Due Sicilie

denominazione per il concetto di storica unità politica tra il sud Italia e la Sicilia (1265-1861)
Disambiguazione – Se stai cercando lo Stato preunitario esistito dal 1816 al 1860, vedi Regno delle Due Sicilie.
Disambiguazione – Se stai cercando il romanzo di viennese Alexander Lernet-Holenia, vedi Due Sicilie (romanzo).

Due Sicilie (in latino Utriusque Siciliae) è una denominazione storico-politica dei territori relativi al Sud peninsulare italiano e della Sicilia, dopo che il regno di Sicilia nato nel 1130 e comprendente anche l'Italia meridionale, fu di fatto diviso in due regni nel 1262, con gli Angioini, durante le guerre del Vespro contro gli Aragonesi. Dal 1265 è attestato l'uso di distinguere un angioino "Regnum Siciliae citra Pharum" e un aragonese "ultra Pharum" (il Faro di Messina) per distinguere la parte continentale da quella insulare del regno.

Il termine tuttavia viene introdotto ufficialmente solo nel 1442, da Alfonso il Magnanimo, dopo che ebbe conquistato il Regno di Napoli congiungendolo in unione personale con quello di Sicilia. I due regni da allora condivisero spesso lo stesso sovrano congiuntamente ad altri paesi, pur mantenendo la loro rispettiva soggettività giuridica e politica.

Solo nel dicembre 1816, dalla fusione dei due regni di Sicilia e di Napoli, nacque il Regno delle Due Sicilie, che si concluse nel febbraio 1861, un mese prima dell'Unità d'Italia, con la fine del regno.

Origine del termine

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Giovanni Antonio Summonte, storico vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, all'interno del secondo volume della sua Historia della città e Regno di Napoli (i cui primi due volumi furono pubblicati negli anni 1601-1602 e gli altri due postumi),[1] inserisce un trattato dal titolo Dell'Isola di Sicilia, e de' suoi Re; e perché il Regno di Napoli fu detto Sicilia. In questo scritto l'origine della distinzione tra due «Sicilie» separate dal Faro di Messina viene individuata nella bolla pontificia con cui papa Clemente IV investì Carlo I d'Angiò del Regno di Napoli nel 1265:

«Papa Clemente IV, il quale investì, e coronò Carlo d'Angiò di questi due Regni, chiamò quest'Isola, e il Regno di Napoli con un sol nome, come si può vedere in quella Bolla, ove dice, Carlo d'Angiò Re d'amendue le Sicilie, Citra, e Ultra il Faro: e questo eziandio osservarono gli altri Pontefici, che a quello successero, e si servirono degl'istessi nomi. Imperciocchè 7 altri Re, che al detto Carlo successero […] che solo del Regno di Napoli, e non di Sicilia padroni furono, chiamarono il Regno di Napoli, Sicilia di qua dal Faro. Il Re Alfonso poi, ritrovandosi Re dell'Isola di Sicilia, per essere egli successo a Ferrante suo padre, e avendo anco con gran fatica, e forza d'armi guadagnato il Regno di Napoli da mano di Renato, si chiamò anch'egli con una sola voce, Re delle Due Sicilie, Citra, e Ultra; E questo per dimostrare di non contravenire all'autorità de' Pontefici. Ad Alfonso poi successero 4 altri Re […] i quali furono Signori solo del Regno di Napoli, e si intitolarono, come gli altri, Re di Sicilia Citra. Ma Ferdinando il Cattolico, Giovanna sua figlia, Carlo V imperadore e Filippo nostro re, e Signore, i quali anno [sic] avuto il dominio d'amendue i Regni, si sono intitolati, e chiamati Re delle due Sicilie Citra, e Ultra: la verità dunque è, che questi nomi vennero da' Pontefici romani, (come s'è detto) i quali cominciarono ad introdurre, che 'l Regno di Napoli si chiamasse Sicilia.[2]»

La stessa tesi è sostenuta da Pietro Giannone nella sua Istoria civile del Regno di Napoli (1723), in cui si citano vari stralci della bolla pontificia, con la quale Clemente IV concesse l'investitura a Carlo d'Angiò «pro Regno Siciliae, ac Tota Terra, quae est citra Pharum, usque ad confiniam Terrarum, excepta Civitate Beneventana [...]». In un altro passo la bolla proclamava: «Clemens IV infeudavit Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum». Secondo Giannone è dunque questa l'origine del titolo rex utriusque Siciliae, che tuttavia Carlo d'Angiò non usò mai nei suoi atti ufficiali, preferendo gli antichi titoli dei sovrani normanni e svevi.[3]

Premesse storiche

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sicilia e Conquista normanna dell'Italia meridionale.
 
Il Regno di Sicilia sotto i Normanni.

L'atto di creazione di uno stato unitario detto "Regnum Siciliae", i cui confini andavano dalla Sicilia a tutta l'Italia meridionale, va fatta risalire all'incoronazione nel 1130 del normanno d'Altavilla Ruggero II, conte di Sicilia, unendo la Contea di Sicilia con i territori normanni dell'Italia meridionale (Ducato di Benevento, Ducato di Napoli, Ducato di Puglia e Calabria, Principato di Capua).
Tale incoronazione, riconosciuta dall'antipapa Anacleto II,[4] e successivamente (25 luglio 1139) da papa Innocenzo II,[4] ebbe come effetto l'ascesa di Palermo a capitale.[5] La creazione di uno stato unico, che secondo Ernesto Pontieri fu «un capolavoro d'arte politica» e secondo Jacob Burckhardt fu «il primo modello dello stato moderno in Europa»,[6] consentì alla monarchia normanna degli Altavilla di inserirsi quale arbitro in Europa nelle contese del tempo[7] ancora più rafforzata, sotto la casa di Svevia, da Federico II.

Diversi storici moderni, tra cui Giuseppe Galasso, Ernesto Pontieri e Vittorio Glejeses, in contrasto con le tesi sostenute a suo tempo da Benedetto Croce, il quale riteneva che essa avesse interrotto l'evoluzione del territorio, sostengono che la dominazione dei Normanni sia stata molto importante per l'unità dell'Italia meridionale.[8] Galasso, in particolare, individua nel periodo normanno la fissazione dei caratteri politico-sociali che l'area mostrerà nei secoli a venire, quali l'unità territoriale, gli ordinamenti sociali e la ripartizione in classi, il germe degli ordinamenti e delle suddivisioni amministrative, la definizione dei rapporti con la Chiesa, la tradizione burocratica e giuridica e il regime della terra.[9] Glejeses, a sua volta, individua nella dominazione normanna l'origine di «un regno che, tranne una breve parentesi repubblicana, vivrà fino alla venuta del dittatore Garibaldi e quindi per oltre sette secoli».[8]

Le Sicilie citra e ultra

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Vespri siciliani e Regno di Napoli.

L'unitarietà del Regno di Sicilia continuerà per 152 anni fino al 1282, quando in seguito agli eventi dei Vespri siciliani, sarà spezzata in due. Nacque così il "Regnum Siciliae citra", o Regno di Napoli, nella penisola con gli angioini; e il "Regnum Siciliae ultra", o Regno di Sicilia, a sud del Faro di Messina, nell'isola, con gli aragonesi. I termini "citra" (al di qua) e "ultra" (al di là) si riferiscono alla posizione del singolo Regno rispetto al "Farum", cioè il Faro di Messina. Tale denominazione si perpetuerà nei secoli, tanto che anche durante la dominazione dei Borbone delle Due Sicilie veniva comunemente fatto riferimento nei documenti a "domini al di qua e al di là del Faro".

Aragonesi

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Il nome deriva dal titolo che assunse Alfonso V d'Aragona che, conquistato il Regno di Napoli, mantenne in unione personale anche la corona del Regno di Sicilia. Nel 1443 fu riconosciuto dal papa rex Utriusque Siciliae (re di entrambe le Sicilie), e ufficializzò la denominazione in uso presso le corti di Napoli e di Palermo secondo cui i territori dell'antico Regno di Sicilia svevo-normanno, che dalla conquista di Carlo I di Napoli erano passati sotto la corona angioina, erano definiti Regno di Sicilia al di qua del faro (Regno di Napoli), o Sicilia citeriore, mentre quelli divenuti possesso aragonese (Regno di Trinacria), Sicilia al di là del faro. Il riferimento geografico in base al quale i domini erano definiti nella cartografia e nel gergo politico citeriori (al di qua) o ulteriori (al di là) era lo Stretto di Messina, e l'omonimo faro.

Spagnoli

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Alla morte di Alfonso V d'Aragona, detto il Magnanimo, i due regni tornarono ad avere due regnanti diversi; nel 1458 infatti il re di Sicilia è Giovanni II d'Aragona detto Il Grande, cui nel 1468 succedette brevemente Ferdinando II d'Aragona, mentre a Napoli regna Ferdinando I di Napoli detto Ferrante, figlio di Alfonso e nipote del precedente.

 
Lapide posta a Tropea il 23 agosto 2015

Nel frattempo i sovrani francesi tornarono a rivendicare il diritto d'annessione del Regno di Napoli.
Luigi XII infine riuscì a stipulare un accordo con il papa Alessandro VI e Ferdinando II d'Aragona, per cui il pontefice dichiarava decaduto il titolo di rex Siciliae nei territori peninsulari del regno, e instaurò la corona di rex Neapolis, di cui fu investito Luigi XII di Francia.[10]
Luigi XII quindi, con il sostegno di Ferdinando II d'Aragona ("il cattolico"), tornato Re di Sicilia nel 1479, occupò nel 1501 l'Italia meridionale continentale, e sconfisse la dinastia aragonese di Napoli.

Ferdinando II d'Aragona però cacciò presto le truppe francesi dall'Italia meridionale (nella battaglia del Garigliano nel 1503) unificando nuovamente dal 1504 sotto un unico sovrano i due regni: considerando i nuovi territori acquisiti una sua eredità legittima, annesse i titoli regi di Sicilia e di Napoli nella corona d'Aragona, e istituì a Napoli e Palermo dei vicereami distinti, guidati da due viceré.

La divisione politica fra i due territori italiani era rafforzata dalla peculiarità della corona di Sicilia, alla quale era legato un particolare privilegio (regalia) che prevedeva il diritto del sovrano di influire sulle nomine del clero siciliano e sull'amministrazione dei patrimoni ecclesiastici, in particolare nelle tre arcidiocesi storiche (Monreale, Palermo e Catania). Tale stato giuridico era rappresentato dall'istituto ecclesiastico della Apostolica Legazia di Sicilia.[11]

Dal 1516 il nuovo re Carlo V d'Asburgo oltre alle corone di Aragona e di Castiglia, dei Paesi Bassi, di Sicilia e di Napoli, unì nel 1520 anche quella di Imperatore del Sacro Romano Impero con il regno di Sicilia che fu retto per 200 anni dai Viceré di Sicilia, mentre i domini peninsulari dai Viceré di Napoli.

Borbone e napoleonidi

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Borbone di Napoli e Regno di Napoli (1806-1815).

Dopo la guerra di successione spagnola, in forza del trattato di Utrecht (1713) i regni di Napoli e Sicilia furono ceduti dalla Spagna borbonica rispettivamente a Carlo VI d'Asburgo e a Vittorio Amedeo II di Savoia. Dopo un effimero tentativo spagnolo di riannettere la Sicilia, sfociato nella guerra della Quadruplice Alleanza (1718-1720), con il trattato dell'Aia Carlo VI ottenne la Sicilia cedendo ai Savoia la Sardegna, riunendo in questo modo le Due Sicilie all'interno della Monarchia asburgica, pur rimanendo governate ciascuna dal proprio viceré nominato da Vienna.

Nell'ambito della guerra di successione polacca, con una fortunata campagna militare la Spagna nel 1734 conquistò prima Napoli e l'anno dopo la Sicilia, le quali non furono annesse alla corona iberica, ma cedute da Filippo V al primo figlio avuto dall'italiana Elisabetta Farnese, l'infante don Carlo, che fondò la dinastia dei Borbone di Sicilia e progressivamente seppe emanciparsi dall'influenza spagnola. Occupò il Regno di Napoli e successivamente, dopo aver conquistato anche la Sicilia, fu incoronato nella cattedrale di Palermo il 3 luglio 1735, utilizzò in tutti suoi atti la titolatura:

(LA)

«Carolus Dei Gratia Rex utriusque Siciliae, Hyerusalem, &c. Infans Hispaniarum, Dux Parmae, Placentiae, Castri, &c. ac Magnus Princeps Haereditarius Hetruriae, &c.[12]»

(IT)

«Carlo per la Grazia di Dio Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme, etc. Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, Castro, etc. Gran Principe Ereditario di Toscana, etc.[13]»

 
Mappa del territorio appartenuto al regno delle Due Sicilie (1816) rispetto alle regioni italiane odierne.

Lentamente a corte si imposero ufficiosamente le denominazioni di Sicilia citeriore per il territorio continentale e di Sicilia ulteriore per il territorio insulare.[senza fonte]

Il titolo di re delle Due Sicilie fu assunto ufficialmente per primo, dopo la conquista napoleonica della parte continentale, da Gioacchino Murat nel 1808, secondo le disposizioni di Giuseppe Bonaparte (già roy de Naples), che concessero la prima costituzione, il cosiddetto statuto di Baiona,[14][15] ma i francesi non ebbero mai il possesso della Sicilia, dove si era rifugiato il sovrano da Napoli dal 1806 al 1815, in cui il re rimase come Ferdinando III di Sicilia.[senza fonte]

Il regno delle Due Sicilie

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Regno delle Due Sicilie.

Dopo il congresso di Vienna, il 9 giugno 1815 Ferdinando IV di Napoli (III in Sicilia) tornato a Napoli da Palermo, revocò la costituzione siciliana del 1812, e l'8 dicembre del 1816 unificò formalmente i due regni proclamandosi Re del Regno delle Due Sicilie (Regni utriusque Siciliae Rex) come Ferdinando I delle Due Sicilie.[16]

Linguistica

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I gruppi linguistici presenti in Italia:

     Lingua francoprovenzale

     Lingua occitana

     Lingue gallo-italiche

     Lingua veneta

     Dialetto sudtirolese

     Lingua friulana e lingua ladina

     Lingua slovena

     Dialetti toscani

     Dialetti italiani mediani

     Dialetti meridionali intermedi (Lingua napoletana)

     Dialetti meridionali estremi (Lingua siciliana)

     Lingua sarda

     Lingua corsa

La lingua siciliana, nata indirettamente dal latino volgare, costituì la prima lingua letteraria italiana, già nella prima metà del XIII secolo, nell'ambito della scuola siciliana nata alla corte del re di Sicilia Federico II.

Il volgare pugliese, nome con cui sono storicamente conosciuti il napoletano e i dialetti meridionali, affiancò il latino nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a Napoli, per decreto di Alfonso I, dal 1442 al 1501.

Il territorio delle Due Sicilie è individuato in due parti geografiche dall'estensione delle lingue parlate, i dialetti meridionali intermedi da un lato, e i dialetti meridionali estremi dall'altro. Fatta eccezione, infatti, per i dialetti mediani dell'Aquilano e per alcune minoranze estremamente localizzate, quali ad esempio quelle greche, quelle albanesi e quelle franche, il napoletano e il siciliano sono le lingue più diffuse, oltre all'italiano.

  1. ^ Aurelio Musi, La storiografia napoletana tra Umanesimo e Barocco, in Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Storia e Politica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2013. URL consultato il 13 dicembre 2023.
  2. ^ Giovanni Antonio Summonte, Dell'Isola di Sicilia, e de' suoi Re; e perché il Regno di Napoli fu detto Sicilia, in Historia della città e Regno di Napoli, vol. 2, Napoli, Raffaele Gesari, Domenico Vivenzio & Giuseppe Raimondi, 1748, p. 279. URL consultato il 13 dicembre 2023.
  3. ^ Pietro Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, vol. 1, Milano, Nicolò Bettoni & Compagnia, 1833, p. 574. URL consultato il 13 dicembre 2023.
  4. ^ a b Vittorio Glejeses (1990), pag. 194.
  5. ^ Vittorio Glejeses (1990), pag. 195.
  6. ^ Vittorio Glejeses (1990), pag. 193.
  7. ^ Ernesto Pontieri, I Normanni nell'Italia Meridionale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1964, p. 14, SBN IT\ICCU\SBL\0473239.
  8. ^ a b Vittorio Glejeses (1990), pag. 197.
  9. ^ Giuseppe Galasso, Il Regno Normanno, in Dal comune medievale all'Unità, Bari, Laterza, 1969, SBN IT\ICCU\IEI\0044957.
  10. ^ Francesco Guicciardini, Storia d'Italia, vol. 5, Milano, Giuseppe Reina, 1850, SBN IT\ICCU\RMS\1491252.
  11. ^ Un approfondimento sulla Legazia apostolica (PDF), su editorialeagora.it. URL consultato il 4 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 12 aprile 2007).
  12. ^ Si veda questo elenco di decreti, su conservati negli archivi statali spagnoli. URL consultato il 18 aprile 2011.
  13. ^ Bernardo Tanucci, Epistolario (1757-1758), a cura di Guido de Lucia, prefazione di Mario d'Addio, vol. 5, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1985, p. 68, SBN IT\ICCU\CFI\0018218. URL consultato il 13 dicembre 2023.
  14. ^ Moneta con l'effigie di Murat e la dicitura “Regno delle Due Sicilie” (JPG), su moruzzi.it (archiviato dall'url originale il 30 maggio 2008).
  15. ^ Il titolo regale di Murat in un documento ufficiale (JPG), su bp3.blogger.com. URL consultato il 4 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 30 gennaio 2013).
  16. ^ Rosario Romeo, Momenti e problemi della Restaurazione nel Regno delle Due Sicilie (1815-1820) (PDF), in «Mezzogiorno e Sicilia nel Risorgimento», Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1963, pagg. 85-96.

Bibliografia

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Voci correlate

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