Fisiologia II-6 - Circolazione Coronarica
Fisiologia II-6 - Circolazione Coronarica
Fisiologia II-6 - Circolazione Coronarica
CIRCOLAZIONE CORONARICA
La volta scorsa abbiamo studiato le peculiarità del metabolismo cardiaco. Oggi trattiamo un
argomento in stretta correlazione – le peculiarità della circolazione coronarica, dove rivestono un ruolo
importante i meccanismi di autoregolazione.
Vedete che è indicato che la circolazione coronarica è in grado di aumentare il flusso, da condizione
di riposo a condizioni di sforzo, lavoro cardiaco elevato, di circa 5-6 volte. E questo è un punto
importante, perché come vedremo, la quantità di ossigeno che il cuore (muscolo cardiaco) estrae per
unità di volume di sangue che scorre attraverso il circolo coronarico è molto maggiore rispetto a quella
di qualsiasi altro organo, e questo lo possiamo capire in base a un semplice calcolo.
Estrazione di ossigeno
Consideriamo che arriva al muscolo cardiaco del sangue arterioso e ne fuoriesce del sangue venoso.
Queste frecce rappresentano i flussi – volumi (in unità di tempo) di ossigeno che arriva attraverso il
sangue arterioso, volume di ossigeno che lascia attraverso il sangue venoso e il volume di ossigeno che
viene assorbito (consumo) dal muscolo cardiaco. La quantità di ossigeno che viene assorbito prende
nome di estrazione di ossigeno, e viene espressa in percentuale dell'ossigeno che arriva al cuore
attraverso il sangue arterioso. Come possiamo calcolarla?
La possiamo calcolare conoscendo il contenuto di ossigeno sia nel sangue arterioso, sia in quello
venoso. Vedete che un semplice calcolo di [O2] (concentrazione di ossigeno) espressa in mL di
ossigeno/ml di sangue. Per una pressione parziale fisiologica di ossigeno nel sangue arterioso (il
concetto di pressione parziale e la relazione tra pressione parziale e la concentrazione o contenuto di
ossigeno lo vedremo più in avanti, adesso prendetelo come dato per fare questo calcolo) che scorre
attraverso l'aorta di all'incirca 100mmHg (che è una pressione fisiologico di livello normale, sano)
corrisponde all'incirca a 0,20 mL di ossigeno/mL di sangue.
Nel sangue venoso, cioè sangue che sbocca in atrio destro attraverso il seno coronarico, il contenuto
di ossigeno è molto inferiore, all'incirca 0,06 mL di ossigeno/mL di sangue. La differenza è appunto la
differenza arteriovenosa di contenuto di ossigeno, che ha un valore di 0,20 - 0,06 = 0,14mL di
ossigeno/mL di sangue. Questo è l'ossigeno assorbito dal muscolo cardiaco, che all'incirca il 70%
dell'ossigeno che arriva al muscolo attraverso il sangue arterioso. Questo è il concetto di estrazione di
O2. Il cuore estrae all'incirca il 70% dell'ossigeno, e gli arriva attraverso il sangue arterioso. Questo è
molto elevato, più elevato di tutti gli altri organi, anche sotto sforzo che non superano il 30%.
Possiamo rilevare che l'estrazione di ossigeno del cuore è molto più elevata, ed è già quasi massimale.
Questo vuol dire che gli altri organi hanno una riserva di estrazione, per cui la possono aumentare se
hanno bisogno di più ossigeno. Un meccanismo di aumentare l'apporto di ossigeno ai tessuti in
condizioni di aumentato fabbisogno consiste nell'aumentare questo valore da 30% a valori ancora più
elevati.
Invece il cuore, il muscolo cardiaco, non lo può fare, perché l'estrazione è già elevata a livelli di base.
Il cuore non ha questa riserva come gli altri organi, per cui è importante affermare che il principale
meccanismo attraverso il quale il cuore può far fronte ad un aumentato fabbisogno di ossigeno è quello
di aumentare il flusso coronarico. Ecco perché la regolazione del flusso coronarico è il meccanismo
fondamentale per regolare l'apporto di ossigeno. Abbiamo detto che la circolazione coronarica è in
grado di aumentare il suo flusso fino a 5-6 volte, da riposo a esercizio massimale.
Fisiologia II, Lezione 6: Circolazione coronarica, pagina 2 17/10/2010
Quindi, vediamo che l'aumento del fabbisogno di O2 può essere soddisfatto solo tramite aumento del
flusso coronarico, come indicato.
contrazione isovolumetrica. In seguito, per il resto della sistole, abbiamo un flusso che corrisponde
approssimativamente al picco pressorio aortico, ma comunque con valori bassi.
Poi invece, guardate come a inizio diastole con il rilasciamento del muscolo cardiaco, abbiamo questo
brusco aumento di flusso a valori molto maggiori rispetto alla sistole. Vedete la differenza con il flusso
nell'arteria coronaria di destra rispetto a quella di sinistra, dove il flusso è molto maggiore come picco
in diastole che non in sistole, e poi fino a seguire parallelamente.
Se vogliamo calcolare la quantità di sangue, il volume che passa attraverso la coronaria di destra,
rispettivamente di sinistra, in sistole e in diastole, possiamo fare l'integrale, perché questo è un flusso,
volume/tempo. Integro il tempo, che è sempre l'ascissa, e quindi ottengo che la superficie sotto la curva
rappresenta il volume. Vedete che approssimativamente possiamo dire che la superficie sotto la curva in
sistole e diastole non è molto differente nella coronaria destra. Invece, guardate l'enorme differenza
nella coronaria di sinistra.
Vedete che abbiamo le arterie coronarie, superepicardiche, che si ramificano, e poi che danno dei
rami perforanti che discendono nel ventricolo, e qui alimentano i vari strati del miocardio, quindi i
strati superficiali verso l'epicardio, sempre più fino agli strati più profondi verso l'endocardio, poi però
creando delle anastomosi nella regione subendocardica perforando e creando un complesso arterioso
subendocardico.
Fisiologia II, Lezione 6: Circolazione coronarica, pagina 4 17/10/2010
Ora, per spiegare questo fenomeno del flusso nullo a inizio sistole, vi faccio vedere uno schema che
non trovate nei libri classici, ma risulta molto utile: uno schema per chi vuole fare alcune riflessioni
quantitative. Questo è tratto da un trattato proprio sulla fisiologia del circolo coronarico. Per
comprenderlo, dobbiamo introdurre alcuni concetti di cui non abbiamo ancora parlato.
Compliance
Consideriamo un vaso sanguigno, che ovviamente ha una parete elastica, capace in certi casi di
variare il proprio diametro, ma questo per il momento non ci interessa – ci interessa la proprietà passiva
della parete, che si chiama compliance, che viene quantificata come compliance della parete. Viene
abbreviata come Cw, dove C sta per compliance e w sta per parete, “wall”. Com'è viene definita la
compliance? La compliance è il reciproco della elastanza, che è definita come P/V, e la compliance è
definita esattamente all'opposto.
La parete del vaso, quando viene estesa dal sangue presente nel vaso genera una forza passiva di
ritorno elastico, che si oppone alla dilatazione, all'aumento del diametro. All'interno del vaso, avrò una
pressione che sarà la pressione intraluminale, che è la pressione generata dal sangue presente nel vaso
che si esercita perpendicolarmente alla parete e tende ad aumentare il diametro.
A questa pressione intraluminale si opporrà la forza generata dal ritorno elastico da parte della parete,
questa forza che è la pressione generata dal ritorno elastico della parete che è in relazione con il volume
e la compliance, chiamata anche pressione transmurale. Può essere calcolata conoscendo il volume e
la compliance. All'equilibrio, la somma di queste due pressioni deve essere uguale a 0, è la somma
delle forze. Questa pressione intraluminale deve essere uguale alla forza generata dal ritorno elastico.
Questo vale per vasi in generale, però nel cuore e in particolare nel ventricolo sinistro c'è un ulteriore
problema, generato dal fatto che attorno al vaso regna una pressione non trascurabile. Abbiamo visto
che tutto il distretto coronarico è in gran parte proprio inserito all'interno del muscolo cardiaco.
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Nel ventricolo sinistro, la pressione in sistole viene generata nella camera, che può arrivare fino a
120mmHg. Ora, questa pressione si ripercuote dalla camera alla parete, così che i strati subendocardici
presentano una pressione che si chiama pressione intramurale, che è una pressione che tende a
comprimere il vaso, perché agisce sulla parete dall'esterno. Questa pressione è molto elevata, che
possiamo già vederlo dallo schema – questo schema all'inizio della sistole è indicato come la pressione
all'interno della camera è all'incirca 120mmHg. Nei strati subendocardici abbiamo anche qui una
pressione di 120mmHg di mercurio. Quei numeri che vedete circondati da un rettangolo rappresentano
le pressioni intramurali, mentre invece come vedremo i numeri circondati da un cerchio o elisse sono le
pressioni intraluminali. Quindi, ho un elevata pressione intramurale – questa pressione intramurale va
diminuendo rapidamente man mano che passa dagli strati profondi agli strati superficiali. In altre
parole, questa elevata pressione nella camera agisce soprattutto sugli strati profondi, poi ne risentono di
meno gli strati sempre più superficiali.
possiamo trascurare gli effetti della pressione intramurali perché sono basse.
Lo stesso principio si applica anche nella regione venosa – le pressioni intramurali sono identiche:
la pressione intramurale per quel determinato strato agisce ugualmente con lo stesso valore, sia sul
distretto arterioso/venoso/capillare. A parità di profondità, cioè consideriamo solo l'effetto della
profondità sulla pressione intramurale. Quindi 10, 5, 0 come pressioni intramurali ai tre livelli, e
invece come pressione intraluminale siamo nel distretto venoso, quindi abbiamo avuto la caduta di
pressione per superare resistenze di tutto il circolo, per cui sono più basse: 18, 13 e 8. Qui
assumiamo, mentre qui sono costanti, viene assunto che le pressioni intraluminali nel distretto
venoso risentono dell'effetto della profondità. Questo perché le pressioni venose sono più basse
rispetto a quelle arteriose e quindi risentono maggiormente della pressione intramurale che
comprime il vaso.
Il risultato netto è comunque lo stesso: nello strato superficiale delle arterie coronarie ho una
pressione intraluminale di 80, mentre nel distretto venoso ho una pressione intraluminale di 8, la
differenza dei quali è la forza motrice per il moto del sangue attraverso il distretto circolatorio.
Quindi, ho un gradiente pressorio che mi permette il flusso, il passaggio, di sangue. Qui
effettivamente ho un passaggio di sangue a fine diastole. Il sangue scorre negli strati profondi, strati
intermedi e strati superficiali, perché la differenza è 80-16=62, e questo è il gradiente pressorio per
il moto del sangue dalle arterie alle vene negli strati profondi. Negli strati intermedi 80-13=67, e in
superficie 80-8=72. Non varia significativamente.
B. Inizio sistole: Cosa succede a inizio sistole? Siccome la valvola aortica è aperta, supponiamo
che la pressione aortica e quella ventricolare raggiungano un valore all'incirca 120mmHg.
Vedete, vale lo stesso discorso di prima: le pressioni intramurali dei strati profondi risentono
maggiormente, poi via via che ci allontaniamo verso la superficie sempre di meno. È indicato negli
strati profondi 120mmHg, intermedi 60mmHg e superficiale 10mmHg. Queste pressioni si vanno ad
aggiungere alle pressioni che regnano all'interno dei vasi, cioè le pressioni generate dal ritorno
elastico. Dato che non conosciamo la compliance dei vasi, e questa compliance non è misurata
facilmente, e inoltre dipende anche dal diametro, non possiamo semplicemente fare una somma.
Il punto è che nell'arteria profonda, la pressione arriva a 120 + la pressione intramurale, all'incirca
190mmHg. Nello strato intermedio, anche qui si somma la pressione intramurale alla pressione
intraluminale, e arriviamo a 135mmHg, e nello strato superficiale a 90mmHg. Ripeto, in questi non
dovete semplicemente fare una somma algebrica perché non conosciamo la compliance, ma il punto
chiave è che nelle arterie profonde abbiamo una pressione di 190, nelle arterie di profondità
intermedia 135, e alla superficie all'incirca 90. Vuol dire che ho un gradiente pressorio intraluminale
che fa sì che il sangue torna all'indietro tra le arterie profonde alle arterie intermedie alle arterie
superficiali. Questo non poteva avvenire in diastole, perché in diastole la pressione è uguale alla
pressione intraluminale nelle arterie: 80 in quelle profonde/intermedie/superficiali, e quindi lì ho
solo un gradiente pressorio dalle arterie alle vene, quello che mi fa scorrere il sangue in direzione
corretta, anterograda.
Invece a inizio sistole, a causa dell'effetto complessivo della pressione intramurale, oltre ad avere
un comunque flusso anterogrado, perché comunque ho un gradiente da 190 in arteria a 128 in vena
– questo è un gradiente che mi permette il flusso di sangue anche in direzione fisiologica. Però oltre
a questo, a inizio sistole ho un riflusso di sangue, soprattutto dalle arterie profonde alle arterie
intermedie e alle arterie superficiali. In altre parole, è come se le arterie si svuotassero di più, perché
il sangue va sia in direzione anterograda, ma anche in direzione retrograda, e queste arterie risultano
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molto più compresse, molto più prive di sangue, si svuotano molto di più rispetto alle arterie
superficiali.
Lo spessore del diametro delle arterie profonde è differente rispetto a quelle di intermedia
profondità e quelle superficiali, proprio perché le arterie profonde si svuotano sia perché il sangue
va in direzione delle vene, sia perché il sangue torna indietro verso le arterie superficiali. Di fatto,
questo corrisponde allo stop di flusso nell'arteria coronaria sinistra che abbiamo visto nello schema.
Addirittura, vediamo qui che abbiamo un riflusso all'indietro, un riflusso negativo.
Questo porta al fatto che alla fine della sistole gli stati profondi sono molto più privi di sangue
rispetto agli strati superficiali, e quindi anche impiegano più tempo per riempirsi di sangue in
diastole, proprio perché partono da un volume di sangue inferiore e quindi impiegano più tempo poi
in diastole per di nuovo riempirsi di sangue, e questo ha delle conseguenze importanti anche sulla
vulnerabilità. Infatti, gli strati profondi del miocardio sono quelli più vulnerabili all'ischemia del
miocardio – questo è una cosa nota. Già di fisiologia c'è un problema con l'apporto di ossigeno nei
strati profondi, e tutti i meccanismi attivi per generare i gradienti ionici che servono poi per generare
la forza, già di per sé in condizioni fisiologiche essendoci meno ossigeno e meno ATP disponibile, i
meccanismi di pompa che generano i gradienti sono più lenti negli strati profondi. Quindi come
vedremo, anche il potenziale di azione è più lento... Inoltre, questo li rende più vulnerabili anche per
condizioni ischemiche.
Questo è tutto su questo schema. Poi ve lo lascio, c'è anche una leggenda sotto che è utile. Tra
l'altro, che questo sia appropriato, abbiamo fatto con i bioingegneri qualche anno fa un modello del
circolo coronarico basato proprio su questo schema considerando tre strati, e la forma del flusso che
genera questo modello è molto simile a quello che vi ho fatto vedere alla lavagna, quindi perlomeno
concettualmente è corretto.
Tutta questa discussione era per spiegare questa affermazione che il ventricolo sinistro riceve la
maggior parte del flusso in diastole. A inizio sistole abbiamo addirittura uno stop di flusso, uno riflusso
negativo di sangue nella coronaria sinistra.
Abbiamo detto che la circolazione coronarica può aumentare il suo flusso per coprire l'aumentato
fabbisogno del muscolo di circa 5-6 volte, e vogliamo appunto domandarci quali sono i meccanismi
della regolazione del circolo coronarico.
Un esperimento dove qui abbiamo sull'ordinata il flusso coronarico, per esempio quella sinistra, e
sull'ascisse il tempo. Sapete che il flusso nell'arteria coronaria non è un flusso costante, ma è un flusso
fasico, oscillatorio, che presenta dei massimi e dei minimi. Supponiamo di misurare il flusso durante
l'azione cardiaca. Supponiamo che in un istante di tempo di indurre fibrillazione del muscolo cardiaco,
che è un anomalia del ritmo, un tipo di aritmia, che porta all'arresto cardiaco. Dal punto di vista
meccanico, e come se il cuore non funzionasse più come pompa, perché come vedremo non c'è più una
contrazione/rilasciamento coordinato delle fibre muscolari, ed è di fatto un arresto cardiaco.
Quello che si osserva alcuni secondi dopo la fibrillazione è un brusco aumento di flusso nell'arteria
coronaria sinistra (questo viene spiegato anche dopo). Ovviamente, la coronaria è perfusa da una
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pompa meccanica, perché nel momento in cui si arresta il cuore, la pressione in aorta scende quasi a
valori nulli, a valori che non sono più in grado di sostenere un flusso attraverso l'arteria coronaria. Per
cui, per rimediare a questo, dobbiamo perfondere meccanicamente l'arteria coronaria, in modo da
renderla indipendente.
Quindi, abbiamo un brusco aumento di flusso che sarà dovuto al fatto che l'effetto compressivo
dell'elevata pressione intramurale viene a mancare che si opponeva al flusso coronarico. Quindi ho un
brusco aumento di flusso iniziale, dato che questo meccanismo compressorio viene meno, seguito da
un altrettanto rapida diminuzione del flusso fino a valori molto bassi rispetto a valori iniziali. Questo
invece a cosa è dovuto? Alla vasocostrizione metabolica, in quanto se il cuore è fermo, il fabbisogno di
ossigeno diminuisce a un valore basale, e quindi il circolo coronarico adatta il flusso diminuito tramite
una vasocostrizione.
Adenosina
Quindi, l'adenosina è una sostanza chimica, che ha un potente effetto vasodilatante. Tanto è che
questo suo effetto viene sfruttato farmacologicamente in terapia coronarica. Qual'è il meccanismo della
sua produzione? Vedete che normalmente, la reazione metabolica è che AMP in presenza di ossigeno
diventa ADP, il quale sempre in presenza di ossigeno diventa ATP. Una piccola parte dell'AMP viene
metabolizzato in adenosina. In condizioni fisiologiche, se l'ossigeno è presente in concentrazione
sufficiente, questa reazione prevale, per cui la concentrazione di AMP è molto bassa. In condizioni di
carenza di ossigeno, ischemia, invece, questa reazione viene accelerata verso sinistra, e quindi l'AMP
viene convertito in adenosina, che ha un potente effetto vasodilatante, e provocando una
vasodilatazione provoca un aumento del flusso con un aumento di apporto di ossigeno. Vedete come
funziona questa autoregolazione metabolica.
Spiegazione dell'esperimento
Un vostro collega ha chiesto come mai all'inizio della fibrillazione come conseguenza dell'arresto
cardiaco vi è un calo precipitoso della pressione aortica. Come mai, se abbiamo detto che la pressione
aortica è la forza motrice per far muovere il sangue nel circolo coronarico, abbiamo questo brusco
aumento di flusso? Infatti, il vostro collega ha ragione, non ho abbastanza sottolineato il fatto che la
coronaria è perfusa meccanicamente, da una pompa separata che perfonde l'arteria. Se non ci fosse
questa pompa, avremo il crollo del flusso immediatamente. L'aumento del flusso subito dopo l'inizio
della fibrillazione è dovuto al fatto che viene a mancare l'effetto compressivo sistolico, l'azione del
muscolo cardiaco.
Pensate: ho la pompa che perfonde il muscolo cardiaco, che sta lavorando, e misuro un certo flusso.
Adesso improvvisamente il muscolo cessa di lavorare, e vedo che il flusso generato dalla pompa
aumenta molto, e questo è dovuto al fatto del venire a mancare l'effetto compressivo.
Ora, la cosa ancora più straordinaria è come mai dopo questo brusco aumento ho altrettanto un calo
precipitoso fino ad arrivare a livelli molto bassi di flusso? Questo lo spieghiamo a causa della
vasocostrizione metabolica. Ricordatevi che, quando abbiamo detto che il consumo di ossigeno del
miocardio è uguale a un fattore A che è collegato all'efficienza muscolare cardiaca moltiplicato per la
pressure volume area, più un fattore D che è il consumo basale di ossigeno del muscolo cardiaco fermo
in assenza di attività. Nell'arresto cardiaco, questo fattore dovuto al lavoro cardiaco esterno viene a
cadere, e rimane solo D. Di fatto, questo basso flusso corrisponde a questo basso consumo basale di
ossigeno dovuto alla vasocostrizione metabolica, nel senso che prima dell'arresto cardiaco avevamo
una concentrazione relativamente elevata di adenosina, in quanto prodotto metabolico dell'adenosina
monofosfato. Adesso, se viene a cadere il consumo di ossigeno, il fabbisogno, anche la concentrazione
di adenosina viene a diminuire, e quindi questo provoca una vasocostrizione, posto che l'adenosina è un
fattore vasodilatante.
Oltre a questo, ripeto, ci sono anche fattori come la CO2 e la NO, che dipendono anch'essi dal lavoro
cardiaco e, venendo a mancare il lavoro cardiaco, questo viene a mancare.
Tra l'altro, una parentesi – in tutti gli altri organi, è più semplice studiare l'autoregolazione della
circolazione, perché basta fare variare il consumo di ossigeno, e il consumo di ossigeno dell'organo non
dipende dalla pressione. Invece nel muscolo cardiaco, la situazione è differente, perché se io pensassi di
variare la pressione aortica e vedere come varia il flusso, il muscolo (se la pressione aortica aumenta)
lavora di più e questo fa aumentare il consumo di ossigeno. Quindi, non è possibile semplicemente
variando la pressione aortica vedere come varia il flusso, proprio perché questo influisce sul consumo
di ossigeno dello stesso muscolo. È un po' più complicata la situazione nel cuore.
Fisiologia II, Lezione 6: Circolazione coronarica, pagina 11 17/10/2010
Sintesi
Ripeto, i fattori vasodilatanti che interevengono nella autoregolazione metabolica sono:
• ipossia [P(O2) diminuisce]
• adenosina
• CO2
• CO
• NO (conosciuto anche come EDRF – Endothelium Derived Relaxing Factor, cioè fattore
vasodilatante derivato dall'endotelio)
Utilizzo clinico
Queste considerazioni hanno un importante risvolto clinico, in quanto 1) l'adenosina viene utilizzata
proprio come fattore vasodilatante (cioè somministrazione diretta in arteria coronarica di adenosina
viene utilizzata in terapia dell'ischemia coronarica) e 2) il NO sotto forma di glicerina trinitrato, che è
una sostanza che rilascia NO, e viene utilizzata anche qui nella terapia dell'ischemia coronarica in
quanto, appunto, ha come effetto la vasodilatazione delle coronarie, ed è molto utilizzata nella terapia
della cosidetta angina pectoris, che vedrete l'anno prossimo, è il segno esterno dell'ischemia cardiaca. È
quella sensazione di dolore o pressione che si irradia spesso anche nel collo e nel braccio sinistro che
recede (se si tratta di una semplice angina pectoris) alla terapia con questa sostanza. Sono delle
pasticche che vengono prese sottolingualmente – non devono essere deglutite, ma possono essere
messe sotto la lingua, e quindi hanno una azione molto rapida, perché vengono assorbite direttamente
dalla mucosa orale, e quindi hanno una azione entro secondi o minuti.
Tra l'altro, possono essere utilizzate anche per fare una diagnosi ex iuvantibus, cioè una diagnosi
basata sul fatto che un determinato sintomo risponda o meno ad un agente terapeutico, cioè se questo
dolore o sensazione di oppressione recede con somministrazione di queste pasticche. Se il dolore non
recede, è probabile che non si tratta di una semplice angina pectoris.
Questa glicerina trinitrato e correlati rilasciano NO, l'effetto di fatto è duplice: 1) direttamente di
vasodilatazione sulle coronarie, quindi migliorare l'apporto di ossigeno, 2) una vasodilatazione
periferica, quindi fa diminuire la resistenza periferica, e quindi fa diminuire il lavoro cardiaco,
diminuendo il fabbisogno di ossigeno del cuore. Questa terapia è molto interessante perché agisce sia
sull'apporto di ossigeno che sul fabbisogno di ossigeno. Aumentando l'apporto e diminuendo il
fabbisogno. L'ideale, perché agisce su entrambi i determinanti, fabbisogno e apporto.
Possiamo darci per abbastanza soddisfatti delle conoscenze raggiunte sul circolo coronarico.
Domanda: Il grafico che mostrava il cuore come un sistema di condotti con vari vasi. Abbiamo visto
la formula che indicava il gradiente. Com'è che il gradiente pressorio influenza il riflusso di sangue? È
la stessa formula. PTM = pressione transmurale, che è la pressione generata dalla parete. Pw =
intravascolare, intraluminale. Pim = pressione intramurale. Sono differenti i simboli, ma è la stessa
cosa.
Fisiologia II, Lezione 6: Circolazione coronarica, pagina 12 17/10/2010
Elettrofisiologia cardiaca
Passiamo a un altro argomento, anch'esso di rilevanza clinica molto grande, che è la elettrofisiologia
cardiaca. Fino ad adesso, abbiamo considerato il cuore esclusivamente come pompa meccanica, ma non
ci siamo mai chiesti da dove proviene lo stimolo elettrico per questa pompa, che di fatti è un muscolo.
Adesso parleremo di tre argomenti: 1) del potenziale di azione nei cardiomiociti; 2) particolarità del
sistema di conduzione (il pacemaker del cuore); 3) elettrocardiografia, i principi sui quali si basa e
su come si interpreta. I vostri colleghi del terzo anno mi dicono che questo concetto viene ripreso, e che
sono stati abbastanza preparati per questo.
Questa fase 4 è molto particolare, perché sul differente andamento della fase 4 si differenziano
essenzialmente i cardiomiociti di lavoro (dove la fase 4 è stabile) dai cardiomiociti del sistema di
conduzione, dove in questa fase è instabile dove osserviamo una lenta depolarizzazione. Questo è
importante, ma ci arriveremo più in avanti.
Inoltre, un'altra particolarità del potenziale di membrana a riposo è che tende ad essere decisamente
più negativa rispetto al potenziale di membrana a riposo di un motoneurone (-70 nel neurone, invece
nel muscolo cardiaco -90mV). Questo è dovuto al fatto che a riposo la membrana del cardiomiocita ha
un elevata permeabilità per gli ioni potassio, a causa degli canali di leakage del potassio, che sono
particolarmente abbondanti nella membrana dei cardiomiociti.
Questa è la prima veloce discussione della forma del potenziale di membrana nel potenziale di azione
cardiaco, e dopo questo possiamo dire alcuni importante conseguenze.
sotto abbiamo il grafico delle conduttanze. Quindi vedete, possiamo vedere partendo dal grafico qui
sotto, come variano le conduttanze per il potassio, indicato come gK in blu, per il sodio indicato in
verde come gNa, e in rosso si aggiunge una nuova conduttanza importante per il muscolo cardiaco, che
è una conduttanza per gli ioni calcio, una corrente di calcio che passa attraverso canali del calcio
voltaggio dipendenti di tipo lento, tipo L. Rispondono solo lentamente alle variazioni del potenziale di
membrana, cioè se la membrana si depolarizza si aprono lentamente, e quando si repolarizza si
chiudono anche lentamente. Per questo si chiamano canali lenti, abbreviato L.
Vedete che di fatto a riposo, la fase 4 è caratterizzata da che cosa dal punto di vista delle conduttanze?
Una bassa conduttanza per il sodio e calcio, e da una elevata conduttanza del potassio. Il gradiente
elettrochimico del potassio lo spinge ad uscire, e quindi il potassio e la sua conduttanza e quella che mi
sposta il potenziale di membrana verso valori negativi. Questa elevata conduttanza per il potassio mi
spiega il potenziale di membrana a riposo molto negativo del cardiomiocita, indicato attorno ai
-100mV.
Cosa succede se applichiamo uno stimolo elettrico in modo da depolarizzare il cardiomiocita oltre alla
soglia per l'apertura dei canali voltaggio dipendenti del sodio? Otteniamo una classica risposta rapida
della conduttanza al sodio, quindi attivazione dei canali del sodio. Questa corrente massiccia di sodio
(cariche positive che entrano) mi sposta il potenziale di membrana verso valori più positivi, verso il
potenziale di equilibrio del sodio. Ricordatevi dell'equazione del Goldman-Hodgkin-Huxley – il
potenziale di membrana è la media pesata dei potenziali di equilibrio di vari ioni. Questo mi spiega la
depolarizzazione rapida, però poi vedete
abbiamo anche una diminuzione della
conduttanza del potassio. Questi canali
rispondono alla depolarizzazione con una
chiusura. Questo ovviamente favorisce la
depolarizzazione, perché se viene a cadere
questa corrente di potassio uscente, abbiamo
una corrente di sodio entrante, questo favorisce
lo spostamento del potenziale di membrana
verso valori positivi. Questa prima fase, la fase
0, è dovuta all'attivazione dei canali rapidi del
sodio e alla chiusura dei canali del potassio.
Passiamo alla fase 1 – ripolarizzazione rapida
transiente iniziale. A cosa è dovuta?
Principalmente all'inattivazione dei canali del
sodio. La conduttanza per il sodio torna a valori
molto bassi, non perché i canali si chiudono (la
membrana è depolarizzata e quindi i canali non
possono chiudersi) ma come abbiamo visto,
vengono inattivati, cioè subentra il meccanismo
di cancello di inattivazione che mi blocca il
canale. I cancelli di attivazione sono aperti, ma
i cancelli di inattivazione sono chiusi e quindi il
canale e inattivato, e viene a mancare la
corrente di sodio, e quindi questo favorisce la
ripolarizzazione.
Fisiologia II, Lezione 6: Circolazione coronarica, pagina 15 17/10/2010
Fase 2- Però, perché non continua la ripolarizzazione? Non continua perché adesso si aprono i canali
lenti del calcio, che anch'essi rispondono lentamente alla depolarizzazione, e quindi essenzialmente
questo plateau coincide l'entrata massiccia di calcio, che nel muscolo cardiaco è fondamentale per
l'accoppiamento eccitazione-contrazione, via il rilascio di calcio-calcio indotto, “calcium dependent-
calcium released”.
Fase 3 – ripolarizzazione rapida, dovuta alla riapertura dei canali per il potassio, il cosiddetto delayed
rectifier, la conduttanza che mi riporta il potenziale di membrana a valori negativi. Quindi vedete,
abbiamo una ripolarizzazione rapida dovuta all'apertura dei canali per il potassio, e viceversa i canali
per il calcio cominciano a chiudersi, e i due effetti insieme fanno sì che il potenziale di membrana
ritorna rapidamente a valori di riposo.
A che cosa è dovuto il plateau, o il ritardo della ripolarizzazione? Essenzialmente due fattori – 1) la
chiusura dei canali voltaggio-dipendenti del potassio durante questa fase, e 2) l'attivazione dei canali
per il calcio.
il rilascio di calcio dal reticolo, calcio si lega alla troponina C, e quindi tramite la rimozione
dell'inibizione ecc. porta alla contrazione).
Nel muscolo cardiaco, come in qualsiasi muscolo, è altrettanto importante il rilasciamento, la diastole.
Come avviene il rilasciamento? Il segnale per il rilasciamento è la ripolarizzazione, quindi la fase di
ripolarizzazione rapida e ritorno ai valori di riposo. Questo è dovuto al fatto che calcio viene di nuovo o
pompato fuori dalla cellula (elevata concentrazione di calcio transiente), o viene risequestrata nel
reticolo, e qui intervengono delle importanti pompe.
Per quanto riguarda il reticolo sarcoplasmatico, questa pompa SERCA, che è un'abbreviazione che vi
troverete, perché ci sono farmaci che agiscono su questi, che vuol dire Sarcoplasmic and Endoplasmic
Reticulum Calcium Fount (veramente, Sarco/Endoplasmic Reticulum Ca2+-ATPase).
Invece, per quanto riguarda il flusso di calcio attraverso il sarcolemma, essenzialmente intervengono
due meccanismi – 1) una pompa del calcio, che quindi è un trasporto primario di calcio, con consumo
di ATP, e 2) un trasporto secondario, un antiporto Na+/Ca2+, con stechiometria 7:1, per ogni 7 ioni
sodio che entrano secondo gradiente, uno ione calcio viene trasportato contro gradiente all'esterno, e
tutti questi meccanismi provocano un abbassamento della concentrazione della concentrazione di calcio
nel sarcoplasma, e quindi di nuovo meno calcio legato alla troponina, e interviene un meccanismo di
inibizione dell'interazione con le teste di miosina e quindi rilasciamento. Rappresentate
schematicamente tre pompe – 2 del sarcolemma, e 1 del reticolo. Il SERCA (pompa del calcio,
trasporto primario) e invece per quanto riguarda il sarcolemma, questa che si chiama PMCA (plasma
membrane calcium transporter, una pompa) e questo scambiatore sodio-calcio del quale abbiamo
parlato prima.
Questo per specificare i meccanismi sia di innesco della contrazione che innesco del rilasciamento.
Poi su questi meccanismi di trasporto troverete che ci sono bersagli di vari farmaci.