Francesco Crispi: differenze tra le versioni

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|carica = [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio dei ministri]],<br /> [[ministri degli affari esteri del Regno d'Italia|ministro degli Esteri]] e<br /> [[Ministri dell'interno del Regno d'Italia|ministro dell'interno del Regno d'Italia]]
|monarca = [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]
|mandatoinizio = 29 luglio [[1887]]
|mandatofine = 6 febbraio [[1891]]
|predecessore = [[Agostino Depretis]], se stesso al ministero dell'interno.
|successore = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio di Rudinì]], [[Giovanni Nicotera]] al ministero dell'interno.
|carica2 =
|monarca2 = Umberto I
|mandatoinizio2 = 15 dicembre [[1893]]
|mandatofine2 = 10 marzo [[1896]]
|predecessore2 = [[Giovanni Giolitti]]
|successore2 = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio di Rudinì]]
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|monarca3 = [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]]<br>Umberto I
|primoministro3 = Agostino Depretis
|mandatoinizio3 = 26 dicembre [[1877]]
|mandatofine3 = 8 marzo [[1878]]
|predecessore3 = Giovanni Nicotera
|successore3 = Agostino Depretis
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|carica5 = [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]]
|monarca5 = Vittorio Emanuele II
|mandatoinizio5 = 26 novembre [[1876]]
|mandatofine5 = 26 dicembre 1877
|predecessore5 = [[Giuseppe Biancheri]]
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|firma = Firma di Francesco Crispi.jpg|
}}
{{militare
|Nome =
|Immagine = Crispi giovane.jpg
|Didascalia = Crispi a metà Ottocento
|Data_di_nascita = 4 ottobre [[1818]]
|Nato_a = [[Ribera]]
|Data_di_morte = 11 agosto [[1901]] (82 anni)
|Morto_a = [[Napoli]]
|Luogo_di_sepoltura = [[Chiesa di San Domenico (Palermo)]]
|Etnia = [[Arbëreshë|Italo-Albanese]]
|Nazione_servita = {{Bandiera|ITASAR 1851-1861}} Ribelli siciliani
|Forza_armata = {{Bandiera|ITA}} [[I Mille]]
|Arma = [[Fanteria]]
|Corpo =
|Specialità =
|Unità =
|Comandanti = [[Giuseppe Garibaldi]]
|Campagne =
|Guerre = [[Rivoluzione siciliana del 1848]]<br />[[Spedizione dei Mille]]
|Guerre =
|Battaglie = [[Battaglia di Calatafimi]]<br />[[Insurrezione di Palermo (1860)]]
|Azioni = Soccorso ai feriti nella Battaglia di Calatafimi
|Decorazioni =
|Altre_cariche = Presidente del Consiglio dei ministri<br />Ministro dell'interno<br />Ministro degli Esteri<br />Presidente della Camera dei deputati
|Note =
|Ref =
|Anni_di_servizio = 1860
}}
{{citazione|Voi solo mi incoraggiate ad andare in Sicilia, mentre tutti gli altri me ne dissuadono.|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] a Crispi il 2 maggio 1860. In {{Cita|Duggan|p. 216}}.}}
{{Bio
|Nome = Francesco
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|AnnoMorte = 1901
|Epoca = 1800
|Attività = patriotapolitico
|Attività2 = politicomilitare
|Nazionalità = italiano
}}
 
Figura di spicco del [[Risorgimento]], fu una sara incredibile uno degli organizzatori della [[Rivoluzione siciliana del 1848]] e fu l'ideatore e il massimo sostenitore della [[spedizione dei Mille]], alla quale partecipò. Inizialmente [[Giuseppe Mazzini|mazziniano]], si convertì agli ideali [[Monarchismo|monarchici]] nel [[1864]]. [[Anticlericalismo|Anticlericale]] e ostile allo [[Stato Pontificio]], dopo l'unità d'Italia fu quattro volte [[Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del Consiglio]]: dal [[1887]] al [[1891]] e dal [[1893]] al [[1896]]. Nel primo periodo fu anche ministro degli Esteri e ministro dell'interno, nel secondo anche ministro dell'interno. Fu il primo meridionale a diventare presidente del Consiglio del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]].
 
In politica estera coltivò l'amicizia con la [[Impero tedesco|Germania]], che apparteneva con l'[[Regno d'Italia (1861-1946)|Italia]] e l'[[Impero austro-ungarico|Austria]] alla [[Triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]]. Avversò quasi sempre la [[Terza Repubblica francese(Francia)|Francia]], contro la quale rinforzò l'[[Regio Esercito|esercito]] e la [[Regia Marina|marina]].
 
I suoi governi si distinsero per importanti riforme sociali (come il [[Codice penale italiano del 1889|codice Zanardelli]] che abolì la [[Pena di morte in Italia|pena di morte]] e introdusse la [[sciopero|libertà di sciopero]]) ma anche per la lotta agli [[anarchia|anarchici]] e ai [[socialismo|socialisti]], i cui moti dei [[Fasci siciliani]] furono repressi con la [[legge marziale]]. In campo economico il suo [[Governo Crispi IV|quarto governo]] migliorò le condizioni del Paese. Crispi sostenne tuttavia una dispendiosa [[colonialismo italiano|politica coloniale]] in [[Africa]] che, dopo alcuni successi, portò alla [[Battaglia di Adua|disfatta di Adua]] del 1896,. L'evento che portò alla fine della sua carriera politica di Crispi. Il suo avversario politico principale fu [[Giovanni Giolitti]] che lo sostituì alla guida del Paese.
 
== Biografia ==
=== Le origini e la gioventù (fino al 1847) ===
[[File:Ribera Casa natale di Francesco Crispi.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Ribera negli anni 60 del Novecento. Nella prima casa a destra nacque Francesco Crispi.]]
 
La famiglia di Francesco Crispi proveniva da [[Palazzo Adriano]], presso [[Palermo]], comunità appartenente alla minoranza albanese (''[[Arbëreshë di Sicilia|arbëreshe]]'') di Sicilia. La cittadina era stata fondata sul finire del [[XV secolo]] da esuli [[albanesi]] in fuga dai [[Impero ottomano|turco-ottomani]] e il nonno paterno di Crispi, anch'egli Francesco (1763-1837), era un [[presbitero|sacerdote]] cattolico di rito orientale del clero italo-albanese<ref>Ai preti di rito bizantino (''papàs-priftërat'') della [[Chiesa cattolica italo-albanese]] (vedi [[Eparchia di Piana degli Albanesi]]), per antica tradizione canonica, è permesso l'uxorato.</ref><ref>{{Cita|Duggan|pp. 4-6}}.</ref>.
 
Il figlio maggiore di costui, Tommaso (1793-1857), si stabilì a Ribera, sposando una ricca vedova, Giuseppa Genova (deceduta nel 1853). Tommaso si affermò come amministratore di un importante proprietario terriero della zona, il duca di Ferrandina. Dal matrimonio di Tommaso e Giuseppa il 4 ottobre [[1818]] nacque a Ribera il primo maschio della coppia, Francesco Crispi, secondo di nove figli, che fu battezzato secondo il [[rito bizantino]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 7-8}}.</ref><ref>Data e località di nascita del Crispi sono oggi accertate con sicurezza, ma per qualche tempo sono state oggetto di discussione fra gli storici. La nascita nel 1819 è riportata ad esempio dal sito dell'[http://www.associazionechiesestoriche.it/domenico.htm Associazione Chiese Storiche] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150923175452/http://www.associazionechiesestoriche.it/domenico.htm |data=23 settembre 2015 }}. La controversia è segnalata sul sito [http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm Ciliberto Ribera] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211034728/http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm |data=11 febbraio 2009 }}, che fornisce anche numerosi particolari sugli anni infantili dello statista siciliano trascorsi appunto a Ribera.</ref>.
 
Il giovane Francesco, in età compresa tra i 5 e i 6 anni, fu mandato presso una famiglia di [[Villafranca Sicula|Villafranca]] affinché ricevesse un'istruzione. Nel [[1829]], undicenne, entrò alunno nell'importante Seminario italo-albanese di Palermo, dove gli fu impartita una formazione prevalentemente classica e dove acquisì la passione per la storia. Rettore dell'istituto era Mons. [[Giuseppe Crispi]], cugino di Tommaso<ref>[http://palazzoadriano.oldsite.it/Associazioni/ParadisoArbereshe/Articoli/Francesco_Crispi_Unità_Italia.pdf Francesco Crispi e l'Unità d'Italia - Comune di Palazzo Adriano]</ref>. Mons. Crispi era [[vescovo]] ordinante di "rito greco" (ovvero bizantino) degli albanesi di Sicilia, [[filologia|filologo]], [[ellenista (studioso)|grecista]] di fama e [[Albanologia|albanologo]], autore di diversi studi sugli albanesi e la loro origine [[Pelasgi|pelagica]]-[[illiri]]ca<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/12/13/crispi-una-vita-spericolata-fuggendo-dalla-sua.html ''Crispi, una vita spericolata fuggendo dalla sua Ribiera'']</ref>. Il piccolo Francesco rimase in seminario fino al [[1834]] o al [[1835]], periodo in cui, il padre, divenuto [[Sindaci di Ribera|sindaco di Ribera]]<ref>Tommaso fu sindaco dal 1834 al 1836 e dal 1848 al 1849. Cfr. {{cita libro | cognome=Lentini| nome=Raimondo| titolo=Sindaci, Podestà e Commissari di Ribera - Breve biografia cronologica dal 1808 ad oggi| editore=Comune| città= Ribera| anno=2002|cid= Lentini, 2002}}</ref>, incontrava grosse difficoltà politiche, di salute e finanziarie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 8, 10-11, 14-15}}.</ref>.
 
Nello stesso periodo Francesco frequentò il poeta e medico [[Vincenzo Navarro]], la cui amicizia segnò la sua iniziazione al [[romanticismo]]. Nel 1835 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'[[Università degli Studi di Palermo]] e due anni dopo si innamorò di Rosina D'Angelo, la figlia di un orefice. Nonostante il divieto paterno, Crispi sposò Rosina nello stesso [[1837]], quando la giovane ventenne era già incinta. In maggio la moglie partorì e Crispi riuscì a ricucire i rapporti con la propria famiglia. La nascitura fu battezzata Giuseppa, come la nonna paterna. Fu un matrimonio breve. Rosina morì infatti il 29 luglio [[1839]], il giorno dopo aver dato alla luce il secondo figlio, Tommaso. Il bambino visse poche ore e nel dicembre dello stesso anno morì anche Giuseppa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 17-19, 21-23}}.</ref><ref>Chiara Maria Pulvirenti, ''Francesco Crispi'', sul sito della [https://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_150ANNI/PIR_150ANNISITO/PIR_Schede/PIR_Unmosaicodiattori/PIR_Biografie/PIR_Crispi Regione Siciliana] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110722053046/https://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR_PORTALE/PIR_150ANNI/PIR_150ANNISITO/PIR_Schede/PIR_Unmosaicodiattori/PIR_Biografie/PIR_Crispi |data=22 luglio 2011 }}.</ref>.
 
==== Cospiratore antiborbonico ====
Fra il [[1838]] e il 1839, prima della tragedia familiare che lo avrebbe colpito, Crispi fondò un proprio giornale, ''L'Oreteo''.<ref>Come precisato sul 1º numero del giornale, il suo nome si rifaceva al piccolo fiume palermitano [[Oreto]]. Una breve analisi della rivista si trova nella relazione di Simonetta La Barbera, "Linee e temi della stampa periodica palermitana dell'Ottocento", al convegno torinese del 2002 ''Percorsi di critica'', Milano, Vita e Pensiero, 2007, pp. 99-100. ISBN 978-88-343-1432-6. Consultabile anche su [http://books.google.it/books?id=WHyYVHCyj0sC&printsec=frontcover&dq=Percorsi+di+critica:+un+archivio+per+le+riviste+d'arte+in+Italia&hl=it&ei=jGp3TYT6IYG38QPtxpCgDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CDIQ6AEwAA#v=onepage&q=oreteo&f=false Google libri].</ref> Questa esperienza lo mise in contatto con una serie di personaggi politici fra cui il liberale napoletano [[Carlo Poerio]]. Già nel [[1842]] Crispi scriveva della necessità di istruire i poveri, del danno procurato dalla eccessiva ricchezza della Chiesa e della necessità che tutti i cittadini, donne incluse, fossero uguali davanti alla legge<ref>{{Cita|Duggan|pp. 26-27, 32}}.</ref>.
[[File:Italia 1843.svg|miniatura|sinistra|L'Italia al tempo in cui Francesco Crispi era giovane. In arancio il Regno delle Due Sicilie, dove nacque.]]
 
Dopo aver superato l'esame finale con un “buono”, Francesco Crispi il 24 settembre [[1843]] ottenne la laurea in giurisprudenza e decise di tentare l'avvocatura a [[Napoli]] (città considerata più liberale di Palermo), dove risiedette dal [[1845]] al [[1848]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 36, 40, 44}}.</ref>.
Fra il [[1838]] e il 1839, prima della tragedia familiare che lo avrebbe colpito, Crispi fondò un proprio giornale, ''L'Oreteo''.<ref>Come precisato sul 1º numero del giornale, il suo nome si rifaceva al piccolo fiume palermitano [[Oreto]]. Una breve analisi della rivista si trova nella relazione di Simonetta La Barbera, "Linee e temi della stampa periodica palermitana dell'Ottocento", al convegno torinese del 2002 ''Percorsi di critica'', Milano, Vita e Pensiero, 2007, pp. 99-100. ISBN 978-88-343-1432-6. Consultabile anche su [http://books.google.it/books?id=WHyYVHCyj0sC&printsec=frontcover&dq=Percorsi+di+critica:+un+archivio+per+le+riviste+d'arte+in+Italia&hl=it&ei=jGp3TYT6IYG38QPtxpCgDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CDIQ6AEwAA#v=onepage&q=oreteo&f=false Google libri].</ref> Questa esperienza lo mise in contatto con una serie di personaggi politici fra cui il liberale napoletano [[Carlo Poerio]]. Già nel [[1842]] Crispi scriveva della necessità di istruire i poveri, del danno procurato dalla eccessiva ricchezza della Chiesa e della necessità che tutti i cittadini, donne incluse, fossero uguali davanti alla legge<ref>{{Cita|Duggan|pp. 26-27, 32}}.</ref>.
 
Nel [[1846]] l'elezione di [[papa Pio IX]] e i suoi primi provvedimenti liberali scatenarono un'ondata di euforiche attese. L'anno dopo il liberale siciliano [[Giovanni Raffaele]], ricercato dalle autorità borboniche, prima di riparare a [[Marsiglia]], affidò a Crispi il compito di fungere da collegamento tra i capi liberali di Palermo e quelli di Napoli<ref>{{Cita|Duggan|pp. 51, 54}}.</ref>.
Dopo aver superato l'esame finale con un “buono”, Francesco Crispi il 24 settembre [[1843]] ottenne la laurea in giurisprudenza e decise di tentare l'avvocatura a [[Napoli]] (città considerata più liberale di Palermo), dove risiedette dal [[1845]] al [[1848]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 36, 40, 44}}.</ref>.
 
I tempi erano ormai maturi per una rivoluzione e il 20 dicembre [[1847]] Crispi fu inviato a Palermo con [[Salvatore Castiglia]] per prepararla. Nei dieci giorni successivi incontrò il [[Gabriele Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza|principe Torremuzza]] (1812-1884), il [[Ferdinando Monroy, principe di Pandolfina|principe Pandolfina]], [[Rosolino Pilo]] e altri. Quando lasciò la Sicilia, il 31 dicembre, era stato raggiunto l'accordo: l'insurrezione sarebbe scoppiata il 12 gennaio, giorno del compleanno di re [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 55, 57}}.</ref>.
Nel [[1846]] l'elezione di [[papa Pio IX]] e i suoi primi provvedimenti liberali scatenarono un'ondata di euforiche attese. L'anno dopo il liberale siciliano [[Giovanni Raffaele]], ricercato dalle autorità borboniche, prima di riparare a [[Marsiglia]], affidò a Crispi il compito di fungere da collegamento tra i capi liberali di Palermo e quelli di Napoli<ref>{{Cita|Duggan|pp. 51, 54}}.</ref>.
 
I tempi erano ormai maturi per una rivoluzione e il 20 dicembre [[1847]] Crispi fu inviato a Palermo con [[Salvatore Castiglia]] per prepararla. Nei dieci giorni successivi incontrò il [[Gabriele Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza|principe Torremuzza]] (1812-1884), il [[Ferdinando Monroy, principe di Pandolfina|principe Pandolfina]], [[Rosolino Pilo]] e altri. Quando lasciò la Sicilia, il 31 dicembre, era stato raggiunto l'accordo: l'insurrezione sarebbe scoppiata il 12 gennaio, giorno del compleanno di re [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 55, 57}}.</ref>.
 
=== La rivoluzione siciliana (1848-1849) ===
{{vedi anche|Rivoluzione siciliana del 1848}}
[[File:RivoltaRibera Casa natale di PalermoFrancesco 1848Crispi.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|FrancescoRibera Crispinegli fuanni uno degli organizzatori della sommossa di Palermo60 del 1848Novecento. eNella unaprima dellecasa personalitàa deldestra governonacque provvisorioFrancesco antiborbonico che si costituìCrispi.]]
[[File:Italia 1843.svg|miniatura|sinistra|L'Italia al tempo in cui Francesco Crispi era giovane. In arancio il Regno delle Due Sicilie, dove nacque.]]
 
La sommossa antiborbonica scoppiò a Palermo il 12 gennaio 1848. Crispi partì da Napoli per la Sicilia il giorno dopo e il 14 era a Palermo. Il Comitato generale (un governo provvisorio), diretto dal liberale [[Ruggero Settimo]], fu articolato in quattro comitati, a Crispi fu assegnato quello della Difesa, con una speciale responsabilità per l'allestimento delle barricate<ref>{{Cita|Duggan|pp. 60-61}}.</ref>.
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La sua posizione per una Sicilia unita ad un'Italia federale gli procurò attriti con altri componenti dei comitati rivoluzionari, che chiedevano una Sicilia completamente indipendente. Nello stesso tempo Crispi accusò il governo siciliano di negligenza e di voler sabotare i suoi sforzi di galvanizzare la resistenza militare di fronte all'avanzata delle truppe borboniche. Nell'estate del 1848 era infatti sbarcato in Sicilia un corpo di spedizione comandato dal generale [[Carlo Filangieri, principe di Satriano|Carlo Filangieri]] con lo scopo di riconquistare l'isola<ref>{{Cita|Duggan|pp. 73, 75, 77}}.</ref>.
 
Concluso un primo armistizio, Crispi e i suoi colleghi ([[Giuseppe La Farina]], [[Giuseppe La Masa]] e [[Salvatore Castiglia]]) aumentarono i loro sforzi per la difesa, sicuri che le ostilità sarebbero riprese. Tra l'ottobre 1848 e il febbraio [[1849]] furono arruolati e condotti a Palermo circa 14.000 uomini. I moderati, però, nel timore che i democratici (coloro che come Crispi auspicavano il suffragio universale) potessero usare questo esercito per instaurare una repubblica contro il Comitato generale, non aiutarono i preparativi militari. Il 29 marzo ripresero le ostilità e con loro i successi dei borbonici. Il 14 aprile, l'ammiraglio francese Charles Baudin (1784-1854) offrì, a nome del governo francese, una mediazione per la pace. La Camera siciliana la accettò e Crispi rassegnò le dimissioni da deputato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 78-80}}.</ref>.
 
Sei giorni dopo fu convocata una riunione di personalità governative e parlamentari ed emerse una maggioranza favorevole alla pace e all'idea di affidare a Baudin la garanzia delle libertà siciliane. Fra coloro che si dichiararono invece per la guerra figurò Crispi, che, amareggiato, il 27 aprile 1849 lasciò la Sicilia su una nave diretta a Marsiglia. Il 9 maggio re Ferdinando promulgò l'amnistia per tutti coloro che avevano partecipato alla rivolta, tranne che per 43 personaggi che si riteneva l'avessero organizzata. Fra questi ultimi che non beneficiarono dell'amnistia mancava, sorprendentemente, Crispi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 80-82}}.</ref>. Il 15 Carlo Filangieri entrava a Palermo ponendo fine allo Stato siciliano.
 
=== L'esilio in Europa (1849-1858) ===
[[File:Crimea Cernaia DeStefani.JPG|miniatura|upright=1.3|I piemontesi alla battaglia della Cernaia durante la [[guerra di Crimea]]. Per il loro autoritarismo Crispi definì "barbari" sia i russi che i turchi.]]
 
A Marsiglia Crispi conobbe la donna che sarebbe diventata la sua seconda moglie: [[Rosalia Montmasson|Rose Montmasson]], nata cinque anni dopo di lui nell'[[Alta Savoia]] (che a quel tempo apparteneva al Regno di Sardegna) in una famiglia di agricoltori<ref>{{Cita|Duggan|pp. 85-86}}.</ref>.
 
==== A Torino e a Malta ====
[[File:Rivolta di Palermo 1848.jpg|miniatura|left|upright=1.2|Francesco Crispi fu uno degli organizzatori della sommossa di Palermo del 1848 e una delle personalità del governo provvisorio antiborbonico che si costituì.]]
Nel settembre del 1849 Crispi si trasferì da Marsiglia a [[Torino]], la capitale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], l'unico stato italiano che avesse mantenuto la sua costituzione. Scoperto per un suo errore ad avere ancora contatti con i liberali siciliani, l'8 luglio [[1850]] fu bandito formalmente dal Regno delle Due Sicilie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 87, 98-100}}.</ref>.
[[File:Crimea Cernaia DeStefani.JPG|miniatura|upright=1.3|I piemontesi alla battaglia della Cernaia durante la [[guerra di Crimea]]. Per il loro autoritarismo Crispi definì "barbari" sia i russi che i turchi.]]
 
Nel settembre del 1849 Crispi si trasferì da Marsiglia a [[Torino]], la capitale del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]], l'unico stato italiano che avesse mantenuto la sua costituzione. Scoperto per un suo errore ad avere ancora contatti con i liberali siciliani, l'8 luglio [[1850]] fu bandito formalmente dal Regno delle Due Sicilie<ref>{{Cita|Duggan|pp. 87, 98-100}}.</ref>.
 
In autunno Crispi ebbe uno scambio epistolare con [[Giuseppe Mazzini]], del quale condivideva l'ideale repubblicano<ref>A Torino Crispi attraversò gravi momenti di difficoltà economica. Durante uno di questi, nel 1852, fu assistito per sei settimane da [[Giovanni Bosco|don Bosco]]. Cfr. {{Cita|Duggan|p. 114}}</ref>. Criticò i Savoia per i danni arrecati alle libertà comunali con il testo ''Il comune in Piemonte'' e, in occasione della fallita insurrezione mazziniana del febbraio 1853, il 6 marzo, fu arrestato dalla polizia torinese, interrogato e incarcerato. Il 14, assieme ad altri detenuti destinati all'espatrio, fu trasferito nel carcere [[Genova|genovese]] di San Lorenzo, fu fatto salire su una nave e il 26 fu sbarcato a [[Malta]], allora [[Colonia di Malta|colonia britannica]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 102-103, 116-119}}.</ref>.
 
Nell'isola Crispi ebbe contatti con l'agguerrito cospiratore [[Nicola Fabrizi]] con il quale strinse una solida amicizia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 124-128}}.</ref> e, per tamponare la difficile situazione economica, il 15 febbraio [[1854]] accettò di dirigere un giornale, ''La Staffetta''. La pubblicazione adottò una linea mazziniana e assunse una posizione di neutralità riguardo alla [[guerra di Crimea]] dichiarando che non si sarebbe schierato né con i russi, né con i turchi, entrambi oppressori e “barbari”. Nel foglio Crispi criticò l'alleanza fra Gran Bretagna e [[Secondo Impero francese|Francia]] dubitando del liberalismo inglese alleato dell'autoritario [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. A novembre il giornale inneggiò ad un'Italia «una, libera, indipendente» e a dicembre pubblicò la circolare di Mazzini che chiamava gli italiani alle armi. Di conseguenza, il 18 dello stesso mese, le autorità inglesi gli ordinarono entro quindici giorni di lasciare Malta<ref>{{Cita|Duggan|pp. 132-135}}.</ref>.
 
Nell'ultimo periodo che gli rimaneva di permanenza sull'isola, Crispi sposò il 27 dicembre 1854 [[Rosalia Montmasson|Rose Montmasson]]. Il 30 lasciò Malta per l'Inghilterra, dove intanto si era trasferito Mazzini<ref>{{Cita|Duggan|pp. 137-138}}.</ref>.
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[[File:Lama, Domenico (1823-1890) - Giuseppe Mazzini.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|[[Giuseppe Mazzini]], di cui Crispi fu seguace e con cui ebbe contatti a Londra.]]
 
Crispi arrivò nel Regno Unito il 12 gennaio [[1855]]. Giunto a [[Londra]], Mazzini lo invitò a fargli visita e si prodigò per aiutarlo procurandogli piccole somme di danaro e presentandolo ai suoi conoscenti<ref>Fra questi Crispi conobbe il deputato radicale italofilo James Stansfeld (1820-1898) che divenne il più importante dei suoi amici inglesi.</ref><ref>{{Cita|Duggan|pp. 138-140, 143}}.</ref>.
 
Consigliato da Mazzini sugli autori da leggere, [[Thomas Carlyle]] e [[John Stuart Mill]] soprattutto, Crispi si immerse nella cultura del Regno Unito, ma continuò ad occuparsi di politica. Fin quando, scoraggiato per aver progettato senza esito una sommossa in Italia meridionale, decise di abbandonare Londra (di cui detestava il clima) per [[Parigi]], dove almeno non avrebbe avuto problemi con la lingua<ref>{{Cita|Duggan|pp. 143-145, 149-151}}.</ref>.
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[[File:Vittori - L'attentat d'Orsini devant la façade de l'Opéra le 14 janvier 1858.jpg|miniatura|upright=1.3|L'attentato all'imperatore francese [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]]. Nonostante le dichiarazioni di un testimone, il coinvolgimento di Crispi non fu mai provato.]]
 
Crispi giunse a Parigi il 10 gennaio [[1856]], dove trovò lavoro come [[giornalista]] e dove continuò ad avere legami con Mazzini e con la sua propaganda. Il 22 agosto lo informarono che il padre era morto e che tre anni prima era morta anche la madre. La seconda notizia gli era stata nascosta dal padre che non voleva accrescere i dispiaceri del figlio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 151-152, 160}}.</ref>.
 
Nel [[1857]] si avventurò in iniziative commerciali che non ebbero successo e l'anno dopo fu, secondo un testimone, coinvolto nell'attentato che [[Felice Orsini]] compì il 14 gennaio con altri quattro cospiratori contro Napoleone III. L'attentato fallì, poiché le tre bombe lanciate contro la carrozza dell'imperatore esplosero senza colpire il monarca (uccisero un certo numero di soldati e passanti). Dei cinque cospiratori, uno solo rimase non identificato. Nel 1908 (sette anni dopo la morte di Crispi) uno di loro, [[Carlo Di Rudio]], affermò di avere visto mezz'ora prima dell'attentato un uomo avvicinarsi e scambiare delle parole d'intesa con Orsini, e di aver riconosciuto in lui Francesco Crispi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 165-167}}.</ref>.
 
La testimonianza combaciava con quanto dichiarato da Felice Orsini che al processo affermò che la terza bomba era stata lanciata da un quinto cospiratore a cui l'aveva consegnata poco prima dell'azione e di cui non voleva fare il nome. Ma l'esistenza di un quinto cospiratore è tutt'altro che certa: lo stesso Di Rudio, al processo, contrariamente a quanto dichiarato cinquant'anni dopo, negò il particolare dell'incontro<ref>{{Cita|Duggan|p. 168}}.</ref>.
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[[File:Francesco Crispi stampa.jpg|sinistra|miniatura|upright=0.8|Francesco Crispi fu il massimo promotore della spedizione dei Mille e convinse Garibaldi a prepararla e attuarla.]]
 
Tornato a Londra, Crispi riprese i contatti con Mazzini, benché nel [[1859]] un avvenimento comincerà ad allontanarlo definitivamente dalle idee repubblicane: Il Piemonte dei Savoia e la Francia di Napoleone III erano riusciti a battere l'[[Impero austriaco|Austria]] nella [[seconda guerra d'indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]]. Crispi vide la possibilità di un ritorno del clima rivoluzionario e il 26 luglio sbarcò a [[Messina]] in incognito.<ref>{{Cita|Duggan|pp. 171, 174, 176-177}}.</ref>.
 
In Sicilia prese contatto con i mazziniani dell'isola che ritenevano venuto il momento di un'insurrezione. Crispi cercò di organizzarli e insegnò loro a fabbricare ordigni esplosivi. Per la sommossa fu scelta la data del 4 ottobre. Ma l'insurrezione fu prima rimandata e poi rinviata a tempo indeterminato. In Crispi nacque allora la convinzione che in futuro non si sarebbe più dovuto contare sui comitati, influenzabili dai moderati, ma (come scrisse a Mazzini) collegarsi direttamente al popolo. Inoltre, qualunque insurrezione in Sicilia avrebbe dovuto avere l'appoggio esterno di una spedizione militare<ref>{{Cita|Duggan|pp. 178-187}}.</ref>.
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[[File:Filippo Palizzi - Garibaldi.jpg|miniatura|upright=0.8|[[Giuseppe Garibaldi]] si avvicinò alle idee di Mazzini e Crispi dopo la cessione di Nizza alla Francia.]]
 
Nel dicembre del 1859 Crispi prospettò una spedizione militare in appoggio ad un'insurrezione in Sicilia ad alcuni politici. Gli uomini incontrati: [[Luigi Carlo Farini]], [[Urbano Rattazzi]] e [[Giuseppe La Farina]] sollevarono varie difficoltà. Per nulla scoraggiati, il 22 febbraio e il 24 marzo [[1860]] Crispi e [[Rosolino Pilo]] inviarono due lettere con la stessa richiesta a [[Giuseppe Garibaldi]] che rispose interessato, ma senza impegnarsi. Le cose cambiarono però dopo il ritorno al potere di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] e la cessione di [[Nizza]] e [[Savoia (regione storica)|Savoia]] alla Francia, in cambio delle quali il Piemonte ottenne l'autorizzazione di Parigi ad annettersi formalmente l'Emilia-Romagna e la Toscana. Dopo questo scambio, che vide la cessione della città natale di Garibaldi, la rottura fra questi e Cavour fu netta e il riavvicinamento del generale a Mazzini e agli uomini come Crispi subì un'accelerazione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 189-191, 199-200, 202}}.</ref>.
 
In questa atmosfera, agli inizi di aprile, si ebbero alcuni importanti episodi rivoluzionari a Palermo. Era il momento di intervenire dall'esterno. Fattosi indietro Mazzini, il compito di convincere Garibaldi ricadde su Crispi. Costui, insieme a [[Nino Bixio]], il 7 aprile 1860 si recò allo scopo a Torino. Garibaldi si compiacque per le notizie provenienti dalla Sicilia e promise, nel caso i rapporti sulla sommossa fossero stati confermati, di tornare a Genova per preparare la spedizione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 204-206}}.</ref>.
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=== La spedizione dei Mille (1860) ===
{{vedi anche|Spedizione dei Mille}}
 
{{citazione|Voi solo mi incoraggiate ad andare in Sicilia, mentre tutti gli altri me ne dissuadono.|[[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] a Crispi il 2 maggio 1860. In {{Cita|Duggan|p. 216}}.}}
 
[[File:Piemonte nave dei Mille.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Il ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'', la più piccola delle due navi della spedizione, sulla quale si imbarcò Crispi.]]
[[File:Battle of Calatafimi.jpg|miniatura|upright=1.3|Crispi partecipò da civile alla [[battaglia di Calatafimi]] esponendosi al fuoco nemico per soccorrere i feriti.]]
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Intanto Cavour aveva dichiarato che nell'Italia meridionale non avrebbe accettato altro che l'annessione incondizionata al Regno di Sardegna mediante plebiscito. Crispi, che aveva ancora la speranza di far proseguire la rivoluzione per riscattare Roma e Venezia, si oppose, proponendo di far eleggere al popolo un'assemblea parlamentare. A lui si affiancò (per motivi molto diversi) il federalista [[Carlo Cattaneo]]. Preso fra due fuochi, Garibaldi dichiarò che la decisione sarebbe spettata ai due prodittatori di Sicilia e di Napoli, [[Antonio Mordini]] e Pallavicino. Entrambi optarono per il plebiscito e Crispi, dopo la riunione decisiva del 13 ottobre di [[Palazzo Doria d'Angri|palazzo d'Angri]], si dimise dal governo di Garibaldi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 249-252, 256}}.</ref>.
 
Il 13 novembre 1860 Crispi diventò Maestro nella loggia [[Massoneria|massonica]] palermitana del [[Grande Oriente d'Italia]] “I Rigeneratori del 12 gennaio 1848 al 1860 Garibaldini”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 323, 325}}.</ref><ref>Raggiunse poi velocemente il 33º grado del [[Rito scozzese antico ed accettato]]. Vedi [[Aldo Alessandro Mola]], ''Storia della Massoneria in Italia dal 1717 al 2018'', Bompiani-Giunti, Milano-Firenze, 2018, p. 133.</ref>. Due anni dopo Crispi condusse la cerimonia di iniziazione di Garibaldi<ref>Nel mese di marzo [[1862]] il Grande Oriente di Rito scozzese di Palermo offrì le cariche di Gran Maestro e Sovrano Gran Commendatore a Garibaldi (nel dicembre 1861 durante la prima assemblea costituente del Grande Oriente italiano di Torino aveva già ricevuto il titolo onorifico di "Primo massone d'Italia"), che accettò e ricevette successivamente tutti i gradi del [[Rito scozzese antico ed accettato]] dal 4º al 33º, a condurre la cerimonia fu Francesco Crispi, accompagnato da altri cinque fratelli [http://www.freemasons-freemasonry.com/garibaldi.html Garibaldi massone, di E. E. Stolper] su ''Pietre-Stones'', Review of Freemasonry.</ref>.
 
=== La scelta monarchica (1861-1865) ===
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[[File:Crispi deputato del Regno d'Italia.jpg|miniatura|upright=0.8|Crispi deputato del Regno d'Italia, nel 1861.]]
 
Il 27 gennaio [[1861]], prima ancora della nascita formale del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], avvenuta il 17 marzo, si svolsero le [[Elezioni politiche italiane del 1861|elezioni politiche]] allargate ai rappresentanti dei territori appena annessi. Crispi si candidò a Palermo, dove gli fu preferito il moderato [[Vincenzo Fardella di Torrearsa]]. A sua insaputa, però, un ricco proprietario della provincia di Trapani, [[Vincenzo Favara]], lo aveva candidato anche nel collegio di [[Castelvetrano]], dove fu eletto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 261-262}}.</ref>.
 
Il nuovo parlamento tenne la sua prima seduta a [[palazzo Carignano]], a Torino, il 18 febbraio 1861. Crispi occupò il seggio numero 58, posto all'estrema sinistra, nell'area dove si raggrupparono i circa cento deputati democratici dell'opposizione<ref>{{Cita|Duggan|pp. 265-266}}.</ref>.
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[[File:Garibaldi blessé à la bataille de l'Aspromonte, Gerolamo Induno.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Garibaldi ferito dai soldati italiani sull'Aspromonte. L'episodio allontanò definitivamente Crispi dalle idee rivoluzionarie.]]
 
Il conflitto fra costituzionalismo e rivoluzione, che aveva avuto una tregua con la formazione dello Stato italiano, si riaccese quando, nel [[1862]], salì al potere come presidente del Consiglio [[Urbano Rattazzi]], intenzionato a sottrarre Roma allo Stato Pontificio. Costui formò un [[Governo Rattazzi I|governo]] di centro-sinistra al quale Crispi si rifiutò di partecipare per non rompere i rapporti con i suoi amici democratici<ref>{{Cita|Duggan|p. 291}}.</ref>.
 
Garibaldi era intanto sbarcato in Sicilia da dove sarebbe partita una spedizione verso Roma. A Torino Crispi cercò di contenere la protesta dei moderati, ma annunciò anche il suo sostegno all'impresa. Sbarcata in Calabria, la spedizione fu stroncata nella [[giornata dell'Aspromonte]] da Rattazzi, che ebbe timore di una reazione della Francia, ancora alleata dello Stato Pontificio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 294-297}}.</ref>.
 
Per Crispi questo episodio fu traumatico e lo portò a considerare più seriamente la strada del costituzionalismo, accrescendo la distanza che lo separava da Giuseppe Mazzini. Tale divergenza si accentuò nonostante la [[convenzione di settembre]], un accordo del [[1864]] tra Italia e Francia, stipulato dal governo di [[Marco Minghetti]]. Tale accordo prevedeva l'allontanamento delle truppe francesi dallo Stato Pontificio. In cambio l'Italia rinunciava a Roma e si impegnava a trasferire la capitale da Torino a città da definirsi (sarà scelta Firenze).
 
Crispi espresse il suo dissenso per la rinuncia italiana a Roma. L'episodio aprì la questione della monarchia e il 18 novembre Crispi affermò che, malgrado la Convenzione, non avrebbe appoggiato l'idea repubblicana. Quello stesso giorno alla Camera dei deputati pronunciò la frase che sarebbe rimasta la sua più famosa e che fra i presenti suscitò sensazione e applausi<ref>{{Cita|Duggan|pp. 310-312}}.</ref>: {{citazione|La monarchia ci unisce e la repubblica ci dividerebbe|Crispi, Camera dei deputati, 18 novembre 1864. In {{Cita|Duggan|p. 312}}}}
 
La conseguenza fu un duro attacco di Mazzini che il 3 gennaio [[1865]] dalle pagine de ''[[L'Unitàunità italiana]]'' accusò Crispi di tradimento e opportunismo<ref>{{Cita|Duggan|p. 313}}.</ref>.
 
=== La conquista di Roma (1865-1870) ===
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Nel 1864, grazie alla sua professione di avvocato<ref>Nel 1867 Crispi avvocato sostenne e perse un processo che allora divenne celebre, forse proprio per la sconfitta di Crispi. Un cassiere della sede di [[Forlì]] della [[Banca Nazionale nel Regno d'Italia]] era accusato della scomparsa di alcune somme di denaro, avvenuta l'anno precedente, cioè l'anno della terza guerra di indipendenza, ed era difeso da Leonida Busi, mentre Crispi rappresentava la Banca. Il caso coinvolse anche dei militari in partenza per il fronte, altro motivo di risonanza presso l'opinione pubblica. Il cassiere, che doveva fungere da capro espiatorio di manovre altrui, fu assolto. Ne seguì perfino la pubblicazione di svariati componimenti poetici a memoria della vicenda. Vedi: Agostino Merlini, ''Relazione storica del processo penale contro Felice Cicognani, ex cassiere della Banca nazionale succursale di Forlì, imputato di appropriazione indebita. Con documenti'', Tipografia Soc. Democratica, Forlì 1867.</ref>, Crispi stava diventando un uomo ricco.
 
Alle [[Elezioni politiche italianein Italia del 1865|elezioni politiche svoltesi al termine dell'ottobre 1865]] si candidò in quattro collegi e uscì vincente in due: [[Città di Castello]] e [[Castelvetrano]]. Il parlamento appena eletto, accantonata almeno momentaneamente la questione romana, dovette subito affrontare quella veneta, mentre l'[[alleanza italo-prussiana]] firmata l'anno dopo, precipitava gli eventi verso una guerra contro l'Austria. Crispi si dimostrò subito interventista<ref>{{Cita|Duggan|pp. 332-333}}.</ref>.
 
Terminata la [[terza guerra d'indipendenza italiana|terza guerra di indipendenza]] con la cessione del Veneto all'Italia, Crispi accrebbe molto la sua stima per la [[Regno di Prussia|Prussia]] e rafforzò la sua ostilità per Napoleone III colpevole, secondo lui, di aver incoraggiato l'intesa italo-prussiana allo scopo di intervenire contro i due alleati alle prime vittorie dell'Austria<ref>{{Cita|Duggan|pp. 335-336}}.</ref>.
 
Sul fronte interno, intanto, nel febbraio [[1867]] Ricasoli perse la fiducia alla Camera, vennero indette [[Elezioni politiche italianein Italia del 1867|nuove elezioni]] e Crispi fu eletto in due collegi: a [[Maglie]] e [[Castelvetrano]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 341-342}}.</ref>. Forte di questo ulteriore successo, Crispi in primavera fondò ''La Riforma'', che divenne il foglio della Sinistra patriottica e il cui primo numero uscì il 4 giugno<ref>{{Cita|Duggan|pp. 345-348}}.</ref>.
 
==== Da Mentana a Porta Pia ====
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Vittorio Emanuele II esitò e Napoleone III ordinò l'imbarco di un corpo di spedizione per [[Civitavecchia]] contro i garibaldini. A questo punto il Re incaricò il generale [[Luigi Federico Menabrea|Luigi Menabrea]] di formare un nuovo governo e condannò la spedizione di Garibaldi che il 3 novembre incontrò Crispi intenzionato ora a fermarlo. Il colloquio non portò a nulla e il giorno dopo il generale si scontrò con i francesi nella [[battaglia di Mentana]] venendo sconfitto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 356-357}}.</ref>.
 
L'occasione definitiva di conquistare Roma si presentò tuttavia nel [[1870]], quando, scoppiata la [[guerra franco-prussiana]], Napoleone III fu sconfitto e catturato a [[Battaglia di Sedan|Sedan]]. Tutto cambiò: le uniche perplessità rimanevano sulla veste politica da dare alla presa della città. Per Crispi si trattava di un atto di liberazione: non solo l'Italia non aveva bisogno di rivendicare Roma, perché le apparteneva di diritto, ma anche l'approvazione degli stessi romani era superflua, poiché, piacesse o meno, essi erano cittadini italiani<ref>{{Cita|Duggan|pp. 381-386}}.</ref>.
 
Il 20 settembre, dopo un breve combattimento, Roma fu conquistata dalle truppe italiane che entrarono in città dalla [[Presa di Roma|breccia di Porta Pia]]. Qualche giorno dopo, Il 2 ottobre, si svolse il [[Plebiscito di Roma del 1870|plebiscito]] che sancì l'annessione di ciò che rimaneva dello Stato Pontificio al Regno d'Italia.
 
=== Difficoltà economiche e familiari (1870-1875) ===
Due mesi dopo la presa di Roma si svolsero le [[Elezioni politiche italianein Italia del 1870|elezioni politiche]]. Crispi si candidò nuovamente e fu eletto sia a Castelvetrano che a [[Tricarico]], optando per questo secondo seggio<ref>{{Cita|Duggan|pp. 395-396}}.</ref>.
 
Nell'autunno del [[1871]] il parlamento si trasferì a Roma. Crispi iniziò ad attraversare un periodo difficile: il matrimonio con Rose Montmasson era in crisi, economicamente le cose andavano male per i debiti contratti a causa de ''La Riforma'' e di un cattivo acquisto immobiliare a Firenze. I suoi discorsi alla Camera divennero più rari e avevano come oggetto la pochezza delle riforme e la mancanza di progetti politici<ref>{{Cita|Duggan|pp. 405, 407}}.</ref>.
 
Nell'agosto del 1871 si era inoltre innamorato di una vedova trentenne, Filomena (Lina) Barbagallo<ref>Nata a Lecce nel 1842, figlia di Sebastiano Barbagallo, magistrato borbonico siciliano allontanato dalla sua carica nel 1860 da Crispi e Garibaldi. Lina ventenne conobbe Crispi già nel 1863 per patrocinare la causa del padre che aveva chiesto un risarcimento economico.</ref>, ma fra il 1871 e il 1872 aveva anche avuto una relazione con Luisa Del Testa, dalla quale ebbe un figlio, Luigi. Nell'ottobre del 1873 ebbe una figlia anche da Lina, la piccola Giuseppa Ida Marianna, con la quale si dimostrò un padre molto affettuoso<ref>{{Cita|Duggan|pp. 408, 414-416}}.</ref>.
 
I rapporti con Rose erano intanto divenuti tesissimi e Crispi, che aveva già denunciato come non valido il loro matrimonio a Malta, riuscì alla fine del [[1875]] a trovare un accordo. In cambio di un assegno annuale Rose riconobbe di non essere mai stata legalmente sposata e andò via<ref>{{Cita|Duggan|p. 419}}.</ref>.
 
=== I primi incarichi (1876-1878) ===
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[[File:General Otto von Bismarck.jpg|miniatura|upright=0.8|Nel 1877 [[Otto von Bismarck|Bismarck]] accolse la proposta di Crispi di un'intesa italo-tedesca contro la Francia, ma poi il governo italiano vi rinunciò.]]
 
Dopo la schiacciante vittoria elettorale della [[Sinistra storica|Sinistra]] alle elezioni del [[1876]], il 21 novembre Crispi fu eletto [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|presidente della Camera]] e, allo scoppio del [[Guerra russo-turca (1877-1878)|conflitto russo-turco]], fu incaricato di sondare a Berlino la possibilità di una guerra in comune di Italia e Germania contro l'Austria (per acquisire territori subalpini) o contro la [[Terza Repubblica francese(Francia)|Francia]]. Poiché la missione doveva rimanere segreta si pensò, per confondere le acque, di estendere il viaggio anche ad altre capitali<ref>{{Cita|Duggan|pp. 434-435}}.</ref>.
 
==== Il viaggio in Europa ====
Con l'assenso sia di Vittorio Emanuele II che del presidente del Consiglio [[Agostino Depretis]], Crispi lasciò Roma il 24 agosto [[1877]]. La prima tappa fu Parigi, poi si diresse a Berlino e il 17 settembre raggiunse il [[Cancelliere del Reich|Cancelliere tedesco]] [[Otto von Bismarck]] presso la stazione termale di [[Bad Gastein|Gastein]], in Austria. I due discussero della proposta italiana e Bismarck si dichiarò subito contrario a qualsiasi accordo contro l'Austria, mentre si dimostrò favorevole ad un'intesa contro la Francia e acconsentì a parlarne con l'imperatore [[Guglielmo I di Germania|Guglielmo I]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 435-439}}.</ref>.
 
Tornato a Berlino, il 24 Crispi vide di nuovo il Cancelliere che gli confermò il suo interesse per un'alleanza sia offensiva, che sarebbe scattata nel caso la Francia avesse mobilitato l'esercito, sia difensiva. La tappa seguente fu la Gran Bretagna, tornò poi a Parigi, l'11 ottobre partì per Vienna e il 25 era di ritorno a Torino<ref>{{Cita|Duggan|pp. 440-444}}.</ref>.
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Il nuovo governo si insediò il 26 dicembre e Crispi dovette occuparsi dell'ordine pubblico in merito alla morte e ai funerali di Vittorio Emanuele II e di Pio IX. Chiese e ottenne che il Re fosse sepolto a Roma invece che a Torino (come d'abitudine per i sovrani di Casa Savoia) e insistette per accogliere la sua tomba al [[Pantheon (Roma)|Pantheon]], preferendo questo a qualsiasi altro monumento del cattolicesimo romano. Il funerale fu organizzato in modo tale che a Roma si riversarono circa 200.000 persone e l'ordine fu perfetto. Crispi si adoperò inoltre affinché al nuovo sovrano venisse assegnato il nome di [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] e non di Umberto IV, come volevano gli ambienti piemontesi per sottolineare la continuità con i monarchi del Regno di Sardegna<ref>{{Cita|Duggan|pp. 448-452}}.</ref>.
 
Deceduto il 7 febbraio [[1878]] anche Pio IX, Crispi assicurò il regolare svolgimento del conclave, vietando qualsiasi manifestazione dell'estrema Sinistra. Inoltre, su richiesta del Vaticano, inviò la polizia in piazza San Pietro per impedire disordini durante l'esposizione del corpo di Pio IX e durante i suoi funerali<ref>{{Cita|Duggan|p. 457}}.</ref>.
 
==== L'accusa di bigamia ====
Tali successi non impedirono agli avversari politici di Crispi, fra cui Nicotera, di screditarlo. L'occasione si presentò quando Crispi, il 26 gennaio 1878, sposò a Napoli Lina Barbagallo. Dai suoi avversari fu rintracciato a Malta il suo certificato di matrimonio con [[Rose Montmasson]] e il 27 febbraio il giornale di [[Rocco de Zerbi]], ''Il Piccolo'', pubblicò un articolo che accusava il ministro dell'interno di [[bigamia]]. Lo scandalo scoppiò e Crispi tentò di resistervi, ma quando le pressioni, anche dalla corte, divennero schiaccianti, il 6 marzo fu costretto a dimettersi. Due giorni dopo anche l'intero governo capitolò<ref>{{Cita|Duggan|pp. 458-460}}.</ref>.
 
Crispi affidò la faccenda al procuratore regio di Napoli, il quale concluse che l'accusa di bigamia era priva di fondamento: il sacerdote che aveva officiato a Malta non era autorizzato a celebrare matrimoni, l'atto presente nei registri parrocchiali non era stato regolarmente firmato, e Crispi non aveva registrato il matrimonio entro tre mesi dal suo arrivo in Sicilia nel 1860 come prevedeva il codice civile borbonico. La sostanza della colpa non era però giuridica e Crispi rimase responsabile di aver condotto una vita familiare irregolare. A corte tutti gli furono ostili e la sua carriera politica sembrò finita<ref>{{Cita|Duggan|pp. 460-461}}.</ref>.
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[[File:Francesco Hayez 023.jpg|miniatura|upright=1.3|I [[Vespri siciliani]]. Nel 1882 Crispi organizzò una grande manifestazione in occasione del 600º anniversario della rivolta antifrancese.]]
 
Dopo lo scandalo la posizione politica di Crispi si indebolì. Nel 1879, di fronte alla volontà del parlamento di discriminare il Mezzogiorno in materia di tassa sul macinato, Crispi decise di prenderne fisicamente le distanze e si ritirò a Napoli<ref>{{Cita|Duggan|p. 473}}.</ref>. Ma nel novembre del 1880 era di nuovo a Roma ad accusare il [[Governo Cairoli III|terzo governo Cairoli]] di debolezza di fronte alla penetrazione della Francia in Tunisia, territorio autonomo dell'[[Impero ottomano]], al quale anche l'Italia aspirava. Non fu ascoltato e nell'aprile del [[1881]] [[Schiaffo di Tunisi|l'esercito francese invase la Tunisia]]. L'episodio convinse ancora di più Crispi che la Francia fosse irrimediabilmente ostile all'Italia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 484-485}}.</ref>.
 
Dimessosi [[Benedetto Cairoli]] e tornato al potere Depretis, nel giugno 1881 arrivò alla Camera il disegno per la modifica della legge elettorale. Crispi era per il suffragio universale maschile e il suo suggerimento che tutti i maschi adulti la cui alfabetizzazione fosse stata attestata da un notaio potevano votare, fu accettato. Uno sbarramento di censo rimase, ma grazie al punto sostenuto da Crispi quasi mezzo milione di italiani (oltre il 20% del corpo elettorale) acquisì il [[Diritto di voto (Italia)|diritto di voto]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 496-499}}.</ref>.
 
Conseguenza del suffragio allargato fu la sensazione che l'Italia stesse entrando in un periodo di instabilità. Questo fattore e quello dell'isolamento in campo internazionale la portarono a concludere nel maggio [[1882]] la [[triplice alleanza (1882)|triplice alleanza]] con Germania e Austria. Crispi non partecipò alla negoziazione dell'intesa, ma contribuì a prepararne il terreno grazie a ''La Riforma'' e ad una manifestazione che organizzò a Palermo in occasione del seicentesimo anniversario dei [[Vespri siciliani]], la rivolta antifrancese del 1282. In questa occasione, nel discorso del 31 marzo disse<ref>{{Cita|Duggan|pp. 502-503}}.</ref>: {{citazione|Si temperano gli animi ad opere grandi e generose col ricordo delle virtù degli avi. Un popolo che dimentica i fasti del patriottismo è un popolo in decadenza. Il passato segna i doveri dell'avvenire.|Crispi, discorso del 31 marzo 1882. In {{Cita|Duggan|p. 503}}}}
 
La stampa francese non ebbe dubbi sul significato della celebrazione di Crispi e la condannò aspramente<ref>{{Cita|Duggan|p. 504}}.</ref>.
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[[File:Patria Esercito Re p120.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.8|[[Benedetto Cairoli]] fu uno dei fondatori, con Crispi, della Pentarchia.]]
In politica interna, intanto, l'introduzione della riforma elettorale aveva fatto temere che gli estremisti potessero avere buon gioco sui nuovi elettori. Il capo della Sinistra Depretis e quello della Destra [[Marco Minghetti]] cominciarono così una politica di collaborazione. Era la politica del [[trasformismo (politica)|trasformismo]], avversata da Crispi che aveva sempre invocato il bipartitismo sul modello inglese. Oltre a lui, a Sinistra si rifiutarono di seguire Depretis, Cairoli, Nicotera, [[Giuseppe Zanardelli]] e [[Alfredo Baccarini]]. Nell'estate del [[1883]] questi cinque personaggi avviarono un movimento politico che fu chiamato la “[[Pentarchia (politica)|Pentarchia]]”<ref>{{Cita|Duggan|pp. 540-543}}.</ref>.
 
Il nuovo partito era, però, abbastanza fragile: Crispi, Nicotera e Zanardelli erano uomini litigiosi e con una forte personalità. Anche le divergenze politiche creavano problemi, soprattutto in tema di affari esteri, di protezionismo e di riforma fiscale<ref>{{Cita|Duggan|pp. 543-545}}.</ref>. Proprio la politica estera era infatti una tra le principali preoccupazioni di Crispi, che nel maggio [[1885]] criticò l'iniziativa del governo di inviare un contingente militare a [[Massaua]], un porto sulla costa eritrea di cui mise in discussione l'importanza strategica<ref>{{Cita|Duggan|pp. 550-551}}.</ref>.
 
I temi principali della campagna elettorale del [[1886]] di Crispi furono la questione sociale e quella morale. [[Elezioni politiche italianein Italia del 1886|Il voto del 23 e 30 maggio]] vide la Camera divisa più o meno a metà. La maggioranza contava su circa 285 deputati e l'opposizione su 225, fra cui 145 deputati della Pentarchia<ref>{{Cita|Duggan|pp. 557-559}}.</ref>.
 
La maggioranza era più debole di prima e dopo l'[[battaglia di Dogali|episodio di Dogali]], durante il quale in Eritrea una colonna di soldati italiani fu sterminata dagli etiopi, l'8 febbraio [[1887]] il presidente del Consiglio Depretis si dimise. Costui, anziano e malato, dopo il nuovo incarico di Umberto I offrì a Crispi il ministero dell'interno. Crispi accettò alla condizione di accogliere Zanardelli nel governo e un non moderato al ministero della Pubblica istruzione. Fu esaudito su entrambi i punti: Zanardelli ebbe l'incarico di ministro della Giustizia e [[Michele Coppino]] fu chiamato alla Pubblica istruzione. Dopo nove anni Crispi era di nuovo al potere e tutto faceva pensare che sarebbe divenuto il successore di Depretis<ref>{{Cita|Duggan|pp. 559, 562-566}}.</ref>.
 
=== Il primo e il secondo governo Crispi (1887-1891) ===
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==== Gli accordi militari con Germania e Austria ====
Dopo l'incontro di Friedrichsruh tra Crispi e Bismarck, quest'ultimo aveva suggerito al governo britannico di intercedere presso l'Etiopia affinché re [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]] potesse arrivare alla pace con l'Italia. In questo modo l'esercito italiano sarebbe potuto rimanere in Europa. Il Primo ministro inglese [[Robert Gascoyne-Cecil, III marchese di Salisbury|Salisbury]] accettò e Crispi nella primavera del [[1888]] poté annunciare che la sua politica in Africa mirava alla pace<ref>{{Cita|Duggan|p. 615}}.</ref>.
 
Il 12 dicembre 1887, inoltre, l'Italia, la Gran Bretagna e l'Austria firmavano su suggerimento di Bismarck la cosiddetta seconda intesa mediterranea, con la quale Crispi e il ministro degli Esteri austriaco [[Gustav Kálnoky]], si impegnarono a mantenere lo status quo in Europa orientale<ref>{{Cita|Duggan|pp. 615-616}}.</ref>.
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Nello stesso anno entrava anche in vigore il [[Codice penale italiano del 1889|nuovo codice penale]] che abolì la pena di morte e sancì formalmente il diritto di sciopero. Il grosso del lavoro era stato fatto prima che Crispi arrivasse alla presidenza del Consiglio, e poiché era stato Zanardelli a compierlo, la riforma portò il suo nome<ref>{{Cita|Duggan|p. 659}}.</ref>.
 
Un'ulteriore riforma liberale fu [[Regio decreto 10 febbraio 1889, n. 5921|quella del governo locale]], la cui legge Crispi portò all'approvazione della Camera nel luglio 1888 in appena tre settimane. La nuova norma raddoppiò quasi l'elettorato locale poiché prevedeva un requisito di censo molto più basso rispetto alle elezioni politiche. Ma la parte più discussa della legge riguardava i sindaci, in passato nominati dal governo, che venivano ora eletti dai comuni con più di 10.000 abitanti e da tutti i capoluoghi di provincia, di circondario e di mandamento. L'allargamento del suffragio, tuttavia, procedette con un rafforzamento dei poteri tutelari dello Stato e a capo delle giunte provinciali amministrative, l'organo di sorveglianza del governo, fu posto il prefetto. La riforma fu approvata dal Senato nel dicembre 1888 ed entrò in vigore nel febbraio [[1889]]<ref>{{Cita|Duggan|pp. 660-662}}.</ref>.
 
==== Il militarismo e il nuovo governo ====
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==== La politica coloniale e il trattato di Uccialli ====
{{vedi anche|Guerra d'Eritrea|Trattato di Uccialli}}
[[File:Parco aerostatico italiano in Eritrea 1888.jpg|miniatura|sinistra|upright=1.3|Eritrea 1888: il parco aerostatico della spedizione italiana.]]
[[File:Eritrea-CIA WFB Map.png|miniatura|upright=1|Dopo la marcia dell'esercito italiano da Massaua ad Asmara voluta da Crispi, nacque nel 1890 la prima colonia italiana: l'[[Colonia eritrea|Eritrea]].]]
Stabilizzatasi la situazione in Europa, Crispi puntò la sua attenzione sull'Africa orientale, dove il re dello [[Scioa]], [[Menelik II]], era divenuto rivale del suo imperatore, il [[negus]] [[Giovanni IV d'Etiopia|Giovanni IV]]. Quest'ultimo conduceva dal 1885 una strisciante [[Guerra d'Eritrea|guerra]] contro l'Italia, che nel 1887 era stata sconfitta a [[Battaglia di Dogali|Dogali]]. Nulla di più naturale, quindi, che Roma appoggiasse Menelik nella sua lotta per scalzare il Negus.
 
Alla fine del 1888 sembrò che la guerra tra i due rivali stesse per scoppiare e Crispi chiese al ministro della Guerra [[Ettore Bertolè Viale]] di approfittarne, passare all'offensiva e occupare [[Asmara]]. Il ministro prese tempo, ed esitò anche dopo la morte in [[Battaglia di Gallabat|battaglia]] di Giovanni IV per mano dei [[Muhammad Ahmad|mahdisti]], nel marzo del 1889<ref>{{Cita|Duggan|p. 687}}.</ref>.
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[[File:Francesco Crispi (ritratto).jpg|upright=0.8|miniatura|sinistra|Francesco Crispi fece approvare una legge che stabiliva il principio che lo Stato è responsabile della salute dei cittadini.]]
Oltre al codice Zanardelli e la riforma dei comuni, Crispi si occupò in quel periodo della riforma della [[Sanità pubblica]] e di quella che mirava a proteggere i cittadini dagli abusi amministrativi dello Stato.
 
L'epidemia di colera del 1884-1885 aveva mietuto in Italia quasi 18.000 vittime. Crispi appena salì al potere istituì al ministero dell'interno la Direzione di sanità pubblica, coinvolgendo per la prima volta i medici nel processo decisionale. Una specifica legge del 1888, inoltre, trasformò il Consiglio superiore di sanità in un organo di medici specialisti anziché di amministratori, e creò la figura del medico provinciale. La norma stabilì il principio che lo Stato era responsabile della salute dei suoi cittadini. Alle prostitute delle case di tolleranza vennero assicurati controlli medici regolari, e cure adeguate a coloro che avevano contratto malattie veneree<ref>{{Cita|Duggan|pp. 691-692}}.</ref>.
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==== L'attentato di Napoli e le congregazioni ====
La serie di soddisfazioni politiche fu interrotta, il 13 settembre 1889, da un avvenimento che gettò Crispi nello sconforto. Il presidente del Consiglio quel giorno era a Napoli per la pausa estiva ed era fuori per la consueta passeggiata in carrozza insieme alla figlia. Mentre percorrevano [[Via Francesco Caracciolo|via Caracciolo]], lo studente Emilio Caporali lanciò con violenza due pietre verso Crispi che fu colpito da una di esse alla mandibola. La ferita era importante ma non grave e ci fu bisogno di cinque punti. L'attentatore, un [[repubblicano]], fu arrestato e gli fu diagnosticata una patologia mentale. Da quel giorno Crispi cambiò d'umore, divenne cupo e paventò l'ipotesi di dimettersi, ma un'accorata lettera di [[Urbano Rattazzi (politico 1845-1911)|Urbano Rattazzi iuniore]] lo dissuase<ref>{{Cita|Duggan|pp. 693-694}}.</ref>.
 
[[File:Menelik II von Abessinien.jpg|miniatura|upright=0.8|Fra le cause della caduta del secondo governo Crispi ci fu la rinuncia dell'imperatore d'Etiopia [[Menelik II]] al protettorato dell'Italia.]]
 
Qualche mese dopo infatti il presidente del Consiglio era già all'opera per varare un'altra riforma. Essa stabiliva che in uno Stato moderno la responsabilità dell'assistenza ai bisognosi spettava all'autorità pubblica. I comuni dovevano quindi istituire la “congregazione di carità”, un organo il cui compito era di occuparsi dei poveri locali e della maggior parte delle opere pie. Le nomine spettavano al consiglio comunale: erano ammesse le donne, ma non i parroci. Per controllare tali congregazioni, Crispi dispose che le decisioni più importanti e la loro contabilità dovevano essere approvate dalla giunta provinciale, a capo della quale vi era il prefetto. La legge, discussa fra il 1889 e il [[1890]], fu approvata, mentre nel dicembre del 1889 [[papa Leone XIII]] la condannava come antireligiosa<ref>{{Cita|Duggan|pp. 703-704}}.</ref>.
==== Le elezioni del 1890 e la crisi di governo ====
{{Vedi anche|Elezioni politiche in Italia del 1890}}
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=== I governi Rudinì e Giolitti (1891-1893) ===
Alla caduta di Crispi, Umberto I diede l'incarico di formare il nuovo [[Governo di Rudinì I|governo]] al marchese [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Rudinì]]. L'esecutivo visse stentatamente fino ai primi giorni del maggio [[1892]], fin quando Giolitti non lo mise in minoranza e ricevette a sua volta l'incarico dal Re. Il [[Governo Giolitti I|primo governo Giolitti]] contava tuttavia su di un esile maggioranza e nel dicembre 1892 fu coinvolto nello [[scandalo della Banca Romana]] su guadagni illeciti.
 
Anche Umberto I fu compromesso e la posizione di Crispi ne uscì notevolmente rafforzata: poteva rovesciare il governo in qualsiasi momento o mettere in pericolo la reputazione del Re se avesse parlato. Giolitti e Rattazzi jr. si difesero cercando di raccogliere materiale compromettente contro Crispi, ma l'inchiesta giudiziaria sulla Banca Romana lasciò quest'ultimo sostanzialmente indenne<ref>{{Cita|Duggan|pp. 747-752}}.</ref>.
 
Nell'ottobre [[1893]], con l'acuirsi della crisi finanziaria e la sommossa dei [[fasci siciliani|fasci siciliani dei lavoratori]], le voci che chiedevano un ritorno di Crispi si fecero insistenti. Il mese dopo fu consegnato in parlamento il rapporto conclusivo sulla Banca Romana: Giolitti ne uscì malissimo e il 24 annunciò alla Camera le sue dimissioni<ref>{{Cita|Duggan|pp. 759-760}}.</ref>.
 
=== Il terzo e il quarto governo Crispi (1893-1896) ===
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Con la nascita del [[Partito dei Lavoratori Italiani]] nel 1892<ref>Nel 1893 "Partito Socialista dei Lavoratori Italiani".</ref> la combattività operaia cominciò ad aumentare con effetti particolarmente significativi in Sicilia dove il movimento prese il nome di [[Fasci siciliani]].
Il primo compito di Crispi come presidente del Consiglio fu di affrontare questa situazione. Sulla improbabile voce per cui il movimento in Sicilia era stato fomentato da francesi d'accordo con il Vaticano, Crispi ottenne il 2 gennaio [[1894]] la proclamazione dello [[Stato d'assedio]] nell'isola. A capo delle truppe fu nominato con pieni poteri il generale [[Roberto Morra di Lavriano e della Montà|Roberto Morra]]. Pur di dubbia costituzionalità, l'azione di Crispi ricevette un notevole sostegno e quando il parlamento discusse l'argomento, il governo ottenne una maggioranza schiacciante<ref>{{Cita|Duggan|pp. 769-773}}.</ref>.
 
Vennero spediti in Sicilia 40.000 soldati, furono istituiti [[CorteTribunale marzialemilitare|tribunali militari]], vietate le riunioni pubbliche, confiscate le armi, introdotta la censura sulla stampa e proibito l'ingresso all'isola ai sospetti. A febbraio il consenso parlamentare cominciò a calare e Crispi si difese appellandosi alla difesa dell'unità nazionale, dato che i rivoltosi avevano secondo lui intenzioni separatiste. Recuperò il consenso e pochi giorni dopo ottenne ancora una larga fiducia alla Camera<ref>{{Cita|Duggan|pp. 774-777}}.</ref>. Il movimento dei Fasci siciliani fu sciolto lo stesso 1894 e i capi arrestati<ref>Anche in [[Moti di Lunigiana|Lunigiana]] venne proclamato lo stato d'assedio per stroncare una sollevazione scoppiata a sostegno dei Fasci siciliani.</ref>. Nell'ottobre dello stesso anno fu sciolto anche il partito socialista dei lavoratori.<ref>Nel 1895 rifondato clandestinalmente come "Partito Socialista Italiano".</ref>
 
==== La crisi finanziaria, il nuovo governo e l'attentato di Roma ====
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==== Le manovre di Giolitti e la commissione Cavallotti ====
Al termine del 1894 Giovanni Giolitti tentò di screditare Crispi presentando in parlamento alcuni documenti che avrebbero dovuto rovinarlo. Si trattava in realtà di vecchie carte che attestavano prestiti contratti da Crispi e dalla moglie con la Banca Romana, più alcune lettere di raccomandazione scritte da Crispi. Documenti sui quali già non si era ravvisato alcun illecito. Su suggerimento del deputato [[Felice Cavallotti]] fu istituita comunque una commissione (di cui fece parte lo stesso Cavallotti) il cui rapporto fu pubblicato il 15 dicembre. Alla Camera ci furono disordini e Crispi, a difesa delle istituzioni, sottopose al Re un decreto legge per sciogliere il parlamento. Umberto I firmò e Giolitti fu costretto a riparare a Berlino, perché, decaduta la sua immunità parlamentare, correva il rischio di essere arrestato per 14 capi d'imputazione che gli erano stati contestati il 13, fra cui querele intentate da Crispi. Il 13 gennaio [[1895]] il parlamento fu sciolto<ref>{{Cita|Duggan|pp. 806, 809-812}}.</ref>.
 
==== L'occupazione del Tigrè e la fine della guerra di Eritrea ====
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A dicembre un avamposto italiano sull'[[Amba Alagi]] fu [[Battaglia dell'Amba Alagi|attaccato]] da un'avanguardia di Menelik e annientato. Crispi decise di sostituire Baratieri con [[Antonio Baldissera]] che però non se la sentì di prendere il comando<ref>{{Cita|Duggan|pp. 842-844}}.</ref>.
 
Il presidente del Consiglio approntò allora un piano per richiamare alle armi altri 25.000 uomini e alle proteste del ministro delle finanze Sonnino, dichiarò di voler tenere l'esercito sulla difensiva. Presentò un disegno di legge che stanziava altri 20 milioni per l'Africa e lo fece approvare alla Camera. Ma il 7 gennaio [[1896]], un altro avamposto italiano, a [[Macallè]], fu raggiunto e [[assedio di Macallè|circondato]] dall'esercito etiope che il 22 ottenne la resa e concesse il ritiro degli italiani<ref>{{Cita|Duggan|pp. 845-847}}.</ref>.
 
Menelik propose di aprire delle trattative di pace, ma Crispi voleva a tutti i costi una vittoria. Sonnino si oppose al proseguimento dell'offensiva per motivi economici e dopo il tempestoso consiglio dei ministri dell'8 febbraio si decise di autorizzare Baratieri a negoziare con gli etiopi. Intanto in Eritrea continuavano ad arrivare rinforzi. Nonostante ciò Baratieri il 20 annunciò che forse sarebbe stato costretto a ritirarsi. A questo punto Crispi d'accordo con i suoi ministri decise di sostituirlo con Baldissera e di inviare in Eritrea altri 10.000 uomini. Propose poi di aprire un secondo fronte per stornare l'attenzione di Menelik dal Tigrè, ma Sonnino si oppose<ref>{{Cita|Duggan|pp. 847-851}}.</ref>.
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=== Gli ultimi tempi (1896-1901) ===
[[File:Crispi 1898.jpg|miniatura|upright=1|Crispi dopo aver lasciato la politica attiva, nel 1898.]]
[[File:Tomba di Francesco Crispi.jpg|miniatura|Monumento funerario a Crispi presso la [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]] (Palermo)]]
 
Nei mesi che seguirono la caduta del governo, Crispi fu investito da una quantità di polemiche. Fu accusato di aver condotto una politica coloniale “personale”, di non aver valutato correttamente i preparativi e l'offensiva di Menelik, di aver ignorato le sue offerte di pace, e di aver spinto Baratieri a lanciare un attacco suicida<ref>{{Cita|Duggan|p. 857}}.</ref>.
 
Dal canto suo Crispi appariva tranquillo ritenendo che il principale responsabile della sconfitta di Adua fosse stato proprio Baratieri. Gli ultimi tempi non furono però sereni. A fianco ad un risentimento nei confronti di Umberto I che esitava a vendicare la sconfitta, sorsero dei problemi economici dovuti alle spese per "La Riforma", alla gestione di due case e alla dote di sua figlia Giuseppina. Per cui, nonostante il suo orgoglio, dovette accettare un assegno annuale del Re<ref>{{Cita|Duggan|pp. 859-862}}.</ref>.
 
Nel [[1897]] inoltre fu coinvolto nel processo intentato contro il direttore della filiale di Bologna del Banco di Napoli, Luigi Favilla, che fu incriminato per peculato. Crispi aveva ottenuto dall'imputato ingenti prestiti e fu accusato di complicità per avergli, come presidente del Consiglio, assicurato la sua protezione nel caso in cui fosse stata scoperta la natura irregolare di alcune operazioni. Ottenne che le accuse fossero giudicate da una commissione della Camera e nel marzo [[1898]] fu scagionato<ref>{{Cita|Duggan|pp. 863-864}}.</ref>.
 
Era ormai un uomo molto anziano. La sua salute peggiorò nel [[1899]] quando la vista subì un notevole calo<ref>{{Cita|Duggan|pp. 864-867}}.</ref>. L'ultima apparizione pubblica di Crispi fu a Roma il 9 agosto [[1900]], al corteo funebre di Umberto I, assassinato il 29 luglio a [[Monza]]<ref>[http://cdnc.ucr.edu/cgi-bin/cdnc?a=d&d=SFC19000810.2.6 Articolo dell'epoca sul San Francisco Call, Volume 87, Number 71, 10 August 1900]: «On the left of the casket were the Minister of Foreign Affairs, the Marquis Visconte Venosti; the president of the Chamber of Deputies, Signor Villa, and former Premier Crispi».</ref>.
La notte dell'8 luglio [[1901]] ebbe un attacco di cuore e alla fine del mese le sue condizioni peggiorarono. Il 4 agosto i medici disposero che non ricevesse più visite e il 9 entrò in uno stato comatoso. Morì a Napoli alle 19:45 dell'11 agosto, all'età di quasi 83 anni. I funerali ebbero luogo il 15 agosto a Palermo e la salma fu seppellita nel [[Cimitero dei Cappuccini (Palermo)|cimitero dei Cappuccini]]. Il corpo venne [[mummificazione|mummificato]] da [[Alfredo Salafia]] perché si conservasse meglio<ref>[http://www.eurac.edu/it/newsevents/newprintreleases/newsdetails.html?entryid=30201 recensione a ''Il maestro del sonno eterno''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140719004151/http://www.eurac.edu/it/newsevents/newprintreleases/newsdetails.html?entryid=30201 |data=19 luglio 2014 }}</ref>. Il 12 gennaio [[1905]] venne trasferito nella [[Chiesa di San Domenico (Palermo)|chiesa di San Domenico]] dove riposa ancora oggi in una cripta sulla destra dell'altare<ref>{{Cita|Duggan|pp. 868, 870-871, 874-875}}.</ref>. Il monumento funerario è dello scultore Giovanni Nicolini<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-nicolini_(Dizionario-Biografico)/ Nicolini, Giovanni], su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana</ref>.
 
{{citazione|Prima di chiudere gli occhi alla vita, vorrei avere il supremo conforto di sapere la Patria, adorata e difesa da tutti i suoi figli.|Ultime parole di Francesco Crispi, secondo varie testimonianze<ref>[http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm ''Casa natale di Crispi''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090211034728/http://www.cilibertoribera.it/indexFRANCESCO%20CRISPI.htm |data=11 febbraio 2009 }}, citato anche in: Nicolò Inglese, ''Crispi''</ref>}}
 
== Le origini albanesi ==
{{citazione|Albanese di sangue e di cuore|Crispi a [[Girolamo De Rada]], in occasione del congresso albanese tenuto in [[Corigliano Calabro]] il [[3 ottobre]] [[1895]]<ref name=crispialb>{{cita web|url=http://www.unibesa.it/images/GiuseppeSchiroCennisullaorigineefondazionedellecoloniealbanesidiSicilia.pdf|titolo=Cenni sulla origine e fondazione delle colonie albanesi di Sicilia, p. 46-47|autore=[[Giuseppe Schirò (1865-1927)|Giuseppe Schirò]]|accesso=5 febbraio 2016}}</ref>.}}
 
Francesco Crispi andava fiero della sua origine [[Arbëreshë|albanese]] e amava l'[[Albania ottomana|Albania]]. Il cognome Crispi in [[Sicilia]] e [[Calabria]] è difatti un tipico cognome ''[[Arbëreshë|arbëresh]]'', in origine ''Kryeshpi'' (Capocasa), poi italianizzato<ref>[http://www.oresteparise.it/cognomi/cognomicz.htm Raffaele Patitucci D'Alifera Patitari, ''Casati albanesi in Calabria e Sicilia, estratto da "Rivista Storica Calabrese" N.S. X-XI (1989-1990) NN 1-4, APPENDICE VII, Cognomi Albanesi o italianizzati dei paesi albanesi del catanzarese e della Sicilia. Appartenenti specialmente all'emigrazione dei fratelli Reres (1448)'']</ref>. Per l'Albania, Crispi aveva preso posizione nella sua causa d'[[Indipendenza dell'Albania|indipendenza]] dall'[[Impero ottomano]]. Oltre alle varie lettere a [[Girolamo De Rada]], uno dei maggiori sommi poeti [[albanesi]] del tempo, nel [[1887]], da [[ministro]] degli affari interni del [[Regno d'Italia]], mandò un obolo a favore del ''Ricovero degli Agricoltori invalidi'' di [[Piana degli Albanesi]] in [[Sicilia]], al quale Comitato promotore [[Telegrafo|telegrafò]]: "[...] a questa colonia legano vincoli di sangue, tradizioni illustri, una storia tanto antica quanto gloriosa di patriottismo non mai smentito e di sventure nobilmente sofferte".
 
Nel ''[[Giornale di Sicilia]]'' del 1º gennaio [[1898]] si accenna ad una visita che Francesco Crispi volle fare al ''Seminario Italo-Albanese'' di [[Palermo]], dove egli aveva ricevuta la sua prima [[educazione]], e fra l'altro ivi si leggono queste affermazioni del Crispi: {{citazione|Con nobili parole espresse la speranza che, al più presto, l'Albania scuota il giorno musulmano e raccomando agli alunni, in modo speciale, lo studio della lingua e della letteratura albanese; facendo voti che finalmente il Governo voglia istituirne la cattedra nel Regio Istituto Orientale di Napoli<ref name=crispialb/>.}}
 
== Giudizio storico ==
Line 543 ⟶ 541:
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
|collegamento_onorificenza=Ordine Supremo della Santissima Annunziata
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
Line 549 ⟶ 546:
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
|collegamento_onorificenza=Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
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}}
{{Onorificenze
Line 555 ⟶ 551:
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia
|collegamento_onorificenza=Ordine della Corona d'Italia
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{{Onorificenze
Line 561 ⟶ 556:
|nome_onorificenza=Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia
|collegamento_onorificenza=Ordine militare di Savoia
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{{Onorificenze
Line 567 ⟶ 561:
|nome_onorificenza=Medaglia commemorativa dei 1000 di Marsala
|collegamento_onorificenza=Medaglia commemorativa dei 1000 di Marsala
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
Line 573 ⟶ 566:
|nome_onorificenza=Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza
|collegamento_onorificenza= Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza
|motivazione=
}}
=== Straniere ===
Line 580 ⟶ 572:
|nome_onorificenza=Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Nera (Impero tedesco)
|collegamento_onorificenza=Ordine dell'Aquila nera
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
Line 586 ⟶ 577:
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore (Grecia)
|collegamento_onorificenza=Ordine del Salvatore
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
Line 592 ⟶ 582:
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di Santo Stefano d'Ungheria (Austria)
|collegamento_onorificenza=Ordine reale di Santo Stefano d'Ungheria
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
Line 598 ⟶ 587:
|nome_onorificenza=Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Torre e della spada (Portogallo)
|collegamento_onorificenza=Ordine della Torre e della spada
|motivazione=
}}
{{Onorificenze
|immagine = Legion Honneur GO ribbon.svg
|nome_onorificenza = Grand'Ufficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)
|collegamento_onorificenza = Legion d'Onore
|motivazione=
}}
 
Line 628 ⟶ 615:
 
== Bibliografia ==
* Daniela Adorni, ''Francesco Crispi: un progetto di governo'', Firenze, Olschki, 1999.
* Daniela Adorni, ''L'Italia crispina. Riforme e repressione. 1887-1896'', Milano, Sansoni, 2002.
* [[Enzo Ciconte]] e Nicola Ciconte, ''Il ministro e le sue mogli. Francesco Crispi tra magistrati, domande della stampa, impunità'', Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010. ISBN 978-88-498-2592-3.
* {{Cita libro|autore=[[Christopher Duggan]]|titolo= Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi|città= Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2000|isbn=88-420-6219-7|cid= Duggan}}
* [[Christopher Duggan]], "La politica coloniale di Crispi", in Pier Luigi Ballini e Paolo Pecorari (a cura di), ''Alla ricerca delle colonie (1876-1896)'', Atti del convegno tenuto a Venezia nel 2002, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2007, pp.&nbsp;43–67. ISBN 978-88-88143-86-6.
* Nicolò Inglese, ''Crispi'', Milano, Corbaccio, 1936 (nuova ed. Dall'Oglio, 1961).
* Giorgio Scichilone, ''Francesco Crispi'', Palermo, Flaccovio, 2012. ISBN 978-88-7804-349-7.
* [[Mario Viana]], ''Crispi, l'eroe tragico'', Milano, Imperia Editrice, 1923.
* {{DBI|nome = CRISPI, Francesco|nomeurl =|autore = [[Fausto Fonzi]]|volume = 30|anno = 1984|accesso=6 ottobre 2017}}
* {{cita pubblicazione |nome=Erika |cognome=Diemoz |titolo=L'estate di terrore del 1894. L'attentato contro Crispi e le leggi anti-anarchiche |rivista=Contemporanea |editore= |città= |numero= |anno=2010 |mese=ottobre |pp=633-648|id= |cid =Diemoz|pmid= |url= |lingua=it |accesso= |abstract= }}
* {{cita pubblicazione |nome=Ambra |cognome=Boldetti |titolo=La repressione in Italia: il caso del 1894 |rivista=Rivista di storia contemporanea|editore= |città= |numero= 4|anno=1977 |mese=ottobre |pp=|id= |cid =Boldetti|pmid= |url= |lingua=it |accesso= |abstract= }}
* {{cita libro|autore= Pier Carlo Masini||wkautore = Pier Carlo Masini|titolo=Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati |città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1981|cid=Masini}}
 
==Voci correlate==
* [[Rosalia Montmasson]]
 
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Box successione
|tipologia = incarico parlamentare
|carica = [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera dei deputati]]
|periodo = 26 novembre [[1876]] - 26 dicembre [[1877]]
|immagine =
|periodo = 26 novembre [[1876]] - 26 dicembre [[1877]]
|precedente = [[Giuseppe Biancheri]]
|successivo = [[Benedetto Cairoli]]
Line 657 ⟶ 646:
{{Presidenti della Camera dei deputati}}
{{Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia
|periodo = luglio [[1887]] - febbraio [[1891]]
|precedente = [[Agostino Depretis]]
|successivo = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
|periodo2 = dicembre [[1893]] - marzo [[1896]]
|precedente2 = [[Giovanni Giolitti]]
|successivo2 = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
Line 667 ⟶ 656:
|carica=[[Ministri degli affari esteri del Regno d'Italia|Ministro degli Esteri]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]
|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|periodo = 29 luglio [[1887]] - 6 febbraio [[1891]]
|precedente = [[Agostino Depretis]]
|successivo = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì|Antonio Starrabba, marchese di Rudinì]]
Line 675 ⟶ 664:
|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|precedente = [[Bernardino Grimaldi]]
|periodo = 29 dicembre [[1888]] - 9 marzo [[1889]]
|successivo = [[Federico Seismit-Doda]]
}}
{{Box successione|carica=[[Ministri dell'interno del Regno d'Italia|Ministro degli Interni]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]|immagine=Flag of Italy (1861-1946).svg
|precedente = [[Giovanni Nicotera]]
|periodo = 26 dicembre [[1877]] - 7 marzo [[1878]]
|successivo = [[Agostino Depretis]]
|precedente2 = [[Agostino Depretis]]
|periodo2 = 4 aprile [[1887]] - 6 febbraio [[1891]]
|successivo2 = [[Giovanni Nicotera]]
|precedente3 = [[Giovanni Giolitti]]
|periodo3 = 15 dicembre [[1893]] - 10 marzo [[1896]]
|successivo3 = [[Antonio Starabba, marchese di Rudinì]]
}}