Il Gattopardo: differenze tra le versioni

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Il romanzo fu adattato nell'[[Il Gattopardo (film)|omonimo film]] del 1963, diretto da [[Luchino Visconti]] e interpretato da [[Burt Lancaster]], [[Claudia Cardinale]] e [[Alain Delon]].
 
== TemaGenesi e storia editoriale ==
L'autore contemplavaaveva contemplato da lungo tempo l'idea di scrivere un romanzo storico basato sulle vicende della sua famiglia, gli aristocratici [[Tomasi di Lampedusa (famiglia)|Tomasi di Lampedusa]], in particolare sul bisnonno, il principe [[Giulio Fabrizio Tomasi]], - nell'opera iltrasposto nella figura del [[principe Fabrizio Salina]], - vissuto durante il [[Risorgimento]], noto per aver realizzato un [[osservatorio astronomico]] per le sue ricerche e morto nel 1885. DopoPer cheraccontare illa Palazzostoria Lampedusadella fusua gravementefamiglia, lesionatodei daipropri bombardamentiantenati, dallel'ispirazione gli venne in [[AlleatiCurlandia]]. (secondaDopo guerraaver mondiale)|forzesposato la baronessa baltica [[Alexandra Wolff AlleateStomersee]], duranteche aveva vinto la sua patologica timidezza, Tomasi risiedette nella tenuta familiare della moglie, il castello di Stomersee, vicino al Mar Baltico. Con il crollo dell'Impero Russo e l'indipendenza della Lettonia, era iniziata la fine della [[SecondaNobiltà guerra mondialebaltica]], spogliata di terre e saccheggiatoproprietà, con baroni e conti ridotti in miseria, e le loro disilluse donne. La loro decadenza acuì il suo sguardo sull'analogo avvenire che si profilava per l'autorearistocrazia scivolòsiciliana. inDal unalontano lungaNord baltico, egli potè vedere con chiarezza, meditandovi, l'innegabile fine di un'epoca. Il Nord diede forma al Sud: nella Curlandia si rispecchiò la Sicilia.<ref>[[Jan Brokken]], ''[[Anime baltiche]]'', Milano, Iperborea, 2014, depressionepp.309-314</ref>
 
Il mondo nel quale era vissuto fino ad allora Tomasi crollò invece definitivamente dopo che il [[Palazzo Lampedusa]] fu gravemente lesionato, e pressochè distrutto, dai bombardamenti aerei delle [[Alleati (seconda guerra mondiale)|forze Alleate]] il 5 aprile 1943, durante la [[Seconda guerra mondiale]], e saccheggiato. Alla vista della distruzione del palazzo, l'autore ne fu talmente sconvolto che non parlò per i successivi tre giorni. Scivolò in una lunga depressione: egli amava profondamente la grande casa avita di Palermo, simbolo di secoli di storia e di orgoglio familiare, dov'era nato e dove avrebbe voluto morire. Il rimpianto per un Paradiso perduto lo seguirà per il resto della vita, ma dovettero passare altri 10 anni prima che Tomasi cominciasse a scrivere il romanzo.<ref>Jan Brokken, ''Anime baltiche'', ibidem</ref>
[[File:Tomasi di Lampedusa COA.png|thumb|upright=0.9|Stemma di famiglia dei Tomasi]]
Fu scritto tra la fine del 1954 e il 1957, l'anno della morte dell'autore, un erudito appassionato di letteratura del tutto sconosciuto ai circuiti letterari italiani. Il manoscritto venne inviato alle case editrici con una lettera di accompagnamento scritta di pugno dal cugino di Tomasi, il poeta [[Lucio Piccolo]]. La spedizione della prima copia (una versione ancora parziale) avvenne il 24 maggio del 1956 da [[Villa Piccolo]], indirizzata al conte Federico Federici della Mondadori. Lucio Piccolo stesso cercò di avere notizie dell'esito della lettura del manoscritto da parte di Mondadori, inviando una lettera all'amico e collega poeta [[Basilio Reale]], per sincerarsi se la lettura avesse sortito l'esito sperato.<ref>{{Cita|Samonà|pp. |}}.</ref>
 
Accompagnò il cugino, il poeta [[Lucio Piccolo]], nell'estate 1954 a un convegno di poeti a San Pellegrino Terme, dove Tomasi ebbe modo di parlare con letterati del calibro di Eugenio Montale, Maria Bellonci ed Emilio Cecchi. Ma in quell'occasione l'aristocratico siciliano, molto riservato di carattere e taciturno, se non passò del tutto inosservato in compagnia del cugino fu solo perché entrambi si presentarono vestiti fuorimoda, e per di più con un servitore. Il successo del cugino al convegno letterario, pungendolo psicologicamente, costituì la spinta decisiva per iniziare a scrivere, di punto in bianco, il romanzo, superando le proprie inibizioni.<ref>Caterina Cardona, ''Un matrimonio epistolare'', Palermo, Sellerio, 2023., p.126</ref> Alla fine di quell'anno, egli cominciò a scrivere a mano la storia, seduto a un tavolo del caffè Mazzara di Palermo. La stesura continuò per due anni e mezzo, fino al 1957, l'anno della morte dell'autore. Che, vale la pena ricordare, era un erudito, che in vita non aveva fatto altro che leggere, appassionato com'era delle letterature inglesi e francesi, e oziare e viaggiare. Era però del tutto sconosciuto nei circuiti letterari italiani dell'epoca, tranne che a un ristrettissimo gruppo di persone. Al principio della primavera del 1956, l'autore cominciò a dettare i primi capitoli del ''Gattopardo'' all'allora giovanissimo [[Francesco Orlando (critico letterario)|Francesco Orlando]], al quale Tomasi impartiva lezioni private di Letteratura inglese, che le battè a macchina in quattro copie.<ref>https://www.corriere.it/liberitutti/18_ottobre_22/storia-gattopardo-romanzo-rifiutato-che-divento-capolavoro-494a6aaa-d3c6-11e8-8205-0a376a81469f.shtml</ref>
Tuttavia, gli editori [[Arnoldo Mondadori Editore]] e [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]] rifiutarono. Infatti, il testo, pur privo di alcuni capitoli, fu dato in lettura prima al conte Federici per Mondadori, poi a [[Elio Vittorini]], allora consulente letterario per Mondadori e curatore della collana ''[[I gettoni]]'' per l'Einaudi, il quale lo bocciò per entrambe le case editrici rimandandolo all'autore, e accompagnando il rifiuto con una lettera di motivazione. L'opinione negativa di Vittorini, un clamoroso errore di valutazione, fu da lui ribadita anche successivamente, quando il Gattopardo divenne un caso letterario internazionale. Questi sono i fatti per come sono passati alla tradizione, ma in realtà il giudizio di Vittorini sul ''Gattopardo'' non fu così negativo. Maurizio Cicala, nel suo ''I meccanismi dell'editoria'', riporta sinteticamente i fatti, riprendendo ''La lunga corsa del Gattopardo''<ref>{{Cita libro|autore=Gian Carlo Ferretti|titolo=La lunga corsa del Gattopardo. Storia di un grande romanzo dal rifiuto al successo|anno=2008|editore=Aragno editore}}</ref> di [[Gian Carlo Ferretti]], dove viene scientificamente ricostruito l'accaduto:<blockquote>[…] nella prima occasione, Vittorini coglie il valore del romanzo, ritenendolo «pregevole e commercialmente valido», e chiede all’autore di rimandarne l’eventuale pubblicazione dopo una revisione [l'autore l'aveva inviato in casa editrice mancante di due capitoli, ''n.d.R'']; i dirigenti mondadoriani non tengono però conto del suo giudizio e il libro viene rifiutato. Nella seconda occasione il diniego è invece dettato dal fatto che l’opera […] non risponde affatto all’impostazione sperimentale della collana. […] Il romanzo uscirà poi per i tipi di Feltrinelli grazie a [[Giorgio Bassani]], che lo intercetta per il tramite di Elena Croce, figlia di «don Benedetto», e recupera l’originale con i capitoli non letti da Vittorini e molte varianti.<ref>{{Cita libro|autore=Maurizio Cicala|titolo=I meccanismi dell'editoria|anno=2021|editore=Il Mulino|città=Bologna}}</ref></blockquote>L'avventurosa pubblicazione infatti avvenne solo dopo la morte dell'autore. L'ingegner Giorgio Gargia, paziente della baronessa [[Alexandra Wolff Stomersee]], la moglie psicoanalista di Tomasi, si offre di consegnare una copia a una sua conoscente, [[Elena Croce]]. La figlia di [[Benedetto Croce]] lo segnala a [[Giorgio Bassani]], da poco divenuto direttore della collana di narrativa ''I Contemporanei'' per la [[Giangiacomo Feltrinelli Editore]], e che sollecitava gli amici letterati a segnalargli interessanti inediti<ref>[[Gioacchino Lanza Tomasi]], «Le avventure del Gattopardo», 8 luglio 2011, www.ilsole24ore.com</ref>. Bassani ricevette dalla Croce il manoscritto incompleto, ne comprese immediatamente l'enorme valore, e nel febbraio 1958 volò a [[Palermo]] per recuperare e ricomporre il testo nella sua interezza: decise subito di pubblicare il libro<ref>D. Gilmour, ''L'ultimo gattopardo. Vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa'', [[Feltrinelli]], Milano 2003, [http://books.google.it/books?id=CUvlDh7g5YAC&pg=PA172&lpg=PA172&dq=#v=onepage&q&f=false p. 172]</ref>, che uscì l'11 novembre dello stesso anno, curato da Bassani. Nel 1959, quando ricevette il [[premio Strega]], la tiratura aveva raggiunto in solo otto mesi le {{formatnum:250000}} copie, divenendo il primo [[best seller]] italiano con oltre centomila copie vendute<ref>Bragaglia Cristina, ''Il Piacere del Racconto'', La Nuova Italia, 1993.</ref>. La forza e l'importanza che ebbe il romanzo in quegli anni sono testimoniate anche dalla battuta che Eduardo De Filippo nella commedia del 1959 ''Sabato, Domenica e Lunedì'' fa dire a Memè, la zia colta di casa Priore, la quale ammonendo i parenti troppo affaccendati nelle questioni quotidiane esce di scena ammonendoli al grido di "compratevi il Gattopardo!".
 
Fu scritto tra la fine del 1954 e il 1957, l'anno della morte dell'autore, un erudito appassionato di letteratura del tutto sconosciuto ai circuiti letterari italiani. Il manoscritto venne inviato alle case editrici con una lettera di accompagnamento scritta di pugno dal cugino di Tomasi, il poeta [[Lucio Piccolo]]. La spedizione della prima copia (una versione ancora parziale in quattro parti) avvenne il 24 maggio del 1956 da [[Villa Piccolo]], indirizzata al conte Federico Federici della Mondadori, che da poco aveva pubblicato un libro di poesie del Piccolo. LucioDurante l'estate, Orlando battè a macchina altre due parti del libro, quelle ambientate a Donnafugata, che il Piccolo stessoinviò prontamente a Federici il 10 ottobre. Piccolo cercò di avere notizie dell'esito della lettura del manoscritto da parte di Mondadori, inviando una lettera all'amico e collega poeta [[Basilio Reale]], per sincerarsi se la lettura avesse sortito l'esito sperato.<ref>{{Cita|Samonà|pp. |}}.</ref>
 
Tuttavia, gli editori [[Arnoldo Mondadori Editore]] e [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]] rifiutarono. Infatti, il testo, pur privo come s'è detto di alcuni capitoli, fu dato in lettura prima al conte Federici per Mondadori, poi a [[Elio Vittorini]], allora contemporaneamente consulente letterario per Mondadori e anche curatore della collana ''[[I gettoni]]'' per l'Einaudi. Vittorini bocciò la pubblicazione de ''Il Gattopardo'' per entrambe le case editrici, rimandando il testo all'autore, e accompagnando tale rifiuto con una lettera di motivazione. L'opinione negativa di Vittorini, la cui bocciatura resta un clamoroso errore di valutazione, fu da lui ribadita anche successivamente, quando il Gattopardo divenne un caso letterario internazionale. Solo a posteriori, il giudizio di Vittorini sul ''Gattopardo'' non fu così negativo: messo di fronte al successo mondiale dell'opera, egli tentò di giustificarsi asserendo che si trattava di un 'romanzo tradizionale', quindi non adatto alla collana einaudiana dei ''Gettoni''.<ref>Maurizio Cicala, nel suo libro ''I meccanismi dell'editoria'', riporta sinteticamente i fatti, riprendendo ''La lunga corsa del Gattopardo''{{Cita libro|autore=Gian Carlo Ferretti|titolo=La lunga corsa del Gattopardo. Storia di un grande romanzo dal rifiuto al successo|anno=2008|editore=Aragno editore}} di [[Gian Carlo Ferretti]], dove viene scientificamente ricostruito l'accaduto:<blockquote>[…] nella prima occasione, Vittorini coglie il valore del romanzo, ritenendolo «pregevole e commercialmente valido», e chiede all’autore di rimandarne l’eventuale pubblicazione dopo una revisione [l'autore l'aveva inviato in casa editrice mancante di due capitoli, ''n.d.R'']; i dirigenti mondadoriani non tengono però conto del suo giudizio e il libro viene rifiutato. Nella seconda occasione il diniego è invece dettato dal fatto che l’opera […] non risponde affatto all’impostazione sperimentale della collana. […]</ref>
 
Tuttavia,Il gliromanzo editori [[Arnoldo Mondadori Editore]] e [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]] rifiutarono. Infatti, il testo, pur privo di alcuni capitoli, fu dato in lettura prima al conte Federici per Mondadori,uscì poi a [[Elio Vittorini]], allora consulente letterario per Mondadori e curatore della collana ''[[I gettoni]]'' per l'Einaudi, il quale lo bocciò per entrambe le case editrici rimandandolo all'autore, e accompagnando il rifiuto con una lettera di motivazione. L'opinione negativa di Vittorini, un clamoroso errore di valutazione, fu da lui ribadita anche successivamente, quando il Gattopardo divenne un caso letterario internazionale. Questi sono i fatti per come sono passati alla tradizione, ma in realtà il giudiziotipi di VittoriniFeltrinelli sulsolo ''Gattopardo'' non fu così negativo. Maurizio Cicala, nel suo ''I meccanismi dell'editoria'', riporta sinteticamente i fatti, riprendendo ''La lunga corsa del Gattopardo''<ref>{{Cita libro|autore=Gian Carlo Ferretti|titolo=La lunga corsa del Gattopardo. Storia di un grande romanzo dal rifiutograzie al successo|anno=2008|editore=Aragno editore}}</ref> di [[Gian Carlo Ferretti]], dove viene scientificamente ricostruito l'accaduto:<blockquote>[…] nella prima occasione, Vittorini coglie il valore del romanzo, ritenendolo «pregevole e commercialmente valido», e chiede all’autore di rimandarne l’eventuale pubblicazione dopo una revisione [l'autore l'aveva inviato in casa editrice mancante di due capitoli, ''n.d.R'']; i dirigenti mondadoriani non tengono però conto del suo giudizio e il libro viene rifiutato. Nella seconda occasione il diniego è invece dettato dal fatto che l’opera […] non risponde affatto all’impostazione sperimentale della collana. […] Il romanzo uscirà poi per i tipi di Feltrinelli grazie a [[Giorgio Bassani]], che lo intercetta per il tramite di Elena Croce, figlia di «don Benedetto», e recupera l’originale con i capitoli non letti da Vittorini e molte varianti.<ref>{{Cita libro|autore=Maurizio Cicala|titolo=I meccanismi dell'editoria|anno=2021|editore=Il Mulino|città=Bologna}}</ref></blockquote>L'avventurosa pubblicazione infatti avvenne solo dopo la morte dell'autore. L'ingegner Giorgio Gargia, paziente della baronessa [[Alexandra Wolff Stomersee]], la moglie psicoanalista di Tomasi, si offre di consegnare una copia a una sua conoscente, [[Elena Croce]]. La figlia di [[Benedetto Croce]] lo segnala a [[Giorgio Bassani]], da poco divenuto direttore della collana di narrativa ''I Contemporanei'' per la [[Giangiacomo Feltrinelli Editore]], e che sollecitava gli amici letterati a segnalargli interessanti inediti<ref>[[Gioacchino Lanza Tomasi]], «Le avventure del Gattopardo», 8 luglio 2011, www.ilsole24ore.com</ref>. Bassani ricevette dalla Croce il manoscritto incompleto, e ne comprese immediatamente l'enorme valore. Lo diede a leggere all'amico [[Mario Soldati]], eil nelquale dopo aver letto il testo in mano a Bassani, concordò trattarsi di un capolavoro. Nel febbraio 1958, Bassani volò a [[Palermo]] per recuperare e ricomporre il testo nella sua interezza: egli decise subito di pubblicare il libro<ref>D.David Gilmour, ''L'ultimo gattopardo. Vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa'', [[Milano, Feltrinelli]], Milano 2003, [http://books.google.it/books?id=CUvlDh7g5YAC&pg=PA172&lpg=PA172&dq=#v=onepage&q&f=false p. 172]</ref>, che uscì l'11 novembre dello stesso anno, curato da Bassani stesso. Nel 1959, quando il romanzo ricevette il [[premio Strega]], la tiratura aveva raggiunto in solo otto mesi le {{formatnum:250000}} copie, divenendo il primo [[best seller]] italiano con oltre centomila copie vendute<ref>Bragaglia Cristina, ''Il Piacere del Racconto'', La Nuova Italia, 1993.</ref>. La forza e l'importanza che ebbe il romanzo in quegli anni sono testimoniate anche dalla battuta che [[Eduardo De Filippo]] inserisce nella commedia del 1959 ''[[Sabato, Domenicadomenica e Lunedìlunedì]]'': fa dire a Memè, la zia colta di casa Priore, la quale ammonendoosservando i parenti troppo affaccendati nelle questioni quotidiane, esceche uscendo di scena ammonendolili ammonisce al grido di "«compratevi il Gattopardo!"».
 
Il titolo del romanzo ha origine nello stemma di famiglia dei principi di Lampedusa, rappresentato dal ''[[Leptailurus serval|Felis leptailurus serval]]'', una belva felina diffusa nelle coste settentrionali dell'[[Africa]], proprio di fronte a [[Isola di Lampedusa|Lampedusa]]. Nelle parole dell'autore l'animale ha un'accezione positiva: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra». Tuttavia, proprio sull'onda del successo planetario del romanzo, sarebbe invalso invece un significato negativo, facendo dell'aggettivo "gattopardesco" l'emblema del trasformismo delle classi dirigenti italiane. A ben vedere, è anche vero che fu Tomasi stesso con le sue fiere parole a legare il termine a un significato ambiguo, quando prevede un destino di rassegnazione e di solo illusorio orgoglio per l'Italia futura<ref>[[Tullio De Mauro]], «Gattopardo non gattopardesco», 26 giugno 2011, www.ilsole24ore.com</ref>.
 
Nel 1967 dal romanzo venne tratta un'opera musicale di [[Angelo Musco (compositore)|Angelo Musco]], con libretto di [[Luigi Squarzina]].
 
== Trama ==
Il racconto inizia con la recita del [[rosario]] in una delle sontuose sale del [[Palazzo Salina]], dove [[Principe Fabrizio Salina|il principe Fabrizio]], il gattopardo, abita con la moglie Stella e i loro sette figli: è un signore distinto e affascinante, raffinato cultore di studi astronomici ma anche di pensieri più terreni e a carattere sensuale, nonché attento osservatore della progressiva e inesorabile decadenza del proprio ceto; infatti, con lo [[sbarco dei Mille|sbarco in Sicilia]] di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] e del suo [[esercito meridionale|esercito]], va prendendo rapidamente piede un nuovo ceto, quello borghese, che il principe, dall'alto del proprio rango, guarda con malcelato disprezzo, in quanto prodotto deteriore dei nuovi tempi. L'intraprendente e amatissimo nipote [[Tancredi Falconeri]] non esita a cavalcare la nuova epoca in cerca del potere economico, combattendo tra le file dei [[Garibaldino|garibaldini]] (e poi in quelle dell'[[Regia Armata Sarda|esercito regolare]] del [[Re di Sardegna]]), cercando insieme di rassicurare il titubante zio sul fatto che il corso degli eventi si volgerà alla fine a vantaggio della loro classe; è poi legato da un sentimento, in realtà più intravisto, per la raffinata cugina Concetta, profondamente innamorata di lui.
 
Il principe trascorre con tutta la famiglia le vacanze nella residenza estiva di [[Palma di Montechiaro|Donnafugata]]; il nuovo sindaco del paese è don Calogero SedaraSedàra, un ''[[Nuovi ricchi|parvenu]]'', ma intelligente e ambizioso, che cerca subito di entrare nelle simpatie degli aristocratici Salina, mercé la figlia Angelica, cui il passionale Tancredi non tarderà a soccombere; non essendo unadi famiglia nobile, Angelica non avrà immediatamente il consenso di don Fabrizio, ma, grazie alla sua travolgente e incantevole bellezza, riesce a convincere casa Salina e a sposare Tancredi. Inoltre Calogero Sedara, il padre di Angelica, fornisce alla figlia nel contratto matrimoniale tutto quello che possiede.
 
Arriva il momento di [[Plebiscito delle province siciliane del 1860|votare l'annessione della Sicilia al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]]: a quanti, dubbiosi sul da farsi, gli chiedono un parere sul voto, il principe risponde suo malgrado in maniera affermativa; alla fine, il plebiscito per il sì sarà unanime. In seguito, giunge a palazzo Salina un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, incaricato di offrire al principe la carica di [[Senato del Regno (Italia)|senatore del Regno]], che egli rifiuta garbatamente dichiarandosi un esponente del [[RegimeRegno (politica)delle Due Sicilie|vecchio regime]], ad esso legato da vincoli di decenza. Il principe condurrà da ora in poi vita appartata fino al giorno in cui verrà serenamente a mancare, circondato dalle cure dei familiari, in una stanza d'albergo a [[Palermo]] dopo il viaggio di ritorno da [[Napoli|Caserta]], dove si era recato per cure mediche. L'ultimo capitolo del romanzo, ambientato nel [[1910]], racconta la vita di Carolina, Concetta e Caterina, le figlie superstiti di don Fabrizio.
 
== Il significato dell'opera ==
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== Il manoscritto ==
Le fotocopie dei manoscritti originali si trovano presso il ''Museo del Gattopardo'' a [[Santa Margherita di Belice]] (AG), mentre gli originali sono custoditi dall'erede [[Gioacchino Lanza Tomasi]] presso il Palazzo Lanza Tomasi a [[Palermo]], ultima dimora dello scrittore.
 
== Edizioni ==
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}}
* [[Antonio La Torre Giordano]], ''Il Gattopardo. I sessant'anni del film tra arte, media e società'', Edizioni Lussografica, prefazione di [[Melo Freni]], Caltanissetta, 2023.
*[[Rosaria Ciampella Bertolucci|Rosaria Bertolucci]], ''Il principe dimenticato'', Sarzana, Carpena, 1979.
* {{cita libro
|autore = G. Bottino