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Il concetto di esistenza come ''modo d'essere'' specifico dell'uomo lo si ritrova in [[Giambattista Vico]], correlato al suo concetto di [[storia]]. Essendo la storia una dimensione propria soltanto dell'uomo (e conoscibile solo in quanto tale), ciò che l'uomo è o fa diviene storicizzabile e reale solo per il suo specifico modo di estrinsecarsi e di esistere. Da ciò la sua critica a [[Cartesio]], che non avrebbe potuto affermare «penso dunque sono», bensì «penso dunque esisto».<ref>Giambattista Vico, [https://www.google.it/books/edition/Opere_di_Giambattista_Vico/6FCRLe1v0cEC ''De antiquissima italorum sapientia''],</ref>
 
===Kant e Gassendi: l'esistenza come concetto astratto===
Secondo [[Kant]] l'esistenza non è una caratteristica reale della [[perfezione]],<ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=byQRAQAAIAAJ&q=esistenza%2Bgassendi%2Bpredicato&dq=esistenza%2Bgassendi%2Bpredicato&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&source=gb_mobile_search&sa=X&ved=2ahUKEwjX8-SqjZL9AhXig_0HHR-GCU4Q6AF6BAgHEAM#esistenza+gassendi+predicato|pagina=461|titolo=Prove logiche dell'esistenza di Dio da Anselmo d'Aosta a Kurt Gödel
storia critica degli argomenti ontologici|autore=Roberto Giovanni Rimossi|anno=2005|editore=Marietti|ISBN=9788821168253}} Citazione: "Anche la celebre affermazione kantiana secondo cui l'esistenza non è una perfezione può essere compresa tra le critiche ontologiche."</ref>, a differenza di [[Renato Cartesio|Cartesio]] per cui l'esistenza era al contrario un elemento necessario alla perfezione divina:
{{citazione|Essere, manifestamente, non è un predicato reale, cioè un concetto di qualche cosa che si possa aggiungere al concetto di una cosa. Essere è semplicemente la posizione di una cosa o di certe determinazioni in se stesse. Nell'uso logico è semplicemente la copula di un giudizio. Il giudizio: Dio è onnipotente contiene due concetti, che hanno i loro oggetti: Dio è onnipotenza: la parolina "è" non è ancora il predicato, bensì ciò che pone il predicato in relazione col soggetto. Ora, se io prendo il soggetto (Dio) con tutti insieme i suoi predicati (ai quali appartiene anche l'onnipotenza) e dico: Dio è, o c'è un Dio, io non affermo un predicato nuovo del concetto di Dio, ma soltanto il soggetto in sé con tutti i suoi predicati, cioè l'oggetto in relazione col mio concetto. Entrambi devono avere un contenuto identico, e però nulla si può aggiungere al concerto, che esprime semplicemente la possibilità, per il fatto di pensare l'oggetto come assolutamente dato (con l'espressione: egli è). E così il reale non viene a contenere niente più del semplice possibile. Cento talleri reali non contengono assolutamente nulla più di cento talleri possibili. Perché, dal momento che i secondi denotano il concetto, e i primi invece l'oggetto e la sua posizione in sé, nel caso che questo contenesse più di quello, il mio concetto non esprimerebbe tutto l'oggetto, e però anch'esso non ne sarebbe il concetto adeguato. Ma rispetto allo stato delle mie finanze nei cento talleri reali c'è più che nel semplice concetto di essi (cioè nella loro possibilità)|[[Kant]], ''[[Critica della ragion pura]]'', p. 342<ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=kr3tPepPhMQC&pg=PA83|p=,83|titolo=Il problema del rapporto fra virtù e felicità nella filosofia morale di Immanuel Kant|autore=Orlando Carpi|anno=2004|editore=ESD|ISBN=9788870945256}}</ref>}}<!--{{quote|Ma, senza impegnarmi in una dettagliata confutazione di questa prova, confutazione già fatta da altri io mi riporto soltanto a quanto è stato già dimostrato a principio di quest'opera, che cioè l'esistenza non è un predicato, e quindi non è predicato neppure della perfezione, e che perciò non si può da una definizione che contenga un'arbitraria unificazione di diversi predicati allo scopo di costituire il concetto di una qualche cosa possibile, concludere giammai alla esistenza di questa cosa, e conseguentemente neppure all’esistenza di Dio.|Kant, ''L'Unico argomento possibile per una dimostrazione dell'esistenza di Dio'', 1763, Terza Parte<ref>{{cita web|url=https://disf.org/kant_esistenza_di_Dio|titolo=DISF.org}}</ref>}}
Kant asserì con queste parole che l'[[esistenza di Dio]] non è dimostrabile con una [[prova ontologica]] a priori.<ref>La non-[[appartenenza]] è altro dall'[[implicazione]]. Affermare che l'esistenza non è un predicato e non può appartenere a una definizione che unifica dei predicato, è distinto dall'escludere che questa definizione di predicati possa implicare l'esistenza</ref>-->
 
In modo analogo, [[Pierre Gassendi]] (''Obiezioni contro la Quinta Meditazione'', II) aveva affermato che l'esistenza non è un [[predicato]] o una [[qualità (filosofia)|proprietà]], bensì un soggetto (o ''[[sostanza (filosofia)|substantia]]'' o ''id sine quo'' in senso [[Aristotele|aristotelico]]),<ref>{{cita libro|url=https://books.google.it/books?id=M5N0MnrlmgkC&pg=PA373&dq=esistenza%2Bgassendi%2Bpredicato&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&source=gb_mobile_search&sa=X&ved=2ahUKEwjX8-SqjZL9AhXig_0HHR-GCU4Q6AF6BAgGEAM#v=onepage&q=esistenza%2Bgassendi%2Bpredicato&f=false|p=373|titolo=Monadi e monadologie il mondo degli individui tra Bruno, Leibniz e Husserl : atti del Convegno internazionale di studi, Salerno, 10-12 giugno 2004|anno=2005|editore=Rubbettino|ISBN=9788849812466}}</ref> o anche un [[potenza e atto|atto]] che realizza le perfezioni.<ref>{{cita web|url=https://www.dsu.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid223324.ppt&ved=2ahUKEwjy7--gjZL9AhV7i_0HHYwsDP4QFnoECAsQAQ&usg=AOvVaw2po3LIAY-hJxZzmePdTmiz|editore=Università di Verona-Dipartimento di Scienze Umane|pp=slide 38-39|titolo=V Obiezioni: Gassendi-Cartesio|formato=PPT|urlmorto=sì}}</ref> Anche [[Frege]] ipotizzò che l'esistenza sia la proprietà non di un oggetto, bensì di un [[concetto]], una proprietà di secondo ordine. Essa indicherebbe che un concetto non è un [[insieme vuoto]], ma che ad esso appartiene almeno un esemplare, detto anche istanza.<ref name="Berti">[[Enrico Berti]], ''La critica dei filosofi analitici alla concezione tomistica dell’essere'', pp. 7-21.{{Doi|10.4000/estetica.1667}} Un secondo significato, indicato da [[Aristotele]], riguarda gli [[individui]] (e non le classi) ed è il loro persistere in una [[forma (filosofia)|forma]] ([[essenza (filosofia)|essenza]]) determinata, come [[potenza e atto|atto]] di quest'ultime.</ref>
 
=== Schelling: il Dio in divenire ===
Per dirimere i problemi sorti con Kant, [[Friedrich Schelling]] distinse l{{'}}''[[essenza (filosofia)|essenza]]'', che riguarda l'[[Essere]] da un punto di vista puramente logico-formale, dall{{'}}''esistenza'', che attiene invece all'aspetto storico e concreto dell'essere. [[Dio]] stesso, secondo Schelling, non solo ''è'', ma ''esiste'', perché è un Dio vivente in divenire. Essendo ''[[causa sui]]'', cioè causa di sé, in Dio è presente un fondo oscuro dal quale Egli emerge, [[Rivelazione|rivelando]] se stesso e attestando la vittoria della luce sulle tenebre. Per questo motivo, l'Essere di Dio non è semplicemente qualcosa di statico, ma è piuttosto un "venire all'Essere", cioè appunto un esistere, un "essere da".<ref>Schelling, ''Filosofia della Rivelazione'' (1854).</ref>
 
Secondo Schelling, una [[teologia]] che si occupi di Dio partendo da una prospettiva puramente [[logica]] è una [[teologia negativa|filosofia negativa]], che studia soltanto il modo in cui si deve pensare la realtà secondo la necessità della logica. Ma questa filosofia va completata da una [[filosofia positiva]] che si occupi anche dell'esistenza, cioè del modo in cui il dato empirico viene all'essere e si fa [[storia]]. Schelling vede in particolare nel [[Cristianesimo]] una religione positiva dal carattere intimamente storico, che attesta la vita e l'esistenza concreta di Dio.
 
=== Kierkegaard e l'esistenzialismo ===
Schelling inaugurò in tal modo un nuovo filone di pensiero incentrato sull'esistenza, sulla quale verterà anche la riflessione di [[Søren Kierkegaard|Kierkegaard]]. Questi diede vita alla corrente denominata appunto "[[esistenzialismo]]", che studia l'esistenza umana nel suo aspetto storico e concreto. Per Kierkegaard l'esistenza diventa una "possibilità" tipica dell'uomo di stare nel mondo e di confrontarsi con esso e con Dio.<ref>Kierkegaard, ''Diario'', X.</ref>
 
Nella filosofia contemporanea ci sono stati ulteriori contributi a questo termine. Si ricordino, tra le altre, le posizioni di [[Martin Heidegger]] e di [[:Jean-Paul Sartre]]. Heidegger sostiene infatti, ponendosi al di fuori di ogni passata concezione metafisica e umanistica, che i concetti ormai trapassati di “existentia” ed “essentia” non debbano più essere considerati nelle loro accezioni ormai consunte, affermando, in una pagina della “Lettera sull’umanismo“, che “l’e-sistenza dell’uomo è la sua sostanza”, ovvero la sua essenza, tanto che la sua principale critica all’esistenzialismo consiste nel fatto che quest’ultimo, con la sua tesi che suona “l’esistenza precede l’essenza”, la quale rovescia la tesi della Scolastica, rimane tuttavia irretita nella medesima determinazione metafisica; insomma, per Heidegger, il quale oltrepassa definitivamente la metafisica, essenza ed esistenza coincidono. In quest'ottica risulta fondamentale allora il recupero di alcune tesi metafisiche di [[Aristotele]]. Sartre, contrapponendosi nettamente alle posizioni ontologiche di Heidegger, sottolineava l'originarietà dell'esistenza, sostenendo che l'uomo '''esiste''' prima di [[essere]] e che, in seguito a ciò, mentre può essere ciò che vuole, non può decidere di non esistere. La tesi proposta da Sartre sposta il termine esistenza nuovamente nel campo dell'esistenziale piuttosto che in quello dell'[[ontologico]].
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== Gli enti astratti ==
Un altro tema di indagine dell'ontologia è quella di stabilire se sia possibile e in che termini attribuire l'esistenza agli enti astratti<ref>[[Achille Varzi (filosofo)|Achille C. Varzi]], Ontologia, Laterza, 2019.</ref> (la pace, la paura, l'idea, l'eternità, la poesia, la lingua italiana, ecc.), le proprietà (caldo, cattivo, breve, bello, ecc.), le proposizioni ("Giovanni ama il suo violino"), gli enti trascendenti/fantastici (dio, paradiso, il cavallo alato, ecc.), le azioni o gli eventi ("la passeggiata", "la partita di calcio", "il compleanno"), le entità sociali ("il denaro", "il governo") nonché agli oggetti matematici (numeri, insiemi, collezioni, operatori). Si arriverebbe al paradosso per il quale la branca specifica della filosofia che studia l'esistente, essendo per definizione una metodologia teoretica ovvero puramente speculativa, "potrebbe" non esistere essa stessa.
 
Si tratta di decidere se i concetti o le convenzioni ("cose" generate dalla mente umana e a cui si è attribuito consensualmente un nome cioè li si è identificati) abbiano la proprietà dell'esistenza, situazione che nel sentimento comune si riserva praticamente alle "cose" percepibili con i sensi (il pianeta Venere, il nonno, una montagna, la zanzara, la pizza, il virus dell'influenza, il telefonino, ecc.). I filosofi del linguaggio, ad esempio, rilevano che già solo perché c'è una comprensione tra coloro che utilizzano concetti astratti, è difficile poter sostenere che questi non esistano. Basti pensare ad un'opera artistica non di tipo figurativo (come una statua): chi metterebbe in dubbio l'esistenza dei [[Promessi sposi]]? (intesa concettualmente come il celebre romanzo, non ovviamente come un determinato libro sul tavolo che "contiene" il romanzo). Oppure sarebbe arduo negare l'intuitiva ed immediata esistenza di un sentimento che si nutre, di un pensiero che si ha in animo, di una conoscenza appresa e utilmente impiegata. Per non parlare di tutti coloro che, in base ad una qualsiasi fede religiosa, sostengono l'esistenza, ad esempio, di una o più divinità o della reincarnazione o dell'anima o del diavolo o dei relativi luoghi oltremondani (cose che, dal punto di vista empirico, rimangono essenzialmente strutture teoriche). E per concludere l'elenco degli esempi: nessuno mette in dubbio che il [[numero]] 5 o il [[poligono]] triangolo o la [[nota (musica)|nota]] sol esistano.
 
Ad esempio nel medioevo la [[disputa sugli universali]] è stata uno dei tentativi filosofici di dare una risposta a questo antico problema: l'identità e l'esistenza di entità ideali (o fittizie, immateriali, immaginarie) contrapposte a entità concrete (o empiriche/sensibili, materiali, reali). Questa disputa è alla base del dilemma se gli universali (l'umanità, il gatto, il temporale, il linguaggio, il rosso, la vita, l'indirizzo IP, ecc.) abbiano consistenza ontologica tipica del reale (posizione realista) oppure siano solo parole esplicative rappresentanti concetti generali (cioè categorie semantiche non dotate della proprietà dell'esistenza) che si utilizzano quando non si sta parlando di loro determinate istanze spazio-temporali (posizione nominalista).
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== Voci correlate ==
* ''[[Actus essendi]]''
* [[Coscienza (filosofia)]]
* [[Esistenzialismo]]
* [[Essenza (filosofia)|Essenza]]
* [[Essere]]
* [[Divenire]]
* [[Ontologia]]
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== Collegamenti esterni ==
* {{SEP|existence|Existence|Michel Nelson}}
* {{cita web|url = https://iep.utm.edu/existenc/|autore = Filippo Casati|titolo =Existence |sito = Internet Encyclopedia of Philosophy |lingua=en}}
* {{cita web|url=https://www.ontology.co/existence.htm|titolo=Existence. Definitions from leading philosophers|lingua=en}}
 
{{Controllo di autorità}}