Solitudine

condizione e sentimento di distacco morale e/o fisico
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La solitudine è una condizione e un sentimento umano nei quali l'individuo si isola per scelta propria (se di indole solitaria), per vicende personali e accidentali di vita, o perché isolato o ostracizzato dagli altri esseri umani, generando un rapporto (non sempre) privilegiato con se stesso. Animale sociale per definizione, l'uomo anche in condizione di solitudine è coinvolto sempre in un intimo dialogo con gli altri. Quindi, più che alla socialità la solitudine si oppone alla socievolezza. Talvolta è il prodotto della timidezza e/o dell'apatia, talaltra di una scelta consapevole. In lingua inglese il concetto viene espresso con due differenti vocaboli, solitude e loneliness, che si riferiscono rispettivamente al piacere e al dolore provati in condizioni di esclusione.[1]

Solitudine di Frederick Leighton

Descrizione

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«La solitudine è indipendenza: l'avevo desiderata e me l'ero conquistata in tanti anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente nel quale girano gli astri.»

Scrive Maria Miceli (Sentirsi soli, 2003):

«la solitudine è qualcosa di più che un'esperienza diffusa. Sotto certi aspetti è un'esperienza necessaria, ineluttabilmente connessa alla condizione umana. È la nostra stessa individualità a imporci la solitudine; non è possibile sfuggirle se non a costo di perdere la nostra identità»

È universalmente riconosciuta come la principale causa di depressione favorita da un'urbanizzazione mal gestita; non a caso le abitazioni di maggior valore sono allocate dentro o in prossimità ad aree di aggregazione sociale per il riconoscimento offerto alla dignità degli individui.

John T. Cacioppo e William Patrick a pagina 185 (nel cap. In conflitto per natura) cita una frase del Paradiso perduto di John Milton[3] perché sintetizza bene la condizione umana:

«La mente in se stessa alberga, e in sé può trasformare
Nel ciel l'inferno e nell'inferno il cielo.»

A pag. 275 (nel cap. Il potere della connessione sociale) spiegano come nella mente la fede (delle persone isolate) si idealizza spontaneamente con le proprie idee (giuste e/o sbagliate) per il bisogno di antropomorfizzare; il successo delle megachiese americane nei sobborghi urbanizzati è dovuto quindi al bisogno umano di incontro, riunione e appartenenza collettiva.

Il saggio conclude che l'uomo come essere sociale non può fare a meno degli altri per tempi molto lunghi, ma segue un cammino di benessere psicofisico tendenzialmente condizionato da comportamenti etici collaborativi.

Per il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, solo chi è capace di solitudine è capace di comunione.

Salute fisica

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La solitudine cronica può essere una condizione grave per la salute fisica e pericolosa per la vita. È stato scoperto che essa è fortemente associata ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, anche se i legami causali diretti devono ancora essere identificati in modo certo.[4] Le persone che sperimentano la solitudine tendono ad avere un'aumentata incidenza di ipertensione, colesterolo alto e obesità.[5] Si è dimostrato che la solitudine aumenta la concentrazione di livelli di cortisolo nel corpo e indebolisce gli effetti della dopamina, l'ormone che fa provare piacere alle persone. Livelli di cortisolo prolungati e alti possono causare ansia, depressione, problemi digestivi, malattie cardiache, problemi di sonno e aumento di peso.[6] Sulla base dello studio ELSA, si è scoperto che la solitudine ha aumentato il rischio di demenza di un terzo. Non avere un partner (essere single, divorziato o vedovo) ha raddoppiato il rischio di demenza. Tuttavia, avere due o tre relazioni più strette ha ridotto il rischio di tre quinti.[7][8] Inoltre uno studio ha rilevato che gli individui che hanno riferito di sentirsi soli avevano un rischio più elevato di sviluppare la malattia di Parkinson.[9] Una revisione sistematica del 2010 e una meta-analisi hanno trovato un'associazione significativa tra solitudine e aumento della mortalità. Le persone con buone relazioni sociali risultano avere una probabilità di sopravvivenza del 50% in più rispetto alle persone sole . In altre parole, la solitudine cronica sembra essere un fattore di rischio per la morte paragonabile al fumo, e maggiore dell'obesità o della mancanza di esercizio fisico.

Salute mentale

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La solitudine è stata collegata alla depressione, ed è quindi un fattore di rischio per il suicidio.[10] Lo studio longitudinale inglese sull'invecchiamento (ELSA) basato su oltre 4.000 adulti di età superiore ai 50 anni ha esaminato la loro solitudine. Quasi uno su cinque di coloro che hanno riferito di essere soli aveva sviluppato segni di depressione entro un anno. Negli adulti inoltre la solitudine è una grave condizione aggravante per depressione e alcolismo.[11]

L’aumento delle famiglie unipersonali nei paesi avanzati

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Fonte:OurWorldInData

Come si vede dal grafico, nei paesi con alto PIL pro capite, come quelli dell’Europa occidentale, gli Stati Uniti e il Giappone, il numero di persone che vivono da sole è alta e risulta notevolmente aumentata negli ultimi decenni. Infatti le persone tendono a sposarsi più tardi o a non sposarsi affatto. Molte persone anziane vivono da sole dopo la perdita del coniuge o a causa di scelte personali.Inoltre le persone tendono ad avere maggiore autonomia economica e questo consente a molti di vivere da soli, senza dover dipendere da un nucleo familiare per sostenersi finanziariamente. Ad esempio, in paesi come la Svezia o la Norvegia, con un PIL pro capite tra i più alti al mondo, la percentuale di famiglie unipersonali è tra le più alte a livello globale.
Invece nei paesi con basso PIL pro capite, la percentuale di famiglie unipersonali è generalmente più bassa. Qui, la struttura sociale ed economica tende a favorire le famiglie numerose, spesso necessarie per affrontare le difficoltà economiche. In molti casi, le persone vivono in famiglie allargate per suddividere i costi della vita, e l’indipendenza economica necessaria per vivere da soli è un obiettivo difficile da raggiungere.
Misurando l'Indice di correlazione di Pearson tra PIL pro capite e percentuale di famiglie unipersonali si ottiene pertanto un valore alto pari al 73,51%, per cui al crescere di una variabile, cresce anche l'altra, anche se ciò non implica causalità.

  1. ^ Effortless Flow: The Difference Between Solitude and Loneliness
  2. ^ Hermann Hesse, Il lupo della steppa, Oscar Mondadori, 2010 ISBN 978-88-04-46035-0 (traduzione di Ervino Pocar, pp. 61-62)
  3. ^ John Milton, Paradiso perduto, libro I, vv. 254-255
  4. ^ Loneliness and Isolation: Modern Health Risks, in The Pfizer Journal, IV, n. 4, 2000 (archiviato dall'url originale il 28 gennaio 2006).
  5. ^ J. Cacioppo e L. Hawkley, Loneliness Matters: A Theorectical and Empirical Review of Consequences and Mechanisms, in Annals of Behavioral Medicine, vol. 40, n. 2, 2010, pp. 218–227, DOI:10.1007/s12160-010-9210-8, PMC 3874845, PMID 20652462.
  6. ^ Chronic stress puts your health at risk, su Mayo Clinic. URL consultato il 7 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2017).
  7. ^ (EN) Loneliness, but not social isolation, predicts development of dementia in older people, in NIHR Evidence, 27 maggio 2020, DOI:10.3310/alert_40330.
  8. ^ (EN) Snorri Bjorn Rafnsson, Martin Orrell, Eleonora d'Orsi, Eef Hogervorst e Andrew Steptoe, Loneliness, Social Integration, and Incident Dementia Over 6 Years: Prospective Findings From the English Longitudinal Study of Ageing, in Deborah Carr (a cura di), The Journals of Gerontology: Series B, vol. 75, n. 1, 1º gennaio 2020, pp. 114–124, DOI:10.1093/geronb/gbx087, ISSN 1079-5014 (WC · ACNP), PMC 6909434, PMID 28658937.
  9. ^ Antonio Terracciano, Martina Luchetti, Selin Karakose, Yannick Stephan e Angelina R. Sutin, Loneliness and Risk of Parkinson Disease, in JAMA Neurology, vol. 80, n. 11, 2 ottobre 2023, pp. 1138–1144, DOI:10.1001/jamaneurol.2023.3382, PMC 10546293, PMID 37782489.
  10. ^ The Dangers of Loneliness – Marano, Hara Estroff; Psychology Today Thursday 21 August 2003
  11. ^ Hara Marano, The Dangers of Loneliness, su psychologytoday.com. URL consultato il 10 dicembre 2012.

Bibliografia

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  • Alfie Kohn, La fine della competizione, ISBN 88-8089-298-3, Baldini&Castoldi, Milano 1999
  • Antonio Lo Iacono, Psicologia della solitudine, Editori Riuniti, Roma 2003
  • Maria Miceli, Sentirsi soli, Il Mulino, Bologna 2003
  • Francoise Dolto,Solitudine felice,Oscar Mondadori, 1997
  • John T. Cacioppo, William Patrick, Solitudine, ISBN 978-884281546-4, il Saggiatore 2009
  • Adriano Zamperini, L'ostracismo. Essere esclusi, respinti, ignorati, Einaudi, 2010 ISBN 978-88-06-20371-9.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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