Max Berg
Max Berg, nome completo Max Paul Eduard Berg (Stettino, 17 aprile 1870 – Baden-Baden, 22 gennaio 1947), è stato un architetto tedesco.
Biografia
modificaMax Berg fu uno dei più importanti architetti del suo tempo, ed operò soprattutto a Breslavia.[1] La sua carriera di studi culminò con la Technische Hochschule di Charlottenburg a Berlino, dove seguì le lezioni dei maestri Karl Schaefer e Franz Adickes.[1][2] Dopo la laurea lavorò come ispettore edile a Francoforte sul Meno, e nel 1907 venne incaricato di delineare un progetto per la riqualificazione di Berlino. Sebbene questi piani non siano mai stati realizzati, ciò non ha fermato la sua formazione.[1] Nel 1909 fu nominato architetto capo di Breslavia,[1] carica che conservò fino al 1913.[3] Si avvicinò alla scuola espressionista tedesca,[3] di cui fu uno dei precursori,[4] per quanto Berg trovi le sue radici nell'ambiente del tardo Romanticismo e dell'Eclettismo.[5]
Iniziò a progettare il suo lavoro più significativo, l'enorme cupola, l'imponente e ardita struttura circolare in cemento armato,[2] il suo Jahrhunderthalle (1910-1913, Sala del Centenario) a Breslavia, designata patrimonio mondiale dell'UNESCO nel 2006.[3] Un grande anfiteatro a pianta circolare coperto da una cupola a cemento armato impostata su enormi arconi che seguono la curvatura snodandosi nelle tre dimensioni:[5] al di sopra di essi si innesta una struttura a centine la cui curvatura è risolta al'esterno con una rastremazione a gradoni dentro i quali sono ricavate ampie finestre che illuminano tutto l'invaso.[5] L'eleganza strutturale dello Jahrhunderthalle fece nascere nella critica più recente, un parallelismo con le opere di Pier Luigi Nervi del secondo dopoguerra.[5] Risultò un argomento di notevoli discussioni la sua aderenza al Modernismo,[3] di cui diventò un appassionato sostenitore, in particolare delle strutture di cemento uniformi, concentrando il suo interesse soprattutto sull'aspetto strutturale della costruzione e portando l'uso del cemento armato a un qualificato livello di sviluppo.[1][4]
Berg iniziò a cambiare l'aspetto di Breslavia, con strutture che inclusero le centrali idroelettriche Nord Oder e Sud Oder,[4] su entrambi i lati del ponte Pomorska (1920 e 1925),[1][3] la stazione ferroviaria (Breslavia, 1914),[4] la cappella modernista e la camera dell'obitorio nel cimitero di Osobowicki,[1] la Sala delle esposizioni Messehof.[3] La sua visione comprendeva piani maniacali per abbattere gli edifici che circondavano il Rynek, sostituendoli con blocchi di uffici in cemento e una torre di 20 piani.[1] Nel 1925 diventò disilluso a causa della mancanza di sostegno, abbandonò la sua attività architettonica e si dedicò allo studio della mistica cristiana.[3] Da appassionato umanitario si rifiutò di unirsi ai nazisti, vivendo il resto dei suoi giorni nella città termale di Baden Baden.[1]
Opere
modifica- Jahrhunderthalle, Sala del Centenario) a Breslavia (1910-1913);
- Centrali idroelettriche Nord Oder e Sud Oder a Breslavia (1920 e 1925);
- Stazione ferroviaria a Breslavia (1914);
- Cappella modernista e la camera dell'obitorio nel cimitero di Osobowicki;
- Sala delle esposizioni Messehof.
Note
modifica- ^ a b c d e f g h i (EN) Max Berg, su inyourpocket.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
- ^ a b Max Berg, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 2 giugno 2019.
- ^ a b c d e f g (EN) Max Berg, su britannica.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
- ^ a b c d Berg, Max, su sapere.it. URL consultato il 2 giugno 2019.
- ^ a b c d Max Berg, in le muse, II, Novara, De Agostini, 1964, p. 199-200.
Bibliografia
modifica- (PL) Iwona Bińkowska e Marzena Smolak, Nieznany portret miasta, Varsavia, 1997.
- Renato De Fusco, Mille anni d'architettura in Europa, Bari, Laterza, 1999, ISBN 978-88-420-4295-2.
- (PL) Jerzy Ilkosz e Beate Störtkuhl, Wieżowce Wrocławia 1919-1932, Varsavia, 1997.
- (DE) Jerzy Ilkosz, Die Jahrhunderthalle und das Ausstellungsgelände in Breslau. Das Werk Max Bergs, Monaco di Baviera, 2006.
- Werner Muller e Gunter Vogel, Atlante d'architettura. Storia dell'architettura dalle origini all'età contemporanea. Tavole e testi, Milano, Hoepli, 1997.
- Nikolaus Pevsner, John Fleming e Hugh Honour, Dizionario di architettura, Torino, Einaudi, 2005.
- (DE) Otto Schubert, Berg, Max Paul Eduard, in Neue Deutsche Biographie (NDB), II, Berlino, Duncker & Humblot, 1955.
- V. Vercelloni, Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, Roma, 1969.
- David Watkin, Storia dell'architettura occidentale, Bologna, 1990.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Max Berg
Collegamenti esterni
modifica- Berg, Max, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Max Berg, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 67209074 · ISNI (EN) 0000 0001 0982 4864 · ULAN (EN) 500058304 · LCCN (EN) nr95045361 · GND (DE) 116129727 · J9U (EN, HE) 987007363303805171 · CONOR.SI (SL) 166374243 |
---|