Bombardamento di Pisa
Il bombardamento di Pisa avvenne il 31 agosto 1943 durante la seconda guerra mondiale: la città di Pisa fu bombardata da velivoli Boeing B-17 della United States Army Air Forces, riportando gravi danni al centro abitato e alle infrastrutture ferroviarie nonché un numero di morti tra la popolazione civile stimato tra 982 e 2.500 vittime.
Bombardamento di Pisa parte dei bombardamenti strategici durante la seconda guerra mondiale e della campagna d'Italia | |
---|---|
La stazione di Pisa bombardata nel 1943 | |
Data | 31 agosto 1943 |
Luogo | Pisa, Italia |
Tipo | bombardamento aereo |
Obiettivo | stazione e impianti ferroviari |
Forze in campo | |
Eseguito da | Stati Uniti |
Ai danni di | Italia |
Forze attaccanti | 152 bombardieri Boeing B-17 |
Bilancio | |
Perdite civili | tra 982 e 2.500 vittime |
Perdite infrastrutturali | 2.500 case distrutte, stazione gravemente danneggiata |
Perdite attaccanti | 4 aerei abbattuti |
fonti citate nel corpo del testo
| |
voci di bombardamenti aerei presenti su Wikipedia |
L'inizio dei bombardamenti americani
modificaDurante la seconda guerra mondiale, a partire dall'aprile 1943, gli Stati Uniti iniziarono a bombardare alcune città del Centro Italia con lo scopo di colpire zone strategiche per indebolire il nemico e terrorizzare la popolazione, per indurre il Paese alla resa.
Il 26 aprile venne bombardata Grosseto, poi fu la volta di Civitavecchia il 14 maggio; dopo quattordici giorni seguì Livorno, il primo giugno Foggia, Augusta, Pantelleria e Cagliari, il 19 luglio toccò a Roma ed il 24 luglio fu la volta di Bologna.
Il 25 luglio 1943, il Gran Consiglio del Fascismo dichiarò la sua sfiducia a Mussolini, il regime cadde e il governo fu affidato a Pietro Badoglio che avviò subito delle trattative con gli Stati Uniti per arrivare a un armistizio firmato poi il 2 settembre 1943. Il 31 agosto 1943, alle ore 13:01, però, gli Alleati bombardarono la città di Pisa.
La scelta
modificaLa scelta di colpire Pisa ha delle ragioni non ancora del tutto chiare, dal momento che erano già in corso i contatti per l'armistizio arrivato pochi giorni dopo.
Pisa era una città molto importante dal momento che era direttamente collegata al mare dal canale dei Navicelli che univa l'Arno con la parte sud della città e proseguiva fino al porto di Livorno. Inoltre nella zona industriale di Porta a Mare era concentrata la produzione bellica e nella zona di San Giusto l'aeroporto costituiva un ottimo punto di appoggio per l'aviazione militare italiana. Pisa era anche uno snodo ferroviario di primaria importanza grazie all'intersezione tra la linea Torino-Genova-Roma-Napoli e la Pisa-Firenze, e quindi era un crocevia di uomini, truppe e materiali bellici.
La tecnica del bombardamento
modificaLa tecnica utilizzata per bombardare Pisa e le altre città italiane fu quella del bombardamento a tappeto, un tipo di bombardamento messo in pratica su volere di Arthur Harris, comandante dei bombardieri della Royal Air Force.
Per questa operazione furono impiegati i velivoli Boeing B-17, i cosiddetti Flying Fortress, quadrimotori in alluminio dal peso a vuoto di 14 tonnellate che potevano divenire, a pieno carico, 27 tonnellate.
Protezione dai bombardamenti
modificaNell'estate del 1943 la popolazione pisana non era sufficientemente protetta dal momento che la città contava ancora 40.000 abitanti nella zona urbana. Questo perché il Ministero degli Interni si attivò per la protezione delle città italiane e della città di Pisa solamente alla fine del 1942, quando l'Italia aveva già subito quasi 150 allarmi antiaerei.
Una lettera inviata all'UNPA dal Prefetto di Pisa ordinava di organizzare con la massima urgenza ricoveri antiaerei secondo alcuni requisiti, ma molte precauzioni prescritte non furono rispettate. Nei primi mesi del 1943, Pisa disponeva complessivamente di 6656 posti di rifugio, una cifra che copriva solo il 17% della popolazione e pochi mesi dopo la cifra arrivò al 25%. Quando Pisa fu bombardata, c’erano posti di ricovero disponibili solamente per un quarto della popolazione.
L’attacco
modificaLa mattina del 31 agosto 1943, 152 apparecchi statunitensi decollarono dalle basi in Tunisia alla volta di Pisa. Intorno alle ore 12:00 iniziarono a suonare le sirene dell'Unione nazionale protezione antiaerea ma molti cittadini, che si trovavano a pranzo, pensarono all'ennesimo falso allarme.
Alle ore 13:01, il primo gruppo di bombardieri detto Flight Leader giunse in prossimità della città ed iniziò a sganciare le prime bombe sulla centrale elettrica di Porta a Mare. Sulla fabbrica della Saint Gobain caddero 367 bombe che provocarono 56 morti tra gli operai, quasi tutti rimasti uccisi durante la pausa pranzo.
Le batterie tedesche da 88 e quelle italiane da 90 replicarono all'attacco abbattendo 4 velivoli, mentre dal campo di Arena Metato si alzò la caccia italiana con alcuni Macchi M.C.200, impotenti di fronte alle fortezze volanti. Anche la Milizia per la difesa antiaerea territoriale iniziò a sparare in direzione degli aerei ma invano, poiché le bombe venivano sganciate da un'altezza di 9000 mt.
Le conseguenze
modificaIn circa 7 minuti Pisa fu colpita da 1.100 ordigni per un totale di oltre 400 tonnellate di esplosivo. Il numero delle vittime oscilla tra 982 e, più probabilmente, 2.500, moltissime delle quali non furono mai ritrovate. Furono colpite 2.500 case, la stazione fu rasa al suolo ed il quartiere di Porta a Mare fu polverizzato. Furono gravemente danneggiate anche le chiese di Sant'Antonio, San Paolo a Ripa d'Arno, il monastero delle Benedettine e la cappella di Sant’Agata.[1][2][3]
Note
modifica- ^ Elena Ferrara. Enrico Stampacchia, Il bombardamento di Pisa del 31 agosto 1943. Dalle testimonianze alla memoria storica, Tagete, 2004.
- ^ Pane e Bombe. Pisa bombardata, Pisa liberata, su cultura.comune.pisa.it. URL consultato il 16 settembre 2016 (archiviato dall'url originale il 10 giugno 2016).
- ^ Bombardamento di Pisa, 31 agosto 1943, su pisa24.info.
Bibliografia
modifica- Paolo Gianfaldoni, Pisa dal bombardamento del 1943 sino ai giorni nostri, Felici, 1993.
- Raffaello Campani, Pisa: 1940-1946. Le ferite di una città. [Pisa] Quaderni del Centro per la didattica della storia [s.d.]