S. Teresa D'avila - Libro Delle Fondazioni
S. Teresa D'avila - Libro Delle Fondazioni
S. Teresa D'avila - Libro Delle Fondazioni
JHS [PROLOGO]
1. So per esperienza, prescindendo da ci che ne ho letto in molti libri, il grande vantaggio che deriva ad unanima quando non si allontana dallobbedienza. So che da ci dipende il progresso nella virt e lacquisto graduale dellumilt; nellobbedienza sta la sicurezza contro il timore di smarrire la strada del cielo, timore che bene sia sentito da noi mortali finch dura questa vita; nellobbedienza sta la pace cos apprezzata dalle anime che desiderano piacere a Dio. Se infatti con tutta sincerit esse si sottopongono a questa santa obbedienza e vi assoggettano lintelletto, non volendo ascoltare altro parere che quello del proprio confessore e se sono anime di religiosi, del proprio superiore il demonio cessa di assalirle procurando continue cause di agitazione perch sa ormai che ne uscir con perdita anzich con guadagno. Parimenti cessano i nostri inquieti movimenti volti sempre a farci agire in base alla nostra volont e ad asservire la ragione a ci che di nostra personale soddisfazione, perch ci ricordiamo di aver decisamente sottomesso il nostro volere a quello di Dio, assoggettandoci a chi ne fa le veci. Avendomi Sua Maest, nella sua bont, illuminata circa la conoscenza del gran tesoro che racchiuso in questa preziosa virt, ho cercato sia pur debolmente e imperfettamente di praticarla, ma spesso vi si oppone la consapevolezza della mia scarsa virt, che sento inadeguata allesecuzione di alcuni ordini. Provveda la divina Maest a ci che mi manca per assolvere il compito del presente lavoro! 2. Mentre ero in San Giuseppe di Avila, nel 1562, che lanno in cui si fond tale monastero, ricevetti dal padre fra Garca di Toledo, domenicano, allora mio confessore, lordine di scrivere la storia di questa fondazione, con molte altre cose che vedr chi legger il mio scritto, se verr alla luce. Stando ora, nellanno 1573, cio undici anni pi tardi, a Salamanca, il padre rettore della Compagnia, chiamato maestro Ripalda, dal quale ora mi confesso, dopo aver visto questo libro della prima fondazione, ritenne utile al servizio di nostro Signore che scrivessi la storia degli altri sette monasteri che, a partire da allora, per la bont del Signore, sono stati fondati, insieme con quella dei primi conventi di padri scalzi della Regola primitiva. Pertanto mi diede lordine di farlo. Tale obbedienza mi sembrava impossibile, a causa delle molte incombenze, sia di corrispondenza, sia di altre occupazioni a cui dovevo necessariamente attendere, essendomi state imposte dai superiori. Alquanto angustiata per la mia scarsa capacit e malferma salute, perch anche senza questo sovraccarico, spesso la mia misera natura mi rendeva insostenibile il lavoro, mentre mi raccomandavo a Dio, il Signore mi disse: Figlia, lobbedienza d forza. 3. Piaccia a Sua Maest che sia cos e mi dia grazia di riuscire a raccontare, per la sua gloria, i doni da lui elargiti al nostro Ordine in queste fondazioni. Si pu essere certi che lo far con estrema sincerit, senza alcuna esagerazione, per quanto potr rendermene conto, in modo del tutto conforme a quel che avvenuto. Se in cose di scarsa importanza non direi una menzogna per nulla al mondo, molto pi me ne farei scrupolo in questo scritto destinato a glorificare Dio: mi sembrerebbe non solo una perdita di tempo, ma un servirmi delle cose sante per ingannare la gente, ragion per cui Dio, anzich esserne lodato, ne rimarrebbe offeso. Sarebbe un gran tradimento! Sua Maest non voglia ritirare da me la sua mano, perch io non abbia a commetterlo! Tratter di ogni fondazione singolarmente e cercher di essere breve, se sapr farlo, perch il mio stile talmente pesante che, pur con la migliore buona volont, temo di non riuscire a evitare di stancare gli altri e me stessa. Ma il grande affetto che hanno per me le mie figlie, alle quali devessere rimesso questo scritto dopo la mia morte, glielo render sopportabile. 4. Piaccia a nostro Signore che, non cercando io mai in nulla il mio vantaggio personale del
resto non avrei motivo di farlo , ma guardando solo alla sua lode e alla sua gloria infatti vi si troveranno molte cose che saranno motivo per elargirgliele , nessuno di coloro che lo leggeranno abbia minimamente lidea di attribuirmi qualche merito: sarebbe andare contro la verit. Si preghi piuttosto Sua Maest di perdonarmi il cattivo uso che ho fatto di tante grazie. Le mie figlie, a causa di ci, hanno ben pi ragione di lamentarsi di me che dessermi grate per lopera compiuta. Rendiamo tutte, figlie mie, grazie alla bont di Dio per i molti doni di cui ci ha favorito. In nome del suo amore chiedo a chi legger questo scritto unAve Maria, affinch mi sia daiuto a uscire dal purgatorio e giungere a vedere Ges Cristo nostro Signore, che vive e regna con il Padre e con lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen. 5. A causa della mia poca memoria credo che ometter molte cose importantissime, mentre ne dir altre che avrei potuto tralasciare. In conclusione, il mio scritto risentir del mio scarso ingegno, della mia ignoranza e anche del poco tempo di cui dispongo per attendervi. Mi stato ordinato, inoltre, di trattare, qualora se ne presenti lopportunit, alcune cose circa lorazione e di segnalare gli errori che potrebbero arrestare il progresso delle anime dedite ad essa. 6. In tutto mi sottometto a ci che insegna la santa romana Chiesa nostra madre, e voglio, sorelle e figlie mie, che tale scritto non sia rimesso nelle vostre mani prima che lo vedano persone dotte e spirituali. Comincio nel nome del Signore, affidandomi allaiuto della sua gloriosa Madre, di cui porto labito, pur essendone indegna, e del mio glorioso padre e protettore san Giuseppe, che mi ha sempre assistita con la sua intercessione e nella cui casa mi trovo, poich questo monastero di carmelitane scalze, dedicato a lui. 24 agosto 1573, festa di san Luigi, re di Francia. Sia lodato Dio!
COMINCIA LA FONDAZIONE DEL MONASTERO DI SAN GIUSEPPE DEL CARMINE IN MEDINA DEL CAMPO
1. Dopo la fondazione del monastero di San Giuseppe di Avila, rimasi in esso cinque anni che a quanto ora ritengo saranno forse stati i pi tranquilli della mia vita, quelli di cui la mia anima rimpiange spesso profondamente la pace e la quiete. In quel tempo entrarono nel monastero alcune pie ragazze molto giovani, che il mondo a quel che sembrava, stando ai segni del loro sfoggio ed eleganza teneva gi per sue. Il Signore, strappandole sollecitamente a quelle vanit, le condusse alla sua casa, arricchendole di tanta perfezione da restarne io profondamente confusa. E cos arrivammo al numero di tredici, cio quello che si era stabilito di non oltrepassare. 2. Ero felice di trovarmi fra anime cos sante e pure, la cui unica preoccupazione era servire e lodare nostro Signore. Sua Maest ci mandava l il necessario senza che lo chiedessimo, e quando ci veniva a mancare, il che accadde ben poche volte, la gioia di tali anime era ancora pi grande. Lodavo il Signore alla vista di tante eccelse virt, soprattutto ammirata nel considerare la noncuranza di queste consorelle per tutto ci che non fosse il servirlo. Pur stando l come priora, non ricordo di essermi mai preoccupata del vitto; ritenevo per certo che il Signore non avrebbe deluso quelle anime, di nullaltro preoccupate se non di come piacergli. E se, talvolta, non cera il cibo per tutte, quando dicevo che ci di cui disponevamo doveva darsi alle pi bisognose, ognuna riteneva di non essere ella tale, e cos il cibo durava fino a quando Dio non lo mandava per tutte. 3. Quanto alla virt dellobbedienza (di cui sono molto rispettosa, sebbene non sapessi praticarla fino a quando queste serve di Dio non minsegnarono a conoscerla), se ne avessi la capacit, potrei dire molte cose ad essa pertinenti che l vidi. Me ne viene ora in mente una,
ed che, mentre un giorno stavamo in refettorio, ci furono date certe porzioni di cetrioli. A me tocc un cetriolo molto piccolo e internamente guasto. Come se nulla fosse, chiamai una consorella tra le pi dotate dingegno e di buon senso cherano l, per mettere alla prova la sua obbedienza, e le dissi di andare a piantare quel cetriolo in un nostro piccolo orticello. Mi chiese se doveva piantarlo diritto o disteso; le risposi di metterlo disteso. Ella and e lo piant, senza che le passasse per la mente che si sarebbe certamente seccato: il rispetto dellobbedienza le accec la ragione naturale, facendole credere che ci avrebbe avuto sicuramente esito felice. 4. Mi accadeva qualche volta di affidare a una sola consorella sei o sette incombenze fra loro incompatibili e questa le accettava in silenzio, ritenendo possibile assolverle tutte. Avevamo un pozzo dacqua assai cattiva, a giudizio di quelli che ne fecero la prova; sembrava impossibile renderla corrente, a causa della profondit del pozzo. Gli operai che avevo chiamato a questo scopo si ridevano di me, ritenendo che volessi buttar via il denaro inutilmente. Richiesi le consorelle del loro parere. Una disse: Facciamolo; nostro Signore deve pur provvederci di persone che ci portino acqua e fornirci di che mantenerle; certo pi economico per Sua Maest darci lui acqua in casa; pertanto, non tralascer di farlo. Io, considerando la grande fede e decisione delle sue parole, mi ritenni sicura del risultato e, contro la volont del fontaniere che sintendeva di acqua , feci eseguire il lavoro. Piacque al Signore che tirassimo fuori da l un getto dacqua potabile largamente sufficiente per noi, e lo abbiamo tuttora. 5. Non lo racconto come un miracolo perch avrei da raccontarne molti altri, ma per la fede che avevano queste sorelle, essendo tutto avvenuto proprio come ho detto. Del resto, il mio intento principale non lodare le monache di questi monasteri, che, per la bont del Signore, si comportano tutte cos. Di queste, come di altre cose, sarebbe troppo lungo scrivere, anche se non inutile, perch talvolta quelle che vengono dopo sono incitate ad imitare le consorelle. Se al Signore piacer che queste cose si sappiano, i prelati potranno ordinare alle priore di scriverle. 6. Una cos miserabile creatura, dunque, se ne stava tra queste anime angeliche: mi apparivano proprio tali, perch non mi nascondevano nessun difetto, per quanto intimo fosse; le grazie, gli ardenti desideri e il distacco che il Signore dava loro erano grandissimi; la loro consolazione era la solitudine, tanto che mi assicuravano di non stancarsene mai e di provare tormento per le visite, anche dei propri fratelli. Quella che aveva pi tempo di starsene in un romitorio si riteneva pi felice. Considerando il grande merito di queste anime e il coraggio, non certo femminile, che Dio concedeva loro per patire e servirlo, molte volte mi sembrava che le ricchezze di cui le favoriva il Signore dovessero avere qualche gran finalit. Non gi che mi passasse per la mente ci che poi si fatto (perch allora sembrava cosa impossibile, non essendovi neppure un principio che potesse darmene unidea), sebbene, man mano che il tempo passava, fossero molto aumentati i miei desideri di contribuire al bene di qualche anima, e molte volte mi sembrasse di essere come chi ha un grande tesoro da parte e desidera che tutti ne godano, ma si sente le mani legate per distribuirlo. Proprio cos mi pareva che fosse legata la mia anima, poich le grazie che in quegli anni il Signore mi concedeva erano molto grandi e tutto mi sembrava male impiegato in me. Servivo il Signore con le mie povere preghiere; mi adoperavo continuamente perch le consorelle facessero lo stesso e amassero il bene delle anime e lo sviluppo della Chiesa. Chi trattava con esse ne rimaneva sempre edificato e in ci si appagavano i miei grandi desideri. 7. Dopo quattro anni mi sembra, anzi, un po di pi venne a farmi visita un frate francescano, il cui nome era Alonso Maldonado, gran servo di Dio, che aveva i miei stessi desideri circa il bene delle anime e poteva metterli in pratica, cosa che gli invidiavo molto. Era arrivato recentemente dalle Indie. Cominci a raccontarmi dei molti milioni di anime che l si perdevano per mancanza di istruzione religiosa, ci fece una predica con unesortazione che ci animava alla penitenza, e poi se ne and. Rimasi cos afflitta per la perdita di tante anime da sentirmi fuori di me. Me ne andai, sciogliendomi in lacrime, in un romitorio: invocavo nostro Signore supplicandolo di darmi il mezzo per poter far qualcosa per guadagnare anime al suo servizio, poich tante gliene portava via il demonio, e concedermi di operare un po di bene con la preghiera, visto che io non sapevo far altro. Invidiavo molto coloro che per amore di nostro Signore potevano dedicarsi alle missioni, anche a costo di affrontare mille morti: mi accade infatti, quando leggiamo nelle vite dei santi che operarono conversioni, di sentire ben pi devozione, commozione e invidia per questo, che per tutti i martri da essi patiti, essendo tale la vocazione che il Signore mi ha dato. Mi sembra infatti
che egli ci apprezzi di pi se, mediante la sua misericordia, riusciamo a guadagnargli unanima con i nostri sforzi e con la nostra preghiera, che non per quanti altri servizi possiamo rendergli. 8. Mentre ero in questa grandissima pena, una notte, stando in orazione, mi si present il Signore nella maniera solita e, mostrandomi grande amore, quasi a volermi consolare, mi disse: Aspetta un poco, figlia, e vedrai grandi cose. Tali parole restarono cos impresse nel mio cuore che non potevo dimenticarle. Quantunque non riuscissi a coglierne il significato per molto che ci pensassi e non scorgessi la via o il cammino per far qualche supposizione, rimasi assai consolata e con assoluta certezza che tali parole si sarebbero avverate, ma in che modo non riuscii mai a immaginarlo. Cos trascorse, mi pare un altro mezzo anno, dopo il quale avvenne ci che ora dir.
CAPITOLO 2 Come il nostro padre generale venne ad Avila e quali furono le conseguenze della sua visita.
1. I nostri padri generali risiedono sempre a Roma. Nessuno di loro era mai venuto in Spagna e sembrava impossibile che venissero proprio allora. Ma, poich di fronte alla volont del Signore non c nulla dimpossibile, Sua Maest provvide allattuazione di quello che non era mai accaduto. Quando io lo seppi, mi parve di provarne dispiacere perch, come gi si detto circa la fondazione di San Giuseppe, tale monastero non era soggetto ai religiosi dellOrdine, per la ragione l esposta. Temetti due cose: la prima che egli sirritasse con me, e a ragione, non sapendo come si erano svolti i fatti; la seconda, che mi ordinasse di tornare al monastero dellIncarnazione, dove si osserva la Regola mitigata, il che mi avrebbe fatto piombare nella desolazione, per molti motivi che non necessario specificare. Bastava questo: che l io non avrei potuto osservare il rigore della Regola primitiva, senza dire che le religiose erano pi di centocinquanta, mentre dove sono poche c sempre pi concordia e tranquillit. Ma il Signore aggiust le cose assai meglio di quanto non immaginassi, perch il generale un cos devoto servo suo e cos dotto e prudente che riconobbe la bont dellopera e, per il resto, non mi mostr alcun dissenso. Si chiama fra Giovanni Battista Rossi di Ravenna ed una persona che, ben a ragione, gode di grande considerazione nellOrdine. 2. Quando dunque giunse ad Avila, procurai che venisse a San Giuseppe, e il vescovo ritenne giusto che gli si facesse quellaccoglienza che si sarebbe fatta a lui stesso. Lo informai di ogni cosa con assoluta sincerit e franchezza, essendo nella mia indole trattare cos con i superiori qualunque conseguenza possa venirmene, perch adempiono le veci di Dio e lo stesso faccio con i confessori. Mi sembra che, se mi comportassi altrimenti, la mia anima non potrebbe sentirsi sicura. Gli resi conto pertanto dei miei sentimenti e di quasi tutta la mia vita, bench assai spregevole. Egli mi consol molto e mi assicur che non mi avrebbe ordinato di andar via da l. 3. Si rallegrava di vedere il nostro modo di vivere, che gli sembrava unimmagine, anche se imperfetta, dei primi tempi del nostro Ordine, e di costatare come si osservava in tutto il suo rigore la Regola primitiva che non veniva seguita allora in nessun monastero dellOrdine, overa in vigore quella mitigata. Desideroso comera che questo principio di riforma progredisse, mi dette le pi ampie facolt per fondare altri monasteri, con censure contro i Provinciali che vi si opponessero. Io non gliele avevo chieste, ma egli aveva capito, dal mio modo di procedere nellorazione, il mio ardente desiderio di contribuire ad avvicinare maggiormente qualche anima a Dio. 4. Non ero io, ripeto, a cercare di aprirmi tali vie; anzi, il farlo mi sarebbe sembrato una follia, perch mi rendevo ben conto che una donnetta cos priva di autorit come me non avrebbe potuto concludere nulla, ma quando lanima presa da questi desideri non in suo potere respingerli. Lardore di piacere a Dio e la fede rendono possibile ci che a rigor di logica non lo . Costatato pertanto il vivo desiderio del nostro reverendissimo padre generale circa la fondazione di altri monasteri, mi parve di vederli gi costruiti. Ricordando le parole che nostro Signore mi aveva detto, cominciavo a scorgere qualcosa di ci che prima mi restava oscuro. Soffrii molto quando vidi il nostro padre generale far ritorno a Roma: mi ero molto
affezionata a lui e mi sembrava di restare totalmente priva di appoggio. Egli, nei miei riguardi, era molto affettuoso e pieno di benevolenza: tutte le volte che poteva sottrarsi alle sue occupazioni veniva al monastero per trattare di cose spirituali, e lo faceva come chi favorito dal Signore di insigni grazie: pertanto ascoltarlo era motivo di gioia. Ancor prima che partisse, il vescovo, don Alvaro de Mendoza, molto propenso ad aiutare coloro che procurano di servire Dio con maggior perfezione, si adoper perch gli desse lautorizzazione di fondare nella sua diocesi alcuni conventi di frati scalzi della Regola primitiva, preghiera che gli fu rivolta anche da altre persone. Egli avrebbe voluto acconsentire, ma trov opposizione nellOrdine e, per non turbare la provincia, lasci allora la cosa in sospeso. 5. Trascorsi alcuni giorni considerando quanto sarebbe stato necessario, se si fondavano monasteri di monache, che vi fossero anche frati della stessa Regola. Vedendo come in questa provincia ne esistessero ben pochi, che per giunta mi sembravano sul punto di estinguersi, raccomandata vivamente la cosa a nostro Signore, scrissi al nostro padre generale una lettera, rivolgendogli come meglio potei tale supplica. Gli esposi le ragioni per cui ci sarebbe riuscito a gran servizio di Dio, e come gli ostacoli che potevano incontrarsi non bastavano a giustificare labbandono di unopera cos meritoria; gli prospettai anche il servizio che avrebbe reso a Nostra Signora, di cui era molto devoto. Fu la Vergine, indubbiamente, ad occuparsi della cosa, perch il padre generale, avuta la mia lettera mentre era a Valenza, da l, come quegli a cui stava molto a cuore la maggior perfezione dellOrdine, mi invi lautorizzazione di fondare due conventi. Per evitare linsorgere di opposizioni, ne rimise il consenso al provinciale in carica e a quello precedente, cosa che era molto difficile ad ottenersi. Ma, siccome si era raggiunto il pi, speravo che il Signore avrebbe fatto il resto. E fu cos perch, grazie allappoggio del vescovo, che aveva preso a cuore questa cosa come sua, i due provinciali diedero entrambi il loro consenso. 6. Se ero dunque ormai riconfortata dalla concessione delle autorizzazioni, vedevo per crescere le mie preoccupazioni non essendoci, a mia conoscenza, alcun frate nella provincia capace di realizzarle, n alcun secolare che volesse dar principio a tale opera. Non facevo che supplicare nostro Signore di suscitarne almeno qualcuno. Non avevo nemmeno casa n mezzi per procurarmela. Ecco qui, dunque, una povera monaca scalza, senza aiuti da nessuno, tranne che dal Signore, carica di autorizzazioni e di buoni desideri, ma impossibilitata ad attuarli. Il coraggio, per, non mi veniva meno: speravo sempre che il Signore, come aveva gi dato una cosa, avrebbe dato anche il resto. Ormai tutto mi sembrava molto fattibile, pertanto mi misi allopera. 7. Oh, grandezza di Dio! Come mostrate la vostra potenza nel concedere questa audacia a una formica! E come, mio Signore, non dipende da voi se coloro che vi amano non compiono grandi opere, ma dalla loro codardia e pusillanimit! Non prendiamo mai una ferma decisione, pieni sempre, come siamo, di mille timori e prudenze umane, e voi, mio Dio, pertanto, non operate le vostre meraviglie e grandezze. Chi pi di voi sarebbe amante di dare, se trovasse a chi dare, o di ricevere servizi a proprie spese? Piaccia alla Maest Vostra che io ve ne abbia reso qualcuno e non debba esservi ancor pi debitrice per il molto che ho ricevuto! Amen.
CAPITOLO 3 In che modo si cominciarono le trattative circa la fondazione del monastero di San Giuseppe in Medina del Campo. 1. Mentre ero dunque fra tante preoccupazioni, mi venne in mente di ricorrere allaiuto dei padri della Compagnia, che erano assai ben visti in quel luogo, cio a Medina. Con costoro, come ho gi scritto a proposito della prima fondazione, trattai per molti anni delle cose inerenti alla mia anima; ad essi sono particolarmente devota per il gran bene che sempre mi fecero. Scrissi ci che il nostro padre generale mi aveva ordinato al rettore di quel collegio, il quale per combinazione era proprio quello che mi aveva confessato per molti anni, come ho gi detto, senza tuttavia farne il nome. Si chiama Baltasar Alvarez, ed attualmente provinciale. Egli e gli altri del collegio risposero che avrebbero fatto tutto il possibile per aiutarmi in quella circostanza. Infatti si adoperarono molto per ottenere il permesso dalla citt e dal vescovo perch, trattandosi di un monastero senza rendite, una cosa che presenta ovunque difficolt: la negoziazione si prolung quindi alcuni giorni.
2. Allo scopo di affrettarla, si rec l un sacerdote, gran servo di Dio, profondamente staccato da tutte le cose del mondo e assai dedito allorazione. Era cappellano del nostro monastero dove mi trovavo io e, poich il Signore gli ispirava gli stessi miei desideri, mi aiut molto, come si vedr in seguito. Si chiama Giuliano dAvila. Pur avendo ormai il permesso, non aveva per casa e nemmeno un centesimo per comprarla. Quanto al credito necessario per valermi di un prestito, se il Signore non mi aiutava, come poteva ottenerlo una povera pellegrina qual ero io? Per la provvidenza del Signore, una giovane molto virtuosa, che non aveva potuto trovare posto in San Giuseppe, sapendo che si fondava unaltra casa, mi venne a pregare di accoglierla in essa. Aveva un po di soldi, ben pochi, che non potevano bastare per comprare una casa, ma solo per prenderla in affitto ci che noi facemmo e per sopperire alle spese del viaggio. Senza alcunaltra risorsa, allinfuori di questa, partimmo da Avila, io, due consorelle di San Giuseppe e quattro dallIncarnazione, che un monastero della Regola mitigata dove stavo io prima che si fondasse quello di San Giuseppe. Era con noi il nostro padre cappellano, Giuliano dAvila. 3. Quando ci si seppe in citt, ci furono grandi mormorazioni: gli uni dicevano che ero pazza, gli altri aspettavano la fine di quella mia insensatezza. Al vescovo comebbe a dirmi poi tale insensatezza sembrava enorme, anche se allora non me lo fece capire n volle ostacolarmi, perch aveva per me molto affetto e temeva di addolorarmi. I miei amici, s, mi avevano mosso una quantit di obiezioni, ma io vi facevo poco caso: mi sembrava infatti cos facile ci che essi ritenevano malsicuro, che non potevo convincermi dellimpossibilit di una buona riuscita. Gi quando lasciammo Avila avevo scritto a un padre del nostro Ordine, chiamato fra Antonio de Heredia, pregandolo di comprarmi una casa. Egli era allora priore del convento tenuto in quella citt dai frati del nostro Ordine, cio il convento di SantAnna. Ne parl con una signora che gli era devota, la quale ne aveva una che era andata tutta in rovina, tranne un appartamento, ma in ottima posizione. Fu cos buona che promise di vendergliela. Pertanto si misero daccordo, senza che ella esigesse garanzie n altra obbligazione che la sua parola; se avesse richiesto cauzioni, ci saremmo viste perse, ma il Signore andava sistemando tutto. Le mura della casa erano talmente rovinate che per questa ragione ne prendemmo in affitto unaltra, in attesa che si riparasse quella, perch il lavoro da fare non era certo poco. 4. Allarrivo ad Arvalo, la sera del primo giorno di viaggio, stanche per il cattivo equipaggiamento, ci venne incontro un sacerdote nostro amico, che ci aveva preparato un alloggio in casa di alcune pie donne. Mi disse in segreto che eravamo senza casa, perch quella presa in affitto si trovava vicino a un convento di Agostiniani, i quali si opponevano al nostro ingresso l, ragion per cui bisognava per forza fare una causa. Ma, mio Dio, quanto servono a poco tutte le opposizioni, quando voi vi compiacete di dar coraggio! Mi parve perfino che quella notizia mi rianimasse, ritenendo che, se il demonio cominciava ad agitarsi, voleva dire che in quel monastero si sarebbe servito il Signore. Ci nonostante pregai quellecclesiastico di mantenere la cosa segreta, per non turbare le mie compagne, specialmente le due del monastero dellIncarnazione, perch le altre avrebbero sofferto per amor mio qualunque difficolt. Una di esse era allora sottopriora di quel monastero, e luscita da esso le era stata assai contrastata; tutte due appartenevano a una buona famiglia e venivano contro la volont dei loro parenti, perch il nostro progetto sembrava a tutti una follia. Vidi io stessa, da quanto segu, che avevano ragione da vendere, ma allorch piace al Signore che io fondi una di queste case, nessuna ragione mi sembra sufficiente per tralasciare di farlo, per lo meno cos fino ad opera compiuta. Allora mi si presentano tutte insieme le difficolt, come dir in seguito. 5. Arrivate al nostro alloggio, seppi che nel paese si trovava un religioso domenicano, esemplare servo di Dio, dal quale mi ero confessata durante la mia permanenza a San Giuseppe. Avendo parlato a lungo della sua virt a proposito di quella fondazione, qui mi limiter a dirne il nome: il maestro fra Domingo Bez. Ha grande dottrina e discrezione, ragion per cui cercavo di agire secondo il suo parere. Ora, secondo lui, la fondazione non presentava le difficolt che vi scorgevano tutti gli altri, perch chi pi conosce Dio trova pi facile le sue opere. Ed egli, conoscendo alcune grazie di cui mi favoriva Sua Maest e ricordando quanto aveva visto circa la fondazione di San Giuseppe, riteneva il progetto molto fattibile. Mi fu di grande consolazione vederlo perch, forte del suo parere, mi sembrava che tutto sarebbe andato per il meglio. Venuto dunque a farmi visita, gli dissi in segreto ci che accadeva. Egli ritenne che per la faccenda degli Agostiniani saremmo potute arrivare presto a una conclusione, ma per me ogni ritardo era cosa ben dura, non sapendo che fare di tante
religiose. Cos tutte passammo quella notte in ansia, perch lintera casa non tard ad essere al corrente della situazione. 6. Lindomani mattina, poi, arriv l il priore del nostro Ordine, il padre Antonio. Ci disse che la casa di cui aveva concordato lacquisto era sufficiente per noi e disponeva di un portico dove si poteva fare una cappella, adornandolo con alcuni drappi. Seguimmo il suo consiglio che, almeno a me, pareva il migliore; quello che pi ci conveniva era, infatti, agire con la massima celerit possibile, sia perch eravamo fuori dai nostri monasteri, sia anche perch temevo qualche opposizione, avendone fatto lesperienza a mie spese durante la prima fondazione. Volevo pertanto che, prima della divulgazione di questa notizia, si fosse gi preso possesso della casa. Risolvemmo, dunque, di farlo subito. Il padre maestro fra Domingo fu di questo stesso parere. 7. Raggiungemmo Medina del Campo la vigilia dellAssunzione della Vergine, a mezzanotte. Per non far rumore, scendemmo al convento di SantAnna, e a piedi ci recammo alla nostra casa. Fu gran misericordia del Signore che a quellora in cui si rinchiudevano i to ri destinati a correre lindomani, non ne incontrassimo nessuno. Assorbite comeravamo dal nostro intento, dimenticavamo tutto il resto. Ma il Signore, sempre memore di coloro che desiderano servirlo, poich noi non avevamo altro scopo, ci liber da questo pericolo. 8. Giunte alla casa, entrammo in un patio. Le mura mi sembrarono alquanto rovinate, ma non come quando le vidi di giorno. Pare che il Signore avesse voluto che quel benedetto padre diventasse cieco per non vedere come l non si addiceva porre il Santissimo Sacramento. Visto il portico, costatammo che cera da sgombrarlo di molta terra; il tetto era di tegole senza assito, i muri senza intonaco. Io non sapevo che fare, non sembrandomi quello il posto adatto a porvi un altare. Piacque al Signore, il quale voleva che la cosa avesse subito compimento, che il maggiordomo di quella signora a cui apparteneva la casa tenesse l molti arazzi suoi, oltre una coltre di damasco azzurro, e chella, buona comera, gli avesse ordinato di darci quanto avessimo desiderato. 9. Io, quando vidi cos bellarredo, ne lodai Dio, come avranno fatto anche le altre anche se non sapevamo in che modo procurarci i chiodi, perch quella non era ora di comprarli. Si cominci a cercarli nei muri e, alla fine, non senza sforzo, si riusc a raccapezzarli. Allora gli uomini si diedero a stendere la tappezzeria, noi a pulire per terra, cos di buona lena che, quando albeggiava, laltare era sistemato, la campanella posta in un corridoio, e subito si celebr la Messa. Questo era sufficiente per una presa di possesso, ma non avendoci pensato, vi ponemmo anche il santissimo Sacramento, e da certe fessure di una porta che era l di fronte, non disponendo di altro posto, assistemmo alla Messa. 10. Fin qui io ero molto contenta, perch per me di grande consolazione vedere una chiesa di pi dove sia il santissimo Sacramento. Ma il mio entusiasmo dur poco: finita la Messa, infatti, avvicinatami allo spiraglio di una finestra per vedere il patio, mi accorsi che in certe parti i muri erano completamente a terra e che, per ripararli, sarebbero occorsi molti giorni. Oh, mio Dio! Quando vidi Sua Maest in mezzo alla strada, in un momento cos pericoloso come il nostro a causa di questi malaugurati luterani, quale non fu langoscia da cui mi sentii stringere il cuore! 11. Per giunta, mi si presentarono alla mente tutte le difficolt sollevate da coloro che pi mi avevano criticata, e mi resi chiaramente conto che erano obiezioni ragionevoli. Mi sembrava impossibile proseguire il lavoro intrapreso e, come prima tutto mi appariva facile al pensiero che si lavorava per Dio, cos ora la tentazione riduceva talmente il suo potere che non ricordavo daver ricevuto alcuna grazia da lui; mi erano presenti solo la mia miseria e la mia incapacit. Appoggiata dunque alle mie miserabili forze, che buon esito potevo sperare? Se almeno fossi stata sola, credo che mi sarebbe riuscito pi facile sopportare tale delusione; ma mi era estremamente duro pensare che le mie compagne sarebbero dovute tornare al proprio monastero, dal quale erano uscite dopo molti contrasti. Mi sembrava inoltre che, fallito questinizio dellimpresa, non sarebbe pi avvenuto tutto ci che io sapevo che il Signore avrebbe fatto in seguito. Per giunta poi cera il timore che le parole da me udi te nellorazione fossero unillusione: pena non certo piccola ma pi grave di tutte, perch il pensiero che il demonio potesse ingannarmi mi procurava una grande apprensione. Oh, mio Dio! Quale mai lo stato di unanima che voi volete lasciare nellangoscia! Non c dubbio che quando ricordo tale afflizione e qualche altra che ho sofferto in queste fondazioni, mi sembra che, al loro confronto, non debba far caso delle sofferenze corporali, anche se sono state molte.
12. Nonostante questa grande angoscia che mi stringeva fortemente il cuore, non lasciavo capire nulla alle mie compagne perch non volevo affliggerle pi di quanto gi lo fossero. Rimasi con questo tormento fino a sera, quando il rettore della Compagnia mand a visitarmi uno dei suoi padri, che mincoraggi e mi consol molto. Io non gli raccontai tutte le mie pene, ma solo quella che mi procurava il vederci sulla strada. Cominciai a occuparmi di far cercare, qualunque ne fosse il prezzo, una casa in affitto, dove trasferirci finch si riparasse laltra. Una prima consolazione fu per me vedere laffluenza della gente alla nostra cappella. Fu per la misericordia di Dio che nessuno si accorse della nostra imprudenza per quella sistemazione; diversamente sarebbe stato ben fatto toglierci il santissimo Sacramento. Ora io considero la mia idiozia e mi chiedo come nessuno abbia avuto lidea di consumare le sacre specie. Mi pareva che, se si fosse fatto questo, era belle finita per la nostra fondazione. 13. Per quante ricerche si compissero, non si riusc a trovare in tutta la citt una casa da prendere in affitto. Passavo i giorni e le notti in grande angoscia, perch anche se lasciavo sempre alcuni uomini a vegliare il santissimo Sacramento, avevo la preoccupazione che potessero addormentarsi. Per questo motivo mi alzavo di notte, per guardarli da una finestra, essendoci un bel chiaro di luna che permetteva di vedere bene tutto. Frattanto continuava a venire gran folla di gente, che non solo non trovava nulla da criticare, ma si sentiva presa da devozione nel vedere unaltra volta nostro Signore in un portico. E Sua Maest, da quello che egli , mai stanco di umiliarsi per noi, sembrava non volesse abbandonarlo. 14. Passati ormai otto giorni, un mercante che abitava in una casa molto buona, vedendo la nostra necessit, ci offr di andare al piano superiore di essa, dicendo che vi saremmo potute stare come in casa nostra. Disponeva di una grande sala decorata da dorature che ci mise a disposizione per farne la cappella. Inoltre una signora, gran serva di Dio, chiamata donna Elena de Quiroga, che abitava vicino alla casa da noi comprata, mi promise di aiutarmi affinch si cominciasse subito a costruire una cappella ove potesse stare il santissimo Sacramento e anche ove potessimo provvedere alla nostra sistemazione come in clausura. Altre persone ci facevano molte elemosine perch avessimo di che vivere, ma il maggior aiuto mi venne da questa signora. 15. Ci mi valse a godere subito un po di pace, perch l dove andammo stavamo in stretta clausura, e cominciammo a recitare le Ore. Per la riparazione della casa il buon priore si dava molta fretta ed ebbe a faticare non poco. Malgrado tutto, si dovette aspettare circa due mesi, ma riusc ad essere sistemata in modo tale che vi potemmo stare discretamente alcuni anni. In seguito, il Signore ha permesso che andasse ancora migliorando. 16. Mentre stavo a Medina continuavo ad avere il pensiero ai conventi dei frati, e poich non vera alcun soggetto adatto allo scopo come ho detto non sapevo che fare. Mi decisi a parlarne in gran segreto al priore di l, per sentire il suo parere. Lo feci, dunque, ed egli, appena venne a conoscenza del mio disegno, se ne rallegr molto e promise di esser lui il primo ad aderirvi. Io credetti che scherzasse, e glielo dissi. Infatti, bench sia stato sempre un buon frate, raccolto in se stesso, molto studioso e amante della sua cella, in quanto uomo dotto, non mi sembrava che sarebbe stato adatto per dare inizio a tale opera, n che avesse lenergia sufficiente a promuovere lausterit necessaria, essendo di salute delicata e non fatto per questo. Egli si sforzava di rassicurarmi, affermando che da molto tempo il Signore lo chiamava a una vita pi austera; e che aveva ormai deciso di entrare tra i Certosini i quali gli avevano gi promesso di riceverlo. Ci malgrado, non mi sentivo pienamente soddisfatta, pur ascoltandolo con piacere. Lo pregai, perci, di attendere qualche tempo e di esercitarsi frattanto a praticare le osservanze cui doveva impegnarsi. Fu deciso cos, e pass un anno durante il quale egli ebbe a patire tante prove e persecuzioni, divenuto oggetto di false testimonianze, da far pensare che il Signore volesse provarlo. Il priore sopportava tutto cos bene e faceva tali progressi che io ne rendevo lode a nostro Signore, sembrandomi che lo andasse preparando alla realizzazione del nostro disegno. 17. Poco tempo dopo capit in citt un giovane padre, ancora studente a Salamanca; venne come compagno di un altro, il quale mi raccont cose mirabili del suo genere di vita. Si chiama fra Giovanni della Croce. Io resi lode di ci a nostro Signore e, dopo avergli parlato, ne rimasi soddisfattissima. Seppi da lui stesso che anchegli voleva entrare tra i Certosini. Allora gli parlai del mio progetto e lo pregai vivamente di aspettare fino a quando il Signore ci desse un convento. Gli feci osservare quanto meglio sarebbe stato, se voleva condurre una vita pi perfetta, che lo facesse nel suo stesso Ordine e quanto avrebbe servito di pi il Signore. Egli simpegn ad aderire alla mia richiesta, purch non si dovesse tardare troppo.
Quando vidi che avevo gi due frati con cui cominciare, mi sembr che la cosa fosse ormai fatta. Non ero per ancora del tutto soddisfatta del priore, pertanto tardavo un po, anche perch bisognava trovare dove sistemarsi per dare inizio allopera. 18. Frattanto le monache andavano acquistando ogni giorno di pi la fiducia degli abitanti. La gente nutriva per loro grande venerazione e, secondo me, a ragione, perch ognuna di loro non si preoccupava se non di come potesse servire meglio nostro Signore. In tutto si attenevano alla maniera di vivere seguita a San Giuseppe di Avila, essendo una sola la Regola e le Costituzioni. Il Signore cominci a chiamare alcune a prendere il nostro abito, ed erano tante le grazie di cui le favoriva, chio ne rimanevo stupita. Sia per sempre benedetto! Amen. Sembra che per amare non aspetti altro che dessere amato.
CAPITOLO 4 In cui si tratta di alcune grazie elargite dal Signore alle religiose di questi monasteri. Si consigliano le priore suol come debbano comportarsi nei riguardi di tali favori. 1. Mi sembrato opportuno, prima di procedere nella mia narrazione (non sapendo quanto da vivere mi riservi il Signore n se avr ancora tempo disponibile, mentre in questo momento mi pare di averne un po), dare alcuni consigli alle priore perch sappiano regolarsi e governino le consorelle ad esse sottoposte, mirando al maggiore profitto delle loro anime, sia pur con il sacrificio dei propri pareri. Occorre far presente che, quando mi hanno ordinato di scrivere di queste fondazioni (senza contare la prima di San Giuseppe di Avila, la cui storia stata scritta subito), erano gi sorti, con laiuto del Signore, sette monasteri, compreso quello di Alba de Tormes, che ne lultimo. Ben altri se ne sarebbero fondati, se i miei superiori non mi avessero tenuta occupata in altre cose, come si vedr pi avanti. 2. Considerando le cose di ordine spirituale che sono avvenute in questi anni nei nostri monasteri, ho visto la necessit di quanto ora voglio dire. Piaccia a nostro Signore che riesca a farlo in modo adeguato al bisogno! E perch, come ho detto altrove, l dove ho scritto alcune piccole cose per le consorelle, quando si procede con coscienza pura e si pratica lobbedienza, il Signore non permette mai che il demonio abbia il potere dingannarci in modo da pregiudicare la nostra anima, anzi, sar lui a restare ingannato. E siccome lo sa, credo che non ci faccia tanto male lui quanto la nostra immaginazione e i nostri cattivi umori, specialmente se vi di mezzo la malinconia, perch le donne sono assai deboli per natura e lamor proprio che regna in esse sottilissimo. Pertanto in molte persone venute da me uomini e donne , senza contare le religiose di questi monasteri, ho visto chiaramente che spesso singannavano da sole senza volerlo. Non c dubbio che il demonio ci mette lo zampino per prendersi gioco di noi; ma nel gran numero di persone che, ripeto, ho conosciuto, per la bont del Signore, non ne ho visto nemmeno una che sia stata da lui abbandonata. Forse vuole permettere questi inganni perch ne escano alquanto sperimentate. 3. A causa dei nostri peccati, ci che riguarda lorazione e la perfezione caduto tanto in ribasso nel mondo, che sono costretta a dare tali chiarimenti. Se si teme di intraprendere questo cammino dellorazione, pur senza scorgervi alcun pericolo, che sarebbe se dicessimo che ve ne sono? Eppure, in verit, i pericoli non mancano dovunque, e per tutto necessario, finch viviamo, procedere con timore, chiedendo al Signore di illuminarci e di non abbandonarci mai. Ma, come credo daver gi detto, se vi sono anime che hanno da temere molto minor pericolo, sono quelle che pi si elevano a pensare a Dio e cercano di perfezionare la propria vita. 4. Che cosa mai questo, mio Signore? Se vediamo che ci liberate cos spesso dai pericoli in cui ci mettiamo da noi stessi, perfino opponendoci a voi, come si pu credere che non ce ne libererete quando non aspiriamo ad altro che a piacervi e a trovare in voi la nostra gioia? Non riuscir mai a crederlo. Pu darsi che Dio, nei suoi segreti giudizi, permetta certe cose che in tutti i modi sarebbero avvenute, ma il bene non mai stato fonte di male. Pertanto, ci serva non gi ad abbandonare il cammino, ma a cercare di percorrerlo pi speditamente, per meglio accontentare il nostro Sposo e trovarlo pi presto; non gi a scoraggiarci nella marcia,
ma ad animarci a compiere intrepidamente una via cos scoscesa, com quella della nostra vita. Alla fine, se procediamo con umilt, dovremo pur giungere, con laiuto di Dio, a quella celeste Gerusalemme, dove tutto ci che avremo sofferto ci sembrer ben poca cosa, o meglio nulla, in confronto a quanto godremo. 5. Quando, dunque, questi piccoli colombai della Vergine nostra Signora cominciarono a popolarsi, la divina Maest cominci a manifestare le sue grandezze in semplici donnicciole, deboli per natura, anche se forti nei desideri e nel distacco da tutto il creato: virt questa molto utile a unire pi strettamente lanima al suo Creatore, purch si abbia anche una purezza di coscienza. Di tale precisazione, in realt, non cera bisogno, perch mi sembra che il vero distacco renda impossibile peccare, allo stesso modo in cui la mancanza di esso fa s che impossibile non offendere il Signore. Siccome queste anime non parlano e non si occupano che di lui, Sua Maest, da parte sua, sembra che non voglia allontanarsi da loro. quanto ora vedo e quanto posso affermare con tutta verit. Quelle che verranno dopo di noi e leggeranno queste righe, abbiano motivo di temere se non troveranno nei nostri monasteri quello che oggi c, e non ne facciano ricadere la colpa sui tempi. Ogni tempo buono per Dio, quando vuole favorire di grandi grazie coloro che lo servono con impegno: cerchino piuttosto di considerare se ci sia qualche rilassamento in questo impegno e procurino di porvi rimedio. 6. Sento dire, a volte, circa lorigine degli ordini religiosi, che il Signore faceva maggiori grazie a quei santi nostri antecessori, perch dovevano fungere da fondamenta delledificio; ed cos, ma dovremmo considerare che siamo tutti fondamenta per quelli che verranno. Se, infatti, noi che viviamo ora mantenessimo la perfezione dei nostri predecessori e se quelli che verranno dopo di noi facessero altrettanto, ledificio resterebbe sempre saldo. Di quale giovamento per me che i santi di una volta siano stati tali, se io poi sono cos spregevole, che faccio rovinare ledificio con le mie cattive abitudini? evidente infatti che i nuovi venuti non hanno tanto in mente coloro che sono morti da molti anni quanto quelli che vedono al presente. Curioso davvero che io faccia ricadere la colpa sul fatto di non essere stata delle prime, e non consideri la differenza che c tra la mia vita e le mie virt e quella di coloro ai quali Dio faceva cos grandi grazie! 7. Oh, mio Dio! Che scuse tirate per i capelli e che inganni ben evidenti! Mi addolora, mio Dio, di essere cos spregevole e di fare cos poco in vostro servizio, ma so bene che la colpa mia se non mi elargite le grazie di cui avete favorito i miei predecessori. Ho piet della mia vita, Signore, quando la paragono alla loro, e non posso dirlo senza lacrime. Vedo daver mandato in rovina quello che essi avevano edificato con il lavoro, e in nessun modo posso lamentarvi di voi. N deve farlo alcunanima religiosa; piuttosto, se vedr che il suo ordine va decadendo in qualche cosa, cerchi dessere una pietra tale da poter con essa far rialzare ledificio: il Signore laiuter a riuscirvi. 8. Tornando, dunque, a ci che dicevo poich me ne sono allontanata parecchio , sono tante le grazie di cui il Signore favorisce queste case che, se in ogni monastero ci sono una o due religiose condotte attualmente da Dio per la via della meditazione, tutte le altre pervengono alla contemplazione perfetta; alcune vanno tanto avanti da giungere al rapimento. Ve ne sono poi di quelle favorite dal Signore in modo diverso, perch sperimentano rivelazioni e visioni di cui evidente la provenienza divina. Oggi non v monastero dove non si trovino una, due e anche tre religiose cos favorite. So bene che la santit non consiste in questo, n il mio intento solo quello di tributar loro lodi, ma di far capire lopportunit dei consigli che vi voglio dare.
CAPITOLO 5 In cui si danno alcuni consigli sullorazione e le rivelazioni. un capitolo molto utile per coloro che si dedicano alla vita attiva. 1. Non ho la pretesa non me lo sogno neppure che quanto dir sia cos giusto da esser ritenuto regola infallibile: sarebbe uninsensatezza in materia cos difficile. Siccome per ci sono molte vie in questo cammino spirituale, pu darsi che riesca a dire qualcosa che convenga alluna o allaltra di esse. Se vi sono di quelli che non mintendono, vuol dire che
vanno per diversa strada. E se non dovessi giovare ad alcuno, il Signore accetter la mia buona intenzione, sapendo che, quandanche non di tutto abbia fatto esperienza io stessa, lho costatato per in altre anime. 2. Anzitutto voglio dire, nei limiti delle mie capacit, in che consista la sostanza della perfetta orazione. Mi sono, in verit, incontrata con alcune persone che credono che la questione consista tutta nellesercizio dellintelletto. Se possono applicarlo molto a Dio, sia pure a costo di grandi sforzi, sembra loro subito dessere spirituali. Se invece sono distratte. loro malgrado, da occupazioni anche buone, eccole in preda a un grande scoraggiamento, convinte dessere perdute. Non cadranno certo in questi errori dovuti ad ignoranza i dotti, pur avendo io incontrato chi fra essi non ne era esente, ma noi donne conviene che siamo prevenute contro ogni equivoco di tal genere. Non dico che non sia una grazia di Dio potersi applicare continuamente alla meditazione delle sue opere, ed bene farlo. Bisogna, per, rendersi conto che non tutte le immaginazioni sono adatte per natura a questo esercizio, mentre tutte le anime sono capaci di amare. Ho gi scritto altrove quelle che sono, a mio parere, le cause non tutte, perch impossibile, ma almeno alcune di questo andar vagando della nostra immaginazione. Cos ora non ne tratter, ma vorrei far capire che lanima non il pensiero, e che la volont non diretta da esso, il che sarebbe una vera disdetta. Ne consegue che il profitto dellanima non consiste nel molto pensare, ma nel molto amare. 3. Ma come si acquister questamore? Determinandosi ad operare e a patire, per scendere poi alla pratica quando se ne presenta loccasione. pur vero che, riflettendo a quanto dobbiamo al Signore, a chi egli sia e a ci che siamo noi, lanima acquista la sua determinazione; cosa molto meritoria e molto utile per i principianti purch, evidentemente, non sia dintralcio ai doveri imposti dallobbedienza o dal vantaggio del prossimo. Qualunque di questi due doveri ci si presenti, richiede tempo, a scapito di quello che noi tanto desideriamo consacrare a Dio e che, a nostro modo di vedere, consiste nello stare in solitudine pensando a lui e godendo dei doni che egli ci elargisce. Lasciare questo per attendere alluno o allaltro di quei doveri far contento lui, detto dalla sua stessa bocca: ci che avrete fatto a uno di questi piccoli, lavrete fatto a me. E per quel che riguarda lobbedienza, non vorr certo che unanima cos innamorata di lui vada per una strada diversa da quella seguita da chi fu oboediens usque ad mortem. 4. Se, dunque, ci vero, da che proviene quel senso di disagio che generalmente si prova, quando non si stati in gran parte del giorno in una profonda solitudine e assorti in Dio, anche se siamo occupate in opere di obbedienza e carit? A mio parere, da due ragioni: la prima, e principalissima, un amor proprio che sinsinua in noi cos sottilmente da non farci accorgere di ricercare pi la nostra soddisfazione che quella di Dio, perch evidente che quando si comincia a gustare quanto sia dolce il Signore, si prova pi piacere a tenere il corpo in riposo e lanima nei diletti spirituali anzich impegnarsi in qualche lavoro. 5. Oh, carit di coloro che amano davvero questo Signore e ne conoscono la natura! Il riposo non loro possibile se vedono di poter contribuire, sia pur in minima parte, al progresso anche di una sola anima e far s che ami maggiormente Dio, o esserle di aiuto per consolarla nelle sue pene o per liberarla da qualche pericolo. Come, in tal caso, il riposo personale diventa loro insopportabile! Se non possono essere utili con le opere, ricorrono allorazione, importunando il Signore con preghiere per le molte anime di cui li affligge profondamente costatare la perdita. Essi rinunziano al loro piacere e lo ritengono una felice rinuncia, dimentichi della propria soddisfazione e intenti solo a compiere con maggiore perfezione la volont di Dio. Altrettanto per lobbedienza. Sarebbe grave che, dicendoci Dio chiaramente di andare a fare una cosa che gli sta a cuore, non volessimo ascoltarlo, per rimanere a contemplarlo, perch ci risponde di pi al nostro piacere. Bel modo di progredire nellamore di Dio! Legargli le mani convinti che non ci pu condurre alla perfezione per altre strade! 6. Prescindendo, come ho detto, da ci che ho sperimentato, conosco alcune persone che mi hanno aiutato a capire questa verit, allorch ero molto afflitta di avere poco tempo disponibile; nel vederle sempre occupate in affari e in numerosi impegni loro imposti dallobbedienza, pensavo fra me e lo dicevo anche che non era possibile in tanta baraonda progredire nello spirito; infatti esse allora non erano molto avanzate. Oh, Signore, quanto sono diverse le vostre strade dalle nostre grossolane immaginazioni! E come da unanima ormai risoluta ad amarvi e abbandonatasi nelle vostre mani, voi non volete altro se non che obbedisca e che, resa ben edotta di ci che accresce di pi la vostra gloria, desideri
solo questo! Non ha bisogno di cercare e di scegliere le strade, visto che ormai la sua volont la vostra: Siete voi, mio Signore, a prendervi cura di guidarla attraverso quella che le di maggior vantaggio. E anche se il superiore non si preoccupa del profitto dellanima, ma del disbrigo degli affari che gli sembrano utili alla comunit, ve ne preoccupate voi, Dio mio. Andate disponendo le nostre anime e le nostre occupazioni in modo tale che, senza saper come, ci troviamo cos avanzati nel cammino spirituale da restarne del tutto meravigliati. 7. Ci quanto avvenuto a una persona con la quale ho parlato pochi giorni fa. Lobbedienza laveva talmente occupata per quindici anni in cariche e incombenze, che non si ricordava di aver avuto in tutto questo tempo una sola giornata per s, anche se cercava di dedicare sempre alcuni momenti allorazione e di mantener pura la coscienza. una delle anime pi inclini allobbedienza che io abbia visto, e ne comunica il rispetto a chiunque tratti con lei. Il Signore lha ben ricompensata, perch, senza sapere come sia avvenuto, si accorta di avere quella libert di spirito cos preziosa e cos desiderata, patrimonio di chi perfetto, e nella quale si trova tutta la felicit che si pu desiderare in questa vita, perch, non volendo nulla, si possiede tutto. Non si teme n si desidera alcunch della terra, n si turbati da prove n alterati da gioie; infine, nessuno pu togliere a tali anime la pace, perch questa dipende solo da Dio, dalla quale non c alcuno che possa strapparle. Solo il timore di perderla pu esser causa di pena, essendo tutto il resto del nostro mondo come inesistente ai loro occhi, perch non conta nulla n per far sorgere n per far sparire la loro gioia. Oh, felice obbedienza e felici le distrazioni che essa ha imposto, se ne derivato un bene cos grande! 8. E non il solo caso, avendo conosciuto altre persone a cui accaduto lo stesso. Rivedendole dopo qualche anno, e anche di pi, chiedendo loro come avessero passato quel tempo, venivo a sapere che lo avevano trascorso interamente in opere di obbedienza e di carit; e, daltra parte, mi apparivano cos progredite nella vita spirituale, che ne rimanevo stupita. Dunque, su, figlie mie! Non vi affliggete quando lobbedienza vi tenga occupate in cose esteriori: se attendete alla cucina, rendetevi conto che il Signore si aggira fra le pentole, aiutandovi interiormente ed esteriormente. 9. Ricordo che un religioso mi raccont di essersi fermamente deciso a non rifiutarsi a un ordine del suo superiore, qualunque pena dovesse costargli. Un giorno che si sentiva a pezzi per aver tanto faticato, essendo ormai giunto a sera e non reggendosi in piedi, mentre andava a sedersi per riposare un poco, si imbatt nel superiore il quale gli disse di prendere una grossa zappa e andare a zappare lorto. Egli tacque, bench fosse cos sfinito fisicamente da non stare in piedi; prese la sua grossa zappa e mentre si disponeva a recarsi nellorto attraverso un passaggio che l si trovava (e che io vidi molti anni dopo questo suo racconto, perch riuscii a fondare in quella localit un monastero), gli apparve nostro Signore con la croce sulle spalle, cos stremato e affranto, da fargli ben capire che, in confronto, la sua stanchezza non era niente. 10. Credo che il demonio, sapendo che non vi cammino che conduca al sommo della perfezione pi rapidamente dellobbedienza, ispira tante inquietudini e frappone tante difficolt sotto forma di bene. Vi si faccia attenzione e si vedr chiaramente che dico il vero. evidente che la somma perfezione non consiste in diletti interiori n in grandi rapimenti n in visioni n in spirito di profezia, ma nella conformit del nostro volere a quello di Dio, in modo tale da non esservi alcuna cosa in cui riconosciamo la sua volont che non sia da noi voluta risolutamente e della quale non sia accettato con la stessa allegrezza ci ch dolce e ci che amaro, nella consapevolezza che tutto voluto da Sua Maest. Sembra, questo, assai difficile, non per quanto riguarda il farlo, ma il farlo con gioia, anche se si tratti di cose che ripugnano alla nostra volont dal punto di vista delle nostre naturali inclinazioni, e realmente cos. Lamore per, se perfetto, ha tale forza da farci dimenticare ogni nostra soddisfazione per piacere a chi amiamo. E questo tanto vero che anche le pi grandi tribolazioni ci diventano gradite, quando sappiamo di far piacere a Dio. Ecco perch le anime pervenute a tale grado di perfezione amano le persecuzioni, i disonori e gli oltraggi. Questo cos certo, cos risaputo e chiaro, che non c motivo che io mi ci soffermi pi a lungo. 11. Ci che desidero far capire il motivo per cui, a mio parere, lobbedienza il mezzo pi rapido e anche il migliore che esista per arrivare a questo stato cos felice. Il fatto che, siccome non siamo minimamente padroni della nostra volont, in modo da poter applicarla solamente e chiaramente tutta a servizio di Dio, se non dopo averla assoggettata alla ragione, lobbedienza il vero cammino per arrivare a questo. A tal fine non servono infatti le buone
ragioni, perch la nostra natura e il nostro amor proprio ne possono opporre tante che non ne verremmo mai a capo. E spesso la cosa pi ragionevole, se non ci va, trasforma ai nostri occhi in una pazzia lavere il desiderio di farla. 12. Ci sarebbe tanto da dire di questa battaglia interiore e degli ostacoli frapposti dal demonio, dal mondo e dai nostri sensi per farci deviare dalla giusta ragione, che non si finirebbe pi. Qual dunque il rimedio? Come quaggi in una lite molto dubbia le parti, stanche di litigare, prendono un giudice e rimettono la questione nelle sue mani, cos la nostra anima se ne scelga uno, sia egli il superiore o il confessore, con il fermo proposito di non trascinare oltre la lite, n pensare pi alla sua causa, ma di confidare nelle parole del Signore che dice: Chi ascolta voi, ascolta me e non badare alla propria volont. Il Signore apprezza tanto questa sottomissione (e giustamente, perch significa renderlo padrone del libero arbitrio datoci da lui) che, esercitandoci in questo, ora fra tribolazioni, ora fra mille lotte dovute allimpressione che il giudizio sulla nostra causa sia un errore, arriviamo a conformarci a quello che ci comandano, sia pure con pena; ma con pena o senza, in conclusione, lo facciamo, e il Signore, da parte sua, ci aiuta tanto che, proprio perch assoggettiamo la nostra volont e la nostra ragione per amor suo, ci rende padroni di esse. Allora, divenuti padroni di noi stessi, possiamo con perfezione dedicarci a Dio, consegnandogli una volont pura affinch la unisca alla sua, pregandolo di mandare dal cielo il fuoco del suo amore che consumi questo sacrificio distruggendo tutto quello che pu dispiacergli. Cos facendo non avremo omesso nulla da parte nostra: sia pure con grandi sacrifici, abbiamo posto la vittima sullaltare e, per quanto in noi, non tocca pi la terra. 13. chiaro che non si pu dare quello che non si ha, e che, per dare, bisogna avere. Ebbene, credetemi: per acquistare questo tesoro non c via migliore che scavare e scavare con lintento di estrarlo dalla miniera dellobbedienza. Pi scaveremo e pi troveremo: pi ci assoggetteremo agli uomini, non avendo altra volont che quella dei nostri superiori, pi saremo padroni di essa per conformarla a quella di Dio. Vedete un po, sorelle, se non sar ben pagata la rinuncia al piacere della solitudine! Vi assicuro che non per mancanza di essa lascerete di disporvi a conseguire questa vera unione di cui ho parlato, che consiste nelluniformare la nostra volont a quella di Dio. Ecco lunione che io desidero e che vorrei vedere in tutte voi, non quei rapimenti cos deliziosi a cui si d il nome di unione, e che lo saranno se preceduti da questa forma di unione ora detta. Ma se dopo tali sospensioni la virt dellobbedienza ancora poca, e molta, invece, la propria volont, lunione, a mio avviso, non sar con la volont di Dio, ma con lamor proprio. Piaccia a Sua Maest che io metta in pratica questi consigli cos come li intendo. 14. La seconda causa a cui mi sembra si debba attribuire il disagio precedentemente detto che lanima, essendovi nella solitudine meno occasioni di offendere il Signore (giacch qualcuna non pu mancare, visto che i demoni stanno dovunque, e anche noi stessi ci troviamo da per tutto), pare che si mantenga pi pura e, se unanima che teme molto di offendere Dio, assai grande la sua gioia nel non incontrare pericoli. Certamente, questo mi sembra un motivo sufficiente per rifuggire dal trattare con alcuno, anzich la ricerca di grandi delizie e godimenti divini. 15. Qui dove, figlie mie, si dimostrer lamore, in mezzo alle occasioni, e non nei ritiri della solitudine; credetemi. Anche se si commettono pi errori e si subiscono inoltre alcune piccole perdite, il profitto che se ne trae senza confronto pi grande. Badate che parlo sempre nel presupposto di esporsi alle occasioni per obbedienza e carit, altrimenti torno ancora a dire che preferibile la solitudine, e che dobbiamo proprio desiderarla, pur in mezzo alle nostre occupazioni. In effetti questo desiderio continuo nelle anime che amano veramente Dio. Quanto al dire che se ne trae un profitto, perch riusciamo a capire chi siamo, e fin dove arrivi la nostra virt. Infatti una persona sempre ritirata in solitudine, per santa che le sembri di essere, non sa se possieda pazienza e umilt. n ha modo di saperlo. Cos per il valore di un uomo, come sapere se ne ha, finch non lo si sia visto in battaglia? San Pietro credeva di essere molto coraggioso, ma guardate se fu tale, messo alla prova. Si rialz, per da quella caduta, privo ormai interamente di fiducia in s; la ripose quindi tutta in Dio e, infine, sopport il martirio che sappiamo. 16. Oh, mio Dio, se riconoscessimo quanto grande la nostra miseria! Senza tale coscienza, ci sono pericoli dovunque; per questo ci assai utile che ci diano ordini: per sperimentare la nostra pochezza. E io ritengo maggior grazia del Signore un giorno di umile conoscenza di s, anche se a prezzo di grandi afflizioni e sofferenze, che molti di orazione, tanto pi che il vero
amante ama ovunque e si ricorda sempre dellamato. Sarebbe cosa ardua se si potesse fare orazione solo in luoghi appartati. So bene limpossibilit di dedicare ad essa molte ore. Ma, mio Signore, quanta forza ha presso di Voi anche un solo sospiro venuto su dal profondo delle nostre viscere, per la pena di vedere che non basta lessere in questo esilio, ma che ci viene tolto anche il tempo in cui avremmo potuto godere di Voi da solo a solo! 17. Allora ci mostriamo davvero schiavi di Ges Cristo, venduti volontariamente, per amor suo, alla virt dellobbedienza, poich a causa di essa rinunziamo, in qualche modo, a godere di Dio stesso. E non niente, se pensiamo che egli venuto, per obbedienza, dal seno del Padre a farsi nostro schiavo. Come si potr mai pagare o ricambiare questa grazia? necessario per avere lavvertenza, anche nelle opere di obbedienza e carit, di sorvegliarsi scrupolosamente per non mancare di ritornare spesso a Dio nel proprio intimo. E, credetemi, non lo stare a lungo in orazione a far progredire lanima: quando si impiega una parte del tempo in buone opere, un grande aiuto per avere assai pi presto miglior disposizione ad accendersi damore, che in molte ore di meditazione. Ma tutto deve venire dalle mani di Dio. Sia egli per sempre benedetto!
CAPITOLO 6 Indica i danni che possono venire alle persone spirituali dal non sapere quando devono resistere ai trasporti di spirito. Tratta dei desideri di comunione da cui presa lanima e degli inganni che vi si possono nascondere. Vi sono cose importanti per le priore dei nostri monasteri. 1. Io ho posto ogni cura nel cercare di capire da dove provenga quello stato di profonda sospensione in cui ho visto immerse alcune persone favorite molto da Dio nellorazione, le quali non trascurano nulla per disporsi a ricevere le grazie divine. Ora non parlo di quando la sospensione e il rapimento di unanima vengono da Sua Maest, avendone trattato a lungo in altro luogo. Su un tale argomento si pu dire ben poco perch, se si tratta di vero rapimento, ci impossibile qualsiasi resistenza, quali che siano gli sforzi a cui facciamo ricorso. Daltra parte, si deve notare che in questo stato la forza che ci toglie la padronanza di noi stessi dura poco, ma spesso accade di entrare in unorazione di quiete, simile a un sonno spirituale, capace di assorbire lanima cos profondamente che, se non sappiamo come ci dobbiamo regolare, possiamo perdere molto tempo e sfinirci per colpa nostra e con poco merito. 2. Vorrei sapermi spiegare meglio in proposito, ma largomento cos difficile che non so se ci riuscir; so bene per che le anime soggette a questo inganno mintenderanno, se vogliono prestarmi fede. Ne conosco alcune e si tratta di anime di grande virt che rimanevano assorte sette o otto ore, e che scambiavano tutto per un rapimento. Qualunque esercizio religioso le assorbiva in modo tale che si abbandonavano subito, persuase che non fosse bene resistere al Signore. Ma cos facendo, a poco a poco, se non si cerca di porvi rimedio, si potr arrivare alla morte o alla idiozia. Io mi spiego la cosa in questo modo: non appena il Signore comincia a favorire lanima di grazie interiori, la nostra natura, avida com di diletti, simmerge tanto in quel piacere che, per non perderlo, non vorrebbe fare alcun movimento. Siccome in verit un diletto che sorpassa tutti i piaceri del mondo, se trova una persona dal temperamento debole o il cui intelletto per meglio dire, limmaginazione , lungi dallessere incostante, se si attacca ad una cosa, vi si fissa senza pi divagare, lo stesso avviene a molte persone che, pensando a qualcosa, anche estranea a Dio, restano assorte, o guardando un oggetto non si rendono conto di quello che vedono, persone di natura pigra che, per effetto della distrazione, sembrano dimenticare anche quello che stanno per dire. Cos accade qui, a seconda dei caratteri o della complessione o della debolezza fisica. Se poi sono anime inclini alla malinconia, limmaginazione presenter loro mille piacevoli illusioni. 3. Di questo umore parler pi avanti, ma quandanche non vi sia malinconia, accade quel che ho detto, e perfino a persone stremate dalla penitenza, le quali ripeto , appena lamore comincia a dare un sensibile diletto, vi si abbandonano interamente, come ho gi fatto notare. A mio parere il loro amore sarebbe assai pi perfetto se non si lasciassero intontire cos, perch in questo grado di orazione possono resistere molto bene. In caso contrario avviene come quando per debolezza si avverte uno sfinimento che non permette di parlare n di muoversi; se la natura debole, la forza dello spirito se ne impadronisce e la
domina. 4. Mi si potr chiedere quale differenza vi sia tra questo stato e il rapimento, perch, almeno in apparenza, sembrano la stessa cosa; ed giusto, quanto allapparenza, ma non quanto alla realt. Il rapimento infatti o lunione di tutte le potenze come ho detto dura poco, produce grandi effetti e lascia una luce profonda nellanima, con molti altri vantaggi. Lintelletto del tutto inattivo, solo il Signore opera sulla volont. Qui la cosa ben diversa perch, anche se il corpo come prigioniero, non lo sono la volont, n la memoria n lintelletto; solo che agiranno senza regola e, se per caso si concentrano su un oggetto, forse il momento in cui non daranno pace. 5. Non vedo alcun vantaggio in questa debolezza del corpo perch daltro non si tratta salvo che ha avuto un buon principio; ma bisogna che serva a impiegare bene il tempo, anzich a passarlo in cos lungo assorbimento. Si pu meritare molto di pi con un solo atto e stimolando spesso la volont ad amare maggiormente Dio, che non lasciandola in questo torpore. Pertanto consiglio alle priore di adoperarsi con ogni cura possibile a sopprimere questi troppo lunghi incantamenti. Questi ultimi, a mio parere, non servono ad altro che a paralizzare le potenze e i sensi, rendendoli incapaci di obbedire allanima, la quale cos perde il vantaggio che le potrebbe derivare procedendo con il dovuto zelo. Se la priora si rende conto che ci dipende da debolezza, abolisca i digiuni e le discipline (intendo riferirmi a quelli che non sono dobbligo, e alloccasione si potranno anche sopprimere tutti con tranquilla coscienza), ed impieghi tali religiose in qualche occupazione, per farle distrarre. 6. Ci necessario anche con persone che, pur non cadendo in tali stordimenti, lasciano che la loro immaginazione si concentri troppo, sia pure in cose assai elevate di orazione. Accade infatti, a volte, che non siano pi padrone di s: specialmente se hanno ricevuto dal Signore qualche grazia straordinaria o avuto qualche visione, la loro anima ne resta cos impressionata che crederanno di vedere sempre quello che hanno visto non pi di una volta. Bisogna che chi si accorga dessere in questo rapimento da pi giorni, procuri di cambiare soggetto di meditazione. Purch, infatti, ci si occupi delle cose di Dio, non c nulla in contrario che sia di alcune piuttosto che di altre; a patto, ripeto, che si tratti di cose sue: a volte Dio si compiace delle nostre meditazioni sulle sue creature e sulla potenza da lui mostrata nel trarle dal nulla, non meno che delle concentrazioni sullo stesso Creatore. 7. Oh, sventurata miseria umana, cos ridotta a causa del peccato, che anche nel bene abbiamo bisogno di regola e misura per non rovinare la nostra salute in modo da non poterne godere! E veramente la moderazione conviene a molte persone, specialmente a quelle che sono deboli di testa o dimmaginazione. necessario in sommo grado conoscere se stessi per servire meglio il Signore. E quando lanima si accorge di avere limmaginazione concentrata su un mistero della passione o sulla beatitudine celeste o su qualunque altra cosa del genere e di restare molti giorni fissa in questo pensiero, tanto che, pur volendolo, non pu rivolgerlo ad altro n evitare di restarvi assorta, conveniente che faccia quanto pu per distrarsi. Altrimenti vedr con il tempo il danno che ne deriva e come lorigine stia in ci che ho detto: in una grande debolezza fisica, o dellimmaginazione, il che molto peggio. Infatti, come avviene a un pazzo che si fissa su unidea, che non pi padrone di s n pu distrarsi e pensare ad altro, n vi sono ragioni per rimuoverlo da essa, perch non ha il dominio della ragione, altrettanto potrebbe accadere qui, anche se si tratta duna piacevole pazzia. Se poi vi si unisse la malinconia, il danno potrebbe essere molto grave. Io non vedo, insomma, da quale punto di vistala sospensione sia una cosa buona, tenuto conto del fatto che lanima capace di godere di Dio stesso. E se non soggetta ad alcune delle debolezze di cui ho parlato, perch, essendo Dio infinito, dovrebbe farsi schiava duna sola delle sue grandezze o dei suoi misteri, quando c tanto in lui di che occuparsi? Quanto pi cercheremo di fermare lattenzione su ci che lo riguarda, tanto pi si scopriranno ai nostri occhi le sue grandezze. 8. Non dico che in unora e neanche in un giorno si debba meditare su molte cose, perch questo equivarrebbe forse a non goder bene di nessuna: trattandosi di materia cos delicata, non vorrei che si pensasse quello che neppure mi passa per la mente di dire, e sintendesse una cosa per unaltra. davvero cos importante capire bene questo capitolo che, anche se ne riuscir noiosa la lettura, non mi rincresce di averlo scritto, n vorrei che alle persone cui restasse difficile intenderlo a prima vista, rincrescesse tornare a leggerlo pi volte. Mi riferisco specialmente alle priore e alle maestre delle novizie, che devono guidare nella preghiera le consorelle. Se, infatti, non procedono con ogni diligenza fin dal principio,
vedranno da s quanto tempo sar poi loro necessario per rimediare a simili debolezze. 9. Se dovessi descrivere la gravit dei danni di cui sono a conoscenza, si vedrebbe che ho ragione di attribuire a questo argomento tanta importanza. Voglio darne solo un esempio, dal quale si potr giudicare degli altri. In uno dei nostri monasteri si trovano una monaca e una conversa, entrambe di grandissima orazione, accompagnata da mortificazione, umilt e altre virt, essendo molto favorite dal Signore, che comunica loro le sue grandezze; pi precisamente sono talmente staccate dal mondo e cos piene di amore divino che, anche a seguirle ben da presso, non sembra che tralascino mai di corrispondere, per quanto lo consente lumana pochezza, alle grazie che ricevono da nostro Signore. Ho insistito sulle loro virt perch ne traggano motivo di maggior timore quelle che non le possiedono. Cominciarono ad avere cos impetuosi desideri di unirsi a Dio che non potevano dominarsi; sembrava loro di calmarsi quando facevano la comunione, pertanto si adoperavano per ottenere dai confessori lautorizzazione a riceverla spesso. Poich questo loro tormento andava aumentando, se non ricevevano la comunione tutti i giorni, sembrava che ne morissero. I confessori, vedendo tali anime in preda a cos violenti desideri, bench uno fosse molto spirituale, ritennero conveniente questo rimedio al loro male. 10. Ma la cosa non si fermava qui. Una di esse provava tali ansie che, a suo giudizio, per poter vivere aveva bisogno di comunicarsi di buon mattino. N erano anime capaci minimamente di fingere, e per nulla al mondo avrebbero detto una bugia. Io non mi trovavo l; pertanto la priora mi scrisse ci che accadeva, dicendomi che non aveva pi autorit su di loro e che i confessori erano del parere di ricorrere a quel rimedio, poich il loro bisogno era irresistibile. Volle il Signore che io capissi subito di che si trattava: ci nonostante decisi di tacere fino a che non fossi l presente, perch temevo dingannarmi e perch non era giusto contraddire chi approvava tale modo dagire, senza prima esporgli le mie ragioni. 11. Uno dei confessori era cos umile, che non appena giunsi l e gli parlai, rimase convinto di quanto ebbi a dirgli. Laltro non era altrettanto spirituale, anzi, non lo era quasi affatto in paragone del primo, e non cera modo di poterlo persuadere. Ma di lui mimport poco, per il fatto di non essergli molto obbligata. Cominciai a parlare alle religiose, esponendo loro molte ragioni che, secondo me, dovevano essere sufficienti a convincerle che era un parto della fantasia pensare di morire senza quel rimedio. Ma erano talmente fissate in questidea che a rimuoverle da essa non fu sufficiente alcun motivo n si sarebbe venuti a capo di nulla per via di ragionamenti. Vedendo ormai che tutto era inutile, dissi loro che anchio avevo gli stessi desideri e che mi sarei astenuta dal comunicarmi, perch si convincessero che esse non dovevano farlo se non con tutte le altre. Saremmo morte tutte tre? Meglio cos, piuttosto che introdurre un simile costume nelle nostre case, dove altre anime amavano Dio esattamente come loro e avrebbero potuto desiderare di fare altrettanto. 12. Era giunto a tale estremo il danno causato dallabitudine, in cui il demonio doveva avere la sua parte, che in realt, appena furono private della comunione, sembrava che stessero per morire. Io mi dimostrai inflessibile perch, quanto pi vedevo che rifuggivano dallobbedienza (non potendo, a loro parere, fare altrimenti), tanto pi riconoscevo chiaramente che si trattava di tentazione. Passarono il primo giorno con gran pena, il secondo soffrirono un po meno, e poi a poco a poco sempre meno, in modo che, anche se io facevo la comunione, perch me lavevano comandato (io, vedendole cos deboli, non lavrei fatta), lo sopportavano senza turbamenti. 13. Di l a poco esse, con tutte le altre, capirono la tentazione e quanto fosse stato bene porvi rimedio a tempo, perch in breve si ebbero in quella casa alcuni contrasti con i superiori (non per colpa delle monache; pi avanti pu darsi che ne dica qualcosa), che non avrebbero certo approvato n tollerato una simile abitudine. 14. Oh, quante cose di questo genere potrei dire! Ne riferir solo unaltra. Il fatto non avvenne in un monastero del nostro Ordine, ma in uno delle religiose di san Bernardo. Ve nera una non meno virtuosa di quelle anzidette; ella, per effetto di molte discipline e digiuni, era giunta a tale grado di debolezza da cadere subito a terra ogni volta che si comunicava o che aveva motivo daccendersi di devozione, e cos restava otto o nove ore, convinta, come tutte le altre, che si trattasse dun rapimento. Questo le accadeva tanto spesso che, se non vi si fosse posto rimedio, credo ne sarebbe derivato un gran male. La fama di tali rapimenti si era sparsa in tutta la citt; io ne ero afflitta, perch il Signore volle farmi capire, per sua grazia, di che si trattava e mi chiedevo con timore dove ci sarebbe andato a finire. Il suo confessore, che era come un padre per me, venne a raccontarmi quanto accadeva. Io gli
dissi quello che ne pensavo: vale a dire come fosse una perdita di tempo, essendo impossibile che si trattasse di rapimenti, ma solo di effetti della debolezza naturale. Gli consigliai di proibirle i digiuni e le discipline e di obbligarla a distrarsi. Ella era obbediente e ademp i suoi ordini. Dopo breve tempo, man mano che and riacquistando le forze, non ci fu pi alcun segno di rapimenti, mentre se si fosse trattato realmente di essi, nessun rimedio sarebbe stato utile a farli cessare, fino a quando il Signore non avesse voluto porvi termine. La forza dello spirito , infatti, cos grande, che le nostre energie non bastano a opporre una resistenza; inoltre, come ho detto, lascia grandi effetti nellanima, mentre in caso diverso non ce ne sono altri, proprio come se non fosse avvenuto nulla allinfuori di una grande spossatezza fisica. 15. Da ci resti dunque inteso che bisogna ritenere per sospetto tutto ci che ci soggioga al punto da rendere evidente la mancanza delluso della ragione, ed essere convinti che mai per questa via si acquister la libert dello spirito, poich una delle caratteristiche di tale libert trovare Dio in tutte le cose e poter pensare alle cose stesse; il resto schiavit di spirito e, a prescindere dal danno che arreca al corpo, impedisce allanima di progredire. Come quando si va per una strada e ci si caccia in un fondo di detriti o in un pantano dal quale non si riesce ad uscire, pressa poco avviene lo stesso nellanima che, per avanzare, non deve solo camminare, ma volare. 16. Quando poi, come spesso accade, dicono e credono di essere assorte nella divinit e di non potere, in quello stato di sospensione, opporre resistenza n distrarsi, sappiano che torno a dare questo consiglio: per un giorno, o quattro, o anche otto, non c ragione di temere, perch non strano che un temperamento debole resti assorto durante un tale lasso di tempo, ma se si oltrepassa questo limite, bisogna cercare un rimedio. Il lato buono di tutto ci che non c peccato e che non si lascia di acquistare meriti, ma vi sono gli inconvenienti di cui ho parlato e molti altri ancora. Per quanto riguarda la comunione, sarebbe ben grave se unanima, quale che sia la forza del suo amore, non si rimettesse anche in questo allautorit del confessore e della priora; se pur abbia a soffrire la solitudine, deve guardarsi dagli eccessi di non obbedire loro. necessario anche in questa, come in altre circostanze, esercitare le anime nella mortificazione, facendo loro comprendere che giova pi rinunciare alla propria volont che cercare la propria consolazione. 17. Anche il nostro amor proprio pu intervenire al riguardo. Io ne ho esperienza, perch mi accaduto a volte che, appena ricevuta la comunione (mentre lostia doveva essere pressoch ancora intera in me), vedendo comunicarsi le altre, avrei voluto non essermi comunicata, per farlo di nuovo. Da principio non mi sembrava che fosse cosa da cui stare in guardia, ma dopo che ci mi avvenne spesso, finii per rendermi conto che era un sentimento dovuto pi al mio piacere personale che allamore di Dio: siccome, infatti, quando ci accostiamo alla comunione, generalmente sentiamo tenerezza e diletto, io mi lasciavo trasportare da questo desiderio, perch, se avessi desiderato di avere Dio nellanima mia, gi lo avevo; se di obbedire al comandamento di accostarmi alla santa comunione, era gi cosa fatta; se di ricevere le grazie che si accompagnano al santissimo Sacramento, gi le avevo ricevute. Infine, riconobbi chiaramente che non cera in quel desiderio nulla di pi che voler tornare a godere di quel gusto sensibile. 18. Ricordo che in una citt dove io fui, in cui avevamo un monastero, conobbi una donna, grandissima serva di Dio, a detta di tutti, e doveva esserlo davvero. Si comunicava ogni giorno, ma si recava una volta in una chiesa e una volta in unaltra per farlo, e non aveva un confessore personale. Io, che notavo questo, avrei preferito vederla obbedire a una sola persona anzich ricevere tante comunioni. Viveva sola in una casa dove faceva, io credo, quel che voleva, senonch, essendo buona, tutto quanto faceva era buono. Io le dicevo qualche volta il mio pensiero, ma ella non vi dava importanza, e con ragione, perch era assai migliore di me; ci nonostante, se in questo mi avesse ascoltata, credo che non avrebbe sbagliato. Venne l il santo fra Pietro dAlcntara; feci in modo che le parlasse, e non rimasi contenta della relazione che ella gli fece. Probabilmente ci era dovuto solo al fatto che, miserabili come siamo, non riusciamo mai ad essere veramente contenti se non di coloro che vanno per la nostra stessa strada. Credo, infatti, che avesse servito meglio il Signore e fatto pi penitenza lei in un anno che io in molti. 19. Le sopravvenne, infine ed questo a cui volevo giungere , la malattia che doveva darle la morte. Ella ebbe cura di fare in modo che ogni giorno le celebrassero la Messa in casa e le somministrassero il santissimo Sacramento. Siccome la malattia si protrasse, un
sacerdote, gran servo di Dio, il quale gliela celebrava spesso, ritenne che non si poteva consentirle di ricevere ogni giorno la comunione in casa. Dovette essere certamente una suggestione del demonio, perch quel giorno venne a coincidere con lultimo della sua vita. Ella, vedendo che la Messa era finita e che rimaneva senza il Signore, ne fu cos contrariata e and talmente in collera con il sacerdote, che egli venne tutto scandalizzato a raccontarmi laccaduto. Io me ne afflissi molto, perch non sono certa che abbia potuto riconciliarsi: mor, credo, subito dopo. 20. Compresi da ci il danno che procura fare la propria volont in qualunque cosa, soprattutto, poi, se si tratta duna cosa di tale importanza. Lanima che si accosta al Signore con tanta frequenza devessere cos compresa della propria indegnit, da non farlo di testa sua, ma in virt dellobbedienza a un ordine, che supplir a quanto ci manca e sar inevitabilmente molto per avvicinarci a un cos augusto Signore. Questa benedetta donna aveva avuto loccasione di umiliarsi profondamente, e se avesse capito che il sacerdote non aveva colpa, ma che era stato il Signore, vedendo la sua miseria e quanto fosse indegna di accoglierlo in una cos spregevole dimora, a disporre le cose in questo modo, forse avrebbe meritato di pi che comunicandosi. Tale era il pensiero di una persona alla quale prudenti confessori proibivano la comunione, perch troppo frequente. Ella, quantunque ne soffrisse fino alle lacrime, anteponendo, daltra parte, lonore di Dio al proprio, non faceva che lodarlo per avere indotto il confessore ad esserne custode, non permettendo che Sua Maest entrasse in cos spregevole dimora. A causa di queste considerazioni obbediva con gran serenit, e se pur sentiva una pena tenera e amorosa, per nessuna cosa al mondo avrebbe contravvenuto a quello che le era stato ordinato. 21. Credetemi: lamore di Dio (non reale, ma apparente) che eccita le passioni, in modo da condurci a qualche offesa contro di lui o da turbare la pace dellanima innamorata al punto da non farle ascoltare la voce della ragione, chiaro che altro non se non una ricerca di noi stessi. Il demonio veglier, allora, per attaccarci quando ci potr fare pi danno, come fece con questa donna di cui, certo, mi spavent molto ci che le accadde, anche se non rinunzio a credere che non sar stato questo un motivo per impedire la sua salvezza, perch la bont di Dio infinita; ma non c dubbio che la tentazione lassal in un brutto momento. 22. Ne ho parlato qui perch le priore siano messe sullavviso e le consorelle abbiano il dovuto timore, non tralasciando di considerare ed esaminare il modo con cui si accostano a un cos grande sacramento. Se lo fanno per piacere a Dio, sanno bene che lo si accontenta pi con lobbedienza che con il sacrificio. Se, dunque, questo vero, e se cos facendo acquisto maggior merito, perch turbarmi? Non dico che non si possa provarne una certa pena, sia pur accompagnata da umilt, perch non tutte le anime sono pervenute a tal grado di perfezione da non averla, ed essere soddisfatte di fare solo ci che sanno maggiormente gradito a Dio. evidente che se la volont del tutto staccata da ogni suo personale interesse, non ci si affligger di nulla; anzi, ci si rallegrer davere loccasione di compiacere il Signore con una privazione cos penosa, ci si umilier e si rester ugualmente soddisfatte di comunicarsi spiritualmente. 23. Ma, poich allinizio sono grazie del Signore questi grandi desideri di accostarsi a lui (e anche alla fine, ma dico al principio in quanto allora sono da stimarsi di pi) e lanima non ancora ben affermata in tutta quella perfezione di cui ho parlato, si pu ammettere che provi un dolore fino alle lacrime, quando viene privata della comunione, purch ci non le tolga la pace interiore e le consenta di trarne motivo per atti di umilt. Qualora invece ci avvenisse con qualche turbamento o tormento, se avesse a cimentarsi con la priora o con il confessore, si pu essere certi che si tratta di una manifesta tentazione, per non parlare di quando qualcuno sinduce a fare la comunione, nonostante la proibizione del confessore. Io non vorrei davvero il merito di quella comunione; in simili cose non siamo noi a dover essere giudici di noi stessi. Devesserlo colui che ha le chiavi per sciogliere e legare. Piaccia al Signore di darci luce per capire come comportarci in questioni di tanta importanza e di assisterci sempre con il suo aiuto, affinch dalle grazie che ci concede non ricaviamo motivo di dispiacergli.
necessario per le priore. 1. Le mie consorelle del monastero di San Giuseppe di Salamanca dove mi trovo mentre scrivo queste pagine mi hanno pregato insistentemente di dire qualcosa su come bisogna comportarsi con le persone affette da malinconia. Malgrado ogni nostra cura per non accettare fra noi quelle che ne sono colpite, questo male cos sottile da apparire morto allorch gli conviene: pertanto non riusciamo a scoprirlo fino a quando non vi pi rimedio. Mi sembra daverne gi un po parlato in un mio libricino, ma non ricordo bene; non sar male, quindi, dirne qualcosa qui, se piacer al Signore che vi riesca. Potr ben darsi che mi ripeta ma sarei pronta a ripetermi cento volte, se pensassi di potere, almeno una volta, riuscire a dare un consiglio utile. Sono tanti gli espedienti a cui ricorre questo umore malinconico per soddisfare i suoi capricci, che necessario scoprirli per sapere come sopportarlo e come regolarsi affinch chi ne colpito non sia di danno alle altre. 2. Bisogna notare che non tutte le persone con questumore sono ugualmente difficili, perch quando la malinconia assale quelle umili e di carattere mite, esse, pur soffrendo molto nel loro intimo, non nuocciono alle altre, specialmente se sono dotate di buon senso. Inoltre questumore ha gradi diversi. Certo, credo che in alcune persone il demonio se ne serva come mezzo per cercare di guadagnarsele, e se non stanno bene in guardia, ci riuscir. Infatti, poich leffetto principale che produce offuscare la ragione, una volta che essa si sia oscurata, che cosa non faranno le nostre passioni? Pare che il non aver pi luso della ragione equivalga ad essere pazzi, ed proprio cos. Ma in quelle persone di cui ora parliamo, il male non arriva a tanto, e se pur vi arrivasse sarebbe un male minore, perch il doverle considerare esseri ragionevoli e trattarle come tali, mentre non lo sono, una fatica intollerabile. Quando cadono totalmente in preda a questa malattia sono degne di piet, ma non possono nuocere e, se esiste un mezzo per dominarle, infondere loro paura. 3. In coloro nei quali questo male pernicioso solo agli inizi, anche se non ha preso ancora troppo piede, viene pur sempre da quellumore e da quella radice, cio nasce dalla stessa causa. Perci, qualora non bastassero altri espedienti, necessario far ricorso allo stesso rimedio. Le priore si servano quindi, per le religiose che ne sono affette, delle penitenze dellOrdine e si adoperino a dominarle in modo che capiscano di non poter riuscire n in poco n in molto a fare la propria volont. Se, infatti, si avvedessero che, talvolta, possono essere sufficienti al proprio scopo le grida di disperazione che il demonio ispira loro per cercare di rovinarle, sarebbero perdute, e una sola basta per mettere in subbuglio un monastero. Siccome lanima, poverina, non ha in se stessa la forza di difendersi dalle suggestioni del demonio, occorre che la priora agisca con grande avvedutezza nel guidarla, non solo dal punto di vista esteriore, ma anche da quello interiore. Quanto pi, infatti, la ragione oscurata nellinferma, tanto pi devessere chiara nella priora, se si vuole evitare che il demonio giunga a impadronirsi di quellanima, servendosi della sua malattia. Il pericolo sta nel fatto che, siccome gli attacchi violenti di questo male, quelli che tolgono luso della ragione, avvengono ad intervalli (e allora chi ne vittima, per quante insensatezze faccia, non sar colpevole, come non sono colpevoli i pazzi, mentre qualche colpa esiste nei riguardi di chi si trova in questo stato e ha solo offuscata a tratti la ragione, stando bene in altri momenti), necessario che tali persone non comincino a prendersi qualche libert nel periodo in cui sono malate, onde evitare che negli intervalli in cui stanno bene non siano padrone di s, il che sarebbe un terribile inganno del demonio. Se vi si fa attenzione, ci a cui esse sono maggiormente portate fare quello che vogliono, dire tutto quello che viene loro alla bocca, badare ai difetti degli altri per ricoprire con essi i propri, cercare il proprio piacere; infine, comportarsi come chi non ha in s alcun freno. Con le passioni, dunque, cos sbrigliate che ognuna desse vorrebbe averla vinta, che avverr se non c chi opponga loro resistenza? 4. Torno a dire, avendo visto e trattato molte persone affette da questo male, che non c altro rimedio per combatterlo se non ridurle in soggezione, servendosi di tutte le vie e di tutti i modi possibili. Se non bastassero le parole, si ricorra ai castighi; se non bastassero quelli lievi, ci si valga dei pesanti; se non fosse sufficiente tenerle in carcere un mese, vi si tengano quattro: il pi gran bene che si possa fare alle loro anime. Come ho gi detto e ora torno a ripetere (essendo importante per queste persone capirlo bene, anche se qualche volta non riescono a dominarsi), non trattandosi di una pazzia completa, tale da togliere la responsabilit della colpa lo a intervalli, non sempre lanima corre il gran pericolo, nel tempo in cui luso della ragione non completamente offuscato, dessere spinta a fare e dire
ancora quello che faceva e diceva quando non poteva reagire. , dunque, una grande misericordia di Dio se le persone affette da questo male si sottomettono a chi le governa, perch in ci sta tutta la loro salvezza di fronte al pericolo di cui ho parlato. E, per amore di Dio, se una di loro legger quanto scrivo, badi che ne va forse della sua salvezza eterna. 5. Conosco alcune persone alle quali manca ben poco per perdere del tutto il giudizio. Ma siccome sono umili e temono di offendere Dio, anche se segretamente si stanno sciogliendo in lacrime, non fanno se non quello ch loro comandato e sopportano il loro male come le altre [sopportano] le proprie malattie, sebbene questo sia un martirio pi grande: ne avranno pertanto maggior merito e faranno qui il loro purgatorio per non averlo nel mondo di l. Ma, ripeto, quelle che invece non si sottometteranno di buon grado, vi siano costrette dalle priore, le quali non devono lasciarsi trarre in inganno da inopportuni sentimenti di compassione, onde evitare che tutto il monastero sia messo in subbuglio dalle loro intemperanze. 6. Infatti, senza tener conto del pericolo anzidetto, riguardante la religiosa inferma, vi un altro danno grandissimo: che le altre, vedendola in buona salute a quanto credono , poich non si rendono conto del male che la tormenta interiormente, potranno figurarsi, miserabile com la nostra natura, di soffrire anchesse di malinconia e di dovere, pertanto, essere sopportate. quanto effettivamente far loro credere lo stesso demonio, il quale cos provocher una strage a cui, allorch se ne verr a conoscenza, sar ben difficile porre rimedio. Ci tanto importante, che in nessun modo si pu ammettere alcuna negligenza in merito. Se dunque la religiosa affetta da malinconia resiste agli ordini del superiore, ne paghi la pena come una sana, e non le si perdoni nulla. Se dice una parola offensiva a una consorella, lo stesso. Cos per ogni altra circostanza del genere. 7. Sembra ingiusto che, se non pu agire diversamente, si castighi uninferma come una sana. Ma allora sarebbe ugualmente uningiustizia legare e fustigare i pazzi, e bisognerebbe lasciare che ammazzassero tutti. Mi si creda, perch una cosa di cui ho fatto esperienza; dopo aver provato molti rimedi, non mi pare che ce ne sia un altro. E la priora la quale per piet lasciasse che tali religiose cominciassero a prendersi qualche libert, alla fin fine dovr ammettere che la situazione intollerabile; e quando vorr porvi riparo, gi le altre ne avranno ricevuto un gran danno. Se si legano e si puniscono i pazzi per impedir loro di uccidere, ed bene far cos, per quanto possano sembrare degni di una gran piet, poich sono incapaci di dominarsi, a maggior ragione bisogna aver cura che queste persone non danneggino le anime con le loro libert. In verit ritengo che molte volte come ho detto ci provenga da una natura intemperante, poco umile e non domata, pertanto che i loro eccessi siano da mettere pi in rapporto con tali cause che con la malinconia. Dico che per alcune almeno, cos, perch ho visto che, in presenza di una persona per cui provano timore, hanno la capacit di dominarsi. Allora, perch non ci riusciranno a causa di Dio? Temo che il demonio, sotto il pretesto di questumore come ho detto cerchi di guadagnarsi molte anime. 8. Oggi, in realt, questo male pi che mai diffuso, tanto pi che con il nome di malinconia si fa passare ogni espressione della propria volont e di una malintesa libert. Ritengo pertanto che nei nostri monasteri e in tutte le case religiose non si dovrebbe mai pronunciare la parola malinconia, che sembra avere implicita lidea di libert, ma darle il nome di grave malattia e quanto grave! e curarla come tale. Di tanto in tanto, infatti, indispensabile somministrare qualche medicina che lenisca lumore, per renderlo pi sopportabile. Lammalata sia tenuta in infermeria e sappia che quando ne uscir per ritornare in comunit devessere umile come le altre, obbedire come le altre, e se non lo far, il pretesto dellumore non le giover a nulla. opportuno che sia cos per le ragioni gi dette, alle quali se ne potrebbero aggiungere altre. necessario che le priore, senza che esse se ne accorgano, usino verso di loro una grande piet, comportandosi come vere madri e cerchino tutti i mezzi possibili per guarirle. 9. Sembra che mi contraddica, perch finora ho sostenuto che vanno trattate con rigore. Pertanto, torno a ripetere che esse devono sapere di non poter spuntarla con i loro capricci, n si sopporter che lo facciano, una volta stabilito che hanno lobbligo di obbedire, giacch il loro danno consiste nel sentirsi libere. La priora pu peraltro non ricorrere ad ordini con quelle che prevede che opporranno resistenza, non avendo in s la forza di dominarsi. Dovr allora guidarle, finch sar necessario, con accortezza e con affetto, cercando, se sar possibile, dindurle a sottomettersi per amore. Ci avverr facilmente e non raro che
avvenga quando si fa veder loro di amarle molto, convincendole di ci con opere e con parole. Tengano presente che il miglior rimedio di cui dispongono di occuparle molto in mansioni domestiche, affinch non abbiano lopportunit di fantasticare, che ci in cui consiste tutto il loro male. Se anche non le disimpegneranno troppo bene, sopportino in esse qualche mancanza di questo genere, per non doverne sopportare di peggiori, se perdessero il senno. Questo , a mio giudizio, il rimedio pi efficace che si possa usare con loro, procurando, insieme, che non stiano molto tempo in orazione, anche se si tratta di orazione ordinaria, perch avendo in generale, tali persone, debolezza dimmaginazione, una lunga orazione potrebbe risultare per loro assai nociva. Senza queste precauzioni avranno capricci improvvisi, inesplicabili tanto per loro quanto per chi ne verr a conoscenza. Si vigili perch non mangino pese, se non raramente; anche i digiuni bisogna che non siano cos frequenti come per le altre. 10. Sembra unesagerazione dare tanti suggerimenti per questo male e non per alcun altro, pur avendone di cos gravi nella nostra misera vita, specialmente noi donne, deboli come siamo. Lo faccio per due motivi: il primo, perch tali persone hanno lapparenza dessere sane e non vogliono riconoscere davere qualche malattia. Siccome uno stato, il loro, che non le obbliga a rimanere a letto, perch non hanno febbre, n a chiamare il medico, necessario che faccia da medico la priora, essendo un male di maggior pregiudizio per tutto linsieme della perfezione, di quanto non lo sia una malattia che costringe a stare a letto, in pericolo di vita. Il secondo che di altre malattie, o si guarisce, o si muore; di questa ben raro che si guarisca, e neanche si muore, ma si viene a perdere del tutto il senno, cio a morire duna morte che uccide tutta una comunit. Daltra parte, nel loro intimo dove tali persone soffrono una morte ben crudele e certo assai meritoria a causa delle afflizioni, delle immaginazioni e degli scrupoli, che scambiano sempre per tentazioni. Se capissero una buona volta che un effetto del loro male, e non ne facessero alcun caso, si sentirebbero assai sollevate. Certamente io ne ho una gran piet: ed giusto che labbiano ugualmente tutte le consorelle, considerando che il Signore potrebbe inviare anche a loro la stessa infermit, e che cerchino di sopportarle, senza che esse se ne accorgano, come ho detto. Piaccia al Signore che sia riuscita a suggerire ci che opportuno fare riguardo a una cos grave malattia!
CAPITOLO 8 Offre alcuni consigli circa le rivelazioni e le visioni. 1. Sembra che ad alcune persone faccia spavento anche solo udire il nome di visioni o di rivelazioni. Non capisco la causa per cui ritengono pericoloso questo cammino attraverso il quale Dio conduce le anime, n da dove proceda siffatta paura. Non voglio ora dire quali siano le vere visioni e rivelazioni e quali le false, n indicare i segni di cui sono stata informata da persone assai dotte per riconoscerle, ma solo esporre come debba regolarsi unanima che si vedr in tale circostanza, perch tra i confessori ai quali si rivolger saranno ben pochi quella che non la lasceranno in preda alla paura. Certo, far loro molto meno impressione sentirsi dire che il demonio presenta allanima vari generi di tentazioni con suggestioni di spirito blasfemo, intemperanze e disonest, di quanto non li scandalizzer sentirsi dire che le apparso o le ha parlato un angelo, o che le si mostrato Ges Cristo, nostro Signore. 2. Non voglio neanche parlare, ora, di quando le rivelazioni vengono da Dio (essendo orami chiaro per il grande bene che apportano allanima), ma di quando si tratta dimmagini che il demonio suscita per ingannarci, servendosi della figura di Cristo, nostro Signore, o dei suoi santi. A questo riguardo sono convinta che Sua Maest non gli dar il permesso n il potere dingannare nessuno con tali immagini, tranne che non sia per colpa della stessa anima; sar invece lui a restare ingannato. Perci, non c ragione di spaventarsi, ma bisogna confidare nel Signore e far poco conto di queste cose, se non per lodarlo maggiormente. 3. So di una persona, gettata, a causa dei confessori, in preda a viva angoscia per simili cose, che poi, come fu dato dintendere dai grandi effetti e dalle buone opere che ne seguirono, provenivano da Dio. E pensare che quando le appariva la sua immagine in qualche visione, doveva farsi segni di croce a non finire e ripetere un gesto volgare perch tale era lordine da
lei ricevuto. In seguito, parlandone con un grande teologo, il maestro domenicano fra Domingo Bez, questi le disse che ci era mal fatto e che nessuno doveva agire cos, perch ovunque si veda limmagine di nostro Signore, bisogna riverirla, quandanche labbia dipinta il demonio. Diceva, infatti, che questi un gran pittore e quando ci dipinge un Cristo in croce o unaltra immagine cos al vivo da lasciarla impressa nel nostro cuore, anzich farci del male ci fa del bene. Questa argomentazione mi piacque molto; infatti, di fronte a unimmagine di grande bellezza, anche se sapessimo che opera di un uomo malvagio, non lasceremmo di ammirarla n faremmo caso del pittore per abbandonare la devozione. Il bene o il male, di conseguenza, non sta nella visione, ma in colui che la vede e che, per mancanza di umilt, non se ne giova. Se questa c, la visione, pur essendo opera del demonio, non pu fare alcun male; se invece manca, pur venendo da Dio, non sar di alcun profitto. Quando, infatti, ci che deve servire a rendere umile lanima nella consapevolezza di non meritare quella grazia la fa, invece, insuperbire, le avverr come al ragno che cambia in veleno tutto quello che mangia, e non come allape che lo converte in miele. 4. Voglio spiegarmi meglio: se nostro Signore, nella sua bont, vuole mostrarsi a unanima per essere meglio conosciuto e pi amato, o per svelarle qualche suo segreto, o concederle particolari favori e grazie, ed essa come ho detto a causa di ci, mentre dovrebbe sentirsi confusa e riconoscere quanto ne sia indegna la sua pochezza, si ritiene subito santa, persuasa che questa grazia la ricompensa di qualche servizio da lei reso a Dio, evidente che, come il ragno, cambia in male il gran bene che poteva trarne. Ora, invece, supponiamo che il demonio, per incitare alla superbia, sia lui lautore di queste apparizioni: se allora lanima, credendo che vengano da Dio, si umilia, riconosce di non meritare una grazia cos eccelsa e si sforza di servirlo meglio; se, vedendosi ricca e non sentendosi degna neppure di mangiare le briciole che cadono dalla tavola delle altre che ha saputo favorite da Dio della stessa grazia, cio sentendosi indegna dessere serva di chiunque fra esse, si umilia e comincia a fare penitenza e a dedicarsi di pi allorazione, ad avere maggior cura di non offendere il Signore, al quale crede di dovere tali grazie, e ad obbedire con pi perfezione, io affermo con sicurezza che il demonio, lungi dal tornare, se ne andr via confuso, senza lasciare nessun nocivo effetto nellanima. 5. Quando nelle visioni si riceve lordine di fare qualcosa, o lannunzio di avvenimenti futuri, bisogna parlarne con un confessore prudente e dotto, e non fare n credere nulla allinfuori di quanto dir lui. Una religiosa pu renderne partecipe la priora, perch le dia un confessore che abbia le suddette qualit. Ma si tenga presente che se ella non obbedir agli ordini del confessore e non si lascer guidare da lui, o si tratta dello spirito maligno, o di una terribile malinconia. Posto infatti che il confessore non vedesse giusto, non singanner lei nellobbedirgli, fosse anche a parlarle un angelo del cielo, perch Sua Maest illuminer il confessore o disporr le cose come conviene. Cos facendo non c alcun pericolo, mentre a fare il contrario i pericoli possono essere molti, con altrettanti danni. 6. Ricordiamoci che la debolezza umana grandissima, specialmente nelle donne, e che si manifesta di pi in questo cammino di orazione. Pertanto, per ogni piccola cosa che si presenti allimmaginazione, non dobbiamo pensare subito che si tratti di visione, perch quando lo , credetemi, lo si riconosce molto bene. Molto maggiore attenzione bisogna avere nel caso che vi sia di mezzo un po di malinconia, perch riguardo a queste illusioni mi giunta notizia di cose che mi hanno sbalordita: non capisco come si possa credere cos fermamente di vedere ci che non si vede. 7. Una volta venne da me un confessore oltremodo stupito, perch una sua penitente gli asseriva che la Madonna andava spesso a visitarla, si sedeva sul suo letto e si tratteneva a parlare per pi di unora, dicendole cose che dovevano avvenire e molte altre. Siccome fra tante insensatezze qualcosa si rivelava vera, tutto il resto era ritenuto certo. Io capii subito di che si trattava, anche se non osai dirlo, perch viviamo in un mondo dove necessario riflettere a quello che si pu pensare di noi, se vogliamo che le nostre parole abbiano il loro effetto. Gli dissi pertanto che bisognava aspettare ladempimento di quelle profezie, interrogarla circa altri effetti di queste visioni e informarsi della vita di tale persona. Infine, alla luce dei fatti, risult che erano tutte insensatezze. 8. Potrei citare tanti di questi esempi, che servirebbero assai bene a provare lopportunit del mio discorso: cio che unanima non deve credere subito a ci che sente, ma prendere tempo e cercare di conoscersi bene prima di parlarne, onde evitare di trarre in inganno, senza volerlo, il confessore. Infatti, per dotto che sia questi, se non ha esperienza di tali cose,
ci non sar sufficiente a fargli riconoscere di che si tratta. Non sono passati molti anni, anzi ben poco tempo, da quando un uomo mise in gran subbuglio alcune persone assai dotte e molto spirituali con simili fantasticherie, fino a che venne a trattarne con una che aveva esperienza di favori divini, la quale vide chiaramente chera tutto pazzia e illusione, anche se ci allora, lungi dallessere evidente, era molto oscuro. Di l a poco il Signore mise tutt o in chiaro, ma quella persona che aveva visto giusto ebbe prima molto a soffrire per il fatto di non essere creduta. 9. Da questi e altri esempi analoghi si vede quanto convenga che ogni consorella sia molto sincera nel parlare della sua orazione alla priora. Da parte sua questa si adoperi con molta cura a esaminare la complessione e il grado di perfezione della religiosa per informarne il confessore, affinch si renda meglio conto delle cose, e lo scelga adatto al caso, se quello ordinario non fosse idoneo a tale compito. Si ponga molta attenzione a non far parola di nulla con estranei, anche se sono favori indubbiamente divini e grazie chiaramente miracolose, nemmeno con quei confessori che non hanno la prudenza di tacere. Questo molto importante, pi di quanto si possa credere; non se ne parli, inoltre, neanche fra le religiose. La priora si faccia prudentemente vedere pi incline a lodare le anime che si distinguono in umilt, mortificazione e ubbidienza, che non quelle condotte da Dio per tale cammino di orazione del tutto soprannaturale, quandanche abbiano le stesse virt. Esse non ne riporteranno alcun danno perch, se ad agire lo spirito del Signore, trae con s lumilt che fa godere di essere disprezzati, e le altre ne riceveranno un grande vantaggio in quanto, non potendo arrivare a quei doni che Dio concede a chi vuole, correrebbero il rischio di scoraggiarsi circa lacquisto delle altre virt. vero che anche queste sono un dono di Dio, ma ci si pu adoperare di pi per ottenerle e sono di gran pregio per lo stato religioso. Sua Maest voglia concedercele! Egli certo non le negher a nessuna di noi che, confidando nella sua misericordia, si adoperi ad acquistarle con lesercizio, la vigilanza, lorazione.
CAPITOLO 9 Tratta della sua partenza da Medina del Campo per la fondazione del monastero di San Giuseppe di Malagn. 1. Quanto mi sono allontanata dal mio soggetto! Ma pu darsi che siano pi opportuni alcuni di questi consigli da me dati che il racconto delle fondazioni. Mentre, dunque, mi trovavo a San Giuseppe di Medina del Campo, ero intimamente felice nel vedere come le consorelle di questo monastero seguissero le orme di quelle di San Giuseppe di Avila, per il fervore religioso, la carit fraterna, lo spirito interiore. Nostro Signore provvedeva man mano alla sua casa, sia di quanto era necessario per la chiesa, sia di quanto occorreva al sostentamento delle stesse consorelle. Nel frattempo cominciarono ad entrare alcune novizie, che sembravano scelte dal Signore quali conveniva che fossero per servire di fondamento a tale edificio. Da questi principi infatti ritengo che dipenda tutto il bene dellavvenire perch, una volta che le prime trovino il cammino, le altre che vengono dopo non fanno che seguirlo. 2. Cera a Toledo una signora, sorella del duce di Medinaceli in casa della quale io ero stata per ordine dei superiori, come ho detto pi a lungo trattando della fondazione di San Giuseppe. Ella mi si affezion moltissimo, e questo affetto, indubbiamente, era un mezzo di cui Dio si serv per stimolarla a fare quanto poi si fece. Sua Maest infatti spesso si vale, per i suoi fini, di certi mezzi che a noi, ignari del futuro, sembrano di poca importanza. Non appena la signora seppe che avevo il permesso di fondare monasteri, cominci a chiedermi insistentemente di aprirne uno in un suo feudo che aveva nome Malagn. Io non volevo in alcun modo acconsentirvi per il fatto che si trattava di un villaggio cos piccolo che il monastero, per potersi mantenere, aveva bisogno, senza meno, di una rendita, cosa a cui io ero assolutamente contraria. 3. Ne parlai con alcune dotte persone e con il mio confessore e tutti mi dissero che facevo male; poich il santo Concilio consentiva di aver rendite, non si doveva, per unopinione personale, tralasciare di fondare un monastero, dove il Signore poteva essere cos ben servito. A ci si aggiunsero le ripetute insistenze di questa signora e mi vidi costretta a consentirvi. Ella diede alla fondazione una rendita conveniente. Amo sempre infatti che i monasteri o siano del tutto poveri o abbiano disponibilit sufficienti onde evitare che le
religiose debbano importunare chicchessia per ovviare alle loro necessit. 4. Feci ricorso a tutte le misure possibili perch nessuna possedesse la bench minima cosa e si osservassero integralmente le Costituzioni, come negli altri nostri monasteri improntati a povert. Fatti tutti i documenti, mandai a chiamare alcune consorelle per provvedere alla fondazione e, insieme con quella signora, ci recammo a Malagn. Ma siccome la casa non era ancora pronta per accoglierci, ci trattenemmo pi di otto giorni in un alloggio del castello. 5. La domenica delle Palme dellanno 1568, essendo venuti a prenderci in processione gli abitanti del luogo, noi, con i veli calati sul viso e tenendo indosso le cappe bianche, andammo nella chiesa del villaggio. Dopo la predica, si port il santissimo Sacramento nel nostro monastero. Ci fu motivo di gran devozione per tutti. L mi trattenni alcuni giorni. Una mattina, mentre, dopo essermi comunicata, stavo in orazione, udii da nostro Signore chegli in quella casa sarebbe stato ben servito. Credo desser rimasta in quel luogo neanche due mesi, perch mi sentivo nellintimo sollecitata a recarmi a fondare la casa di Valladolid, per la ragione che ora dir. CAPITOLO 10 In cui si tratta della fondazione del monastero di Valladolid, monastero intitolato alla Concezione di Nostra Signora del Carmine. 1. Quattro o cinque mesi prima che si fondasse questo monastero di San Giuseppe di Malagn, un giovane e illustre cavaliere con cui mi trovai a parlare, mi disse che, se avessi voluto fondare un monastero in Valladolid, egli mi avrebbe dato molto volentieri una sua casa, che disponeva di un orto assai fertile ed esteso con annessa una gran vigna. Voleva cederne subito la propriet, che era di molto valore. Io accettai, anche se non ero ben decisa a fondare il monastero in quel luogo, perch distava un quarto di lega dalla citt. Mi sembr peraltro che, una volta presone possesso, ci saremmo potute trasferire in citt; inoltre, poich la sua offerta era fatta assai di buon animo, non volli opporre un rifiuto a unopera cos meritoria, n essere di ostacolo alla sua devozione. 2. Di l a due mesi, pi o meno, fu colpito da un male di tale rapido decorso da togliergli luso della parola prima che potesse fare una buona confessione, anche se manifest con molti segni di chiedere perdono al Signore. Mor in brevissimo tempo, molto lontano dal luogo dove io allora mi trovavo. Il Signore mi disse che la sua salvezza era stata molto in pericolo e che aveva avuto misericordia di lui per il servizio reso a sua Madre con il dono di quella casa destinata a un monastero del suo Ordine. Aggiunse che non sarebbe uscito dal purgatorio finch l non si fosse celebrata la prima Messa; solo allora se ne sarebbe liberato. Io avevo talmente presenti le grandi sofferenze di questanima che, sebbene desiderassi fondare un monastero a Toledo, per il momento vi rinunciai e mi adoperai, quanto pi in fretta potei, a realizzare, in qualunque modo, la fondazione di Valladolid. 3. Tuttavia la cosa non pot farsi cos presto come desideravo, perch mi vidi costretta a fermarmi parecchi giorni a San Giuseppe di Avila, ove ero priora, e in seguito a San Giuseppe di Medina del Campo, trovandomi a passare di l. Un giorno, mentre stavo in orazione in questultimo monastero, il Signore mi disse di affrettarmi, perch quellanima soffriva molto. Bench mancassi ancora di molte cose, partii subito e il giorno di san Lorenzo entrai a Valladolid. Quando vidi la casa fui presa da grande angoscia perch mi resi conto che era una pazzia per le nostre religiose stabilirsi in quel luogo, senza dover incorrere in ingenti spese. Inoltre, se il posto era molto attraente, grazie a quellorto cos delizioso, non poteva non essere malsano, per la vicinanza del fiume. 4. Pur essendo stanca, dovetti andare a Messa in un monastero del nostro Ordine, che era allingresso della citt, ma tanto lontano da raddoppiarmi langoscia. Tuttavia non dicevo nulla alle mie compagne per non scoraggiarle. Anche se debole, avevo, peraltro, una certa fiducia che il Signore, il quale mi aveva esortato a fare quanto ho detto, mi avrebbe dato il suo aiuto. Feci cos venire in gran segretezza alcuni operai per cominciare il lavoro dei muri di cinta della clausura e per quanto altro occorreva. Erano con noi Giuliano dAvila, il sacerdote di cui ho parlato, e uno dei due frati che, come ho detto, volevano farsi scalzi, per conoscere il nostro modo di vivere in questi monasteri della Riforma. Giuliano dAvila si occupava di ottenere lautorizzazione dellOrdinario che, prima del mio arrivo, aveva gi dato buone speranze. Ma non si pot fare tutto tanto presto che, prima di aver ottenuto lautorizzazione, non sopraggiungesse la domenica. Ci fu permesso tuttavia di far celebrare la
Messa nel luogo da noi destinato a servire da cappella e cos non mancammo di parteciparvi. 5. Ero molto lontana dal pensare che quanto mi era stato detto di quellanima dovesse compiersi allora. Mi era stato riferito della prima Messa ed io ero persuasa che bisognava riferirsi a quella in cui sarebbe stato posto nella nostra cappella il santissimo Sacramento. Mentre il sacerdote veniva con la santa Eucaristia fra le mani dove noi dovevamo comunicarci e io mi appressavo a riceverla, mi apparve vicino al sacerdote il cavaliere di cui ho parlato, con volto splendente e pieno di gioia. Mi ringrazi a mani giunte di quello che avevo fatto perch uscisse dal purgatorio; poi, la sua anima sal al cielo. Certo, la prima volta che mi fu detto che egli era sulla via della salvezza, ero ben lontana dal pensarlo, anzi, provavo una gran pena, sembrandomi che avrebbe avuto bisogno di unaltra morte, dopo il genere di vita che aveva condotto. Difatti, sebbene non gli mancassero buone qualit, era molto invischiato nelle cose del mondo. Tuttavia, come aveva detto alle mie compagne, aveva sempre presente il pensiero della morte. davvero una cosa straordinaria quanto riesca gradito a nostro Signore qualunque servizio reso a sua Madre e quanto sia grande la sua misericordia. Sia di tutto lodato e benedetto, egli che ricompensa con la vita eterna e con la gloria del paradiso la pochezza delle nostre opere e le rende grandi, nonostante il loro scarso valore! 6. Giunto dunque il giorno dellAssunzione di nostra Signora, che cade il 15 agosto, nellanno 1568, si prese possesso di questo monastero. Ma vi restammo poco, perch ci ammalammo gravemente quasi tutte. Lo seppe una signora del luogo, chiamata donna Mara de Mendoza, moglie del commendatore Cobos, madre del marchese di Camarasa, profondamente cristiana e di straordinaria carit (come davano a vedere le sue generose elemosine). Avevo sperimentato la sua grande benevolenza prima ancora del nostro incontro, perch sorella del vescovo di Avila, che ci aveva favorito molto nella fondazione del primo monastero e in tutto quello che riguarda il nostro Ordine. Dotata com di tanta carit, vedendo che l non saremmo potute restare senza gravi inconvenienti, sia per linsalubrit del luogo, sia anche per la distanza che rendeva difficile le elemosine, ci propose di cedere a lei quella casa, in cambio di unaltra. E cos fece, dandocene una che valeva molto pi della prima, e fornendoci da allora fino ad oggi di tutto il necessario, cosa che far per lintero corso della sua vita. 7. Il giorno di san Biagio ci trasferimmo nel nuovo monastero con grande processione e devozione del popolo, devozione tuttora viva, perch il Signore usa grandi misericordie a questa casa, conducendovi anime di cui un giorno sar messa in luce la santit a lode sua. Egli si compiace con tali mezzi di rendere pi grandi le sue opere e concedere grazie alle sue creature. Vi entr infatti una giovinetta, la quale diede ben a vedere che cosa sia il mondo, con il disprezzo che ella ne fece in cos tenera et. Mi sembrato opportuno parlarne qui, a confusione di coloro che tanto lo amano, e a edificazione delle giovani alle quali il Signore far dono di buoni desideri e sante ispirazioni, affinch li mettano in pratica. 8. In questa citt risiede una signora, chiamata donna Mara de Acua, sorella del conte di Buenda. Sposatasi con lAdelantado di Castiglia, rimase vedova in giovanissima et con un figlio e due figlie. Cominci a condurre una vita di tale santit e ad educare i figli in tanta virt, da meritare che il Signore li chiamasse al suo servizio. Mi sono sbagliata circa il numero dei figli: di figlie ne aveva tre. La prima si fece subito religiosa; la seconda non si volle sposare e conduceva con sua madre una vita di grande edificazione; il figlio, fin da piccolo cominci a capire che cosa fosse il mondo e come Dio lo chiamasse alla vita religiosa con tale invito che nessuno fu in grado dimpedirgli di ascoltarlo. Sua madre ne era tanto contenta che, credo, laiutasse con la sua preghiera presso nostro Signore, pur non facendo trapelare nulla, a causa dei parenti. In conclusione, quando Dio vuole per s unanima, le creature valgono poco a impedirlo. Fu quanto avvenne qui, perch, dopo tre anni in cui si tent di bloccare la decisione del giovane con ogni genere di esortazioni, egli entr nella Compagnia di Ges. Un confessore di questa signora mi rifer chella gli aveva detto che mai nella sua vita aveva sentito in cuore tanta gioia come il giorno in cui suo figlio fece la sua professione. 9. Oh, Signore! Di quale insigne grazia voi favorite coloro cui date tali genitori, che amano i propri figli di un amore cos vero da non volere per loro possessi, maggioraschi e ricchezze se non in quella beatitudine che non avr fine! Che pena vedere oggi il mondo in tanta miseria e cecit da far s che i genitori fanno consistere il loro onore nellaver sempre presente questo sterco dei beni terreni senza ricordarsi che, presto o tardi, devono tutti finire! No, tutto ci che ha fine non merita stima perch, per quanto possa durare, un giorno finir. Ma certi genitori, a spese dei loro poveri figli, vogliono mantenere le loro vanit ed hanno la gran
temerit di togliere a Dio le anime che egli vuole per s, privando esse stesse di un cos grande bene. Infatti, a prescindere dal fatto che sar una felicit eterna quella a cui Dio li invita con lo stato religioso, non forse un vantaggio inestimabile vedersi liberi dagli affanni e dalle leggi del mondo, peso tanto pi grave quanto maggiori sono i beni mondani posseduti? Aprite loro gli occhi, mio Dio; fate loro intendere quale sia lamore a cui sono tenuti verso i propri figli, per non recare ad essi un cos gran male e non dover udire le loro lagnanze alla vostra presenza, nel giorno del giudizio finale in cui, pur controvoglia, comprenderanno il valore di ogni cosa. 10. Quando, dunque, la misericordia di Dio fece lasciare il mondo a questo cavaliere, figli di donna Mara de Acua (egli si chiama don Antonio de Padilla), allet, pi o meno, di diciassette anni, tutti i beni e i titoli restarono alla figlia maggiore, donna Luisa de Padilla, perch il conte di Buenda non ebbe figli e chi ereditava la contea e il titolo di Adelantado di Castiglia era don Antonio. Siccome non riguarda il mio argomento, non dico quanto ebbe a soffrire da parte dei suoi parenti per riuscire nel suo scopo. Potr bene immaginarlo chi sa quanto la gente del mondo desideri che non manchi discendenza al proprio casato. 11. Oh, Figlio dellEterno Padre, Ges Cristo, nostro Signore, vero Re delluniverso! Che cosa avete lasciato voi nel mondo? Che cosa hanno potuto ereditare da voi i vostri discendenti? Che cosa avete posseduto voi, mio Signore, se non sofferenze, dolore, ignominia, fino ad avere solo laiuto di un tronco dalbero per inghiottire lamaro calice della morte? Infine, mio Dio, se vogliamo essere vostri figli legittimi e non rinunziare alla vostra eredit, non dobbiamo rifuggire dalla sofferenza. Il vostro stemma fatto di cinque piaghe. Su, dunque, figlie mie, questa deve essere la nostra insegna, se dobbiamo ereditare il suo regno: non con il riposo, non con i piaceri, non con gli onori, non con le ricchezze si deve guadagnare ci chegli ha acquistato a prezzo di tanto sangue. Oh, gente illustre, per amor di Dio, aprite gli occhi! Considerate che i veri cavalieri di Ges Cristo e i principi della sua Chiesa, un san Pietro, un san Paolo, non hanno seguito il cammino che seguite voi. Credete forse che per voi il cammino debba essere un altro? Non pensatelo davvero. Osservate come il Signore cominci ad indicarvelo con lesempio di persone cos giovani come quelle di cui ora parliamo. 12. Ho visto qualche volta questo don Antonio e ho parlato con lui; avrebbe voluto possedere molto di pi allo scopo di abbandonare tutto. Fortunato giovane e fortunata giovinetta, per aver cos ben meritato presso Dio, che nellet in cui il mondo, generalmente, domina chi vi ha la sua dimora, essi lo hanno calpestato. Benedetto sia colui che si mostrato con loro tanto generoso! 13. Quando la sorella maggiore si vide in possesso di tutti gli averi, li disprezz come aveva fatto suo fratello, perch fin da bambina si era dedicata tanto allorazione proprio dove il Signore d luce per intendere la verit da non averne, come lui, alcuna stima. Oh, Dio mio, a quante fatiche, tormenti, processi e anche con quale rischio della vita e dellonore, si sarebbero esposti molti per assicurarsi questeredit! Essi, invece, ebbero a soffrire non poco per ottenere di spogliarsene. Cos va il mondo, le cui follie ci sarebbero bene evidenti se non fossimo ciechi. Di tutto cuore, per liberarsi di questeredit la giovinetta ne fece rinuncia in favore di sua sorella, lultima che restasse in casa, dellet di dieci o undici anni. Subito, perch non si estinguesse la miserabile gloria del casato, i parenti stabilirono di far sposare questa fanciulla con uno zio, fratello di suo padre. Ottenuta la dispensa dal Papa, si celebrarono gli sponsali. 14. Ma il Signore non volle che la figlia di una tale madre e la sorella di tali fratelli avesse, diversamente da loro, gli occhi chiusi alla verit. Avvenne, pertanto, quello che ora dir. Quando la ragazza cominciava a disporre di vestiti e di ornamenti mondani che, adeguati al suo rango, avrebbero dovuto allettare una fanciulla di tenera et come la sua, e non erano trascorsi ancora due mesi dal suo fidanzamento, il Signore prese ad illuminarla, pur senza che allora ella se ne accorgesse. Dopo aver trascorso una giornata molto felice con il suo promesso sposo, che ella amava con un trasporto superiore a quanto comportasse la sua et, si sentiva presa da una gran tristezza costatando come quel giorno fosse ormai passato e pensando che cos sarebbero passati anche tutti gli altri. Oh, grandezza di Dio! Dalla stessa gioia provata nei piaceri fugaci di questo mondo fu tratta a detestarli. La sua tristezza era cos profonda che non riusciva a nasconderla al suo fidanzato, n sapeva quale ne fosse la causa n cosa dirgli, quando gliene chiedeva il motivo. 15.Nel frattempo al fidanzato capit di essere obbligato a fare un viaggio per recarsi assai lontano dalla citt. Ella ne soffr molto, perch lo amava profondamente. Ma subito il Signore
le scopr la causa della sua pena: cio la sua anima cominciava a propendere per ci che non avr fine. Prese infatti a considerare come i suoi fratelli si fossero aggrappati al partito pi sicuro, lasciando lei fra i pericoli del mondo. Questo, da una parte; dallaltra laffliggeva il pensiero che la sua situazione era senza rimedio, non essendo venuto ancora a sua conoscenza come poi seppe, dietro sua richiesta che, pur essendo fidanzata, poteva ugualmente abbracciare la vita religiosa. Ma, soprattutto, lamore che aveva per il suo promesso sposo le impediva di prendere una tale decisione, ragion per cui viveva in grande angoscia. 16. Siccome per il Signore la voleva per s, le tolse a poco a poco questo amore e le fece crescere il desiderio di abbandonare tutto. In quel tempo era animata solo dal desiderio di salvarsi e di cercare i mezzi migliori a tal fine. Le sembrava infatti che, invischiata di pi nelle cose del mondo, si sarebbe dimenticata di adoperarsi per quelle eterne. Questa la saggezza che Dio le infondeva nellanima per la quale, pur in cos tenera et, si sentiva spinta a cercare il modo dimpossessarsi di ci che eterno. Anima felice che cos presto si liber della cecit nella quale muoiono tanti vecchi! Non appena si sent padrona del suo volere, decise di impiegarlo tutto al servizio di Dio. Fino a quel momento aveva taciuto; da allora cominci a parlarne con sua sorella. Questa, credendola una fanciullaggine, cercava di dissuaderla dicendole, fra laltro, che si poteva salvare anche nello stato matrimoniale. Per tutta risposta la giovinetta le chiese perch lei vi avesse rinunciato. Cos passarono alcuni giorni, durante i quali il suo desiderio non faceva che aumentare. A sua madre, tuttavia, non osava dire nulla, e forse era proprio lei, con le sue sante preghiere, a suscitarle quelle lotte.
CAPITOLO 11 Prosegue sullargomento iniziato, raccontando gli espedienti a cui donna Casilda de Padilla fece ricorso per realizzare i suoi santi desideri dessere religiosa. 1. In questo tempo avvenne che prendesse labito nel nostro monastero della Concezione una sorella conversa, della quale forse racconter la vocazione perch, sebbene di diversa condizione, essendo unumile contadina, per le insigni grazie di cui Dio lha favorita stata da lui elevata talmente da meritare, a lode di Sua Maest, che se ne faccia speciale menzione. Donna Casilda (si chiamava cos questa prediletta di Dio), recatasi ad assistere alla vestizione con la nonna, che era la madre del suo promesso sposo, si affezion molto a questo monastero, sembrandole che in esso le religiose, essendo in poche e povere, potessero servire meglio il Signore. Pur tuttavia non era decisa a lasciare il suo sposo, giacch era questo come ho detto il legame pi forte che ancora la trattenesse. 2. Considerava che, prima di fidanzarsi, era solita dedicare un po di tempo allorazione, abitudine in cui era cresciuta con i fratelli, per la bont e la santit di sua madre. Infatti questa, sin dallet di sette anni, li conduceva di tanto in tanto in un oratorio, insegnava loro a meditare sulla passione del Signore e li faceva confessare spesso; per questo ha assistito al pieno successo dei suoi desideri, che erano di vederli consacrati a Dio. Ella mi ha detto che glieli offriva di continuo e lo supplicava di tirarli fuori dal mondo, essendo ormai consapevole del poco conto che si deve farne. Penso, a volte, quanto questi figli dovranno ringraziare una tale madre, una volta in possesso dei beni eterni, nel riconoscere che la madre stata per loro il mezzo per conseguirli, e quale sar la gioia di questa madre nel vedere i suoi figli in paradiso. Al contrario, quanto diversa la sorte di coloro che, per non aver cresciuto i propri figli come figli di Dio (di cui sono pi figli, che non di loro stessi), si vedranno con essi nellinferno! Quali maledizioni si scaglieranno e quale disperazione li tormenter! 3. Tornando dunque a quello che dicevo, Casilda, vedendo che attendeva di malavoglia anche alla recita del rosario, temette molto di dover andare sempre peggio, e le sembr evidente che, entrando in questo monastero, si sarebbe assicurata la salvezza. Prese pertanto la sua risoluta decisione. Una mattina, essendo venuta qui con sua sorella e sua madre, si diede loro loccasione di entrare in monastero, senza il minimo sospetto da parte di alcuno che ella facesse ci che fece. Non appena si vide l dentro, non ci fu verso di mandarla fuori. Versava tali fiumi di lacrime perch ve la lasciassero e diceva tali cose commoventi, da far restare tutte le religiose sbigottite. Sua madre, bench nel suo intimo ne godesse, temeva dei parenti e non voleva che rimanesse l in quel modo, onde evitare di essere
accusata daverla indotta lei a fare quel passo. Anche la priora era della stessa opinione: riteneva la fanciulla troppo giovane e pensava che fosse necessario provarla pi a lungo. Questo accadeva al mattino; dovettero restare l fino a sera; fu mandato a chiamare il suo confessore, come anche il padre maestro fra Domingo, domenicano, di cui ho fatto menzione allinizio, che era il mio confessore. In quel momento non mi trovavo in tale monastero. Questo padre riconobbe subito che si trattava dello spirito del Signore e aiut molto Casilda, sopportando ben ardue difficolt da parte dei suoi parenti (cos dovrebbero fare tutti coloro che pretendono di servire il Signore, quando vedono che unanima chiamata da Dio, e non badare tanto a considerazioni umane!). Egli promise di aiutarla a rientrare nel monastero un altro giorno. 4. Dopo una lunga opera di persuasione e soprattutto affinch la colpa non dovesse ricadere su sua madre, per questa volta ella se ne and via da l. Ma i suoi desideri non facevano che aumentare. La madre, allora, cominci a parlarne segretamente con i suoi parenti, e la ragione di questa segretezza stava nella speranza che, cos facendo, il fidanzato non venisse a saperlo. Essi dissero che era una bambinata e che Casilda doveva aspettare davere unet conveniente, visto che non aveva compiuto dodici anni. Ella rispondeva che se lavevano trovata di unet adatta per sposarla e lasciarla nel mondo, come mai non la trovavano matura per darsi a Dio? Diceva cose che davano ben a vedere come non fosse lei a parlare a questo riguardo. 5. La cosa, tuttavia, non pot restare cos segreta, che non ne fosse informato il fidanzato. Quando ella lo seppe, non le sembr opportuno attendere il suo ritorno, e il giorno della festa della Concezione, trovandosi in casa di sua nonna, che era anche la sua futura suocera e che non sapeva nulla di questo, la preg caldamente di lasciarla andare in campagna con la governante, a ricrearsi un poco. La nonna vi acconsent per farle piacere, dandole una carrozza con vari suoi servitori. Casilda diede a uno di essi un po di denaro, pregandolo di aspettarla alla porta del monastero con alcuni fasci di sarmenti, mentre ella faceva girare la carrozza in modo da essere condotta davanti a questa casa. Appena giunta alla porta, fece chiedere alla ruota una brocca dacqua, raccomandando di non dire per chi servisse, e scese in gran fretta dalla vettura. Le dissero che glielavrebbero portata dovera, ma ella non volle. Gi i fasci erano l. Fece allora pregare le suore di venire alla porta per prenderli, ed ella vi rimase accanto. Apertasi la porta, si precipit dentro, corse ad abbracciare una statua della Madonna, piangendo e supplicando la priora di non cacciarla. Frattanto i servi lanciavano alte grida e bussavano con violenza alla porta. Casilda si rec alla grata per parlare con essi: disse loro che in nessun modo sarebbe uscita di l e li incaric di riferirlo a sua madre. Le donne che lavevano accompagnata emettevano grandi lamenti, ma a lei importava poco di tutto questo. La nonna, non appena ebbe la notizia di quanto era avvenuto, volle subito andare l. 6. In conclusione, n lei n lo zio n il fidanzato che, al suo ritorno, si diede molto da fare per convincerla attraverso la grata, riuscirono ad altro che a tormentarla con la loro presenza, e lasciarla poi pi radicata nella sua decisione. Il fidanzato le diceva, dopo molti lamenti, che avrebbe potuto servir meglio il Signore facendo elemosine. Ella gli rispondeva che le facesse lui; alle altre sue argomentazioni replicava che soprattutto doveva pensare alla propria salvezza, che si sentiva debole e che vedeva di non potersi salvare fra i pericoli del mondo; dopo tutto egli non aveva motivo di lamentarsi di lei, perch non laveva lasciato se non per Dio, pertanto non gli recava offesa alcuna. Ma, vedendo che nulla riusciva a persuaderlo, si alz e lo lasci solo. 7. Le sue parole non la turbarono minimamente; anzi, rest del tutto sdegnata con lui perch, quando Dio d a unanima la luce della verit, le tentazioni e gli ostacoli frapposti dal demonio le sono di maggior aiuto, perch allora Sua Maest a combattere per lei; questo appariva chiaro in Casilda, essendo evidente che non era lei a parlare. 8. Quando il suo fidanzato e i suoi parenti videro che, a volerla far uscire di buon grado, non si ricavava nulla, cercarono di ricorrere alla forza. Presentarono, cos, un provvedimento reale che ordinava di metterla fuori del monastero e di lasciarla libera. In tutto questo intervallo di tempo, cio dalla festa della Concezione a quella degli Innocenti in cui la fecero uscire, nel monastero non le fu dato labito, ma ella attese a tutte le pratiche religiose come se lo avesse, e con grande gioia. Nel giorno stabilito venne a prenderla la giustizia e fu portata in casa di un gentiluomo. La condussero via mentre, sciogliendosi in lacrime, continuava a dire che non vera ragione di tormentarla, poich non avrebbe loro giovato a
nulla. In questa casa dovette subire uninsistente opera di persuasione, tanto da parte di religiosi come di altre persone: gli uni, infatti, vedevano nel suo comportamento una fanciullaggine, le altre desideravano che godesse del suo stato. Sarebbe dilungarmi molto se dicessi le dispute che dovette sostenere e il modo in cui si liberava da tutte le argomentazioni. Le sue risposte lasciavano tutti sbalorditi. 9. Quando videro linutilit dei loro sforzi, la riportarono a casa di sua madre per trattenervela un po di tempo. La madre, stanca ormai di tante agitazioni, non laiutava minimamente, anzi, a quanto sembrava, le era ostile. Pu darsi che lo facesse per provarla maggiormente; perlomeno cos poi mi ha detto: cos santa che si deve assolutamente credere alle sue parole. Ma la giovinetta non si rendeva conto di questo modo di agire. Anche un sacerdote dal quale si confessava le era oltremodo contrario. Cos non trovava altra consolazione che in Dio e in una damigella di sua madre. In queste lotte ed angosce trascorse il tempo che le restava per compiere dodici anni, quando scopr che, non potendo impedirle di essere religiosa, cercavano di farla entrare nel monastero in cui stava sua sorella, perch vi si praticava minore austerit. 10. Appena si rese conto di questo, decise di adoperarsi con tutti i mezzi a sua disposizione per raggiungere lagognata felicit, portando avanti il suo disegno. Un giorno and con sua madre a Messa. Mentre erano in chiesa, sua madre entr in un confessionale. A quel punto, Casilda preg la sua governante di andare a chiedere a uno dei padri di celebrare una Messa per lei; appena la vide allontanarsi, si mise le scarpette nella manica, si alz la gonna e corse quanto pi celermente pot verso il monastero, che era molto distante. La sua governante, non trovandola pi, si mise a inseguirla e, quando era gi vicina a raggiungerla, preg un uomo di fermarla. Ma questi la lasci andare perch, come ebbe poi a raccontare, si sent nellimpossibilit di muoversi. Casilda, dopo aver varcato la prima porta del monastero, la chiuse e cominci a chiamare. Quando giunse la governante, gi era dentro. Le diedero subito labito, e cos pot appagare i santi desideri che il Signore le aveva messo nel cuore. Sua Maest prese a ricompensarla assai presto con grazie spirituali ed ella, da parte sua, a servirlo con grandissima gioia, profonda umilt e completo distacco. 11. Sia benedetto per sempre, egli che rende felice, sotto povere vesti di bigello, colei che era prima cos attaccata a quelle eleganti e ricche. Tali povere vesti peraltro non riuscivano a nascondere la sua bellezza, giacch il Signore le aveva concesso insieme alle grazie spirituali anche quelle naturali. Ella dotata infatti di un carattere e di un ingegno cos piacevoli che le consorelle lodano il Signore. Piaccia a Sua Maest che siano in molte a rispondere come lei alla sua chiamata.
CAPITOLO 12 Vi si tratta della vita e della morte di una religiosa condotta da nostro Signore in questo stesso monastero, chiamata Beatriz de la Encarnacin, di tale perfezione nella sua vita e di tale santit nella morte, che giusto se ne faccia memoria. 1. Una giovinetta che si chiamava donna Beatriz Oez, lontana parente di donna Casilda, entr qualche anno prima di lei in questo monastero per farsi monaca. Le rare virt di cui il Signore larricchiva riempivano tutte dammirazione. Sia le consorelle, sia la priora affermavano che in tutto il tempo della sua vita non scoprirono mai in lei nulla che si potesse ritenere unimperfezione, n mai, per nessuna ragione, la videro mutarsi daspetto, ma sempre mantenere unespressione di riservata letizia, segno evidente dellintima gioia di cui godeva la sua anima. Il suo silenzio era tale che, lungi dal pesare ad alcuno, pur essendo assai rigoroso, non evidenziava nulla di particolare. Non risulta che abbia mai pronunziato una parola meritevole di rimprovero, n la si vide mai ostinarsi a discutere n scusarsi, sebbene la priora, per metterla alla prova, lincolpasse di ci che non aveva fatto, come si usa nelle nostre case per esercitare alla mortificazione. Non si lament mai di nulla n di nessuna consorella. Qualunque ufficio adempisse, n con lespressione del suo viso n con le sue parole procur il minimo dispiacere ad alcuna, n diede motivo di pensare che ci fosse in lei unimperfezione. Non si trovato nessun punto daccusa a suo riguardo nel Capitolo, ove pur le zelatrici rivelano le pi lievi mancanze da loro notate. In ogni cosa era straordinario lordine che regolava i suoi atti interiori ed esteriori: ci nasceva dal pensiero sempre
presente delleternit e del fine per cui siamo stati creati. Aveva continuamente sulle labbra le lodi di Dio e gli accenti della pi profonda gratitudine: la sua vita, in conclusione, era una perenne preghiera. 2. Riguardo allobbedienza, non commise mai una mancanza, pronta comera ad eseguire con sollecitudine, perfezione e gioia tutto ci che le veniva ordinato. Grandissima era la sua carit verso il prossimo, tanto da farle dire dessere disposta a lasciarsi ridurre a pezzi per chiunque, in cambio della salvezza della sua anima e della possibilit di far godere a tutti di suo fratello Ges Cristo, come soleva chiamare nostro Signore. Sopportava le sue sofferenze, pur essendo dure, a causa di terribili malattie come dir in seguito e i suoi tremendi dolori cos di buon animo e con tanto piacere, come se fossero grandi favori e delizie. Certamente nostro Signore doveva fargliene dono nellanima, non essendo altrimenti possibile spiegarsi la gioia con cui sopportava i suoi mali. 3. Avvenne che in questa citt di Valladolid si portassero al rogo alcuni individui, colpevoli di gravi delitti. Ella, avendo certo saputo che andavano a morte senza quella buona disposizione che era loro necessaria, ne prov profonda afflizione. Si rec con grande pena ai piedi di nostro Signore e lo supplic ardentemente per la salvezza di quelle anime, chiedendogli in cambio di quanto esse meritavano, o per rendersi ella stessa meritevole di ottenere questa grazia non ricordo in modo preciso le parole a cui fece ricorso , di darle nellintero corso della sua vita tutte le tribolazioni e le sofferenze che ella potesse sopportare. Quella stessa notte ebbe il primo attacco di febbre, e fino alla morte non fece che soffrire. Quei condannati morirono bene e ci fa pensare che Dio avesse ascoltato la sua preghiera. 4. Le venne, poi, un ascesso intestinale con cos atroci dolori, che era proprio necessario, per sopportarli pazientemente, la grazia di cui il Signore aveva arricchito la sua anima. Si trattava di un ascesso interno, contro cui tutti i rimedi della medicina non giovavano a nulla, finch il Signore permise che si aprisse e gettasse fuori linfezione; cos cominci a star meglio a questo riguardo. Ma, desiderosa comera di patire, non si contentava di poco; pertanto il giorno della festa della Croce, nellascoltare la predica, il suo desiderio crebbe tanto che, finita la cerimonia, scoppiata in lacrime, and a gettarsi sul letto. Interrogata su che cosa avesse, rispose che pregassero Dio di mandarle molte sofferenze, perch solo con esse sarebbe stata felice. 5. Parlava con la priora di tutto ci che avveniva nel suo intimo, e questo le era di conforto. Per lintera durata della sua malattia non diede mai a nessuno il minimo fastidio, n si discostava dalle prescrizioni dellinfermiera, si trattasse anche solo di bere un po dacqua. Per le anime dedite allorazione, desiderare sofferenze, quando non si hanno, cosa assai consueta, ma rallegrarsi, stando tra le pene, di soffrirle, non di molte. Ella, invece, mentre il male aumentava di violenza, tanto che dur ancor poco in vita, con dolori terribili e un ascesso alla gola che le impediva di inghiottire, alla presenza di alcune consorelle disse alla priora (la quale cercava certo di confortarla e incoraggiarla a sopportare cos gran male) che non avvertiva alcuna afflizione, n avrebbe cambiato il suo stato con nessuna delle consorelle che stavano in perfetta salute. Aveva talmente presente quel Signore per il quale pativa, che ricorreva a tutti i mezzi possibili perch non si capisse quanto grande fosse la sua sofferenza. Pertanto, tranne quando il dolore aumentava notevolmente dintensit, si lamentava pochissimo. 6. Le sembrava che non ci fosse sulla terra creatura pi miserabile di lei, e cos, da tutto quel che il suo comportamento rivelava, era grande la sua umilt. Si compiaceva moltissimo di parlare delle virt di altre persone; in materia di mortificazione era perfino esagerata. Riusciva con cos abile dissimulazione a sottrarsi ad ogni specie di sollievo che, se non la si osservava attentamente, non si poteva rendersene conto. Sembrava che non trattasse n vivesse pi sulla terra, indifferente comera a tutto. In qualunque modo andassero le cose, le sopportava talmente in pace da apparire sempre inalterata, tanto che una volta una consorella le disse che somigliava a certe persone cos gelose del loro onore da preferire, pur morendo di fame, di sopportarlo in silenzio, piuttosto che renderne consapevoli gli estranei. E ci perch nessuna poteva credere che ella fosse insensibile a certe cose di cui non sembrava minimamente risentire. 7. In tutto quello che faceva, sia nei riguardi del lavoro, sia delle sue occupazioni, aveva un fine cos alto da non perderne alcun merito. E diceva alle consorelle: La pi piccola cosa che si faccia, se fatta per amor di Dio, di un valore inestimabile. Non dovremmo neppure muovere gli occhi, sorelle, se non in vista di questo fine e di piacere a Dio. Non
sintrometteva mai in cose di cui non avesse avuto lincarico; cos non vedeva i difetti altrui, ma solo i propri. Soffriva tanto per il minimo elogio che le venisse fatto che stava attenta a non lodare le altre in loro presenza, per non procurare ad esse ugual dispiacere. Non cercava mai alcun conforto, sia recandosi in giardino sia in ogni altra cosa creata, perch, a quanto diceva, sarebbe stato indelicato cercare sollievo ai dolori che le mandava nostro Signore. Per questo motivo non chiedeva mai nulla, contenta di ci che le veniva dato. Diceva anche che per lei sarebbe stata una croce ogni consolazione attinta fuori di Dio. Sta di fatto che io, informatami presso le religiose del monastero, non ne ho trovata alcuna la quale avesse visto in lei la minima cosa che non denotasse unanima di grande perfezione. 8. Giunto ormai il momento in cui nostro Signore aveva deciso di toglierla da questa vita, aumentarono i suoi dolori e i suoi mali si complicarono: per costatare la gioia con cui li sopportava e lodarne nostro Signore, le consorelle andavano talvolta a vederla. Specialmente il cappellano, gran servo di Dio, confessore di quel monastero, ebbe un vivo desiderio di trovarsi presente alla sua morte perch, confessandola, la riteneva una santa. Piacque a Dio esaudire il suo desiderio. Infatti, bench avesse ricevuto lunzione degli infermi ed ella fosse ancora presente a se stessa, chiamarono ugualmente il cappellano perch, se quella notte ce ne fosse stato bisogno, la confessasse o almeno laiutasse a morire. Un po prima delle nove, mentre tutte le consorelle erano da lei insieme con il cappellano, le scomparve ogni dolore: con unespressione di profonda pace, alz gli occhi al cielo e le si dipinse in volto una gioia tale che parve illuminarla di una luce splendente. Se ne stava nellatteggiamento di chi contempla qualcosa che causa di grande letizia, perch sorrise due volte. Tutte le religiose presenti e lo stesso sacerdote sperimentarono una gioia e unallegrezza spirituale cos intense da non saper dire altro se non che sembrava loro di stare in paradiso. Con questa letizia che ho detto e con gli occhi levati al cielo, spir, restando l come un angelo. E possiamo ben credere, in base alla nostra fede e alla sua vita, che Dio labbia condotta alleterno riposo, in ricompensa di quanto aveva desiderato di patire per lui. 9. Il cappellano afferma e lha detto a molte persone che nel momento in cui si calava il corpo nella sepoltura, egli sent esalarne un acuto e soavissimo profumo. La sagrestana, inoltre, asserisce di non aver trovato nessuna diminuzione nella cera che bruci durante gli onori funebri e il seppellimento. Tutto ci assai credibile per la misericordia di Dio. Avendo io parlato di queste cose con una padre della Compagnia di Ges, che ella aveva avuto come confessore e direttore spirituale per molti anni, mi disse che non vera in questo nulla di straordinario, n egli se ne meravigliava, conoscendo quanto il Signore si comunicasse al suo spirito. 10. Piaccia a Sua Maest, figlie mie, che noi sappiamo trarre profitto dagli esempi di una cos eccellente compagna e di molte altre che nostro Signore manda alle nostre case. Forse ne dir ancora qualche cosa, affinch quelle che procedono con alquanta tiepidezza si sforzino di imitarle, e affinch tutte insieme lodino il Signore che fa risplendere cos le sue grandezze in cos deboli donnicciole.
CAPITOLO 13 In cui si racconta come e da chi fu dato avvio al primo convento dei carmelitani scalzi della Regola primitiva. Anno 1568. 1. Prima della mia partenza per la fondazione di Valladolid, si era convenuto con il padre fra Antonio de Jess, allora priore di SantAnna di Medina, convento appartenente allOrdine del Carmine, e con fra Giovanni della Croce come ho gi detto che qualora si fosse fondato un monastero della Regola primitiva degli scalzi, essi sarebbero stati i primi ad entrarvi. Ma, non trovando il modo di procurarmi una casa, non facevo che supplicare di questa grazia nostro Signore, perch ripeto di questi due padri ero gi soddisfatta. Il padre fra Antonio de Jess, nellanno trascorso dopo che io avevo trattato di ci con lui, era stato sottoposto a dura prova dal Signore, per gravi sofferenze che aveva sopportato in modo esemplare. Per il padre fra Giovanni della Croce non cera bisogno di alcuna prova perch, sebbene fosse fra quelli del panno, cio fra i calzati, aveva sempre condotto una vita di grande perfezione e di piena osservanza degli obblighi religiosi, Piacque, infine, al Signore, dopo avermi dato il pi,
vale a dire frati adatti a cominciare lopera, di provvedere anche al resto. 2. Un cavaliere di Avila, chiamato don Rafael, con il quale non avevo mai avuto rapporti, venne a sapere, non so come perch la memoria mi fallisce , della nostra intenzione di fondare un convento di scalzi. Venne a offrirmi una casa di sua propriet in un piccolo villaggio di pochissime famiglie, mi pare neanche venti perch ora non me ne ricordo bene , che serviva a un fittavolo incaricato di raccogliere il grano prodotto dalla propriet. Io, anche se capii subito quale genere di casa dovesse essere, resi lode a nostro Signore e ringraziai molto il cavaliere. Egli mi disse che era sulla strada di Medina del Campo, proprio quella che dovevo fare per recarmi alla fondazione di Valladolid, essendo quella la via pi diretta, e che potevo vederla. Gli risposi che lavrei fatto e mantenni la parola. Partii infatti da Avila nel mese di giugno con una compagna e con il padre Giuliano dAvila, che era il sacerdote cappellano di San Giuseppe di Avila il quale, come ho detto, mi assisteva nei miei viaggi. 3. Pur essendo partiti di mattina, siccome non conoscevamo la strada, ci smarrimmo e, poich il villaggio era poco noto, non si riusciva a saperne molto. Pertanto ci aggirammo tutto quel giorno con molta fatica, perch il sole scottava. Quando credevamo di essere vicini alla meta, cera altrettanta strada da fare. Non dimenticher mai la stanchezza e le giravolte di quel viaggio. Arrivammo, cos, poco prima di notte. Entrati nella casa, la trovammo in tale stato che non ci arrischiammo a pernottare l a causa della eccessiva sporcizia che vi regnava e della gran quantit di parassiti estivi. Aveva un ingresso discreto, una camera divisa in due con il suo soppalco, e una piccola cucina: ecco tutto ledificio del nostro monastero! Considerai che nellingresso si poteva fare la cappella, che nel soppalco stava bene il coro e nella camera il dormitorio. La mia compagna, bench assai migliore di me e molto amante della penitenza, non poteva sopportare lidea che io pensassi di far l un monastero e mi disse: Vi assicuro, madre, che non ci sar nessuna anima, per buona che sia, capace di sopportare questo. Non parlatene pi. Il padre che mi accompagnava, sebbene fosse dello stesso parere della mia compagna, quando gli ebbi esposto i miei disegni, non mi fece opposizione. Ci recammo a passar la notte in chiesa, giacch, a causa della grande stanchezza che avevamo, non avremmo voluto passarla vegliando. 4. Giunti a Medina, parlai subito con il padre fra Antonio: gli dissi quale fosse la situazione e che se gli bastato il coraggio di stare l qualche tempo, poteva esser certo che Dio avrebbe presto sistemato tutto; che lessenziale era cominciare. (Mi sembrava di aver avuto cos presente ci che il Signore ha poi fatto e che ne fossi cos sicura in certo modo come lo sono ora che ne vedo la realizzazione, e anche pi di quanto finora abbia visto, bench nel momento in cui scrivo, per la bont di Dio, siano stati fondati dieci monasteri di scalzi). Dissi inoltre al padre Antonio che n il provinciale passato, n il presente (il cui consenso, come ho detto al principio, era indispensabile) ci avrebbero dato la loro autorizzazione se ci avessero visto in una casa assai migliore, prescindendo dal fatto che non avevamo modo di procurarcela, mentre in quel piccolo borgo e in quella misera casa, non vi avrebbero fatto caso. Dio aveva dato a lui pi coraggio che a me, e pertanto mi rispose che era disposto a stare non solo l, ma anche in un porcile. Fra Giovanni della Croce era del medesimo parere. 5. Ora ci restava di ottenere il consenso dei due padri di cui ho parlato, perch era questa la condizione con la quale il nostro padre generale ci aveva dato la sua autorizzazione. Io speravo in nostro Signore di riuscire ad averla, e cos, raccomandato al padre fra Antonio di adoperarsi a far tutto ci che potesse per raccogliere qualche cosa per la nuova fondazione, partii con fra Giovanni della Croce per la fondazione gi descritta di Valladolid. Siccome restammo alcuni giorni senza clausura a causa degli operai che lavoravano per adattare al bisogno la casa, ebbi lopportunit dinformare il padre Giovanni della Croce di tutto il nostro sistema di vita, in modo che conoscesse a fondo ogni nostra pratica, sia riguardo alla mortificazione, sia alla forma di fratellanza e di ricreazione che abbiamo in comune. Questa procede con tanta moderazione, che serve solo a farci conoscere i nostri difetti e a darci un po di svago per sopportare meglio il rigore della Regola. Quel padre era cos buono che avrei potuto, da parte mia, imparare da lui molto pi di quel che egli apprendeva da me. Ma non era questo ci che io facevo; pensavo solo a informarlo del modo di vivere di noi consorelle. 6. Piacque a Dio che si trovasse l il provinciale del nostro Ordine, dal quale dovevo avere il permesso. Si chiamava fra Alonso Gonzlez. Era vecchio, dindole assai buona e privo di malizia. Nel presentargli la mia richiesta gli addussi tante ragioni, senza escludergli il conto che avrebbe dovuto rendere a Dio se avesse ostacolato una cos santa opera. Il Signore, che
voleva si facesse quella fondazione, gli tocc il cuore ed egli si mostr favorevole. Venuti poi la signora donna Mara de Mendoza e il vescovo di Avila, suo fratello, che quegli che ci ha sempre appoggiate e protette, sistemarono la cosa con lui e con il padre fra Angel de Salazar, lex provinciale, del quale io pi temevo. Ma si diede loccasione che egli avesse bisogno, per un certo affare, dellaiuto della signora donna Mara de Mendoza, e credo che questo ci abbia molto giovato; prescindendo dal fatto che, anche se non ci fosse stata questa occasione, nostro Signore lo avrebbe ispirato in nostro favore, come aveva fatto col padre generale, quando era ben lontano dallaiutarci. 7. Oh, quante cose ho visto, in queste trattative, mio Dio, che sembravano impossibili e che Sua Maest ha appianato con estrema facilit! E quale confusione per me, avendo visto quello che ho visto, non essere migliore! Ora che son qui a scriverne, resto sbigottita e vorrei che nostro Signore facesse conoscere a tutti come in queste fondazioni noi, sue creature, non abbiamo fatto quasi nulla. Tutto stato disposto dal Signore, e ledificio ha avuto cos umili basi che solo Sua Maest poteva elevarlo allaltezza in cui ora lo vediamo. Sia per sempre benedetto! Amen.
CAPITOLO 14 Continua a parlare della fondazione della prima casa dei carmelitani scalzi. Dice qualcosa della vita che l essi conducevano e del bene che per loro mezzo Nostro Signore cominci a operare in quei luoghi, tutto a onore e gloria di Dio. 1. Avuti questi due consensi, mi parve che ormai non mi mancasse nulla. Stabilimmo che il padre fra Giovanni della Croce andasse nella nuova casa e la sistemasse in modo che si potesse abitarla, comunque fosse. Tutto il mio desiderio era che si cominciasse presto, perch temevo molto che sopravvenisse qualche ostacolo. E cos si fece. Il padre fra Antonio aveva gi raccolto qualcosa di quel che era necessario. Noi laiutavamo come potevamo, ma si trattava di poca cosa. Venne a trovarmi a Valladolid, pieno di gioia, e mi elenc quel che aveva raccolto, che era quasi niente. Era provvisto solo di orologi, perch ne aveva cinque, il che mi divert molto. Mi disse che per avere le ore ben regolate, non voleva esserne sfornito. Credo che ancora non disponesse di qualcosa per dormire. 2. Si tard poco a preparare la casa perch, pur essendoci il desiderio di far di pi, mancava il denaro. Finito il lavoro, il padre fra Antonio rinunzi con ferma decisione al suo priorato e promise di osservare la Regola primitiva. Sebbene gli dicessero di farne prima la prova, non volle acconsentirvi. Se ne and alla sua casetta con la pi grande allegria del mondo. Fra Giovanni era gi l. 3. Il padre fra Antonio mi ha detto che, quando arriv in vista del piccolo villaggio, prov una straordinaria gioia interiore e gli parve di averla finita con il mondo, abbandonando tutto per seppellirsi nella solitudine di quella casa che, sia alluno sia allaltro, lungi dallapparire disagiata, sembrava che offrisse grandi diletti. 4. Oh, mio Dio! Come servono a poco gli edifici e gli agi esteriori per lappagamento dellanima! Per amor suo io vi supplico, sorelle e padri miei, di andarci piano in fatto di case grandi e sontuose. Teniamo presenti i nostri veri fondatori, che sono quei santi Padri dai quali discendiamo, e che sappiamo essere pervenuti al godimento di Dio attraverso il cammino della povert e dellumilt. 5. Ho proprio costatato, del resto, che vi pi spirito e anche maggiore gioia interiore quando sembra che il corpo non si trovi a suo agio che quando si disponga di unampia e comoda casa. Per quanto grande essa sia, che vantaggio ci procura, visto che solo una cella ci di cui facciamo uso continuamente? Che essa sia spaziosa e ben costruita, che cimporta? Non dobbiamo certo starvi a contemplare le pareti. Se considereremo che non la casa in cui abiteremo per sempre, ma il breve tempo com quello della nostra vita, per quanto grande essa sia, tutto ci diventer dolcemente grato, pensando che quanto meno avremo avuto quaggi, tanto pi godremo in quelleternit dove sono le dimore corrispondenti allamore con cui avremo imitato la vita del nostro buon Ges. Se diciamo che son questi i principi per rinnovare la Regola della Vergine, Madre sua, nostra Signora e patrona, non facciamole laffronto a lei come ai nostri antichi santi Padri di non curarci di
adeguare la nostra vita alla loro. Se per la nostra debolezza non ci possibile farlo in ogni cosa, per lo meno dovremmo avere molta cura dimitarli quando non ne va di mezzo la salute. Infine, tutto si riduce a un po di gradevole fatica, qual era questa di questi due padri; e nella ferma determinazione di sopportarla sparisce la difficolt, perch tutta la sofferenza solo un po al principio. 6. La prima o la seconda domenica dellAvvento di quellanno 1568 (non ricordo quale sia stata delle due), si celebr la prima Messa in quel piccolo andito che posso chiamare di Betlemme, perch non credo fosse migliore della stalla dove nacque Ges. La Quaresima successiva, recandomi alla fondazione di Toledo, passai di l. Arrivai di mattina. Il padre fra Antonio de Jess stava scopando davanti alla porta della cappella, con quel viso allegro che egli ha sempre. Io gli chiesi: Che cos questo, padre mio? Dov andato a finire lonore?. Mi rispose con queste parole che esprimevano tutta la sua gioia: Maledetto sia il tempo in cui vi feci caso!. Entrata nella piccola cappella, rimasi sbalordita costatando lo spirito di devozione che il Signore vi aveva fatto fiorire. E non ero io sola ad esserne impressionata, perch due mercanti miei amici, che erano venuti fin l da Medina con me, non facevano che piangere. Cerano tante croci e tante teste da morto! Non ho mai dimenticato una piccola croce di legno posta sullacquasantiera, alla quale era attaccata unimmagine in carta di Ges Crocifisso che mi pareva ispirare maggiore devozione di qualunque raffinata opera darte. 7. Il coro stava nel soppalco che, verso il centro, era un po elevato, in modo che i padri vi potevano dire le ore e ascoltare la Messa. Ma, per entrarvi, dovevano abbassarsi molto. Nei due angoli che davano sulla cappella si trovavano due piccoli romitori, dove non potevano stare che stesi a terra o seduti e, ci malgrado, con la testa toccavano quasi il tetto. Li avevano riempiti di fieno perch il luogo era estremamente freddo. Due finestrelle davano sullaltare, due pietre servivano da guanciali, e ogni religioso aveva l la sua croce e la sua testa da morto. Seppi che, dopo aver finito il Mattutino, fino a Prima, non si ritiravano in cella, ma restavano l in orazione, ed essa era cos profonda che accadeva loro di trovarsi con gli abiti pieni di neve quando andavano a Prima, senza che se ne fossero accorti. Recitavano le Ore con un padre di quelli del panno, che and a stare con loro, pur non mutando abito, perch era molto malato, e con un altro giovane frate, il quale non aveva preso ancora gli ordini e stava l anche lui. 8. Andavano a predicare in molti villaggi vicini, i cui abitanti non avevano alcuna istruzione religiosa. Anche per questo mi ero rallegrata che si fondasse l la casa: mi avevano detto, infatti, che non cera vicino alcun monastero e che la gente pertanto non aveva modo distruirsi, cosa che non poteva non dare una gran pena. In breve tempo si erano acquistati tanta stima che, quando lo seppi, il cuore mi si riemp di gioia. Come dicevo, andavano dunque a predicare a una lega e mezzo o due di distanza, scalzi (perch allora non portavano alpargatas che in seguito fu loro imposto di avere), con la neve alta e il freddo intenso. Dopo aver predicato e confessato, ritornavano assai tardi al convento per prendere i pasti, ma con la gioia che sentivano in s non vi facevano alcun caso. 9. Quanto al cibo, ne avevano a sufficienza perch gli abitanti dei villaggi vicini li provvedevano di pi del necessario. Andavano l a confessarsi alcuni cavalieri dei dintorni, e gi offrivano loro posti e case migliori nei luoghi in cui essi abitavano. Fra questi fu un certo don Luis, signore delle Cinque Ville, che aveva fatto costruire una chiesa per collocarvi unimmagine di Nostra Signora, in verit ben degna dessere esposta alla venerazione dei fedeli. Suo padre laveva inviata dalla Fiandre a sua nonna o a sua madre (non ricordo a quale delle due), per mezzo di un mercante a cui piacque tanto, che se la tenne per molti anni e poi, giunta lora della morte, la fece consegnare a chi spettava. un quadro grande, pi bello del quale io non ho visto mai nulla in vita mia, e molte altre persone dicono altrettanto. Il padre fra Antonio de Jess, recatosi in quel luogo su richiesta di questo cavaliere, vista limmagine, se ne innamor a tal punto, e ben a ragione, che accett di trasferire il monastero. Mancera il nome del villaggio. Bench non vi fosse acqua di pozzo, e sembrasse che in nessun modo si potesse averne l, il cavaliere fece costruire per essi un convento piccolo, in conformit della loro professione, li forn di arredi sacri e regol tutto assai bene. 10. Non voglio omettere di dire in che modo il Signore li provvide di acqua, che fu un fatto ritenuto come qualcosa di miracoloso. Mentre una sera, dopo cena, il padre fra Antonio, che era priore, stava nel chiostro con i suoi frati parlando della necessit che si aveva dellacqua, a un tratto si alz, prese il bastone che aveva in mano e fece in un punto del chiostro, mi
pare, il segno della croce, bench non mi ricordi bene se facesse proprio il segno della croce. Comunque, indic il posto col bastone e disse: Ora scavate qui. Avevano appena cominciato a scavare, allorch usc tanta acqua che, ancora oggi, quando si vuol pulire il pozzo, faticoso vuotarlo. Lacqua assai buona da bere; stata adoperata per tutti i lavori del convento e ripeto non si esaurisce mai. In seguito i frati, recinto un tratto di terreno per farvi un orto, hanno cercato dimmettervi acqua, costruendo una noria e spendendo molto denaro, ma finora non hanno ottenuto il bench minimo risultato. 11. Ritornando ora a quel che dicevo prima, quando io vidi quella piccola casa, che poco prima era inabitabile, animata da uno spirito tale di devozione che, dovunque mi volgessi, trovavo mi pare di che restare edificata, e seppi del modo di vivere di quei padri, della mortificazione e dellorazione che praticavano e del buon esempio che davano perch vennero a trovarmi l un cavaliere di mia conoscenza, che abitava in un villaggio vicino, con sua moglie ed entrambi non finivano di parlarmi della santit dei due padri e del gran bene che facevano l intorno non finivo di ringraziare nostro Signore, con una grande felicit interiore, sembrandomi di vedere dato inizio ad unopera che avrebbe apportato gran profitto al nostro Ordine e reso il dovuto servizio a Dio. Piaccia a Sua Maest di farli proseguire nella via che seguono ora e le mie speranze si effettueranno. I mercanti che mi avevano accompagnata mi dicevano che per tutto loro del mondo non avrebbero non essere venuti l. Che gran cosa la virt, e quanto quella povert piacque loro pi di tutte le ricchezze che possedevano, tanto da restarne con lanima pienamente soddisfatta e consolata! 12. Ci trattenemmo, quei padri e io, a parlare di alcune cose: in particolare essendo io debole e dappoco li pregai molto di non fare pratiche di penitenza troppo rigorose, perch la loro austerit era eccessiva. Siccome mi era costato tanto, di desideri e orazione, ottenere che il Signore mi mandasse persone adatte a dar principio allopera e vedevo cos felici inizi, temevo che il demonio cercasse il modo di troncare i loro giorni prima che si effettuassero le mie speranze. Imperfetta e di poca fede comero, non consideravo che era opera di Dio e che Sua Maest lavrebbe condotta innanzi. Essi, avendo le virt che mancavano a me, fecero poco caso al mio invito di tralasciare le loro pratiche. E cos me ne andai con lanima ripiena di consolazione, anche se non rendevo a Dio le lodi che avrebbe meritate per cos somma grazia. Piaccia a Sua Maest, nella sua bont, che io sia degna di servirlo in qualcosa per il moltissimo che gli devo! Amen. Capivo bene, infatti, che questa era una grazia ben pi grande di quella che mi faceva concedendomi di fondare monasteri di religiose.
CAPITOLO 15 In cui si tratta della fondazione del monastero del glorioso San Giuseppe nella citt di Toledo, avvenuta nellanno 1569. 1. Cera nella citt di Toledo un mercante, uomo onorato e vero servo di Dio, il quale non aveva mai voluto sposarsi; conduceva una vita di buon cattolico, si mostrava molto leale ed era di sani costumi. Con un commercio onesto aumentava i suoi beni nellintento di servirsene per qualche opera che fosse particolarmente gradita al Signore. Ma fu colpito dal male che doveva condurlo alla morte. Si chiamava Martn Ramrez. Un padre della Compagnia di Ges, Pablo Hernndez, dal quale mi ero confessata quando a Toledo preparavo la fondazione di Malagn, saputo lo stato in cui si trovava, siccome desiderava molto che si fondasse un monastero del nostro Ordine a Toledo, and a fargli visita. Gli disse, in quelloccasione, quale gran servizio avrebbe reso al Signore con questopera: avrebbe potuto assegnare le Messe e le cappellanie, che desiderava istituire, a quel monastero nel quale si sarebbero celebrate certe feste e si sarebbero fatte le altre opere pie che egli aveva deciso di affidare a una parrocchia della citt. 2. Stava gi cos male che, vedendo di non aver tempo per concordare la cosa, rimise tutto nelle mani di un fratello di nome Alonso Alvarez Ramrez e, fatto questo, rese lanima a Dio. Scelse bene, perch questo Alonso Alvarez un uomo assai prudente e timorato di Dio, veritiero, caritatevole e dotato di raro buon senso. Avendolo trattato molto, posso affermarlo, quale testimone oculare, con assoluta verit. 3. Quando Martn Ramrez mor, io mi trovavo ancora alla fondazione di Valladolid, dove mi
scrissero il padre Pablo Hernndez della Compagnia di Ges e lo stesso Alonso Alvarez, informandomi di quanto accadeva e dicendomi che, se volevo accettare questa fondazione, mi affrettassi ad andare l. Cos partii poco dopo che si fin di sistemare la casa. Arrivai a Toledo la vigilia dellAnnunciazione e andai a casa della signora donna Luisa, fondatrice del monastero di Malagn, presso la quale ero stata altre volte. Mi accolse con gran gioia, perch mi vuole molto bene. Avevo con me due compagne di San Giuseppe di Avila, gran serve di Dio. Ci diedero subito, secondo il solito, un appartamento, dove stavamo cos ritirate come in un monastero. 4. Mi misi senza indugio a trattare la faccenda con Alonso Alvarez e con un suo genero chiamato Diego Ortiz il quale, bench fosse assai buono e avesse studiato teologia, era pi ostinato nelle sue opinioni di Alonso Alvarez e non si arrendeva tanto facilmente alle ragioni altrui. Cominciarono entrambi a pormi molte condizioni che a me non sembrava conveniente accettare. Mentre proseguivano le trattative, si cercava una casa in affitto per la presa di possesso, ma, per quante richieste si facessero, non se ne pot trovare una che fosse adatta a noi. Io, da parte mia, non riuscivo ad ottenere lautorizzazione dellamministratore della diocesi (poich allora non cera arcivescovo), bench la signora presso cui stavo si adoperasse molto per ottenerla, e altrettanto faceva un gentiluomo, canonico della cattedrale, chiamato don Pedro Manrique, figlio dellAdelantado di Castiglia, il quale era ed perch ancora vive un gran servo di Dio: pur avendo ben poca salute, qualche anno dopo la fondazione del nostro monastero, entr nella Compagnia di Ges, dove si trova tuttora. Era molto stimato in Toledo per la sua notevole intelligenza e i suoi meriti; ci nonostante non riusciva a ottenere che mi dessero questautorizzazione, perch quando il governatore cominciava a cedere, i membri del Consiglio ecclesiastico tenevano duro. Daltra parte, Alonso Alvarez ed io non riuscivamo a metterci daccordo, a causa di suo genero, al quale egli dava mano libera. Infine, rompemmo ogni trattativa. 5. Io non sapevo che fare, perch, non essendo venuta per altro che per la fondazione, capivo che ripartirmene senza aver fatto nulla, poteva dar luogo a molti spiacevoli commenti. Ci malgrado, mi rincresceva di pi il rifiuto dellautorizzazione che tutto il resto, perch ero convinta che, avvenuta la presa di possesso, il Signore avrebbe provveduto a ogni cosa, come aveva fatto in altri luoghi. Cos mi decisi a parlare con lamministratore; andai in una chiesa, che si trova vicino alla sua casa, e mandai a supplicarlo di degnarsi daccordarmi un colloquio. Gi da pi di due mesi si cercava di ottenere il permesso e ogni giorno era peggio. Quando fui alla sua presenza, gli dissi che era cosa ben strana che, essendoci donne le quali volevano vivere con grande rigore, perfezione e in clausura, coloro che, lungi dal sottoporsi ad alcuna esperienza di tal genere, vivevano fra gli agi, volessero ostacolare opere volte a cos gran servizio di Dio. Queste e altre cose gli dissi con la ferma determinazione che mispirava il Signore. La sua grazia gli tocc talmente il cuore che, prima di congedarmi da lui, ricevetti lautorizzazione. 6. Me ne andai piena di gioia, perch mi sembrava daver gi tutto, pur senza aver nulla. quello che possedevo infatti dovevano esser tre o quattro ducati con i quali comprai due tele dipinte (mancando di qualunque immagine da porre sullaltare), due pagliericci e una coperta. Di casa non cera idea, poich ero in disaccordo con Alonso Alvarez. Un mercante mio amico, di quella stessa citt, che non si mai voluto sposare e che si occupa solo di fare il bene, assistendo i carcerati, per esempio, e attendendo a molte altre opere di piet, mi aveva detto di non darmi pena, perch egli me ne avrebbe cercata una (si chiamava Alonso de Avila), ma si ammal. Poco prima era venuto a Toledo un frate francescano molto santo, chiamato fra Martn de la Cruz. Si trattenne alcuni giorni e, quando ripart, mi mand un giovane che egli confessava, di nome Andrada, per nulla ricco, anzi assai povero, raccomandandogli di fare tutto ci che io gli dicessi. Questi, mentre un giorno assistevo in chiesa alla Messa, venne a parlarmi e a riferirmi la raccomandazione di quel santuomo, esortandomi ad essere certa che egli avrebbe fatto per me tutto quello che avesse potuto, pur non potendomi aiutare con nullaltro che con la sua persona. Io lo ringraziai, e mi divert molto ancor pi poi, divert le mie compagne vedere laiuto che quel santo ci inviava, perch Andrada non ci sembrava adatto, giudicandolo dallapparenza, a trattare con carmelitane scalze. 7. Avuta, dunque, lautorizzazione, ma senza nessuno che mi aiutasse, non sapevo che cosa fare n a chi raccomandare che mi cercasse una casa da prendere in affitto. Mi ricordai allora del giovane mandatomi da fra Martn de la Cruz e ne parlai alle mie compagne. Esse risero molto di me e mi dissero di non pensare di rivolgermi a lui, perch non sarebbe servito ad altro che a rendere pubblico il piano della fondazione. Io non volli ascoltarle perch,
essendomi stato inviato da quel servo di Dio, pensavo che ci non fosse avvenuto senza una ragione segreta e nutrivo la speranza che avrebbe fatto qualcosa. Cos lo mandai a chiamare e, dopo avergli raccomandato il pi assoluto segreto, gli esposi la situazione, pregandolo di cercarmi una casa adatta al mio scopo e assicurandolo che cera chi si sarebbe fatto garante dellaffitto. Questi era il buon Alonso de Avila di cui ho detto che si era ammalato. Ad Andrada la cosa parve assai facile e mi disse che lavrebbe cercata. Subito, il mattino seguente, mentre ascoltavo la Messa nella chiesa della Compagnia di Ges, venne a parlarmi e mi disse che la casa era pronta, che ne aveva le chiavi, che era l vicino e che andassimo a vederla. Vi andammo e ci parve cos buona che vi rimanemmo quasi un anno. 8. Spesso, quando penso a questa fondazione, resto sbalordita dei mezzi di cui si serve Dio. Da circa tre mesi per lo meno da pi di due, perch non ricordo bene persone ricche erano andate in giro per tutta Toledo a cercarci una casa e, come se case l non ve ne fossero, non erano riuscite a trovarla, finch venuto questo giovane, che ricco non , anzi assai povero, il Signore volle che la trovasse subito. Inoltre, poich se mi fossi accordata con Alonso Alvarez, la fondazione si sarebbe fatta senza fatica, il Signore permise che, lungi dallaccordarmi con lui, le trattative si rompessero, affinch il monastero si fondasse in povert e fra tribolazioni. 9. Siccome dunque la casa ci piacque, disposi subito le cose perch se ne prendesse il possesso prima che vi si facesse alcun lavoro, a scanso di qualunque difficolt. Quasi subito il suddetto Andrada venne a dirmi che quel giorno stesso la casa sarebbe stata libera e che vi portassimo i nostri mobili. Gli risposi che sarebbe stato fatto, poich non avevamo altro che due pagliericci e una coperta. Dovette restarne sbalordito. Alle mie compagne dispiacque che gli avessi detto questo e me lo rimproverarono, temendo che, vedendoci cos povere, non volesse pi aiutarci. Io non ci avevo pensato, ma egli non vi diede importanza, poich chi gli ispirava quel buon volere glielavrebbe mantenuto fino al compimento della sua opera. Infatti lo zelo da lui manifestato nel dare assetto alla casa e far venire operai, non credo che fosse da meno del nostro. Chiesto in prestito quanto era necessario per celebrare la Messa, ci recammo nella nuova casa con un operaio sul far della notte, portando, per la presa di possesso, uno di quei campanelli che si suonano durante lelevazione, non avendone altro. Passammo tutta la notte a disporre ogni cosa, con mio grande timore che fossimo scoperte. Non cera, per la cappella, altro luogo che una stanza alla quale si accedeva attraverso una piccola casa attigua alla prima, che il proprietario ci aveva ugualmente dato in affitto, anche se ancora abitata da alcune donne. 10. Non appena tutto fu pronto e stava gi per spuntare il giorno, senza che fino a questo momento avessimo osato dir nulla a quelle donne nel timore che svelassero tutto, cominciammo ad aprire una porta, chiusa con un tramezzo di mattoni, che dava in un cortiletto assai piccolo. Alludire i colpi, esse, che erano ancora a letto, si alzarono impaurite. Dovemmo faticare non poco per calmarle, ma era ormai giunta lora della Messa che fu celebrata subito; cos, anche se si fossero ostinate nel loro atteggiamento, non ci avrebbero potuto nuocere. Quando videro a che uso era destinata la casa, il Signore le calm. 11. Mi resi conto dopo di quanto avessimo fatto male le cose, perch sul momento, con lesaltazione che Dio ispira per la realizzazione di unopera, gli inconvenienti sfuggono. Quando, infatti, la padrona della casa seppe che vi si era eretta una cappella, cominciarono i guai, giacch, essendo moglie dellerede di un maggiorasco, ci faceva grande opposizione. Finalmente, ritenendo che, se ci lasciava contente, gliela avremmo comprata a buon prezzo, piacque a Dio che si calmasse. Quando, poi, quelli del Consiglio seppero che si era aperto il monastero, per il quale essi non avevano mai voluto dare lautorizzazione, montarono su tutte le furie. Si recarono subito a casa di un dignitario della cattedrale (che io avevo messo al corrente di tutto in segreto), dicendogli che avrebbero fatto fuoco e fiamme. Erano andati a raccontare ogni cosa a lui, perch il governatore, avendo dovuto fare un viaggio, dopo avermi dato lautorizzazione, non si trovava sul posto; si mostrarono sbalorditi della temerit con cui una donnicciola, contro la loro volont, impiantasse l un monastero. Egli finse di non sapere nulla e cerc di calmarli come meglio pot, dicendo loro che li avevo fondati in altre citt e che senza dubbio avevo proceduto con la dovuta autorizzazione. 12. Ma essi, dopo non so quanti giorni, ci mandarono lintimazione di non far celebrare la Messa, sotto pena di scomunica, fino a che io non avessi mostrato le autorizzazioni in base alle quali si era fondato il monastero. Io risposi con molta dolcezza che avrei fatto ci che mimponevano, bench non fossi obbligata a obbedir loro a questo riguardo. Pregai, cos, don
Pedro Manrique, il gentiluomo sopra menzionato, di andare a parlare con tali signori e di mostrar loro come avessimo le carte in regola. Egli riusc a pacificarli, trattandosi di cosa fatta, altrimenti avremmo dovuto penare non poco. 13. Passammo alcuni giorni disponendo di pagliericci e di una coperta. Il primo giorno non avevamo neanche qualche truciolo di legno per arrostire una sardina, e non so a chi il Signore ispir di mettercene in chiesa un fascetto con cui salvammo la situazione. Di notte si soffriva un po il freddo perch il tempo era rigido, anche se cercavamo di ripararci da esso con la coperta e le cappe di bigello che portiamo addosso e che molte volte ci sono assai utili. Sembrer impossibile che essendo state in casa di quella signora che mi voleva tanto bene, fossimo entrate l in cos estrema povert. Non so vedervi altra ragione se non che Dio volle farci sperimentare il bene di questa virt. Io non le avevo chiesto nulla perch non voglio essere importuna, e lei, forse, non se ne rese conto; daltronde, ci di cui le sono debitrice supera quello che ci avrebbe potuto dare. 14. La povert fu per noi un gran bene, perch ne avevamo cos grande gioia e consolazione interiore che spesso, pensandovi, ammiro le ricchezze che il Signore racchiude nelle virt. Lessere prive di ogni cosa mi sembrava procurarci una soave contemplazione, anche se dur poco, perch subito Alonso Alvarez e altri ancora ci provvidero man mano di pi di quel che avremmo voluto. Ne provavo sinceramente una grande tristezza, perch mi pareva proprio di essere come una persona che, ricca di molti gioielli doro, se li vedesse portar via e fosse lasciata nellindigenza. Pertanto mi affliggeva che la nostra povert avesse fine, e altrettanto afflitte erano le mie compagne. Vedendole infatti malinconiche e chiedendo loro che cosa avessero, mi risposero: Che dobbiamo avere, Madre? Ci sembra di non esser pi povere. 15. Dallora in poi mi crebbe il desiderio di esserlo in sommo grado: mi rimase il senso di una specie di sovranit, che minduce a non curarmi di cose che costituiscono beni temporali, perch la loro mancanza fa aumentare i beni interiori, dai quali lanima trae certo ben altra pace e saziet. Nei giorni in cui trattavo della fondazione con Alonso Alvarez, erano molte le persone alle quali ci pareva biasimevole. Me lo dicevano anche per il fatto che tanto lui quanto i suoi parenti non avevano n casato n cavalierato, bench nella loro condizione fossero come ho detto assai rispettabili, e che in una citt come Toledo non mi sarebbe mancata la possibilit di scegliere a mio agio. Io non ci badavo molto perch, grazie a Dio, ho sempre stimato pi la virt che la discendenza. Purtroppo per erano arrivate tante chiacchiere allamministratore, che egli mi aveva dato lautorizzazione a patto che fondassi il monastero alle stesse condizioni stabilite per quelli fondati in altri luoghi. 16. Io non sapevo che fare, perch, fondato il monastero, le persone di cui ho parlato allinizio vollero riprendere le trattative. Ma, siccome la fondazione era gi fatta, mi appigliai alla soluzione di dar loro la cappella maggiore, a patto che nei riguardi del monastero non pretendessero nulla, e cos stanno ora le cose. Cera gi chi avrebbe voluto la cappella maggiore, persona assai ragguardevole, e i pareri erano tanti che non sapevo quale decisione prendere. Nostro Signore si degn dilluminarmi in tale circostanza. Cos, un giorno mi disse quanto sarebbero stati fuor di luogo davanti a Dio, nel giorno del giudizio, questi titoli nobiliari e queste dignit. Per questo motivo, mi rimprover severamente per aver prestato ascolto a coloro che mi parlavano di queste cose, indegne di tutti noi che abbiamo ormai disprezzato il mondo. 17. Queste e altre ragioni mi riempirono di tale confusione che decisi di concludere laccordo avviato per dare ad Alvarez e al genero la cappella. Non me ne sono mai pentita perch abbiamo visto chiaramente in quali difficolt ci saremmo trovate, altrimenti, per lacquisto della casa. Infatti, con il loro aiuto abbiamo comprato quella in cui stanno oggi le consorelle, che una delle migliori di Toledo, del costo di dodicimila ducati. Poich vi si celebrano tante Messe e tante feste, tale casa di grande consolazione alle religiose e agli abitanti della citt. Se avessi badato alle vane opinioni del mondo, per quanto ci dato di capire, sarebbe stato impossibile avere un tale beneficio. Avremmo inoltre recato offesa a chi ci faceva questa carit tanto di buon cuore.
CAPITOLO 16 In cui si trattano, a onore e gloria di Dio, alcuni fatti avvenuti in questo monastero
di San Giuseppe di Toledo. 1. Ho creduto opportuno narrare qui qualche atto di virt praticato da alcune religiose in servizio di nostro Signore, affinch quelle che verranno dopo cerchino sempre dimitare questi buoni esempi iniziali. Prima dellacquisto della casa, entr nel nostro monastero una novizia, di nome Ana de la Madre de Dios, dellet di quarantanni, che aveva dedicato tutta la sua esistenza al servizio di Sua Maest. Quantunque nel suo tenore di vita e nella sua casa non le mancasse il benessere, perch era sola e disponeva di molta ricchezza, prefer scegliere la povert e la sottomissione al nostro Ordine, e mi venne a parlare. Aveva pochissima salute, ma io, riconoscendo in lei unanima assai virtuosa e risoluta, la giudicai adatta per gli inizi di una fondazione, cos laccettai. Piacque a Dio di darle molto maggior salute nellausterit e nella sottomissione di quanta ne avesse nella libert e nel benessere. 2. Fu per me di grande edificazione, ed per questo motivo che ne parlo qui: prima di pronunciare i voti si spogli di tutto quel che aveva, che era una ricchezza considerevole, facendone dono alla casa. A me questo dispiacque e non glielo volevo permettere, dicendole che poteva darsi o che ella se ne pentisse o che noi non lammettessimo alla professione, e che era, la sua, una decisione ben grave. vero che in questo caso non lavremmo lasciata andar via senza restituirle ci di cui ci faceva dono. Ma io volli gravare molto la mano, anzitutto per toglierle ogni motivo di tentazione, e poi per meglio provare il suo spirito. Mi rispose che, qualora cos fosse, sarebbe andata a mendicare per amor di Dio, e non riuscii ad ottenere altro da lei. Visse assai felice e in ottime condizioni di salute. 3. Era davvero notevole in questo monastero lesercizio della mortificazione e dellobbedienza, tanto che, nel breve tempo in cui soggiornai l, notai che la priora doveva stare molto attenta a quanto diceva, perch, anche se parlava distrattamente, le altre eseguivano subito tutto come fosse un ordine. Un giorno, mentre la comunit stava guardando una pozza dacqua nellorto, la priora disse a una religiosa che le era vicino: Che farebbe se le dicessi di gettarsi qui?. Non aveva finito di parlare, che quella era gi dentro, bagnandosi in modo tale che fu necessario cambiarla da capo a piedi. Unaltra volta, essendo io l presente, la comunit si stava confessando, e la consorella che aspettava il suo turno si avvicin alla priora per parlarle, ma questa le chiese come mai sinducesse a fare ci, se le sembrava che il suo fosse un buon modo di raccogliersi e che piuttosto mettesse la testa nel pozzo vicino e pensasse l ai suoi peccati. Laltra credette che le avesse ordinato di gettarsi nel pozzo e si rec a farlo con tanta fretta che, se le consorelle non fossero accorse prontamente, vi si sarebbe gettata, pensando di rendere a Dio il pi gran servizio del mondo. Altre cose del genere e di estrema mortificazione facevano queste religiose, al punto da rendere necessario che uomini dotti chiarissero loro i casi in cui dovevano obbedire e svolgessero opera di moderazione, perch a volte si lasciavano andare a tali eccessi, che se la loro intenzione non le avesse salvate, sarebbero stati pi causa di demerito che di merito. Ci non avviene solo in questo monastero (ho riferito fatti che lo riguardano, perch mi si presentata loccasione di parlarne), ma in tutti, e le cose a cui si assiste sono tante, che io vorrei non averci preso parte, per dirne alcune e far cos lodare nostro Signore nelle sue serve. 4. Mentre io stavo qui, accadde che morisse una consorella. Quando ebbe ricevuto i sacramenti e le fu amministrata lunzione degli infermi, furono tali la sua gioia e la sua allegrezza che la si poteva incaricare di raccomandarci in cielo a Dio e ai santi di cui siamo devote, come se facesse un viaggio ordinario per un altro paese. Poco prima che spirasse io rientrai da lei, essendomene allontanata per recarmi davanti al santissimo Sacramento a supplicare il Signore di concederle una buona morte. Entrando, vidi Sua Maest al suo capezzale, verso la met del letto. Teneva le braccia un po aperte come se la stesse proteggendo e mi esort a ritenere per certo che egli avrebbe protetto allo stesso modo tutte le religiose che morissero in questi monasteri e che pertanto non dovevano temere tentazioni nellora della morte. Io rimasi assai consolata e in gran raccoglimento. Di l a poco mi avvicinai per parlarle, ed ella ridisse: Oh, Madre, che grandi cose sto per vedere!. Detto questo, mor come un angelo. 5. Ho visto anche in varie altre religiose morte in seguito una cos grande pace e tranquillit, come se fossero in estasi o nella quiete dellorazione, senza il segno di alcuna tentazione. Spero pertanto nella bont di Dio, per i meriti di suo Figlio e della gloriosa Madre sua, di cui portiamo labito, che ci far la stessa grazia. Per questo, figlie mie, sforziamoci di essere vere carmelitane, perch presto la nostra giornata avr fine. E se conoscessimo le afflizioni che
molti soffrono nel momento della morte e le astuzie e gli inganni con cui il demonio li tenta, stimeremmo molto questa grazia. 6. Mi viene in mente ora un esempio di tali tentazioni, che vi voglio raccontare, perch si tratta di una persona che ho conosciuto e che era anche un po imparentato con i miei parenti. Gran giocatore, aveva ricevuto per una certa istruzione. Proprio di questa si serv il demonio per ingannarlo col fargli credere che il ravvedersi nel momento della morte non aveva alcun valore. Era cos fisso in questidea, che in nessun modo si poteva indurlo a confessarsi; tutto era inutile. Il poveretto era, s, estremamente afflitto e pentito della sua vita colpevole, ma continuava a dire che non vera una ragione per confessarsi, perch vedeva dessere condannato. Un frate domenicano, suo confessore e uomo dotto, non faceva che contraddirlo, ma il demonio gli suggeriva tanti cavilli che le sue argomentazioni erano inutili. Rimase in questa ostinazione alcuni giorni tanto che il confessore non sapeva pi cosa fare; senza dubbio egli ed altre persone dovettero raccomandarlo molto al Signore, poich ebbe piet di lui. 7. Essendosi ormai aggravata la malattia, che gli causava un violento dolore al fianco, il confessore ritorn da lui, e doveva, forse, recare nuovi argomenti da opporgli, ma sarebbe servito a poco, se il Signore, avendone piet, non gli avesse toccato il cuore. Infatti, appena il confessore prese a parlargli e ad esporgli le sue argomentazioni, egli si sedette sul letto come se non fosse malato, e gli disse: Allora voi dite, insomma, che la confessione mi pu giovare? Ebbene, io la voglio fare. E, mandato a chiamare uno scrivano o un notaio, perch di questo non mi ricordo, giur solennemente, prendendoli a testimoni, di non giocare pi e di cambiar vita. Si confess molto bene e ricevette i sacramenti con tale devozione che, giudicando in base ai dettami della nostra fede, possiamo credere che si sia salvato. Piaccia al Signore, sorelle, di farci trascorrere la vita come vere figlie della Vergine, osservanti dei doveri della nostra professione, affinch egli ci conceda la grazia che ci ha promesso! Amen.
CAPITOLO 17 Racconta della fondazione dei monasteri di Pastrana, uno per i frati laltro per le monache, aperti ambedue nellanno 1570, voglio dire nel 1569. 1. Nei quindici giorni trascorsi dalla fondazione della casa di Toledo fino alla vigilia di Pentecoste, si era dovuta sistemare la piccola cappella, mettere le grate e provvedere ad altro, il che ci aveva procurato molto da fare (perch, come ho detto, restammo in questa casa quasi un anno). Ero molto stanca per essere stata con gli operai, ma finalmente tutto era ormai terminato. Quella mattina, mentre eravamo nel refettorio per il pranzo, fui presa da cos grande gioia al pensiero che ormai non avevo pi nulla da fare e che in quella festa avrei potuto gioire qualche momento con nostro Signore, che quasi non potevo mangiare per la felicit di cui lanima si sentiva piena. 2. Ma non mi fu possibile di goderne a lungo, perch in quello stesso momento vennero a dirmi che chiedeva di me un servo della principessa di Eboli, moglie di Ruy Gmez de Silva. Andai da lui: lo mandava la principessa a prendermi perch da molto tempo avevamo convenuto insieme di fondare un monastero a Pastrana, ma non pensavo che si dovesse fare cos in fretta. Ne rimasi afflitta, essendo molto pericoloso lasciare un monastero fondato cos di recente fra tante opposizioni: pertanto decisi subito di non andare e lo dissi al servo. Egli mi rispose che non era possibile, perch la principessa stava gi l ove si era recata per questo solo motivo, e che sarebbe stato da parte mia un affronto non andarvi. Ci nonostante decisi di non partire. Gli dissi perci di andare a mangiare: nel frattempo avrei scritto alla principessa ed egli sarebbe poi ripartito con la mia lettera. Era un uomo assai dabbene, e quando gli ebbi spiegato le mie ragioni, nonostante la sua riluttanza, fin per cedere. 3. Le religiose che dovevano stare nel monastero erano appena arrivate; non vedevo proprio come avrei potuto lasciarle cos presto. Andai davanti al santissimo Sacramento per chiedere al Signore la grazia di farmi scrivere alla principessa in modo da non irritarla. Ci poteva arrecarci molto danno per il fatto che si cominciava allora la riforma dei frati ed era utile, per ogni nostra occorrenza, avere il favore di Ruy Gmez, che godeva di tanta influenza presso il
re e presso tutti. Non mi ricordo, in verit, se pensavo a questo, ma so bene che non volevo dispiacerle. Mentre riflettevo sul da farsi, mi fu detto da parte di nostro Signore di recarmi a Pastrana, perch vi sarei andata per qualcosa di pi importante della stessa fondazione e che portassi con me la Regola e le Costituzioni. 4. Udito questo, nonostante vedessi che vi erano motivi fondati per non farlo, non osai sottrarmi ad agire come sono solita fare in simili circostanze, cio attenermi al consiglio del confessore. Cos, lo mandai a chiamare, ma non gli dissi nulla di quello che avevo udito nellorazione, perch in questo modo resto sempre pi tranquilla. Supplico solo il Signore dilluminare i miei confessori conformemente a quel che possono capire in virt di lumi naturali, e Sua Maest, quando vuole che la cosa si faccia, gliela pone in cuore. Questo mi accaduto spesso e cos avvenne anche questa volta. Egli, dopo aver considerato attentamente tutto, fu del parere che partissi e pertanto mi decisi ad andare. 5. Lasciai Toledo il secondo giorno di Pentecoste. Dovendo passare per Madrid, le mie compagne e io prendemmo alloggio in un monastero di francescane ove si trovava la signora fondatrice del monastero stesso, che aveva stabilito ivi la sua dimora. Era donna Leonor Mascareas, ex governante del re, gran serva di Dio, presso la quale io avevo alloggiato altre volte quando mi si era offerta loccasione di passare da l, e mi aveva sempre trattato con molta benevolenza. 6. Questa signora mi disse che si rallegrava di vedermi capitare in quel momento, perch vera l un eremita che desiderava vivamente conoscermi, e la cui vita, come quella dei suoi compagni, le sembrava concordare molto con la nostra Regola. Siccome io allora non avevo che due frati, mi venne in mente che se avessi potuto indurre questeremita ad aggiungersi a loro, sarebbe stata unottima cosa. La supplicai pertanto di procurarmi un incontro con lui. Egli viveva in un alloggio datogli da questa signora, con un giovane frate chiamato fra Giovanni della Miseria, molto semplice nei riguardi delle cose del mondo, ma gran servo di Dio. Durante il nostro incontro venni a sapere che voleva recarsi a Roma. 7. Prima di proseguire, voglio dire quanto so di questo padre, il cui nome Mariano de san Benito. Era italiano di nascita, dottore e uomo di grande ingegno e abilit. Mentre stava presso la regina di Polonia, preposto al governo di tutta la sua casa, senza essersi mai voluto sposare, provvisto di una commenda dellOrdine di San Giovanni, nostro Signore gli ispir di abbandonare ogni cosa per meglio provvedere alla sua salvezza. Ebbe a soffrire non poche tribolazioni, perch fu accusato ingiustamente daver preso parte a un omicidio. Per questo motivo fu tenuto due anni in carcere, senza che volesse n un avvocato n alcun altro che lo difendesse, rimettendosi solo a Dio e al suo buon diritto. Ci furono falsi testimoni che affermarono dessere stati incitati da lui a compiere il delitto, ma accadde loro come ai vecchi di santa Susanna. Interrogati, infatti, separatamente circa il luogo ove laccusato allora si trovasse, uno disse che era seduto sul letto, laltro che stava presso una finestra. In conclusione, finirono col confessare daverlo calunniato. Egli mi rivel che gli era poi costato molto denaro sottrarli al meritato castigo, e che quello stesso che gli faceva la guerra era finito nelle sue mani, a causa di una circostanza in cui egli avrebbe potuto dare uninformazione contro di lui, ma che anche allora si era prodigato in tutti i modi a non nuocergli. 8. Questo e altre virt essendo egli un uomo integro e casto, contrario ad ogni contatto con le donne dovettero meritargli da nostro Signore la grazia di conoscere cosa il mondo, affinch cercasse di liberarsene. Cominci pertanto a chiedersi quale Ordine avrebbe potuto scegliere ma, esaminando gli uni e gli altri, in tutti ebbe a trovare qualcosa che non conveniva al suo modo di essere, a quanto mi disse. Venne a sapere che presso Siviglia, in un deserto chiamato el Tardn, vivevano insieme alcuni eremiti, sotto la guida di un grande santo conosciuto con il nome di padre Mateo. Abitavano in celle separate. Non recitavano lUfficio divino, ma disponevano di un oratorio dove si riunivano per la Messa. Non avevano rendite, non chiedevano n ricevevano elemosine, ma si mantenevano con il lavoro delle loro mani, e ognuno mangiava da solo, assai poveramente. Mi parve, nelludirlo, di veder rivivere i nostri santi Padri. In questo genere di vita egli trascorse otto anni. Ma, avendo poi il Concilio di Trento ingiunto di aggregarsi a qualche Ordine religioso, aveva deciso di andare a Roma per ottenere uneccezione in favore dei suoi compagni. Tali erano i suoi propositi, quando avvenne il nostro incontro. 9. Avendomi egli descritto il suo modo di vivere, gli mostrai la nostra Regola primitiva e gli feci osservare che, senza tanta fatica, avrebbe potuto con essa adempiere tutte le sue
pratiche, perch erano ugualmente a base della nostra vita, specialmente quella di mantenersi con il lavoro delle proprie mani, che era ci a cui pi teneva. Mi diceva che la cupidigia a far perdere il mondo e a far disprezzare i religiosi. Siccome ero dello stesso parere, su questo punto fummo subito daccordo e anche su tutto il resto. Dopo che gli ebbi spiegato quale servizio avrebbe potuto rendere a Dio col vestire il nostro abito, mi disse che ci avrebbe pensato quella notte. Accorgendomi che era quasi deciso, capii che quanto mi era stato detto nellorazione, che sarei andata per qualcosa di pi importante della fondazione di un monastero di religiose, si riferiva proprio a questo. Ne provai una gran gioia, sembrandomi che, se egli fosse entrato nellOrdine, si sarebbe reso un gran servizio al Signore. Sua Maest, che lo voleva tra noi, quella notte gli tocc talmente il cuore, che lindomani mi fece chiamare, ormai fermamente deciso e, inoltre, stupito del cambiamento improvviso operatosi in lui, tanto pi anche ora a volte me lo ripete a causa di una donna, come se ci fosse dipeso da me, e non dal Signore che il potere di mutare i cuori. 10. Quanto sono grandi le sue determinazioni! Questo padre aveva passato tanti anni senza riuscire a decidersi per uno stato fisso (perch quello in cui si trovava non era tale: non vi si pronunciavano, infatti, voti, n si avevano altri obblighi se non di vivere l in solitudine). Ed ecco che dun colpo Dio gli tocc il cuore e gli fece comprendere quanto lo avrebbe servito in questo stato, e come egli ne avesse bisogno per proseguire nellopera intrapresa, cui, infatti, stato di grande aiuto. Finora tale opera gli costata ben dure sofferenze e pi gliene coster prima che si sia del tutto affermata (a quanto dato dintendere dai contrasti che deve sostenere questo ritorno alla Regola primitiva), poich a causa della sua abilit, del suo ingegno e della sua santa vita ha influenza presso molte persone che ci favoriscono e ci proteggono. 11. Mi disse, inoltre, che Ruy Gmez gli aveva dato a Pastrana, che era proprio il luogo dove io andavo, un buon romitaggio e un terreno per stabilirvi una comunit di eremiti, e che egli voleva destinarlo a un convento di questOrdine e prendervi labito. Io gliene fui assai grata e resi lode a nostro Signore, perch dei due monasteri per i quali il nostro reverendissimo padre generale mi aveva inviato la sua autorizzazione, non ne era stato fatto che uno. Da l inviai allora un messaggero ai due padri di cui ho parlato, lattuale provinciale e quello che lo era stato prima, pregandoli caldamente di darmi il loro consenso, senza il quale non si poteva far nulla. Scrissi anche al vescovo di Avila, che era don Alvaro de Mendoza, il quale ci aiutava molto, affinch riuscisse a convincerli. 12. Piacque a Dio che dessero il proprio consenso, ritenendo, certamente, che una fondazione in un luogo cos appartato non potesse essere loro di alcun danno. Il padre mi promise di recarsi a Pastrana non appena fosse giunta lautorizzazione. Cos me ne partii piena di gioia. Trovai l la principessa e il principe Ruy Gmez, che mi fecero una grande accoglienza. Ci diedero un appartamento isolato dove restammo pi a lungo di quanto pensassi, perch la casa che ci avevano destinato era troppo piccola e la principessa aveva ordinato di demolirne e ricostruirne una gran parte, conservando, s, le mura, ma rifacendo molte cose. 13. Rimasi l circa tre mesi, durante i quali ebbi a soffrire molto, per il fatto che la principessa mi chiedeva certe concessioni non rispondenti allo spirito del nostro Ordine. Ero decisa pertanto a venirmene via senza realizzare la fondazione piuttosto che cedere. Il principe Ruy Gmez, avveduto comera, convinto delle mie ragioni, indusse la moglie a rinunziare alle sue esigenze. Da parte mia permisi alcune cose, perch tenevo di pi alla fondazione del convento dei frati che a quello delle monache, rendendomi conto della sua importanza, in seguito rivelatasi chiaramente. 14. Intanto, arrivarono Mariano e i suoi compagni, gli eremiti di cui ho parlato. Ottenuta lautorizzazione, quei signori acconsentirono che si facesse del luogo da essi destinato ad eremiti un convento di carmelitani scalzi. Mandai a chiamare, perch desse inizio a questa fondazione, il padre fra Antonio de Jess, il primo dei nostri religiosi, che si trovava allora a Mancera. Io confezionai per i nuovi venuti abiti e cappe, e feci quanto mi era possibile perch la vestizione avvenisse al pi presto. 15. In questa circostanza avevo mandato a chiedere altre religiose al monastero di Medina del Campo, perch io ne avevo con me soltanto due. Cera l un padre, gi avanti negli anni pur non essendo infatti molto vecchio, non era certo giovane assai buon predicatore, il quale si chiamava fra Baltasar de Jess. Appena seppe che si faceva quella fondazione, si un alle monache con il proposito di diventare scalzo, ci che fece subito dopo. Quando me lo
disse, ne resi lode a Dio. egli diede labito al padre Mariano e al suo compagno, accolti entrambi come conversi, perch nemmeno il padre Mariano volle essere ordinato sacerdote, protestando di entrare fra noi per essere lultimo di tutti, n riuscii a rimuoverlo da questo proposito. In seguito, per ingiunzione del nostro reverendissimo padre generale, gli furono conferiti gli ordini sacri. Fondati, dunque, entrambi i monasteri e venutoli padre Antonio de Jess, cominciarono a entrare in quello dei frati vari novizi, di alcuni dei quali si riferir pi avanti il merito. Servivano nostro Signore con tale fervore, come se cos vorr potr scriverne chi sappia dirlo meglio di me, certamente poco adatta a questo compito. 16. Per quanto riguarda le religiose, il loro monastero, l, fu assai favorito dal principe e dalla principessa che aveva una cura estrema di farle star bene e di trattarle con affetto, finch, morto il principe Ruy Gmez o per suggestione del demonio, o forse perch il Signore cos permise, - e lui solo ne sa il motivo sconvolta dal dolore di quella morte, la principessa entr come suora nel monastero. A causa della sua grande sofferenza, non potevano riuscirle molto gradite le regole della clausura a cui non era abituata. Daltra parte, la priora, in base alle disposizioni del santo Concilio, non poteva darle la libert che ella desiderava. 17. La principessa fin con lavere per lei e per tutte le consorelle una tale avversione che, anche dopo aver lasciato labito, quando stava ormai di nuovo nel suo palazzo, non cessava di dar loro fastidio. Le povere monache erano in preda a un tale turbamento che io mi adoperai con tutti i mezzi possibili, supplicandone i Superiori, perch si sopprimesse il monastero. Se ne stava fondando uno a Segovia, come pi avanti si dir, dove esse si trasferirono, lasciando tutto quello che la principessa aveva loro dato e conducendo con s alcune consorelle che ella aveva imposto di accettare senza dote. Presero, andando via, soltanto i letti e certe piccole cose che esse stesse avevano portato l, lasciando molto afflitti gli abitanti del luogo. Io provavo la pi gran gioia del mondo nel vederle in pace, tanto pi che sapevo bene come esse non erano in alcun modo responsabili dello sdegno della principessa; anzi, nel tempo in cui vest labito, la servivano come avevano fatto prima. Solo quanto ho detto e lo stesso dolore che la opprimeva ne furono la causa, oltre una serva che aveva portato con s, sulla quale, a quel che sembra, ricade tutta la colpa. Infine, ne fu causa anche il Signore, che lo permise. Doveva certo vedere che l quel monastero non era utile: i suoi giudizi sono assai profondi e spesso del tutto contrari ai nostri criteri. Del resto, io non avrei mai osato far questo di mia iniziativa: lho fatto in base al parere di uomini santi e dotti.
CAPITOLO 18 Racconta della fondazione del monastero di San Giuseppe di Salamanca, avvenuta nellanno 1570. D alcuni consigli importanti alle priore. 1. Ultimate queste due fondazioni, tornai a Toledo, dove rimasi alcuni mesi, per comprare la casa di cui ho parlato e lasciare tutto in ordine. Mentre ero impegnata in questa faccenda, mi scrisse il rettore della Compagnia di Ges di Salamanca per dirmi che l sarebbe stato assai utile un monastero di queste nostre religiose, e me ne esponeva le ragioni. Quel che mi aveva trattenuto fino allora dal fondare l un monastero senza rendite era la povert del luogo. Ma, considerando che anche Avila assai povera e che mai le vien meno laiuto di Dio, n credo che verr mai meno a coloro che lo servono, essendoci inoltre nei nostri monasteri una situazione assai tranquilla e ordinata, dato il numero esiguo delle religiose, che si aiutano col lavoro delle loro mani, decisi di accettare. E, recatami da Toledo ad Avila, mi adoperai da l per ottenere lautorizzazione del vescovo di Salamanca il quale, informato dal padre rettore del nostro Ordine e saputo che la fondazione sarebbe stata a gloria di Dio, ebbe la bont di darcela subito. 2. A me sembrava che, ormai in possesso dellautorizzazione dellOrdinario, il monastero fosse fatto, tanto la cosa mi pareva facile. Cos provvidi subito a prendere in affitto una casa procuratami da una signora di mia conoscenza. Cera qualche difficolt da superare, perch quello non era il tempo degli affitti e perch era occupata da alcuni studenti, dai quali si riusc ad ottenere che lavrebbero lasciata libera, quando si fosse presentato chi doveva entrarvi. Essi ignoravano a che cosa sarebbe servita, perch io avevo una enorme cura di non far trapelare nulla fino alla presa di possesso. Conosco infatti per esperienza i mezzi a
cui ricorre il demonio per impedire la fondazione duno solo dei nostri monasteri. E sebbene in questo Dio non gli abbia permesso in principio di ostacolarci, perch voleva che si fondasse, dopo sono state tante le difficolt e cos vari i contrasti sofferti, che ancora non sono del tutto rimossi, nonostante siano trascorsi vari anni dalla fondazione mentre scrivo queste cose. Credo, pertanto, che Dio vi sia assai ben servito, se il demonio non lo pu soffrire. 3. Munita dunque dellautorizzazione e sicura della casa, fiduciosa nella misericordia di Dio, non avendo l nessuno che potesse darmi alcun aiuto in tutto quel che occorreva fare ed era molto per sistemare la casa, partii alla volta di Salamanca, portando con me, per maggiore segretezza, una sola compagna. Ritenevo che il meglio da farsi fosse questo: non far venire le consorelle fino alla presa di possesso. Era stata una buona lezione quello che mi era accaduto a Medina del Campo, ove mi ero vista in gran difficolt. Cos, se fosse sorto qualche ostacolo, ne avrei sofferto da sola, con quellunica compagna che non potevo evitare di prendere con me. Arrivammo la vigilia di Tutti i Santi, dopo aver viaggiato gran parte della notte precedente con un freddo intenso e dormito in un villaggio, ove mi ero sentita assai male. 4. Nel parlare di queste fondazioni, tralascio gli enormi disagi dei viaggi, per il freddo, il sole, la neve che a volte non cessava di cadere tutto il giorno. Di quando in quando ci smarrivamo, oppure mi accadeva di essere colpita da forti mali con attacchi di febbre, perch gloria a Dio! cosa consueta per me avere ben poca salute. Ma vedevo chiaramente che nostro Signore mi dava forza. Infatti a volte, nel momento dintraprendere una fondazione, mi accaduto di sentirmi in preda a tanti mali e dolori, da affliggermene molto perch mi sembrava di non essere in grado neanche di stare in cella, se non coricata. Mi volgevo, allora, a nostro Signore, lamentandomi di lui e chiedendogli come voleva che facessi ci che non potevo fare; in seguito Sua Maest mi faceva riprendere le forze, pur a fatica, e con lardore e lo zelo che egli mispirava, sembrava che io mi dimenticassi di me. 5. Per quel che ora ricordo, non ho mai rinunciato ad una fondazione nel timore della sofferenza, anche se ero assai restia ad affrontare viaggi, specialmente lunghi. Ma appena mi mettevo in cammino, la fatica mi sembrava poca, pensando chi fosse colui a servizio del quale si faceva il viaggio e considerando che nella nuova casa si sarebbe lodato il Signore e vi sarebbe stato riposto il santissimo Sacramento. infatti di una particolare consolazione per me vedere una chiesa di pi, specialmente se penso al gran numero di quelle che i luterani distruggono. Non so quali tribolazioni, per grandi che siano, si debbano temere quando a prezzo di esse si procura tanto bene alla cristianit. Se anche molti non tengono presente che Ges Cristo, vero Dio e vero uomo, si trova in tanti luoghi nel santissimo Sacramento, ci non toglie che tale verit dovrebbe essere per noi motivo di gran conforto. Non c dubbio che io lo provi assai vivo molte volte quando, nel coro, vedo queste anime cos pure attendere alle lodi di Dio. E la loro virt si d a conoscere in mille modi, sia nellobbedienza, sia nella gioia che procura loro una cos stretta clausura e solitudine, sia nella letizia che provano quando si offre ad esse un motivo di mortificazione. Pi il Signore d grazia alle priore per metterle alla prova, pi sono contente, al punto che si stancano con maggiore facilit le priore di esercitarle in ci, che non esse dobbedire. A questo riguardo i loro desideri sono insaziabili. 6. Mi vengono in mente ora alcune cose in fatto di mortificazione, che forse, figlie mie, potranno servire alle priore, e delle quali parler subito, ad evitare di dimenticarle, sia pure allontanandomi dallargomento della fondazione che avevo cominciato a trattare. Le priore infatti, avendo attitudini e virt differenti, tendono a condurre le loro religiose per il cammino a cui esse inclinano. Quella che ha grande spirito di mortificazione ritiene facile, come lo sarebbe per lei, qualunque fatica ella imponga per piegare la volont, pratica che, di fatto, forse anche a lei costerebbe un grande sforzo. Dobbiamo badare molto a questo e non imporre alle altre quello che sarebbe gravoso per noi. La discrezione molto importante per governare. Nei nostri monasteri estremamente necessaria, starei quasi per dire pi necessaria che altrove, perch si deve avere maggior cura delle religiose sottoposte alla nostra autorit, sia dal punto di vista interiore, sia da quello esteriore. Altre priore, dotate di grande piet, vorrebbero che si stesse sempre a pregare. Il Signore, per, in fin dei conti, conduce le anime per vie diverse, e le priore devono considerare che non sono state elette a questa carica per scegliere il cammino delle altre a proprio gusto, ma per guidarle secondo la Regola e le Costituzioni, malgrado i loro personali desideri e la ripugnanza che ne avvertissero.
7. Sono stata una volta in uno dei nostri monasteri con una priora molto amante della penitenza: conduceva tutte per questa strada. Accadeva, talvolta, che lintera comunit si sottoponesse ininterrottamente alla disciplina per la durata dei sette salmi penitenziali, con orazioni e altre simili austerit. Lo stesso avviene se la priora molto dedita allorazione: bench non sia lora di attendervi, dopo il Mattutino trattiene l lintera comunit, mentre sarebbe assai meglio che tutte andassero a dormire. Se poi come ho detto amante della mortificazione, non conceder alle altre un momento di tregua, e queste pecorelle della Vergine son l, sempre zitte, come docili agnellini. Non c dubbio che ci mispiri una profonda devozione e confusione ma, a volte, mi anche causa di grande tentazione. Assorte tutte in Dio, le sorelle non se ne rendono conto, ma io temo per la loro salute. Vorrei che osservassero la Regola, cosa che d gi molto da fare, e che attendessero al resto con moderazione. Ci assai importante, specialmente per quanto riguarda la mortificazione. Vi facciano attenzione le priore, per amore di nostro Signore, essendo molto importante la discrezione nelle nostre case. Si adoperino a conoscere le varie attitudini delle consorelle perch, se in questo non si comportano con molta prudenza, nuoceranno alle loro religiose e le getteranno nellinquietudine. 8. Devono, innanzitutto, aver presente che quanto riguarda la mortificazione non costituisce un obbligo: questo ci che in primo luogo devono considerare. Anche se lanima ne abbia un gran bisogno per acquistare la libert e un alto grado di perfezione, non cosa da farsi in poco tempo. Le priore, pertanto, devono aiutare progressivamente ogni religiosa, secondo la capacit intellettiva che Dio ha dato a ciascuna, e secondo la sua disposizione spirituale. Sembrer forse alle priore che qui la capacit intellettiva non abbia nulla a che vedere. Ma singannano, perch vi sono certe anime che prima di arrivare a capire cos la perfezione e anche lo spirito della nostra Regola, durano fatica. Forse proprio tali religiose saranno inseguito le pi sante, ma intanto non sapranno neppure quando debbano scusarsi e quando no, n conoscono il rispetto di altre piccole osservanze che, una volta comprese, sarebbero forse praticate da loro facilmente. Ma esse non arrivano a comprenderle e, quel che peggio, non le ritengono neanche un motivo di perfezione. 9. C una religiosa, in uno dei nostri monasteri, che, per quanto io posso giudicare, una delle pi grandi serve di Dio che si trovino in essi, sia per il suo spirito interiore e per le grazie di cui la favorisce Sua Maest, sia per penitenza e umilt. Eppure non riesce a capire alcuni punti delle Costituzioni. Denunziare le colpe altrui in Capitolo le sembra una mancanza di carit e si chiede come si possa dire qualcosa delle consorelle. Potrei menzionare altre cose dello stesso genere da parte di alcune che sono grandi serve di Dio e che sotto certi aspetti si rivelano evidentemente superiori a quelle che conoscono bene le regole. La priora non deve credere di poter conoscere subito le anime. Lasci questo a Dio, che il solo a poterlo fare, e cerchi di condurre ognuna dove Sua Maest la fa andare, supposto, beninteso, che non manchi allobbedienza n ai punti essenziali della Regola e delle Costituzioni. Quella delle undicimila vergini che si nascose non per questo fu meno santa e martire. Anzi, presentandosi sola al martirio, forse soffr pi delle altre. 10. Orbene, tornando alla mortificazione, per esercitare in essa una monaca, la priora le ordina una cosa che, bench leggera, a lei sembra assai ardua, e pur eseguendo lordine, resta cos inquieta e provata, che sarebbe stato meglio non avergliela ingiunta. Lo si vede in seguito. Pertanto la priora stia attenta a non volerla perfezionare a forza di braccia, ma proceda con pazienza e per gradi fino a quando non operi in lei il Signore. In caso contrario, ci che si fa per avvantaggiarla nella perfezione senza la quale sarebbe ugualmente unottima religiosa non servirebbe ad altro che ad agitarla e ad abbatterla, il che una cosa terribile. Vedendo quel che fanno le altre, a poco a poco ne seguir lesempio, come spesso noi abbiamo visto, e quandanche ci non avvenga, si salver ugualmente senza questa virt. Io ne conosco una che tutta la vita lha posseduta in grande misura e serve il Signore gi da lunghi anni in molti modi. Ci malgrado, presenta certe imperfezioni e spesso prova certi sentimenti che non riesce a dominare: ella lo riconosce e se ne affligge con me. Credo che Dio la lasci in questi difetti senza peccato, non essendovene in essi alcuno, affinch si umili e abbia motivo di vedere che non del tutto perfetta. Cos, alcune saranno capaci di sopportare grandi mortificazioni, e quanto pi quelle che vengono loro imposte riusciranno gravose, tanto pi ne godranno, perch il Signore ha dato ormai loro interiormente la forza di dominare la propria volont; altre, invece, non le sopporteranno neppure piccole, e imporgliele sar come caricare di due staia di grano un bambino, il quale non solo non ne sopporter il peso, ma ne sar schiacciato e stramazzer a terra. Cos, figlie
mie parlo alle priore , vogliate perdonarmi se le cose che ho visto in alcune di voi mi hanno fatto dilungare tanto a questo riguardo. 11. Eccovi un altro consiglio molto importante: quandanche sia per provare lobbedienza, non ordinate mai cose che, una volta fatte, possano costituire peccato, sia pur veniale. Ho saputo di alcune che, se fossero state fatte, avrebbero costituito un peccato mortale. Le religiose, almeno, potranno forse salvarsi a causa dellinnocenza, ma non la priora alla quale nessuno pu assicurare che i suoi ordini non saranno immediatamente eseguiti. Siccome infatti le consorelle leggono e sentono raccontare ci che facevano i santi eremiti, sembra loro buono qualunque ordine o, almeno, buona lesecuzione di esso da parte loro. Ma le religiose devono pur sapere che non possono fare una cosa che per se stessa un peccato mortale, per il fatto che viene loro comandata, tranne che non si tratti di lasciare la Messa o i digiuni della Chiesa, o altri obblighi di questo genere, dai quali la priora potrebbe aver motivo di ordinare la dispensa. Ma gettarsi in un pozzo o fare altre cose del genere, sarebbe colpevole, perch nessuna deve aspettarsi che Dio operer per lei un miracolo, come li operava con i santi: ci sono molti altri modi per esercitare la perfetta obbedienza. 12. Tutto ci che sia esente da questi pericoli da me approvato. Una volta una consorella di Malagn chiese alla priora il permesso di darsi una disciplina. La priora, alla quale doveva averlo chiesto altre volte, le rispose: Mi lasci stare. Ma siccome insisteva, riprese: Se ne vada a fare una passeggiata; mi lasci stare. Laltra, con grande semplicit, passeggi per alcune ore, finch una consorella le chiese perch passeggiava tanto o qualcosa di simile. Ella rispose che le era stato comandato di farlo. Frattanto suon il Mattutino, e chiedendo la priora perch quella religiosa non fosse presente, laltra le disse ci che accadeva. 13. necessario, perci, come ho detto altre volte, che le priore abbiano lavvertenza, con le anime di cui conoscono la grande obbedienza, di badare a quel che fanno. Unaltra religiosa infatti mostr un giorno alla priora uno di quei vermi assai grossi, invitandola a vedere quanto fosse bello. La priora le rispose, scherzando: Ebbene, se lo mangi. Se ne and e lo fece friggere con ogni cura. La cuoca le chiese perch lo friggesse ed ella rispose: Per mangiarlo, e cos avrebbe fatto, senza che la priora lo sospettasse lontanamente, con grave danno, probabilmente, della sua salute. Godo molto, lo ammetto, quando vedo eccedere le mie figlie nellobbedienza, perch ho un particolare rispetto di questa virt, e ho fatto quanto mi era possibile perch labbiano anche loro. Ma tutto ci mi sarebbe servito a poco se il Signore, nella sua immensa misericordia, non avesse concesso a tutte, in generale, la grazia di praticarla. Piaccia a Sua Maest di far s che sia sempre pi perfetta tale obbedienza fra noi! Amen.
CAPITOLO 19 Si continua a parlare della fondazione di San Giuseppe nella citt di Salamanca. 1. Mi sono allontanata molto dallargomento. Quando mi viene in mente una cosa che il Signore si degnato di farmi intendere con lesperienza, mi par male non renderla oggetto di raccomandazione: potr darsi che quel che giudico buono sia tale davvero. Voi, figlie mie, informatevi sempre di ogni cosa presso persone dotte: esse vinsegneranno con prudenza e verit il cammino della perfezione. Ecco di che cosa hanno soprattutto bisogno le priore, se vogliono adempiere bene il loro ufficio: avere un confessore dotto, altrimenti cadranno in molti errori, prendendoli per atti di santit, e procurare anche che le loro religiose si confessino da persone dotte. 2. Arrivammo, dunque, alla citt di Salamanca, la vigilia di Tutti i Santi dellanno che ho detto. Giunti allalloggio, cercai di un bravuomo di l chiamato Nicols Gutirrez, gran servo di Dio, che avevo incaricato di farmi trovar libera la casa. In ricompensa della sua santa vita aveva ottenuto da Sua Maest una straordinaria pace e serenit nelle molte tribolazioni che aveva sofferto; vistosi infatti cadere in estrema miseria dopo aver goduto di una grande prosperit, la sopportava con la stessa letizia che pu dare la ricchezza. Egli lavor molto in questa fondazione, con singolare impegno e devozione. Quando venne, mi annunzi che la casa non era libera, non essendo riuscito a mandar via gli studenti. Gli dissi di quale importanza fosse per noi che ce la dessero subito, prima che si sapesse che ero in citt,
poich ripeto temevo sempre qualche nuova difficolt. Egli allora and dal proprietario della casa e si diede tanto da fare, che gli studenti la sgombrarono quella sera stessa. Era quasi notte quando vi entrammo. 3. Fu la prima volta che io fondai un monastero senza porvi il santissimo Sacramento. Prima credevo che non potesse esserci presa di possesso, se non a questa condizione, ma avevo ormai saputo che ci non era necessario, e me ne rallegrai molto quando vidi il cattivo stato in cui gli studenti avevano lasciato la casa. Poich, a quanto sembra, essi non hanno cura della pulizia, era tutta in tali condizioni che avemmo da lavorare non poco quella notte. La mattina seguente si celebr la prima Messa, e io mandai a chiamare altre religiose che dovevano venire da Medina del Campo. Passammo sole, la mia compagna ed io, la notte di Tutti i Santi. Vi assicuro, figlie mie, che quando ripenso alla paura di questa consorella, che era Mara del Sacramento, una religiosa pi anziana di me e gran serva di Dio, mi viene ancora voglia di ridere. 4. La casa era molto grande, in estremo disordine, piena di soffitte. La mia compagna non poteva dimenticare gli studenti, avendo limpressione che, siccome si erano fortemente irritati di dover sloggiare, qualcuno fosse rimasto nascosto in casa; lo avrebbero potuto fare assai facilmente, con lo spazio che cera. Ci chiudemmo in una stanza dove stava la paglia, che era ci di cui io anzitutto mi provvedevo nelle mie fondazioni, perch cos non ci mancava un letto. La notte dormimmo su questa paglia con due coperte avute in prestito. Lindomani, certe religiose che abitavano vicino a noi, di cui avevamo pensato che la nostra presenza in quel luogo riuscisse loro molesta, ci prestarono un po di roba per le compagne che dovevano venire e ci mandarono qualche elemosina. Erano le suore del monastero intitolato a santa Elisabetta e per tutto il tempo che siamo rimaste in quella casa ci hanno beneficato molto e fatto continue elemosine. 5. Quando la mia compagna si vide chiusa in quella stanza, parve acquietarsi un po dalla paura degli studenti, anche se non faceva che guardare da una parte allaltra, ancora in preda a timori. Il demonio doveva certo alimentarglieli, presentandole pericoli immaginari, allo scopo di turbare anche me giacch, debole di cuore come sono, di solito bastava poco. Le chiesi cosa guardasse, visto che l non poteva entrare nessuno. Mi rispose: Madre, sto chiedendomi che cosa fareste voi, sola, qui, se io ora morissi. Questo, davvero, se fosse avvenuto, mi sembrava difficile da sopportare; cominciai a pensarci un po su e, insieme, ad aver paura, perch la vista dei cadaveri, sebbene non mi spaventi, mi produce un certo cedimento di cuore anche se non sono sola. E siccome i rintocchi delle campane essendo, come ho detto, la notte dei Morti aumentavano le mie apprensioni, il demonio aveva buon gioco per farci perdere la testa con timori puerili; quando, infatti, vede che non si ha paura di lui, ricorre ad altre astuzie. Risposi alla mia compagna: Sorella, quando ci avverr, penser a quello che devo fare; ora mi lasci dormire. Siccome avevamo passato due cattive notti, il sonno ci tolse presto le paure. Lindomani arrivarono le altre religiose e i timori scomparvero del tutto. 6. La comunit rimase in questa casa circa tre anni, e forse anche quattro, perch non lo ricordo di preciso, essendomi stato ordinato di andare allIncarnazione di Avila. Di mia iniziativa, io non lascerei n ho mai lasciato alcun monastero prima che le religiose abbiano una casa propria, raccolta e sistemata secondo i miei desideri. Dio mi faceva a questo riguardo la grazia straordinaria di godere dessere la prima nella fatica e di adoperarmi a procurare tutte le cose che potevano servire al loro riposo e alla loro comodit, perfino le pi piccole, come se dovessi vivere tutta la vita in quella casa. E la mia gioia era grande quando le lasciavo ben sistemate. Soffrii molto, quindi, pensando a ci che le consorelle pativano qui, se non per mancanza di vitto (perch di questo io avevo gran cura di provvederle dal luogo dove mi trovavo, sapendo quanto la casa fosse fuor di mano per ricevere elemosine), per la loro cattiva salute, essendo la casa assai umida e fredda e troppo grande per poterla riparare. E il peggio era la mancanza del santissimo Sacramento il che, in cos stretta clausura, molto sconfortante. Eppure esse non si sentivano infelici, ma sopportavano tutto con una letizia che era motivo per lodarne il signore: alcune mi dicevano che sembrava loro imperfezione desiderare unaltra casa, e che l si sarebbero sentite felicissime, se avessero avuto il santissimo Sacramento. 7. Il prelato, vedendo la loro virt e le sofferenze che pativano, mosso da compassione, mi fece venire dallIncarnazione. Esse si erano gi messe daccordo con un cavaliere della citt perch desse loro una casa, ma era in tale stato che fu necessario spendere pi di mille
ducati per entrarvi. Bench facesse parte dun maggiorasco, il proprietario ci permise di entrarvi prima ancora che fosse giunta lautorizzazione del re, e, insieme, di elevare le mura. Mi feci accompagnare dal padre Giuliano dAvila, cio il padre che, come ho detto, veniva sempre con me in queste fondazioni e che mi aveva seguito a Salamanca; cos visitammo la casa per decidere quello che vi fosse da fare: lesperienza mi dava una buona competenza in materia. 8. Eravamo allora in agosto e, pur con tutta la fretta possibile, i lavori si protrassero fino a san Michele, che il tempo in cui l si affittano le case. Ma mancava ancora molto per ultimare i lavori; daltra parte, non avendo rinnovato per lanno seguente laffitto di quella in cui eravamo, essa apparteneva gi ad un altro inquilino, ed eravamo pertanto sollecitate ad andarcene. Si era quasi terminato dintonacare la cappella, e il cavaliere che ci aveva venduto la casa era assente. Alcune persone amiche dicevano che facevamo male ad andare l cos presto, ma quando urge la necessit, i consigli non servono a nulla, se non si ha la possibilit di metterli in pratica. 9. Facemmo il trasloco la vigilia di san Michele, poco prima dellalba. Si era gi reso noto che si sarebbe posto il santissimo Sacramento proprio in quel giorno e dato lannuncio del sermone che si doveva tenere. Ma fu volere di nostro Signore che la sera del nostro trasloco venisse gi un acquazzone cos violento da rendere assai difficile il trasporto delle cose necessarie. La cappella era del tutto nuova e le tegole cos mal connesse, che vi pioveva dentro quasi dovunque. Vi assicuro, figlie mie, che quel giorno costatai la mia grande imperfezione. Siccome ormai la notizia della cerimonia era di dominio pubblico, non sapevo cosa fare e mi sentivo struggere di pena, finch dissi a nostro Signore quasi lamentandomi o di non comandarmi pi doccuparmi di queste opere, o di sopperire a quella necessit. Il buon Nicols Gutirrez, mantenendo la sua imperturbabilit, come se nulla fosse, mi diceva con gran calma di non aver pena, perch Dio vi avrebbe posto rimedio. E fu cos: il giorno di san Michele, nellora in cui doveva venire la gente, cominci a splendere il sole. Ci mispir una profonda devozione e vidi quanto avesse fatto meglio quel santuomo a confidare in nostro Signore che non io a logorarmi di pena. 10. Ci fu un gran concorso di popolo, esecuzione di musica, e si pose il santissimo Sacramento con grande solennit. Essendo situato in un buon posto, il monastero cominci ad essere conosciuto e a ispirare devozione. Ci furono di molto aiuto specialmente la contessa di Monterrey, donna Mara Pimentel, e unaltra signora che si chiamava donna Mariana, il cui marito era Corregidor della citt. Ecco, per, che subito lindomani, a gettare acqua sul fuoco della gioia di avere il santissimo Sacramento, comparve il cavaliere a cui apparteneva la casa, cos infuriato, che non sapevo come regolarmi a suo riguardo; era certamente il demonio a impedirgli di sentire ragioni, perch noi avevamo soddisfatto tutti gli impegni convenuti con lui. Ma era tempo perso insistere a dirglielo. Dopo che gli ebbero parlato alcune persone, parve placarsi un po, ma poi cominci a cambiare idea. Io ero gi decisa a lasciargli la casa; neanche questo valeva, perch quanto pretendeva era che gliela pagassimo interamente subito. Sua moglie, a cui la casa apparteneva, aveva voluto venderla per mettere a posto due figlie: a questo titolo si era chiesta lautorizzazione e si era depositato il denaro presso la persona da lui designata. 11. Fatto sta che, nonostante siano passati da tale vicenda pi di tre anni, la vendita non si conclusa, n so come si andr a finire e se il monastero rester l, cio in tale casa, giacch tutto quello che ho detto era per arrivare a questa conclusione. 12. Ci che so che in nessun monastero di quelli che il Signore ha finora fondato della Regola primitiva, le religiose hanno passato, senza paragone possibile, tribolazioni tanto grandi. Ma per la misericordia di Dio ci sono in esso cos eccellenti religiose che sopportano tutto con letizia. Piaccia a Sua Maest che ci le aiuti a progredire! Che una casa sia comoda o no, importa poco; anzi, una grande gioia per noi trovarci in una dimora dalla quale ci possono mandar via, ricordandoci come il Signore del mondo non ne ebbe alcuna. Il fatto di alloggiare in case non nostre, come si vede dal racconto di queste fondazioni, ci accaduto varie volte, ed certo che non ho mai visto alcuna religiosa soffrirne. Piaccia alla divina Maest, per la sua infinita bont e misericordia, che non ci manchino le eterne dimore! Amen.
CAPITOLO 20
Si tratta della fondazione di Nostra Signora dellAnnunciazione in Alba de Tormes, lanno 1571. 1. Non erano ancora passati due mesi dalla presa di possesso, nel giorno di Tutti i Santi, della casa di Salamanca, quando da parte dellamministrazione del duca dAlba e di sua moglie fui richiesta con insistenza di fare in quella cittadina la fondazione di un monastero. Io non ne avevo molta voglia perch, trattandosi di un luogo piccolo, bisognava che il monastero avesse rendita e io propendevo ad abolire le rendite. Il padre domenicano fra Domingo Bez, che era il mio confessore, del quale ho parlato al principio delle Fondazioni, si trovava per caso a Salamanca. Egli mi rimprover e mi disse che, poich il Concilio autorizzava le rendite, non sarebbe stato opportuno rinunciare alla fondazione di un monastero per questo motivo, che io non me ne intendevo, che nulla poteva impedire alle religiose dessere povere e assai perfette. Ma prima dandare avanti, voglio dire chi era la fondatrice e come il Signore labbia indotta a realizzare questopera. 2. Fondatrice del monastero dellAnnunciazione di Nostra Signora in Alba de Tormes fu Teresa Layz, nata da genitori nobili, perfetti gentiluomini e di puro sangue. Ma, non essendo cos ricchi come richiedeva la nobilt della famiglia, risiedevano in un villaggio chiamato Tordillos, a due leghe dalla suddetta cittadina di Alba. Fa proprio pena che, a causa delleccesso di vanit cui obbediscono le cose del mondo, si preferisca vivere nella solitudine di questi piccoli luoghi, privi distruzione e di molte altre risorse di luce per le anime, piuttosto che venir meno a una sola delle regole imposte da quello che si chiama punto donore. I genitori di Teresa avevano gi avuto quattro figlie quando nacque lei e si rattristarono molto per la nascita di unaltra figlia. 3. davvero assai deplorevole che i mortali, ignari di quello che sia il meglio per loro, in quanto ignorano del tutto i giudizi di Dio, non conoscendo n i grandi beni che possono venir loro dalle figlie n i grandi mali di cui i figli possono essere causa, lungi dal rimettersi a colui che tutto sa e tutto crea, muoiono di pena per ci di cui si dovrebbero rallegrare. Come gente dalla fede addormentata, non spingono lontano lo sguardo nelle loro riflessioni, non ricordano che Dio a disporre cos le cose e che, pertanto essi devono abbandonarsi nelle sue mani. E se sono cos ciechi da non farlo, anche prova di grande ignoranza non capire linutilit di tali angustie. Oh, mio Dio! Come ci appariranno chiari questi errori nel giorno in cui ci verr svelata la verit di tutte le cose! E quanti padri si vedranno precipitati nellinferno per aver avuto figli, e quante madri si vedranno, invece, in paradiso per laiuto delle loro figlie! 4. Ritornando dunque a quel che dicevo, le cose giunsero a tale estremo, che i genitori, comportandosi in modo da rendere evidente quanto poco loro importasse della vita della bambina, il terzo giorno dalla sua nascita la lasciarono sola dalla mattina alla sera, senza che nessuno si prendesse cura di lei. Lunica cosa buona da loro fatta era di aver procurato che un sacerdote la battezzasse appena nata. Quando la sera venne la donna che doveva occuparsene e seppe ci che accadeva, si precipit di corsa a vedere se era morta, seguita da varie persone che erano andate a visitare la madre e che furono testimoni di quanto ora dir. La donna, piangendo, la prese fra le braccia e le disse: E che, figlia mia, non siete voi dunque cristiana?, volendo con ci far capire che quellabbandono era stato una crudelt. La piccina alz la testa e rispose: S, lo sono, e dopo questo non parl pi fino allet in cui tutti i bambini cominciano di solito a parlare. Quelli che la udirono rimasero sbigottiti, e la madre da quel momento cominci ad amarla e a vezzeggiarla; diceva sempre che avrebbe voluto vivere fino a quando avesse potuto vedere ci che Dio avrebbe fatto di questa bambina. La educ cristianamente, formandola alla virt. 5. Giunto il tempo in cui volevano sposarla, ella vi si rifiutava non avendone il desiderio; ma, quando seppe di essere stata chiesta in sposa da Francisco Velzquez, attualmente suo marito e confondatore di questa casa, appena ne ud il nome, si decise a sposarlo, sebbene non lo avesse mai visto in vita sua. Il Signore, infatti, sapeva che questo matrimonio sarebbe stato utile ai fini della buona opera compiuta da entrambi a gloria di Sua Maest. Il Velzquez, oltre ad essere ricco e virtuoso, ama sua moglie e a buon ragione la compiace in tutto, perch ella ha ricevuto in modo perfetto dal Signore tutte le qualit che si possono esigere da una donna sposata. Questa infatti, insieme a una cura estrema della casa, possiede una cos gran virt che, avendola suo marito condotta ad Alba, di cui nativo, ed essendo accaduto che gli ufficiali del duca facessero prendere alloggio nella loro casa a un
giovane gentiluomo, ne soffr tanto, che cominci ad avere in odio quel posto. Infatti, giovane comera e di bellaspetto, senza una ben salda virt avrebbe potuto incorrere in qualche pericolo, per i cattivi pensieri che il demonio cominci a far nascere in quel giovane. 6. Ella, appena se ne accorse, preg il marito, tacendogliene il motivo, di farla andar via da l. Questultimo laccontent e la condusse a Salamanca, dove entrambi stavano assai bene e godevano di molti vantaggi, occupando Velzquez una carica che gli procurava, da parte di tutti, il desiderio di compiacerlo e il tributo di attenzioni particolari. Lunica loro pena era che nostro Signore non dava loro figli e, per averli, ella praticava grandi devozioni e attendeva a ferventi orazioni: non supplicava daltro il Signore se non di darle una discendenza in modo che, morta lei, ci fosse chi potesse lodare Sua Maest. Le sembrava infatti assai spiacevole il pensiero che la famiglia si estinguesse con lei e non ci fosse chi, dopo la sua morte, benedicesse Sua Maest. Mi diceva che i suoi desideri non avevano mai avuto altro scopo. una donna di grande sincerit e di tanta piet e virt, come ho detto, che spesso, vedendo le opere da lei compiute e la sua anima cos desiderosa di contentare sempre Dio e di non tralasciare mai dimpiegare bene il tempo, mi sento spinta a lodare il Signore. 7. Perdurandole, dunque, gi da molti anni questo desiderio e raccomandandone ella lesaudimento a santAndrea, di cui le avevano detto che era un valido intercessore a tal fine, oltre ad aver praticato molte altre devozioni, una notte, mentre era a letto, ud rivolgersi queste parole: Non desiderare figli, perch ti danneresti. Ne rest piena di stupore e di sgomento, ma non per questo le cess tale desiderio, ritenendo ella che non ci fosse ragione di dannarsi nel perseguire un fine cos santo. pertanto continuava a chiedere questa grazia a nostro Signore, facendo speciali preghiere a santAndrea. Un giorno, mentre accarezzava il suo desiderio non sa dire se era sveglia o addormentata, ma comunque fosse, dagli effetti si vide che la visione veniva da Dio , le sembr di trovarsi in una casa nel cui cortile, sotto la galleria, vi era un pozzo, e vide in quel luogo un prato verde smaltato di fiori bianchi di una tale bellezza da non saperne fare adeguata descrizione. Vicino al pozzo le apparve santAndrea con un aspetto cos bello e venerando da infondere gioia a guardarlo. Le disse: Eccoti qui figli diversi da quelli che tu desideri. Ella avrebbe voluto che non fosse mai cessata la felicit di cui godeva in quel luogo, ma presto la visione scomparve. Cap chiaramente, senza che alcuno glielo dicesse, che quel santo era santAndrea e anche che era volont di nostro Signore che ella fondasse un monastero. Da qui facile dedurre che questa visione fu al tempo stesso intellettuale e immaginaria, e che non fu una fantasia n unillusione del demonio. 8. La prova essenziale che non fu una fantasia il grande effetto che ne segu, perch da quel momento non desider mai pi figli e le rest in cuore tale radicata convinzione che era questa la volont di Dio, da cessare di chiederglieli e anche di augurarseli. Cominci cos a pensare come avrebbe potuto fare per adempiere la volont del Signore. Leffetto che ne segu mostra anche chiaramente che non era opera del demonio, perch ci di cui egli lautore non pu apportare alcun bene, come il fatto che il monastero ormai fondato, e vi si serve con grande perfezione nostro Signore. Inoltre, la visione ebbe luogo pi di sei anni prima della fondazione del monastero, e il demonio non pu conoscere il futuro. 9. Assai impressionata da ci che aveva visto, disse al marito che, poich Dio non aveva voluto dar loro figli, avrebbero fatto bene a fondare un monastero di religiose. Egli, buono comera e molto affezionato alla moglie, gio della proposta. Insieme, allora, cominciarono a cercar di vedere in che luogo avrebbero potuto farlo sorgere. Ella avrebbe voluto che fosse quello dovera nata, ma egli le oppose giuste obiezioni perch si rendesse conto che non era il posto adatto. 10. Mentre trattavano di questo, la duchessa dAlba fece chiamare il marito. Quando questi fu da lei, gli propose di tornare ad Alba per ricoprire una carica e adempiere certe funzioni nella sua casa. Egli, chiesto e saputo di che si trattava, accett, quantunque tale carica comportasse assai minor profitto di quella che egli aveva avuto a Salamanca. Sua moglie, appena lo seppe, se ne afflisse molto, perch, come ho detto, aveva in odio quel luogo. Dopo che egli le ebbe assicurato che nessuno avrebbe pi alloggiato in casa loro, si calm alquanto, nonostante continuasse a sentire un grande dispiacere, perch a Salamanca si trovava a suo gusto. Il marito compr la casa e mand a prendere la moglie. Questa arriv tutta agitata, e lo divenne molto di pi quando vide la casa, perch quantunque fosse ben situata e grande, non aveva stanze a sufficienza. Trascorse, cos, tutta la notte in grande costernazione. Lindomani mattina, appena entr nel cortile, vide, dalla stessa parte dove laveva visto nella
visione, il pozzo presso cui le era apparso santAndrea e tutto il resto, n pi n meno come allora. Parlo soltanto del luogo, perch non vide n il santo, n il prato, n i fiori, bench avesse ed abbia ancora tutto ben fisso nella mente. 11. Ci visto, rest impressionata e determinata a fondare l il monastero. Si sent ormai consolata e tranquilla, tanto da non pensare pi di andare altrove. Cominciarono ad acquistare altre case attigue, fino ad avere sufficiente spazio. Ella si preoccupava molto della scelta dellOrdine, perch desiderava che le suore fossero poche e di stretta clausura. Interpellati due religiosi di Ordini diversi, uomini di gran dottrina e virt, entrambi le dissero che sarebbe stato meglio fare altre opere, perch le monache per la maggior parte erano scontente del loro stato, e aggiunsero molte altre ragioni, in quanto il demonio, a cui la fondazione dispiaceva, voleva impedirla. Cos faceva loro credere che le argomentazioni da essi addotte fossero assai giuste. La loro insistenza nel biasimare liniziativa, e quella ancor pi grande del demonio a intralciarne lesecuzione, le furono causa di timore e di turbamento e la indussero a decidere di non farne nulla. Ne parl allora a suo marito. Entrambi ritennero di doverci rinunciare, visto che persone tali li biasimavano, mentre il loro intento non era se non quello di servire nostro Signore. Cos rimasero daccordo di far sposare un nipote di lei, figlio duna sua sorella, che ella amava molto, con una nipote di lui, e cedere loro molta parte del patrimonio, impiegando il resto per il bene della propria anima. Il nipote era assai giovane e di esemplare virt. Presa questa decisione, restarono saldi in essa, senza darsi pi pensiero daltro. 12. Ma, siccome Dio aveva disposto diversamente, quanto avevano concordato non ebbe alcun esito: prima, infatti, che fossero trascorsi quindici giorni, il nipote fu colto da una cos grave malattia, che in pochissimo tempo nostro Signore lo chiam a s. Teresa rimase talmente convinta che la causa della morte era stata la determinazione da loro presa di rinunziare allopera voluta da Dio, per cedere i beni a lui, che nacque in lei una grande paura. Ricordandosi di quel che era accaduto al profeta Giona per non aver voluto obbedire a Dio, le sembrava che la morte di quel nipote da lei tanto amato fosse un castigo della sua colpa. Da quel giorno si decise a non rinunziare per nulla al mondo a fondare il monastero, e suo marito fu daccordo con lei: solo che non sapevano in che modo riuscirvi. Dio infatti sembrava metterle in cuore lispirazione di fare come ora si fatto, ma coloro ai quali ne parlava delineando il quadro del monastero da lei vagheggiato, ridevano, convinti che fosse unutopia. Cos pensava soprattutto un suo confessore frate francescano, uomo dotto e ragguardevole. Ella ne era desolata. 13. Nel frattempo avvenne che quel religioso andasse in una certa localit, dove gli giunse notizia dei monasteri di nostra Signora del Carmine che allora si fondavano. Egli, prese tutte le informazioni necessarie, torn da lei e le disse che aveva ormai trovato ci che ella cercava, e che poteva fondare il monastero in base ai suoi desideri; la mise al corrente di tutto e le disse di affrettarsi a trattarne con me. Ed ella cos fece. Stentammo a metterci daccordo, in quanto la mia esigenza nel fondare monasteri con rendita stata sempre che essi ne avessero a sufficienza, affinch le religiose non dovessero ricorrere ai loro parenti n ad altre persone. Il convento deve provvederle di cibo, vestiario e di tutto quello di cui hanno bisogno, e deve garantire la scrupolosa cura delle malate, perch quando manca loro il necessario, nascono molti inconvenienti. Se si tratta di fondare monasteri poveri, senza rendite, per molti che siano, non mi manca mai il coraggio n la fiducia di farlo, nella certezza che Dio non verr loro meno; ma se il progetto riguarda monasteri con rendite e questa scarsa, mi manca tutto, e preferisco non fondarli. 14. Finalmente quei signori giunsero a un accordo con me e assegnarono al monastero una rendita proporzionata al numero delle religiose. Ci che mi fece nutrire una grande stima nei loro confronti fu il fatto che essi lasciarono la propria casa per cederla a noi e se ne andarono in unaltra molto scomoda. Si pose il santissimo Sacramento e sinaugur la fondazione il giorno della conversione di san Paolo dellanno 1571, a onore e gloria di Dio, che credo vi sia ben servito. Piaccia a Sua Maest che vada sempre pi progredendo! 15. Avevo cominciato a dire certe cose particolari riguardanti alcune religiose di questi nostri monasteri pensando che, quando queste pagine avrebbero visto la luce, esse non sarebbero state pi in vita. Mi parve che un tale racconto sarebbe servito dincoraggiamento ai posteri per mettere in pratica buoni principi. Ma poi mi sembrato che altri avrebbero potuto farlo meglio, con maggiori particolari e senza il timore che ho avuto io di essere accusata di parzialit. Pertanto ho tralasciato molte cose che, essendo soprannaturali, sono considerate
miracolose da coloro che le hanno viste o ne hanno avuto notizia. Non ho voluto parlare n di alcune di queste n delle grazie accordate manifestamente da nostro Signore per le preghiere delle consorelle. Nella data delle fondazioni, nonostante che faccia ricorso a tutta la diligenza possibile, temo di essere caduta in qualche errore. Siccome ci di poca importanza, potendosi sempre fare in seguito una rettifica, le indico come me le suggerisce la memoria; se c qualche errore, la differenza non sar grande.
CAPITOLO 21 In cui si tratta della fondazione del glorioso San Giuseppe del Carmine in Segovia, avvenuta lo stesso giorno di San Giuseppe, lanno 1574. 1. Ho gi detto come, dopo aver fondato il monastero di Salamanca e quello di Alba, e prima che quello di Salamanca disponesse di una casa propria, il padre maestro fra Pedro Fernndez, allora commissario apostolico, mi avesse ordinato di recarmi per tre anni allIncarnazione di Avila. Vedendo, poi, le necessit della casa di Salamanca, mi ordin di tornare l, perch le religiose potessero trasferirsi in una casa propria. Mentre un giorno stavo qui in orazione, nostro Signore mi disse di andare a fondare un monastero a Segovia. A me parve impossibile farlo, perch non potevo recarmici senza riceverne lordine. Sapevo del resto che il padre commissario apostolico, il maestro fra Pedro Fernndez, non voleva che continuassi a fare fondazioni. Daltronde capivo che, non essendo ancora trascorsi i tre anni in cui dovevo stare allIncarnazione, aveva tutte le ragioni di non volerlo. Mentre riflettevo su queste cose, il Signore mi esort a fargliene richiesta, giacch avrebbe provveduto a tutto lui stesso. 2. IL maestro si trovava allora a Salamanca. Gli scrissi pertanto ricordandogli come avessi ordine dal nostro reverendissimo generale di non rifiutare alcuna fondazione, quando vedessi una buona occasione per farla, dicendogli anche che in Segovia sia i cittadini sia il vescovo avrebbero visto volentieri la fondazione di uno di questi monasteri: se sua paternit me lordinasse, avrei potuto fondarlo; gliene parlavo per scrupolo di coscienza, ma qualunque cosa decidesse, sarei rimasta tranquilla e contenta. Credo che fossero queste, pi o meno, le mie parole, con laggiunta che mi sembrava cos di rendere onore a Dio. evidente che Sua Maest lo voleva, perch il padre mi rispose subito di provvedere alla fondazione, rilasciandomi per essa lautorizzazione, cosa di cui rimasi assai stupita, sapendo ci che pensava a questo riguardo. Da Salamanca procurai che mi affittassero una casa, perch in seguito alle fondazioni di Toledo e di Valladolid avevo visto che era meglio comprarne una dopo la presa di possesso, per molte ragioni: la principale era che non avevo l per l neppure un centesimo per acquistarla, ma, una volta costruito il monastero, il Signore avrebbe provveduto subito a farmi avere il denaro; cos si poteva anche scegliere il posto pi conveniente. 3. Cera l una signora, vedova del titolare di un maggiorasco, chiamata donna Ana de Jimena. Era venuta una volta a trovarmi ad Avila ed era una gran serva di Dio che aveva avuto sempre la vocazione per la vita monastica. Infatti, una volta costruito il monastero, vi entr con una sua figlia esemplarmente virtuosa, e il Signore le mut il malcontento, che aveva avuto da maritata e da vedova, in gioia raddoppiata dal fatto di vedersi nello stato religioso. Madre e figlia erano sempre vissute in gran raccoglimento e nel servizio di Dio. 4. Questa brava signora prese la casa e la provvide di tutto ci che le sembr necessario, sia per la chiesa, sia per noi. Cos, a questo riguardo, ebbi poco da fare. Ma affinch nessuna fondazione fosse esente da difficolt, oltre alle pene interiori dovute allaridit e alloscurit spirituale in cui ero, al momento di andarvi fui presa da una forte febbre, da una gran nausea e da ogni sorta di mali fisici che, in forma acuta, mi saranno durati tre mesi; insomma, quel mezzo anno trascorso l fui sempre malata. 5. Ponemmo il santissimo Sacramento il giorno di san Giuseppe e, nonostante lautorizzazione del vescovo e della citt, volli che la nostra entrata, la vigilia, avvenisse segretamente, di notte. Tale autorizzazione risaliva a molto tempo addietro, e non avevo potuto giovarmene prima perch stavo nel convento dellIncarnazione e avevo per superiore una persona che non era il nostro padre generale. Inoltre lautorizzazione del vescovo che si
trovava a Segovia quando la citt chiese il monastero, era stata data a voce a un gentiluomo chiamato Andrs de Jimena, incaricato dei nostri affari, al quale non sembr necessario averla per iscritto. Neanche a me parve che la cosa rivestisse importanza, e mingannai, perch non appena il vicario generale ebbe notizia della fondazione del monastero, venne subito da noi molto irritato e ci proib di continuare a celebrare Messa. Voleva far mettere in prigione chi laveva celebrata, che era un frate dei carmelitani scalzi, il quale era venuto insieme col padre Giuliano dAvila e con un altro servo di Dio che mi accompagnava, di nome Antonio Gaytn. 6. Questi era un cavaliere di Alba, che nostro Signore aveva chiamato al suo servizio alcuni anni prima, mentre era ingolfato nelle cose del mondo, ora da lui tenute talmente sotto i piedi, da non occuparsi daltro che di servire quanto pi possibile il Signore. Siccome nelle fondazioni seguenti si parler di lui, che mi ha molto aiutata e molto ha lavorato per noi, ho detto chi egli sia, e se dovessi enumerare le sue virt, non la finirei tanto presto. Quella da cui abbiamo tratto pi vantaggio la sua grande abnegazione: tra i servi che ci accompagnavano non ce nera nessuno che facesse come lui qualunque cosa fosse necessaria. un uomo di grande orazione. Dio lo ha favorito di tante grazie da rendergli piacevole e facile tutto quello che gli altri avrebbero respinto. Gli sembravano poca cosa le sofferenze subite per queste fondazioni. Si vede bene che Dio ha chiamato in nostro aiuto sia lui, sia il padre Giuliano dAvila, il quale, particolarmente, ci ha assistito fin dalla fondazione del primo monastero. Grazie a loro il Signore dovette certo volere che tutto mi andasse bene. Durante il viaggio non parlavano che di Dio; istruivano di cose attinenti a lui le persone che venivano con noi o che incontravano per via, e cos si adoperavano in tutti i modi a servire Sua Maest. 7. bene, figlie mie, che leggerete la storia di queste fondazioni, che sappiate quanto dobbiamo loro, affinch, avendo essi, senza alcun interesse, lavorato tanto per il conseguimento del bene di cui godete, di stare in questi monasteri, li raccomandiate a nostro Signore e siate loro di qualche vantaggio con le vostre orazioni. Se voi sapeste quante notti cattive, quanti giorni faticosi e quante tribolazioni hanno sofferto in questi viaggi, lo fareste di gran cuore. 8. Il vicario generale non volle abbandonare la nostra chiesa senza lasciare una guardia alla porta, non so a quale scopo; ci serv a spaventare un po le persone che stavano l. Quanto a me, io non davo mai molta importanza a quel che poteva accadere dopo la presa di possesso: solo prima ero stata assalita dai timori. Mandai a chiamare alcune persone ragguardevoli della citt, parenti di una delle consorelle che avevo condotte con me affinch parlassero al vicario e lo assicurassero che avevo lautorizzazione del vescovo. Egli lo sapeva benissimo, a quanto poi ebbe a dire, solo che avrebbe voluto che lo avessimo preavvisato, mentre credo che sarebbe stato assai peggio. Infine, riuscirono a ottenere che ci lasciasse il monastero, ma ci tolse il santissimo Sacramento, cosa di cui non ci demmo troppa pena. Passammo cos alcuni mesi, fino a quando si compr una casa. Ma con essa ci caddero addosso molte liti. Ne avevamo gi avute molte con i frati francescani per unaltra casa, vicina alla loro, che volevamo comprare. Per questa qui dovemmo sostenere discussioni con i Mercedari e con il Capitolo. Questultimo vantava dei diritti su di essa. 9. Oh, Ges! Che fatica quella di trovarsi fra tante contestazioni! Quando gi sembrava che si fosse concluso tutto, si era da capo; non bastava dar loro quanto chiedevano; subito sorgeva unaltra difficolt. Detto cos, sembra nulla, ma farne la prova fu cosa dura. 10. Un nipote del vescovo, che era priore e canonico di quella chiesa, faceva tutto quello che poteva per noi, e cos anche il licenziato in teologia Herrera, gran servo di Dio. Alla fine, dopo che sborsammo molto denaro, la questione ebbe termine. Restava la lite con i Mercedari, a causa della quale fummo costrette a far ricorso a una gran segretezza per trasferirci nella nuova casa. Quando ci videro insediate in essa, dove ci trasferimmo uno o due giorni prima di san Michele, ritennero opportuno accordarsi con noi dietro compenso di denaro. Il maggior assillo di queste difficolt era che non mancavano se non sette o otto giorni alla scadenza dei miei tre anni di priorato allIncarnazione, e io dovevo assolutamente trovarmi l al termine di essi. 11. Piacque al Signore che tutto si risolvesse cos bene da non lasciare strascico di nessuna contesa, e di l a due o tre giorni partii per lIncarnazione. Sia benedetto per sempre il suo nome per le molte grazie di cui mi ha continuamente favorita, e lo lodino tutte le sue creature! Amen.
CAPITOLO 22 In cui si tratta della fondazione del glorioso San Giuseppe del Salvatore nel borgo di Beas, che ebbe inizio il giorno di san Mattia dellanno 1575. 1. Al tempo in cui, come ho detto, mi fecero andare a Salamanca dal convento dellIncarnazione, mentre ero l, venne un messo dal borgo di Beas, con lettere per me di una signora di quel luogo, del parroco e di altre persone, che mi pregavano di recarmi in tale borgo, a fondare un monastero; avevano gi pronta la casa per esso; non mancava se non provvedere alla fondazione. 2. Chiesi alcune informazioni al messo. Mi disse ogni sorta di bene di quella terra, e a ragione, perch un paese incantevole e gode di unottima temperatura. Ma, considerando la grande distanza che separa Beas da Salamanca, accettare la proposta mi parve una pazzia, tanto pi che occorreva lordine del commissario apostolico, il quale come ho detto era contrario o, per lo meno, poco favorevole a nuove fondazioni. In un primo momento pensavo perci, senza neanche parlargliene, di rispondere con un rifiuto. Poi, trovandosi egli allora a Salamanca, ritenni che non era bene farlo senza sentire il suo parere, perch il nostro reverendissimo padre generale mi aveva ordinato di non rifiutare alcuna fondazione. 3. Quando il commissario vide le lettere, mi fece dire che non gli sembrava il caso di deludere quelle persone, la cui piet laveva edificato: dovevo dunque scrivere loro che avrei provveduto alla fondazione, non appena avessero ottenuto lautorizzazione del loro Ordine. Potevo per, aggiungeva, essere ben sicura che non lavrebbero avuta, perch egli sapeva di altri luoghi che in molti anni non erano riusciti a ottenerla dai commendatori di quellOrdine; comunque, non dovevo risponder loro male. A volte, ripensandoci, vedo come quando nostro Signore vuole una cosa noi, anche se non la vogliamo, diventiamo, senza saperlo, lo strumento perch si realizzi, come lo fu in questo caso il padre maestro fra Pedro Fernndez, cio il commissario di cui parlo. Difatti, avendo le persone suddette ottenuto lautorizzazione, non pot rifiutare la sua, e la fondazione avvenne come segue. 4. Il monastero del beato Giuseppe nel borgo di Beas ebbe inizio il giorno di san Mattia dellanno 1575, nel modo che sto per dire, a onore e gloria di Dio. Cera in quel luogo una cavaliere di nobile famiglia, fornito di molti beni di questo mondo. Aveva sposato una donna di nome donna Catalina Godnez. Fra gli altri figli che nostro Signore diede loro, vi furono due figlie, che sono state le fondatrici di questo monastero: la maggiore si chiamava donna Catalina Godnez e la minore donna Mara de Sandoval. La prima poteva avere quattordici anni, quando nostro Signore le fece sentire la sua chiamata. Fino a tale et era molto lontana dal pensare di lasciare il mondo, anzi aveva tanta stima di s che riteneva sempre inadeguate le esigenze del padre circa i matrimoni che le venivano proposti. 5. Un giorno, trovandosi in una stanza attigua a quella in cui stava suo padre, non ancora alzatosi, per caso le capit di leggere su un crocifisso l appeso la scritta che sormonta la croce. Dimprovviso, a quella lettura, il Signore oper in lei una completa trasformazione. Stava infatti pensando a un matrimonio molto vantaggioso che le era stato proposto e diceva fra s: orgoglio. Ma seppe il Signore come porvi rimedio. Sia benedetta la sua misericordia! 6. Appena dunque lesse la scritta, le parve che una luce avesse rischiarato la sua anima, svelandole la verit, come se in una stanza oscura penetrasse allimprovviso un raggio di sole. Illuminata da questa luce, fiss gli occhi sul Signore posto in croce, con il sangue che gli scorreva dalle ferite. Pensando ai maltrattamenti da lui subiti e alla profonda umilt con cui li aveva sopportati, cap quanto fosse diverso il suo cammino, che era quello della superbia. Dovette restare in questo stato danimo un po di tempo, perch il Signore le sospese le facolt. A questo punto le diede una chiara conoscenza della sua miseria, che ella avrebbe voluto fosse nota a tutti, un cos ardente desiderio di soffrire per Dio, che avrebbe voluto patire, tutti insieme, i tormenti sofferti dai martiri, e una cos profonda umiliazione che, se non fosse stato per evitare doffendere Dio, avrebbe voluto essere una gran peccatrice, perch tutti la disprezzassero. Cominci pertanto a detestarsi e a nutrire quei grandi desideri di penitenza che poi mise in pratica. Promise subito in quel momento castit e povert, e avrebbe voluto vedersi in tale stato di sottomissione che, per diventare schiava, sarebbe stata felice dessere allora portata tra i Mori. Tutte queste virt si sono conservate in lei in modo tale da rendere evidente che si era trattato di una grazia soprannaturale di nostro
Signore, come pi avanti si dir affinch tutti lo lodino. 7. Siate benedetto, Dio mio, per sempre nei secoli, voi che in un momento distruggete unanima e la rialzate! Che mai ci, Signore? A questo punto io vorrei farvi una domanda analoga a quella che vi fecero gli apostoli quando guariste il cieco, se, cio, avessero peccato i suoi genitori. Vi chiedo chi avesse meritato a questanima una grazia cos grande. Ella no, perch si detto da quali pensieri lavete tirata fuori quando glielavete fatta. Oh, come sono profondi i vostri giudizi, Signore! Voi sapete quello che fate, e io non so quello che dico, perch le vostre opere, al pari dei vostri giudizi, sono imperscrutabili. Siate per sempre glorificato, estendendosi la vostra potenza a opere ancora pi grandi! Che sarebbe di me se non fosse cos? Ma non vi avr, per caso, avuto parte sua madre? Era cos grande il suo spirito cristiano che sarebbe possibile vi foste compiaciuto, nella vostra bont e nella vostra misericordia, di farle vedere, mentre era in vita, tante virt nelle figlie. A volte penso che voi elargite simili grazie a coloro che vi amano, dando loro cos il grande vantaggio di glorificarvi anche per mezzo dei loro figli. 8. Mentre Catalina era in questo stato, sopravvenne un cos tremendo rumore nella parte superiore della stanza, che pareva crollasse tutta. Il rumore sembrava provenire da quellangolo dove ella si trovava; ud al tempo stesso alcuni forti ruggiti, che si protrassero per un po, tanto che suo padre, il quale come ho detto non si era ancora alzato, ne ebbe cos grande paura, che cominci a tremare. Come fuori di s, buttandosi addosso una veste, prese la spada ed entr l, domandando tutto alterato che cosa accadesse. Ella rispose di non aver visto niente. Egli guard in unaltra stanza pi interna e, non scorgendovi nulla, le disse di andare dalla madre, alla quale raccomand di non lasciarla sola, dopo averle raccontato quello che aveva udito. 9. Da ci si pu ben capire quale sia la rabbia del demonio quando si vede sfuggire di tra le mani unanima che riteneva gi sua. Nemico com del nostro bene, non mi stupisco che, vedendo il nostro misericordioso Signore favorire unanima di tante grazie insieme, se ne spaventasse e facesse cos strepitosa mostra del suo risentimento. Soprattutto si rese conto che la ricchezza acquistata da quellanima a lui sarebbe servita a perdere il possesso di altre che gi riteneva per sue. Sono infatti sicura che mai nostro Signore concede a unanima cos grandi favori senza che non vi prendano parte anche tante altre. Ella non disse mai nulla di ci, ma rimase con un grandissimo desiderio di farsi religiosa e ne chiese insistentemente il permesso ai genitori. Ma questi non glielo accordarono mai. 10. Dopo tre anni di continue insistenze, visto che i genitori non ne volevano sapere, il giorno di san Giuseppe indoss un abito assai modesto. Dopo averne informato soltanto la madre dalla quale sarebbe stato pi facile ottenere il permesso di farsi religiosa, mentre con il padre non osava dir nulla , and cos vestita in chiesa, sperando che, dopo essersi fatta vedere in paese con quellabito, non le avrebbero pi imposto di toglierselo. E cos avvenne; suo padre la lasci fare. In quei tre anni faceva le sue ore di orazione e cercava di mortificarsi quanto poteva, avendo in ci per guida il Signore. Se ne andava continuamente in un cortile dove, bagnatosi il viso, si esponeva poi al sole, nella speranza che, una volta divenuta brutta, avessero fine le proposte di matrimonio da cui era ancora importunata. 11. Era cos decisa a non voler comandare che, avendo il governo della casa di suo padre, se le accadeva di costatare daver dato ordini alle domestiche comera inevitabile , aspettava che si fossero addormentate e baciava loro i piedi, tanto laffliggeva dover essere servita da persone che riteneva assai migliori di lei. Siccome di giorno era occupata con i suoi genitori, quando avrebbe dovuto dormire trascorreva tutta la notte in orazione. Per molto tempo continu ad andare avanti concedendosi cos poco sonno che le sarebbe stato impossibile sopportarlo senza un intervento soprannaturale. Le penitenze e le discipline erano molte, perch non aveva chi la dirigesse n parlava di queste cose con alcuno. Fra le altre, quella di portare per tutta una quaresima sulle nude carni una cotta di maglia di suo padre. Per pregare andava in un luogo appartato dove il demonio la disturbava con grandi insidie. Spesso cominciava a stare in orazione alle dieci di sera e non si riaveva da tale stato fino a che non facesse giorno. 12. In questi esercizi trascorse circa quattro anni, dopo i quali il Signore, affinch lo servisse in prove pi difficili, cominci a mandarle gravissime e penosissime malattie, come una febbre continua, idropisia, mal di cuore e un cancro al petto, con lasportazione della mammella. Infine, le sue malattie durarono quasi diciassette anni, durante i quali pochi furono i giorni in cui si sentiva bene. Passati cinque anni dalla grazia che Dio le aveva fatto,
le mor il padre. Sua sorella, allet di quattordici anni (cio uno dopo che in Catali na si era operata questa trasformazione), indoss anche lei un abito dimesso, pur avendo amato molto quelli di lusso e cominci anche lei a dedicarsi allorazione. La madre, che le assecondava in tutti i loro desideri e nelle loro sante pratiche, permise che si dedicassero a unoccupazione molto meritoria, bench assai lontana dallessere conforme al loro rango: quella di insegnare a leggere e a cucire alle bambine, senza riceverne alcun compenso, ma soltanto per avere loccasione di far loro imparare le preghiere e la dottrina cristiana. Il risultato fu assai soddisfacente, perch le bambine accorrevano in gran numero e ancora oggi rendono testimonianza delle buone abitudini contratte quanderano piccine. La cosa non dur a lungo: infatti, il demonio, a cui la buona opera riusciva molesta, fece s che i genitori si vergognassero di far istruire le figlie gratuitamente. Questo, insieme alle malattie da cui Catalina cominciava ad essere tormentata, fece interrompere quelliniziativa. 13. Cinque anni dopo la morte del padre, mor anche la madre e, poich Catalina aveva sempre avuto la vocazione di farsi suora, ma non era mai riuscita a vincere lopposizione dei genitori, decise subito di soddisfarla ora. Siccome a Beas non cera un monastero, i suoi parenti le consigliarono visto che loro due avevano sufficienti beni per fondarne uno convenientemente di adoperarsi a fondarlo nel proprio paese, rendendo con ci un maggior servizio a nostro Signore. Ma, poich Beas dipende dalla commenda di San Giacomo, era necessaria lautorizzazione del Consiglio degli Ordini, pertanto Catalina cominci a darsi da fare per ottenerla. 14. Fu cos difficile ottenerla che passarono quattro anni, durante i quali ebbero a soffrire molte tribolazioni e forti spese, e tutto invano, finch non fu presentata una supplica al re in persona. Fu cos che, essendovi tanta difficolt, i suoi parenti le dicevano che era una follia persistere in ci e che doveva rinunziarvi. Aggiungevano che, costretta quasi sempre a letto per le gravi malattie di cui si parlato, nessun monastero lavrebbe accettata come monaca. Ella rispose che se entro un mese nostro Signore le avesse ridato la salute essi avrebbero dovuto rendersi conto che si compiaceva di questa fondazione, e allora sarebbe andata lei stessa alla Corte per cercare di avere lautorizzazione. Quando si pronunzi in tal modo, da pi di sei mesi non si alzava dal letto e quasi da otto anni, si pu dire, non riusciva a lasciarlo del tutto. In questo lasso di tempo soffr duna febbre continua che la consumava, colpita come fu, da tisi, idropisia e col fegato infiammato da un tal fuoco che si sentiva ardere tutta: fuoco che si diffondeva sulle vesti e le bruciava la camicia. Sembra incredibile, eppure io stessa mi sono informata delle sue malattie dal medico che allora laveva in cura e che ne era anche lui sbalordito. Inoltre soffriva di gotta e di sciatica. 15. La vigilia di san Sebastiano, che cadeva di sabato, nostro Signore le restitu cos interamente la salute, che ella non sapeva come dissimulare la cosa, onde evitare di rendere noto il miracolo. Racconta lei stessa che, quando nostro Signore stava per guarirla, le diede un tremito interiore cos violento, che la sorella pens stesse per morire. Ella peraltro avvert in s una completa trasformazione, e nellanima si sent unaltra: tale fu il profitto spirituale che larricchiva. Tutta la gioia di riavere la salute consisteva nel fatto di potersi cos dedicare alle trattative del monastero. Non le importava nulla che cessassero le sofferenze, perch dal giorno in cui Dio laveva chiamata al suo servizio le era nato un tale odio di se stessa, da renderla indifferente a tutto. Ella dice che le era rimasto un cos intenso desiderio di patimento che supplicava Dio dal profondo del cuore di metterla alla prova con ogni sorta di sofferenze. 16. Sua Maest non tralasci di esaudire il suo desiderio, perch in quegli otto anni sub pi di cinquecento salassi, senza contare le molte ventose applicate sulla pelle scarnificata, di cui le sono rimasti segni evidenti in tutto il corpo. Pi di venti volte le fu iniettato sale nelle piaghe, perch un medico disse che era un buon rimedio per estrarre le sostanze tossiche di una pleurite. Ci che desta maggiore meraviglia che, non appena il medico le prescriveva uno di questi rimedi, attendeva con grande desiderio lora in cui dovevano porli in atto, senza alcuna paura. Ella stessa incoraggiava i medici nelle cauterizzazioni, che furono molte, a causa del cancro e altri mali ancora per i quali furono necessarie. Dice che il motivo per cui desiderava questi tormenti era il voler provare se i suoi desideri di martirio erano veri. 17. Sentendosi improvvisamente bene, cerc dindurre il confessore e il medico a farla trasportare in un altro paese, affinch la sua guarigione si potesse attribuire al cambiamento daria. Essi non vollero acconsentirvi, anzi i primi a divulgare la notizia furono i medici, i quali lavevano giudicata ormai incurabile, versando ella sangue dalla bocca cos corrotto che
vedevano ormai in esso i polmoni in decomposizione. Rimase tre giorni a letto, non osando alzarsi per timore che si vedesse la sua guarigione, ma poich la salute non si pu nascondere n pi n meno della malattia, le giov a poco. 18. Mi raccont che nellagosto precedente, mentre un giorno supplicava nostro Signore di toglierle quellardente desiderio dessere religiosa e di fondare il monastero, o di darle i mezzi per riuscirvi, le fu assicurato con assoluta certezza che avrebbe ricuperato la salute in tempo utile per potersi recare, nella quaresima, a sollecitare lautorizzazione. Afferma pertanto che da allora, anche se le sue malattie aumentarono dintensit, non perdette mai la speranza che il Signore le avrebbe fatto questa grazia. E perfino le due volte in cui le di edero lunzione degli infermi una volta lei era in condizioni tali che il medico diceva che era inutile andare a prendere lolio santo, perch sarebbe morta prima non cessava di confidare nella grazia del Signore per poter morire monaca. Non voglio dire, con ci, che ricevette due volte lunzione degli infermi nel periodo che corre tra lagosto e la festa di san Sebastiano, ma prima. I suoi fratelli e parenti, vedendo la grazia miracolosa di cui il Signore laveva favorita, dandole cos improvvisamente la salute, non osarono opporsi alla sua partenza, pur ritenendo il suo progetto una pazzia. Rimase tre mesi a Corte e ancora non le davano lautorizzazione. Non appena present la sua petizione al re ed egli seppe che si trattava dun monastero delle carmelitane scalze, ordin subito che lautorizzazione fosse data. 19. Allorch si venne alla fondazione del monastero, fu evidente che Catalina ne aveva trattato con Dio, perch i superiori vi acconsentirono subito, malgrado la distanza del luogo e la povert delle rendite. Quando Sua Maest vuole una cosa, essa si realizza sempre. Le religiose arrivarono a Beas allinizio della quaresima dellanno 1575. gli abitanti le ricevettero in processione con grande solennit e gioia. Vi fu, in generale, molta soddisfazione; perfino i bambini dimostravano, a loro modo, che quellopera era gradita al Signore. Il monastero fu fondato, col nome di San Giuseppe del Salvatore, in questa stessa quaresima, il giorno di san Mattia. 20. Lo stesso giorno presero labito le due sorelle, con grande letizia. La salute di donna Catalina andava meglio. La sua umilt, la sua obbedienza, la sete di essere disprezzata mostrano oggi come i suoi desideri di darsi interamente al servizio di nostro Signore fossero sinceri. Sia egli per sempre glorificato! 21. Fra le altre cose, questa sorella mi ha raccontato che una sera, circa venti anni fa, andata a letto tutta presa dal desiderio di trovare lOrdine religioso pi perfetto che esistesse sulla terra per farsi monaca in esso, cominci a sognare, e le era sembrato di camminare per una strada assai stretta e angusta, col tremendo pericolo di cadere nei profondi burroni che la fiancheggiavano e di vedere un frate scalzo che pi tardi le parve di riconoscere in fra Giovanni della Miseria, un fraticello converso del nostro Ordine, quando questi and a Beas, mentre ero l. Egli le disse: Vieni con me, sorella, e la condusse in una casa ove era un gran numero di religiose, senzaltra luce che quella di certe candele accese che esse tenevano in mano. Chiese che Ordine fosse; tutte tacquero ma, alzati i veli, mostrarono visi lieti e sorridenti. E afferma di aver visto i volti delle stesse sorelle che ora sono venute qui. La priora la prese per mano e le disse: Figlia mia, io vi voglio qui, mostrandole poi le Costituzioni e la Regola. Quando si svegli da questo sogno era cos piena di gioia che le sembrava di essere stata in cielo. Scrisse ci che si ricordava della Regola, e pass gran tempo senza che ne parlasse ad alcun confessore n ad altri; nessuno, del resto, poteva darle informazioni su questOrdine. 22. Infine, venne l un padre della Compagnia, che era al corrente dei suoi desideri. Ella gli mostr il foglio del suo scritto, dicendogli che se avesse potuto trovare quellOrdine sarebbe stata felice, perch vi sarebbe entrata subito. Il padre conosceva i nostri monasteri e le disse che quella era la Regola dellOrdine di Nostra Signora del Carmine o, meglio, senza spiegarsi con questa chiarezza, che era di quei monasteri che fondavo. Ella allora mi mand il messo che ho detto. 23. Quando le diedero la mia risposta, stava ormai cos male che il suo confessore la esort a darsi pace, perch in quelle condizioni, anche se si fosse gi trovata in un monastero, lavrebbero fatta uscire, tanto pi si sarebbero guardati dallaccogliervela. Ella se ne afflisse molto e, volgendosi a nostro Signore con un desiderio angoscioso nel cuore, gli disse: Signor mio e Dio mio, io so per fede che voi siete onnipotente; allora, vita dellanima mia, o fate che questi desideri mi si tolgano dal cuore, o datemi i mezzi per adempierli. Diceva questo con unimmensa fiducia, supplicando nostra Signora, per il dolore che prov quando
vide suo Figlio morto fra le sue braccia, di farle da mediatrice. Ud, nellintimo, una voc e dirle: Credi e spera, perch io sono lOnnipotente: tu riavrai la salute. A colui che ha avuto il potere dimpedire a tante malattie, tutte mortali per se stesse, di produrre il loro effetto letale, sar pi facile farle scomparire. Queste parole, racconta, furono pronunziate con tanta forza e sicurezza, da renderle impossibile dubitare che il suo desiderio sarebbe stato esaudito. Nonostante la recrudescenza delle sue malattie, il Signore, come abbiamo detto, le restitu la salute. Sembra davvero incredibile quello che ha sofferto. Se non mi fossi io stessa informata dal medico, dalle persone di casa e da altre ancora, cos miserabile come sono, avrei potuto facilmente pensare che ci fosse alquanta esagerazione. 24. Anche se tuttora debole, ha ormai salute sufficiente per osservare la Regola, ed unottima religiosa; mostra una grande gioia, e in ogni circostanza una cos profonda umilt, come ho detto, che induce noi tutte a rendere lode a nostro Signore. Entrambe le sorelle diedero allOrdine tutti i loro averi senza alcuna condizione: se non si fosse voluto pi riceverle come religiose, non avrebbero reclamato nulla. Grande il distacco di Catalina dai suoi parenti e dal suo paese: desidera sempre andarsene lontano, insistendo molto a tal fine con i superiori, ma pur cos obbediente che contenta anche di stare l. In virt di questa stessa obbedienza prese il velo nero. Non cera verso di persuaderla a far parte del coro: voleva essere conversa, finch le scrissi a lungo, rimproverandola di non sottomettersi alla volont del padre provinciale. Le scrissi, fra laltro, che quello non era il modo di aumentare i suoi meriti e la trattai duramente. Ma ella felicissima quando le si parla cos. In tal modo si riusc a convincerla, bench si arrendesse molto a malincuore. Non vedo nulla in questanima che non sia di tal natura da renderla gradita a Dio e a tutte. Si degni Sua Maest di assisterla con la sua mano e di accrescere in lei le virt e la grazia che le ha dato a sua maggior gloria e onore! Amen.
CAPITOLO 23 In cui si tratta della fondazione del monastero del glorioso San Giuseppe del Carmine nella citt di Siviglia. Vi si celebr la prima Messa nel giorno della Santissima Trinit dellanno 1575. 1. Mentre dunque stavo nel borgo di Beas aspettando lautorizzazione del Consiglio degli Ordini per la fondazione di Caravaca, venne l a farmi visita un padre del nostro Ordine degli scalzi. Era il maestro fra Girolamo Graziano della Madre di Dio, il quale aveva preso labito da pochi anni in Alcal, uomo di grande dottrina, intelligenza e modestia, la cui vita tutta improntata a rare virt, e che nostra Signora sembra aver scelto per il bene del nostro Ordine primitivo. Mentre si trovava in Alcal, era ben lontano dallidea di prendere il nostro abito, anche se non da quella di farsi religioso. Infatti egli non condivideva in nessun modo i progetti dei suoi genitori che godevano del gran favore del re e vedevano in lui grandi capacit. Dallinizio dei suoi studi suo padre lo aveva destinato a segui re i corsi di giurisprudenza. Egli, bench ancora giovanissimo, ne soffr tanto che, a forza di lacrime, ottenne da lui il permesso di seguire quelli di teologia. 2. Poich aveva il titolo di Maestro, cerc di entrare nella Compagnia di Ges, e quei padri lo avevano gi accolto, quando, a causa del sopravvenire di una circostanza, lo pregarono di aspettare qualche giorno. Egli mi raccont che tutto il benessere di cui godeva gli procurava tormento, poich gli sembrava che quello non fosse un buon cammino per il cielo. Faceva sempre le sue ore di orazione. Il suo raccoglimento e la sua illibatezza erano grandissimi. 3. Aveva preso allora labito del nostro Ordine, nel monastero di Pastrana, un suo grande amico, fra Juan de Jess, anchegli maestro. Non so se fu per una lettera che questi gli scrisse sulleccellenza e lantichit del nostro Ordine, o per qualche altro motivo, fatto sta che sinteress a tutto quello che riguardava questOrdine. Prov piacere nel costatarne la comprovata eccellenza attraverso grandi autori che comegli racconta spesso temeva di trascurare gli altri suoi studi per queste letture. Vi si dedicava anche nelle sue ore di ricreazione. Oh, sapienza e potenza di Dio! Come non possibile per noi sottrarci alla sua volont! Nostro Signore vedeva bene quanto bisogno ci fosse in questopera, da lui stesso cominciata, di un tale uomo. Io lo lodo spesso per averci accordato una grazia cos grande: se, infatti, avessi voluto chiedere a Sua Maest una persona capace di sistemare tutte le cose
riguardanti lOrdine in questi inizi, non avrei potuto chiedergli tanto quanto ci ha dato con questuomo. Sia egli benedetto per sempre! 4. Mentre, dunque, era ben lontano dal pensare di prendere il nostro abito, lo pregarono di recarsi a Pastrana per trattare con la priora di quel monastero che non era stato ancora trasferito della accettazione di una postulante. Di quali mezzi si serve la Maest divina! Se egli avesse voluto lasciare Alcal per andare l a prender labito, avrebbe probabilmente incontrato lopposizione di tante persone e forse non lavrebbe fatto. Ma la Vergine nostra Signora, di cui molto devoto, volle ricompensarlo della sua venerazione dandogli il suo abito. Penso pertanto che fu lei la mediatrice per ottenergli da Dio questa grazia. Se egli prese labito e si affezion tanto al nostro Ordine perch questa gloriosa Vergine non volle che, a chi desiderava cos vivamente di servirla, mancasse loccasione per farlo, adoperandosi ella sempre a favorire coloro che si pongono sotto la sua protezione. 5. A Madrid, quandera ragazzo, pregava spesso davanti a unimmagine di nostra Signora non ricordo dove , della quale era molto devoto. La chiamava la sua innamorata e le faceva visite assai di frequente. Fu indubbiamente lei ad ottenergli dal Figlio la purezza in cui sempre vissuto. Egli racconta che a volte gli sembrava di vederle gli occhi gonfi di lacrime per le molte offese arrecate a suo Figlio. Da qui gli nasceva in cuore un vivo slancio e un ardente desiderio di darsi alla salvezza delle anime, insieme con un immenso dolore alla vista delle offese commesse contro Dio. Questo desiderio di fare del bene alle anime la sua inclinazione particolare. Quando crede di poterne trarre qualche frutto, gli sembra leggera ogni possibile sofferenza. Lho visto io stessa per esperienza nelle molte prove che ha sofferto. 6. Si recava dunque a Pastrana, guidato da un artifizio della Vergine: egli credeva di andarvi per trattare della vestizione duna postulante e Dio ve lo conduceva per dare a lui stesso labito. Oh, segreti di Dio! Comegli, senza che noi lo vogliamo, ci va disponendo a ricevere le sue grazie! E quale ricompensa seppe elargire a questanima per le buone opere compiute, per il buon esempio che aveva sempre dato e per lardente desiderio di servire la sua gloriosa Madre! Tutto ci sempre ricompensato da Sua Maest con grandi premi. 7. Giunto dunque a Pastrana, and a parlare alla priora per pregarla di accettare quella postulante,e fu come se le avesse parlato per ottenere da nostro Signore che vi fosse accettato lui stesso. Non appena la priora lo vide, ne fu conquistata; in realt, il suo tratto cos dolce che quasi tutti coloro che lavvicinano ne restano rapiti: una grazia di cui nostro Signore lo favorisce. parimenti amato moltissimo dai religiosi e dalle religiose sottoposti alla sua autorit perch, anche se non perdona alcuna mancanza, avendo estrema cura della perfezione monastica, lo fa con una dolcezza cos grande che nessuno, sembra, ha motivo di lamentarsi di lui. 8. Quando la priora lo vide le accadde quello che accadeva agli altri: fu presa dal pi vivo desiderio che entrasse nellOrdine. Ne parl alle consorelle, facendo loro considerare tutto il vantaggio che ne avrebbero avuto, perch allora erano ben pochi, anzi quasi nessuno, quelli che potessero paragonarsi a lui. Pertanto le esort a pregare tutte nostro Signore di non lasciarlo partire, ma di fargli prendere il nostro abito. Questa priora una grande serva di Dio e credo che, quandanche fosse stata la sola a pregarlo di ci, sarebbe stata esaudita da Sua Maest. A pi forte ragione egli avrebbe ascoltato le preghiere di tante anime buone comerano quelle che stavano l. Tutte infatti presero la cosa molto a cuore, supplicando di ci incessantemente Sua Maest con digiuni, discipline, orazioni. E piacque a Dio di concederci questa grazia. Quando, infatti, il padre Graziano si rec al convento dei frati e vide una cos perfetta osservanza religiosa e disposizione nel servire nostro Signore, e soprattutto che lOrdine era della gloriosa Madre di Dio che egli desiderava tanto onorare, cominci a sentire in cuore il desiderio di non tornare pi nel mondo. Il demonio gli mise innanzi molte difficolt, soprattutto il dolore dei suoi genitori, che lo amavano teneramente e nutrivano grande speranza di essere aiutati da lui a provvedere ai loro molti figli, sia maschi che femmine. Ma egli, rimettendone la cura a Dio, per amore del quale abbandonava tutto, si decise ad esser suddito della Vergine e a prendere il suo abito. E cos esso gli fu dato con grande gioia di tutti, specialmente delle monache e della priora, che ne rendevano grandi lodi a nostro Signore, ritenendo che Sua Maest avesse operato questa grazia per le loro preghiere. 9. Pass lanno di prova con lumilt di uno dei pi modesti novizi. La sua virt si manifest specialmente quando, essendo da l assente il priore, rimase come capo, in sua vece, un
frate molto giovane, privo distruzione e di scarsissimo talento e prudenza per governare una comunit. Non aveva neanche esperienza, essendo entrato da poco. Era di unesigenza esagerata nel guidare i suoi confratelli, con le mortificazioni che imponeva loro. Tutte le volte che ci penso mi stupisco nel vedere come gli altri potessero sopportarlo, specialmente persone di tal merito; per riuscirvi, ci voleva proprio lo spirito di cui Dio li favoriva. Si poi visto chiaramente che era affetto da una grande malinconia, e non se ne libera ovunque si trova, cos da essere causa di sofferenza anche come semplice religioso; tanto pi, poi, come superiore, dominato in tal modo dal suo umore. Daltra parte, un buon religioso. Dio permette a volte questi errori per perfezionare la virt dellobbedienza in coloro che ama. 10. Senza dubbio fu cos anche in questo caso, perch in premio di ci ha dato al padre fra Girolamo della Madre di Dio una straordinaria luce in materia di obbedienza al fine che la insegni ai suoi sudditi, come chi ha avuto, sin dallinizio, ottima occasione di praticarla. Affinch, inoltre, non gli mancasse lesperienza di tutto quello di cui abbiamo bisogno, tre mesi prima della professione fu soggetto a gravissime tentazioni. Ma egli, chiamato a essere un buon capitano dei figli della Vergine, si difendeva bene da esse: quando il demonio insisteva di pi per indurlo a lasciare labito, gli resisteva promettendo a Dio di non spogliarsene mai e di impegnarsi a ci con i voti. Mi ha dato unopera scritta da lui mentre era nel vivo di quelle tentazioni, che mi ha ispirato molta devozione e dalla quale si vede chiaramente la forza che il Signore gli dava. 11. Sembrer fuori luogo, da parte sua, avermi comunicato tanti particolari della sua anima. Pu darsi che il Signore labbia permesso perch io li scriva qui e lo si lodi nelle sue creature. So infatti che non si mai aperto tanto n con il confessore n con qualsiasi altra persona. Talvolta, forse, lo induceva a tali confidenze il credere che, data la mia et e quello che udiva di me, io dovessi avere una certa esperienza. Accadeva che mi dicesse queste e altre cose, che non il caso di scrivere, perch mi farebbero divagare troppo. 12. Mi sono, certo, moderata molto nel parlare di ci, per non dargli un dispiacere, nel caso che un giorno questo scritto finisse fra le sue mani. Non ho potuto per tacere tutto, n mi sembrato bene (del resto, se lo vedr, sar in un tempo ben lontano) tralasciare di far menzione di chi ha operato tanto per la restaurazione della Regola primitiva. Sebbene non fosse stato lui il primo a propugnarla, giunse in un momento in cui a volte mi sarei pentita di aver dato inizio alla Riforma, se non avessi avuto una somma fiducia nella misericordia di Dio. Mi riferisco ai conventi dei frati, perch quelli delle monache, per la sua bont, sono sempre andati bene. Non che quelli dei frati andassero male, ma recavano il segno di una prossima fine perch, non formando una provincia a parte, venivano governati dai calzati. Cera ben, fra gli scalzi, chi avrebbe potuto esercitare il governo, come il padre fra Antonio de Jess, che aveva dato inizio alla Riforma, ma non gli concedevano tale autorit. Inoltre essi non avevano ancora Costituzioni proprie, date dal nostro reverendissimo padre generale. In ogni casa si regolavano come credevano. Se si fossero dovute aspettare le Costituzioni o un governo autonomo, si sarebbero avute gravi difficolt, perch gli uni la pensavano in un modo gli altri in un altro. A volte la situazione mi procurava una grande sofferenza. 13. Nostro Signore vi pose rimedio mediante il padre maestro fra Girolamo della Madre di Dio, perch lo nominarono commissario apostolico e gli diedero autorit e governo sugli scalzi e sulle scalze. Redasse le Costituzioni per i frati. Quanto a noi, gi le avevamo, dateci dal nostro reverendissimo padre generale. Non le scrisse, quindi, per noi, ma solo per loro, servendosi del potere apostolico che aveva e delle eccellenti qualit di cui ripeto il Signore lo aveva dotato. La prima volta che li visit sistem tutto in modo cos perfetto che ben si vide come fosse aiutato dalla divina Maest e come nostra Signora lo avesse scelto per la salvezza del suo Ordine. Io la supplico con tutto il cuore di ottenere da suo Figlio che lo protegga sempre e gli dia la grazia di progredire nel suo servizio. Amen.
CAPITOLO 24 Prosegue nel racconto della fondazione di San Giuseppe del Carmine a Siviglia. 1. Ho detto che il padre maestro fra Girolamo Graziano venne a trovarmi a Beas. Prima dallora non ci eravamo mai visti, anche se io lo avessi molto desiderato; avevamo avuto solo
qualche scambio epistolare. Quando seppi del suo arrivo me ne rallegrai moltissimo, perch il bene che mi avevano detto di lui mi faceva desiderare di conoscerlo; ma molto pi mi rallegrai quando cominciai a trattarlo: mi piacque tanto infatti da farmi ritenere che quanti me lo avevano lodato non lo avessero apprezzato abbastanza. 2. Quando venne, ero molto afflitta, ma, appena lo vidi, mi parve che il Signore mi mettesse davanti agli occhi il bene che per mezzo suo ci sarebbe venuto. Mi sentivo in quei giorni cos piena di consolazione e di gioia, che io stessa restavo sinceramente stupita di me. In quel momento la sua autorit era ancora limitata allAndalusia, ma mentre era a Beas il Nunzio lo mand a chiamare e gliela affid anche sugli scalzi e le scalze della provincia di Castiglia. Era tale la felicit di cui mi sentivo inondare il cuore che non finivo mai, in quei giorni, di rendere grazie a nostro Signore, n avrei voluto far altro. 3. Intanto arriv lautorizzazione per la fondazione di Caravaca, ma di un tenore diverso da quello che doveva servire al mio scopo. Pertanto fu necessario mandarla di nuovo alla Corte, perch scrissi alle fondatrici che in nessun modo si sarebbe fatta la fondazione se non si esigeva una condizione che mancava. Dunque, si doveva tornare alla Corte. A me riusciva gravosa quella lunga attesa a Beas. Avrei voluto ritornare in Castiglia, ma siccome si trovava l il padre fra Girolamo che, essendo commissario di tutta la provincia di Castiglia, era anche superiore di Beas, non potevo fare nulla senza la sua approvazione: perci gliene parlai. 4. Gli parve che, una volta partita io, la fondazione di Caravaca non si sarebbe pi fatta. Inoltre gli sembrava che farne una a Siviglia sarebbe stato rendere un grande servizio a Dio, ed era cosa assai facile, essendone stato richiesto da alcune persone influenti e abbastanza ricche da offrire subito una casa. Larcivescovo di Siviglia, poi, favoriva tanto lOrdine che egli era convinto di rendergli, con questiniziativa, un gran piacere. Si convenne dunque che la priora e le religiose che avevo con me per la fondazione di Caravaca venissero destinate a Siviglia. Io, sebbene per vari motivi mi fossi sempre energicamente rifiutata di fondare monasteri riformati in Andalusia (quando partii per Beas, se avessi saputo che apparteneva alla provincia dellAndalusia, non vi sarei andata in alcun modo; mi trasse in inganno il fatto che il borgo non fa ancora parte dellAndalusia, il cui confine credo sia quattro o cinque leghe dopo, ma la provincia s), vedendo che era tale la decisione del mio superiore, mi arresi subito. Nostro Signore, infatti, mi d la grazia di ritenere che i superiori vedano sempre giusto. E cos fu in questa circostanza, pur avendo il fermo proposito di attendere a unaltra fondazione e vari motivi ben gravi per non andare a Siviglia. 5. Ebbero subito inizio i preparativi del viaggio, perch il caldo cominciava ad essere intenso. Il padre commissario apostolico Graziano and dal Nunzio, che laveva chiamato, e noi a Siviglia, con i miei buoni compagni di viaggio, il padre Giuliano dAvila, Antonio Gaytn e un frate scalzo. Andavamo in carri ben coperti, essendo questo, sempre, il nostro modo di viaggiare. Arrivate alla locanda, prendevamo una stanza buona o cattiva, come si trovava e una consorella riceveva alla porta ci di cui avevamo bisogno, essendo vietato laccesso in quella stanza anche a coloro che ci accompagnavano. 6. Per quanto ci affrettassimo, non arrivammo a Siviglia che il gioved precedente alla festa della Santissima Trinit, dopo aver sofferto nel viaggio un caldo tremendo. Difatti, anche se sinterrompeva il cammino durante la siesta, vi assicuro, sorelle, che avendo il sole dardeggiato in pieno sui carri, rientrare in essi era come entrare in una specie di purgatorio. Le mie consorelle, per, ora pensando allinferno, ora considerando di fare e di patire qualcosa per Dio, viaggiavano piene di gioia e dallegria. Le sei religiose che venivano con me erano infatti tali anime che io credo che con loro avrei avuto il coraggio di andare anche in terra di Turchi: non sarebbe loro mancata la forza di patire per nostro Signore, o, meglio, glielavrebbe data lui, poich a questo erano rivolti i loro desideri e i loro discorsi, ben esercitate comerano sia allorazione sia alla mortificazione. Dovendo rimanere in una regione cos lontana, cercai di sceglierle fra quelle che mi sembravano pi adatte, precauzione necessaria, con tutte le sofferenze che si dovettero sopportare. Di alcune e le pi gravi non parler, perch potrebbero compromettere qualche persona. 7. La vigilia della Pentecoste, Dio le sottopose a una ben dura prova, mandandomi una fortissima febbre. Credo che le loro pietose voci di supplica a Dio bastarono ad evitare che il male aumentasse, perch mai, nella mia vita, sono stata colpita da una febbre cos violenta, senza che durasse ben pi a lungo. Fu tale che sembrava che fossi caduta in letargo, tanto ero fuori dei sensi. Esse mi spruzzavano acqua sul viso, ma il sole la rendeva cos calda che offriva poco refrigerio.
8. Non tralascer di dirvi il cattivo alloggio che incontrammo in quella circostanza. Ci fu data una piccola camera, sotto un tetto di tegole, senza assito. Non aveva finestre, e se si apriva la porta, il sole la inondava tutta. Dovete considerare che da quelle parti il sole non come in Castiglia, ma molto pi molesto. Mi fecero coricare su un letto tale che avrei preferito sdraiarmi per terra, perch era tanto alto da una parte e tanto basso dallaltra, che non sapevo come starci: mi sembrava fatto di pietre aguzze. Cos mai la malattia! Quando c la salute, per lo meno, tutto si sopporta facilmente. In conclusione, ritenni preferibile alzarmi e andarmene da l con le mie compagne, perch mi sembrava pi tollerabile il sole della campagna che il caldo di quello stanzino. 9. Che sar degli infelici condannati allinferno, che eternamente non potranno cambiar luogo! Un cambiamento, anche se si passa da una sofferenza a unaltra, sembra sempre essere di un qualche sollievo. A me accaduto di avere un dolore assai forte in una parte del corpo, e bench poi venissi attaccata da un altro non meno forte in unaltra parte, il cambiamento mi sembrava un sollievo. Cos avvenne in questa circostanza. Per quanto mi ricordi, a me non dava alcuna pena vedermi malata; le consorelle ne soffrivano pi di me. Piacque al Signore che il male durasse solo quel giorno in tutta la sua violenza. 10. Poco prima forse due giorni prima ci era accaduto un altro incidente che ci procur una certa tensione, mentre attraversavamo su una chiatta il Guadalquivir. Quando si tratt del trasporto dei carri, non fu possibile farlo dovera teso il cavo, ma si dovette prendere la corrente di traverso, nonostante che il cavo, manovrato anchesso di traverso, ci desse un po daiuto. Ma, o perch quelli che lo tenevano se lo lasciarono sfuggire, o non so per quale altro motivo, avvenne che la chiatta andava col carro alla deriva senza cavo n remi. La vista del barcaiolo pieno daffanno mi affliggeva molto pi del pericolo che correvamo. Noi ci mettemmo a pregare, tutti gli altri a lanciare alte grida daiuto. 11. Da un castello vicino ci stava guardando un cavaliere il quale, mosso a compassione, ci invi prontamente soccorso. In quel momento non si era ancora abbandonato il cavo: i nostri compagni lo trattenevano aggrappandovisi con tutte le loro forze, ma la violenza della corrente era tale da trascinarli tutti e darne perfino stramazzare a terra qualcuno. In questa circostanza mi dest davvero profonda commozione un figlio del barcaiolo, che ho sempre presente alla memoria. Poteva avere, mi pare, dieci o undici anni, e quel che egli soffriva nel vedere il dolore del padre mi faceva render lode al Signore. Ma poich sempre Sua Maest alle sofferenze unisce la clemenza, ne diede prova anche qui. La chiatta and a fermarsi su un banco di sabbia, ove lacqua da una parte era abbastanza bassa, e cos fu possibile portarci aiuto. Ci saremmo trovati a mal partito nel rintracciare la strada, se luomo accorso dal castello non ci avesse fatto da guida. Non avevo intenzione di entrare in questi particolari, di cos poca importanza; avrei avuto molto da dire se avessi dovuto raccontare le disavventure dei miei viaggi. Mi sono dilungata di pi in questa perch me ne stata fatta insistente richiesta. 12. Assai pi penoso fu per me il contrattempo che avemmo lultimo giorno della Pentecoste. Ci affrettammo di buona lena per arrivare a Cordova la mattina presto e ascoltare la Messa senza che alcuno ci vedesse. Venivamo condotte ad una chiesa posta al di l del ponte per sicurezza di maggiore solitudine. Gi stavamo per attraversarlo, quando ci fu detto che non avevamo lautorizzazione per far passare di l i carri, autorizzazione che rilasciata dal governatore. Da allora a quando ci pervenne trascorsero pi di due ore, perch la gente era ancora a letto. Frattanto una quantit di persone si avvicinava per cercare di sapere chi fossero quei viaggiatori. Di questo non ci importava molto, perch non potevano vederci, essendo i carri ben coperti. Venuto ormai il permesso, ecco che i carri, risultando pi larghi della porta del ponte, non vi entravano. Fu necessario segarli, o non so a quale altro espediente ricorrere, perdendo cos altro tempo. Infine, quando giungemmo alla chiesa, dove il padre Giuliano dAvila doveva celebrare la Messa, la trovammo piena di gente, perch, essendo dedicata allo Spirito Santo ci che noi ignoravamo vera gran festa con un discorso. 13. A quella vista provai una grande pena; a mio parere era meglio andarcene senza ascoltare la Messa che entrare in quella baraonda. Il padre Giuliano dAvila non la pens allo stesso modo, e siccome egli teologo, dovemmo aderire al suo parere. Gli altri compagni, forse, avrebbero seguito il mio, e avremmo sbagliato in pieno. Tuttavia, non so se mi sarei fidata solo di me. Scendemmo vicino alla chiesa; anche se nessuno poteva vederci in viso, perch portiamo sempre grandi veli calati davanti, bastava la vista di tali veli, delle cappe
bianche di bigello, quali sono le nostre, dei nostri poveri sandali ai piedi per mettere in subbuglio tutti. E cos infatti fu. Grazie a quellapprensione, senza dubbio, mi and via del tutto la febbre, perch fu certamente grande per me e per tutti. 14. Appena entrammo nella chiesa mi si avvicin un uomo dabbene, per farci largo tra la gente. Lo supplicai di condurci in qualche cappella. Lo fece, ne chiuse lentrata e non ci lasci finch non ci ebbe ricondotte fuori della chiesa. Pochi giorni dopo venne a Siviglia e disse a un padre del nostro Ordine che in premi di quella sua buona opera egli pensava di aver avuto da Dio la grazia di ricevere in eredit o in dono una considerevole ricchezza, che non si aspettava davvero. Vi assicuro, figlie mie, che anche se ci vi sembrer nulla, fu per me uno dei peggiori momenti della mia vita, perch il subbuglio che faceva quella gente era tale che sembrava stessero per entrare i tori. Pertanto, non vedevo lora di lasciare quel luogo; non essendoci nei dintorni un angolo per passare la siesta, la trascorremmo sotto un ponte. 15. Giunte a Siviglia e preso alloggio in una casa che il padre fra Mariano, avvisato del nostro arrivo, aveva affittato per noi, mi pareva che ormai tutto fosse fatto, perch ripeto era grande il favore dato agli scalzi dallarcivescovo, il quale mi aveva scritto qualche volta dimostrandomi molto affetto. Questo non bast a risparmiarmi grandi sofferenze perch il Signore cos permetteva. Larcivescovo era molto contrario a monasteri di religiose senza rendite, e a ragione. Il male, o per meglio dire, il vantaggio per la riuscita di quellopera, fu non averlo avvisato. Se glielo avessero detto prima che io mi mettessi in viaggio, sono certa che non avrebbe dato il suo consenso. Ma sia il padre commissario sia il padre Mariano il quale era assai contento anche lui della mia venuta , essendo certissimi che con la sorpresa del mio arrivo gli avrebbero procurato una grandissima gioia, non lo avevano preavvisato. Se, pensando di far bene, avessero agito diversamente, avrebbero forse commesso ripeto un grande errore. Nelle fondazioni degli altri monasteri quello a cui anzitutto provvedevo era lautorizzazione dellOrdinario, come prescrive il sacro Concilio. Qui non solo la consideravamo per data, ma ripeto credevamo di rendere una grande servizio allarcivescovo, ci che in fondo era vero, come egli stesso ha poi costatato. Ma Dio ha voluto che nessuna fondazione si facesse senza che in un modo o in un altro io non dovessi molto soffrire. 16. Giunte dunque alla casa che, come ho detto, era stata affittata per noi, pensai di prenderne subito possesso, secondo il solito, per poter dire lUfficio divino. Senonch il padre Mariano, che risiedeva a Siviglia, cominci a trovare scuse per ritardare la fondazione. Egli, per non affliggermi, non voleva dirmi tutta la verit. Ma non essendo, le sue, ragioni plausibili, capii dove stava la difficolt: nella mancanza dautorizzazione. Egli mi consigli di accettare la fondazione di un monastero con rendita, o altra cosa del genere, di cui non mi ricordo. Infine, mi disse che larcivescovo non aveva piacere che si fondassero monasteri di monache con la sua autorizzazione, n, in tanti anni di episcopato a Siviglia e a Cordova, laveva mai concesso ad alcuno, bench gran servo di Dio. Molto meno si sarebbe i ndotto a concederla per un monastero senza rendite. 17. Questo era come dirmi di rinunziare al monastero, anzitutto perch, anche se avessi potuto fondarlo con rendite, lavrei fatto molto a malincuore in una citt come Siviglia: infatti, dove li avevo fondati con rendite era in piccole localit nelle quali o non si fanno fondazioni, o devono essere fatte cos, mancandovi qualunque risorsa. In secondo luogo perch dalle spese di viaggio ci era rimasta solo una blanca n avevamo portato altro con noi eccetto i vestiti che indossavamo, qualche tunica, qualche cuffia e la tela che era servita a coprire bene i carri. Per il ritorno di quelli che ci avevano accompagnato si dovette ricorrere a un prestito: ce lo fece un amico che Antonio Gaytn aveva a Siviglia; quanto al denaro che occorreva per sistemare la casa, lo cerc il padre Mariano. La casa, inoltre, non era nostra: la fondazione di un tale monastero era, quindi, impossibile. 18. Cedendo certamente alle vive insistenze di questo padre, larcivescovo ci permise di celebrare la Messa il giorno della Santissima Trinit, e fu la nostra prima Messa a Siviglia. Ci fece anche dire di non suonare campane e neppure di metterne, ma era cosa gi fatta. Trascorsi cos pi di quindici giorni in cui mi sentivo decisa, se non fosse stato per un riguardo verso il padre commissario e il padre Mariano, a tornarmene con le mie monache, senza grande rincrescimento, a Beas, per la fondazione di Caravaca. Molto pi ebbi a soffrire durante il protrarsi di questa situazione, che non so bene quanto dur, perch ho cattiva memoria, ma credo pi di un mese. Dopo, infatti, la partenza era ben pi difficile che nel primo momento, perch la notizia del monastero si era ormai divulgata. Il padre Mariano non
mi permise mai di scrivere allarcivescovo: cercava di addolcirlo a poco a poco e gli faceva inviare lettere da Madrid dal padre commissario. 19. Una cosa calmava i miei scrupoli: il fatto che la Messa si era celebrata con il suo permesso e che sempre, nel coro, recitavamo lUfficio divino. Non tralasciava di farmi avere visite da parte sua e i farmi sapere che egli sarebbe venuto presto di persona. Ci aveva mandato un sacerdote della sua curia a celebrare la prima Messa. Da ci capivo bene che quanto accadeva serviva evidentemente solo a procurarmi loccasione di soffrire. Io, poi, se soffrivo, non era per me n per le mie monache, ma per il padre commissario, il quale era molto addolorato, perch mi aveva ordinato quel viaggio. E lo sarebbe stato ben pi ancora, nel caso di un completo fallimento del nostro progetto, come tutto faceva prevedere. 20. Nel frattempo vennero da me anche i padri calzati per sapere attraverso quali vie si fosse fatta la fondazione. Mostrai loro le patenti, che avevo con me, del nostro reverendissimo padre generale. Questo bast a tranquillizzarli, ma se avessero saputo quale fosse latteggiamento dellarcivescovo, non credo che ci sarebbe stato sufficiente. Nessuno per ne era al corrente, anzi tutti credevano che la cosa fosse di suo assoluto piacere e gradimento. Finalmente piacque a Dio che larcivescovo venisse a vederci. Io gli mostrai quale torto ci arrecasse. Infine mi disse di fare quel che volessi e come volessi. Dallora in poi non ha cessato, in ogni occasione, di beneficiarci e favorirci.
CAPITOLO 25 Si continua a parlare della fondazione del glorioso San Giuseppe in Siviglia e di quanto si dovette soffrire per avere una casa propria. 1. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che in una citt cos fiorente come Siviglia, popolata di gente cos ricca, ci sarebbero state minori possibilit ai fini di una fondazione, che ovunque io fossi stata. Erano talmente pochi gli aiuti che, a volte, pensavo che non fosse conveniente fondare un monastero in quel luogo. Non so se dipendesse dallo stesso clima del paese, avendo sempre udito dire che i demoni l riescono meglio a operare le loro tentazioni, certamente perch Dio lo permette. Fatto sta che in questo paese io ne fui cos assillata che mai in vita mia mi sono sentita pi vile e pusillanime di allora, al punto da non riconoscermi io stessa. Anche se non perdevo la fiducia abituale in nostro Signore, la disposizione del mio spirito era cos diversa da quella che sono solita avere da quando mi occupo di queste cose, che capivo come Dio avesse ritirato un po da me la sua mano per lasciarmi a me stessa e farmi rendere conto che, se avevo coraggio, non veniva da me. 2. Rimasta dunque a Siviglia da quando ho detto fino a poco prima della quaresima, senza che si facesse parola dacquistare la casa, mancandoci sia il denaro sia qualcuno che garantisse per noi, come altrove (le aspiranti che avevano pi volte promesso al padre visitatore apostolico di entrare nel nostro Ordine e che lo avevano pregato di far venire l le monache, in seguito dovettero, probabilmente, avere limpressione che il rigore della Regola fosse eccessivo e che non avrebbero potuto sopportarlo, perch ne entr una sola di cui parler pi avanti), era ormai giunto il tempo in cui mi ordinarono di lasciare lAndalusia, dovendo badare ad altri affari da queste parti. A me dispiaceva molto lasciare le mie consorelle senza casa, pur rendendomi ben conto che la mia presenza l non serviva a nulla, non potendo disporre in tal luogo della grazia che il Signore mi fa qui, di avere qualcuno che aiuti queste opere. 3. Piacque a Dio che arrivasse allora dalle Indie uno dei miei fratelli che era stato l pi di trentaquattro anni, il cui nome Lorenzo de Cepeda. Affliggendosi ancor pi di me del fatto che le monache rimanessero senza una casa propria, ci fu di grande aiuto soprattutto nelladoperarsi a farci comprare quella in cui ora esse si trovano. Io allora rivolgevo gi vive istanze a nostro Signore, supplicandolo di non lasciarmi partire senza prima procurar loro una casa ed esortavo le consorelle a chiederlo tanto a lui, quanto al glorioso san Giuseppe. Inoltre facevamo molte processioni e preghiere a nostra Signora. Confidando in tutto questo e vedendo mio fratello deciso ad aiutarci, cominciai le trattative per lacquisto di alcune case. Ma, quando sembrava che si venisse ad un accordo, tutto andava allaria. 4. Mentre un giorno, stando in orazione, chiedevo a Dio, visto che si trattava delle sue spose
cos vivamente desiderose di compiacerlo, di dar loro una casa, mi disse: Vi ho gi esaudite, lascia fare a me. Rimasi piena di gioia, sembrandomi ormai di averla, e cos fu. Sua Maest cominci infatti con limpedirci di comprarne una che piaceva a tutti per la posizione in cui si trovava, ma era cos vecchia e in cos cattivo stato che non avremmo comprato altro allinfuori del posto per poco meno di quanto si pagata la casa che oggi abbiamo. Pur essendone gi stato convenuto lacquisto e mancando solo la stesura del contratto, non ero affatto contenta. Mi sembrava che ci non rispondesse alle ultime parole da me udite nellorazione perch, a quanto mi era parso, esse alludevano a una buona casa. Per grazia di Dio, colui che la vendeva, pur guadagnando molto in quellaffare, sollev qualche difficolt circa il tempo convenuto per la stesura del contratto. Potemmo cos, senza mancare da parte nostra di parola, rompere laccordo. Ci avvenne per la grande bont di nostro Signore, perch alle religiose di quella casa non sarebbe bastata la vita per vedere la fine dei lavori e avrebbero avuto grandi difficolt e pochi mezzi per venirne a capo. 5. Contribu molto a questa soluzione un buon servo di Dio che, quasi subito dopo il nostro arrivo, avendo saputo che eravamo senza Messa, veniva a celebrarcela tutti i giorni, nonostante la grande lontananza dalla sua casa e lenorme caldo. Si chiama Garcilvarez, persona molto dabbene e stimata nella citt per le buone opere che faceva, non occupandosi daltro. Se egli fosse stato ricco, non ci sarebbe mancato nulla. Conoscendo bene la casa, riteneva una vera pazzia pagarla cos cara, e ce lo ripeteva ogni giorno, si pu dire, finch ottenne che non se ne parlasse pi. Andarono, lui e mio fratello, a vedere quella dove stanno oggi le nostre consorelle. Tornarono cos entusiasti, e a ragione, che in due o tre giorni, con laiuto del Signore che ne voleva lacquisto, fu steso il contratto. 6. Ma il trasferirci in essa non ci cost poche difficolt, sia perch la persona che loccupava non voleva uscirne, sia perch i frati francescani, che abitavano l vicino, vennero subito a intimarci di non entrarvi in nessun modo. Se il contratto non fosse stato regolarmente stipulato, avrei ringraziato il Signore di poterlo annullare, perch ci vedemmo esposte al pericolo di dover pagare seimila ducati, cio il prezzo della casa, senza poterla abitare. La priora, peraltro, non era del mio parere e rendeva lode a Dio della mancata possibilit di rescindere il contratto. Sua Maest le dava certo maggior fede e coraggio che a me nei riguardi di quella casa, e ne deve avere cos per tutto il resto, essendo assai pi virtuosa di quanto non lo sia io. 7. Restammo pi di un mese con questa pena. Alla fine, piacque a Dio che la priora, io e altre due monache riuscissimo a trasferirci l di notte, perch i frati non se ne accorgessero fino alla presa di possesso, con molta paura. Quelli che ci accompagnavano dicevano che sembrava loro di veder frati in ogni ombra. Allo spuntar del giorno il buon Garcilvarez, che era venuto con noi, vi celebr la prima Messa. Cos la nostra paura scomparve. 8. Oh, Ges! Quante paure ho avuto in queste prese di possesso! Mi vien fatto di pensare che se si trema tanto, quando, lungi dal fare il male, ci si dedica al servizio di Dio, che sar delle persone che hanno di mira il male, essendo contro Dio e contro il prossimo? Non so che guadagno possano averne n che piacere trovarci con un tal contrappeso. 9. Mio fratello non era a Siviglia, essendosi rifugiato in un luogo santo, perch, nella fretta di stendere il contratto, era sfuggito un errore assai pregiudizievole per il monastero. Siccome egli garantiva per noi, volevano metterlo in prigione, senza poi dire che la sua qualit di straniero avrebbe potuto farci avere molte noie. Malgrado tutto, ne dovemmo subire parecchie, finch non diede una certa somma che serv di garanzia. Cos, la vendita and bene bench, per nostra maggiore sofferenza, per qualche tempo si dovesse far fronte a una causa. Restammo chiuse in alcune stanze a pianterreno, mentre mio fratello stava tutto il giorno con gli operai e provvedeva al nostro mantenimento gi da molto tempo: siccome non tutti sapevano che l vi fosse un monastero, per il fatto che stavamo in una casa privata, le elemosine erano poche. Lunica assistenza ci veniva da un santo vecchio, priore della Certosa de las Cuevas, gran servo di Dio. Originario di Avila, apparteneva alla famiglia dei Pantoja. Dio gli ispir cos vivo affetto per noi che da quando arrivammo sempre stato e credo che non cesser di esserlo finch avr vita il nostro benefattore in tutti i modi possibili. Siccome giusto che, leggendo questo scritto, raccomandiate a Dio, sorelle, coloro che ci hanno aiutato con tanta carit, siano vivi o morti, ne parlo qui. A questo santuomo dobbiamo molto. 10. Passammo cos pi di un mese, a quanto credo, perch in fatto di date ho una cattiva memoria, pertanto potrei sbagliare; dovete sempre ritenere approssimativa la mia
indicazione; il che, del resto, ha poca importanza. Per un mese dunque mio fratello si adoper molto ad adattare alcune stanze a cappella e a sistemare ogni cosa in modo che noi non dovevamo occuparci di nulla. 11. Finito tutto, avrei voluto che il santissimo Sacramento si ponesse nella cappella senza richiamare lattenzione, ripugnandomi molto contristare chiunque, quando possibile evitarlo. Pertanto lo dissi al padre Garcilvarez, ed egli ne parl con il padre priore de las Cuevas. Se si fosse trattato dei loro propri interessi, non ne avrebbero avuto maggior cura di quanta ne avevano per i nostri. A loro giudizio, perch il monastero godesse di notoriet in Siviglia, bisognava che la cerimonia avesse la dovuta solennit. Andarono, cos, a consultarsi con larcivescovo e decisero di comune accordo di portare al monastero da una parrocchia il santissimo Sacramento con grande solennit. Larcivescovo ordin che vi partecipasse il clero con varie confraternite e che si ornassero le strade. 12. Il buon Garcilvarez decor il nostro chiostro che come ho detto allora serviva da passaggio esterno, e la cappella con estrema cura; fece erigere bellissimi altari e ricorse a ingegnose invenzioni. Fra le altre sue trovate cera una fontana da cui sgorgava acqua di fiori darancio, senza che noi vi intervenissimo per nulla e neanche ne avessimo espresso il desiderio, anche se poi cispir molta devozione. Ci fu motivo di grande conforto lorganizzazione cos solenne della festa, con tale splendido addobbo delle strade, con tanta musica e tanti suonatori, che il santo priore de las Cuevas mi disse di non aver mai visto in Siviglia nulla di simile; da ci fu evidente che era opera di Dio. Egli, contrariamente alla sua abitudine, prese parte alla processione. Larcivescovo attese personalmente a collocare il santissimo Sacramento nel ciborio. Vedete con questo, figlie mie, quanto onore fu reso alle povere scalze, per le quali poco tempo prima sembrava che non ci fosse neanche lacqua, bench il fiume ne abbondi. Il concorso della gente fu enorme. 13. Accadde inoltre un fatto che, a detta di tutti quelli che vi assisterono, dest viva sorpresa. Si erano sparati una quantit di mortaretti con grandi razzi; finita la processione quasi al calar della notte, a qualcuno venne in mente di spararne ancora: non so come, prese fuoco un po di polvere e fu causa di enorme stupore che rimanesse illeso chi la portava. La fiamma sal fino alla parte alta del chiostro, i cui archi erano ricoperti di taffett. Tutti pensarono che la stoffa si fosse ridotta in cenere mentre non sub alcun danno, neppure minimo, bench fosse di color giallo e rosso acceso. E ci che ritengo ancor pi sbalorditivo che la pietra degli archi, sotto il taffett, rest nera a causa del fumo, mentre il taffett che la ricopriva fu immune da danni, come se il fuoco non lavesse sfiorato. 14. A questa vista tutti restarono sbigottiti e le monache ne resero lode a Dio perch non avevano di che pagare altro taffett. Il demonio doveva essere cos irritato di tutta quella solennit e cos deluso di vedere ormai fondata unaltra casa di Dio, che voleva in qualche modo vendicarsi. Ma Sua Maest non glielo permise. Sia egli benedetto per sempre! Amen.
CAPITOLO 26 Continua a parlare della fondazione del monastero di San Giuseppe nella citt di Siviglia. Dice alcune cose di grande rilievo riguardanti la prima religiosa che vi entr. 1. Potete ben immaginarvi, figlie mie, quale sia stata quel giorno la nostra gioia. Ero felice soprattutto di vedere che lasciavo le consorelle in una casa cos comoda e ben situata, che il monastero era conosciuto e che ospitava religiose fornite di dote con cui si poteva pagare, in gran parte, il prezzo della casa: per piccola che fosse stata la dote di quelle che ne avrebbero completato il numero, si sarebbe estinto il debito. Ma la mia gioia pi grande era il pensiero che, dopo aver tratto dei vantaggi dalle sofferenze di quella fondazione, me ne andavo nel momento in cui si poteva avere un po di riposo, perch questa festa ebbe luogo la domenica precedente alla Pentecoste dellanno 1576. Il luned successivo partii, visto che cominciava a esserci gi un gran caldo e che volevo evitare, possibilmente, di viaggiare durante quelle feste, per trascorrere a Malagn, ove avrei desiderato potermi fermare qualche giorno: per questo mi ero data gran fretta. 2. Dio non permise che ascoltassi nemmeno una sola volta la Messa nella nostra cappella. La
mia partenza raffredd molto lentusiasmo delle consorelle, le quali ne provarono vivo dolore, perch eravamo state insieme tutto quellanno e insieme avevamo sofferto tante tribolazioni di cui come ho detto tralascio le pi gravi. Esse furono tali che, escludendo la prima fondazione, quella di Avila che non trova confronti , nessuna, credo, mi costata tanto come questa, perch si tratt, per la maggior parte, di sofferenze interiori. Piaccia alla divina Maest di esservi sempre fedelmente servito! Se questo ne il risultato, come spero che sar, tutto il resto niente. Sua Maest infatti vi ha gi condotto anime di gran virt. Di quelle che avevo portato con me ne restarono cinque, dei cui meriti vi ho gi detto qualcosa, in verit la pi piccola parte di quel che ci sarebbe da dire. Ora voglio parlare della prima, perch sono sicura che vi far piacere ascoltarmi. 3. figlia di genitori religiosissimi; il padre originario della montagna. Ancora assai piccola, allincirca di sette anni, una zia laveva chiesta alla madre per tenerla con s, non avendo figli. Quando la ebbe nella sua casa, ove la colmava di attenzioni, dimostrandole cos lamore che era giusto nutrisse per lei, le tre donne di servizio di quella casa se ne adombrarono. Esse, prima dellarrivo della bambina, evidentemente avevano sperato di ereditare i beni della padrona. Ma era chiaro che ella, affezionandosi alla nipote, avrebbe nominato lei sua erede. Decisero di impedire tale pericolosa eventualit architettando una trama diabolica. Accusarono la bambina di voler uccidere la zia e di aver dato, a tal fine, non so quanti denari a una di esse perch le comprasse un po di sublimato corrosivo. Quando lo dissero alla zia, siccome tutte tre affermavano la stessa cosa, ella non esit a crederlo, e la madre della bambina, donna di grande virt, fece altrettanto. 4. And a prenderla e la ricondusse a casa, persuasa che venisse su con pessime inclinazioni. Beatriz de la Madre de Dios questo ora il suo nome mi raccontava di aver passato pi di un anno in cui ogni giorno la madre la picchiava violentemente, la torturava e la obbligava a dormire sulla nuda terra, per farle confessare la sua orribile colpa. Poich la fanciulla insisteva a dichiararsi innocente, affermando di non sapere neanche che cosa fosse il sublimato, la madre, vedendo che aveva il coraggio di persistere nel diniego, la giudic ancora pi perversa. Quella povera donna era desolata nel costatare la sua ostinazione, ritenendola ormai incorreggibile. Fu molto se, per sottrarsi a quei tormenti, la bambina non finisse per confessarsi colpevole. Ma, siccome era innocente, Dio le diede la forza di dire sempre la verit. Inoltre egli, che protegge chi innocente, mand a due di quelle donne un male cos orribile, che sembravano affette da rabbia. Esse allora fecero chiamare segretamente dalla zia la bambina e le chiesero perdono; infine, vedendosi in punto di morte, ritrattarono tutto; altrettanto fece la terza, morendo di parto. Cos tutte tre spirarono fra i tormenti, come punizione di quello che avevano fatto soffrire a uninnocente. 5. Questo io non lo so soltanto da lei, perch sua madre, dopo che la vide farsi suora, tormentata dal rimorso dei maltrattamenti a cui laveva sottoposta, me lo raccont con maggiori particolari relativi ai suoi molti martiri. Non avendo ella altri figli ed essendo cos buona cristiana, Dio permise che diventasse il carnefice della propria unica figlia, che pur amava moltissimo. una donna assai sincera e profondamente religiosa. 6. Quando la fanciulla ebbe poco pi di dodici anni, la lettura di un libro sulla vita di santAnna le ispir una grande devozione per i santi del Monte Carmelo, perch vi si dice come la madre di santAnna, che mi pare si chiamasse Emerenziana, andasse spesso a trovarli. Da ci prese tanta affezione a questOrdine di nostra Signora che, promettendo subito di entrarvi come religiosa, fece voto di castit. Appena poteva si ritirava gran tempo in solitudine e si dedicava allorazione. Durante questa, Dio e nostra Signora le concedevano grandi grazie particolari favori. Ella avrebbe voluto subito farsi suora, ma non osava decidersi a causa dei suoi genitori; n, daltronde, sapeva dove trovare lOrdine da lei desiderato. Ed cosa da notare che, essendoci in Siviglia un monastero carmelitano della Regola mitigata, ella non lo venisse mai a sapere, finch non ebbe notizia di questi nostri, cio molti anni dopo. 7. Giunta a unet in cui si poteva farla sposare, i suoi genitori predisposero per lei un progetto di matrimonio, bench fosse ancora molto giovane. Essi non avevano che quella figlia, perch tutti i suoi fratelli erano morti e non era rimasta che lei, la meno amata. Quando le accadde ci che ho detto aveva ancora un fratello il quale la difendeva, sostenendo che non bisognava credere a quellaccusa. Presi dunque ormai tutti gli accordi per il matrimonio, essendo i suoi genitori lontani dal pensare che ella avesse altre aspirazioni, quando glielo dissero rispose che aveva fatto voto di non sposarsi e che in nessun modo vi
avrebbe mancato, neppure se lavessero uccisa. 8. Fosse il demonio che li accecasse, o Dio che lo permettesse per fare di lei una martire, sta di fatto che essi attribuirono il rifiuto a qualche sua cattiva azione. Avendo, poi, gi data la loro parola, al pensiero delloffesa che si recava allaltro, le diedero uninfinit di percosse e le inflissero una quantit di supplizi, fino a farla pendere dallalto, tanto che fu un miracolo se non mor strangolata. Le salv la vita Dio, il quale la riservava a grandi cose. Ella mi ha raccontato che, tenendo presente quello che aveva sofferto santAgnese, il cui esempio le fu richiamato alla memoria dal Signore, godeva di patire qualcosa per lui e non cessava di fargliene offerta. Si pens che sarebbe morta, perch rimase tre mesi a letto senza potersi muovere. 9. incredibile che una ragazza che non si staccava mai dalla madre, il cui padre, come poi seppi, era tanto vigilante, potesse apparire ai loro occhi cos colpevole. Inoltre aveva sempre dimostrato dessere assai virtuosa, onesta e talmente caritatevole, che quanto poteva procurarsi era da lei destinato alle elemosine. Ma allorch nostro Signore vuol dare a qualcuno la grazia di soffrire, dispone di molti mezzi per farlo. Comunque, dopo alcuni anni, Dio volle che i genitori arrivassero a conoscere la virt della loro figlia, tanto da concederle quanto voleva per farne elemosine. Le persecuzioni si cambiarono in dimostrazioni di affetto, anche se a lei, per il vivo desiderio che aveva di essere religiosa, tutto ci riuscisse gravoso, ragion per cui era sempre crucciata e afflitta, comella stessa ebbe a dirmi. 10. Tredici o quattordici anni prima che il padre Graziano si recasse a Siviglia, quando ancora non cera idea l di carmelitani scalzi, accadde che, mentre ella stava con suo padre, sua madre e due vicine, entrasse da loro un frate del nostro Ordine vestito di bigello e a piedi nudi, come lo sono oggi i nostri padri. Dicono che avesse un aspetto fresco e venerabile, anche se era tanto vecchio che la sua lunga barba sembrava fatta di fili dargento. Si mise vicino a lei e cominci a dirle qualche parola in una lingua che non fu intesa n da lei n da nessuno. Finito di parlare, le fece tre volte il segno della croce, dicendole: Beatriz, Dio ti renda forte!. E se ne and. Finch rest l, nessuno si mosse, essendo tutti come sbigottiti. Il padre le domand chi fosse, mentre ella aveva creduto che si trattasse di una persona conosciuta da lui. Si alzarono subito per richiamarlo, ma non lo si vide pi. Beatriz ne rimase assai consolata; gli altri, invece, erano fuori di s dallo stupore, vedendo in ci qualcosa di soprannaturale; cos, come si detto, presero ormai a stimarla molto. Durante i lunghi anni trascorsi dopo tale avvenimento, credo quattordici, ella attese sempre a servire il Signore, supplicandolo di esaudire il suo desiderio. 11. Mentre lattesa le procurava gran pena, giunse l il padre maestro fra Girolamo Graziano. Un giorno che era andata in una chiesa [del convento] di Triana ove abitava suo padre, per ascoltare una predica, senza sapere chi fosse il predicatore, che era appunto il padre maestro Graziano, lo vide uscire per ricevere la benedizione. Non appena scorse il suo abito e i suoi piedi nudi, le venne subito in mente il vegliardo da lei visto, perch labito era lo stesso, anche se laspetto e let erano assai diversi, in quanto il padre Graziano non aveva ancora trentanni. Mi ha raccontato che, a causa della straordinaria gioia da cui fu presa, rimase come tramortita. Bench avesse sentito dire che in Triana era sorto un convento, non sapeva che fosse di quellOrdine. Da quel giorno in poi cerc subito di confessarsi dal padre Graziano, e anche questo Dio volle che le costasse molto, perch almeno dodici volte, se non pi, vi and senza la volesse confessare. Siccome era giovane e di bellaspetto non doveva avere allora neanche ventisette anni , egli si rifiutava dascoltarla: riservato com, rifuggiva dal trattare con tali persone. 12. Finalmente un giorno Beatriz, anchella molto riservata, mentre stava piangendo nella chiesa, si sent chiedere da una donna che cosa avesse. Le rispose che da tanto tempo cercava di parlare con quel padre che allora stava confessando, senza potervi riuscire. Quella, pertanto, la condusse da lui e lo preg di ascoltarla. In tal modo, Beatriz riusc a fargli la sua confessione generale. Egli, vedendo unanima cos ricca, ne prov grande consolazione e la confort a sua volta col dirle che probabilmente le carmelitane scalze sarebbero venute a Siviglia, e che egli si sarebbe adoperato perch laccogliessero subito fra loro. E fu cos: quello che anzitutto mi ordin, infatti, fu di ricevere lei prima dogni altra, perch era molto soddisfatto della sua anima, preavvisando poi lei del nostro arrivo. Ella prese tutte le precauzioni perch non ne venissero a conoscenza i suoi genitori, altrimenti non avrebbe avuto modo di entrare nel monastero. Pertanto il giorno della Santissima Trinit conged le donne di servizio che solevano accompagnarla (quando usciva per confessarsi sua madre non
andava con lei, essendo molto lontano il convento degli scalzi dovella si recava sempre per la confessione e dove faceva grandi elemosine anche a nome dei suoi genitori); si era messa daccordo con una gran serva di Dio che venisse a prenderla e disse alle sue accompagnatrici (essendo tale persone ben conosciuta in Siviglia per le sue virt e le sue buone opere) che ella le avrebbe raggiunte subito. Cos, la lasciarono andare. Prese quindi il suo abito e il suo mantello di rozzo panno; io non so come potesse muoversi con quel peso, ma la gioia che aveva le rendeva tutto facile. Temeva solo qualche eventuale impedimento, se si fosse capita la ragione di quel carico cos inconsueto, essendo solita uscire in ben altre condizioni. Che cosa non fa lamore di Dio! Ella ormai, lungi dal preoccuparsi dellonore del mondo, era in pensiero solo per il timore dessere ostacolata nel compimento dei suoi desideri. Le aprimmo subito la porta e io mandai immediatamente ad avvertire la madre. Giunse come fuori di s, ma poi disse di riconoscere la grazia che Dio faceva a sua figlia. E cos, sia pure a fatica, vi si rassegn, non abbandonandosi a quegli eccessi cui si lasciano andare altre madri, che non vogliono pi parlare alle figlie, ma rimanendo inalterata. Cominci anche lei a darci generose elemosine. 13. La sposa di Ges Cristo cominci allora a godere della felicit tanto a lungo desiderata. Era cos umile e disposta ad assumersi il carico di tutti i lavori, che bisognava faticare per toglierle di mano la scopa. Pur essendo abituata nella sua casa a ogni sorta di comodit, tutto il suo riposo era lavorare. La grande gioia che le inondava il cuore non tard a farla ingrassare notevolmente. I suoi genitori ne furono cos contenti, che ormai gioivano di vederla l. 14. Due o tre mesi prima della sua professione, affinch non godesse di tanto bene senza qualche patimento, ebbe fortissime tentazioni, non perch non volesse farla, ma perch le sembrava un impegno assai difficile. Dimentica ormai di tutti gli anni di sofferenze che le era costato il bene di cui si trovava in possesso, si sentiva cos tormentata dal demonio che non riusciva a difendersi. Ci nonostante, facendosi una gran forza, riport su di lui una tale vittoria che proprio in mezzo ai suoi tormenti prese tutti gli accordi relativi alla sua professione. Nostro Signore, il quale certamente non attendeva che questa prova della sua fermezza, tre giorni prima della professione, la visit consolandola in modo assai particolare e mise in fuga il demonio. Ne rest cos piena di gioia che in quei tre giorni sembrava fuori di s per la felicit, e ben a ragione, perch la grazia da lei ricevuta era stata assai grande. 15. Essendole morto il padre pochissimo tempo dopo il suo ingresso nel monastero, anche sua madre prese in esso labito, dando tutto quello che aveva. Ora madre e figlia, entrambe con grandissima gioia ed edificazione di tutte le religiose, attendono a servire colui che le ha favorite di cos straordinaria grazia. 16. Non era passato ancora un anno quando venne da noi unaltra ragazza, anche lei contro il volere dei suoi genitori. Cos il Signore va popolando questa sua casa di anime tanto desiderose di servirlo, che non pu esser loro dostacolo il rigore della Regola n della clausura. Sia egli per sempre benedetto e lodato! Amen.
CAPITOLO 27 In cui si tratta della fondazione del monastero di Caravaca, sotto il patronato del glorioso san Giuseppe. Vi si pose il santissimo Sacramento il 1 gennaio dellanno 1576. 1. Mentre ero a San Giuseppe di Avila, pronta a partire per la fondazione di Beas, di cui si parlato, e non mancava altro che preparare i carri che dovevano trasportarci, arriv un corriere personale inviato da una signora di Caravaca, chiamata donna Catalina: dopo aver ascoltato la predica di un padre della Compagnia di Ges, tre ragazze erano andate a casa sua, risolute a non uscirne finch non si fosse fondato un monastero nella loro citt. Evidentemente era una cosa gi convenuta con questa signora, avendole poi lei aiutate nella fondazione. Appartenevano alle pi distinte famiglie di Caravaca: il padre di una di esse era Rodrigo de Moya, gran servo di Dio e uomo di rara prudenza. Tutte tre avevano beni a sufficienza per aspirare a mettere in atto una tale iniziativa. Erano al corrente di quanto il Signore aveva fatto nella fondazione di questi nostri monasteri, perch le avevano informate
i padri della Compagnia di Ges, che hanno sempre favorito e aiutato la nostra opera. 2. Di fronte alla fervente aspirazione di quelle anime, che invocavano da cos lontano lOrdine di nostra Signora, mi sentii presa da devozione e animata dal desiderio di aiutare il loro lodevole intento. Saputo che Caravaca era vicina a Beas, aumentai il numero delle religiose che dovevano accompagnarmi con il proposito di recarmi l, appena fatta la fondazione di Beas, perch giudicando dalle lettere ricevute mi sembrava che sarebbe stato facile venire a un accordo. Ma, avendo il Signore deciso altrimenti, i miei disegni andarono in fumo. Come ho detto infatti nella fondazione di Siviglia, lautorizzazione del Consiglio degli Ordini era formulata in tal modo che, sebbene io fossi decisa a partire per Caravaca, dovetti rinunciarvi. 3. anche vero che, essendomi informata a Beas dove si trovasse questa citt ed avendo saputo che era assai fuori mano e che la strada per andare dalluna allaltra localit era cos cattiva che sarebbe stato ben gravoso recarvisi per far visita alla religiose, senza poi dire che i superiori ne sarebbero stati scontenti, avevo ben poca voglia dintraprendere quella fondazione. Ma, siccome avevo dato buone speranze, pregai il padre Giuliano dAvila e Antonio Gaytn di andar l a vedere come stessero le cose e, se lo ritenessero opportuno, di annullare le trattative. Essi trovarono che laffare si era molto raffreddato, non da parte delle aspiranti, ma di donna Catalina che ne era stata lanima, tenendo le giovani in unabitazione separata come fosse gi un ritiro. 4. Le postulanti, essendo irremovibili nel loro proposito, specialmente quelle due che sarebbero effettivamente diventate religiose, riuscirono a conquistarsi cos bene il favore del padre Giuliano dAvila e di Antonio Gaytn, che essi, prima di partire, stipularono il contratto e le lasciarono piene di gioia. A loro volta, i nostri coadiutori ritornarono cos soddisfatti, sia delle postulanti, sia del paese, che non finivano di dirlo, come anche non finivano di dire che le strade erano pessime. Io, vedendo che laffare era concluso e che lautorizzazione tardava a giungere, mandai di nuovo l il buon Antonio Gaytn, il quale per amor mio accettava volentieri qualsiasi fatica. Inoltre, tanto lui quanto il padre Giuliano avevano a cuore questa fondazione e, in verit, di essa si pu ringraziare loro, perch se non fossero andati l e non avessero sistemato tutto, io avrei messo ben poco. 5. Gli chiesi di far porre la ruota e le grate nella casa che doveva servire per la presa di possesso e in cui dovevano stare le monache fino a che si fosse trovata unabitazione conveniente. Cos egli si trattenne l molti giorni. Fu Rodrigo de Moya, che come ho detto era padre di una di queste ragazze, a cederci assai volentieri parte della sua casa. E per sistemare questa faccenda, ripeto, a Gaytn occorsero vari giorni. 6. Ottenuta lautorizzazione, mentre ero gi in partenza per Caravaca, seppi che, in base a quanto vi era scritto, la casa sarebbe stata alle dipendenze dei Commendatori, cui le monache dovevano obbedienza, condizione che non potevo accettare, trattandosi di un monastero di nostra Signora del Carmine. Fu necessario, pertanto, chiedere una nuova autorizzazione, altrimenti neanche questo monastero, come gi quello di Beas, si sarebbe fondato. Ma avendo scritto al re, lo stesso di ora, don Filippo, egli mi us la grande benevolenza di ordinare che mi si inviasse lautorizzazione nella forma desiderata. Disposto com a favorire i religiosi di cui conosce la fedelt alla loro professione, avendo conosciuto il genere di vita che si conduce in questi monasteri nei quali si osserva la Regola primitiva, non ci ha mai fatto mancare il suo appoggio. Per questo vi raccomando vivamente, figlie mie, di pregare sempre in particolare per lui, come ora facciamo. 7. Poich, dunque, bisognava chiedere una nuova autorizzazione, me ne andai alla volta di Siviglia per ordine del padre provinciale che, come ho detto, era allora, come anche ora, il maestro fra Girolamo Graziano della Madre di Dio. Pertanto quelle povere figlie rimasero chiuse fino al primo gennaio dellanno seguente, e il messaggio che mi avevano inviato ad Avila datava dal febbraio. Lautorizzazione arriv assai presto, ma siccome io ero cos lontana e impelagata in tante difficolt, non potevo occuparmene e ne avevo gran pena, perch mi scrivevano spesso con accenti di profondo dolore: non si poteva, quindi, lasciarle ancora in quella situazione. 8. Essendomi impossibile andare io personalmente, sia perch troppo lontana, sia perch la fondazione di cui mi occupavo non era ancora ultimata, il padre maestro fra Girolamo Graziano, il quale come si detto era visitatore apostolico, decise che le religiose destinate a quella fondazione, rimaste frattanto a San Giuseppe di Malagn, andassero l
anche senza di me. Provvidi a dar loro come priora una consorella della cui capacit di assolvere perfettamente questo compito avevo piena fiducia, perch era assai migliore di me. Cos partirono, fornite di tutto il necessario e accompagnate da due dei nostri padri scalzi, essendosene andati gi da vari giorni il padre Giuliano dAvila e Antonio Gaytn, che avevano fatto ritorno ai loro paesi; trovandosi essi cos lontani, non volli richiamarli, tanto pi che il tempo era pessimo, perch si era alla fine di dicembre. 9. Giunte l, furono ricevute con grande gioia dalla gente del luogo, specialmente dalle giovani che stavano rinchiuse. Il giorno del nome di Ges dellanno 1576 fu posto il santissimo Sacramento e il monastero fu fondato. Subito le due postulanti presero labito. La terza era molto affetta da malinconia: probabilmente le nuoceva la clausura; che mai avrebbe fatto sottoponendosi a una Regola di tanto rigore e di tanta penitenza come la nostra? Decise quindi di tornare a casa sua e vivere con una sorella. 10. Considerate ora, figlie mie, i giudizi di Dio e lobbli go che abbiamo di servirlo noi, a cui egli ha dato la grazia di perseverare fino alla professione e di restare per sempre nella sua casa come figlie della Vergine. Sua Maest si serv dei desideri e dei beni di questa giovane donna per la fondazione del monastero. E quando ella avrebbe dovuto godere di quello che aveva tanto desiderato, le manc il coraggio e soggiacque al suo malinconico umore, su cui spesso facciamo ricadere la colpa delle nostre imperfezioni e della nostra incostanza. 11. Piaccia a Sua Maest di concederci labbondanza della sua grazia, con la quale nulla potr sbarrarci la strada per impedirci di progredire sempre nel suo servizio, e accordare a tutte difesa e protezione, affinch non vada distrutta, per la nostra miseria, unopera che ha avuto inizi tanto felici, e per la quale egli ha voluto servirsi di donne cos miserabili come noi. Vi chiedo in suo nome, sorelle e figlie mie, di supplicarne sempre nostro Signore. Inoltre, ognuna di quelle che ci succederanno pensi che in lei comincia a rifiorire questa prima Regola dellOrdine della Vergine nostra Signora e che in nessun modo si deve permettere alcun rilassamento. Badate che le cose pi piccole aprono la porta a quelle assai grandi e che, insensibilmente, il mondo potrebbe farsi strada in voi. Ricordatevi a prezzo di quale povert e di quali difficolt si conseguito il bene di cui voi oggi godete in tutta pace; inoltre, se ci riflettete bene, vedrete che queste case, per la maggior parte, non sono state fondate dagli uomini, ma dalla mano potente di Dio, e che Sua Maest si compiace molto di far progredire sempre le sue opere, se non manchiamo di corrispondergli. Come pensate che una donna misera come me, soggetta ad altri, senza avere neanche un soldo n alcuno che la favorisse di qualche soccorso, potesse essere capace dintraprendere cose tanto difficili? Questo mio fratello che poi contribu alla fondazione di Siviglia e che possedeva qualcosa, ma soprattutto coraggio e cuore per darmi un po daiuto, allora stava nelle Indie. 12. Guardate, guardate, figlie mie, il segno della mano di Dio. non sar stato certo lesser io di sangue nobile a procurarmi questo onore. Sotto qualunque aspetto vogliate considerare la cosa, riconoscerete che opera sua. Non giusto, quindi, da parte nostra, menomarla in nulla, dovesse pur costarci la vita, lonore, il riposo, tanto pi che qui troviamo tutti i beni riuniti. La vita, infatti, vivere in modo da non temere la morte n qualunque evento del mondo, godere di questa continua allegria che ora in tutte voi, e di questa prosperit, a cui nessuna pari, che consiste nel non aver paura della povert, anzi, desiderarla. E c forse qualcosa a cui si possa paragonare la pace interiore ed esteriore che vi accompagna sempre? in vostro potere vivere e morire in essa, come vi dimostra la morte di quelle fra noi che abbiamo visto spirare nelle nostre case. Se infatti pregherete sempre Dio di far progredire questopera e diffiderete di voi stesse, egli non vi negher la sua misericordia. Se riporrete in lui la vostra fiducia e avrete un animo coraggioso perch Sua Maest ama proprio questo , non abbiate a temere che vi manchi alcunch. Non rifiutate mai di accogliere quelle che verranno a chiedervi di entrare fra voi qualora siate soddisfatte dei loro desideri e delle loro attitudini, e vediate che non vengono per sistemarsi, ma per servire Dio con maggior perfezione per il fatto che non posseggono beni di fortuna. Basta che siano ricche di virt, giacch Dio provveder per altra via a darvi il doppio di quello che con la loro dote avreste potuto procurarvi. 13. A questo riguardo ho molta esperienza. Sua Maest sa bene che da quanto posso ricordare non ho mai rifiutato di accogliere, per mancanza di dote, alcuna postulante che riguardo a tutto il resto mi lasciasse soddisfatta: ne fanno testimonianza le molte religiose che sono state ricevute solo per amor di Dio. E vi posso assicurare che, accogliendo chi portava molto al monastero, la mia gioia era assai inferiore a quella che provavo quando
accettavo postulanti unicamente per lamore di Dio. Anzi, le postulanti ricche mispiravano paura, mentre quelle povere mi allargavano il cuore e mi procuravano un tale piacere che piangevo di gioia. la pura verit. 14. Se, dunque, con questo modo dagire ci andata cos bene quando ancora dovevamo comprare le case e fare tutto il resto, ora che abbiamo dimore in cui vivere sicure, perch dovremmo comportarci diversamente? Credete a me, figlie mie: dove pensereste di guadagnare, perdereste. Quando le novizie hanno beni e sono libere da qualsiasi obbligo, invece di darli ad altri, che forse non ne hanno bisogno, giusto che ve li diano in elemosina, perch confesso che mi sembrerebbe una mancanza damore se non lo facessero. Ma abbiate sempre cura che chi entrer fra voi disponga di quanto possiede secondo quello che le consiglieranno uomini dotti come rispondente a maggior gloria di Dio: sarebbe infatti molto male pretendere beni da chiunque desse, senza aver di mira questo fine. Guadagniamo molto di pi dal fatto che ella compia il suo dovere verso Dio intendo dire con maggiore perfezione che da quanto ci pu portare in casa. Tutte noi, pertanto, non dobbiamo aspirare ad altro. Il Signore ci preservi da ambizioni diverse da quella di servire Sua Maest in tutto e per tutto! 15. Per quanto miserabile e dappoco, vi dir una cosa a onore e gloria di Dio, e per darvi la gioia di sapere in che modo si sono fatti questi monasteri: se, nelle trattative per le fondazioni o in ogni altra cosa che le riguardasse, avessi dovuto, per riuscirvi, deviare alquanto da questa purezza dintenzione, in nessun modo avrei voluto continuare. Difatti nulla ho compiuto ripeto, in tali fondazioni che mi paresse scostarsi, sia pure dun punto, dalla volont del Signore (seguendo i consigli dei miei confessori, i quali, come sapete, sono stati sempre, da quando mi occupo di queste cose, uomini assai dotti ed eccellenti servi di Dio), n per quel che ricordo ho mai pensato di comportarmi diversamente. 16. Pu darsi che minganni, che abbia commesso molti errori senza rendermene conto e che le mie imperfezioni siano innumerevoli. Lo sa nostro Signore, che il vero giudice; io dico quello che ho potuto capire da me. E, daltronde, so perfettamente che tali disposizioni non venivano da me, ma dal fatto che Dio voleva la realizzazione di questopera e, riguardandola come cosa sua, mi accordava il suo favore e mi elargiva tale grazia. Lo dico, figlie mie, nellintento di farvi conoscere quanto maggiori siano i vostri obblighi verso di lui e farvi sapere che finora questi monasteri sono stati fondati senza pregiudizio di alcuno. Sia benedetto colui che ha fatto tutto ci, suscitando la carit delle persone che ci hanno aiutato! Piaccia a Sua Maest proteggerci sempre e concederci la grazia di non mostrarci ingrate verso tanti favori ricevuti! Amen. * 17. Avete dunque visto, figlie mie, che abbiamo dovuto sopportare non poche fatiche, bench credo che quelle da me riferite siano il minor numero. Difatti, se avessi dovuto raccontarvele minutamente, avrei finito con lo stancarvi molto, raccontandovi, per esempio, le sofferenze sopportate nei viaggi a causa delle piogge, delle nevi, degli errori ditinerario e, soprattutto, spesso con laggiunta della mia assai malferma salute, che era un inconveniente continuo. Una volta fra le altre non so se lho gi detto , durante la prima giornata di viaggio da Malagn a Beas, avevo la febbre e tanti mali messi insieme, che, considerando il cammino che ancora ci restava da percorrere e lo stato in cui ero ridotta, mi ricordai del nostro padre Elia, quando fugg da Gezabele, e dissi: Signore, come potr avere la forza di sopportare tutto questo? Pensateci voi!. certo che Sua Maest, vedendo la mia debolezza, mi tolse di colpo la febbre e ogni altro dolore, tanto che, quando in seguito me ne resi conto, pensai che tale grazia fosse dovuta ai meriti di un sacerdote gran servo di Dio chera capitato l. E ci poteva ben essere. Fatto sta che i miei mali, interni ed esterni, sparirono dimprovviso. E quando mi sentivo bene in salute, sopportavo allegramente le fatiche fisiche. 18. Quanto poi a dover tollerare tanti diversi caratteri in ogni localit, non si durava poca fatica. E il lasciare le mie figlie e le mie sorelle per recarmi da una parte alla ltra, vi assicuro che, amandole come le amo, non stata piccola croce, specialmente quando pensavo di non doverle pi rivedere e assistevo alla loro angoscia e alle loro lacrime. Bench siano staccate da tutto il resto, il Signore non ha concesso loro la grazia di esserlo anche da me, forse per darmi motivo di maggior tormento, perch neanchio sono staccata da loro. Facevo tutti gli sforzi possibili per non darglielo a vedere e le rimproveravo. Ma serviva a poco, essendo grande lamore che nutrono per me, amore della cui sincerit hanno dato molte prove. 19. Sapete anche che le fondazioni, se in principio si sono fatte col permesso del nostro reverendissimo padre generale, in seguito sono state realizzate addirittura per suo espresso
ordine. Non solo, ma ad ogni nuova fondazione egli mi scriveva di provarne grandissima gioia; certo, il maggior conforto che avevo nelle mie tribolazioni era la sua soddisfazione. Mi sembrava, procurandogliela, di servire nostro Signore, in quanto era il mio superiore, ma, a prescindere da questo, io nutro per lui un grande affetto. Senonch, o perch piacesse a Sua Maest di darmi ormai un po di riposo, o perch il demonio fosse infastidito di vedere la fondazione di tante case in cui si serviva nostro Signore, mi fu ingiunto di por fine alle fondazioni. Si poi visto chiaramente che non fu una misura presa per volere del nostro padre generale, il quale pochi anni prima avendolo io supplicato di non ordinarmi pi altre fondazioni mi aveva scritto che si rifiutava di farlo, perch desiderava che le fondazioni fossero tante quanti i capelli della mia testa. Prima che lasciassi Siviglia, dunque, in seguito ad un Capitolo generale, in cui cera da pensare che si sarebbe considerato come unutile prestazione lincremento dato allOrdine, mi fu notificato un decreto emanato nel Definitorio che non solo mi proibiva di fare altre fondazioni, ma altres di uscire, sotto qualsiasi pretesto, dalla casa che avessi scelto come mia dimora. Era come impormi una specie di prigionia, perch non c nessuna religiosa che il provinciale non possa mandare da una parte allaltra, voglio dire da un monastero allaltro, per necessit tese al bene dellOrdine. Il peggio era che il nostro padre generale si mostrava inquieto con me ci mi affliggeva profondamente senza averne alcun motivo, ma solo dietro informazioni di persone faziose. Seppi, nello stesso tempo, dessere imputata di due colpe molto gravi. 20. Per farvi costatare, sorelle, la misericordia di nostro Signore e come Sua Maest non abbandoni chi desidera servirlo, vi dico che tale notizia non solo non mi rattrist, ma mi procur tanta gioia che ero fuori di me. Di conseguenza, non mi stupisco di quel che faceva il re Davide, precedendo larca del Signore, perch anchio non avrei voluto fare altro, essendo tale la mia felicit da non sapere come dissimularla. Ne ignoravo la ragione, in quanto nei riguardi di altre gravi mormorazioni e opposizioni cui ero stata fatta segno, non mi era mai accaduto nulla di simile. Eppure, almeno una delle due accuse che mi furono riferite era gravissima. Quanto al divieto di fare altre fondazioni, prescindendo dal dispiacere del reverendissimo padre generale, per me era un gran sollievo; desideravo spesso, infatti, poter finire i miei giorni in pace. Coloro che avevano preso tale provvedimento non immaginavano certo questo, ma credevano di avermi procurato il pi grande dispiacere del mondo. Pu anche darsi che avessero altre intenzioni e che fossero buone. 21. A volte mi davano anche gioia le grandi contrariet e le critiche che ci sono state nel corso di queste fondazioni, sia da parte di persone bene intenzionate sia da parte di persone mosse da fini ben diversi. Ma non ricordo daver mai sperimentato, in nessuna delle prove sostenute, una cos grande gioia come a causa di quel che ho detto. Eppure confesso che, in altro tempo, una sola delle tre gravi contrariet che mi colpirono tutte insieme mi sarebbe stata di grande afflizione. Credo che la ragione principale della mia gioia fosse il pensiero che, se le creature mi pagavano in quel modo, il Creatore doveva essere contento di me. Sono convinta infatti che singanna molto chi fa consistere la sua felicit nei beni della terra o nelle lodi degli uomini: oltre allo scarso guadagno che se ne trae, gli uomini sono oggi dun parere, domani dun altro, ossia essi si volgono assai presto a dir male di quello che prima hanno approvato. Siate benedetto, mio Dio e mio Signore, voi che siete eternamente immutabile! Amen. Chi vi servir fino in fondo vivr senza fine nella vostra eternit. 22. Come ho detto allinizio, ho cominciato a scrivere la storia di queste fondazioni per ordine del padre maestro Ripalda, della Compagnia di Ges, allora rettore del collegio di Salamanca e mio confessore. Ne scrissi alcune lanno 1573, mentre ero nel monastero del glorioso san Giuseppe di quella citt. Poi, a causa delle mie numerose occupazioni, avevo interrotto il lavoro e non intendevo continuarlo, sia perch, spostandomi in luoghi diversi, non mi confessavo pi da quel padre, sia inoltre per la gran fatica e le difficolt che mi costa questo scritto. Tuttavia, avendolo sempre fatto per obbedienza, ritengo bene impiegata la fatica. Mentre ero decisa a non proseguire in esso, il padre maestro Girolamo Graziano della Madre di Dio, attualmente commissario apostolico, mi ordin di portarlo a termine. E, nonostante le obiezioni che gli opponevo, poco rispettosa dellubbidienza, circa lo scarso tempo di cui disponevo e altre difficolt che mi vennero in mente, essendo ci per me una fatica gravosa, in aggiunta alle altre, mi conferm lordine di finire il libro, sia pure a poco a poco e come meglio potessi. 23. Gli ho ubbidito e accetter volentieri tutte le soppressioni che persone competenti riterranno opportune: tolgano pure quello che detto male; forse proprio quello che a me sembra il meglio, sar il peggio. Ho finito oggi, vigilia di santEugenio, 14 novembre 1576,
nel monastero di San Giuseppe di Toledo, dove ora mi trovo per ordine del padre commissario apostolico, il padre maestro fra Girolamo Graziano della Madre di Dio, superiore attuale degli scalzi e delle scalze della Regola primitiva, oltre ad essere visitatore dei carmelitani mitigati di Andalusia, a gloria e onore di nostro Signore Ges Cristo che regna e regner per sempre. Amen. 24. Chiedo, per amore di Dio, alle sorelle e ai fratelli che leggeranno questo libro, di raccomandarmi a nostro Signore, affinch abbia misericordia di me, mi liberi dalle pene del purgatorio e mi permetta di godere di lui in cielo, se avr meritato di starvi. Poich, me vivente, non lo dovrete vedere. Se, dopo la mia morte, si riterr opportuno farvelo leggere, mi sia di qualche profitto almeno allora la fatica sostenuta nel comporlo, e il gran desiderio che ho avuto, scrivendolo, di riuscire a dire qualcosa che vi sia di conforto.
CAPITOLO 28 La fondazione di Villanueva de la Jara. 1. Dopo la fondazione di Siviglia, si sospesero le fondazioni per pi di quattro anni. Ne fu causa il sorgere allimprovviso di grandi persecuzioni contro gli scalzi e le scalze. Sebbene ce ne fossero state molte altre, non erano giunte a questo estremo da far quasi naufragare tutto. Si vide bene allora, da una parte, quanto il demonio avesse in odio questa santa Riforma a cui nostro Signore aveva dato inizio, e dallaltra come fosse opera di Dio, perch continu a vivere. Gli scalzi, soprattutto i superiori, soffrirono moltissimi patimenti, per le gravi attestazioni e opposizioni di quasi tutti i padri calzati. 2. Questi diedero tali informazioni al nostro reverendissimo padre generale che, pur essendo egli un gran santo ed avendo dato proprio lui lautorizzazione per la fondazione di tutti i monasteri (eccetto il primo, San Giuseppe di Avila, che si era fondato con il permesso del Papa), ne rimase cos contrariato da adoperarsi con ogni sforzo a sopprimere gli scalzi. Con i monasteri delle religiose, invece, mantenne sempre buoni rapporti. Tuttavia, siccome io non condividevo il suo punto di vista, sindispose anche contro di me. E questa fu la pena pi grande che ho dovuto sopportare nel corso di tutte le fondazioni, anche se ne ho avute molte. Da una parte, cessare di cooperare allincremento di unopera con la quale io vedevo chiaramente che si serviva nostro Signore e si dava impulso al nostro Ordine, non mi era consentito dai grandi teologi che avevo per confessori e consiglieri; dallaltra, andare contro lesplicita volont del mio superiore era per me la morte, perch, oltre ai doveri che avevo verso di lui come tale, lo amavo assai teneramente, ed egli, certamente, ben lo meritava. Ma non avrei potuto contentarlo neppure volendolo, perch avevamo visitatori apostolici ai quali ero costretta a ubbidire. 3. Nel frattempo mor il Nunzio, uomo di grande santit, che favoriva molto la virt e stimava gli scalzi. Gli successe un altro che sembrava mandato da Dio per esercitarci nella pazienza. Era un po parente del Papa e doveva essere certo un buon servo di Dio. Subito prese molto a cuore la causa dei calzati e, in base alle informazioni che di noi essi gli diedero, si mantenne saldo nel proposito di impedire che la Riforma andasse avanti e cominci ad attuarlo con grandissimo rigore, condannando al carcere o allesilio coloro che gli sembrava potessero resistergli. 4. Quelli che soffrirono di pi furono il padre fra Antonio de Jess, che aveva fondato il primo convento di scalzi, e il padre fra Girolamo Graziano, che il nunzio precedente aveva nominato visitatore apostolico dei carmelitani calzati; contro di lui e contro il padre Mariano de San Benito si mostr assai indignato. Ho gi detto nelle fondazioni precedenti chi siano questi padri. Inflisse anche ad altri autorevoli religiosi penitenze, ma senza infierire. A questi tre viet con molte censure di occuparsi di qualsiasi cosa. 5. Era evidente che tutto ci accadeva per disposizione di Dio e che Sua Maest lo permetteva per un maggior bene e per far meglio conoscere la virt di questi padri, come effettivamente stato. Lo stesso nunzio fece visitare i nostri monasteri, tanto di religiose quanto di religiosi, da un superiore del Panno e, se le cose fossero state come egli pensava, ne avremmo avuto grossi guai. Comunque, non ce ne mancarono di gravissimi, come ne scriver meglio di me chi lo sa fare. Io non faccio che darne un cenno nel solo intento di
rendere evidente alle monache che verranno dopo di noi quanto siano obbligate a progredire nella perfezione, trovando gi belle pronto quello che costato cos caro alle religiose di ora. Alcune di esse hanno sofferto moltissimo in questo periodo, sotto limperversare di gravi calunnie, cosa che mi affliggeva molto pi delle mie sofferenze personali, le quali, anzi, mi erano motivo di grande gioia. Ritenevo dessere io la causa di tutta questa tempesta, e mi sembrava che sarebbe cessata se mi fossi gettata in mare come Giona. 6. Sia lodato Dio che difende la verit, come fece in questo caso! Quando, infatti, il nostro cattolico sovrano, don Filippo, seppe quel che accadeva, conoscendo la vita e losservanza religiosa degli scalzi, cominci a favorirci in modo tale che non volle lasciare il nunzio come solo giudice della nostra causa, e lo fece affiancare da quattro consiglieri, persone autorevoli, di cui tre religiosi, perch fossero salvaguardati i nostri diritti. Uno di essi era il padre maestro fra Pedro Fernndez, uomo di santa vita, oltre che di molta dottrina e intelligenza. Era stato commissario apostolico e visitatore dei calzati della provincia di Castiglia, e a lui anche gli scalzi avevano dovuto obbedienza. Conosceva quindi come vivessero realmente gli uni e gli altri: quanto tutti noi desideravamo non era altro se non che si sapesse questo. Cos, quando vidi che la scelta del re era caduta su di lui, ritenni conclusa la faccenda, come effettivamente lo per la misericordia di Dio. Piaccia a Sua Maest che sia a suo onore e gloria! Anche se erano molti i signori e i vescovi del regno a darsi premura dinformare il nunzio della verit della situazione, ci e il resto sarebbe giovato a poco se Dio non si fosse servito della mediazione del re. 7. Siamo pertanto tutte obbligate, sorelle, a raccomandare sempre nelle nostre orazioni al Signore sia lui, sia quanti hanno favorito la causa di Dio e della Vergine nostra Signora: torno, quindi, a farvene viva istanza. In conseguenza di ci che ho detto, potete immaginarvi, sorelle, quale fosse lopportunit di dedicarsi alle fondazioni. Tutte noi attendevamo senza tregua allorazione e alle penitenze, affinch Dio desse incremento ai monasteri esistenti, se doveva servirsi di essi a sua gloria. 8. Quandebbero inizio queste grandi tribolazioni (che, raccontate cos in breve vi sembreranno cosa da poco, ma sofferte a lungo furono di rilevante gravit), io ero a Toledo, ritornata l dalla fondazione di Siviglia. Nel 1576, un sacerdote di Villanueva de la Jara mi consegn alcune lettere delle autorit municipali di quella citt che volevano avviare trattative con me per la fondazione di un monastero. Mi pregava di accettare, in vista di esso, nove giovani donne che si erano riunite da alcuni anni in una piccola casa attigua a un romitorio di quel luogo, dedicato alla gloriosa santAnna, e vivevano l in tanto raccoglimento e in cos grande santit, da indurre tutto il villaggio ad assecondare il loro desiderio, che era quello di essere monache. Mi scrisse anche il parroco del luogo, il dottore Agustn de Ervas, uomo di grande dottrina e di molta virt, in forza della quale favoriva come meglio poteva questa santa opera. 9. A me parve che la proposta fosse assolutamente inaccettabile per le seguenti ragioni: la prima, il fatto che erano molte e mi sembrava assai difficile che, abituate al loro modo di vivere, potessero adattarsi al nostro; la seconda, perch non avevano quasi nulla per potersi mantenere, e il luogo ha solo poco pi di mille famiglie, il che ci avrebbe fornito scarso aiuto per vivere di elemosina: anche se il Comune si offriva di mantenerle, non credevo che ci sarebbe durato a lungo; la terza, perch non avevano casa; la quarta, perch il borgo era lontano dagli altri nostri monasteri; la quinta, perch, malgrado mi si dicesse che erano assai buone, non avendole viste, non potevo sapere se avessero le attitudini richieste per il nostro genere di vita; decisi, allora, di lasciar perdere tutto. 10. Prima di rifiutarmi, per, volli parlarne al mio confessore, che era il dottor Velzquez, canonico e professore a Toledo, uomo assai dotto e virtuoso, attualmente vescovo di Osma, e questo perch ho labitudine di non far mai nulla in base al mio criterio personale, ma di rimettermi sempre a quello di persone di tal merito. Appena vide le lettere e prese conoscenza della faccenda, mi consigli di non rifiutare e di rispondere benevolmente, perch se Dio riuniva tanti cuori a un sol fine, era chiaro che se ne sarebbe servito per la sua gloria. Allora mi regolai in questo modo: non accettai n rifiutai in maniera assoluta. Fra continue insistenze e interventi di persone intese a sollecitare la mia accettazione, trascorsero quattro anni, fino al 1580. Continuavo a ritenere sempre uninsensatezza aderire alla proposta, ma, rispondendo, non avevo la possibilit di opporre un reciso rifiuto. 11. Avvenne che il padre Antonio de Jess si recasse a trascorrere il suo esilio nel monastero di nostra Signora del Soccorso, distante tre leghe da Villanueva. Poich a volte andava a
predicare l, e lo stesso faceva anche il padre fra Gabriel de la Asuncin, priore del convento, uomo assai perspicace e gran servo di Dio, amici comerano entrambi del dottor Ervas, entrarono in contatto con le nostre sante sorelle. Conquistati dalle loro virt e indotti dal curato e dagli abitanti del borgo, fecero del progetto una faccenda personale e cominciarono ad inviarmi lettere per convincermi ad accettarlo. Inoltre, mentre stavo a San Giuseppe di Malagn, che dista pi di ventisei leghe da Villanueva, venne a parlarmi di ci lo stesso padre priore, informandomi di quel che si poteva fare con il permesso di Roma. Mi disse come, una volta fondato il monastero, il dottor Ervas effettivamente avrebbe dato trecento ducati di rendita su quella che aveva da un suo beneficio. 12. Questimpegno non mi parve cosa sicura, ritenendo che, fondato il monastero, si sarebbe trascurato di mantenerlo. Tale considerazione, unitamente alla consapevolezza del poco che quelle giovani avevano, era motivo sufficiente per impedirmi di accettare. Pertanto esposi al padre priore molte ragioni, a mio parere assai convincenti, per dimostrargli che la cosa non era fattibile e lo esortai a ripensarci insieme al padre Antonio, dicendogli che io lasciavo la questione a carico della loro coscienza, poich mi sembrava che le ragioni addotte dovessero bastare a non farne nulla. 13. Dopo la sua partenza, considerando quanto il progetto gli stesse a cuore, pensai che avrebbe cercato di convincere il maestro fra Angel de Salazar, attuale nostro superiore, ad accettare la fondazione. Mi affrettai a scrivergli, supplicandolo di non dare la sua autorizzazione e spiegandogliene i motivi. In base a quanto mi rispose, egli gi non aveva voluto concederla, visto che io non ero daccordo. 14. Trascorse circa un mese e mezzo, forse un po di pi. Quando ormai credevo daver scongiurato ogni rischio, mi fu inviato un messo con lettere dal Comune di Villanueva in cui la municipalit si obbligava a non far mancare alle religiose tutto quello che fosse stato necessario; il dottor Ervas simpegnava, da parte sua, a fare quanto si detto precedentemente; cerano anche lettere dei due reverendi padri che raccomandavano caldamente la cosa. Mi vidi in estremo imbarazzo, perch lammissione di tante consorelle mi faceva temere molto che, come suole accadere, esse si schierassero contro le religiose che avrei condotte l; inoltre, non mi sentivo sicura del loro mantenimento, visto che le offerte ricevute mancavano di sufficienti garanzie. Ho capito in seguito che le mie perplessit erano opera del demonio, il quale, proprio perch il Signore mincoraggiava, si adoperava a rendermi cos pusillanime che sembrava non avessi pi fiducia in Dio. Ma le preghiere di quelle anime benedette finirono con il prevalere. 15. Un giorno, dopo la comunione, mentre stavo raccomandando al Signore questa fondazione, come facevo spesso, perch ci che per linnanzi mi aveva indotto a dare una risposta favorevole era il timore di ostacolare il profitto di qualche anima in quanto il mio desiderio sempre di essere un mezzo per far lodare il Signore e accrescere il numero di coloro che lo servono , Sua Maest mi rimprover severamente, chiedendomi con quali tesori si erano eretti i monasteri fino allora fondati: non dovevo quindi esitare a permettere quella fondazione che avrebbe contribuito molto alla sua gloria e al bene delle anime. 16. Le parole di Dio hanno tale potere, che non solo penetrano lintelletto, ma gli danno luce per capire la verit, e dispongono la volont ad eseguire quel che dicono. Ci quanto allora mi accadde. Non solo accettai con gioia il progetto, ma mi parve una colpa aver esitato tanto, aggrappata fortemente a umane ragioni, io che avevo visto quanto al di sopra della ragione sono le cose straordinarie operate da Sua Maest in favore del nostro santo Ordine. 17. Decisa ormai ad accettare questa fondazione, mi sembr necessario accompagnare io stessa le monache che vi dovevano rimanere, per vari motivi che mi si presentarono alla mente, quantunque fisicamente mi riuscisse gravoso perch, giunta a Malagn assai sofferente, lo ero ancora. Ma, ritenendo che ci sarebbe stato a gloria di Dio, ne scrissi al nostro superiore, affinch mi ordinasse quello che ritenesse il meglio da farsi. Egli minvi lautorizzazione per la fondazione, con lordine di trovarmi l presente e di condurvi le religiose che volevo. La scelta mi dava molta preoccupazione, perch avrebbero dovuto vivere con quelle che gi erano sul posto. Raccomandando vivamente la cosa a nostro Signore, ne presi due dal monastero di San Giuseppe di Toledo, una delle quali doveva essere priora, e due da quello di Malagn, di cui una sarebbe stata vicepriora. Siccome si erano rivolte molte preghiere a Sua Maest, la scelta fu assai felice. Ci ebbe per me una grande importanza, pi del consueto, perch nelle fondazioni a cui diamo inizio noi sole, laccordo di tutte cosa facile.
18. Vennero a cercarci il padre fra Antonio de Jess e il padre fra Gabriel de la Asuncin. Avuto tutto il necessario dagli abitanti del villaggio, partimmo da Malagn il sabato precedente la Quaresima del 13 febbraio 1580. Piacque a Dio regalarci un tempo splendido e farmi sentire cos bene che mi sembrava di non essere mai stata ammalata. Ne ero stupita e consideravo la grande importanza di non badare alla nostra debolezza fisica n a qualunque altra difficolt ci si frapponga, quando si sa di servire il Signore, poich egli ha il potere di rendere forti i deboli e sani gli infermi. Qualora non lo faccia, il meglio per noi, ai fini della salvezza della nostra anima, soffrire e, fissi gli occhi al suo onore e alla sua gloria, dimenticare noi stessi. A cosa deve servire la vita e la salute se non a perderla al servizio di un cos grande Re e Signore? Credetemi, sorelle, non potrete mai sbagliare, seguendo questa strada. 19. Vi confesso che spesso la mia meschinit e la mia debolezza mi hanno fatto temere e dubitare, ma non ricordo una sola volta, da quando il Signore mi ha dato labito di carmelitana scalza e anche da qualche anno prima, che non mi abbia fatto la grazia, unicamente per la sua misericordia, di vincere queste tentazioni e gettarmi a occhi chiusi in quello che ritenevo sua maggior gloria, quali ne fossero le difficolt. Capisco bene che era poco quanto facevo da parte mia, ma Dio non vuole altro da noi che una ferma risoluzione per fare poi da parte sua tutto il resto. Sia egli per sempre benedetto e lodato! Amen. 20. Dovevamo recarci al monastero di Nostra Signora del Soccorso che, come si detto, dista tre leghe da Villanueva, e fermarci l per avvertire del nostro arrivo. Era questo laccordo stabilito dai padri che ci accompagnavano, ed era giusto che obbedissi loro in tutto. Il convento si trova in un deserto che offre una solitudine assai piacevole. Non appena vi fummo vicini, i frati vennero molto ordinatamente a ricevere il loro priore. Nel vederli scalzi, con le loro povere cappe di bigello, ci sentimmo tutte prese da devozione. Io ne rimasi profondamente commossa, parendomi di essere ai tempi felici dei nostri santi Padri. Sembravano, in quel campo, bianchi e profumati fiori. E credo che tali siano innanzi a Dio perch, a mio parere, l egli servito con gran fervore. Entrarono in chiesa cantando il Te Deum con voci piene dumilt. Lingresso della chiesa sottoterra. Sembra una grotta, che ci faceva pensare a quella del nostro padre Elia. Non c dubbio che provassi cos grande gioia interiore, che avrei dato per ben impiegato un viaggio ancora pi lungo. Ebbi per gran dolore che fosse gi morta la santa di cui nostro Signore si era servito per fondare quella casa. Non meritava, evidentemente, di vederla, bench lo avesse tanto desiderato. 21. Non sar inutile, credo, dire qui qualcosa della vita e delle vie per le quali nostro Signore volle che si fondasse l questo monastero che stato di tanto profitto, per quanto ho saputo, alle anime di quei dintorni. Voglio anche che, vedendo le penitenze di questa santa, vi rendiate conto, sorelle mie, di quanto noi le restiamo indietro e vi sforziate di servire maggiormente nostro Signore. Non c, infatti, ragione di essere da meno di lei, noi che non discendiamo, come lei, da gente raffinata e nobile. Anche se questo non ha importanza lo dico per far vedere che aveva avuto una vita agiata, quale richiedeva il suo stato, discendendo dai duchi di Cardona; si chiamava, infatti, donna Catalina de Cardona. Dopo avermi scritto alcune volte, si firmava, per, solo la peccatrice. 22. Coloro che scriveranno la sua vita racconteranno quello cha ha fatto prima che il Signore le concedesse cos grandi favori, e si soffermeranno sui molti particolari che ci sono da dire di lei, ma nel caso che tale biografia non giunga a vostra conoscenza, riferir qui quello che mi hanno detto alcune persone degne di fede che hanno trattato con lei. 23. Questa santa, pur vivendo fra signore e signori di alto rango, aveva sempre molta cura della sua anima e praticava la penitenza. Il desiderio dei patimenti and man mano crescendo in lei al punto da sentire lispirazione a ritirarsi dove, in solitudine, potesse godere di Dio e sottoporsi a rigorose discipline, senza che alcuno glielo impedisse. Ne parl con i suoi confessori, ma essi non vi acconsentirono. Non mi meraviglio che la sua aspirazione sembrasse loro una follia, visto come il mondo sia oggi infatuato di prudenza, al punto da apparire quasi immemore delle straordinarie grazie accordate da Dio ai santi e alle sante che lo servirono nei deserti. Ma, poich Sua Maest aiuta sempre a mettere in pratica i desideri che vengono dal cuore, aiutandone lattuazione, fece in modo che ella si confessasse da un padre francescano chiamato fra Francisco de Torres, che conosco assai bene e che ritengo un santo. Questi gi da molti anni conduce una vita di penitenza e dorazione con grande zelo, fra molte persecuzioni. Conoscendo le grazie che Dio concede a chi si sforza di riceverle, disse a Catalina di non indugiare a seguire linvito che Sua Maest le rivolgeva. Non so se le
sue parole furono queste, ma da supporlo, perch subito ella attu il suo disegno. 24. Si confid con un eremita di Alcal e lo preg di accompagnarla, raccomandandogli, al tempo stesso, il pi assoluto segreto. Arrivati al luogo dove oggi sorge questo monastero, ella trov una piccola grotta in cui entrava a stento, e qui leremita la lasci. Ma quale doveva essere il suo amore, se non si preoccup minimamente sia di come sostentarsi, sia dei pericoli a cui si esponeva, sia della cattiva fama che la sua fuga le avrebbe probabilmente procurato! Quale ebbrezza doveva provare questa santa anima, immersa nel desiderio di godere del suo Sposo senza che alcuno le fosse di ostacolo! Comera ferma nel proposito di staccarsi totalmente dal mondo, se fuggiva cos da tutti i suoi piaceri! 25. Meditiamo bene, sorelle, su questo esempio e consideriamo come dun colpo ella abbia riportato una completa vittoria sulle cose terrene perch, pur non essendo da meno quello che voi fate entrando in questo santo Ordine, offrendo a Dio la vostra volont e professando una perpetua clausura, io non so se in qualcuna di noi i fervori dei primi tempi non vengano a cessare, e se non torniamo, su certi punti, a essere schiave del nostro amor proprio. Piaccia alla divina Maest che ci non sia, ma che, avendo imitato questa santa nel fuggire il mondo, ne stiamo in modo assoluto lontane anche interiormente! 26. Ho sentito raccontare molte cose della rigorosa austerit della sua vita, e quanto se ne sa devessere il meno; avendo infatti trascorso tanti anni in quella solitudine, cos ardentemente desiderosa di penitenza, senza alcuno che ne moderasse gli eccessi, dovette certamente trattare il suo corpo in modo da far paura. Dir quello che hanno udito da lei stessa alcune persone, in particolare le nostre religiose di San Giuseppe di Toledo, dove ella si rec a visitarle e alle quali, come fossero sorelle, parl con tutta franchezza. Faceva lo stesso con altre persone, perch dotata duna grande semplicit e, senza dubbio, di altrettanta umilt. Essendo perfettamente consapevole di non aver nulla di suo, era ben lontana da ogni forma di vanagloria. Si compiaceva di manifestare le grazie che Dio le faceva, affinch a motivo di esse fosse lodato e glorificato il suo nome: cosa che, a coloro i quali non sono arrivati a questo grado di perfezione, sembra pericolosa o, per lo meno, una lode di se stessi. Ma la sua modestia e la sua semplicit probabilmente la preservavano da un siffatto giudizio, perch non ho mai sentito incolparla di questo. 27. Raccont dunque di essere stata in quella grotta otto anni, nutrendosi per giorni e giorni di sole radici e derbe di campo. Finiti infatti i tre pani che le aveva lasciato leremita che laveva accompagnata, non si cib pi di tale alimento, fino a quando non pass di l un pastorello. Egli la provvide, a partire da allora, di pane e farina con cui faceva certe piccole focacce cotte al fuoco. Questo era tutto il suo nutrimento: non aveva altro. Se ne cibava ogni tre giorni. cosa assai certa, di cui anche i frati del convento possono rendere testimonianza. Questi, pi tardi, quandera gi assai indebolita, a volte le facevano mangiare una sardina o qualche altra cosa era lepoca in cui si occupava della fondazione del monastero , ma ne aveva pi danno che vantaggio. Vino, che io sappia, non ne bevve mai. Le discipline a cui si sottoponeva e per le quali si serviva di una grande catena, duravano spesso due ore o, quanto meno, unora e mezzo. I suoi cilici erano di cos grande asperit, che una donna la quale, reduce da un pellegrinaggio, si era fermata a dormire una notte con lei, mi raccont che, fingendo di essere addormentata, laveva vista toglierseli pieni di sangue e pulirli. Il peggio era, per, quello che doveva soffrire a quanto ebbe a dire alle nostre consorelle da parte dei demoni, i quali le apparivano a volte sotto laspetto di grossi cani che lassalivano alle spalle, altre volte sotto quello di serpenti. Ma non ne aveva paura. 28. Anche dopo la fondazione del monastero continuava a ritirarsi nella sua grotta e l stava e dormiva, non uscendo da essa se non per recarsi allUfficio divino. Prima della fondazione, andava a Messa in un convento dei Mercedari, che dista un quarto di lega da quel luogo, talvolta percorrendo le strade in ginocchio. Il suo abito era di panno grezzo, con sopra una tunica di bigello, tutto fatto in modo che veniva presa per un uomo. Dopo gli anni trascorsi qui in completa solitudine, il Signore volle che si divulgasse la fama delle sue virt e cominci ad essere oggetto di tanta venerazione che non poteva difendersi dallafflusso della gente. Parlava a tutti con grande carit e benevolenza. Pi tempo passava e maggiore era il concorso del popolo: chi riusciva a parlarle si riteneva non poco fortunato. Ella ne era assai stanca e diceva che la facevano morire. Accadeva a volte che quasi tutta la campagna intorno fosse piena di carri. Quando i religiosi si stabilirono l, non trovarono nulla di meglio da fare che sollevarla in alto perch potesse benedire la folla, e questo era lunico modo di liberarla da quella ressa. Trascorsi otto anni di permanenza nella grotta gi un po ingrandita
per opera dei suoi visitatori, fu colta da una cos grave malattia che credette di morire, ma non per questo abbandon la grotta. 29. Cominci ad avere il desiderio di far sorgere l un convento di frati; indecisa, per, sulla scelta dellOrdine a cui affidarlo, lasci cos passare qualche tempo. Un giorno, mentre pregava davanti ad un crocifisso che portava sempre con s, nostro Signore le mostr una cappa bianca ed ella cap che doveva essere di carmelitani scalzi. Fino a quel momento non aveva mai saputo che al mondo esistesse questo Ordine, perch allora di esso non cerano che due conventi, quello di Mancera e quello di Pastrana. Dopo ci, dovette probabilmente prenderne informazioni. Conosciuta lesistenza del monastero di Pastrana, dove aveva avuto in passato molta amicizia con la principessa di Eboli, moglie del principe Ruy Gmez da cui dipendeva Pastrana, si rec in questo borgo, per trovare il modo di provvedere alla fondazione del monastero da lei tanto desiderato. 30. L, nella chiesa del convento, intitolato a san Pietro, prese labito di nostra Signora. Non aveva alcuna intenzione di abbracciare la vita religiosa, n di emettere i voti, non essendo stata mai propensa a questo stato, condotta comera dal Signore per altro cammino. Temeva che, entrando in un Ordine, avrebbe dovuto rinunziare, in virt dellobbedienza, ai suoi propositi di austerit e di solitudine. Ricevette, peraltro, labito di nostra Signora, alla presenza di tutti i frati. 31. Si trovava l anche il padre Mariano, di cui ho gi parlato in queste fondazioni. Questi mi ha raccontato che, durante la cerimonia, ebbe una sospensione o un rapimento che lo trasse completamente fuori dai sensi. In questo stato vide un gran numero di frati e di monache uccisi: alcuni decapitati, altri con le gambe e le braccia mozzate, come a significare il martirio da essi subito, almeno tale ne appariva il senso. E questo padre non uomo da raccontare una cosa che non abbia visto, n il suo spirito abituato a sospensioni di tal genere, perch Dio non lo conduce per questo cammino. Pregate Dio, sorelle, che ci si avveri e che possiamo meritare di conoscere ai nostri giorni un cos gran bene e far parte del numero di tali religiosi. 32. Qui, da Pastrana, la santa Cardona cominci a cercare i mezzi per la fondazione del suo monastero e, a tal fine, torn alla Corte da cui era partita con tanta gioia. Ci dovette essere per lei un grande tormento, n le mancarono in gran numero mormorazioni e tribolazioni. Quando usciva di casa non riusciva a liberarsi dalla gente: questo, dovunque andasse. Alcuni le tagliavano brandelli dallabito, altri dalla cappa. Da l si rec a Toledo, dove alloggi presso le nostre religiose. Tutte mi hanno dichiarato concordemente che da lei emanava un cos penetrante odore di reliquie che perfino labito e la cintura, dopo che se li tolse, per sostituirli con altri, e le furono portati via, ne erano talmente impregnati da far rendere lode a Dio. E quanto pi lavvicinavano, tanto pi il profumo aumentava, pur essendo i suoi vestiti fatti di un tipo di stoffa che, col gran caldo di allora, avrebbero dovuto produrre leffetto contrario. So che esse sono incapaci di mentire. Ne rimasero, pertanto, tutte edificate. 33. Alla Corte e altrove ricevette doni sufficienti per poter fondare il suo monastero. Ottenuta lautorizzazione, la fondazione ebbe luogo. La chiesa fu costruita dove era la sua grotta, e a lei ne scavarono unaltra un po pi lontano in cui misero, in rilievo, un sepolcro con leffigie di Cristo morto. Trascorreva l la maggior parte del tempo, giorno e notte. Ma ci non dur a lungo, perch non sopravvisse che cinque anni e mezzo circa alla fondazione del monastero. Con la vita cos dura che conduceva, sembrava un miracolo anche il tempo che era vissuta. Se ben ricordo, la sua morte avvenne lanno 1577. Le furono resi onori funebri estremamente solenni per vivo interessamento di un cavaliere chiamato fra Juan de Len, il quale nutriva per lei una profonda venerazione. Riposa ora provvisoriamente in una cappella di nostra Signora, di cui era molto devota, in attesa che si costruisca una chiesa pi grande ove sia data alle sue sante spoglie degna sepoltura. 34. grande il fervore religioso a cui fatto segno questo monastero, in ricordo di lei. Si direbbe quasi che sia ancora presente l e nei dintorni, specialmente quando si ha dinanzi agli occhi quel romitaggio e quella grotta in cui visse. Mi stato assicurato che, prima di prendere la decisione di fondare il monastero, era cos stanca e afflitta di vedersi visitata da tanta gente, che voleva andarsene in un altro luogo dove nessuno la conoscesse. Aveva pertanto mandato a cercare leremita da cui era stata condotta l, perch laccompagnasse altrove, ma era morto. Nostro Signore, che voleva la fondazione in quel luogo di questo monastero consacrato a nostra Signora, non le diede la possibilit di allontanarsene; infatti sono convinta, come ho detto, che egli vi assai ben servito. I religiosi hanno in esso
unottima sistemazione ed evidente che sono felici di vivere separati dal resto degli uomini, specialmente il priore, chiamato anchegli da Dio a prendere il nostro abito da una vita assai comoda, e poi da lui ben ricompensato con ricchezze spirituali. 35. Egli fu pieno di carit verso di noi. Ci diede per la chiesa della nostra futura fondazione alcuni paramenti sacri della loro, che ne era ampiamente provvista essendo questa santa molto amata da un gran numero di persone ragguardevoli. Trassi motivo di grande consolazione dal mio soggiorno in quel luogo, anche se, al tempo stesso, ero piena di confusione, che mi dura tuttora. Pensando a colei che aveva praticato l cos aspra penitenza, costatavo che era una donna come me, anche pi delicata, dato il rango a cui apparteneva, e assai meno peccatrice non essendovi a questo riguardo nessun paragone possibile e che io avevo, ci malgrado, ricevuto ben maggiori grazie dogni genere da nostro Signore, fra le quali quella grandissima di non essere stata precipitata nellinferno, come meritavano i miei gravi peccati. Mi era di conforto solo il desiderio dimitare, se mi riusciva, il suo esempio, ma non era neanche un gran conforto, perch tutta la mia vita se n andata in desideri cui non sono seguite le opere. Mi sia daiuto la misericordia di Dio, in cui ho sempre confidato per i meriti del suo santissimo Figlio e della Vergine nostra Signora, di cui porto labito per la bont del Signore. 36. Un giorno, dopo essermi comunicata in quella santa chiesa, entrai in un profondo raccoglimento, accompagnato da una sospensione che mi trasse fuori dei sensi, nel corso della quale mi apparve questa santa donna in visione intellettuale, sotto forma di un corpo glorioso e circondato da angeli. Mi disse di non stancarmi di quanto facevo, ma di proseguire nella fondazione di questi monasteri. Intesi, bench non me lo dicesse, che ella mi aiutava presso Dio. Aggiunse anche unaltra cosa che non ha ragione dessere scritta qui. Ne rimasi assai consolata e con vivo desiderio di lavorare a questopera: spero nella bont del Signore che, con cos grande aiuto qual quello di tali preghiere, possa fare qualcosa in suo onore. Vedete, dunque, sorelle mie, come ebbero presto fine le sue sofferenze, mentre la gloria di cui gode sar eterna. Sforziamoci pertanto, per amore di nostro Signore, di seguire lesempio di questa nostra sorella. Se riusciremo ad avere in odio noi stesse come ella fece, daremo altrettanto rapido compimento alla nostra giornata, poich tutto si svolge e finisce cos presto quaggi! 37. Arrivammo a Villanueva de la Jara la prima domenica di quaresima dellanno 1580, vigilia della Cattedra di San Pietro, festa di san Barbaziano. Quel giorno stesso fu posto il santissimo Sacramento nella chiesa della gloriosa santAnna, allora della Messa solenne. Ci vennero incontro tutte le autorit municipali e alcune altre persone fra cui il dottor Ervas. Smontammo presso la chiesa parrocchiale, assai lontana da quella di santAnna. Era cos grande la gioia di tutto il borgo, che mi fu di grande consolazione vedere con quale gioia fosse accolto lOrdine della santissima Vergine nostra Signora. Udivamo da lontano il suono a festa delle campane. Appena fummo entrate in chiesa, intonarono il Te Deum la cui esecuzione era fatta a versi alterni dal coro dei cantori e dalle note dellorgano. Finito questo, il santissimo Sacramento fu posto in una portantina e la statua di nostra Signora in unaltra, con croci e stendardi. La processione cominci a svolgersi in grande solennit. Noi, con le nostre cappe bianche e i veli calati sul viso, eravamo al centro, vicino al santissimo Sacramento, e vicino a noi stavano i nostri frati scalzi, venuti in gran numero dal loro monastero. Cerano anche i francescani (poich a Villanueva si trova un loro convento), e infine un padre domenicano, di passaggio nel borgo; bench fosse solo, fui assai lieta di vedere in questoccasione labito del suo Ordine. Trattandosi di un lungo percorso, vi erano stati eretti molti altari, ove i partecipanti alla processione si fermavano di tanto in tanto, cantando strofe in onore del nostro Ordine. Eravamo tutte prese da grande devozione, come anche di veder innalzare da tutti lodi al gran Dio che portavamo con noi, per amore del quale si rendeva tanto onore a sette povere piccole scalze l presenti. Di fronte a un tale spettacolo era grande la mia confusione nel vedermi fra loro, convinta che se avessi dovuto esser trattata come meritavo, avrebbero dovuto voltarsi tutti contro di me. 38. Vi ho parlato cos a lungo dellonore reso allabito della Vergine affinch lodiate nostro Signore e lo supplichiate che si serva di questa fondazione a sua maggior gloria. Da parte mia, sono pi contenta quando essa comporta grandi difficolt e persecuzioni: allora mi pi gradito parlarvene. Vero che queste sorelle l presenti avevano sofferto per quasi sei anni, o almeno per pi di cinque e mezzo, prima del loro ingresso in questa casa della gloriosa santAnna. Non vi parlo della grande povert in cui erano e della fatica che costava loro procurarsi il cibo, non avendo mai voluto chiedere elemosine (questo, per non far pensare
che stessero l allo scopo di essere mantenute da quegli abitanti), n parlo delle grandi penitenze che facevano, sia nel digiunare molto e mangiar poco, sia nellaver letti molto scomodi e la casa piccolissima, cose tutte che erano assai penose per la stretta clausura da loro sempre osservata. 39. La pi grande sofferenza che mi dissero daver avuto veniva dal loro ardente desiderio di vedersi con il nostro abito: ne erano estremamente tormentate giorno e notte, temendo di non essere esaudite. Le loro lacrime e preghiere miravano ad ottenere da Dio questa grazia. Quando si accorgevano di qualche ostacolo, si affliggevano molto e aumentavano le penitenze. Si toglievano il pane di bocca per avere di che pagare, con quel che guadagnavano, i messi che mandavano a me, e per offrire qualche segno di gratitudine, come lo permetteva la loro povert, a quelli che avevano la possibilit di aiutarle almeno un po. Mi rendo ben conto, dopo averle trattate e aver visto la loro santit, che le loro preghiere e le loro lacrime hanno fatto s che lOrdine le abbia accettate. Mi sembrato pertanto ben pi gran tesoro la presenza in esso di tali anime che non ricche rendite, e spero che questo monastero abbia vita prospera. 40. Al nostro ingresso nella casa erano tutte riunite presso la porta interna, ognuna vestita a modo suo, cio comerano entrate, perch, sperando sempre di ricevere il nostro abito, non avevano mai voluto prendere quello di beate. Indossavano per un vestito dimesso, dal quale era evidente quanta poca cura avessero di s, malconce comerano e quasi tutte cos emaciate che il loro aspetto rivelava la vita di dura penitenza da esse condotta. 41. Ci ricevettero con grandi lacrime di gioia, e si ben visto come fossero sincere. La loro virt rifulge nella loro letizia, nella loro umilt, nella loro obbedienza alla priora. Non sanno, inoltre, cosa fare per compiacere ognuna delle religiose venute per la fondazione. Tutta la loro paura era che, alla vista della loro povert e della ristrettezza di quella casa, se ne fossero ripartite. Nessuna aveva avuto il comando sulle altre, ma, con grande spirito di fratellanza, ognuna lavorava quanto pi era possibile. Le due pi anziane trattavano gli affari, quando ce nera bisogno, le altre non parlavano n volevano parlare mai con nessuno. La porta fu sempre senza chiave, con solo un martello. Nessuno osava avvicinarsi ad essa; quando cera da rispondere, lo faceva la pi anziana. Dormivano pochissimo, per guadagnarsi da vivere senza trascurare lorazione, che le occupava molte ore: le feste, tutto il giorno. Come guida della loro condotta spirituale si servivano dei libri di fra Luis de Granada e di fra Pietro di Alcntara. 42. Passavano la maggior parte del tempo a recitare lUfficio divino, adoperandosi a farlo con quella scarsa pratica di lettura che avevano, perch una sola sa leggere bene, e con breviari discordanti; alcuni di antico rito romano li avevano avuti da certi preti che non se ne servivano pi, altri se li erano procurati come avevano potuto. E siccome non sapevano leggere, vi impegnavano molte ore, ma lo recitavano dove, da fuori, non potessero essere udite. Dio avr accettato la loro buona intenzione e i loro sforzi, perch di verit dovevano dirne ben poche. Quando il padre fra Antonio de Jess cominci a trattarle, fece s che non recitassero se non lUfficio di nostra Signora. Avevano un forno dove cuocevano il pane, e tutto era cos ben regolato come se ci fosse stata una superiora. 43. Io ne lodavo il Signore, e quanto pi le trattavo, tanto pi mi rallegravo dessere venuta. Credo che per quante tribolazioni avessi dovuto soffrire, non avrei lasciato di consolare queste anime. Quelle fra le mie compagne che sono rimaste con loro mi dicevano che l per l, i primi giorni, ne avevano avuto un po di contrariet, ma che da quando, in seguito, le avevano conosciute meglio e ne avevano visto la virt, erano felicissime di viverci insieme e le amavano molto. Grande la potenza della santit e della virt! pur vero che esse erano tali che, se anche avessero trovato molte difficolt e grandi prove, le avrebbero sopportate volentieri con laiuto del Signore, desiderando patire per amor suo. La consorella che non senta in s questo desiderio, non si ritenga per vera scalza, poich le nostre aspirazioni non devono essere indirizzate al riposo, ma alla sofferenza, se vogliamo imitare in qualche cosa il nostro vero Sposo. Piaccia a Sua Maest di darci la grazia di farlo! Amen. 44. Lorigine del romitorio di santAnna fu questo: viveva qui, nel borgo di Villanueva de la Jara, un sacerdote nativo di Zamora, che era stato frate di nostra Signora del Carmine. Si chiamava Diego de Guadalajara ed era devoto della gloriosa santAnna. Aveva pertanto fatto costruire accanto alla sua casa questo romitorio che gli permetteva di ascoltare la Messa. Spinto dalla sua grande devozione, era andato a Roma riportandone una Bolla con molte indulgenze per questa chiesa o, meglio, per il romitorio. Era un uomo virtuoso e desideroso
di vivere ritirato. Prima di morire aveva disposto nel testamento che questa casa e tutto quello che aveva servisse a un monastero di religiosi di Nostra Signora del Carmine. Se ci non si fosse fatto, doveva restarne erede un cappellano che era tenuto a celebrarvi qualche Messa ogni settimana. Nel caso in cui si fosse costruito un monastero, tale obbligo sarebbe cessato. 45. Il romitorio rimase, cos, servito da un cappellano per pi di venti anni, durante i quali i beni diminuirono di molto. Queste giovani, al loro ingresso l, non ebbero che la casa. Il cappellano stava in unaltra della stessa cappellania, che ora lascer con tutto il resto: si tratta di ben poco, ma la misericordia di Dio cos grande, che non mancher di favorire la casa della sua ava gloriosa. Piaccia a Sua Maest di esservi sempre servito, e tutele creature lo lodino in eterno! Amen.
CAPITOLO 29 Vi si tratta della fondazione in Palencia del monastero di San Giuseppe di nostra Signora della Strada, il giorno della festa del re Davide del 1580. 1. Al ritorno dalla fondazione di Villanueva de la Jara, il nostro Superiore mi ordin di recarmi a Valladolid, su richiesta del vescovo di Palencia, don Alvaro de Mendoza, il quale aveva accettato e protetto il nostro primo monastero di San Giuseppe di Avila, e sempre favorisce quanto riguarda lOrdine riformato. Lasciato il vescovado di Avila e trasferitosi a Palencia, nostro Signore gli aveva ispirato il desiderio di fondare l un altro monastero del nostro santo Ordine. Giunta a Valladolid, fui colpita da una malattia cos grave che pensarono che io morissi. Mi rimase una tale svogliatezza e una cos assoluta convinzione di non essere pi buona a nulla che, nonostante le insistenze della nostra priora di Valladolid, la quale desiderava molto questa fondazione, non riuscivo a prendere la risoluzione di farla n vedevo su quale fondamento si potesse fare, perch il monastero doveva essere senza rendite e mi dicevano che non avrebbe potuto mantenersi, essendo la citt assai povera. 2. Da pi di un anno si parlava di questa e della fondazione di Burgos e mai mi ero sentita cos contraria come allora. Vi scorgevo molti inconvenienti, pur essendo andata a Valladolid solo a questo scopo. Non so se ci dipendesse dalla grave malattia avuta e dalla debolezza che mi era rimasta, o se il demonio volesse impedire il bene che ne seguito. certo che mi causa di stupore e afflizione il vedere quanto la povera anima partecipi alle infermit del corpo, e molte volte me ne lamento con nostro Signore. Si direbbe che essa debba obbedire alle sue leggi, tanti sono i bisogni e le necessit che il corpo le oppone. 3. Mi sembra che una delle pi grandi angosce e miserie di questa vita sia che lo spirito manchi della forza necessaria per avere il sopravvento sul corpo. Infatti, se avere malattie e patire forti dolori certamente gravoso, quando lanima mantiene il suo vigore ritengo che non sia nulla perch, considerando che ci viene da Dio, essa ne trae motivo per lodarlo. Ma, patire da una parte e restare inerti dallaltra una cosa terribile, specialmente per unanima che ha nutrito ardenti desideri di non avere alcun riposo interiore ed esteriore, e dedicarsi tutta al servizio del suo gran Dio. In questo caso non v altro rimedio che la pazienza, la consapevolezza della propria miseria e labbandono alla volont di Dio, affinch si serva di noi in tutto ci che vuole e come vuole. Io mi trovavo allora in tale stato. Bench gi convalescente, ero cos stremata da aver perduto anche quella fiducia che sono solita ricevere da Dio quando si tratta di dare inizio a una fondazione. Tutto mi sembrava impossibile. Se allora avessi trovato una persona capace dincoraggiarmi, ne avrei avuto un gran vantaggio, mentre gli uni aumentavano i miei timori, e la debole speranza che gli altri mi offrivano non bastava a vincere la mia pusillanimit. 4. Capit l un padre della Compagnia, chiamato il maestro Ripalda, gran servo di Dio, dal quale un tempo mi ero confessata. Lo misi al corrente della mia situazione e lo pregai di espormi il suo parere, dichiarandogli che desideravo mi tenesse le veci di Dio. Egli cominci a farmi molto coraggio, assicurandomi che quella pusillanimit era un effetto della vecchiaia. Ma vedevo bene che non si trattava di questo; ora, infatti, sono pi vecchia e non mi sento in quello stato. Anchegli probabilmente lo sapeva, ma lo diceva nellintento di mortificarmi e impedirmi di farne risalire la causa a Dio. Per la fondazione di Palencia, come per quella di
Burgos, a cui dovevo contemporaneamente provvedere, non avevo alcuna risorsa, ma non era questo a rendermi esitante, perch sono solita cominciare con meno ancora. Il maestro Ripalda mi esort dunque a non abbandonare in nessun modo limpresa. Lo stesso aveva detto poco prima a Toledo un provinciale della Compagnia, che si chiama Baltasar Alvarez. Ma allora io stavo bene. 5. Ora, invece, tale esortazione non bast a farmi decidere, anche se era molto opportuna: non riuscii a superare del tutto la mia esitazione, inceppata comero o dal demonio o come ho detto dalla malattia. Tuttavia, mi sentii pi disposta. La priora di Valladolid, che aveva molto a cuore la fondazione di Palencia, mi spronava quanto poteva; ma, vedendomi cos fiacca, temeva anche lei che non mi decidessi a farla. Venga, dunque, ora a rianimarmi il vero fervore, poich gli uomini e gli stessi servi di Dio non bastano a darlo! Si vedr cos che spesso non sono io ad agire in queste fondazioni, ma colui che pu tutto. 6. Un giorno, mentre, dopo la comunione, ero in questi dubbi e in procinto di rinunziare a qualunque fondazione, supplicai nostro Signore di darmi luce per adempiere in tutto la sua volont, giacch il mio scarso zelo non era mai tale da raffreddare, anche minimamente, questo desiderio. Il Signore allora mi disse, a mo di rimprovero: Di che temi? Quand chio ti sono mancato? Io sono oggi quello che sono sempre stato; non lasciar di fare queste due fondazioni. Oh, gran Dio! Come sono diverse le vostre parole da quelle degli uomini! In virt di esse rimasi cos piena di coraggio e di decisione, che il mondo intero non sarebbe riuscito a frappormi ostacoli. Cominciai subito ad occuparmi della fondazione e nostro Signore, da parte sua, cominci a darmi i mezzi per attuarla. 7. Presi con me due monache la cui dote doveva servirmi per lacquisto della casa. Ormai avevano un bel dirmi che a Palencia non si poteva vivere delemosina; era come se non mi dicessero nulla. Vedevo bene che allora non si poteva pensare a provvederla di rendite, ma, poich Sua Maest mi ordinava di fondare il monastero, certo, avrebbe provveduto alle sue necessit. Pertanto, bench non fossi del tutto ristabilita, mi decisi a partire, nonostante i rigori della stagione; lasciai, infatti, Valladolid il giorno degli Innocenti del 1580, come ho detto prima, perch dal principio dellanno seguente fino a San Giovanni un cavaliere del luogo ci aveva ceduto una casa da lui presa in affitto e poi lasciata per andare a vivere altrove. 8. Scrissi in proposito a un canonico di quella citt. Non lo conoscevo, ma un suo amico mi aveva detto che era un gran servo di Dio. Dallora in poi fui convinta che vi avrebbe molto aiutate, perch il Signore stesso, come si visto nelle altre fondazioni, sceglie in ogni luogo chi possa dare aiuto ad esse, conoscendo il poco di cui io sono capace. Mandai dunque a pregare quel canonico di farmi sgombrare la casa con la maggior segretezza possibile vi stava ancora infatti un inquilino e di non dire quale dovesse esserne luso. Ritenevo sempre pi sicuro che della cosa non trapelasse notizia, nonostante la favorevole disposizione di alcune persone ragguardevoli, soprattutto del vescovo. 9. Il Canonico Reinoso (questo era il nome del sacerdote al quale avevo scritto) fece tutto cos bene che non solo ottenne lo sgombro della casa, ma la provvide di letti e di molte altre comodit, dimostrandosi pieno di attenzioni. E ne avevamo bisogno, perch faceva un gran freddo e il giorno prima era stato di enorme fatica per noi, a causa di una nebbia cos fitta che cimpediva quasi di vederci. Ci nonostante, ci concedemmo ben poco riposo, finch non fu preparato il posto dove il giorno seguente si potesse celebrare la Messa prima che nessuno sapesse del nostro arrivo. Infatti, ho sperimentato che questo il metodo migliore nelle fondazioni di cui parlo perch, se ognuno comincia a dire la sua, il demonio sconvolge ogni cosa e, pur non potendo riuscire a nulla, crea inquietudine. Si fece dunque cos. Lindomani mattina, quasi sul far del giorno, celebr la Messa un sacerdote, gran servo di Dio, di nome Porras, che ci aveva accompagnato insieme con Agustn de Victoria, un altro amico delle religiose di Valladolid. Questultimo mi aveva prestato del denaro per sistemare la casa e mi aveva assistito durante il viaggio con ogni sorta di attenzioni. 10. Eravamo, me compresa, cinque religiose, pi una suora che mi accompagnava da un po di tempo; una conversa, ma cos gran serva di Dio e cos prudente che pu essermi pi utile di altre religiose coriste. Quella notte dormimmo ben poco, anche se come ho detto il viaggio era stato assai faticoso per le piogge cadute in continuazione. 11. Fui molto felice che si desse inizio alla fondazione nel giorno in cui si recitava lUfficio del re Davide, del quale io sono devota. Subito, la stessa mattina, feci avvisare lillustrissimo
vescovo, il quale ignorava la data del mio arrivo. Egli venne immediatamente sul posto, animato da quella grande carit che ha sempre avuto nei nostri riguardi. Ci promise di darci tutto il pane di cui avessimo bisogno e ordin al vicario episcopale di provvederci di molte cose. Il nostro Ordine gli deve molto: chiunque legger queste fondazioni ha lobbligo di raccomandarlo, vivo o morto, a nostro Signore. Lo chiedo in nome della carit. La gioia dimostrata dallintera citt fu cos grande e cos generale da apparire del tutto straordinaria, perch non ci fu nessuno che disapprovasse liniziativa. Vi contribu molto il sapere che la fondazione era voluta dal vescovo per il quale tutti nutrono un grande amore. Del resto, questa gente ha la migliore indole e la pi grande elevatezza di sentimenti che abbia mai visto. Mi rallegro pertanto ogni giorno di pi daver fondato un monastero in quella citt. 12. Siccome la casa non ci apparteneva, subito iniziammo le trattative per comprarne unaltra, perch la nostra, pur essendo in vendita, era assai malo situata. Con laiuto della dote di quelle religiose che erano destinate alla fondazione di Palencia, mi sembrava che si potesse farne il tentativo. Anche se ci di cui disponevamo era poco, per quel luogo era molto. Per, se Dio non ci avesse dato i buoni amici che ci diede, tutto sarebbe stato vano. Il buon canonico Reinoso ci condusse un altro amico suo, che era il canonico Salinas, uomo di grande carit e intelligenza. Entrambi presero a cuore i nostri interessi come se si fosse trattato di cosa propria; anzi, pi ancora, credo non abbiano mai cessato di avere per quel monastero ogni cura. 13. Vi in Palencia una casa, oggetto di particolare devozione, dedicata a nostra Signora, una specie di romitorio, intitolato a Nostra Signora della Strada. Vi accorre molta gente dalla citt e dai dintorni, piena di venerazione. Sua signoria, come tutti, ritenne che saremmo state bene vicino a quella chiesa. Non aveva annessa una casa, ma ce nerano due l nei pressi che, unite alla chiesa, ci sarebbero bastate. La chiesa ci doveva essere ceduta dal Capitolo e da una confraternita a cui apparteneva. Cominciammo allora le pratiche per ottenerne la propriet. Il Capitolo ce ne fece subito dono; quanto alla confraternita, sebbene i suoi membri ci avessero dato non poco filo da torcere perch riuscissimo a convincerli, fin col cedere; come ho detto, gli abitanti di Palencia sono fra i pi ricchi di virt chio abbia mai visto. 14. Quando i proprietari delle due case seppero che intendevamo comprarle, cominciarono, com facile capire, ad alzarne il prezzo. Volli andare a vederle e ne ebbi una cos cattiva impressione io e le altre con cui ero , che in nessun modo avrei voluto acquistarle. Si poi costatato chiaramente che in questo aveva gran parte il demonio, spiacente come era che noi andassimo l. Ai due canonici che trattavano laffare esse sembravano troppo lontane dalla cattedrale; il che vero, ma, daltra parte, si trovavano nel quartiere pi popoloso della citt. Infine, fummo tutti daccordo che quella residenza non ci conveniva e che bisognava cercarne unaltra. I due canonici vi si adoperarono con tanta cura e diligenza che mi facevano lodare di ci il Signore: non tralasciavano di visitare tutte le case che sembravano adatte al nostro scopo, finch ne trovarono una di loro gusto, appartenente a un certo Tamayo. Aveva varie stanze disposte in modo particolarmente adatto a noi. Era vicina a quella di un illustre cavaliere chiamato Suero de Vega, nostro grande benefattore, il quale desiderava ardentemente, con altre persone del quartiere, che andassimo a stare l. 15. Questa casa per non ci bastava e, bench ce ne offrissero, insieme, unaltra, la sua disposizione non era tale da offrire la possibilit, unendola alla prima, di sistemarci convenientemente. Tuttavia, per le informazioni che me ne davano, io desideravo acquistarla, ma quei signori non vollero far nulla senza che prima non lavessi vista. A me rincresce tanto uscire fra la gente e avevo cos gran fiducia in loro, che non cera modo dindurmi a farlo. Alla fine vi andai, e visitai anche le case di Nostra Signora, pur senza avere lintenzione di acquistarle ma solo perch laltro proprietario non credesse che lunica soluzione ci fosse offerta da lui. Ripeto che sia a me sia alle religiose che mi accompagnavano, esse fecero una cos cattiva impressione, che oggi ci meravigliamo di come ci siano potute apparire tanto sgradevoli. In tale disposizione danimo ci recammo a visitare laltra, ormai decise a non comprare che quella. Pur trovando in essa grandi inconvenienti, ci passammo sopra, bench fosse assai difficile potervi rimediare in quanto, per fare una cappella e anche modesta dovevamo privarci della parte migliore da destinare a uso di abitazione. 16. davvero strano partire da preconcetti: tuttavia lesperienza mi serv a non fidarmi di me stessa, anche se allora non ero la sola a ingannarmi. In conclusione, ce ne tornammo ben decise ad acquistare quella casa e nessunaltra, a pagare il prezzo richiesto dal
proprietario che era molto e a scrivergli, perch non stava in citt, ma poco lontano. 17. Sembrer forse inopportuno che mi sia indugiata tanto a parlare dellacquisto della casa, finch non si vedr il fine che si proponeva il demonio distogliendoci dallandare in quella di Nostra Signora; ogni volta che ci penso, ne provo spavento. 18. Quando ormai come ho detto eravamo tutti decisi a non comprarne altra, il giorno dopo, durante la Messa, mi venne un gran timore di sbagliare, accompagnato da uninquietudine che non mi diede quasi alcuna possibilit di raccogliermi durante tutta la Messa. Andai a ricevere il santissimo Sacramento e, appena fatta la comunione, udii le seguenti parole, che mi fecero decidere fermamente a lasciare la casa che avevo fissata e a prendere quella di Nostra Signora: Questa ti conviene. Pensai subito alla difficolt che avrei incontrato nel desistere da un affare le cui trattative erano gi inoltrate e la conclusione cos vivamente desiderata da coloro che vi si erano adoperati con tanto zelo. Il Signore riprese: Essi non sanno quanto io sia offeso in quel luogo. Il monastero vi porr efficace rimedio. Mi venne in mente che potesse essere un inganno, sebbene non ci fosse ragione di crederlo, riconoscendo io bene , dagli effetti operati in me, che si trattava dello spirito di Dio. Aggiunse allora subito: Sono io. 19. Rimasi pertanto del tutto tranquilla e libera dal turbamento avuto prima, anche se non sapevo a quale rimedio appigliarmi per annullare il gi fatto e ritrattare tutto il male che avevo detto di quella casa, specialmente alle mie consorelle, con le quali avevo rincarato la dose delle critiche, dichiarando loro che mi compiacevo di non aver voluto che vi fossimo andate senza vederla. vero che di questo non mimportava molto, sapendo che esse avrebbero approvato ogni mia decisione; mi preoccupavo degli altri, i quali desideravano quellacquisto; visto che cambiavo cos facilmente parere, mi avrebbero certo giudicata volubile e leggera, difetti che detesto moltissimo. Tutti questi pensieri, peraltro, non facevano vacillare n poco n molto la mia decisione di andare nella casa di Nostra Signora, dei cui disagi gi non mi ricordavo pi. Se la presenza delle nostre religiose poteva evitare anche un solo peccato veniale, tutto il resto non aveva alcuna importanza. Credo che chiunque di loro, se avesse saputo quello che sapevo io, sarebbe stata dello stesso parere. 20. Ricorsi a questo mezzo: io mi confessavo allora dal canonico Reinoso, uno dei due sacerdoti che mi aiutavano. Fino a quel momento non gli avevo mai parlato delle grazie soprannaturali di cui ero favorita, non essendosi presentata loccasione che lo rendesse necessario. Siccome in casi di questo genere sono solita, per maggiore sicurezza, seguire il consiglio del confessore, decisi di parlargliene in grande segreto. Peraltro non mi sentivo disposta a lasciare di fare ci che mi era stato detto senza che, dovendolo fare, ci non mi procurasse grande afflizione. Ma avrei seguito ugualmente la decisione del padre, nella speranza che nostro Signore, come gi altre volte, avrebbe fatto cambiar parere al confessore affinch, quantunque fosse inizialmente di opinione diversa, mi consigliasse conformemente ai suoi desideri. 21. Gli dissi anzitutto quante volte nostro Signore si degnasse darmi le sue istruzioni in questo modo e che da molti effetti fino allora costatati si era potuto vedere che si trattava del suo spirito. Gli raccontai quindi quanto avveniva, aggiungendo che avrei fatto quello che a lui sembrasse opportuno, quandanche dovesse riuscirmi penoso. Egli molto saggio, oltre ad essere un grande santo, e, bench giovane, capace di consigliare bene in qualunque circostanza: pur rendendosi conto che un tale cambiamento avrebbe attirato lattenzione della gente, non volle impedirmi di fare ci che mi era stato detto. Io gli proposi di aspettare il ritorno del messo ed egli fu daccordo. Da parte mia speravo che Dio avrebbe rimosso ogni difficolt. E fu cos perch il padrone della casa, bench gli avessimo dato tutto quello che voleva e che aveva chiesto, avanz la pretesa di altri trecento ducati; ci appariva pazzesco, perch gliela si pagava gi troppo. Vedemmo in questo contrattempo la mano di Dio in quanto, avendo egli interesse a vendere ed essendosi gi convenuto il prezzo, aumentarlo era cosa assurda. 22. Fu per noi un ottimo pretesto per rimediare alla situazione: gli dicemmo infatti che con lui non si sarebbe fatto pi nulla. Tuttavia ci non serviva a giustificarci completamente perch, per trecento ducati, era chiaro che non avremmo dovuto rinunziare a una casa che sembrava adatta a un monastero. Dissi al mio confessore di non preoccuparsi della mia reputazione, visto che egli mi approvava. Lo pregai al tempo stesso di riferire al suo compagno che ero decisa a comprare la casa di Nostra Signora, fosse cara o a buon mercato, buona o cattiva. Laltro, che assai perspicace, pur non essendogli stato detto nulla, nel
vedere un cambiamento cos improvviso, credo ne immagin il motivo e non insistette oltre a questo riguardo. 23. Abbiamo poi capito tutti quale grave errore avremmo commesso nel comprare laltra casa: ci riempie di meraviglia ora vedere fino a che punto sia preferibile questa, prescindendo dal fatto principale, evidentissimo, che in essa si serve nostro Signore e la sua gloriosa Madre, e si eliminano molte occasioni di peccato. Non essendo che un romitorio, nelle frequenti veglie notturne potevano accadere molte cose che il demonio si rammaricava di veder cessare. Per questo motivo ci rallegriamo di poter fare qualcosa per la Vergine nostra Madre, Signora e patrona, ed stato un grave torto non averlo fatto prima, perch doveva bastarci questo solo motivo per andarvi. chiaro che il demonio faceva di tutto per accecarci in mille guise, visto che questa casa offre molte comodit che non si troverebbero altrove. Fu grandissima, in citt, la gioia di tutti, essendo vivamente desiderata la nostra presenza qui; anche coloro che propendevano per laltra casa finirono con il ritenere ottima la nostra scelta. 24. Sia benedetto per sempre colui che mi ha dato luce a questo riguardo, come me la d ogni volta che riesco a fare qualcosa di buono, perch sono stupita ogni giorno di pi della mia inettitudine in tutto. e non si deve pensare che questa sia umilt, ma una costatazione che ogni giorno diventa pi chiara. Sembra volont del Signore che io e tutti riconosciamo che solo lui a compiere queste opere e che, come col fango diede la vista al cieco, cos permette che un essere di tale cecit quale son io faccia cose che cieche non sono. Non c dubbio, infatti, che in tale circostanza diedi prova come ho detto di assoluta cecit, e ogni volta che ci penso, vorrei di nuovo rendere lode al Signore per la sua grazia. Ma non sono capace neanche di questo, e non so come possa sopportarmi. Sia benedetta la sua misericordia! Amen. 25. Questi santi amici della Vergine si affrettarono dunque a prendere accordi per lacquisto delle case che, a mio giudizio, furono cedute a buon prezzo. Ma ebbero molto da faticare, perch in ognuna delle nostre fondazioni Dio vuole che ci siano motivi di merito per quelli che ci aiutano: io sono lunica a non far nulla, come ho detto altre volte, n vorrei cessare di dirlo, perch la verit. Ebbero a sostenere infatti unenorme fatica nel sistemare la casa, oltre a darci anche denaro per farlo, perch io non ne avevo pi, con laggiunta delle loro garanzie. Nelle altre fondazioni, invece, prima di trovare un garante, e non per somme di tale valore, soffrivo grandi pene. Ci naturale perch, non avendo io neanche un soldo, chi rispondeva di noi non poteva fare affidamento che su nostro Signore. Ma Sua Maest mi ha favorito sempre di tanta grazia che mai nessuno ha perso nulla per farci da garante; sono stati tutti pagati molto bene, e questa per me una grazia straordinaria. 26. Siccome i proprietari non si contentavano dei nostri due garanti, essi ricorsero al vicario episcopale che, se ben ricordo, si chiamava Prudencio, cos almeno mi dicono ora, perch, chiamandolo sempre il vicario, non ne conoscevo il nome. con noi di tanta carit che gli dobbiamo ora come allora molto. Incontrati i due canonici, chiese loro dove andassero. Essi risposero che erano in cerca di lui per pregarlo di firmare quella cauzione. Si mise a ridere e disse: E per una garanzia di una simile somma vi rivolgete a me in questo modo?. Quindi subito, senza scendere dalla mula, appose la sua firma, cosa ben degna di nota per i tempi che corrono. 27. Quante lodi avrei da fare alla carit che trovai in Palencia, sia da parte della citt, sia dei singoli abitanti. Non c dubbio che mi sembrava di essere ai tempi della Chiesa primitiva o per lo meno di fronte a una carit di cui si perduto luso in questo mondo nel vedere che, pur non avendo rendite e dovendo essere mantenute, non solo ci non ci creava ostacoli, ma era motivo perch tutti ci dicessero che Dio accordava loro una grazia straordinaria. Del resto, a considerare la cosa con la luce di Dio, dicevano la verit perch, quandanche la grazia non fosse che quella di avere una chiesa in pi ove si trova il santissimo Sacramento, gi grande. 28. Sia egli eternamente benedetto! Amen. sempre pi evidente infatti, che ha voluto la fondazione del monastero in quel luogo a causa di alcuni inconvenienti che ora non si verificano pi perch, essendo il romitorio meta di veglie notturne e cos solitario, non tutti vi andavano per devozione. Ma ora queste cose vanno scomparendo. Limmagine di nostra Signora non aveva una decente collocazione. Le ha fatto erigere una cappella a sue spese il vescovo don Alvaro de Mendoza, e a poco a poco aumenta il numero delle iniziative a onore e gloria di questa beata Vergine e di suo Figlio: sia per sempre lodato! Amen. Amen.
29 Quando la sistemazione della casa fu completata e giunse il momento che le monache vi si trasferissero, il vescovo volle che ci avvenisse con gran solennit. Per questo motivo, lo si fece un giorno dellottava del santissimo Sacramento, in cui egli stesso venne da Valladolid, con la partecipazione del Capitolo, degli Ordini religiosi e di quasi tutta la citt. Cera anche molta musica. Dal luogo della nostra dimora ci recammo tutte in processione, con le nostre cappe bianche e con i veli calati sul viso, a una parrocchia che stava vicino alla casa di Nostra Signora, la cui immagine fu portata fuori a incontrarci. L si prese il santissimo Sacramento e lo si port nella nostra cappella con grande solennit e con ammirevole ordine. Tutti erano presi da grande devozione. Cerano anche le monache che avevo fatto venire per la fondazione di Soria, con in mano le candele. Credo che il Signore, quel giorno, in tale citt fu molto lodato. Piaccia a lui essere cos lodato sempre da tutte le creature! Amen. Amen. 30. Mentre ero a Palencia, Dio volle che si facesse la separazione degli scalzi dai calzati: essi venivano a formare una provincia a parte, che era quanto desideravamo per la nostra pace e tranquillit. Su richiesta del nostro cattolico re, don Filippo, giunse da Roma un Breve molto ampio che regolava la questione. Sua Maest, che ci aveva favorito fin da principio, ci aiut molto per il conseguimento di questo fine. Si tenne il Capitolo in Alcal, radunatovi da un reverendo padre domenicano, Juan de las Cuevas, che era allora priore di Talavera. Designato da Roma e nominato da Sua Maest, aveva tutta la santit e lintelligenza richieste da tale circostanza. Il re pag le spese del Capitolo, favorito anche, per suo ordine, dallintera Universit. Ladunanza si tenne, in tutta pace e concordia, nel collegio degli scalzi di quella citt, intitolato a san Cirillo. Fu eletto provinciale il padre maestro fra Girolamo Graziano della Madre di Dio. 31. Siccome questi padri scriveranno un libro a parte come ci ebbe luogo, non cera motivo che ne parlassi. Se lho fatto perch, mentre ero a Palencia per la fondazione di quel monastero, nostro Signore port a termine una questione cos importante a onore e gloria della sua santa Madre. Si tratta infatti del suo Ordine, essendo ella nostra Signora e patrona. Provai allora una delle pi grandi gioie e consolazioni di cui potevo godere in questa vita. Avevo trascorso pi di venticinque anni tra prove, persecuzioni e sofferenze, che sarebbe troppo lungo raccontare, e solo nostro Signore sa quali siano state. Vedendo tutto ormai concluso, mi sentii il cuore pieno duna tale gioia che non pu essere intesa se non da chi conosce le pene che si sono patite. Avrei voluto che il mondo intero rendesse lode a nostro Signore e si unisse a me nel raccomandargli il nostro santo re don Filippo, per mezzo del quale egli ha condotto le cose a tanto buon fine. Se non fosse stato per lui, la nostra opera sarebbe crollata perch il demonio era ricorso ad astuti artifizi. 32. Ora, calzati e scalzi siamo tutti in pace e nessuno ci di ostacolo nel servire il Signore. Per questo, fratelli e sorelle miei, visto che egli ha ascoltato cos bene le nostre suppliche, affrettiamoci a servire Sua Maest. Considerino i religiosi qui presenti, che ne sono testimoni oculari, le grazie che ci ha donato e le sofferenze e le ansie da cui ci ha liberato. Chi verr dopo di noi, trovando tutto sistemato, non lasci mai indebolire in nessuna casa la perfezione, per amore di nostro Signore. Non si dica di essi ci che si dice di certi Ordini, cio che gli inizi sono stati lodevoli. Noi cominciamo ora. Procuriamo di cominciare sempre e dandare innanzi di bene in meglio. Badate che, servendosi di ben piccole cose, il demonio apre la breccia attraverso cui passano quelle assai grandi. Non vi accada mai di dire: Questo non ha alcuna importanza; sono tutte esagerazioni. Oh, come tutto grave, figlie mie, quando si cessa di andare avanti! 33. Per amore di nostro Signore vi supplico di ricordarvi della rapidit con la quale tutto finisce, della grazia di cui egli ci ha favorito nel farci abbracciare questOrdine e del rigoroso castigo che toccher a chi introdurr in esso qualche rilassamento. Tenete sempre gli occhi fissi sulla stirpe di quei sommi profeti da cui discendiamo. Quanti santi abbiamo in cielo che hanno portato questabito! Cerchiamo di avere la benedetta presunzione di essere, con la grazia di Dio, simili ad essi. La battaglia durer poco, sorelle mie, e la meta eterna. Lasciamo stare le cose di quaggi che in se stesse non sono nulla, per occuparci solo di quelle che ci avvicinano a questo fine che non ha fine, e ci aiutano meglio ad amare e a servire colui che vivr per tutti i secoli. Amen. Amen. Siano rese grazie a Dio!
CAPITOLO 30
Ha inizio la fondazione del monastero della Santissima Trinit nella citt di Soria, avvenuta lanno 1581. Vi si celebr la prima Messa il giorno del nostro padre santEliseo. 1. Mentre ero a Palencia, occupata nella fondazione di cui ho parlato, mi portarono una lettera del vescovo di Osma, che era quel dottor Velzquez, con il quale avevo procurato di mettermi in contatto, quandera canonico teologo nella chiesa cattedrale di Toledo. Tormentata ancora da alcuni timori e sapendolo uomo di straordinaria dottrina, oltre che gran servo di Dio, lavevo pregato insistentemente di prendersi cura della mia anima e di confessarmi. Malgrado le sue numerose occupazioni, avendoglielo io chiesto per amor di Dio, accondiscese cos volentieri che ne rimasi stupita. Mi confess e diresse tutto il tempo che rimasi a Toledo, che fu lungo. Gli aprii la mia anima con assoluta franchezza, come sono solita fare. Ne trassi cos gran profitto che da allora cominciai a non avere pi tanti timori. vero che vi contribu unaltra ragione, che qui non il caso di dire. Certo che mi fece un gran bene, perch mi rassicurava con i testi della sacra Scrittura, che quanto pi giova a tranquillizzarmi, se ho la certezza, come lavevo nei suoi riguardi, di trattare con chi li conosce bene. Del resto, univa alla scienza una vita santa.. 2. Mi scriveva questa lettera da Soria, dove allora si trovava. Mi diceva che una signora del luogo, sua penitente, gli aveva parlato delleventuale fondazione di un monastero di nostre religiose. Egli era consenziente, ragion per cui si era interessato perch andassi l a fondarlo. Mi pregava di fargli mantenere la parola data e, se il progetto mi sembrava conveniente, di dargliene notizia, perch in tal caso mi avrebbe mandato a prendere. Me ne rallegrai molto in quanto, prescindendo dallutilit della fondazione, di cui ero convinta, desideravo fargli sapere certe cose della mia anima. Daltra parte, mi faceva piacere vederlo perch, avendomi fatto tanto bene, nutrivo per lui molto affetto. 3. La dama fondatrice anzidetta si chiama donna Beatriz de Beamonte y Navarra, perch discende dai re di Navarra ed figlia di don Francisco de Beamonte, dillustre e nobile famiglia. Rimasta vedova dopo alcuni anni di matrimonio, senza figli e con molti beni, aveva deciso da molto tempo di fondare un monastero di religiose. Quando ne parl con il vescovo ed egli la inform di questOrdine delle scalze di nostra Signora, le piacque tanto che gli fece gran premura per la realizzazione del progetto. 4. una donna dal carattere dolce, generosa, penitente; insomma, una gran serva di Dio. A Soria aveva una bella casa, solida e in buonissima posizione. Disse che ce lavrebbe data con tutto quello che fosse stato necessario per la fondazione. E ce la diede, infatti, con una rendita di cinquecento ducati al venticinque per mille. Il vescovo si offr di farci dono di una chiesa assai bella, tutta a volta, che apparteneva ad una parrocchia vicina, della quale ci siamo potute servire mediante la costruzione di un passaggio. Lo potette fare agevolmente perch era povera, e a Soria le chiese sono molte: cos trasfer altrove la parrocchia. Di tutto questo mi dava notizia nella sua lettera. Ne parlai con il padre provinciale che si trovava allora a Palencia. Fu del parere, con tutti i nostri amici che, essendo finita la fondazione di Palencia, dovessi inviare un espresso al vescovo perch mandasse a prendermi. Io mi rallegrai molto di questa decisione per i motivi esposti precedentemente. 5. Cominciai a far venire le religiose che dovevo condurre a Soria con me. Ne scelsi sette, perch quella signora voleva che fossero piuttosto molte che poche, oltre a una conversa, la mia compagna e me. Venne a prenderci una persona particolarmente adatta allo scopo, con una diligenza, perch io avevo scritto che sarei stata accompagnata da due padri scalzi. Conducevo con me il padre Nicola di Ges Maria, uomo di grande perfezione e prudenza, nativo di Genova. Quando prese labito aveva, se non mi sbaglio, pi di quarantanni, per lo meno li ha ora, e la sua vestizione avvenuta da poco tempo. Ma, in cos poco tempo ha fatto tali progressi che evidente come nostro Signore labbia scelto a sostegno del nostro Ordine riformato durante le peripezie delle grandi persecuzioni sofferte. Ha lavorato molto, infatti, per noi, perch gli altri religiosi da cui ci sarebbe potuto venire un aiuto erano chi in esilio chi in prigione. Di lui, invece, siccome non ricopriva alcuna carica, essendo entrato come ho detto da poco nellOrdine, i nostri nemici non facevano gran conto, oppure fu, questa, opera di Dio, perch avessi il suo appoggio. 6. cos prudente che potette alloggiare a Madrid nel convento dei calzati, con tale dissimulazione che non diede mai a vedere di occuparsi dei nostri affari. Cos i padri non gli vietavano di stare l con loro. Ci scrivevamo spesso, perch io mi trovavo allora nel
monastero di San Giuseppe di Avila per decidere il da farsi: e questo gli era di conforto. Da qui si pu vedere a quali estremi fosse ridotta la Riforma se, per mancanza di uomini capaci, come si dice, si faceva tanto conto di me. In tutto questo periodo ebbi modo di conoscere la sua perfezione e discrezione: uno dei religiosi del nostro Ordine che amo molto nel Signore e di cui ho grande stima. Egli, dunque, con un fratello converso, ci accompagn. 7. Il viaggio non fu molto faticoso perch linviato del vescovo ci provvedeva abbondantemente di tutto e ci aiutava a trovare confortevoli alloggi. Entrati, poi, nella diocesi di Osma, bastava dire linteresse personale del vescovo nei nostri riguardi, perch ci facessero la migliore accoglienza, tanto grande laffetto che hanno per lui. Il tempo era buono; avanzavamo a piccole tappe; cos questo viaggio ci cost ben poca fatica; ci fu piuttosto piacevole: fu, infatti, grandissima la mia gioia nel sentire le lodi che si facevano della santit del vescovo. Arrivammo a Burgo il mercoled precedente lottava del santissimo Sacramento. Ci comunicammo l il gioved, che era il giorno dellottava. Pranzammo anche a Burgo, perch in giornata non si poteva arrivare a Soria e, in mancanza daltro alloggio, passammo quella notte in una chiesa, ove non ci trovammo a disagio. Il giorno seguente vi ascoltammo la Messa e poi riprendemmo il cammino per Soria, dove arrivammo alle cinque della sera. Il vescovo era affacciato a una finestra della sua casa, dalla quale, quando passammo di l, ci impart la sua benedizione. Ci mi fu di grandissima gioia, perch la benedizione di un vescovo e di un santo sempre unottima cosa. 8. La signora che era la nostra fondatrice stava aspettandoci sulla porta di casa sua, cio dove si doveva fondare il monastero. Non vedevamo lora di entrarvi, a causa della grande folla. Non si trattava di un fatto nuovo perch, dovunque andiamo, la gente, avida com di novit, fa una tale ressa intorno a noi che, senza il velo calato sul viso, la cosa ci sarebbe assai penosa. Ma, grazie ai nostri veli, linconveniente si fa meno molesto. La signora aveva fatto preparare per loccasione una grande sala, dove si sarebbe celebrata la Messa perch, per recarci in quella di cui ci faceva dono il vescovo, bisognava attendere la costruzione del passaggio. Subito, il giorno seguente, che era la festa del nostro padre santEliseo, la Messa fu celebrata. 9. La nostra fondatrice aveva provveduto con molta generosit a ogni nostra necessit. Ci lasci in un appartamento dove restammo ben raccolte fino a che non fu terminata la costruzione del passaggio, cio fino alla Trasfigurazione. Quel giorno si celebr nella chiesa la prima Messa con molta solennit e gran concorso di gente. La predica fu tenuta da un padre della Compagnia; il vescovo era gi partito per Burgo, poich non c giorno e ora che egli non dedichi al lavoro. Allora, per giunta, stava male, avendo perduto luso di un occhio. Ebbi l questa penosa notizia: mi affliggeva infatti profondamente la perdita di un organo cos utile al servizio di nostro Signore. Ma sono misteri di Dio! Probabilmente egli volle con ci dare la possibilit di acquistare maggior merito a questo suo servo, il quale, in effetti, continu a lavorare come prima e a provare la sua conformit al volere divino. Mi diceva di non soffrirne pi che se tale disgrazia fosse toccata ad un suo vicino, e come, a volte, perfino pensasse che neppure il perdere la vista anche dellaltro occhio lo avrebbe fatto soffrire, perch si sarebbe ritirato in un romitorio per dedicarsi, libero da ogni altro obbligo, al servizio di Dio. Questa era stata sempre la sua vocazione anche prima dessere vescovo e di tanto in tanto me ne parlava. Fu anche sul punto di decidersi a lasciare tutto e ritirarsi in solitudine. 10. Non riuscivo ad abituarmi a questidea, perch mi sembrava che egli avrebbe giovato molto alla causa della nostra Chiesa e mi auguravo di vedergli conferire la carica di cui oggi insignito. Tuttavia, il giorno in cui fu eletto vescovo, avendomelo egli fatto sapere subito, sentii un gran tuffo al cuore, sembrandomi di vederlo gravato da un peso enorme. Poich non riuscivo a farmi forza n a ritrovare la pace, andai in coro a raccomandarlo a nostro Signore. Sua Maest mi tranquillizz subito dicendomi che ci sarebbe stato a sua maggior gloria, come risulta sempre pi evidente. Nonostante linfermit dellocchio e altre malattie da cui affetto, di cui alcune assai penose, con laggiunta del continuo lavoro, digiuna quattro giorni alla settimana e fa altre penitenze; il suo nutrimento non conosce cibi prelibati. Quando si reca in visita pastorale, lo fa sempre a piedi, cosa che riesce insopportabile ai suoi dipendenti, i quali se ne sono lamentati con me. Occorre loro una gran virt, altrimenti devono rinunziare a vivere nella sua casa. Non si fida molto di lasciare ai vicari affari importanti credo neanche gli altri affari , ma vuole che tutto passi per le sue mani. Durante i primi anni del suo episcopato soffr le pi feroci e calunniose persecuzioni. Ne ero sbigottita, conoscendo la sua integrit e la sua rettitudine nel rendere giustizia. Quando fui l, per, andavano gi scemando, bench i suoi nemici siano arrivati a denigrarlo fino a Corte e
dovunque abbiano pensato di potergli nuocere. Ma siccome ormai ogni giorno di pi la sua virt nota in tutta la diocesi, le loro accuse trovano poco credito. Egli inoltre ha sopportato tutto con tanta perfezione da confonderli, beneficando coloro che sapeva intenti a nuocergli. Infine, per molte che siano le sue occupazioni, non tralascia di trovare il tempo per lorazione. 11. Sembra che mi sia fissata a dir bene di questo santo, eppure ho detto poco, ma servir a far conoscere chi sia lideatore del monastero della Santissima Trinit di Soria e a offrire motivo di consolazione alle religiose che verranno in seguito ad abitarlo, perch quelle che vi stanno ora sono bene al corrente di tutto. Anche se egli non ci ha lasciato una rendita, ci ha dato una chiesa, ed stato lui ripeto a impegnare nella fondazione quella signora che, come ho detto, molto pia, virtuosa e penitente. 12. Preso ormai possesso della chiesa e sistemato tutto quello che occorreva per la clausura, fu necessario che ritornassi a San Giuseppe di Avila. Cos partii immediatamente, con un caldo tremendo, per una strada pessima a percorrersi con i carri. Venne con me un prebendato di Palencia, di nome Ribera, che mi era stato di grandissimo aiuto nella costruzione del passaggio e in tutto il resto. Il padre Nicola di Ges Maria era andato via subito dopo la conclusione del contratto relativo alla fondazione essendo indispensabile la sua presenza altrove. Questo Ribera, che era stato chiamato da un affare a Soria mentre noi andavamo l, ci aveva accompagnato, e da allora Dio gli ispir cos gran desiderio di esserci utile che si pu raccomandarlo a Sua Maest fra i benefattori dellOrdine. 13. Non volli che nessun altro venisse con la mia compagna e con me, perch egli tanto premuroso che mi bastava lui solo. Nei viaggi, meno rumore c, pi sono contenta. In questo ritorno per pagai tutto il piacere di cui avevo goduto nellandata. Quantunque infatti chi ci accompagnava conoscesse la strada per Segovia, ignorava quella praticabile da un carro. Eravamo condotte per anfratti dove spesso dovevamo scendere, mentre il carro sembrava venisse portato quasi di peso per grandi dirupi. Se ricorrevamo alle guide, ci accompagnavano fin dove sapevano che la strada era buona e ci lasciavano un po prima che cominciasse quella cattiva, dicendo di aver da fare. Prima di trovare un alloggio, andando cos, alla cieca, bisognava camminare molte ore al sole e col rischio, spesso, che il carro si rovesciasse. Io mi affliggevo per il nostro compagno di viaggio. Spesso infatti, dopo aver ricevuto lassicurazione che andavamo bene, bisognava ritornare indietro. Ma la virt in lui aveva cos profonde radici che non mi pare di averlo mai visto contrariato, tanto da esserne rimasta assai stupita e da lodarne il Signore. proprio vero che dove la virt ben radicata, le occasioni di mancarvi non fanno presa. Ringrazio Dio di averci voluto finalmente tirar fuori da quella strada. 14. Arrivammo a San Giuseppe di Segovia la vigilia di San Bartolomeo; tutte le nostre religiose stavano in gran pena per il nostro ritardo che, a causa delle pessime strade, era considerevole. Ci coprirono di attenzioni, giacch mai Dio mi manda una sofferenza senza ricompensarmene subito. Mi riposai l otto giorni, e anche di pi. Ma devo dire che la fondazione di Soria si fatta con tanta facilit che non bisogna badare a questo contrattempo, perch cosa da nulla. Ritornai da l soddisfatta sembrandomi, quello, un paese dove spero che la presenza di un monastero, per la misericordia divina, sar di grande gloria per il Signore, come gi si comincia a vedere. Sia egli per sempre benedetto e lodato per tutti i secoli dei secoli! Amen. Deo gratias!
CAPITOLO 31 Questo capitolo tratta della fondazione del monastero dedicato al glorioso San Giuseppe di SantAnna nella citt di Burgos. Vi si celebr la prima Messa il 19 aprile nellottava di Pasqua del 1582. 1. Da pi di sei anni alcuni padri della Compagnia di Ges, religiosi esemplari, anziani, di gran dottrina e spiritualit, mi dicevano che si sarebbe reso un gran servizio a nostro Signore con la fondazione a Burgos di un monastero di questa santa Riforma, adducendomene varie ragioni che mi invogliavano a farlo. Ma, per tutti i contrasti scatenatisi contro lOrdine e le altre fondazioni, mi era stato impossibile occuparmene. 2. Lanno 1580, mentre ero a Valladolid, pass da l larcivescovo di Burgos, di recente
nomina in questa citt e prima vescovo delle Canarie, in viaggio per la nuova sede. Supplicai il vescovo di Palencia, don Alvaro de Mendoza, di chiedergli lautorizzazione per la nuova fondazione di Burgos. Ho gi detto quanto egli appoggi il nostro Ordine: stato il primo ad accettare il monastero di San Giuseppe di Avila, quando era l vescovo. Da allora ci ha sempre favorito molto, prendendo a cuore le cose del nostro Ordine come fossero sue proprie. Rispose quindi che molto volentieri glielavrebbe chiesta, perch, sembrandogli che in queste case nostro Signore sia ben servito, ha molto piacere di vederne fondare di nuove. 3. Larcivescovo non volle entrare in Valladolid: prese alloggio nel convento dei Girolamini, dove il vescovo di Palencia lo accolse con gran festa, pranz con lui e gli diede una cintura o ademp non so quale cerimonia con cui era creato vescovo. In tale circostanza gli chiese lautorizzazione per me di fondare il monastero. Egli rispose che lavrebbe data assai volentieri: gi nelle Canarie aveva desiderato e cercato di avere uno di questi monasteri, sapendo come nostro Signore vi fosse servito, perch nella sua citt natale ve nera uno, e mi conosceva bene. Il vescovo mi disse quindi che potevo essere sicura dellautorizzazione, visto che larcivescovo si era molto rallegrato di questo progetto, e siccome il Concilio non parla di permesso scritto, ma solo di gradimento da parte dellOrdinario, si poteva ritenere come gi data. 4. A proposito della fondazione di Palencia, trattata precedentemente, ho detto quanto fossi restia allora dal farne di nuove, per aver avuto una grave malattia giudicata mortale e dalla quale non mi ero ancora ristabilita. Siccome per labbattimento fisico non suole farmi venir meno a ci che reputo servizio di Dio, non mi spiego la causa della grande svogliatezza che si era impadronita di me. Se si volesse attribuirla alle scarse possibilit di riuscita, meno ancora ne avevo avute in altre fondazioni. Credo, dopo aver visto lo svolgimento degli avvenimenti, che fosse opera del demonio. In via ordinaria, quando una fondazione deve costarmi particolare fatica, nostro Signore, conoscendo la mia grande miseria, mi aiuta sempre con parole e con opere, mentre ho notato che in quelle esenti da difficolt, Sua Maest non mi d alcun avvertimento. Cos stato in questa circostanza: conoscendo le sofferenze a cui si andava incontro, cominci subito a farmi coraggio. Sia lodato per tutto quello che fa! Come ho gi detto infatti, nella fondazione di Palencia per la quale si svolgevano trattative come per questa, a mo di rimprovero mi chiese di che cosa temessi e quando mai mi avesse abbandonato. Sono sempre lo stesso egli disse ; non lasciar di fare queste due fondazioni. Poich ho gi parlato precedentemente del coraggio che ricevetti da queste parole, non c motivo di ripeterlo qui. Tutta la mia svogliatezza spar allistante, segn o evidente che non ne era causa la malattia n la vecchiaia. Cos, come si detto, cominciai a trattare di entrambe le fondazioni. 5. Mi parve meglio cominciare da quella di Palencia, sia per la maggior vicinanza di questa citt, sia per linclemenza della stagione e il gran freddo di Burgos, sia, ancora, per far piacere allottimo vescovo di Palencia. E cos si fece, come gi riferito. Ho detto anche che, mentre ero l, mi fu proposta la fondazione di Soria e, poich a Palencia si era fatto tutto, ritenni opportuno andarvi subito, per recarmi poi da l a Burgos. Il vescovo di Palencia giudic conveniente informare di tutto larcivescovo e io lo supplicai dinteressarsene. Cos egli, dopo la mia partenza per Soria, gli mand espressamente da l, a questo solo fine, un canonico di nome Juan Alonso. Larcivescovo mi scrisse molto affettuosamente, dicendomi quanto desiderava vedermi arrivare, tratt della cosa con il canonico e scrisse a sua signoria rimettendosi a lui; se faceva qualche osservazione, era perch conosceva Burgos e sapeva come, per il nostro ingresso, fosse necessario il consenso della citt. 6. Insomma, la conclusione era che io mi recassi sul posto e ne trattassi con la citt; se questa mi negava il permesso, non gli avrebbe per potuto togliere la facolt di concedermi il suo. Ma, essendosi trovato ad Avila al tempo della fondazione del primo monastero e ricordandosi del grande turbamento e dei forti contrasti che erano insorti, voleva qui prevenirli. Occorreva perci che il monastero si fondasse con rendite o con il consenso della citt. Non era conveniente per me agire diversamente, e per questo me lo diceva. 7. Il vescovo la ritenne cosa fatta, e a ragione, visto che larcivescovo mi chiamava a Burgos. Perci, mi mand a dire di andarvi, ma a me parve di notare nellarcivescovo una certa mancanza di coraggio. Gli scrissi per ringraziarlo dellaiuto di cui mi favoriva, dicendogli per al tempo stesso che, a mio giudizio, sarebbe stato peggio procedere alla fondazione dopo il rifiuto della citt, che farla senza prevenirla, se si voleva evitare di esporre sua signoria a pi seri contrasti (sembrava che prevedessi il poco aiuto che avrei trovato in lui, se fosse sorto
qualche ostacolo); aggiungevo che avrei fatto i passi necessari, ma che la cosa mi sembrava difficile, perch in tali circostanze c sempre diversit di opinioni. Scrissi anche al vescovo di Palencia, pregandolo di concedermi una proroga, in considerazione del fatto che lestate volgeva al termine e che le mie infermit erano troppe per affrontare il soggiorno in una citt cos fredda come Burgos. Non affacciai alcun dubbio sullarcivescovo, perch egli era gi spiacente di vedere che, dopo essersi dimostrato cos ben disposto, sollevasse tante difficolt e, sapendoli amici, non volevo suscitare alcuna discordia fra loro. Lasciai dunque Soria per recarmi ad Avila ben lontana, per il momento, dallidea di ripartirne assai presto. Il mio ritorno al monastero di San Giuseppe di Avila era urgente per varie ragioni. 8. Cera nella citt di Burgos una santa vedova di nome Catalina de Tolosa, nativa della Biscaglia. Se volessi dirne le virt, cos per quanto riguarda la penitenza, come per quanto riguarda lorazione, le grandi elemosine, la carit, il grande ingegno e il coraggio, mi dilungherei troppo. Da quattro anni, mi pare, aveva fatto entrare due sue figlie nel nostro monastero della Concezione a Valladolid; altre due ne fece entrare in quello di Palencia, di cui aveva atteso la fondazione, conducendovele prima che io ne partissi. 9. Tutte quattro hanno avuto la riuscita che meritava lessere figlie di tale madre: sembrano infatti proprio angeli: Catalina diede loro una buona dote e fece ogni cosa in modo perfetto, data lestrema sua compitezza: adempie a tutto con grande precisione, e pu farlo, perch ricca. Quando venne a Palencia, eravamo cos certe dellautorizzazione dellarcivescovo, che non sembrava dovesse sorgere alcun intoppo. La pregai quindi di cercarmi una casa in affitto, per prenderne possesso, e di farvi mettere a mie spese grate e ruota. Non mi passava neanche per la mente che dovesse spendere del suo, ma solo anticiparmi il denaro che poi le avrei rimborsato. Ella ne aveva cos vivo desiderio, che soffr moltissimo della dilazione di questopera. Cos, mentre avevo fatto ritorno, come ho detto, ad Avila, lontana dal pensare di occuparmi per il momento di quella faccenda, ella non rimase in ozio; anzi, ritenendo che tutto dipendesse dallavere il consenso della citt, senza dirmi nulla, cominci a darsi da fare per averlo. 10. Aveva come vicine di casa due persone di nobili natali e gran serve di Dio, madre e figlia, che desideravano molto la fondazione. La madre si chiamava donna Mara Manrique, e aveva un figlio consigliere comunale di nome don Alonso de Santo Domingo Manrique; la figlia si chiamava donna Catalina. Entrambe trattarono della cosa con don Alonso, pregandolo di far richiesta del consenso alla municipalit. Egli parl con Catalina de Tolosa, chiedendole quali garanzie potesse offrire da parte nostra, perch senza alcun impegno formale non cera da aspettarsi un consenso. Gli rispose che ella si sarebbe assunto lobbligo di darci una casa, se ne fossimo state prive, e di provvedere al nostro mantenimento, come effettivamente fece. Stese poi unistanza che firm col suo nome. Don Alonso si adoper con tanta abilit a questo scopo che ottenne il consenso di tutti i consiglieri e port egli stesso lautorizzazione scritta allarcivescovo, il quale assent. Subito dopo linizio delle trattative Catalina mi scrisse che stava negoziando questaffare. Ma io non presi la cosa sul serio, sapendo quanto sia difficile laccettazione dei monasteri poveri. E, poich ignoravo n mi passava lontanamente per la mente che ella si fosse assunta limpegno di fare quel che realmente f ece, mi sembrava che ci fosse bisogno di ben altro. 11. Ci nonostante, un giorno dellottava di san Martino, mentre raccomandavo questa faccenda al Signore, mi chiesi cosa si poteva fare se la citt avesse dato il suo consenso. Che andassi a Burgos con quel freddo e tutti quei malanni a cui il freddo assai nocivo, mi sembrava impossibile; era anche una temerit, a mio giudizio, affrontare un cos lungo viaggio, appena arrivata da quello tanto faticoso come ho detto di ritorno da Soria, n il padre provinciale me lavrebbe permesso. Reputavo che poteva ben andarci la priora di Palencia perch, essendo tutto liscio, non cera ormai molto da fare. Mentre facevo queste considerazioni ed ero fermamente decisa a non partire, mi sentii dire dal Signore le seguenti parole dalle quali capii che il consenso era ormai dato: Non badare al freddo, perch io sono il vero calore. Il demonio impiega tutte le sue forze per impedire quella fondazione: impiega tu le tue, da parte mia, per farla. Recati l di persona, perch la tua presenza sar molto utile. 12. Questo mi fece subito cambiare parere; infatti, anche se talvolta la mia natura riluttante ad affrontare la sofferenza, non cos la mia volont, decisa a sopportare qualunque patimento per amore di un Dio cos grande. Perci gli dico di non badare a tali miei sentimenti di debolezza e di ordinarmi tutto quello che gli piace, giacch, con il suo aiuto, non mancher di obbedirgli. In quel periodo nevicava e faceva freddo. Ma ci che pi mi
rende vile la mia poca salute: se lavessi buona, credo che tutto mi sembrerebbe nulla. il cattivo stato della mia salute mi ha accompagnato per quasi tutto il tempo di questa fondazione. Il freddo stato cos lieve, almeno quello che ho sentito io che, a dire il vero, non ne ho sofferto pi di quando stavo a Toledo: il Signore ha adempiuto perfettamente la parola data a questo riguardo. 13. Pochi giorni dopo mi portarono lautorizzazione della citt con lettere di Catalina de Tolosa e della sua amica donna Catalina in cui mi mettevano fretta, perch temevano il sorgere di qualche contrariet; infatti i Vittoriani avevano fondato in quel momento un convento; gi da tempo, inoltre, i carmelitani calzati cercavano di fare altrettanto; infine erano venuti i basiliani. Ci costituiva per noi una seria difficolt. Cera da restare stupiti del fatto che ci fossimo trovati in tanti contemporaneamente a prendere la stessa iniziativa. Cera anche da lodare nostro Signore per la grande carit di Burgos nellaccordare molto volentieri a tutti lautorizzazione, bench non godesse della prosperit di un tempo. Io avevo sempre sentito lodare la carit dei suoi abitanti, ma non pensavo che arrivasse a tanto. Gli uni favorivano un Ordine, gli altri un altro; larcivescovo per, preoccupato di eventuali inconvenienti, cercava dimpedire queste fondazioni nel timore che fossero di pregiudizio agli Ordini mendicanti ai quali, poi, poteva riuscire difficile mantenersi. Forse erano questi stessi a ricorrere a lui, o si trattava di espedienti del demonio, per impedire il gran bene che Dio riversa su quei luoghi dove stabilisce molti monasteri, essendo cos potente da mantenerli tutti, siano pochi o molti. 14. Per questo motivo, dunque, le due sante donne mi facevano tanta premura che io, seguendo il mio impulso, sarei partita immediatamente, se non avessi avuto da sbrigare alcuni affari. Pensavo infatti, vedendole tanto impegnate in questa faccenda, quanto pi di loro io fossi obbligata a non far sfuggire unoccasione cos favorevole. Le parole che avevo udite lasciavano intendere gravi difficolt. Io non potevo sapere da chi n da che parte dovessero sorgere: Catalina de Tolosa mi aveva scritto di aver gi sicura la casa che era quella abitata da lei per la presa di possesso; la citt non presentava ostacoli, larcivescovo nemmeno. Non riuscivo a capire da chi dovevano venirmi contrasti per opera del demonio, perch non potevo certo dubitare che le parole rivoltemi a questo riguardo non venissero da Dio. 15. Infine, Sua Maest d certo pi luce ai superiori che agli altri. Quando, in seguito alle parole che avevo udito, scrissi al padre provinciale per sapere se dovevo intraprendere questo viaggio, egli non vi si oppose, ma mi chiese se avessi lautorizzazione scritta del vescovo. Inviai lettere a Burgos per informarmene. Mi risposero che egli era stato messo al corrente delle trattative intercorse per avere il consenso della citt e che ne era rimasto soddisfatto. Questo, insieme a tutto quanto aveva sempre detto nei riguardi di tale fondazione, permetteva di non avere motivi di dubbio. 16. Il padre provinciale volle accompagnarci nel viaggio per questa fondazione, sia perch era pi libero da occupazioni, avendo finito di predicare lavvento, sia perch voleva visitare il monastero di Soria che non aveva rivisto da quando era stato fondato, tanto pi che la deviazione era di poco conto. Oltre a ci, giudicando la mia vita ancora di qualche utilit, si proponeva in quel viaggio di aver cura della mia salute, essendo il tempo assai inclemente e io molto vecchia e malata. Fu senza dubbio una disposizione di Dio, perch le strade erano cos cattive, a causa della caduta di piogge torrenziali, che egli e i suoi compagni ci furono ben necessari per sapere dove passare ed averne aiuto a tirar fuori i carri dai pantani, specialmente da Palencia a Burgos: era stata, certo, una grande imprudenza mettersi in viaggio in quel momento. vero per che il Signore mi aveva detto di non esitare a procedere in esso, esortandomi a non temere, perch egli sarebbe stato con noi. Anche se allora non feci parola di questo al provinciale, mi era di gran consolazione pensarci nelle grandi difficolt e nei gravi pericoli in cui ci venimmo a trovare, specialmente in un tratto presso Burgos che chiamano i pontones. La pioggia era caduta in grande quantit e lacqua del fiume in molti punti raggiungeva tale altezza da superare il livello dei ponti, che non si vedevano pi, n si sapeva dove passare; dappertutto acqua, e anche molto profonda, da una parte e dallaltra. In conclusione, era una gran temerit tentare quel passaggio, specialmente con carri di cui bastava il minimo scarto perch tutto andasse perduto. Uno di essi, infatti, corse serio pericolo di affondare. 17. In una locanda incontrata poco prima avevamo preso una guida che conosceva quel passaggio; ma, comunque, questo assai pericoloso. Alloggiare in qualche posto era, poi, un
problema. Non si poteva, infatti, avanzare a tappe regolari con tali pessime strade. Quasi di continuo i carri affondavano tanto nel fango che, per tirarli fuori, bisognava staccare le bestie dalluno e attaccarle allaltro. I padri che ci accompagnavano dovettero sobbarcarsi a una grande fatica, essendoci capitati carrettieri giovani e poco attenti. La presenza del padre provinciale ci era di grande sollievo, perch aveva cura di tutto. di un carattere cos tranquillo che non sembra turbarsi di nulla. Rendeva facili le cose pi difficili, anche se non fu cos al passaggio dei pontones, ove non potette evitare di temere molto. Effettivamente, vedersi in mezzo a quellenorme quantit dacqua, senza strada n imbarcazione, nonostante tutto lincoraggiamento che nostro Signore mi aveva dato, fece temere anche me. Quale sar stata, dunque, la paura delle mie compagne? Eravamo otto: due dovevano ripartire con me, cinque restare a Burgos: quattro religiose coriste e una conversa. Credo di non aver detto ancora come si chiami il padre provinciale. fra Girolamo Graziano della Madre di Dio, di cui ho gi fatto menzione altre volte. Soffrivo di un acuto mal di gola che mi ero presa durante il viaggio per Valladolid e continuavo ad avere la febbre. Mangiare mi faceva sentire gran dolore. Tali sofferenze mimpedirono di godere, come avrei voluto, delle peripezie del viaggio. Questo male mi dura tuttora che siamo alla fine di giugno; bench sia meno violento, mi d sempre molta sofferenza. Tutte le mie compagne continuarono il viaggio allegramente: passato il pericolo, provavano gusto a parlarne. gran cosa soffrire per obbedienza, allorch si in essa tanto radicati quanto queste religiose! 18. Dopo un viaggio cos cattivo, arrivammo a Burgos attraverso il gran fiume che sincontra prima dentrarvi. Il padre volle che ci recassimo anzitutto a visitare il santo Crocifisso per raccomandargli la faccenda e per attendere l la notte, essendo arrivate presto. Era di venerd, il giorno seguente alla Conversione di san Paolo, 26 gennaio. Il nostro fermo proposito consisteva nel realizzare subito la fondazione. Avevo con me molte lettere del canonico Salinas (del quale ho gi parlato nella fondazione di Palencia e che qui non ebbe meno da fare, essendo nato nel luogo e da ragguardevole famiglia) dirette a sollecitare vivamente da parenti e amici il loro appoggio per la nostra causa. 19. Essi non mancarono di farlo; subito, fin dallindomani, vennero tutti a trovarmi, e in commissione, per dirmi che non erano pentiti di quanto avevano promesso e che si rallegravano molto del mio arrivo: vedessi io in che cosa potevano servirmi. Siccome, se avevamo qualche timore, era proprio da parte della citt, ci sembr appianato ogni ostacolo. Senza il diluvio di pioggia sotto il quale giungemmo alla casa della buona Catalina de Tolosa, avremmo provveduto a informare il vescovo del nostro arrivo, prima che lo sapesse da chiunque altro, affinch si potesse celebrare subito la prima Messa, come faccio nella maggior parte delle fondazioni, ma dovemmo rinunciarvi per la ragione anzidetta. 20. Quella notte riposammo assai bene, per tutte le comodit offerteci da questa santa donna. La sua sollecitudine per mi cost cara; cera un gran fuoco acceso per asciugare lacqua e, bench fosse in un camino, mi fece cos male che il giorno dopo non potevo alzare la testa, tanto che parlavo sdraiata a quelli che venivano a vedermi, attraverso una finestra con la grata, coperta da un velo. Ci fu per me assai increscioso, perch quel giorno bisognava a ogni costo trattare i nostri affari. 21. Fin dalla mattina il padre provinciale and a chiedere la benedizione dellillustrissimo: era tutto quello che, a quanto credevamo, ci restasse da fare. Lo trov cos alterato e sdegnato perch ero venuta senza il suo permesso come se non me lo avesse mai dato n mai si fosse avviata quella fondazione. Le sue parole al padre provinciale furono pertanto di estrema irritazione a mio riguardo. Pur avendo ammesso di avermi ordinato di venire, disse che io sola dovevo trattare della cosa, ma venire con tante monache! Dio ci liberi dalla contrariet che ne aveva! Serviva a poco dirgli che gi, comegli aveva voluto, laffare era concluso con la citt, che non si doveva dar corso ad altre trattative, ma solo fondare il monastero, e che il vescovo di Palencia, al quale avevo chiesto se potevo partire senza farlo sapere a sua signoria, mi aveva risposto che non cera motivo di preavvertirlo, visto che ne aveva gi espresso il desiderio. Tutto si svolse esattamente cos, perch Dio voleva la fondazione del monastero, come lo stesso arcivescovo ora riconosce. Se infatti gli avessimo fatto sapere candidamente del nostro arrivo, ci avrebbe detto di non venire. Conged il padre provinciale dicendogli che se non avevamo rendite e casa propria, non ci avrebbe dato in nessun modo lautorizzazione e che potevamo ben tornarcene subito indietro. Con quelle strade cos buone e con quel tempo cos bello! 22. Oh, com vero, mio Signore, che, non appena vi si rende un servizio, voi lo ripagate con
una gran tribolazione! E che ricompensa preziosa sarebbe questa per coloro che vi amano davvero, se ne comprendessero subito il valore! Ma noi allora non avremmo voluto questo guadagno, perch sembrava rendere impossibile ogni nostro piano. Larcivescovo esigeva di pi: che quanto era destinato a servire per la rendita e lacquisto della casa non doveva essere preso dalla dote delle religiose. Essendo tale condizione inammissibile nei tempi attuali, appariva chiaro che non cera via duscita: non a me, per, sicurissima comero sempre che tutto sarebbe tornato a nostro profitto, che erano intralci del demonio per impedire la fondazione e che Dio sarebbe riuscito a farne effettuare lesecuzione. Il padre provinciale ritorn tutto allegro con queste notizie, non rimanendone, per il momento, affatto turbato. Fu una provvidenza di Dio affinch non sirritasse con me per non essermi procurata lautorizzazione scritta, comegli mi aveva detto. 23. Ho gi detto prima che erano stati da me i parenti e gli amici del canonico Salinas, dopo aver ricevuto le sue lettere. Ritornarono subito e furono di avviso che si chiedesse allarcivescovo il permesso di celebrare la Messa in casa, essendo indecoroso che noi andassimo per le strade scalze con tutto quel fango, mentre in casa cera una stanza particolarmente adatta allo scopo. Era stata adibita a cappella dai padri della Compagnia di Ges, appena venuti a Burgos, restando destinata a questuso per pi di dieci anni. Ci sembrava pertanto che non potessero esserci difficolt per far l la presa di possesso fino allacquisto di una casa. Ma non riuscimmo ad ottenere dallarcivescovo il permesso di ascoltarvi la Messa, nonostante che i due canonici si fossero recati da lui a fargliene istanza. Tutto quello che si pot ottenere fu che, assicurataci la rendita, la fondazione si facesse in quel luogo fino allacquisto di una casa, e che a tal fine cimpegnassimo su cauzione a comprarne una e ad andare via da quella in cui eravamo. Trovammo subito chi ci aiut. Gli amici del canonico Salinas si offrirono a far loro da garanti e Catalina de Tolosa, da parte sua, ad assicurare la rendita della fondazione. 24. Per stabilire quanto, come e da chi dovesse provvedersi a tutto ci, passarono, credo, pi di tre settimane, e in tutto questo tempo non ascoltammo la Messa che nei giorni festivi, di prima mattina. Intanto la febbre non mi lasciava ed io stavo molto male. Ma Catalina de Tolosa provvide cos bene a tutto, desiderosa comera di prodigarsi per gli altri. Ha un cuore cos grande che ci nutr per un mese, come se fosse stata la madre di ognuna di noi, tenendoci con s in una stanza appartata. Il padre provinciale alloggiava con i suoi compagni in casa di un amico, suo ex condiscepolo, il dottor Manso, allora canonico teologo della cattedrale. Bench contrariato per quellindugio, non sapeva decidersi a lasciarci. 25. Una volta sistemata la questione dei garanti e della rendita, larcivescovo ci mand dal vicario che doveva sbrigare subito la pratica. Ma il demonio non lasciava certo di correre ai ripari. Dopo che tutto era stato attentamente considerato, pensavamo ormai che non ci fosse pi nessun motivo dindugio: era trascorso quasi un mese per riuscire a ottenere dallarcivescovo lapprovazione di quanto si era convenuto. Ma il vicario minvi un memoriale in cui si diceva che lautorizzazione non sarebbe stata rilasciata fino a quando non avessimo una casa propria, perch larcivescovo non voleva pi che la fondazione si facesse in quella dove stavamo, essendo umida e in una strada troppo rumorosa. Presentava inoltre non so quali intralci e difficolt per la sicurezza della rendita come se si desse inizio allora alle trattative. Ci raccomandava, infine, di stare zitte, perch, dopo tutto, la casa doveva essere di gradimento dellarcivescovo. 26. Fu grande, di fronte a ci, il turbamento del padre provinciale e di tutte noi, perch si sa ormai quanto tempo ci voglia per lacquisto di un locale adatto a un monastero, ed egli provava una viva contrariet nel vederci uscire per la Messa. Anche se la chiesa non era lontana e lascoltassimo in una cappella dove non ci vedeva nessuno, per sua reverenza e per noi era una grandissima pena il prolungarsi di questa situazione. Da allora, credo, egli fu del parere di farci ripartire. Io per non potevo rassegnarmi a questa soluzione, ricordando la raccomandazione del Signore di adoperarmi a questo scopo da parte sua: ero cos certa che il monastero si sarebbe fondato, da non soffrire quasi di nessuna contraddizione. La mia sola pena era data da quella del padre provinciale; mi rincresceva molto che egli fosse venuto con noi, non sapendo quanto i suoi amici ci sarebbero stati utili, come dir in seguito. Mentre eravamo in questa afflizione, assai grande per le mie compagne (ma di questo non mi preoccupavo, presa comero da quella del padre provinciale), senza che mi trovassi in orazione, nostro Signore mi disse queste parole: Ora, Teresa, tieni duro. Ci mi incoraggi a insistere con il padre provinciale (e Sua Maest doveva certo ispirarlo ad acconsentire) perch ripartisse lui e ci lasciasse sole: era ormai vicina la quaresima e aveva limpegno di
andare a predicare. 27. Egli e i suoi amici ci fecero dare qualche stanza nellospedale della Concezione, dove si conservava il santissimo Sacramento e si celebrava la Messa ogni giorno. Questo gli fu di qualche sollievo, ma per riuscirvi dovette penare molto. Un comodo appartamento, di cui lospedale disponeva, era stato preso in affitto da una vedova della citt, la quale non solo non ce lo volle prestare (bench non dovesse occuparlo se non da l a sei mesi), ma fu molto spiacente che ci avessero dato, sotto il tetto, in soffitta alcune stanze di cui una era in comunicazione con il suo appartamento. Cos non si accontent di chiuderla a chiave dallesterno, ma la fece inchiodare dallinterno. Oltre a questo, i confratelli pensarono che noi intendessimo appropriarci dellospedale, sospetto privo dogni fondamento, ma Dio voleva farci acquistare maggior merito. Fecero cos promettere al padre provinciale e a me, davanti a un notaio, che, non appena ci avessero detto di andarcene, lo avremmo subito fatto. 28. Questo impegno mi cost pi dogni altra cosa, perch nutrivo timori circa la vedova, la quale, essendo ricca e di famiglia ragguardevole, ci avrebbe al suo primo capriccio costrette ad andar via. Ma il padre provinciale, che era pi accorto di me, volle che si facesse quanto richiedevano, affinch vi potessimo entrare al pi presto. Non ci davano altro che due stanze e una cucina. Ma lamministratore dellospedale, Hernando de Matanza, gran servo di Dio, ce ne assegn altre due perch ci servissero come parlatorio. Ci faceva molta carit, come la fa a tutti, specialmente ai poveri. Altrettanto generosa assistenza ci prodig Francisco de Cuevas, direttore capo del servizio postale cittadino, che godeva di molta autorit nellospedale. Egli, in tutte le occasioni che gli si sono offerte, non ha mai tralasciato di favorirci. 29. Ho riferito i nomi di questi nostri primi benefattori perch giusto che le religiose presenti e future li ricordino nelle loro preghiere. Tale ricordo si deve soprattutto ai fondatori, anche se la mia prima intenzione non fu quella di dare questo titolo a Catalina de Tolosa, anzi neppure mi pass per la mente. Lha resa meritevole di questo titolo la sua santa vita di fronte a nostro Signore, il quale dispose le cose in modo che non si pu negarglielo. Oltre, infatti, a pagare la casa, quando non sapevamo come fare, impossibile dire quanta sofferenza le abbiano procurato tutti gli intralci dellarcivescovo. Il solo pensiero che la fondazione non riuscisse laffliggeva molto; inoltre, non si stancava mai di aiutarci. 30. Lospedale era molto lontano dalla sua casa, eppure veniva a trovarci quasi ogni giorno con grande affetto e ci mandava tutto quello di cui avevamo bisogno, nonostante le incessanti critiche di cui era oggetto, tali che, se non avesse avuto il coraggio che ha, lavrebbero indotta a lasciar perdere tutto. Ero angosciata nel vedere quello che soffriva, perch, se anche il pi delle volte ella non lo lasciava trapelare, altre volte non poteva dissimularlo, specialmente quando la toccavano nella coscienza. cos retta che, per quante occasioni di risentimento le abbiano dato varie persone, non ho mai udito da lei una parola che fosse offesa a Dio. Le dicevano che sarebbe andata allinferno e che era incomprensibile come potesse fare quel che faceva, avendo figli. Eppure si regolava in tutto secondo il parere di uomini dotti, n io, anche se ella avesse voluto agire altrimenti, avrei consentito, per nessuna cosa al mondo, che facesse ci che non le era lecito, a costo di rinunciare alla fondazione di mille monasteri, nonch di uno. Ma siccome le trattative erano segrete, non mi meraviglio di quel che si pensava. Ella rispondeva con la saggezza di cui ampiamente dotata. Si comportava in modo tale che era evidente come Dio le insegnasse a sapersi destreggiare per accontentare gli uni e sopportare gli altri e le desse il coraggio di resistere a tutto. quanto pi coraggio, di fronte a grandi cose, hanno i servi di Dio che non le persone nobili, forti solo del loro casato! Del resto, a questa donna non manca nobilt di sangue, discendendo ella da antenati illustri. 31. Tornando dunque a quel che dicevo, il padre provinciale, quando ci ebbe sistemate dove, stando in clausura, potevamo ascoltare la Messa, trov il coraggio di partire per Valladolid, citt in cui doveva predicare, sia pure molto afflitto di non scorgere nellarcivescovo alcun indizio che lasciasse sperare nella concessione dellautorizzazione. Bench io lo inducessi a nutrire fiducia, non riusciva a darmi ascolto. Certo, aveva buone ragioni per diffidare, ragioni che qui non il caso di dire. Se egli, inoltre, aveva poca speranza, i suoi amici ne avevano ancor meno e contribuivano a scoraggiarlo. Io mi sentii sollevata alla sua partenza, perch come ho detto la mia maggior pena era data dalla sua. Ci lasci lordine di cercare la casa perch ne disponessimo in proprio, cosa assai difficile, non essendosene fino allora trovata una che potesse convenirci. I nostri amici, specialmente i due del padre provinciale, rimasero
ancora pi impegnati nei nostri riguardi, e stabilirono di comune accordo di non far pi parola della cosa allarcivescovo, finch non avessimo la casa. Questultimo diceva sempre che desiderava pi dogni altro questa fondazione, e credo che fosse sincero essendo cos buon cristiano da non poter dire nulla contro la verit. Tuttavia le sue azioni non lo rivelavano perch pretendeva cose apparentemente impossibili nei confronti delle nostre risorse. Era questa la trama ordita dal demonio perch la fondazione non si facesse; ma, o Signore, com evidente la vostra potenza! Servendovi, infatti, degli stessi mezzi con cui il demonio cercava dimpedire questopera, avete trovato il modo per farla meglio riuscire. Siate per sempre benedetto! 32. Dalla vigilia di San Mattia, in cui entrammo nellospedale, fino alla vigilia di San Giuseppe, passammo tutto il tempo in trattative per luna o laltra casa. Cerano sempre tanti inconvenienti, che nessuna di quelle poste in vendita ci offriva la possibilit di acquistarla. Infine mi parlarono della casa di un gentiluomo che era in vendita da vari giorni e, nonostante la ricerca di un alloggio da parte di tanti Ordini, piacque a Dio che a nessuno di essi tale casa sembrasse adatta. Ora sono tutti stupiti del loro rifiuto e qualcuno ne anche assai pentito. A me ne era stato parlato bene da due persone, ma erano tante quelle che ne dicevano male, che ero ormai lontana dal pensarci, persuasa che non ci convenisse. 33. Anche il licenziato Aguiar, amico del nostro padre provinciale, si adoperava con grande zelo per trovarci una casa. Un giorno mi inform daverne viste varie, ma che non ce nera una adatta in tutta la citt, n realmente pareva possibile trovarla, in base alle notizie che mi venivano date. Mi ricordai, allora, di questa che era stata, come ho detto, gi esclusa da noi e pensai che, malgrado fosse cos scadente come mi dicevano, poteva servirci in quel frangente, visto che poi si poteva sempre vendere. Chiesi, quindi, al licenziato Aguiar di farmi il piacere dandarla a vedere. 34. Non gli parve una cattiva idea; non laveva mai vista e volle subito andarvi nonostante che la giornata fosse assai burrascosa e fredda. Loccupava un inquilino, il quale aveva poca voglia di vederla vendere e non volle fargliela visitare. Ma, per la sua posizione e per quello che di essa aveva potuto scorgere, ne rimase assai soddisfatto. Ci decidemmo, cos, a trattarne subito lacquisto. Il proprietario in quel momento era assente, ma aveva dato la procura per effettuarne la vendita a un sacerdote, gran servo di Dio, al quale Sua Maest ispir il desiderio di aderire alla nostra richiesta e trattare con noi con tutta la benevolenza possibile. 35. Restammo daccordo che andassi a vederla. Ne rimasi soddisfatta a tal punto che, quandanche ci avessero chiesto il doppio di quanto sapevo avevano chiesto per darcela, mi sarebbe sembrato di ottenerla a buon mercato. Non era, del resto, una valutazione esagerata, perch due anni prima ne era stato offerto proprio il doppio al padrone e non aveva voluto venderla. Il giorno dopo vennero l senza indugio il sacerdote e il licenziato, il quale, vedendo il prezzo di cui laltro si contentava, avrebbe voluto subito stringere i tempi. Ma alcuni amici che avevo informato della cosa mi avevano detto che a quel prezzo pagavo cinquecento ducati pi del suo valore. Lo dissi al licenziato, il quale, per, riteneva che lavremmo pagata a buon prezzo, dando quello che ci si chiedeva; a me sembrava lo stesso; da parte mia non avrei avuto esitazioni, giudicandola come regalata, ma, trattandosi di denari dellOrdine, mi sorgevano scrupoli. Questa riunione avveniva la vigilia della festa del nostro glorioso san Giuseppe, prima della Messa. Io dissi a quei signori che, finita la Messa, ci saremmo riuniti di nuovo per prendere una decisione. 36. Il licenziato, che molto avveduto, si rese chiaramente conto che se la cosa si fosse divulgata, o avremmo dovuto pagare di pi o rinunziare allacquisto. Si adoper, perci, ad evitare perdite di tempo e si fece promettere dal sacerdote che sarebbe tornato l dopo la Messa. Noi andammo a raccomandare la cosa al Signore, il quale mi disse: il denaro a farti esitare? Compresi, cos, che quella casa ci conveniva. Le consorelle avevano pregato molto san Giuseppe di farci avere una casa per il giorno della sua festa e, pur non potendosi sperare che ci avvenisse cos presto, furono esaudite. Tutti mi chiesero con insistenza di concludere laffare, e lo si fece subito, perch il licenziato trov alla porta un notaio che parve inviato l per disposizione del Signore. Lo condusse da me, mi disse che bisognava concludere e chiam un testimone. Chiusa allora la porta della sala affinch non trapelasse nulla al di fuori (poich era questa la sua paura), la vendita fu conclusa con tutte le formalit necessarie, la vigilia della festa ripeto del glorioso san Giuseppe, per la lodevole sollecitudine e laccortezza di questo buon amico.
37. Nessuno avrebbe immaginato che la casa sarebbe stata venduta a cos buon prezzo. Perci, appena la notizia dellacquisto cominci a divulgarsi, vennero fuori da ogni parte compratori affermando che il sacerdote laveva data per nulla e che bisognava rescindere il contratto, trattandosi di un evidente inganno. Quel buon sacerdote non ebbe poco da soffrire. Avvisarono subito i proprietari della casa che come ho detto erano un illustre gentiluomo e sua moglie, anchella di ottima famiglia. Ma essi si rallegrarono tanto di vedere la loro casa diventare un monastero, che diedero tutto per ben fatto, bench ormai non potessero agire altrimenti. Il giorno dopo si stesero gli atti notarili e si pag il terzo della casa, senza discostarsi dun punto dalle richieste del sacerdote. Alcune particolari imposizioni non convenute prima rendevano onerose le clausole del contratto, ma per compiacerlo accondiscendemmo. 38. Potr sembrare fuori luogo il fatto che mindugi tanto a raccontare lacquisto di tale casa. Ma, in verit, quelli che seguirono laffare nei minimi particolari non videro in esso nulla meno di un miracolo, sia per lesiguit del prezzo, sia per quella specie daccecamento che aveva impedito a tutti i religiosi, dopo averla vista, di comprarla. E, come se la casa, prima, non fosse mai esistita a Burgos, quelli che la vedevano ne restavano stupiti: biasimavano coloro che non lavevano voluta e li chiamavano pazzi. Era stata rifiutata da una comunit di religiose in cerca di una casa: anzi, da due comunit, una di recente fondazione laltra venuta da fuori in seguito allincendio della propria dimora. Inoltre, poco prima, anche una persona ricca, intesa a fondare un monastero, dopo averla vista, laveva lasciata perdere: tutti ne sono ora assai pentiti. 39. Il gran parlare che se ne fece in citt fu tale che costatammo quanto avesse avuto ragione il licenziato di voler mantenere segrete le trattative e di darsi ogni premura per la conclusione di esse. Possiamo in verit dire che, dopo Dio, dobbiamo a lui la casa. Un sapiente accorgimento dimmenso aiuto a tutto. Tale fu quello del licenziato. Dio glispir cos benevola disposizione verso di noi da essere lo strumento di cui la Provvidenza si serv per porre fine a questopera. Si dedic pi dun mese ad aiutarci, suggerendo espedienti per sistemare convenientemente la casa senza troppa spesa. Sembrava proprio che il Signore lavesse riservata a s, perch quasi tutto vi si trovava gi fatto. Tant vero che, appena la vidi e la trovai in ogni particolare come se fosse stata costruita cos per noi, pensando alla rapidit con cui era stata ultimata, mi sembrava di sognare. Nostro Signore ci ha ben ricompensato di quello che avevamo sofferto, portandoci in un tale luogo di delizie, perch davvero non si pu darne altro giudizio, cos per il giardino, come per il panorama e le acque. Sia egli per sempre benedetto! Amen. 40. Larcivescovo fu presto avvertito di tutto e si rallegr molto di una conclusione cos felice, ritenendo che la sua insistenza ne fosse stata la causa, e in questo aveva perfettamente ragione. Io gli scrissi che ero lieta di saperlo soddisfatto e che mi sarei affrettata a sistemare la casa, affinch egli potesse adempiere i nostri desideri. Fatto questo, mi sbrigai a trasferirmi l, essendo stata avvertita che voleva ritardare il trasloco fino a quando non si fossero espletate non so quali formalit. Inoltre, bench dalla casa non fosse ancora andato via linquilino, che ci diede a sua volta non poco filo da torcere perch si riuscisse a metterlo fuori, prendemmo alloggio in un appartamento. Mi vennero subito a dire che larcivescovo era assai contrariato a causa di ci. Feci del mio meglio per ammansirlo giacch, siccome buono, anche se va in collera, linquietudine gli passa presto. Sirrit anche nel sapere che avevamo grate e ruota, ritenendo che io avessi voluto strafare di mia iniziativa. Gli scrissi che non era stata tale la mia intenzione, ma che tutte le case di raccoglimento ne disponevano e che, anzi, per non dare nellocchio, non avevo neanche osato porre sulla porta una croce, il che era vero. Peraltro, nonostante tutta la benevolenza che ci attestava, non si riusciva ad ottenere la sua autorizzazione. 41. Venne a vedere la casa, ne rimase molto soddisfatto e si dimostr assai gentile, ma non ancora intenzionato ad accordarmi lautorizzazione, anche se ci diede maggiori speranze: si trattava di dover stipulare ancora non so quali scritture con Catalina de Tolosa. Si temeva molto che non lavrebbe concessa, ma il dottor Manso che, come ho detto, laltro amico del padre provinciale e strettamente legato allarcivescovo, non si lasciava sfuggire occasione per ricordargli la cosa e sollecitarlo insistentemente a darci lautorizzazione. Gli dispiaceva molto vederci nella situazione in cui eravamo, perch anche in questa casa, nonostante vi fosse una cappella che serviva prima a celebrarvi la Messa per i proprietari, larcivescovo n on ci volle mai permettere di fare altrettanto: dovevamo uscire i giorni festivi e le domeniche ad ascoltarla in una chiesa che, per fortuna, era vicina. Tale situazione dur dal nostro
trasferimento in questa casa fino a che si fond il monastero, cio circa un mese. Tutti i teologi dicevano che era un motivo sufficiente per far celebrare la Messa l e lo riteneva tale anche larcivescovo, che molto dotto. Ma la ragione di tutto questo non sembra fosse altra che la volont di nostro Signore di farci soffrire. Da parte mia, mi adattavo alla meglio, ma una consorella, quando si vedeva in istrada, tremava dalla pena che ne aveva. 42. Per la firma degli atti notarili vi furono molte difficolt, perch ora si accontentavano dei garanti, ora volevano il denaro, e cos via, seccature su seccature. La colpa di questo non era tanto dellarcivescovo quanto di un suo vicario che ci fece una gran guerra. E se allora Dio non gli avesse fatto intraprendere un viaggio, in modo che il suo posto fu affidato ad un altro, non ne saremmo mai venute a capo. Oh! Quanto ebbe a patire allora Catalina de Tolosa! cosa da non dirsi. Sopportava tutto con una pazienza che mi sbalordiva, e non si stancava di provvedere ai nostri bisogni. Diede tutto il mobilio necessario per arredare la nostra dimora, letti e molte altre cose di cui la sua casa era abbondantemente provvista: in poche parole, tutto quello che ci occorreva; preferiva mancare lei di qualche cosa, piuttosto che ne mancassimo noi. Altre fondatrici di nostri monasteri ci hanno dato beni pi grandi, ma nessuna ha sofferto per noi la decima parte di quello che ha sofferto lei. Se non avesse avuto figli, ci avrebbe dato tutte le sostanze di cui poteva disporre. Desiderava tanto vedere compiuta questopera che le sembrava poco tutto quello che faceva a tal fine. 43. Quando vidi che le cose andavano per le lunghe, scrissi al vescovo di Palencia supplicandolo di tornare a sollecitare larcivescovo con una lettera. Egli era irritatissimo con lui, considerando come fatto a s tutto quello che faceva a noi, mentre, con nostra meraviglia, larcivescovo era persuaso di non farci il minimo torto. Supplicai, dunque, il vescovo di Palencia di scrivergli dicendogli che, poich avevamo una casa e ottemperavamo ai suoi ordini, ci concedesse finalmente lautorizzazione. Minvi una lettera aperta per larcivescovo di tal tenore che, se glielavessimo consegnata, avremmo rovinato tutto. Il dottor Manso, che era il mio confessore e il mio consigliere, mi disse, infatti, di non farlo. Bench di tono assai cortese, essa conteneva alcune verit che, considerato il carattere dellarcivescovo, sarebbero bastate ad irritarlo, tanto pi che era gi incollerito per certe cose che il vescovo gli aveva mandato a dire, nonostante che fino allora fossero molto amici. E larcivescovo mi disse che se la morte di nostro Signore aveva reso amici quelli che prima non lo erano, io, invece, avevo reso nemici loro due. Gli risposi che da questo poteva vedere chi fossi. Ma, per quanto mi dato giudicarne, avevo posto particolare attenzione perch non sorgessero screzi fra loro. 44. Ricorsi di nuovo al vescovo di Palencia per supplicarlo, con le migliori ragioni che seppi trovare, di scrivere allarcivescovo unaltra lettera pi amichevole, dicendogli che si trattava del servizio di Dio. Egli fece quanto gli chiesi, e non fu poco; vi acconsent, visto che si trattava di rendere un servizio a Dio e di far piacere a me cosa a cui non mai venuto meno , compiendo uno sforzo di volont. Mi scrisse, per, che quanto aveva fatto per il nostro Ordine non era nulla in confronto a quello che gli era costato linvio di quella lettera. Era scritta in modo tale, e il dottor Manso seppe presentarla cos bene, che larcivescovo decise di darci lautorizzazione. Si serv, per farcela avere, del buon Hernando de Matanza, che venne da noi pieno di gioia. Quel giorno le consorelle erano molto pi afflitte di quanto non lo fossero mai state e la buona Catalina de Tolosa era in tale stato che non si riusciva a consolarla. Sembrava che nostro Signore volesse aumentare le nostre angosce proprio quando doveva riempirci di gioia. Perfino io, infatti, che non avevo mai perduto la fiducia, la notte prima mi sentivo assai scoraggiata. Sia eternamente benedetto il nome di Dio e sia egli lodato per tutti i secoli! Amen. 45. Larcivescovo diede al dottor Manso il permesso di celebrare lindomani la Messa e di porre il santissimo Sacramento. Fu dunque lui a celebrare la prima Messa. Quella solenne fu celebrata, con gran concorso di musicanti venuti di loro iniziativa, dal padre priore del convento di San Paolo, dellOrdine dei domenicani, ai quali il nostro Ordine stato sempre molto obbligato, come anche ai padri della Compagnia di Ges. Tutti i nostri amici erano felici, e si pu dire che fosse piena di gioia lintera citt, cui aveva fatto molta pena il vederci in quella situazione; loperato dellarcivescovo era giudicato cos male che, a volte, mi affliggeva pi il modo con cui se ne parlava che tutto il resto. La gioia della buona Catalina de Tolosa e delle consorelle era talmente grande che mispirava devozione e dicevo a Dio: Signore, che altro vogliono queste vostre serve, se non di potervi servire e di vedersi raccolte in clausura per voi in una casa dalla quale non dovranno pi uscire?.
46. Non si potr mai capire, a meno daverne fatto esperienza, la gioia che si prova in queste fondazioni quando ci si ritrova in clausura, dove non possono entrare le persone del mondo. Per molto, infatti, che le amiamo, tale affetto non sufficiente a toglierci la grande felicit di vederci sole. Mi sembra che sia come quando si traggono dal fiume nella rete molti pesci, che non possono vivere se non vengono di nuovo gettati in acqua: avviene ugualmente delle anime abituate a stare nelle vive acque del loro Sposo, che tolte da l e tratte nelle reti delle cose del mondo effettivamente non vivono pi finch non si vedono di nuovo nel loro elemento. Ci quanto ho sempre notato in queste consorelle e di cui ho fatto io stessa esperienza. Le religiose che dovessero sentire in s il desiderio di uscir fuori da qui per stare fra secolari o di trattare spesso con loro, temano di non aver mai incontrato quellacqua viva di cui il Signore parlava alla samaritana e che lo Sposo si sia loro nascosto, ben a ragione, visto che esse non godono di stare con lui. Ho paura che ci provenga da due motivi: o che non abbiano abbracciato la vita religiosa soltanto per lui, o che dopo averla abbracciata non abbiano capito quale straordinaria grazia Dio abbia concesso loro, scegliendole per s e liberandole dallo star soggette ad un uomo, che spesso fa perdere ad esse la vita. Dio voglia, inoltre, che non sia cos anche dellanima! 47. Oh, mio Sposo, vero Dio e vero uomo! Com possibile tenere in poco conto la grazia di appartenervi? Rendiamogli lode, sorelle mie, per avercela concessa, e non cessiamo mai di magnificare un cos gran Re e Signore che ci tiene preparato un regno senza fine in cambio di piccole sofferenze che domani cesseranno di esistere e che, daltronde, sono alleviate da mille gioie. Sia egli per sempre benedetto! Amen. Amen. 48. Alcuni giorni dopo la fondazione del monastero, parve al padre provinciale e a me che nei riguardi della rendita assegnataci da Catalina de Tolosa ci fossero alcuni inconvenienti dai quali poteva provenire a noi il pericolo di una causa giudiziaria e a lei quello di qualche dispiacere. Preferimmo pertanto confidare in Dio anzich esporci al rischio di procurarle la bench minima sofferenza. Sia per questo, sia per varie altre ragioni, rinunziammo, alla presenza di un notaio, con il consenso del padre provinciale, alla donazione che ci aveva fatto, restituendogliene tutti gli atti legali. Ci avvenne in gran segreto affinch larcivescovo non venisse a saperlo e non lo giudicasse un danno. In realt, il peso di questa decisione era gravoso per la nostra casa. Quando infatti si sa che il monastero senza rendite, non c motivo di temere, perch tutti lo aiutano, ma far credere che il nostro fosse provvisto di rendite era certo pericoloso. Nel nostro caso significava esporre le monache al rischio di mancare del necessario, almeno nei primi tempi, in quanto per il futuro Catalina de Tolosa vi aveva posto rimedio. Due sue figlie, infatti, che dovevano quellanno professare nel nostro monastero di Palencia, nel momento di pronunciare i voti avevano rinunziato ai loro beni in favore della madre, ed ella aveva fatto annullare quellopzione e volgere la rinuncia in favore del monastero di Burgos. A unaltra figlia che ha voluto prendere labito qui da noi lascer la legittima, che le spetta da parte del padre e della madre, il che equivale alla rendita che ella ci aveva dato. Lunico inconveniente che per ora la comunit non ne gode. Ma io ho sempre avuto la convinzione che le religiose non mancheranno di nulla perch il Signore, che procura elemosine ad altri monasteri senza rendite, sapr ispirare la carit anche a favore di questo, o vi provveder in un altro modo. Tuttavia, siccome nessun altro monastero era stato eretto in queste condizioni, a volte supplicavo il Signore affinch, avendone voluto la fondazione, volesse anche disporre le cose in modo da rimediare a quella difficile circostanza, non facendo mancare le religiose del necessario. E non avevo voglia di partire da l fino a quando non vi entrasse qualche novizia. 49. Mentre un giorno stavo pensando a questo, dopo la comunione, il Signore mi disse: Di che temi? cosa ormai finita; puoi ben andartene, facendomi cos intendere che il necessario alle religiose non sarebbe mancato. Fu tale la sicurezza ispiratami da queste parole che non sentii pi alcuna preoccupazione, come se le lasciassi con unottima rendita. Preparai subito la mia partenza, perch mi pareva che ormai l non facessi altro che godere di quella casa, tanto di mio gusto, mentre altrove, sia pure a costo di pene maggiori, potevo essere pi utile. Larcivescovo di Burgos e il vescovo di Palencia restarono grandi amici. Subito, infatti, larcivescovo ci dimostr molta benevolenza e diede labito alla figlia di Catalina de Tolosa e a unaltra novizia che entr poco dopo. Finora non ci sono mancati donativi da parte di varie persone, n certamente nostro Signore lascer patire le sue spose, se lo servono come sono obbligate a fare. Sua Maest ne dia loro la grazia per la sua grande misericordia e bont.
[EPILOGO]
1. Credo opportuno riferire qui come il monastero di San Giuseppe di Avila, che fu il primo dei nostri monasteri della cui fondazione ho scritto, non in questo, ma in un altro libro pass dalla giurisdizione dellOrdinario, sotto cui era stato posto, a quella dellOrdine. 2. Quando si fond, era vescovo di Avila don Alvaro de Mendoza, che ora lo di Palencia, e per tutto il tempo che stette l, le nostre religiose furono da lui ampiamente beneficate. Allorch il monastero fu posto sotto la sua autorit, nostro Signore mi disse che cos conveniva fare, e in seguito lo si visto chiaramente, perch in tutti i dissensi dellOrdine e in molte altre difficolt che si sono presentate, abbiamo ricevuto da lui ogni sorta di aiuti. Non permise mai che il visitatore delle religiose fosse un ecclesiastico n egli faceva in quel monastero pi di quanto io lo pregavo di fare. In questo modo passarono diciassette anni, pi o meno, perch non lo ricordo esattamente, n io aspiravo certo a un cambiamento di giurisdizione. 3. Dopo questo tempo, il vescovo di Avila fu trasferito alla sede di Palencia. Allora io mi trovavo nel monastero di Toledo, e nostro Signore mi disse che conveniva che le religiose di San Giuseppe si ponessero sotto la giurisdizione dellOrdine e che mi adoperassi a tal fine, perch, se non lavessi fatto, presto avrei visto il rilassamento di quella casa. Ricordandomi di aver udito da lui che era bene sottometterla allOrdinario, credevo di vedere in ci una contraddizione e non sapevo cosa fare. Ne parlai con il mio confessore, che era un gran teologo, attualmente vescovo di Osma. Mi disse che non si trattava di contraddizione, perch allora doveva esser necessaria quella risoluzione e ora questaltra. Levidenza di questa verit apparsa, infatti, ben chiara da moltissime cose. Disse inoltre di ritenere preferibile che questo monastero fosse unito agli altri, anzich restare isolato. 4. Mi fece andare ad Avila per trattarne con il vescovo. Lo trovai di ben diverso parere: non era in nessun modo daccordo a questo riguardo. Ma, quando gli addussi alcuni motivi circa il danno che poteva venire dallattuale situazione alle religiose, per le quali nutre grandissimo affetto, cominci a valutare le mie ragioni. E siccome molto intelligente e Dio lo ispirava, trov ragioni ancora pi valide delle mie e si decise a farlo. N serv a nulla che alcuni suoi preti gli esprimessero parere contrario. 5. Erano necessari i voti delle religiose. Ad alcune riusciva assai gravoso darlo, ma siccome mi volevano molto bene, si arresero alle mie ragioni, soprattutto in considerazione del fatto che, mancando il vescovo al quale lOrdine era tanto obbligato e che io amavo molto, non mi avrebbero pi avuta fra loro. Questo pensiero fu per esse determinante, e cos si concluse un affare di assai grande importanza. Si visto poi chiaramente da parte di tutte e di tutti a quale rovina sarebbe andato incontro il monastero se si fosse fatto il contrario. Sia benedetto il Signore, che veglia con tanta cura su ci che riguarda le sue serve! Sia egli per sempre benedetto! Amen.