Mantra: differenze tra le versioni
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La vita di un devoto hindu è pervasa dalla recitazione dei mantra, pratica che lo accompagna in vari momenti della vita e del quotidiano per fini che sono sia sacri (rituali o soteriologici) sia profani (utilitaristici o anche ''magici''), come per esempio: ottenere la liberazione (''[[mokṣa]]''); onorare le divinità (''[[pūjā]]''); acquisire poteri sovrannaturali (''siddhi''); comunicare con gli antenati; influenzare le azioni altrui; purificare il corpo; guarire dai mali fisici; assisterlo nei riti; eccetera<ref>A. Daniélou, ''Miti e dèi dell'India'', ''Op. cit.'', p. 381</ref>.
Ogni mantra va ''usato'' nel modo corretto e, a seconda del modo, può dare differenti risultati:
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Questi usi e forme dei mantra non appartengono alla tradizione vedica, dove, come si è detto, il mantra era un inno recitato dal [[brahmino|brahmano]] durante le cerimonie liturgiche, utilizzato quindi per invocare la divinità o influire magicamente sul mondo, ma sono successivi. È soprattutto nell'ambito [[tantra|tantrico]] (sia induista sia buddhista) che i mantra si sono diffusi e hanno acquisito quei caratteri che oggi in [[India]] è dato di cogliere. Nelle tradizioni tantriche i mantra associati alle divinità sono considerati la forma fonica della divinità stessa. Altri mantra rappresentano, per esempio, parti del corpo o del cosmo.<ref>A. Padoux, ''Tantra'', ''Op. cit.'', p. 137 e 140.</ref>
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