senza l’arte! Se non avessi l’arte, le ore della mia giornata sarebbero lugubri e volgari. Hanno provato a togliermi la libertà, ma l’arte non possono toccarla! Io amo l’arte perché amo la vita, e la mia vita non la voglio piegare al meschino interesse egoistico, a un utile che non è quello dell’arte che innalza i cuori. Stare senza arte è stare senza dio: c’è solo l’abisso!

    Roessler vuole essere propositivo, vuole offrire al suo giovane artista un’opportunità propria della sua dimensione di letterato.

    "Ascolta Egon, sono sicuro che questi giorni di carcere finiranno presto. Non devi avvilirti. Oltre a dipingere, ti propongo di tenere anche un diario. Affida alle parole il tuo sfogo personale. Fai di questa esperienza una proposta

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