Guerra decennale: differenze tra le versioni
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I canturini allora si collegarono ai terrazzani e insieme inviarono ambascerie per chiedere l'intervento milanese a loro supporto, alla luce delle recenti e pesanti sconfitte. I milanesi, radunato il loro esercito e rinforzatolo con gli uomini provenienti dalle città alleate, si portarono nuovamente su Como. Dopo una breve battaglia alle porte della città, i milanesi costrinsero i comaschi a trincerarsi dietro le mura. Nel frattempo la città lariana venne sottoposta all'ennesimo blocco navale da parte dei terrazzani. Essendo la situazione ormai critica, i comaschi decisero di cercare di sfondare il blocco per collegarsi ai loro alleati di Gravedona e della Valtellina. Vi riuscirono e dopo aver raccolto quante più navi dagli alleati, tornarono indietro. Questa volta però ad affrontarli nei pressi della stretta tra il dosso di Lavedo e Lezzeno, trovarono sia le navi dei terrazzani che dei lecchesi, alleati dei milanesi. Ne seguì uno scontro navale al termine del quale i comaschi riuscirono nuovamente a sfondare il blocco nemico ma i terrazzani a loro volta costrinsero il nemico a portarsi verso la ''zoca de l'oli'', dove l'attendevano le navi isolane. Malgrado fossero circondati e ormai in trappola, i comaschi riuscirono ancora una volta a sconfiggere il nemico e tornare a Como dopo aver gravemente danneggiato le due maggiori navi degli avversari.<ref>{{cita|Bergamaschi|pp. 254-259}}.</ref>
Per cercare di sollevare l'assedio, i comaschi tentarono una sortita contro [[Cantù]] e [[Mariano Comense|Mariano]] che però ebbe esito disastroso. Non avendo ottenuto alcun risultato a sud, i comaschi decisero di attaccare nuovamente l'Isola Comacina con l'obiettivo di catturarne il castello e smantellarla una volta per tutte. A tal fine abbatterono molti degli ulivi e degli alberi da frutto dell'isola e con il legno ottenuto realizzarono fascine che appoggiarono alle mura della fortezza per poi appiccarvi il fuoco. I difensori riuscirono comunque a resistere, allora i comaschi iniziarono a bersagliare il castello con catapulte montate sulle piattaforme di legno delle navi che circondavano l'isola. Dopo la morte di Pagano Beccaria, trafitto da una freccia ad un occhio, accortisi che né il fuoco né i mangani erano riusciti ad avere ragione del castello dell'Isola, i comaschi decisero infine di ritirarsi. Lo stesso però fecero i milanesi, non essendo riusciti ad entrare a Como. La campagna del 1124 si concluse con la cattura di [[Nesso]] e del [[Castello di San Lorenzo (Nesso)|suo castello]] da parte dei comaschi.
Nel [[1125]] i milanesi, dopo aver approntato a [[Lecco]] ben trenta galee, tornarono ad assediare Como per terra e per acqua. Malgrado avessero circondato la città e i borghi di Vico e Coloniola, i comaschi con una sortita riuscirono ad allontanarli dalle mura. Sul lago intanto, quando i comaschi videro la flotta nemica oltrepassare la stretta tra [[Careno]] e [[Laglio|Torriggia]] si disposero in una lunga fila che bloccava come una catena la stretta tra [[Moltrasio]] e [[Torno]]. Le due flotte si diressero l'una contro l'altra ma il ''Ratto'', una nave comasca piccola quanto veloce, precedette tutte le altre e raggiunto il nemico, fu ben presto circondata e speronata. Durante la battaglia i comaschi riuscirono a catturare una nave isolana su cui fecero prigionieri gli odiati Arialdo Paradiso e Alberto Natale. Nel pomeriggio la flotta lecchese, dopo aver perso sei navi per arrembaggio e altre per affondamento, si ritirò dal bacino facendo vela per l'Isola Comacina. Essendo venuti a conoscenza della sconfitta di Torno ed avendo subito troppe perdite nell'assedio, i milanesi si ritirarono ancora una volta.
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