Due vite, un destino
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Diversi per carattere e per inclinazioni – timida e riservata lei, espansivo e audace lui – i due condividono il tempo incantato della prima infanzia senza di fatto conoscersi, ma sempre vicini.
Il tempo passa e la scuola, le amicizie, tanti nuovi interessi li fanno crescere e cambiare. Ma la strana scintilla che sembra sempre attrarli non si spegne. Ed ecco che può finalmente divampare in un sogno afoso di metà anni Novanta: nello sfolgorio dell’adolescenza il loro vincolo pare indissolubile.
Ma la vita non smette mai di mescolare le carte. Le strade si allontanano, e della loro unione sembra non rimanere che un saluto fugace. Ognuno compirà le proprie scelte, troverà un nuovo sé, costruirà una sua famiglia. Eppure…
Saranno magari lontani, ma affatto perduti: Davide e Lucia intrecceranno ancora e ancora le proprie vicende, senza essere consapevoli del perdurare della particolare magia che fin dalla nascita li ha uniti. Saranno segnati dalla malattia, dalla perdita, dalla violenza. Ma quando si troveranno ad affrontare le prove più ardue, il valore di un legame deciso forse dalle stelle sarà ciò che farà la differenza.
Una storia semplice ma intensa e piena di fascino, che con la chiarezza di un narrare sincero ed emozionale tinge il quotidiano delle sfumature suggestive dettate dalla forza di un amore inarrestabile.
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Anteprima del libro
Due vite, un destino - Carlotta Bellanzin
Prologo
25 marzo 1980
Un vecchio stava contemplando le stelle. Lo faceva ogni sera, prima di coricarsi, da quando sua moglie era morta prematuramente.
Ormai erano vent’anni che abitava in un casolare in montagna in compagnia solamente di pecore, mucche e del fidato cane Luke.
Si recava al villaggio vicino poche volte, solo in caso di necessità o quando andava a vendere il frutto del suo lavoro: formaggi e altri derivati del latte dei suoi animali.
In quel cielo, ogni sera, era in attesa di un evento raro che non vedeva da molto tempo: due stelle che cadendo si incontrano, come due vite che si incrociano e che sono destinate a essere unite da un legame speciale, proprio come era successo fra lui e l’amata moglie.
Ormai non ci sperava più.
Anche questa sera, non accadrà… si disse.
Ma ecco apparire due stelle cadenti: come per magia si scontrarono e in cielo si verificò un’esplosione di luce splendente.
Il vecchio esultò per la felicità.
Pian piano, rientrando in casa si rivolse al suo cane: Caro Luke, questa è una notte piena di magia che darà la vita a due persone speciali: saranno legate da un destino indissolubile…
1
La magia diventa realtà
26 marzo 1980
Respira amore, respira! Fra poco siamo all’ospedale!
Non ce la faccio più! Basta, questa è la prima e l’ultima volta! Allora ti sbrighi Giorgio?
Alice c’è traffico! Vuoi che ci ammazziamo?
Apri il finestrino, fai sventolare un fazzoletto! Ti avviso, fra poco nasce in macchina!
Giorgio non sapeva più come calmare Alice.
Le doglie erano molto ravvicinate.
Si stava sforzando di apparire calmo, ma era molto più agitato lui di lei.
Non è mai facile guidare nel traffico caotico all’ora di punta.
Doveva arrivare il prima possibile.
Dopo altri dieci minuti di sterzate pericolose, brusche frenate e urlate dal finestrino per farsi strada in tutti i modi, finalmente si trovò l’ospedale davanti.
Ecco Alice, siamo arrivati. Ancora un po’ di pazienza e ti sentirai più al sicuro in mano agli infermieri e ai medici.
Finalmente, era ora…
rispose Alice con quel filo di voce che ancora le rimaneva tra un respiro e l’altro.
Il ginecologo di turno, dopo averla visitata, la fece portare immediatamente in sala preparto.
Vicino al suo letto c’era una tenda che la separava da un’altra donna, Nicoletta, anche lei prossima al parto.
Nicoletta era lì già da un’ora circa, era arrivata con l’ambulanza. Le si erano rotte le acque e Giuseppe, suo marito, non se l’era sentita di portarla in macchina: durante la gravidanza Nicoletta aveva avuto problemi e vivevano in un quartiere abbastanza lontano dall’ospedale.
L’ambulanza quindi era sicuramente più agevolata e veloce per circolare nel traffico.
Erano lì sole e in quel momento si sentivano i loro respiri e autocontrollo… si fa per dire…
Alice era la più nervosa e qualche volta, per sfogarsi, parlando ad alta voce continuava a ripetere: Non ce la faccio più… Oddio muoio…
Nicoletta invece si teneva tutto dentro e dal dolore la faccia le diventava tutta rossa.
Gli unici suoi rumori che Alice riusciva a sentire dall’altra parte della tenda erano dei lamenti molto flebili. Incuriosita le chiese: Ma tu non senti dolore? Non dici nulla, non ti lamenti! L’ho già detto a Giorgio, sai? …Che sarebbe mio marito. Questa bimba e basta! E poi chiudo bottega! Mio Dio infermiera! Aiuto! Voglio un antidolorifico, subito!
Nicoletta, un po’ sorridendo per queste urla, le rispose: Io non mi permetterei mai di lamentarmi! Nemmeno se mi spaccassi in due. Questa è la mia terza gravidanza. Con le prime due ho avuto aborti spontanei. È già un miracolo che questo bimbo sia arrivato alla fine e ringrazio Dio per questo grande dono
. Poi aggiunse: Come ti chiami? Io sono Nicoletta
.
Scusa. Ora mi vergogno profondamente di me e di come mi sto comportando. Io mi chiamo Alice. Questa è la mia prima gravidanza ed è una bambina. Il suo nome sarà Lucia. Il tuo è maschio o femmina? Hai già scelto come chiamarlo?
Il mio è un maschietto e si chiamerà Davide, che in ebraico significa Amato. Giuseppe e io lo abbiamo amato dal primo giorno che abbiamo saputo di lui. Speriamo di infondergli tanto amore perché lui possa a sua volta donarlo agli altri. Spero diventi un uomo buono e altruista.
In quel momento le due donne sentirono dei passi avvicinarsi e Nicoletta riuscì ad aggiungere: Ti auguro buona fortuna per tutto, Alice
.
Anche a te auguro tutto il bene possibile, Nicoletta.
Infatti era arrivato il ginecologo per controllare le situazioni delle due partorienti.
Tutte e due erano ormai al traguardo e gli infermieri le portarono nelle rispettive sale parto.
Nicoletta era molto emozionata. Il dolore fisico che provava veniva annullato da quella emozione.
Appena arrivata in sala, trovò ad aspettarla Giuseppe, addobbato con camice, cuffietta, soprascarpe e mascherina, ma i suoi occhi avevano una luce che emanava tanta speranza per il futuro.
Alice, invece, in sala parto non voleva nessuno accanto: diceva che così si sentiva libera di sfogarsi senza filtri.
Erano le sedici e quarantacinque…
Fuori Giorgio, marito di Alice, stava aspettando nervosamente; era un po’ arrabbiato con lei. Avrebbe voluto essere presente, ma lei era stata ferma nelle sue decisioni.
La lancetta che segnava i secondi dell’orologio attaccato al muro del corridoio sembrava si spostasse molto lentamente e i minuti non passavano mai.
Pian piano l’orologio segnò le diciassette in punto.
È nato, è nato! Ecco vostro figlio. Congratulazioni Nicoletta! Peso quattro chili e trecento grammi per cinquantatré centimetri di lunghezza! Direi in ottima salute!
E un’infermiera ancora giovane e molto sensibile esclamò: Senti che urli! Piangi caro, apri bene i tuoi potenti polmoni!
Tutto il personale sanitario che le era attorno sapeva delle sue precedenti delusioni ed era veramente felice e commosso per lei.
Voglio vederlo… vi prego...
disse Nicoletta con un filo di voce.
I due neo genitori si guardarono negli occhi e piangendo insieme, pieni di felicità, si strinsero le mani.
Nel frattempo, nell’altra sala parto, l’umore non era lo stesso purtroppo…
Alice doveva ancora impegnarsi a spingere perché la bambina non ne voleva sapere di venire alla luce.
Forza Alice, un ultimo sforzo!
ripeteva con enfasi il ginecologo.
Finalmente nacque anche Lucia, ma non piangeva.
Evidentemente c’era un problema e ci vollero prontezza e sangue freddo per affrontarlo e, più importante, risolverlo il più velocemente possibile.
Intanto la madre, sfinita, cominciò a guardarsi intorno: nessuno esultava e gli sguardi di chi le stava intorno non prevedevano niente di buono.
Cosa succede? Non capisco… ditemi qualcosa!
ripeté Alice molto agitata.
L’istinto materno le fece capire che la sua bambina non respirava e con tutta la voce che le rimaneva urlò: Lucia, ti prego, respira, piangi!
Ed ecco che Lucia, come una scarica elettrica che con un filo invisibile collega mamma e figlia, iniziò a rigurgitare e successivamente si sentì in sala un pianto liberatorio: anche Lucia si avviava finalmente alla vita!
Alice, con gli occhi pieni di lacrime, sospirò e finalmente ritrovò la serenità.
E anche in quella sala parto le lancette dell’orologio segnavano esattamente le diciassette in punto.
I due bimbi, dopo essere stati lavati, controllati e vestiti vennero portati nella nursery: le due culle erano una vicina all’altra. Le mamme invece furono sistemate in due diverse stanze degenza.
La sera non mancarono i parenti che vennero a trovare mamme e figli: un via vai di persone felici e bramose di baciare i frugoletti.
Lucia era una bimba molto tranquilla e aveva gli occhietti ancora chiusi, mentre Davide era vispo e gli occhietti aperti scrutavano le ombre che riusciva a percepire, già curioso del mondo che lo circondava.
Poi, a fine serata, i bambini vennero riportati nella nursery: e qui iniziò la magia…
2
Il primo incontro
Nella nursery silenzio apparente…
Nella stanza erano riunite dodici culle.
Quella sera vincevano le femminucce per presenza: sette contro cinque.
Erano tutti appena rientrati dalle stanze delle loro madri, sistemati e cambiati.
Sembravano tranquilli e pronti per affrontare la prima notte di vita.
A un tratto un neonato iniziò a piangere. Lucia si svegliò molto impaurita, si guardò intorno in quella luce soffusa e cercò di capire dove si trovava.
Girando appena la testolina a destra, riuscì a intravvedere un esserino piccolo come lei che si stava dimenando nella sua culla.
Non piangeva, ma anche lui cercava di trovare un senso ai rumori che sentiva.
Ma dove mi trovo? Cos’è questa cosa vicino a me?
Le piccole labbra di Lucia non si muovevano, ma erano molti