Guerra decennale: differenze tra le versioni
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=== La tentata invasione di Como ===
Dopo la riunione del consiglio generale del comune di Milano vennero inviati araldi per dichiarare guerra a Como e banditori per diffondere la nuova in tutta la città e nel contado. Come da consuetudine, il [[Carroccio]] venne trainato da tre coppie di buoi bianchi nella piazza della cattedrale e vi restò per tre giorni durante i quali suonò la campana Martinella, posta in cima ad esso, che indicava la chiamata alle armi. I soldati milanesi, divisi in sei compagnie, corrispondenti alle sei [[Porte e pusterle di Milano|porte]] maggiori della città, si radunarono attorno al proprio capitano e si portarono in piazza dove, prima della partenza, fu celebrata la messa. Nel contado la guerra fu annunciata dai rintocchi a distesa delle campane. I comaschi si prepararono rinforzando le [[Mura di Como|mura della città]] e chiamando alle armi la gente dei borghi rimasti fedeli<ref group=N>in epoca comunale tutti i cittadini maschi dall'adolescenza sino all'età di 60-70 anni dovevano prestare all'occorrenza servizio militare</ref>, tra cui spiccavano quelli della [[Val d'Intelvi]].<ref>{{cita|Bergamaschi|pp. 119-121}}.</ref>
In agosto l'esercito milanese uscì dalla città da [[Porta Comasina (medievale)|Porta Comasina]] e marciò lungo la strada romana che collegava Milano a Como sino ad una piana paludosa, detta ''Canneta'' o ''Canneda'', posta tra gli abitati di [[Grandate]] e [[Lucino (Montano Lucino)|Lucino]], dove si accampò. I comaschi, avvertiti dagli esploratori della presenza del nemico, uscirono con il loro esercito da [[Porta Torre (Como)|Porta Pretoria]], guidato dai mentovati consoli e per sbarrare la strada al nemico si accamparono tra [[Rebbio (Como)|Rebbio]] e [[Grandate]], avendo alle spalle i monti su cui sorgeva [[Castel Baradello]].
Il giorno successivo i milanesi avanzarono contro i comaschi ed ebbe luogo il primo scontro armato del conflitto, la battaglia della Morsegna. Si continuò a combattere furiosamente sino al tramonto poi i comaschi indietreggiarono accampandosi alle falde del colle Baradello. Nella mischia morì [[Adamo del Pero]], uno dei due consoli. All'alba i milanesi, dopo aver fortificato le posizioni guadagnate il giorno precedente, avanzarono sino a [[Rebbio (Como)|Rebbio]], tagliando fuori i comaschi da eventuali rinforzi provenienti dalla città. I comaschi, per cercare di aprirsi una via di fuga, attaccarono i milanesi sui fianchi. Nello scontro caddero un sacerdote figlio di Ardizzone da Samarate e Girolamo, il vessillifero dei comaschi, dopo essersi battuti valorosamente. Mentre una parte dell'esercito milanese teneva impegnato il nemico, il resto seguì il corso del [[fiume Aperto]] nella val Mulini e dopo aver guadato il [[Cosia]] si diresse verso le mura meridionali di Como. Qui i milanesi riuscirono a sorprendere le guardie a presidio della porta ed entrati in città, fecero strage dei pochi difensori e dei cittadini, liberarono Landolfo da Carcano ed appiccarono il fuoco agli edifici. I comaschi, asserragliati sulle pendici del Baradello, videro le colonne di fumo che si innalzavano dalla città e si diressero verso la val Mulini attraversando i boschi che ricoprivano i pendii della collina. Passando per Borgo Vico, entrarono in città, sorprendendo i nemici intenti al saccheggio. L'assalto mise in fuga i milanesi, una parte dei quali rimase indietro a coprire la ritirata ai compagni e fu in gran parte uccisa o fatta prigioniera. Nello scontro i milanesi persero oltre mille uomini.<ref>{{cita|Giulini|pp. 76-78}}.</ref> Il vescovo Grimoldi si distinse quale principale capo politico e militare dello schieramento comasco, in grado di "''animare e sostenere il coraggio dei suoi''" ed era solito benedire le navi che partecipavano alle battaglie lacustri, "''mandavale quasi ad una certa vittoria''".<ref name="cita|Rovelli|p. 147">{{cita|Rovelli|p. 147}}.</ref>
=== Assedio di Como del 1119 ===
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=== Assalto a Varese e al castello di Drezzo ===
Nel [[1121]] i comaschi si portarono nottetempo presso [[Varese]], rimasta fedele a Milano. La città fu colta di sorpresa e saccheggiata, i difensori vennero uccisi o fatti prigionieri e portati con le mani legate a Como. Incoraggiati dalla riuscita di questa impresa il giorno successivo attaccarono il castello di [[Binago]], nel [[Contado del Seprio]], i cui abitanti inizialmente provarono a difendersi, riuscendo ad uccidere il nobile comasco Arialdo Segalino da Vico detto Pandisegale, ma resisi conto delle forze soverchianti del nemico furono poi costretti a fuggire. Binago venne saccheggiata e data alle fiamme. Poco dopo gli abitanti della vicina [[Vedano Olona|Vedano]] accorsero per supportare quelli di Binago che però era ormai già caduta; mentre deliberavano sul da farsi, furono assaliti dalla cavalleria nemica e messi in fuga. La terza spedizione fu diretta contro [[Drezzo]]. Il borgo fu catturato facilmente essendo stato abbandonato dai suoi abitanti che si erano rifugiati presso il forte castello sul [[monte Olimpino]]. I comaschi, su suggerimento di Pagano Prestinari, scoccando frecce infuocate riuscirono ad incendiare alcuni cumuli di paglia posti nella corte del castello. L'incendio conseguente costrinse i difensori ad intervenire per non morire soffocati ma questo permise agli assalitori di scalare le mura ora sguarnite ed entrare nel castello. Gli abitanti tuttavia si asserragliarono in una delle due torri ed opposero una tale resistenza che costrinsero infine i comaschi alla ritirata. Durante gli scontri cadde Giovanni Paliaro (o Paleari), un milanese che parteggiava per i comaschi, ucciso da una pietra gettata dalla torre. Sulla strada per Como, i comaschi furono aggrediti dalle milizie di [[Ronago]], che si erano accordate con i difensori del castello di Drezzo ma, malgrado fossero stati colti di sorpresa, riuscirono a sconfiggere il nemico, costringendolo a ritirarsi prima a Ronago, poi a [[
=== La caduta di Lavena ===
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=== Operazioni nel canturino e assedi di Como del 1124 e 1125 ===
Nel [[1124]] un nuovo comune si aggiunse alla coalizione anti-comasca: [[Cantù]]. All'inizio dell'anno i canturini attaccarono e saccheggiarono i borghi di [[Lipomo]], [[Albate]] e [[Trecallo]]. I comaschi furono costretti ad abbandonare l'assedio del castello di Pontegana per portarsi contro di loro. I canturini, guidati da Gaffuro, tesero un'imboscata al nemico piazzandosi nei boschi presso Trecallo, ai lati della strada che congiungeva Cantù e Albate. Nella battaglia che seguì i comaschi ebbero la meglio, venne ucciso Gaffuro e secondo il racconto del [[Poeta Cumano]], "rosseggiò l'[[Acquanegra (rio)|Acquanegra]]"<ref name="cita|Fargnoli|p. 97"/> (una piccola roggia locale). I canturini allora indietreggiarono verso la roggia Sagrada ma i comaschi furono più rapidi e riuscirono ad occuparne il guado dopo aver disperso un debole drappello di difensori che fuggirono verso le paludi dell'Acquanegra. Qui i canturini furono di nuovo attaccati da un gruppo di comaschi a presidio del luogo e dopo essere tornati verso il guado furono definitivamente circondati e nello scontro che seguì persero sessanta uomini.
I vincitori si diressero poi contro la stessa Cantù ma i canturini fecero una sortita per scongiurare l'assedio dove comaschi tuttavia subirono gravi perdite.<ref>{{cita|Giulini|pp. 143-145}}.</ref>
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=== La distruzione di Como ===
Nel [[1127]] i milanesi assoldarono carpentieri [[Genova|genovesi]] e genieri [[pisa]]ni per la costruzione di macchine d'assedio e ordinarono ai lecchesi di fornire il legname necessario. Nel frattempo il loro esercito, ingrossato da molti soldati provenienti in primo luogo dalle città di [[Pavia]], [[Novara]] e [[Vercelli]] e poi da [[Alba (
Il 27 agosto i milanesi, verosimilmente spinti dall'arcivescovo Anselmo, presero contatto con i chierici comaschi al fine di accordarsi per una pace. Ai comaschi, oltre ad essere risparmiata la vita, fu concesso il mantenimento di tutti i beni mobili e immobili, avrebbero però dovuto distruggere la città di Como, compresi i borghi di Vico e Coloniola, fatta eccezione per gli edifici sacri. I maggiori esponenti del clero e della nobiltà comasca approvarono i pur durissimi termini facendo giuramento e la pace fu trascritta e sottoscritta in due copie identiche. Il [[Poeta Cumano]] afferma che i soldati milanesi non rispettarono i termini stabiliti dalla loro nobiltà e saccheggiarono ogni cosa, portando via persino i servi dei nobili comaschi; va però considerato che si tratta di una fonte tutt'altro che neutrale. Lo smantellamento di Como occupò molti mesi e terminò solamente il 26 o 28 marzo [[1128]].<ref>{{cita|Giulini|pp. 165-171}}.</ref><ref>{{cita|Bergamaschi|pp. 333-352}}.</ref>
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[[Categoria:Guerra nel 1126]]
[[Categoria:Guerra nel 1127]]
[[Categoria:Guerre medievali|decennale]]
[[Categoria:Storia di Como]]
[[Categoria:Storia di Milano]]
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