Idoli Della Conoscenza Definitiva
Idoli Della Conoscenza Definitiva
Idoli Della Conoscenza Definitiva
Parte prima:
convinzione, e in cui le teste vuote o a corto di argomenti fanno appello, confortati dal gergo
giornalistico, alle loro verit , (io rispetto la tua opinione e tu rispetti la mia anche se dico
castronerie o mento spudoratamente), notevole, dicevo, che si sia in genere cos remissivi davanti
alluomo di scienza o al venale luminare, tanto da accettare come rivelazione biblica tutto quanto
egli sentenzia. Le discipline umanistiche pensano di rendersi pi presentabili qualificandosi come
scienze umane, e del resto non mancano le scienze dellocculto e la scienza pranoterapeutica. Quelli
che la sanno pi lunga sulla psicologia delle masse, e cio gli esperti pubblicitari (cio gli unici a
fregiarsi oggigiorno dellappellativo di creativi), attingono allaura seriosa e obiettiva del lessico
scientifico quando vogliono sbolognare un miracoloso detergente intimo o uno sturalavandini di nuova
generazione. La ragione di ci non difficile da comprendere. La scienza ha successo, e i successi della
scienza mutano la nostra vita. Ma ci non vuol dire che la visione scientifica del mondo, per dirla alla
Reichembach, sia poi aproblematica. La credenza nello spazio assoluto, poi abbandonata, non ha
impedito a Newton di elaborare la teoria della gravitazione universale, n la postulazione delletere ha
precluso, nell800, gli sviluppi dellelettromagnetismo. In altre parole, il successo di una teoria non ne
assicura la verit oggettiva o in s, se prima non si problematizza il concetto stesso di verit e
oggettivit. Ma questo appunto indagine che compete alla filosofia, poich filosofare non significa,
come alcuni credono, filosofeggiare, ma vuol dire, tra le altre cose, interrogarsi su ci che si dice e
sul perch lo si dice.
Proviamo allora a fare un tentativo diverso. Proviamo a rivolgerci a un filosofo per sottoporre ad
indagine ci che nel pensiero e nella prassi dello scienziato rimane naturalmente presupposto.
Se anche la ricerca, lungi dallapprodare a certezze, avesse come unico effetto di suscitare dubbi e
perplessit , essa avrebbe conseguito il suo scopo: prima condizione del pensiero, infatti, il dubbio,
come diceva Socrate, o lo stupore di cui parlava Aristotele: proprio per questa ragione, come ben
sapeva Hegel, ci che pi vicino anche sempre, per il pensiero, il pi lontano.
Domande imbarazzanti
E incomprensibile che un infimo fenomeno di un infima parte dellUniverso possa
ritenersi idoneo a dirne la verit. E incomprensibile che un evento appartenente a una
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Le ovviet apparenti
Se la pratica scientifica si discosta nei modi che abbiamo visto da ci che correntemente si crede, si
comprende laffermazione di Einstein secondo cui la cosa pi incomprensibile nellUniverso la
conoscenza (per quali ragioni, infatti, gli assunti fideistici e le costruzioni concettuali dello
scienziato sarebbero in grado di descrivere la realt oggettiva, rimane un mistero). Ma qui, appunto,
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quando si tratta di cominciare a filosofare, lo scienziato, com giusto, si arresta. Egli infatti
condivide con il senso comune alcune apparenti certezze indeflettibili:
1. Interno ed esterno
Poche distinzioni sembrano tanto ovvie quanto la dicotomia interno/esterno. La mente concepita
da tutti come quellinterno (anima o secrezione cerebrale) che percepisce, riflettendo o deformando
il mondo esterno che la ospita. Le scienze esatte come la Fisica e la Chimica studiano lesterno, con
risultati convincenti, mentre la Psicologia si occupa dellinterno, con esiti pi opinabili perch, si
dice, viziati da un eccesso di interpretazioni filosofiche. Interno ed esterno Ma si tratta di
distinzioni cristalline? Leggiamo in proposito il seguente passo tratto da Immagine e conoscenza:
Non ci sono fatti in quanto esterni e fatti in quanto interni. Dove sono questi fatti?
Mostrami un fatto in quanto esterno e un fatto in quanto interno. Che cosa, per esempio
nellesperienza di questo tavolo, o di questa sedia, fatto esterno e che cosa fatto
interno? Vi chiedo di rifletterci. Che cosa esterno o interno di quel che possiamo dire,
esperire, toccare, vedere, ecc. ecc., di questo tavolo? La sua consistenza, il suo peso, la
sua massa, sono fatti in quanto esterni o in quanto interni? E evidente che non c nulla
n di esterno n dinterno nellesperienza di questo tavolo. Perch per poterlo stabilire
bisognerebbe[]assumere il punto di vista di uno spettatore esterno indipendente dai
fatti in quanto esterni e in quanto interni, il quale possa dire: questo appartiene
allesterno, e questaltro appartiene allinterno. Il Sole un fatto esterno? Chi lo pu
dire? Non possiamo parlare del Sole indipendentemente dalla percezione che ne
abbiamo. Quando si osserva questo il senso comune fraintende subito: crede che stiamo
dicendo che il sole una nostra idea, o che noi ci facciamo tutti i soli che vogliamo, e
che quindi ne pensiamo anche quindici e ne pensiamo uno anche di notte. Non questo
che stiamo dicendo. Stiamo dicendo che il sole, sganciato da ogni esperienza del sole,
evidentemente unespressione priva di senso. Questo non significa che il sole dipenda
dalle esperienze che vogliamo noi, che tuttaltra affermazione; semplicemente si dice
che il sole un fenomeno complesso per cui non siamo in grado di dire che cosa
apparterrebbe a un ipotetico sole esterno o che cosa apparterrebbe a unipotetica
immagine interna del sole. Queste, appunto, sono costruzioni metafisiche arbitrarie; per
poter stabilire ci dovremmo avere quellosservatore indipendente che non abbiamo,
che non siamo.
Non ci sono fatti esterni, non solo perch lespressione contraddittoria, ma perch
dobbiamo sempre pensare i fatti come relativi a una pratica di mondo, a una pratica che
li mette in opera. I fatti, come direbbe Peirce, sono sempre relativi ad abiti di risposta.
E negli abiti di risposta che emergono i fatti. Se prendo nota che sorto il sole, questo
abito di risposta il luogo nel quale si manifesta il fatto sorgere del sole, e non fuori
di esso; non c un sorgere del sole indipendentemente da ogni abito di risposta. Il che
significa che non ci dobbiamo mai pensare di fronte al mondo; non siamo di fronte al
mondo; siamo allinterno del mondo, caso mai; siamo allinterno delle sue provocazioni
a rispondere.
Sedie e tavoli
Ma naturalmente il senso comune recalcitra. Che vuol dire che fuori non ci sono gli alberi? Questi
filosofiandrebbero tutti ricoverati. Con un linguaggio pi elevato si potrebbe argomentare come
fa Hilary Putnam, nel libro La sfida del realismo. Qui il filosofo americano formula una
proposizione che pare persuasiva:
Questo relativismo culturale (Putnam pensa alla filosofia continentale dei Gadamer,
Foucault, Derrida ecc.) eccede quando dice che tutto linguaggio. Noi possiamo e
dobbiamo insistere nel dire che ci sono alcuni fatti, non costituiti da noi, da scoprire,
ma lo possiamo dire solo dopo aver adottato un modo di parlare, un linguaggio, uno
schema concettuale. Lo schema concettuale restringe lo spazio della descrizione, ma
non predetermina le risposte ai nostri quesiti. Putnam prosegue con un esempio:
In questa stanza ci sono tavoli e sedie, che stanno l fuori, indipendentemente dalle
nostre menti; e indipendenti anche dalle parole che usiamo per riferirci a essi. Infatti,
l fuori vi anche qualcosaltro da ci che indichiamo con le parole tavoli e sedie:
vi sono anche elettroni e campi gravitazionali; anche questi alludono in modo corretto a
qualcosa di comune che l fuori. La differente scelta concettuale non toglie il dato di
realt primario.
Sini, in Idoli della conoscenza, commenta questo brano con una certa dose di ironia:
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equivale a svelare il senso e lorigine del logos, ovvero di quella tradizione cui appartiene la
filosofia occidentale e la pratica scientifica che ne deriva (la scienza infatti un parto della
filosofia). A questo tema affascinante Sini ha dedicato molte opere, tra le quali Etica della scrittura.
Non essendo questa la sede per approfondire largomento, enunciamo subito la sorprendente
conclusione di Sini: alla base del logos e quindi della stessa scienza - sta lalfabeto.
Questa teoria potr sembrare eccentrica, ma non piove dal cielo, specialmente per chi abbia
familiarit con il decostruzionismo di Jacques Derrida e in particolare con il suo scritto Della
Grammatologia, rispetto al quale, comunque, Sini si muove seguendo un percorso originale. Ma
che cosa mai centrer lalfabeto con la scienza?
Se davanti alla seguente scritta:
AB
vi domandassi che cosa avete letto, non dubito che la risposta sarebbe: le prime quattro lettere
dellalfabeto greco. Che altro? Ma se qualcuno sostenesse di aver visto buoi e capanne, non
sarebbe affatto da sottoporre a perizia psichiatrica. Chi di voi infatti conoscesse le opere del
linguista inglese Alfred Kallir, fondatore della semantica bisferica, saprebbe che quei segni, in un
remoto passato, esprimevano rispettivamente luomo (testa di bue rovesciata), la donna (il seno e il
ventre gravido, la generazione della prole (non un caso che le lettere gutturali ricorrano
costantemente nelle parole che esprimono Generazione, ConCepimento, ConiuGazione, dove le
gutturali hanno una tipica concavit; quanto ai trattini della G, essi hanno un senso molto
pregnante), la casa (una capanna). Loriginario iconismo della scrittura, evidente negli
ideogrammi, che ha preceduto e generato sulla base del principio acrocratico - la scrittura
fonetica, rintracciabile nello stesso alfabeto. Ma la scrittura alfabetica, proprio in virt della
scomposizione letterale e della linearizzazione che le peculiare, opera, a un certo livello di
stilizzazione, la separazione del significato astratto dal corpo sonoro e visivo del segno,
originariamente intrecciati. E cos che si rende disponibile un significato astratto, pubblico e
indefinitamente iterabile, tanto che nella pratica della lettura noi letteralmente non vediamo le
lettere, a meno di importuni refusi o difficolt visive (vediamo le lettere quando non riusciamo a
vederle). Questa svolta epocale, rileva Sini, trova il suo suggello nel Cratilo platonico, ove la
concezione della natura sostanzialmente convenzionale del linguaggio ha la meglio sullarcaica
dottrina di Ermogene che asserisce una naturale rispondenza tra il corpo della parola e la cosa. E del
resto non Platone ad aver istituito locchio dellanima, la pura visione della mente che coglie la
forma ideale immateriale ed universale, istituendo lepisteme, cio il sapere saldo, sottratto al
divenire e immune dalle idiosincrasie soggettive? Nel Sofista listituzione del logos consegue,
secondo Sini, il suo compimento. Le suddivisioni dialettiche ivi delineate (come il famoso
esempio della pesca alla lenza), sono consentite precisamente dalla sequenza lineare dellalfabeto.
85. Luniversalit epica. Devi osservare attentamente come via via si traduce il
carattere universalizzante che implicito nella gestualit e nella pratica della voce.
Dapprima esso si espande in una comunit di pratiche orali. Gli uomini di questa
comunit cantano e raccontano i loro miti e le loro leggende, i loro Dei e i loro eroi,
raffigurandoli in imprese poetiche ed epiche. Questa parola fortemente patica
evoca e rievoca per tutti, cio per tutti i partecipanti di quella comunit, lethos
comune del fare e del dire, dellamare e del soffrire[] E importantissimo che tu
comprenda e tenga fermo che la voce che parla nellepos orale non la stessa voce che
si d a vedere nella scrittura alfabetica[]
86. Luniversalit logica. Quando la potenzialit universalizzante della voce si traduce
nella pratica della scrittura alfabetica, ci che questa rende visibile non sono gli eventicose, i personaggi-luoghi della vicenda epica, si tratta invece della oggettivit
letterale dei significati. La parola, sciolta dal contesto patico-espressivo della
evocazione istoriale, viene resa nei suoi elementi purificati e ideali, cio nelle sue
lettere. Abbiamo cos ununiversalit astratta da ogni contesto. E cos che si viene
formando il lettore ideale, per il quale leggere non pi guardare e contemplare il
corpo scritto, ma dirigersi, tramite esso e la sua trasparenza convenzionale, al
significato logico.
88. Il ritmo e il tempo. [] La parola epica un continuo interpretare provenendo e
inviando sulla base di blocchi di emozioni che procedono episodicamente in circolo,
indietro e avanti, e non in una serie unidirezionale. Questo tempo etico (o dellethos)
si potrebbe dire tempo plastico o symballico. La scrittura alfabetica iscrive invece i suoi
elementi ideali (apatici), depositari di significati oggettivi e universali (non di sensi), su
una linea omogenea. Ed appunto questa trascrizione lineare che comporta una
specifica temporalizzazione.
89 La realt costruita. Lideale linea di scrittura costituita di punti omogenei la cui
unica relazione la successione astratta: relazione pi spaziale che temporale, e in ogni
caso statica, cristallizzata, anzich ermeneutica. Nulla infatti accade al punto per il
fatto di trovarsi prima o dopo di un altro. Esso solo uno snodo: il veicolo della
transizione che consente liscrizione. Il carattere puntuale della linea che comune sia
alla scrittura alfabetica sia alla definizione potrebbe gi indicarsi come il contenuto
della forma logica. La temporalit lineare spazializzata sarebbe allora il tratto
essenziale del logos logico. Voglio dire che, temporalizzandosi analiticamente (aritmo11
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4. Rimuovere lanimale
La scienza si pone come sapere oggettivo. Di un qualsiasi fenomeno esso distingue laspetto in s,
oggettivo, valido universalmente, dagli elementi soggettivi che lo accompagnano, vale a dire
emozioni, incanti o turbamenti, aspettative, credenze ecc. La luna potr anche ispirare poeti e
musicisti quando si specchia nel lago, ma la luna oggettiva, la luna vera, un satellite della Terra
butterato da crateri che ruota con velocit pari al tempo di rivoluzione, ecc. ecc. Questa la
descrizione neutrale, oggettiva, verace e prosaica della Luna, valida universalmente, anche per il
Bororo dellAmazzonia per i quali la sua apparizione una ierofania che scandisce importanti
momenti della vita sociale. Questo pensiero si imposto nella scienza fin dai tempi di Galileo, che
con la sua distinzione tra qualit oggettive e qualit soggettive dei corpi, sosteneva che, una volta
rimosso lanimale il nostro apparato sensoriale , possiamo conoscere il libro della natura.
Ma sorge ora un dubbio. Lontologia della scienza oggettiva e verace, o piuttosto
unontologia astratta, che cio fa astrazione di tutti gli aspetti che non consentono misurazione e
manipolazione tecnica? La luna prosaica esiste in s o allinterno dello sguardo scientificoobbiettivante che ha deciso, per il suo metodo e le sue finalit, e conseguendone grande efficacia
operativa, di prescindere da ci che non rientra nel proprio metodo?
Nel brano che segue, Sini dimostra la fondatezza del dubbio. Gli oggetti scientifici, secondo il
filosofo, non esistono che nella visione e nella pratica scientifica, che comporta una estraneazione
del soggetto dalle sue concrete esperienze. Il sapere della scienza dunque un sapere astratto.
Questa astrazione, che certo ha la sua grande efficacia, non altro che il trionfo di ci che il nostro
filosofo solito chiamare la strategia dellanima, ovvero la svolta di Platone, che concep la
filosofia come contemplazione delluniversale in s, della forma oggettiva, di quel triangolo che
non muta e che non affetto dallo stato danimo del geometra:
E ancora:
Lo stregone Bororo dice certe cose del mondo che a noi suonano strane e
incomprensibili, e anche ingenue, perch esse non fanno pi parte di ci che diventato
per noi il senso comune (peraltro ignaro a sua volta, bisognerebbe aggiungere, delle sue
ingenuit). Tuttavia, il relativismo culturale ci insegna a comprendere che quelle cose
che lo stregone dice non sono n inutili, n sciocche, n insensate e nemmeno prive di
un loro pratico successo. Se andate a vivere tra i Bororo, come ha fatto Lvi Strauss, e
tornate con loro allaccampamento dopo una lunga giornata di estenuante caccia, le
teorie astronomiche di Copernico e le formule di Einstein non vi servono a nulla;
invece la dolcezza dei canti della sera che vi consentono di sentirvi, non come una belva
disperata e solitaria, ma come membro e partecipe di una comunit umana, la quale,
ripetendo una tradizione orale che affonda nella notte dei tempi, rende percepibile il
senso delle cose: cosa sono il cibo, gli animali, luomo, la donna, lamore, i figli, la Luna
e le stelle che stanno sorgendo allorizzonte. Il mito (la parola, mythos) lo dice in una
maniera che congrua con il vivere umano in quella condizione e proprio dicendolo e
ripetendolo salva la vita delluomo. Il mondo , quindi, ben ritagliabile e
interpretabile in questo modo. Sintende che se poi vai a Harvard o a Pasadena e in un
laboratorio scientifico ti comporti come un Bororo, le cose non funzionano pi. L
conveniente, per il senso della tua vita, pensare come Einstein o come Bertrand Russell
e disporsi, per il riposo, ad ascoltare le interessanti notizie del telegiornale e le belle e
intelligenti scenette pubblicitarie che immancabilmente lo seguono; sino a che il sonno
sopra di noi si chiuda.
C. Sini, Idoli della conoscenza
6. L errore di Giosu
E credenza inconcussa del senso comune, come degli scienziati, che le oggettualit della scienza,
una volta teorizzate, vadano ovviamente retrocesse ad epoche antecedenti la scoperta stessa. Ad
esempio nessuno dubita che, una volta scoperta la legge di Coriolis che spiega lo spirare dei venti
Alisei, i viaggi di Cristoforo Colombo risultino giustificati da quella legge; oppure che, comprovata
la teoria copernicana, essa valga anche per il celebre Giosu, quello che ordin al sole di fermarsi.
Ma fino a che punto sono legittime queste retroflessioni o retrocessioni? Secondo Sini si deve
valutare con una certa cautela queste presunte ovviet. Egli propone di valutare una particolare
situazione cosmologica, articolata in quattro livelli di esperienza.
Il primo livello quello nel quale uneclisse intesa come una ierogamia [in precedenza
Sini ha ricordato come, secondo antiche tradizioni mitiche, una eclisse va intesa come una
ierogamia: il signor Sole e la signora Luna fanno lamore.]. Milioni di uomini hanno
pensato in questo modo e probabilmente ce n ancora sulla Terra che cos pensano.
Appena si verifica leclisse, si gettano in ginocchio e fanno sacrifici. Un secondo livello
fa riferimento alla frase famosa di Giosu Fermati, o Sole! Pare che il Sole abbia
obbedito e Giosu, che era un guerriero, ebbe tempo di vincere la sua battaglia.
Posto come terzo livello il geocentrismo di Tolomeo e come quarto livello leliocentrismo
copernicano, Sini procede come segue:
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Nei primi due casi non c alcun cammino verso la verit scientifica. Nellesperienza di
quel mondo non esistono oggettualit scientifiche: non ci sono eclissi, Soli, moti celesti
nel senso di Talete, di Tolomeo, di Newton. Un lettore scienziato gi si allarma: cosa
vuol dire non ci sono? Ci sono s, solo che loro, quelli che vivono in quel mondo,
semplicemente lo ignorano. Gi, questa maniera di ragionare appunto quella che si
afferma nei due livelli successivi. Anche qui c differenza tra come ragiona un
tolemaico, con le sue sfere cristalline che paiono a Bruno solo superstizioni di morbose
menti, e un copernicano; per le sfere cristalline possono essere falsificate, direbbe
Popper, e quindi a loro modo sono gi ipotesi dotate di dignit scientifica. Infatti,
derivano da pratiche che resteranno costanti nella scienza: il ragionamento,
losservazione sensibile, luso di calcoli e di diagrammi geometrici, ecc. []Tolomeo non
Newton, ma il suo modo di porre la questione del vero manifestamente pi vicina a
Newton che non a Giosu. Pi in generale, si potrebbe dire che la teoria tolemaica,
come ogni teoria scientifica, ha a che fare con dei significati, mentre la ierogamia ha
a che fare con un senso, un senso del mondo. La ipotesi geocentrica ed eliocentrica
sono significati astronomici, sicch se vera luna falsa laltra, e viceversa. Appunto
qui comincia la possibilit della falsificazione e, quindi, del dibattito razionale sul
progresso delle conoscenze. Sulla ierogamia non c niente da discutere. In pratica ci
troviamo di fronte a due universi di senso difficilmente confrontabili, perch gli oggetti
delluno non stanno e non possono stare nellaltro.
Le paradossali, eppure sensate, considerazioni di Sini imporrebbero, per una pi intima
comprensione, di affrontare nella sua completezza la fenomenologia siniana dellevento, illustrata
soprattutto in Kinesis, e la teoria genealogica delle pratiche, esposta nelle opere pi recenti.
Tuttavia, in Idoli della conoscenza, opera non rivolta a un pubblico specialistico, Sini fa
efficacemente intendere il suo pensiero:
Il punto, allora, dov? Il punto in quellinsistenza che dice: le cose sono sempre state
come dice la teoria copernicana. Checch pensassero Giosu o Tolomeo, anche allora si
viveva in una situazione eliocentrica, e non geocentrica, proprio come oggi sappiamo e
vediamo. E questo il nocciolo duro con il quale ci dobbiamo misurare[] La
testimonianza che il copernicano fornisce certamente non congrua con i sistemi di
pratiche di Giosu[]Diceva Michel Foucault: non si pu dire qualunque cosa in qualsiasi
tempo. Luomo dei geroglifici non poteva parlare come Demostene e Pindaro non poteva
pensare come Kant. Non quindi possibile avere una concezione copernicana vivendo
nel mondo pastorale di Giosu. Che significa, allora, vivere in una situazione
eliocentrica, fuori delle pratiche di vita e di sapere che definiamo, per fare in fretta
copernicane? Lasserzione scientifica copernicana ha la pretesa di riferirisi a un Universo
vero, indipendente da ogni sistema di pratiche definito (addirittura, checch gli uomini
ne pensino). Questa appunto la sua pretesa ed qui che dobbiamo chiedere: su che
cosa si fonda questa pretesa? In che consiste e che senso ha la pretesa di esprimere un
universo vero fuori da ogni pratica? Osserviamo, anzitutto, una prima difficolt: le
asserzioni scientifiche pretendono di riferirsi a un universo vero indipendentemente da
tutte le pratiche tranne la loro, beninteso. Della contingenza della loro pratica gli
scienziati non fanno questione, ammettono la contingenza delle teorie, ma non del
modo della loro costituzione[]Non siamo per al cospetto, in questo modo, di un
circolo tuttaltro che virtuoso? Riconosciamo il carattere contingente dellattuale
pratica scientifica (come si potrebbe, infatti, negarlo?), ma correggiamo questa
contingenza con il fare appello al suo successo pratico: poich ha successo non
contingente (o almeno nella direzione canonica per non esserlo); ma ha successo
perch contingente (perch questa attuale pratica, non quella di un secolo o di
qualche secolo fa che ha successo. Il successo affrancherebbe dalla contingenza, ma la
coontingenza che ha successo e che ha un successo contingente (come ogni successo).
[] Ogni pratica piena di senso entro il che del suo mondo, nella modalit che la
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In questa ottica, infatti, la guerra civile diviene un fatto pubblico, impersonale e oggettivo,
totalmente astratto deciso, dalle continue interpretazioni che lo intramarono e lo fecero
accadere e vivere. In questo modo per il nostro comune senso storico opera con le sue
inerpretazioni, che spaccia per verit oggettive e assolute. In primo luogo scambia per concreto
ci che astratto: la narrazione immaginaria degli eventi in quanto oggetti dello sguardo
pubblico cui viene dato il nome di guerra civile viene sovrapposta alla concreta esperienza
ermeneutica che allora accadde, secondo una miriade praticamente infinita di prospettive per di
pi in continuo movimento. In secondo luogo tale sguardo assume come fatti solo quelli che
per la sua attuale cultura, per il suo modo di interpretare il mondo, sono i fatti, i fatti reali
[]Questi presupposti contravvengono per a ci che lesperienza continuamente ci mostra, cio
che niente accade che non sia interpretato e che non sia uninterpretazione. E non nel senso di
una mera ed estrinseca somma[]Non c la rappresentazione e poi il pensiero che
laccompagna e la interpreta. C linterpretare avendo gi interpretato e avendo da
interpretare; cio c lermeneutica profonda della temporalit. E questa ermeneutica mostra
appunto che il passato un modo del provenire ora, cio di aprirsi allinterpretazione futura del
mondo che ora ci incalza.
C.Sini, Il tempo e lesperienza
Il passato futuro
Bisogna, dice Sini, avere la capacit di pensare queste proposizioni, di cui la seconda appare molto
ardua:
Il passato accade nel presente
Il passato accade nel futuro
Queste asserzioni ci fanno sobbalzare, impregnati come siamo dei presupposti metafisici dello
sguardo pubblico e panoramico, del passato-deposito, ecc. Proviamo a rendere pi familiari le
precedenti asserzioni con un banale esempio:
Il professore entra in classeper lennesima volta; unestenuante lezione sta per cominciare. In
passato ha sentenziato con evidente compiacimento che lessere e il non essere non . Chiss che
cosa riserva il futuro. Gi, ora per domandiamoci: che ne di quelle passate lezioni e di quelle che
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seguiranno? Qual il loro luogo? Se passato e futuro hanno luogo, essi non possono averlo che
nel presente, come gi argoment inoppugnabilmente SantAgostino. Riflettiamo. In questa
esperienza scolastica il passato direbbe Sini - mi si fa incontro esclusivamente nell aver gi;
vedo il professore perch lho gi visto. Mi accingo a scrivere perch ho gi scritto. In altre parole il
passato non che un presente provenire. Le lezioni del passato non trovano altro luogo che
nellabito della presente interpretazione. Ma al tempo stesso latto del professore riconosciuto
come tale in quanto provoca una risposta interpretante, un agire o astenersi: una aver da. Questo,
e non altro, il futuro: il rinvio di ci che, provenendo, destina. Passato e futuro sono compenetrati
nel presente, ma ci che veramente arduo comprendere come il futuro condizioni il passato. La
relazione inversa infatti abbastanza evidente, ma in quale modo mai il futuro potrebbe affettare il
passato? Non possibile a questo punto comprendere adeguatamente il discorso di Sini senza avere
esaminato uno snodo fondamentale della sua intera filosofia: la questione del segno.
Ci che Sini sta dicendo che, per comprendere la natura del segno, occorre elevarsi alla comprensione
della relazione segnica. Lautore che lha per primo lha introdotta , ancora una volta, Peirce. Non
si esagera dicendo che la teoria semiotica del fondatore del pragmatismo o, meglio, del pragmaticismo,
costituisce il vero punto archimedeo dellintera filosofia siniana.
In questo diagramma
visualizzata la teoria della semiosi come Peirce lha esposta in articoli e manoscritti inediti composti tra
il 1895 e il 1902.
Il Representamen indica il dato, la qualit materiale che costituisce una pura possibilit segnica,.
LOggetto dinamico indica il puro rinvio del Representamen a un qualcosa, senza che questo qualcosa
sia ancora determinato e significato come questo o quello. Esso va altres inteso come ci che d segni
di s e provoca una risposta nellInterpretante. Ci spiega le due frecce che nel diagramma da esso si
dipartono. LInterpretante un abito di risposta. Cio spiega Sini in Passare il segno non solo la
mente o il pensiero, ma pi in generale un definito abito dazione o una serie connessa di abiti di
azioni, ovvero una complessa regola di condotta. Potremmo al limite intendere lInterpretante
come un intero mondo culturale[] Solo per quellInterpretante definito che il mondo culturale
del medio evo le macchie della luna possono venir colte come qualit segniche che rinviano ad
Oggetti tanto differenti dagli Oggetti dellastronomia post-galileiana. Si vede bene, allora, in che
senso la realt un segno: essa vale sempre infatti come significato per un Interpretante.
Loggetto che, un po infelicemente, Peirce chiama immediato, , per il filosofo pragmatista, loggetto
come il Segno stesso lo rappresenta, il riflesso delloggetto dinamico in s che, per la natura delle
cose, il Segno non pu esprimere. Cercher di chiarire queste distinzioni con un esempio tratto dalle
mie disavventure domestiche. Uno strana macchia dacqua vicino al lavandino il segno,
Representamen che per un Interpretante, qui il sottoscritto con la sua modesta cultura idraulica, invia
a un Oggetto una crepa in un tubo o altrettali (questa inferenza Peirce la chiama abduzione). Ma
questo Oggetto non loggetto dinamico, loggetto in s, ma una rappresentazione mentale che non
pu certo esaurire la complessit dellOggetto. E chiaro che la rappresentazione che dellOggetto ha il
venale idraulico che lo ripara, e che qualifica il medesimo come un interpretante ben pi esperto del
sottoscritto, molto pi articolata e promuove risposte pi efficaci. Ma nemmeno lidraulico conosce
perfettamente la natura di tubi e crepe. Forse bisognerebbe chiedere lumi a qualche ingegnere o fisico
dotato di conoscenze pi approfondite sui materiali. Ma anche il fisico parlerebbe a partire da una
teoria provvisoria, indefinitamente perfettibile che non esaurirebbe la complessa natura delloggetto. Le
considerazioni di Peirce vanno comprese alla luce della sua famosa massima pragmatica, enunciata nel
saggio del 1878 Come rendere chiare le nostre idee. Qui liniziatore del pragmatismo sostiene, in modo
convincente, che per sviluppare il significato di qualsiasi cosa, dobbiamo semplicemente determinare
quali abiti produce, perch ci che una cosa significa semplicemente labito che comporta. In altre
parole, la comprensione di un oggetto non consiste in una improbabile intuizione cartesiana chiara e
distinta, ma nel complesso di pratiche che siamo in grado di svolgere in relazione ad esso. Poich
tuttavia la totalit delle pratiche conoscitive e operative attuabili sono infinite, ne segue che loggetto
in s non sar mai pienamente conosciuto e stimoler un continuo processo di interpretazioni, una
semiosi infinita. La conoscenza assoluta delloggetto e il conseguente accordo conoscitivo su di esso
di tutti gli esseri razionali costituiscono pertanto un ideale regolativo e non costitutivo, per dirla
kantianamente.
Ora, lanalisi peirceana ha certamente grandi meriti, ma appare per Sini affetta da un residuo
dogmatico. Se infatti l Oggetto dinamico inattingibile ala luce del principio della semiosi infinita,
esso si avvicina pericolosamente alla cosa in s kantiana, ovvero allinconoscibile, che pure lo stesso
Peirce aveva dimostrato essere concetto insostenibile. Vediamo ora il perch.
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La relazione simbolica
La relazione segnica, correttamente intesa, e quindi concepita secondo i principi della semiosi infinita e
del circolo ermeneutico, si rivela essere una relazione simbolica, in un senso ben preciso che Sini ha
sviluppato in alcune ricerche di notevole originalit. Simbolo va qui inteso nel suo significato letterale
originario, dal greco symbllo che significa metto insieme, unisco, accosto.
Presso i Greci scrive Sini in I luoghi dellimmagine e la teoria dellimmaginazione il symbolon
era un segno di riconoscimento costituito dalle due met accostate di un oggetto spezzato.
Unendo le due met di una tessera o di un coccio, i possessori si scoprivano adepti della
medesima fila o consorteria, e come tali si riconoscevano; oppure, gli amici si scambiavano
questo pegno in vista di un incontro futuro.
Ora, ci che per Sini filosoficamente significativo, che il simbolo un segno che rinvia a se stesso
(lintero spezzato rinvia allintero non spezzato, cos come ognuna delle due parti). Ma che cos che,
nel simbolo, produce il rinvio? Manifestamente la fessura: essa distanzia unificando. Ma non
precisamente questa la natura di ogni relazione segnica, un essere distanziati che invia ad una
unificazione? Il bambino o forse gi il feto che percepisce una presenza di madre pu farlo solo nel
venir meno di una simbiosi con essa, della quale per non pu avere alcuna esperienza. Non vi infatti
una distanza, un orlo che la renda possibile. Da qui la tesi di Sini secondo la quale il simbolo, la
distanza simbolica, costituisce il carattere originario di ogni segno, ci che fa di un segno
un segno.
Ma se la fenditura dellintero che consente lesperienza, bisogna allora comprendere che il
fondamento dellesperienza nulla.
Il fondamento della relazione nulla, nulla di fondamento, Ab-grund. Che cosa infatti
produce la differenza (e perci la relazione)? Manifestamente la fessura. Ma la fessura
appunto nulla, mero orlo, evento. Nulla dobbiamo dire divide a da a.
Nulla non niente. Bisogna comprendere questa differenza. La fessura continua Sini -,
che nulla, non si annulla. E proprio la comprensione di ci che smaschera lerrore della
metafisica che sta anche a fondamento dei preconcetti scientifici. Il punto che nel nostro
esperire non si d, ne pu darsi, la totalit unificata cui il simbolo allude. La nostra
condizione , strutturalmente, analoga alla parte spezzata, con il suo orlo di nulla:
25
Levento
Al tema dellevento Sini ha dedicato molte indagini originali, indipendenti dalle note riflessioni
heideggeriane. La riflessione sullevento la maggiore lacuna riscontrabile nellermeneutica. Questa ha
avuto il merito di sottolineare il fatto che non si d verit fuori dallinterpretazione, ma tende talvolta
a ridurre tutto a interpretazione. Con ci essa non comprende il suo dire, cio il suo accadere.
Certamente il come dellaccadere sempre espresso da un interpretazione, ma il che dellaccadere
circoscrive linterpretazione: ne levento. Proviamo a comprenderlo con un esempio dello stesso Sini.
Supponiamo che io stia cercando di spiegare la natura della scrittura cuneiforme, raffigurando
contestualmente uno scriba sumero intento a imprimere cunei sulla sua tavoletta. Questa raffigurazione
descrive ci che sto facendo? Certamente no, giacch dovrei raffigurare me stesso nellatto di
raffigurare lo scriba. Ma allora non avrei raffigurato me stesso nellatto di raffigurare me stesso che
raffiguraecc.ecc. Lo stesso vale per il nostro dire: la parola non pu mai dire il suo dire, in essa
inscritta una dif/ferenza, direbbe Derrida. E in questo senso che, come scrive Sini in Lanalogia della
parola, noi stiamo sempre parlando daltro. Ci sia detto per inciso mi ricorda la distinzione
wittgensteiniana tra dire e mostrare, nonch il teorema dincompletezza di Gdel,.
Sebbene la parola non possa propriamente dire levento ma solo evocarlo, per chiaro che levento
circoscrive il significato in quanto evento del suo accadere. Levento appunto laccadere del
significato, ovvero dellinterpretazione con la sua prospettiva. Ma poich ci che qualifica
linterpretazione nella sua determinatezza proprio il suo orlo, che orlo di nulla, allora si pu dire che
levento precisamente laccadere di nulla. Nulla accade, non significa che non accada niente.
Significa che laccadere sempre in prospettiva, e non pu mai pervenire a uno sguardo totalizzante.
Queste prospettive sono inoltre in continuo divenire, sicch il loro accadere contestualmente un
cadere nel nulla. Lesperienza un errare determinato da un costitutivo essere in errore.
Dal punto di vista del significato il significato non uguale a nulla; ma dal punto di vista
dellevento, in quanto unit di nulla e significato, che accade qualcosa (il significato)
assolutamente lo stesso di accade nulla. Questa lardua verit sulla quale bisogna
compiere unesperienza di pensiero
C.Sini, Kinesis- Il movimento della differenza tra evento e significato
Cercheremo di integrare i complessi passi precedenti, avvalendoci si alcune indagini pi recenti di Sini
(la fase genealogica ed enciclopedica della sua filosofia).
Quando si afferma che levento laccadere di nulla non si vuole usare un linguaggio misticheggiante.
Si sta invece dicendo che laccadere un orlo, soltanto a partire dal quale noi svolgiamo tutte le nostre
pratiche di vita, compresa la pratica filosofica; esse, proprio perch delimitate da quellorlo, sono in
prospettiva. Ma questo orlo determina uno stacco, a partire dal quale le pratiche, pur nella continuit
della ripetizione, si differenziano, retroflettendo e anteflettendo i loro oggetti. Conseguentemente lorlo
dello stacco (levento) altres una soglia attraverso la quale transitano le interpretazioni, che nella
differenza della loro ripetizione, producono nuovi stacchi, ecc. Questa ci che Sini chiama anche la
kinesis della differenza tra evento e significato, o anche la impermanente permanenza.
Quando nominiamo limpermanenza ci riferiamo alla deriva continua delle pratiche. Il
nostro esserci collocato (dislocato) nellessere sempre in atto, cio in azione. Detto
alla buona, di continuo facciamo qualcosa (o, che il medesimo, di continuo accade e ci
accade qualcosa). Siamo costantemente in atto, anche quando non facciamo nulla, che
a sua volta un modo (difettivo) di fare. Gettati nellintreccio semovente delle pratiche,
pratichiamo lo slittamento continuo dei suoi contesti di senso. Nel mutamento del contesto
qualcosa assume una determinata centralit prospettica, qualcosa prende rilievo e il
fuoco della visione si stacca: staglio di una figura di senso che ricontestualizza, a
partire da s, il significato, fornendolo di nuovi sensi o di nuove formazioni di senso.[]Col
mutare del contesto, costituito dallintreccio delle pratiche, anche labito interpretante
muta e in questa relazione compare un nuovo oggetto: esso si iscrive sul transitante
supporto predisposto dallintreccio delle pratiche e, cos facendo, fa segno. Il che d luogo
alla risposta la quale, per il solo fatto di accadere, traduce la sua soglia un po pi in l.
Laccadere, cos, cade nellaccaduto e predispone a un intreccio modificato per un nuovo
supporto accadente. Questa descrizione, sommaria e per certi versi imperfetta, intende
nondimeno mostrare quella inarrestabile mobilit del varco, del varco della soglia, che
costituisce la permanente impermanenza della verticalit dellevento: kinesis inarrestabile
che si oppone a ogni pretesa solidificazione del significato. La soglia infatti, si potrebbe
anche dire, la stanza di una distanza: luogo metafisico che congiunge in s origine e
destinazione nello stacco della sua figura retroflessa e anteflessa.
C. Sini, Lorigine del significato
Sarebbe necessario un discorso ampio e particolareggiato per comprendere a fondo queste ardue
proposizioni. I veri filosofi sono difficili, poich esprimono con pregnante densit gli esiti di una
riflessione complessa e articolata, che li accompagna quotidianamente per anni come loro perdurante
passione. Il lettore frettoloso, o abituato a digerire un intero romanzo di Faletti prima di
addormentarsi, si lamenta delloscurit dei filosofi, che dovrebbero rendersi subito comprensibili a
tutti, secondo triti luoghi comuni. Nessuno per potrebbe pretendere da un matematico che gli
insegnasse in un ora le equazioni differenziali, n Einstein avrebbe potuto spiegare a chiunque le
curvature gaussiano-riemanniane dello spazio relativistico. Sini per ha sempre presente il problema
della comunicazione, dato anche il suo trentennale insegnamento universitario, e applica molto spesso
le sue complesse teorie allanalisi di casi esemplari tratti dalla quotidianit. Sicch, ferma restando la
necessit, per chi volesse approfondire, di ricorrere alla bibliografia segnalata alla fine di queste
dispense, voglio proporre qui per esteso una di queste analisi, che potr certamente rendere pi
accessibili le riflessioni siniane sullevento. Il bellissimo brano che segue tratto da Lorigine del
significato
esecuzione mondiale dei Vier letze Lieder di Richard Strauss. Del concerto esiste una
registrazione dal vivo della RAI, che riproduce anche il grande e prolungato applauso del
pubblico alla fine dellesecuzione[]In vita Strauss aveva goduto di una grandissima fama,
sia come autore di celeberrimi poemi sinfonici (Don Giovanni, Cos parl Zarathustra ecc.),
sia di fortunate opere liriche composte in collaborazione col poeta Hugo von
Hoffmannstahl, collaborazione divenuta a sua volta leggendaria (Il cavaliere della rosa
ecc.).
Questo per non era tutto. Come decano dei compositori tedeschi e musicista di fama
mondiale, Strauss aveva collaborato con Hitler e col regime nazista, impegnandovi il suo
prestigio e il suo nome, il che ne aveva compromesso in qualche modo limmagine[] Lo
stesso era da dirsi di uno dei due protagonisti di quella esecuzione, il celebre direttore
dorchestra Wilhelm Furtwngler. Anche Furtwngler aveva intrattenuto rapporti
professionali e personali con Hitler e col regime nazista. Indimenticabili e impressionanti
sono, in proposito, le registrazioni dei concerti diretti da Furtwngler con lorchestra dei
Berliner (esentati dal fronte) ancora pochi mesi o addirittura settimane prima della fine del
conflitto mondiale, a pochi passi, si potrebbe dire, dal Bunker in cui Hitler si era rinchiuso
sotto i continui bombardamenti degli Alleati e dove, di l a poco, si sarebbe suicidato. Ora,
importante tener presente il clima generale entro il quale lesecuzione dei Quattro
ultimi Lieder si collocava. La guerra era finita da appena cinque anni. Molte citt della
Germania erano ancora un cumulo di macerie, compresa quella Norimberga in cui si era
tenuto il famoso processo contro i crimini nazisti: citt darte meravigliosa, patria dei
Maestri Cantori, che Churchill fece radere al suolo dai bombardieri inglesi nelle ultime
settimane di guerra per puro spirito vendicativo. Curioso modo di punire la barbarie con un
atto di barbarie che sottrae per sempre, in modo criminale, un patrimonio di storia e
bellezza non ai Tedeschi soltanto, ma a tutti gli uomini presenti e futuri, Inglesi inclusi[] Il
concerto dunque non era solo un grande avvenimento musicale e mondano, ma era anche
un evento politico e psicologico. I vincitori, per dir cos, tendevano la mano ai vinti e, in
nome delle superiori ragioni dellarte, avviavano un processo di distensione, animato da
reciproca buona volont.
Questi, succintamente, i fatti. Ma cosa sono propriamente questi fatti, dove hanno luogo e
significato?[]Osserviamo anzitutto levento del concerto e proviamo a immaginare alcune
plausibili serie di fatti che si mettono in cammino verso levento stesso. Per esempio c
Furtwngler in viaggio per Londra. Ha con s la partitura di Strauss, che ha lungamente
studiato ecc. C la Flastadt anche lei in viaggio, reduce da molte prove al pianoforte e di
sicuro preoccupata ed emozionata per il ruolo di solista a lei affidato in un cos significativo
evento. Nel contempo c tutto il lavorio delle autorit e delle maestranze politiche,
diplomatiche, artistiche, amministrative che hanno deciso di promuovere e ospitare
lavvenimento, di sicuro non senza dubbi, esitazioni, opposizioni, sospetti, gelosie e
consimili beghe[] Nel contempo c il darsi da fare di tutta la macchina organizzativa che
coinvolge alberghi, tecnici di sala e della rado, personale amministrativo della Royal Albert
Hall, sino ai copisti che preparano le parti per gli strumentisti dellorchestra, ai tipografi
che stampano i manifesti, gli attacchini che li incollano sui muri di Londra, agli impiegati
del botteghino che prendono le prenotazioni, vendono i biglietti, spediscono gli inviti
omaggio alle autorit e via dicendo. Il tutto innesca la reazione del pubblico: da coloro che,
come si dice, amano la buona musica, ai patiti di Strauss, alle personalit della buona
societ che si contendono lonore mondano di festeggiare gli illustri ospiti, ai
frequentatori abituali dei concerti. Ma non bisogna dimenticare la non reazione di coloro
che non si interessano di queste cose, per loro non significative, e che gettano solo uno
sguardo distratto ai vari annunci sui giornali: per finire con coloro che ignorano del tutto
ci che sta per accadere: anche costoro contribuiscono a creare il clima dinsieme
dellevento.
A questo punto potrebbe venirci in mente di approfondire seriamente la ricerca e di
costruire realmente una sorta di archivio o protocollo dellintero avvenimento. Per esempio
potremmo proporci di comporre un libro documentario, zeppo di lettere, fotografie,
fotocopie di articoli, di manifesti, di interviste, di saggi, di recensioni di libri e di altre
innumerevoli testimonianze[] Lipotetico dossier vorrebbe narrare e spiegare che cosa
accadde in verit quella sera di maggio. Ma che cosa accadde in verit?
29
Slittamenti di contesto
Stiamo dunque dicendo che sulla soglia dellevento accade quello che accade, ma quello che accade
non in s n unitario, n oggettivo. Piuttosto fatto oggetto della pratica in cui e in
riferimento alla quale accade. Questa pratica, allora, disegna ununit di mondo a partire da s
compresa quella pratica che ha la finalit, o lossessione storicadella oggettivit in s:
anchessa disegna una unit di mondo a partire da s, e la disegna come tutte le altre, cio nel suo
modo parziale.
La pratica (ogni pratica) configura levento venendo da molto lontano e replicandosi per loccasione
con una sua piccola (o grande) differenza. Alla luce di essa, retroflette indietro i suoi oggetti e
designa a suo modo la continuit dellaccadere nella sua differenza[]
Se ora riconsideriamo lespressione Prima esecuzione mondiale ecc., evidente che stiamo
parlando di un oggetto che ha la sua verit e realt nelle pratiche degli storici della musica e dei
critici musicali, donde si travasa, si rispecchia e si introflette nellimmaginario soggettivo di tutti
coloro che, in un modo o nellaltro, si occupano di queste cose.[] Ecco allora che lespressione
Prima esecuzione mondiale ecc. non pi che un astratto riferimento alla memoria pubblica,
sostituibile, ai fini dellesempio e dello stacco, con qualsiasi altro fatto pubblico[]I contesti
mutano di continuo nel continuo accadere delle pratiche. Gi ascoltare la registrazione alla radio
qualcosa di infinitamente diverso e lontano dal partecipare allevento vivente dellesecuzione, dove
levento pu solo registrarsi sul fragile supporto della memoria personale. La registrazione
radiofonica, come in generale la scrittura, tiene loggetto (vale a dire il suo oggetto) in
sospensione. In certo modo lo surgela, cos che possa venire scongelato a piacere. Il che espone
loggetto stesso alla inserzione nei pi imprevedibili contesti e alle metamorfosi nei pi lontani e
inimmaginabili sensi.
Ogni evento accade a partire dalla continuit di una pratica, anzi di un intreccio di pratiche, ma altres
dalla differenza del suo stacco che nella soglia retroflette i suoi oggetti delineando il suo mondo. Ci
per significa che laccadere di quel nulla che la soglia dellevento implica il costitutivo errare delle
interpretazioni. Le interpretazioni fanno catena nelle pratiche, ma la differenza della ripetizione
produce il loro continuo, spesso impercettibile, decentrarsi con il correlativo mutare degli abiti di
risposta. E certo, ad es., che quando studiamo le credenze religiose politeistiche delle civilt
protostoriche noi, retroflettendo la nostra attitudine logico-scientifico-storiografica, ci troviamo
nellimpossibilit di ripristinare il senso del sacro e il timor panico di quella esperienza del divino (
vero altres che permane una flebile continuit che ci consente di dire almeno questo). E in tal senso
allora che, come spiega Sini, i significati si decentrano e precipitano. Ma che succede quando antichi
abiti e orizzonti di esperienza non fanno pi catena, ovvero non danno pi segni per interpretanti
futuri? La risposta, date le premesse, non pu che essere la catastrofe del significato e il suo cadere
nel nulla.
Le interpretazioni, si anche detto, fanno catena. Questa catena come un intreccio
multiverso di innumerevoli fili. Ogni filo incarna il perdurare di unattesa e di una risposta.
Se supponiamo che questi fili si distinguano per il diverso colore, accade allora, nella
continuit della catena interpretante, che le proporzioni cromatiche mutino nei loro
rapporti quantitativi. Il colore della Dea Levana [la dea che assisteva le partorienti], che un
tempo infiammava di s tutta la catena, ora ridotto a qualche filo impercettibile
nellinsieme. O forse, certi fili scompaiono del tutto; le risposte che essi incarnano non
torneranno pi: la loro attesa cade nel nulla. Dopo essersi sempre pi decentrata dal luogo
della presenza verso lo sfondo, alla fine la stessa attesa caduta oltre lorlo, nelloblio[]
Dice Whitehead: ci che accaduto, accaduto per sempre. Ebbene, non vero. Gli
interpretanti finiscono (muoiono). Un evento pu mantenere la sua efficacia, ovvero la
sua presenza (sia pure relativa), sino a che si dirige a un Interpretante futuro (come
direbbe Peirce); cio sino a che esso preso nella knesis retrograda dellinterpretazione
che, raccogliendolo e interpretandolo, apre lorlo del futuro dellinterpretazione. In altri
termini: levento permane sino a che esso giace entro la catena degli Interpretanti cui
appartiene, e questa si dilata prolungandosi[] Sorge allora uninquietante domanda: qual
la realt di ci che non ha pi Interpretanti avanti a s? A questo punto non basta dire
che non ha pi realt. Ci che si deve dire altro. Questo altro suona cos: esso
propriamente non mai accaduto. Non accaduto nulla. Questa conclusione ripugna al
senso comune. Tuttavia essa inevitabile, salvo ammettere un tempo cosmico lineare come
luogo di tutti gli eventi e un Interpretante finale assoluto come meta prefissata del
cammino di tutte le catene di Interpretanti. In questo Interpretante assoluto si
raccoglierebbe la totalizzazione cosmica universale. Tutti gli eventi troverebbero in questo
Interpretante finale la loro ultima interpretazione e il loro senso definitivo, cio la loro
conservazione sempiterna. In forza di queste considerazioni si rivela allora il senso profondo
dellannuncio di Nietzsche relativo alla morte di Dio, come evento che inavvertitamente
(ma sempre meno inavvertitamente) si viene dispiegando. Esso apre let del nichilismo
nella quale viviamo[] Dicono gli scienziati che tra qualche miliardo di anni lequilibrio
gravitazionale che regge il sistema solare collasser. Anche la terra allora, insieme
allintero sistema, scomparir. Di quel punto infinitesimale delluniverso che noi chiamiamo
la terra non ne sar pi nulla; la terra non ci sr mai (pi) stata. Rispetto a chi o a che,
infatti, ci sar stata la terra, la sua vita, la sua belle derbe famiglia e danimali, e i
suoi animali intelligenti, come disse ancora Nietzsche? In quale serie del tempo cosmico,
calcolato da dove e da chi, in quale catena di Interpretanti essa potrebbe conservare il suo
esserci stata? Ma di fatto ci sar stata, si potrebbe obiettare. Di fatto? Che fatto mai
un fatto che non ha luogo? Questo fatto, che noi diciamo, sar letteralmente un nulla
affatto: la terra non c stata affatto: essa non mai accaduta.
C.Sini, Knesis
31
Nulla accade
Le frasi precedenti potrebbero suggerire limpressione che lultimo approdo della filosofia siniana
dellesperienza non sia che un nichilismo esasperato, per il quale nulla vale la pena. Ma per Sini non
affatto cos. Nichilistico non latteggiamento di chi riconosce la costitutiva finitezza dellesperienza
umana, il suo errare, e la conseguente infondatezza del progetto di ridurre le multiformi possibilit
dellumano al modello unificato dellumanit occidentale, ma proprio e precisamente quel pensiero
tecnico-scientifico, che nel mirare alla dominazione planetaria, perde il senso del suo stesso fare
riproducendosi senza un perch. Riconoscere che la nostra esperienza orlata di nulla, pu semmai
aiutarci a comprendere il limite delle nostre possibilit senza inseguire lantico sogno platonico della
verit assoluta e dellimmortalit:
Quando qui si afferma che accadere qualcosa lo stesso di accadere nulla non si
intende sostenere che tutti ci che accade nulla, polvere e cenere, che nulla vale la
pena poich tutto, prima o poi, finir e anzi non avr mai avuto luogo. Si intende proprio
dire che il qualcosa che accade in se stesso, proprio nella sua ralt attuale, accadere di
nulla[]
Come rampollo della ratio, anche il senso comune aborre dal nulla, e noi ora sappiamo
perch esso aborre anche dagli enigmi del linguaggio e dalla crudele vivisezione filosofica
delle parole. Il senso comune non vuole vedere il nulla che si cela nel fondo del parlare
comune, e di ogni evento: del fiorire come del fulminare, dellamare come dellodiare. Non
lo vuol vedere perch pensa il nulla come lassolutamente altro del qualcosa (lo pensa cio
metafisicamente); in termini psicologici lo pensa come linsensato, il misterioso, il
terrificante: emblema di morte, teschio e tibie incrociate (Fratello ricordati che dobbiamo
morire). Nella sua immaginazione, il comparire del nulla dietro il qualcosa rende ogni cosa
equivalente: il bello come il brutto, il bene come il male. In questo suo errore, il senso
comune non pu accorgersi che il nulla e la ricchezza multiversa della vita sono lo stesso.
Come un fanciullino, il senso comune ha paura del nulla. Raccontandogli la favola
dellaldil, Socrate non lo liber dalla paura; anzi, lo ribad nellerrore. E del resto,
istituendo lanima nel cuore della ratio occidentale, Socrate favor la nascita di unumanit
impegnata a combattere con tutti i mezzi la morte. Quale sia il destino veritativo di questa
umanit, che sta diventando planetaria, non possibile dire. Ma il suo rischio estremo e
connaturato certamente quello di perdere la vita. Questo rischio viene rimosso e non pi
visto proprio dalla lotta contro la morte che si configura come eliminazione del nulla. Ma se
il nulla respinto, la vita non ha significato.
C. Sini, Knesis
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La deriva dellanima
Lepoca nella quale viviamo certamente let della tecnica. I progressi scientifici e tecnologici hanno
dello straordinario e vanno esplicitamente riconosciuti, senza indulgere a mode new age o esoterismi
superficiali. Non questo infatti il senso del discorso siniano sulla scienza. Il problema consiste
piuttosto in quellinterrogativo, di matrice heideggeriana, tematizzato da Adorno e Horkheimer nella
Dialettica dellIlluminismo, che potremmo cos formulare: perch la dominazione tecnica
dellesistente coincide con il nichilismo dispiegato? Per quali ragioni let pi prossima allideale
baconiano del regnum hominis accompagnato dal pi basso rispetto delluomo, della natura, della
vita, che forse lumanit ricordi? Sono certo temi vasti e complessi, che qui non si possono che sfiorare.
C tuttavia unispirata pagina di Sini, con la quale concludiamo e che ci riporta al senso delle
considerazioni di sapore husserliano riferite nel primo brano di questa presentazione. Esse esprimono
con grande efficacia il vuoto di senso della tecnica quando, non pi sensibile alle interrogazioni
filosofiche o non disposta ad interrogarsi filosoficamente su se stessa, procede riproducendosi
allinfinito. Infatti, come direbbe Nietzsche, manca una risposta alperch?
A che serve una stazione radiotelevisiva? Mira a riprodurre se stessa. Il suo scopo di poter
funzionare ininterrottamente per 16 o 24 ore al giorno. Questa la sua logica intrinseca
(in s e per s). A questo scopo essa organizza, pianifica e strumentalizza una quantit
imponente di attivit: bisogna produrre telefilm, telequiz, teleromanzi, telegiornali,
teledibattiti, teleinterviste, ecc.; e, come radio, radiosceneggiati, radiorubriche,
radiogiornali, radiobollettini, ecc. Un piccolo esercito di persone messo allopera. La
produzione assume laspetto della serie, a sua volta sorretta dalla struttura dell e poi
e poi, cio dalla successione insignificante delle semplici presenze (anche la
radiotelevisione ha unanima temporale il che una tautologia ) caratterizzata dalla
rotazione delluso. Non pensabile che lannunciatrice, essa pure programmata come
appendice tecnica del mezzo televisivo, corpo esterno gradevole della sua voce
impersonale, geroglifico estetico, possa annunciare: - Ora avremmo voluto trasmettervi
un teledibattito, ma poich non abbiamo nulla di importante da dire, la nostra stazione
tacer per due ore. Il mezzo non al servizio di cose che mette conto dire o vedere,
quando e se esse vi siano; al contrario, si dice e si fa vedere in funzione del mezzo, il
quale esige una cosa sola: funzionare, essere in funzione.
Da ci derivano conseguenze ben note. Tra esse linvenzione di interessi: idiozie musicali
motivano classifiche di gradimento. Poi la creazione di pseudovalori: film imbecilli
occasionano sproloqui di esperti (a loro volta uomini di pseudocultura) che ne trattano
come di opere darte, documenti sociali e di costume e cos via. Altra conseguenza la
creazione di uno stuolo di specialisti, che vanno dal cretino che urla per annunciare il
titolo (inglese)di dischetti pseudopopolari, incisi da altri cretini pseudomusicisti,
sfumandone di continuo lascolto per aggiungere altre urla entusiastico-demenziali al
critico, al regista, al professore universitario ecc., impegnati in discorsi pseudoseri
(tre minuti per spiegare al pubblico che cos la psicanalisi). Queste attivit producono
funzioni vacue: annunciare il programma, introdurre lascolto di una sinfonia di Mozart
premettendo poche parole informative (la mentalit storico-critica regna sovrana, ridotta
naturalmente a scopiazzatura minimale dei vari dizionari, e tutto storico, anche il
quiz dellaltroieri); e poi: spiegare perch c il sole e invece domani piover, riassumere il
dibattito parlamentare (E tutto da Montecitorio), intervistare il personaggioecc.
Queste funzioni non esigono in genere alcuna seria preparazione o specifici talenti: son
buoni tutti (sebbene chi le incarni possa aspettarsene una vasta popolarit: diviene egli
stesso un personaggio, chiss perch autorevole)[]
Di qui la prassi inevitabile del raccomandato: non si pu selezionare il nulla. Gli individui
che scelgono e programmano (i dirigenti) sono investiti del potere tecnologico del mezzo.
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Essi stessi, per, sono interscambiabili e indifferenti, cio scelti per raccomandazione.
Il mezzo programma e produce anche i suoi utenti, assimilandone le funzioni vitali e di
relazione: mangiare davanti il televisore; andare a dormire quando i programmi sono
terminati[]Questi schiavi del mezzo, in quanto assimilati, svolgono con gioioso scrupolo
la loro funzione: palpitano ansiosi perch il concorrente sembra non conoscere la risposta
allindovinello e incrementano lipercritica del vuoto, parteggiando per questo o per quello
e ritenendo di avere gusti e gradimenti personali, meritevoli di discussione. A essi il
mezzo fornisce la realt vera, cio analizzata e scomposta: luomo che cade dalla
finestra ripreso al rallentatore; il tempo come successione di attimi ,di ora. Il mezzo
onnipotente, pi onnipotente del buon Dio, poich sa fare ci che anche al buon Dio
negato: far scorrere il tempo allindietro: lomino torna sul tetto e riprecipita gi a
piacere. Lomino e i presenti hanno vissuto una realt illusoria; la realt vera la vede il
telespettatore Dora in avanti meglio che non si muova di casa, se vuole davvero vivere e
conoscere i fatti. Reazione ormai abituale: la gente dice che successo qualcosa di grosso:
apri subito il televisore! La rivoluzione vissuta in tinello. Una stazione radiotelevisiva un
microcosmo tecnologico, uno spazio di rinvio che assegna i ruoli degli Interpretanti in
funzione di determinate Qualit materiali, le quali stanno al posto dellOggetto. Ma
lOgggetto non , come si crede, o non ha, il fine di produrre svago, informazione, cultura
ecc. (questi sono esiti collaterali); lOggetto non altro che la legge
dellautoconservazione progressiva ed evolutiva del mezzo: programmare i programma;
produrre il prodotto; utilizzare gli utenti (e riprodurli in una circolazione infinita). Si ritiene
che tutto ci obbedisca a interessi di natura economica (e infine ideologico-politica). Essi
certo non mancano, ma incarnano, a ben vedere, quel poco di esterno che ancora sfugge
alla logica intrinseca del mezzo. Del resto tali interessi sono poi tecnologicamente
programmati altrove, in altri micro e macrocosmi tecnologici. Assumere la prospettiva del
potere economico- politico e della sua volont significa infatti ricadere nellillusione
antropologico-strumentale circa lessenza della tecnica.
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Nota bio-bibliografica
Carlo Sini , nato a Bologna nel 1933, insegna Filosofia teoretica allUniversit degli studi di Milano.
Direttore della rivista di filosofia e cultura Luomo, un segno e di varie collane di filosofia,
Accademico dei Licei e membro dell Institut international de Philosophie. Apprezzato conferenziere,
ha tenuto seminari negli Stati Uniti, in Canada, in America latina e in diversi paesi europei.
Tra le sue opere ricordiamo:
Il pragmatismo americano, Laterza 1972
Passare il segno. Semiotica, cosmologia e tecnica, Il Saggiatore 1981
Kinesis. Saggio di interpretazione, Spirali 1982
Il silenzio e la parola, Marietti 1989
I segni dellanima, Laterza 1989
Immagini di verit, Spirali 1990
Semiotica e filosofia, Il Mulino 1990
Il simbolo e luomo, Egea 1991
Etica della scrittura, Il Saggiatore 1992
Scrivere il silenzio, Egea 1995
Gli abiti, le pratiche, i saperi, Jaca Book 1996
Teoria e pratica del foglio-mondo, Jaca Book 1998
Idoli della conoscenza, Cortina 2000
La scrittura e il debito, Jaca Book 2002
Il comico e la vita, Jaca Book 2003
Lanalogia della parola. Filosofia e metafisica, Jaca Book 2004
La mente e il corpo. Filosofia e psicologia, Jaca Book 2004
Lorigine del significato, Jaca Book 2004
La virt politica. Filosofia e antropologia, Jaca Book 2005
Raccontare il mondo. Filosofia e cosmologia, Jaca Book 2005
Le arti dinamiche. Filosofia e pedagogia, Jaca Book 2005
Il segreto di Alice e altri saggi, Albo Versorio 2006
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