Velleda
Velleda o Veleda (in latino Vĕlĕda, -ae; fl. I secolo) era una vǫlva (donna sciamana) della tribù germanica dei Bructeri, che ispirò la rivolta batava, guidata contro l'impero romano da Giulio Civile, principe batavo romanizzato (69/70 d.C.). Fu Velleda, infatti, a predire gli iniziali successi dei ribelli.
Vicenda storica
modificaNella De Origine et situ Germanorum, Tacito osserva che Velleda «esercitava una vasta autorità, secondo un'antica testimonianza germanica per cui s'attribuiscono a molte donne il dono della profezia e qualità divine». In esse, infatti, i Germani vedevano qualcosa di sacro che le rendeva depositarie della saggezza e veritiere mediatrici del sacro. Tacito scrive: «Abbiamo visto noi romani, al tempo del divo Vespasiano, Velleda esser considerata da molti come un dio».[1]
Nel 70 d.C. i ribelli firmarono la pace coi Romani, ottenendo l'amnistia e l'esenzione dai tributi in cambio della fornitura di truppe alleate. Ma Velleda fu catturata e portata in trionfo da Domiziano, morendo poi in prigionia.[2]
Nel 1926, nel Foro di Ardea (in provincia di Roma), nei pressi di uno dei templi, fu rinvenuta un'epigrafe, che cita Veleda come condannata a servire nel tempio. Il reperto, studiato da Margherita Guarducci in Veleda e Nuove osservazioni sull'epigrafe ardeatina di Veleda,[3] e da Paolino Mingazzini in Un altro tentativo d'interpretazione dell'iscrizione di Veleda,[4] è stato datato alla seconda metà del I secolo d.C.
Echi letterari
modificaSulla figura di Velleda scrissero anche Vincenzo Monti, nel primo canto de Il bardo della selva nera, e Giosuè Carducci nella poesia dedicata Alla Louisa Grace Bartolini.
«[...] dell'indovina vergine Velleda,
cui l'antica paura incensi offrìa
nelle selve Brutere, ove implorata
l'aspra donzella con responsi orrendi
del temuto avvenire aprìa l'arcano»
«[...] Ma ben, come da súbita
procella esercitate,
le selve atre germaniche
suonár, se a l' adunate
plebi i cruenti oracoli
apria Velleda e de le pugne il dì»
Velleda ha anche ispirato il personaggio letterario dell'omonima druidessa germanica, eroina del romanzo Les Martyrs di François-René de Chateaubriand. Porta il suo nome la torre nel parco di casa Chateaubriand a Vallée-aux-Loups. Il poeta simbolista Paul Verlaine inserisce inoltre la figura della Velleda nella poesia Après trois ans, in cui l'eroina compare sotto forma di statua:
«Même j'ai retrouvé debout la Velléda,
Dont le plâtre s'écaille au bout de l'avenue».
A lei è intitolato l'asteroide 126 Velleda della fascia principale del sistema solare e un noto marchio di prodotti cosmetici, Weleda.
Note
modifica- ^ Tacito, De origine et situ Germanorum, VIII, 3.
- ^ Stazio, Silvae, 1.4, linea 90; J.G.W. Henderson, A Roman Life: Rutilius Gallicus On Paper and In Stone (Exeter: University of Exeter Press 1998); L'Année épigraphique 1953, 25.
- ^ Rend. Pont. Acc. Arch. XXI, 1945/6 e XXIV-XXVI 1949/51.
- ^ Bull. Comm. Arch. Comunale Roma, 1953/54, v. 74.
Bibliografia
modifica- Fonti antiche
- (LA) Tacito, De origine et situ Germanorum. (testo latino , traduzione italiana del Progetto Ovidio).
- Fonti storiografiche moderne
- Anna Ferrari, Dizionario di mitologia Classica, TEA, 1994, ISBN 88-7819-539-1
- Christian-Joseph Guyonvarc'h, Françoise Le Roux, I Druidi, ECIG, Genoca, 1990 ISBN 88-7545-403-5
Voci correlate
modificaAltri progetti
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