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fuori il ritratto di un critico umanista tanto dedito allanalisi minuziosa del dettato testuale quanto rivolto a uninterpretazione di carattere generale: filologo e interprete, secondo la lezione dei grandi maestri ferraresi.2 Dopo aver esaminato i primi contributi giraldiani sullOrlando furioso passer a una discussione della critica ariostesca contenuta nel Discorso. Ci che emerger, alla fine, sar il ritratto di un critico fortemente perplesso nei confronti del poema ariostesco, al punto da imporci la domanda se debba esserne considerato un difensore o un avversario. 2. Ariosto e il camaleonte: il dibattito col Pigna. Le critiche rivolte al poema ariostesco riferite a Giraldi da Giovan Battista Pigna nella lettera del 25 luglio 1548 si possono riassumere nellargomento fondamentale chegli non abbi seguitato le vestigia degli antichi poeti.3 Sembra un argomento tipicamente umanistico, che escluderebbe Ariosto dal canone dellimitazione, ma le cose si complicano quando si passa alla descrizione delle critiche particolari: prima di tutto il titolo, che propone una cosa della quale manco si parla in tutto il libro che daltro, poi la struttura, perch gli altri scrittori fanno rispondere insieme il principio e il fine, ma nellOrlando furioso il suo cominciamento diverso da quello che nellultimo si conchiude. Si tratta di critiche di tipo poetico, fondate sullaccusa dincoerenza, per cui Ariosto non solo non un bravo umanista, perch non ha edificato sulle orme degli antichi, ma soprattutto non un bravo scrittore, perch non ha rispettato i principi fondamentali della poetica. Pigna si
Il quadro di fondo in GARIN 1967 (saggio del 1956). Edita per la prima volta nel 1554 in un opuscolo senza indicazioni tipografiche insieme alla risposta del Giraldi, la lettera si rilegge pi recentemente in GIRALDI CINZIO 1973: 246-247, ID. 1996: 224-225 e ID. 1999: 223-224. Qui si cita dalledizione critica di Susanna Villari (GIRALDI CINZIO 1996).
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muove quindi tra forma e norma, ovvero natura e regola, per usare due fortunate formule di Giancarlo Mazzacurati ed Ezio Raimondi:4 da un lato il poeta, che lavora sullesempio dei padri, dallaltro lartista, che rispetta le regole della teoria. Le critiche successive sono ancora sia di tipo poetico, cio riferite alla composizione del testo, sia di tipo morale, cio riferite alletica dello scrittore: da un lato la mancanza di ordine narrativo (va per tutta lopera saltando duna cosa in unaltra intricando tutto il poema), dallaltro la scelta di argomenti fuori dallusanza, come le arme fatte con incantagione e le donne e uomini negromanti. Pi importante di tutto, per, quello che molto pi monta, che il poema non rispetta lunit dazione: aggiungono che si de stare su una sola azione, ma che egli molte ne piglia. Argomento strutturale e argomento morale sintrecciano ancora nelle accuse contro le cose fuori del decoro, che sia la decenza morale sia la coerenza poetica: la pazzia dellautore e i lunghi lamenti delle donne innamorate e i tanti pianti dei cavalieri per amore. Sono sconvenienti, inoltre, le digressioni narrative ed disdicevole la mescolanza di alto e basso, sia sul piano delle persone che su quello dei generi. Le due ultime critiche alternano ancora argomento morale e argomento poetico: da un lato, non ha del maestrevole come vuole avere il poeta che sta su il giovare, dallaltro, e in sintesi, egli si del tutto scostato dalla Poetica di Aristotile. La lettera del Pigna dunque testimone di quella zona dincontro e intreccio fra tradizione umanistica, di stampo prima di tutto morale, e cultura aristotelica, di stampo prima di tutto poetico, che Marvin T. Herrick oltre sessantanni fa sintetizzava con lespressione The Fusion of Horatian and Aristotelian Literary Criticism.5 Ci troviamo in
4 MAZZACURATI 1985: 65-147 (saggio del 1980) e RAIMONDI 1994 (prima edizione 1966): 5-17 (saggio del 1961). 5 HERRICK 1946.
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una zona di confine, che combina vecchi e nuovi valori nelluniverso dellestetica, prima che esploda il conflitto tra due orizzonti antitetici e due generazioni rivali, come ha spiegato Giuseppe Toffanin nel magistrale, ma purtroppo troppo poco considerato, La fine dellumanesimo.6 Va certamente sottolineato, infine, che la lettera del Pigna scritta da Lucca, che una citt particolarmente significativa nel panorama della cultura italiana di met Cinquecento, come hanno dimostrato gli studi di Marino Berengo e Simonetta Adorni Braccesi.7 Da qui discende lesigenza dindagare pi in profondit lambiente, intorno alleditore Busdrago, da cui provenivano le prime critiche al Furioso: ambiente senzaltro sospetto distanze e tentazioni riformate, come dimostra la presenza a Lucca di quel Lodovico Domenichi che tante relazioni intrattenne con calvinisti e valdesiani in Italia e che era tra laltro legato al Giraldi da rapporti di amicizia e collaborazione.8 La lettura della lettera del Pigna necessaria per collocare Giraldi in contesto. Lo sfondo della critica giraldiana, come ho spiegato altrove, quello di un profondo transito storico, che vede il progressivo, lento, graduale, ma deciso e fermo passaggio da una cultura fondata sul primato dellautore, del suo concreto e fabbrile fare, a una cultura fondata sul primato del testo, delle sue regole interne e del suo sistema di funzionamento.9 Il passaggio stato descritto, a un livello pi alto, sul piano estetico e su quello ideologico, dai gi menzionati Raimondi, nel saggio Dalla natura alla regola, e Mazzacurati, nel libro Il rinascimento dei moderni. Nel 1548 Giraldi un intellettuale affermato, perch professore allo Studio ferrarese e segretario del duca Ercole, ma anche in difficolt, perch cresciuto alla scuola degli umanisti e vede i suoi valori crollare sotto la spinta di una
TOFFANIN 1992 (prima edizione 1929). BERENGO 1965 e ADORNI BRACCESI 1994. 8 GARAVELLI 2004: 42 e 67. 9 JOSSA 1996b.
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generazione nuova e aggressiva, che avr, a Ferrara, il suo campione proprio nel Pigna. La sua risposta alla lettera del Pigna si muove tuttavia ancora nellorbita della cultura umanistica.10 Ariosto riuscito s grande e s pregiato che gli uomini il devriano piuttosto riverire che onorare (p. 226). La sua qualit principale la variet, che sta tanto nelle cose quanto nelle parole:
Le invenzioni sue sono varie, piacevoli, le voci con le quali egli lespone sono come la qualit delle cose che egli tratta le richiede, cio gravi, soavi, aspre, gentili, turbate e liete. La disposizione tale che non credo io chella si possa riprendere da giudizioso uomo. Perch sono tutte le parti ai luochi loro, con quelli ornamenti che vi convengono. Prima egli nelle descrizioni dei luochi e dei tempi, dei paesi, delle persone, dei costumi, degli affetti e delle altre cose che appartengono in questa parte al poema maraviglioso (p. 226).
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STEFANO JOSSA trionfi dei vincitori, i pianti dei perdenti; e finalmente tutto quello che si conviene alle imprese eroiche in lui si vede maraviglioso. Nel movere gli affetti o piacevoli o lagrimosi egli riesce tale, che piange, ride, si allegra, si duole, spera, teme, come ricerca la materia che egli ha tra le mani (p. 227).
La capacit di porre sotto gli occhi di chi legge, cio levidenza rappresentativa, una costante delle prime celebrazioni dellOrlando furioso. Basta ricordare il giudizio attribuito a Pietro Aretino, che nel capitolo in lode di messer Lodovico Ariosto (se suo) elogia lautore dellOrlando furioso perch pinge una cosa cos bene | che ti pare daverla avanti gli occhi.11 Laspetto visuale della poesia stava del resto particolarmente a cuore a Giraldi, autore teatrale che con lOrbecche, cinque anni prima, aveva rappresentato la morte in scena, cosa che era oggetto di dibattiti accesissimi tra i primi lettori e commentatori della Poetica aristotelica.12 Giraldi punta quindi prima di tutto sul carattere eroico del poema, in secondo luogo sulla capacit del poeta di aderire mimeticamente alla materia trattata. Di qui discende il
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LUCAS 1984: 89-92 e JOSSA 1996b: 37-39. Nel Discorso intorno al comporre delle comedie et delle tragedie , datato 20 aprile 1543, Giraldi propone una discussione della formula aristotelica n t faner (Arist., Poet. XI, 1452b 12) in polemica con linterpretazione del Greco, il cretese Francesco Porto, che avrebbe privilegiato ludito sulla vista nella fruizione della rappresentazione scenica: GIRALDI CINZIO 2002: 241-245. Il Porto, che commentava la Poetica aristotelica tra Ferrara e Modena allinizio degli anni Quaranta, era stato coinvolto nelle vicende del formulario di fede modenese: FIRPO 1992: 28-118 (articolo del 1984). Giraldi era di certo un assiduo frequentatore del gruppo degli accademici modenesi fin da quegli anni, come dimostra non solo il suo dialogo a distanza col Porto, ma anche, come vedremo tra poco, la sua relazione di contiguit/conflittualit con Lodovico Castelvetro. Al Porto forse dedicato il sonetto Quando FRANCESCO mio, vidi Diana in GIRALDI CINZIO 1548: 70v (si veda MOLINARI 2005: 286).
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FATINI 1958: 11 (anno 1540, num. 42). Per il testo del capitolo: CIAN
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giudizio critico pi rilevante della lettera, in cui Giraldi si rivela non solo difensore, ma soprattutto interprete dellAriosto:
Certo mi pare di poter dire chegli sia come il camaleonte, che, come egli di quella cosa prende il colore alla quale si appoggia, cos lAriosto ad ogni cosa chegli vuol trattare addatti di maniera lo stile che paia che egli sia nato a scriver con loda in qualunque materia (p. 227).
Il paragone con il camaleonte non certo neutro, visto che limmagine ha una lunga tradizione critica alle spalle. Lattestazione pi recente per il Giraldi era nel dialogo De dignitate hominis di Giovanni Pico della Mirandola, dove si legge un elogio del carattere camaleontico delluomo:13
Quis hunc nostrum chamaeleonta non admiretur? Aut omnino quis aliud quicquam admiretur magis? Quem non immerito Asclepius Atheniensis versipellis huius et se ipsam transformantis naturae argumento per Protheum in mysteriis significari dixit. [Chi non ammirer questo nostro camaleonte? O piuttosto chi ammirer altra cosa di pi? Di lui non a torto Asclepio ateniese, per laspetto cangiante e la natura mutevole, disse che nei misteri era simboleggiato da Proteo].
La congiunzione tra Proteo e il camaleonte a proposito della poesia discende dalla lezione di Marsilio Ficino, che aveva definito la natura metamorfica dellimmaginazione attraverso il paragone con il mitico dio marino e lesotico rettile cangiante: Imaginatio est tamquam Protheus vel Cameleon.14
Si cita da PICO DELLA MIRANDOLA 1987: 6-7. FICINO 1576: II 1825. GARIN 1985: 351. Lallargamento dellimmagine zoologica del camaleonte a quella mitologica di Proteo consente di
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Alle origini c probabilmente la definizione aristotelica dellEtica Nicomachea, 1100 b, dove la mutevolezza umana paragonata alladattabilit del camaleonte: se noi seguiamo i casi della fortuna, troveremo spesso che una stessa persona ora felice, ora invece infelice, considerando dunque quelluomo felice come una specie di camaleonte o qualcosa di fondato su basi difettose.15 La lunga tradizione che Giraldi ha alle spalle dimostra il carattere decisamente umanistico della sua operazione critica. Se il camaleonte ora luomo, ora la poesia, Ariosto il poeta per eccellenza della natura umana, allinsegna della variabilit e della mutevolezza. Di qui Giraldi passa allargomento linguistico, che gli sta soprattutto a cuore di fronte alle critiche provenienti dalla Toscana:
e se bene in lui non stata quella osservanza delle voci che si vede maravigliosa nel Canzoniere del Petrarca e nelle novelle del Boccaccio, mi pare per che questa lingua e gli scrittori di essa gli debbiano esser molto tenuti, come a colui chabbia la lingua molto arricchita, con dare parole a chi scrive in essa di potere spiegare in carte lodevolmente ogni concetto. Perch, come si vede che i greci e i latini poeti, chhanno scritto le cose degli eroi, hanno avuta una certa libert di potere (con giudizio per) usare nove voci, cos mi credo io che nella nostra lingua
attivare un corto circuito tra critica cinquecentesca e critica novecentesca, quando si pensi alle parole di Eduardo Saccone: Cambiamento, dunque, e, se si vuole, metamorfosi incessante, come pure potenzialmente proliferazione indefinita di storie e personaggi. Non per indiscriminata o disordinata. [] E per tanto non Proteo, ma semmai Orrilo, il ladro prodigioso, gi boiardesco, che smembrato si ricompone per esser di nuovo smembrato, e cos via, potrebbe fino a un certo punto essere assunto ad emblema del soggetto del Furioso (SACCONE 1974: 242). Proteo del resto una figura ricorrente nel poema ariostesco: O.F. VIII 54-58, XI 4147, XLVI 82-83. 15 Arist., Etica a Nicomaco, I 10, 1100 b 5. Si cita dalla traduzione di Armando Plebe in ARISTOTELE 1973: VII 21.
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G. B. Giraldi Cinzio critico dellOrlando furioso questa licenza sia pi convenevole agli scrittori dei romanzi, chai poeti lirici od agli scrittori delle prose, come il Petrarca ed il Boccaccio. E sOmero il greco non si volle stringere solo alla lingua di Atene, quantunque ella fusse la pi lodevole di tutta la Grecia, ma volle valersi di tutte quelle nazioni delle quali gli parve poter porre lodevolmente le voci nelle sue composizioni (il che fe anco il nostro Vergilio nelle cose latine), perch si deve ora cos biasimare lAriosto, segli in questa lingua ancora viva, e che ogni giorno partorisce nove voci, ha usate di quelle che ha accettate luso commune, quantunque non si trovino nei libri dei due predetti auttori? (pp. 227228).
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Mi scuso per la lunga citazione, ma il brano fondamentale per capire il sistema di valori, estetici e ideologici, di Giraldi. Ariosto ha innovato nella lingua, perch prima di tutto un autore contemporaneo, attento ai cambiamenti storici e ai gusti del pubblico. Se sul piano della lingua Ariosto ha seguito luso, su quello del genere egli ha seguito il costume:
come nei loro tempi fu necessario ad Omero ed a Vergilio, i quali non si allungarono da quella maniera di poesia che introducevano i costumi dei lor tempi, e che essi giudicavano potere essere grata a coloro, al tempo dei quali essi scrivevano, anco stato di mestieri agli scrittori dei romanzi che nella nostra lingua hanno scritto, seguire quella forma e quella maniera di poema chera gi accettata dalluso dei migliori scrittori di questa lingua, quantunque ella fusse lontana da quella di Vergilio e di Omero, i quali ad altri tempi ed in altre lingue scrissero, le quali aveano altri costumi ed altri modi di poeteggiare (p. 229).
Uso e costume, cio ladesione alle trasformazioni storiche e lattenzione alla ricezione dei lettori, sono i due criteri che
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guidano tutta la critica di Giraldi. Se Ariosto stato capace di trasportare nella lingua italiana la materia di Francia e di Spagna, ci non avvenuto, infatti, senza una particolare attenzione alla maest e al decoro:
non meno ha egli coloro avanzati nella maest e nel decoro che avanzasse Virgilio Omero; ch come Vergilio solo sapprese a quelle cose portavono con esso loro gravit e grandezza, e lasci le leggere e le umili ai poco giudiziosi, cos il nostro Ariosto ha solo quelle cose trattate che gli hanno parse atte a ricevere lume e splendore, e che non portavano con loro n bruttezza, n sconvenevolezza (p. 230).
Il criterio-guida della critica letteraria deve essere, dunque, il favore del pubblico: il consentimento del mondo quel che fa le cose e lodevoli, e biasimevoli (p. 231). Giraldi dunque un critico umanista, che privilegia decisamente la storia sullarte, e il poeta sulla poetica: Ariosto non ha rispettato la regola poetica, ma ha seguito i modelli; il suo lavoro dilettevole, ma punta soprattutto al docere; la sua qualit sta nella variet e nel realismo della rappresentazione.16 Definito il quadro generale entro il quale si colloca la propria difesa dellAriosto, Giraldi procede a smontare nel dettaglio le critiche riferite dal Pigna. Sono quattro i punti critici su cui si sofferma lattenzione analitica del Giraldi: 1. la presenza della magia; 2. la pazzia di Orlando; 3. la somiglianza tra lautore e il personaggio; 4. lincoerenza tra la scelta del protagonista, che Orlando, e la fine della storia, che celebra Ruggiero. Le risposte sono rapidissime: la
16 Si tratta, come ha spiegato Mazzacurati, dellassunzione di un orizzonte politico, dellappiattimento sul presente dei valori e delle scelte, della consapevolezza che il decoro, etico e letterario, non si pu disgiungere dalla maest politica: un discorso difensivo, che mira a espungere, in ultima analisi, dalla tradizione romanzesca ogni elemento di contraddizione e ibridazione (MAZZACURATI 1985: 297-322 [saggio del 1982], in particolare 306-316).
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magia non un problema, perch non solo lAriosto ne ha avuto lessempio da coloro che egli si ha preso ad imitare (p. 231), ma anche perch essa gi presente nella tradizione classica; la pazzia di Orlando ha una funzione didattica; il fingersi simile che fa lAriosto ad Orlando un gioco poetico e cortigiano; la discrepanza tra gli eroi coerente con lordine della sua proposizione, secondo il proposito non di descrivere una sola azione di un cavaliero, come fe Vergilio ed Omero, ma molte di molti, seguendo il costume dei Romanzi, non quello dei Greci o dei Latini (p. 232). Poeta contemporaneo, dunque, lAriosto, capace di seguire i classici ma soprattutto di stare nel proprio tempo e rispettarne le forme. Le critiche cui Giraldi risponde erano tutte presenti nella lettera del Pigna, ma possibile che Giraldi abbia in mente anche altri interlocutori, soprattutto quello Sperone Speroni con cui aveva gi dato vita a unaspra polemica sul genere tragico,17 e quel Lodovico Castelvetro con cui, in quegli stessi anni, si confrontava tanto sulla poetica aristotelica quanto sul genere epico.18 certamente Castelvetro, infatti, il destinatario dellultimo appunto polemico, rivolto a quelli che il biasimano chegli abbia usato la voce marrano. Tale critica comparir a stampa solo nel 1570, quando a Vienna, presso Gaspar Steinhofer, veniva pubblicata la Poetica dAristotele vulgarizzata et sposta per Lodovico Castelvetro. Qui, nel nome di un rigoroso realismo poetico, Castelvetro accusava Ariosto di anacronismo, quando induce altrui a dir villania a Fera e, perch era spagniuolo, a nominarlo marano, la quale appellazione di villania non fu trovata se non dopo alcuni secoli, cio se non quando i Giudei abitanti in Ispagna furono costretti dalla forza reale o contra loro volont a mostrarsi di far cristiani o andar tapinando per lo mondo.19
1996b: 23-138. MAZZACURATI 1996: 131-157 (saggio del 1985). 19 CASTELVETRO 1978-1979: II 263.
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Giraldi non poteva aver letto nel 1548 il commento di Castelvetro alla Poetica aristotelica, pubblicato nel 1570; poteva per sia aver letto degli appunti manoscritti del Castelvetro sia aver discusso con lui largomento.20 Lo attesta Castelvetro stesso nel Parere sopra lajuto che domandano i Poeti alle Muse, quando ricorda linfluenza da lui esercitata in Ferrara su Giraldi e Pigna:21
Ora io non dico, che assai verissimile, o che vero, secondo che avviso, ma dico, chio son certissimo, che Giovam-Battista dalla Pigna ha udite, e raccolte in Ferrara dalla mia bocca tutte le cose mie, che ha tenute tra le sue nel Libro, e lette forse tute, siccome senza forse nha lette alcune nelle Lettere scritte da me a Messier Giovam-Battista Giraldo, delle quali ancora facendo mentione esso Giraldo nella Lettera sua trattante del comporre delle Commedie, e delle Tragedie pubblicata da lui, non lattribuisce a se, come fe il Pigna, non essendo trovamento suo, ma come cortese, e guardantesi doffendermi, il che per aventura stimava di fare, se egli lavesse nominatamente attribuite a me, le ha raccontate sotto nome incerto di persona sconosciuta, convenendogliene riprovare, se voleva mantenere la parte presa da lui a difendere.
La nota (che certamente successiva al 1554, data di pubblicazione sia dei Discorsi del Giraldi, sia del Libro, cio I Romanzi, del Pigna) ci dovrebbe portare, come suggeriva Mazzacurati nel saggio citato su Aristotele a corte, a retrodatare almeno le prime osservazioni del Castelvetro sulla Poetica agli anni 42-43, nel pieno fervore del primo aristotelismo cinquecentesco, in netto anticipo sui commenti
La storia redazionale della Poetica stata ricostruita accuratamente da Valentina Grohovaz (GROHOVAZ 2007), cui senzaltro rimando per un pi attento sguardo al microscopio. 21 CASTELVETRO 1727: 87-88.
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del Robortello e del Maggi (visto che la lettera del Giraldi sul teatro datata 25 aprile 1543).22 Non va mai dimenticata, comunque, in casi come questo, lampia circolazione manoscritta, ma persino orale, di idee e dibattiti nella cultura del Cinquecento italiano. Laccusa di anacronismo rivolta allAriosto si trova infatti, con lo stesso argomento, nellArte poetica di Girolamo Muzio: Non far chaltri altrui chiami con nome | cha quella etate ben non si convenga | che sinduce colui che parla e chode; | come chi fa chiamare altrui marrano | anzi che fosse mai quel nome in uso.23 LArte poetica venne stampata per la prima volta nel 1551, quindi dovrebbe essere comunque successiva alla lettera del Giraldi, a meno che questa non sia retrodatata. Difficile, insomma, stabilire primati, priorit e precedenze in un tempo in cui la mobilit della scrittura ancora fortissima. Certo che le discussioni sull Orlando furioso si stavano cristallizzando in veri e propri loci critici gi nel corso degli anni Quaranta. Dal momento che le osservazioni critiche del Castelvetro nei confronti dellOrlando furioso riguardano il fatto che 1. non ha principio lodevole; 2. contiene pi azioni di pi persone; 3. usa digressioni sconvenevoli, si pu pensare che le accuse riferite dal Pigna al Giraldi provengano dal Castelvetro? Lipotesi avventurosa, certo, ma forse non troppo, se si pensa che a Lucca risiedeva quellAntonio Bendinelli che con Castelvetro aveva strettissimi rapporti personali ed epistolari.24 Alcuni anni dopo, del resto, il Castelvetro accuser il Pigna di ladronecci a proposito delle discussioni sulla poetica aristotelica.25 Riferisce inoltre la Vita di Lodovico Castelvetro attribuita a suo nipote Lodovico Castelvetro iuniore che negli anni degli studi
MAZZACURATI 1996: 137. Sullintera vicenda si veda comunque anche JOSSA 2005. 23 MUZIO 1970: II 194. 24 ADORNI BRACCESI 1994: 208-215. 25 CASTELVETRO 1727: 79-99, alle pp. 79, 81-82, 84 e 87.
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universitari e delle prime frequentazioni accademiche il Castelvetro molte opposizioni [...] fece contra il libro di Lodovico Ariosto da Ferrara, chiamato il Furioso.26 Due dei passaggi con cui Pigna riassume le critiche allOrlando furioso, infatti, sono effettivamente molto simili alle accuse che si leggeranno nella Poetica del Castelvetro. Il primo quello che molto pi monta: vi aggiungono che si de stare su una sola azione, ma che egli molte ne piglia. Nella Poetica si legger che tanto meno potremo ricevere per favola ben fatta quella che non solamente contiene pi azzioni duna persona, o una azzione di pi persone, ma insieme contiene pi azzioni di pi persone, come contiene il poema delle Trasformazioni dOvidio; e questo vizio ancora riconosciuto nellOrlando furioso di Ludovico Ariosto, narrando luno e laltro pi azzioni di pi persone.27 Alla fine del secondo paragrafo della sua relazione Pigna riporta largomento che non si conviene fare quelle digressioni cos spesso fatte da lui. Nella Poetica si legger che chi vuole vedere essempio di digressioni sconvenevoli fatte per compiacere altrui, legga quelle dellOrlando furioso di Lodovico Ariosto.28 Le coincidenze sono certo significative, ma abbiamo appena avvertito che molti luoghi della critica ariostesca si cristallizzano ben presto in tpoi. La proposta critica di individuare lombra del Castelvetro alle spalle delle accuse allOrlando furioso riferite dal Pigna al Giraldi deve quindi restare, per ora, unipotesi di lavoro; ma unipotesi che merita, a mio avviso, la massima considerazione e ulteriori approfondimenti.29
Vita di Lodovico Castelvetro 1786: 61. Sulla Vita (con qualche dubbio sullattribuzione), si vedano AVELLINI 1992 e SAVINO 1992. 27 CASTELVETRO 1978-1979: I 239-240. 28 CASTELVETRO 1978-1979: I 294. 29 Sullintera vicenda comunque anche JOSSA 2005.
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3. Incoerenze ariostesche: i corsi del Giraldi sullOrlando furioso. Nel corso degli anni Quaranta Giraldi tenne alcune lezioni sullOrlando furioso allo Studio di Ferrara. Alcuni degli appunti preparatori delle lezioni si conservano manoscritti nei codici 377 e 406 della Biblioteca Ariostea di Ferrara.30 Le osservazioni del Giraldi sono di varia natura, ma soprattutto notevole, da parte di un critico tradizionalmente considerato un difensore dellAriosto, la presenza di numerose notazioni negative, che si appuntano contro la mancanza di coerenza rappresentativa, la mancanza di coerenza logica e la mancanza di coerenza poetica. In attesa dellauspicata pubblicazione dei testi, qui ci limiteremo a esaminare degli spunti critici giraldiani. Il primo manoscritto (377.6) si apre con una lunga discussione del verso Se da colei che tal quasi mha fatto (O.F. I 2. 5), che viene considerato adatto alla poesia epigrammatica, ma sconveniente in Poema di una sola attione grave composto alla maniera di Homero, et di Vergilio: perch qui si ricercava maturit, et gravit, et soccorso divino et non giochevole scherzo (c. 43r). Poco serio, insomma, Ariosto, rispetto al genere di appartenenza. Nel secondo manoscritto (406) la prima nota esplicitamente critica, riferita a O.F. XII 7, si trova alla c. 172v:
Se lanello facea solo invisibile chi in bocca lhaveva, come non vedeano quei cavalieri la cavalla? ne la bocca della quale non era lanello!
ANTONELLI 1884: parte I, 185 e 196, nn. 377.6 (Brevi annotazioni sopra alcuni versi dei primi sei canti dellAriosto: ff. 43-46) e 406 (In fine vi sono dieci carte, le quali contengono alcune brevi annotazioni e spiegazioni di voci dellOrlando dellAriosto, diverse per da quelle del Cod. 377: ff. 172-182). I materiali raccolti dovevano approdare a un libretto: G IRALDI CINZIO 2002: 137 e 152. Unedizione dei manoscritti giraldiani annunciata per le cure di Marco Dorigatti e Carla Molinari, che entrambi sentitamente ringrazio per le utili osservazioni, i preziosi suggerimenti e i costruttivi dissensi durante lelaborazione di questo scritto.
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La richiesta di realismo rappresentativo e di coerente verosimiglianza rivela una sostanziale sintonia con le posizioni che Castelvetro esprimer alcuni anni dopo nel famoso attacco contro la canzone del Caro Venite a lombra de gran gigli doro: O le muse sono di schiatta Pigmaica, o male si difenderanno dal sole se non v albero, o altro, che gigli.31 Alla c. successiva, 173v, riferendosi a O.F. XVII 116. 8, Giraldi rimarca ancora una volta lincoerenza logica e argomentativa del linguaggio ariostesco:
Adulter dOrigille, et non fratello, non per detto in alcun loco che Origille havesse marito, n che ella fusse moglie di Griphone, et per non so come adultero. Meglio il chiama di sotto drudo.
Ancora alla c. successiva, 174v, commentando O.F. XX 88 ss., Giraldi accusa Ariosto di scarsa coerenza argomentativa:
Astolfo sona il corno, fugge ognuno, Aleria ha apparecchiato el legno, et nondimen non ha havuta paura, et non fuggita, perch quei che temeano entrano in nave, n bisogna dire, chella non havesse sentito il suono, perch soggiunge pi difetto, che tanto si allongarono nel mare, che pi non odano il sono, dunque si uda egli infino al lito: et nondimeno Aleria non era fuggita! loco da considerare.
Ad Ariosto mancato, insomma, il realismo della rappresentazione, perch ignora il principio strutturale della coerenza fra le parti. Ancora negativo latteggiamento nei confronti del proemio del XXIV canto, a c. 180v:
Chi salir per me madonna in cielo
31 CASTELVETRO [1559]: 112r. Sul realismo del Castelvetro, dopo DELLA VOLPE 1954 e SCRIVANO 1966: 169-181 (saggio del 1959), andr vista la recente riflessione di GIGLIUCCI 2007.
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G. B. Giraldi Cinzio critico dellOrlando furioso Principio di canto indegno di grave compositione, cosa che convenevole fosse a una elegia, o ad uno epigramma, ma qui sconvenevolissimo.
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La distinzione tra poesia grave, cio epica, da un lato, e poesia elegiaca ed epigrammatica, cio, nellinsieme, lirica, dallaltro lato, implica una diversa valutazione del rapporto tra lautore e la materia: oggettivo e neutro nel primo caso, soggettivo e personale nel secondo. La sintonia con Castelvetro, che rifiutava risolutamente le intrusioni della voce dellautore nel poema epico, ancora una volta qualcosa di pi di una coincidenza: non si potranno lodare si legge nella Poetica que poeti epopei li quali hanno ragionato di se stessi o delle sue cose, o in principio o in mezzo o in fine delle loro opere.32 Pi avanti la critica al poeta che posposto lufficio di narratore, che era suo proprio, imprenda lufficio di predicatore e di correggitore de costumi fuori di tempo, scopre chiaramente il suo bersaglio polemico: nel quale errore non cade mai Omero, ma s Virgilio alcuna volta []. E pi spesso di lui vi caggiono quelli poeti che sono meno buoni di lui, e massimamente Lucano [] e pi spesso di tutti Ludovico Ariosto nel suo Orlando furioso.33 Se non si tratta di contatti e collaborazioni, si dovr almeno pensare a un ambiente culturale comune, nel quale la circolazione delle idee e delle interpretazioni portava a un dialogo fittissimo, spesso al di l di precise consapevolezze e riferimenti espliciti. La comunit intellettuale si definiva come un costante esercizio ermeneutico, che faceva del testo il luogo di una prassi critica nella quale teoria e filologia sintrecciavano e rispecchiavano in continuazione.
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4. Ariosto e Boiardo: il Discorso intorno al comporre de romanzi. Tradizionalmente ritenuto un campione dellariostismo critico, il Discorso stato spesso letto come edificazione di una poetica del genere romanzesco basata sullOrlando furioso. ben noto, tuttavia, dopo gli studi di Donatella Rasi e Riccardo Bruscagli, che Giraldi sta qui edificando il suo Ercole piuttosto che difendere il poema ariostesco.34 Il romanzo come Giraldi lo presenta infatti un genere mobile, che non ha regole e paradigmi predefiniti, ma risponde alle esigenze del tempo e alle richieste del pubblico: il genere come Giraldi lo definisce nasce quindi da una grande operazione di mediazione tra teoria e prassi, norma poetica e modelli letterari, tra Aristotele e Ariosto. Tuttaltro che una difesa dellOrlando furioso o una definizione di un paradigma ariostesco, il Discorso si rivela piuttosto un trattato di poetica di tipo umanistico, fondato sul primato delluso, del costume e della prassi. Il poema ariostesco, in questo quadro, piuttosto un campo di verifica che un modello da imitare. Fin dallinizio, infatti, Ariosto associato a Boiardo in unesemplarit di coppia che per lo meno un ostacolo alla teoria del modello unico:
mi pare che fussero [...] molto accorti et aveduti il Conte Mattheo Maria Boiardo et il nostro Ariosto; de quali luno fu inventore molto vago et gentile, laltro, essercitandosi intorno a quella materia, che doppo la sua inventione era stata accettata dal mondo, et maravigliosamente dilettava, fu imitatore di gran loda degnissimo. Et questi due sono come due duci in cos fatti componimenti, le vestigia de quali deono seguir con ogni studio coloro che di materie finte vorranno ben scrivere in tal poesia (pp. 20-21).
34 RASI 1987: 73-83; EAD. 1991; BRUSCAGLI 1991 (poi in ID. 2003: 145166). Si citer da GIRALDI CINZIO 2002.
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Due maestri, dunque, luno inventore e laltro imitatore. Le cose si complicano ulteriormente nel momento in cui Giraldi va a considerare la possibilit di un altro romanzo rispetto al modello boiardesco e ariostesco: se vero che Ariosto non ha sbagliato a cominciare con Orlando e concludere con Ruggiero, perch egli segue lordine delle cose che si ha proposte (p. 35), pur vero che il nuovo poema che Giraldi prevede, un poema che sii intorno a tutta la vita dun huomo, avr ben altro ordine rispetto a quello ariostesco, perch havendosi a scrivere in forma di romanzi materia antica, sia meglio appigliarsi a molte attioni dun huomo, che ad una sola, o a molte di molti (p. 36). Sul piano dellinvenzione la distanza dal modello ariostesco dunque radicale: materia antica anzich cavalleresca, e molte azioni di un solo eroe anzich molte azioni di molti personaggi. La disposizione il secondo luogo di costruzione del poema, ma anche qui Ariosto non merita grandi lodi, secondo Giraldi, perch meglio che tutte le parti del poema siano mediamente belle, anzich che due o tre siano tanto eccellenti, che la loro eccellenza et ad esse stesse et allaltre sia cagione di deformit, vitio che pare notasse il Sannazaro nellAriosto in qualche luoco (p. 38). Una simile critica del Sannazaro allAriosto compariva gi nella Sferza de scrittori antichi e moderni di Ortensio Lando, che del 1550, ora disponibile nella bella edizione approntata da Paolo Procaccioli per leditore Beniamino Vignola di Roma: Soviemmi che il Sannazaro diceva aggradirgli molto pi il Boiardo che il Furioso perch erano in esso molte voci hor troppo humili hor troppo aspre.35 Della critica del Sannazaro allAriosto non abbiamo purtroppo altri testimoni, ma chiaro che lautorit citata non lasciava adito a dubbi sulla deformit del poema ariostesco, come sembra confermare la posizione del Lando, ancorch legata alla logica del paradosso e della ritrattazione. Ariosto ha avuto
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poco giudizio quanto alla disposizione, dunque, non diversamente da quel Trissino che tanto laveva biasimato, come Giraldi nota poco pi avanti, dove il giudizio favorevole ad Ariosto sembra piuttosto strumentale alla condanna del Trissino che finalizzato a un elogio vero e proprio, viste le cautele e i riguardi con cui viene espresso:
se havesse questi [Trissino] uguale al saper il giudicio, sarebbe egli molto pi pregiato chora non , et non haverebbe forse detto che il Furioso del nostro Ariosto (del quale egli ha per tolte molte cose et forse fattele peggiori) fosse componimento dal vulgo, come disse parlando di lui in quel suo, come gli altri, languidissimo verso Col Furioso suo che piace al vulgo. Che se nellAriosto si ritrova qualche cosa (come se ne trovano, che non voglio negare il vero) che non sia giunta a quella ultima finezza a che poteva aggiungere, sono non di meno (come dice Aristotele di Homero) tanti i lumi delle sue virt, et tanto splendor rendono, che ne rimangono anco illuminate quelle particelle che da s non sono cos chiare (p. 44).
Ariosto funge insomma da filtro per valutare lesperienza dei contemporanei, piuttosto che da modello autorevole o esclusivo. La menzione successiva serve infatti a ridimensionare lAmadigi di Gaula, con possibile allusione anche al poema di chi in quegli anni si faceva continuatore dellAmadigi, il suo amico Bernardo Tasso: se Virgilio avesse imitato Omero anche nelle cose sconvenevoli, come le liti fra re e fra dei, non sarebbe lodato, esattamente come non sarebbe lodato lAriosto,
segli nel suo poema havesse posto gli svenimenti che vengono in Amadigi ne furori delle battaglie quando vede la sua Oriana, allaspetto della quale gli cadono tante volte ne conflitti larme di mano, et egli come morto se ne rimane, come se fosse una femminuccia od un tenero fanciullo. Cosa che mai ne suoi romanzi
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G. B. Giraldi Cinzio critico dellOrlando furioso non volle imitare lAriosto, quantunque in alcune cose lAmadigi imitasse et gli altri autori spagnuoli; che gli parve che, se forse quelle cose convenivano o alla natione o al tempo nel quale fu scritto lAmadigi, non convenissero elle a suoi tempi, n alle genti da lui ne suoi romanzi introdotte (p. 48).
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Ariosto ha saputo evitare gli errori della tradizione romanzesca, come leccesso di svenevolezza e sentimentalismo, ma pi un discrimine tra vecchio e nuovo romanzo che un modello. Lo confermano le sezioni sullinvenzione e sulla disposizione, dove Giraldi si distacca decisamente dallesempio ariostesco, contrapponendo lunit alla molteplicit e la continuazione alla digressione. Se sul piano dellinvenzione un poema dalla materia antica e dalle molte azioni di un solo eroe preferibile a un poema dalla materia cavalleresca e dalle molte azioni di molti, sul piano della disposizione alla legatura dei romanzi, che interrompono e riprendono continuamente i vari fili del racconto, Giraldi contrappone una narrazione continuata:
saltri si desse a comporre le attioni di un huomo solo, si potrebbe continuare un canto con laltro senza rompere le materie et tralasciarle per ripigliarle poi e seguirle dinovo. [] Et forse pi lodevole modo di legar questo, che non il primo chabbiam detto (p. 53).
La conclusione suona come un rigetto della tecnica narrativa ariostesca, di cui tanto discutevano i contemporanei, a partire dallaffermazione del Pigna che va per tutta lopera saltando duna cosa in unaltra intricando tutto il poema. 36 Sia sul piano dellinvenzione sia su quello della disposizione la distanza dal modello ariostesco insomma radicale: materia antica anzich cavalleresca, molte azioni di un solo eroe anzich molte di molti, narrazione continuata anzich
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Da un lato abbiamo la materia finta, che quella della tradizione cavalleresca, dallaltro la materia antica, che ha un valore storico. Giraldi qui non lo ripete, ma la sua preferenza per la seconda stata gi ampiamente rivendicata. I romanzi di cui egli parla sono quindi un superamento del codice cavalleresco a favore di un nuovo approccio al genere: sempre allinterno del genere, ma modificandolo e rinnovandolo in una direzione pi adeguata a rispondere alle esigenze della contemporaneit.37 Nellambito di una poesia capace di intrecciare storia e finzione, Ariosto riuscito grande e magnifico proprio in quelle digressioni che non costituiscono uninterruzione dellazione, ma un allargamento dello sguardo, al fine di rappresentare la variet dei costumi (p. 70). Questo laspetto ovidiano della sua poesia, che rivela meravigliosa vaghezza nelle descrizioni.
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2002.
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Poeta umanista, dunque, lAriosto, da ammirare per la variet, ricchezza ed efficacia della rappresentazione, ma da rivedere sul piano inventivo e compositivo. Anche sul piano metrico, infatti, la scelta di Giraldi va in una direzione antiariostesca, con la preferenza per la terza rima rispetto allottava, cui si deve cedere soltanto per lauttorit degli scrittori et per luso introdutto (p. 105). Anche sul piano dellelocuzione, infine, ad Ariosto non vengono risparmiate critiche. Bench egli sia, insieme con Dante, Petrarca e Bembo, un modello di congiunzione tra arte e natura, la sua versificazione spesso pi artificiosa che naturale: a commento dellottava 45 del XXIV canto dellO.F., Giraldi nota che le due espressioni tra parentesi sembrano non nate, ma portatevi et poste per far la consonanza. Nondimeno fu fatto ci cos gentilmente, che pare che pi dilettino a vederle tali che se fussero naturalissime (p. 111). Ancora una volta dietro un apparente complimento si cela una critica velata: larte di Ariosto ha superato la natura, ma forse se fosse stato un poeta pi naturale sarebbe stato miglior poeta. Le lodi dellAriosto versificatore sono infatti ripetute, ma tutto il discorso sullelocuzione punta in realt a dimostrare che Ariosto non stato un poeta abbastanza naturale. Due volte, infatti, Giraldi propone un confronto tra due ottave, luna riscrittura dellaltra, che dimostra la superiorit del primo Ariosto sul secondo. Si tratta dei passi relativi alla riscrittura di O.F. I 54, quando Sacripante soccorre Angelica, e XXV 101 (XVII 101 nel 1532), con la descrizione dellassedio di Parigi. Nel primo caso, bench la modifica sia dettata dallesigenza di evitare la ripetizione delle rime, si vede chiaramente che le rime della prima stanza erano quelle con le quali si deveva esprimere il concetto, et parte delle seconde fu tolta per necessit (p. 126). Nel secondo caso,
posto che lultime voci siano pi frequenti et fatte pi molli dalluso, erano per le prime, tali quali erano,
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STEFANO JOSSA pi significanti et pi proprie alla materia della stanza, et ponevano quello strepito et quel romore nellorecchie a chi udiva et nellanimo a chi leggeva. La qual cosa, perch si veda aperta, non mi sar grave soppor qui luna et laltra stanza, perch ne possa far giudicio il discreto lettore. La prima questa:
Trem Parigi e torbidossi Senna A la terribil voce di quellebra: Ribomb il suon fin alla selva Ardenna, S che lasciar le fiere ogni latebra: Udiron lAlpe e l monte di Gebenna, E il lago di Costanza et di Ginebra, Rodano e Sona, ud Garona e il Rheno, Si strinsero le madri i figli al seno.
La seconda questa:
Trem Parigi et torbidossi Senna Allalta voce, a quello horribil grido: Ribomb il suon fin alla selva Ardenna S che lasciar tutte le fiere il nido; Udiro lAlpe, e il monte di Gebenna. Di Blaia, dArli, et di Roano il lido. Rhodano, et Sona ud, Garona, e il Rheno: Si strinsero le madri i figli al seno.
Furono (come ho detto) pi molli queste rime, ma erano le altre pi proprie et pi significanti, per la grande efficaccia che portavano con esso loro; la quale efficaccia era nel significato delle voci et nellasprezza loro, perch (come cinsegna Quintiliano) le cose atroci et terribili vogliono esser scritte con voci aspre, come erano ebra, latebra, Ginebra; et non con molli, come lido, grido, nido. Il che avvenuto allAriosto non pure in queste voci, ma in molte altre, le quali talhora per servare le regole della lingua che apparvero doppo la prima editione del suo Furioso, talhora per compiacere a se medesimo, ha egli mutato et molte volte con meno splendore del suo componimento, come ho io osservato in moltissimi luochi (pp. 151-152).
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Il commento giraldiano spiazzante per chi abbia in mente il paradigma storicistico del miglioramento necessario e costitutivo dellarte, in base al quale il terzo Furioso non pu non essere superiore al primo (paradigma gi ripetutamente contestato, tuttavia, proprio a proposito delle tre edizioni del poema ariostesco);38 ma ci che pi sorprende la risoluta affermazione che molte delle correzioni ariostesche hanno determinato un peggioramento in termini stilistici, al punto da perdere in significazione, propriet ed efficacia, cio in capacit rappresentativa e forza emotiva. Ariosto ha insomma ecceduto nellarte, rinunciando alla natura: poeta gi troppo poetico e poco spontaneo per poter aderire alle cose e dar voce alla vita. Discende da qui lultimo giudizio sullAriosto, aggiunto in una nota manoscritta a margine sullesemplare a stampa dei Discorsi su cui Giraldi continuava a lavorare dopo la pubblicazione:39
Simile a Lucretio nella nostra lingua (quanto al seguire la natura) fu il conte Matheo; il quale, quantunque fosse un poco pi rozzo che la bellezza del componimento non richiedeva, fu per il primo che messe il piede nella buona strada et insegn agli altri di caminarci lodevolemente. Alle pedate del quale stato tanto intento lAriosto, che pare che non habbia saputo mover passo che non lhabbia messo nelle vestigia (parlo quanto alle materie) di quel bello ingegno che in que tempi che non si conoscea la virt di questa nostra felicissima lingua fu maraviglioso nelle inventioni et nelle fittioni poetiche convenevoli ne romanzi. Et voglio credere, che segli si fosse ritrovato ne tempi che lAriosto compose il
38 Per una discussione della storia della critica sui rapporti fra primo e terzo Furioso: DORIGATTI 2006: XXIX-XXXII (dove si leggono gli interventi di Caretti, Dionisotti, Segre e Bruscagli). 39 Si tratta dellesemplare conservato alla Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara e siglato Cl. I 90, sui cui condotta ledizione della Villari (GIRALDI CINZIO 2002: CXXV-CLXV).
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STEFANO JOSSA Furioso, nel qual tempo gi si era palesata la felicit della nostra lingua, non sarebbe riuscito meno felice nel numero et nella osservanza de versi che riuscisse nelle favolose inventioni de cavalieri erranti (pp. 156157).
Apertosi allinsegna della congiunzione tra Boiardo e Ariosto come maestri del genere romanzesco, il Discorso si chiude idealmente, lungo il suo itinerario teorico, con la proclamazione della superiorit del primo sul secondo. Segno di una preferenza per la natura rispetto allarte, la spontaneit rispetto alla regola? Certo che Giraldi non sta pi partecipando al processo di canonizzazione dellOrlando furioso descritto da Javitch. Egli vuole piuttosto costruire un canone del genere romanzesco nel quale Ariosto soprattutto maestro di rappresentazione, ma non di poesia. Il grande ariostista si rivela allora, alla prova dei fatti, perch i testi vanno letti e interpretati anzich venerati come idoli o sbandierati come proclami, forse quasi ostile allAriosto, al punto da ritenere da un lato che il poema cavalleresco vada superato in una direzione eroica, dallaltro che il vero grande poeta ferrarese sia Boiardo piuttosto che Ariosto. Di fronte alla nuova egemonia culturale, che faceva prevalere decisamente la norma sulla forma, la regola sullarte, la poetica sul poeta e lelocutio sullinventio, Giraldi arretrava dalle posizioni assunte al tempo della lettera al Pigna e spostava il proprio perimetro difensivo verso il Quattrocento: ritornare alla tradizione municipale non significava pi immergersi nei linguaggi naturali, nella variet e nelleclettismo della macchina romanzesca, ma recuperare i valori di libert, spontaneit e entusiasmo contro il primato della tchne, secondo un paradigma di lunga durata della tradizione umanistica. Ariosto, sul finire degli anni Cinquanta, non poteva pi rappresentare questa tradizione: a chi volesse ancora mediare tra natura e regola, invenzione poetica e padronanza tecnica, senza farsi
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fagocitare dal primato della scrittura sulla rappresentazione, non restava che Boiardo. Il ritorno a Boiardo non si configura, tuttavia, come operazione contro Ariosto, ma come preferenza per lAriosto quattrocentesco su quello cinquecentesco, cio per il poeta del realismo rappresentativo rispetto al poeta dellarte e della tecnica. Dopo aver tentato di mediare tra poetiche umanistiche e regole aristoteliche, di fronte allavanzata di una generazione aggressiva e agguerrita che proponeva il primato del tecnico sullintellettuale, Giraldi ripiega su un ritorno alle origini che si presenta come bisogno di rifondazione anzich nostalgia del passato: sempre nel nome di Ariosto, ma alla condizione di svincolarlo dalla norma aristotelica per restituirlo al suo spirito pi autentico, che leredit di Boiardo. Un binomio ferrarese, quindi, che la storia recente stava separando nel nome dello scarto tra i moderni e la natura, ma che Giraldi rivendica come unico baluardo possibile a difesa della tradizione municipale contro lavanzata degli specialisti e degli opportunisti.
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