Impianti Termotecnici - Volume 3
Impianti Termotecnici - Volume 3
Impianti Termotecnici - Volume 3
1
IMPIANTI TERMOTECNICI VOL. 3 - NO RETI DI DISTRIBUZIONE ANTINCENDIO RUMORE NEGLI IMPIANTI
La riproduzione a scopi didattici di questopera libera da parte degli Studenti purch non
siano cancellati i riferimenti allAutore sopra indicati. Non sono consentiti usi commerciali di alcun
genere senza il consenso dellAutore
2
IMPIANTI TERMOTECNICI VOL. 3 - NO RETI DI DISTRIBUZIONE ANTINCENDIO RUMORE NEGLI IMPIANTI
CENNI DI FLUIDODINAMICA
2.
LE RETI TECNOLOGICHE
45
3.
52
4.
106
5.
138
6.
162
7.
168
8.
178
9.
214
217
223
254
260
305
PRESENTAZIONE
[1]
[2]
Carico _ ambiente
Oggi, al fine di raggiungere una riduzione dei consumi, si utilizzano impianti a portata
variabile cio impianti nei quali il salto termico del fluido di lavoro mantenuto costante mentre il
bilanciamento del carico termico ambiente viene attuato con la variazione di portata del fluido di
lavoro.
Questa scelta presenta diversi vantaggi:
La potenza degli organi di circolazione (pompe e/o soffianti) si riduce al decrescere della
portata di lavoro secondo la nota equazione:
m p
P
Il progetto delle reti tecnologiche si presenta complesso perch, come si vedr nel
prosieguo, si ha un numero di variabili incognite maggiore del numero di equazioni di bilancio. Ci
comporta lintroduzione di alcuni criteri di progetto che in qualche modo riducono le incognite.
Si parler di metodi di progetto a:
Velocit costante: se si impone una velocit di flusso e si calcolano, di conseguenza,
le altre variabili incognite;
Perdita Specifica costante: se questa la grandezza imposta e le altre vengono risolte dalle
equazioni di bilancio;
A recupero di pressione: nel caso in cui il fluido sia laria. Si tratta di un metodo pi
articolato e vantaggioso per il progetto delle reti di distribuzione dellaria.
Lutilizzo di opportuni codici di calcolo o di semplici fogli elettronici consente di ottimizzare i
calcoli con il bilanciamento delle reti e la notevole riduzione dei tempi di calcolo. La nozione di
bilanciamento1 sar sviluppata nel prosieguo e consiste nel fare in modo che la somma delle
perdite distribuite e concentrate di ogni circuito che fa capo ad una pompa o ad una soffiante sia
sempre pari alla prevalenza che lorgano motore mette a disposizione. Qualora le reti non fossero
ben bilanciate allora i circuiti con minori perdite complessive avranno una portata maggiore e,
viceversa, i circuiti con perdite totale maggiori avranno portate minori, mantenendo la portata
totale attraverso la pompa o la soffiante costante.
Per quanto dianzi detto, una variazione di portata comporta una variazione della potenza
termica trasportata e quindi anche della potenza termica resa allambiente, vedi la [2], e quindi si
ha uno scompenso fra il carico termico dellambiente e la potenza resa dal corpo scaldante.
In questo volume si esamineranno anche gli impianti antincendio che costituiscono una
categoria molto importante di impianti di sicurezza sia in ambito civile che industriali.
Infine si dedica lultimo capitolo al controllo della rumorosit degli impianti termotecnici e
alle modalit di controllo e riduzione del rumore prodotto secondo gli standard di progetto indicati
dalle norme e dalle leggi vigenti.
Buon lavoro
Giuliano Cammarata
1. CENNI DI FLUIDODINAMICA
1.1 PREMESSE
CARATTERISTICHE TERMOFLUIDODINAMICHE
Questo Capitolo quasi del tutto ripreso dal corso di Fisica Tecnica ed qui riportato per comodit degli Allievi. Si sono
integrati i paragrafi progettuali anche alla luce di quanto emerso sin qui dai capitoli precedenti. Anche le conoscenza di Meccanica
dei Fluidi possono risultare utili allAllievo specialmente per gli aspetti matematici che in questa sede sono necessariamente ridotti.
cp
cv
k
y
Piano mobile
Distribuzione di velocit
Piano Fisso
dw
S
dy
Forza da applicare
5
Figura 1: Moto di Couette fra due piani paralleli
Lo studio dei fluidi non newtoniani, invero assai complesso, esula dal presente corso. Si
possono trovare notizie utili nei testi di Reologia.
ste
Pa
icie
tifr
n
de
non
idi
Flu
)
tico
las
op
p
ni
r
nia
(co
wt o
a ni
e
i
n
n
to
idi
Flu
new
dw/dy
Figura 2: Diagramma sforzo scorrimento per i fluidi
[5]
Le unit di misura di sono quelle di una velocit areolare [m/s]. Per l'acqua si pu
calcolare la viscosit cinematica mediante l'utile relazione:
106 1.67952 0.042328t 0.000499t 2 0.00000214t 3 [6]
con
t in C
[7]
Per lacqua (fluido di lavoro fra i pi importanti nellimpiantistica, specialmente negli
impianti di riscaldamento e di condizionamento) si ha la seguente tabella di riferimento:
Temperatura (C)
0
5
10
15
20
30
40
50
60
70
80
90
100
1.3
REGIMI DI MOTO
Laminare: quando gli strati di fluido si muovono gli uni parallelamente agli altri. Il moto
ordinato e non si hanno oscillazioni interne. Se iniettassimo getti di inchiostro colorato a
varie altezza questi scorrerebbero parallelamente senza mescolamenti.
Turbolento: quando le particelle di fluido sono dotate di moto casuale e pertanto si ha
mescolamento fra gli strati di fluido. I getti di inchiostro a varie altezze si mescolerebbero
rapidamente fra loro per la vorticosit del moto. Il moto turbolento quindi un moto
disordinato.
Vi anche un terzo regime di moto, detto di transizione e che corrisponde ad un regime
non definito che porta il fluido a passare, in modo alternato, dal regime laminare a quello
turbolento e viceversa.
Questo regime fortemente dissipativo ed opportuno evitarlo nelle applicazioni
impiantistiche. Un modo per caratterizzare il regime di moto di verificare il Numero di Reynolds.
Questo, infatti, definito, come pi volte detto anche nei capitoli precedenti, dal rapporto:
wd w2 Forze di inerzia
Re
d
Pertanto se il Numero di Reynolds elevato (rispetto ad un valore limite caratteristico del
tipo di moto, come si vedr fra poco) allora prevalgono le forze di inerzia (proporzionali a w) ed
il moto turbolento. Se, invece, Re piccolo (sempre rispetto al valore limite) allora prevalgono le
forze viscose (proporzionali al w/d per la [3]) e il moto laminare. Vedremo fra poco i valori limiti
di riferimento per i regimi di moto.
1.3.1 STRATI LIMITI DINAMICI
Il moto dei fluidi a contatto con le pareti generano un fenomeno molto interessante detto
strato limite dinamico. Se si osserva la seguente Figura 3 si ha alla sinistra una corrente di fluido
indisturbata con distribuzione costante della velocit.
Non appena il fluido tocca la parete fissa i primi strati molecolari del fluido aderiscono ad
essa fermandosi. Lazione di aderenza viene esercitata, tramite la viscosit dinamica, anche agli
strati soprastanti che, pur non arrestandosi del tutto, vengono rallentati. La distribuzione di
velocit cambia, come si pu osservare nella stessa Figura 3: solo al di sopra della zona
tratteggiata il diagramma ancora invariato mentre al di sotto della zona tratteggiata la velocit
varia da zero (alla parete) fino al 99% della velocit indisturbata.
Questo vero per fluidi monofase mentre per i fluidi bifase o multifase in genere si hanno molteplici regimi di moto (a
nebbia, a tappi, anulare, ). Si tralascia questa trattazione considerata la finalit del presente corso.
C o rr e n t e f lu id a in d is t r u b a t a
St
li m it
ra t o
rb
e tu
olen
to
Z o n a d i e ffe tto
d e ll a p a r e t e
lam ina re
S tra to li m it e
S u b s t r a to l a m i n a r e
La zona ove il disturbo manifesto e la velocit varia al di sotto del 99% del valore iniziale
viene detta strato limine dinamico. Essa caratterizza lazione di attrito e quindi di modifica del
profilo iniziale della velocit del fluido.
Se le condizioni iniziali sono tipiche del regime laminare lo strato limite detto laminare
altrimenti detto turbolento. Si osserva, per, che anche se lo strato limite turbolento si ha
sempre, nelle immediate vicinanze della parete, uno strato limite detto sublaminare nel quale
forte lazione di attrito della parete e in esso il regime di moto tipicamente laminare. Lo
spessore, , dello strato limite dinamico per il caso dello strato piano si dimostra essere
proporzionale alla distanza dal bordo di attacco e inversamente proporzionale al numero di
Reynolds secondo la relazione:
x
[8]
4.92
Re
Il valore limite caratteristico per il passaggio dal regime laminare a quello turbolento Re=5
.105, pertanto per valori inferiori ad esso si ha il regime laminare mentre per valori superiori si ha il
regime turbolento. Un fenomeno analogo si ha nel moto allinterno dei condotti. In questo caso il
moto confinato superiormente dalle pareti del condotto e quindi lo spessore non pu crescere
indefinitamente perch si ha il congiungimento sullasse degli strati limiti generati da pareti
opposte.
In Figura 4 si ha una presentazione schematica del fenomeno. Come si vede a partire da un
certo punto lo strato limite dinamico raggiunge lasse del condotto. A partire da questo punto il
profilo di velocit si stabilizza. In figura sono anche rappresentate le zone laminari e quelle
turbolente. La lunghezza di imbocco pu essere stimata pari a 70 diametri. Per condotti inferiori o
comparabili con questa lunghezza (tubi corti) si hanno notevoli perdite per attrito (vedi 1.5.1) e
quindi opportuno evitarli. Il regime di moto laminare, nei condotti circolari o ad essi
assimilabili, per Re<2300.
Diviene turbolento per Re>2900. Nellintervallo 2300 < Re < 2900 il moto si dice di
transizione e, come gi accennato, opportuno evitarlo perch fortemente dissipativo.
Z on a turb ole n ta
Z on a lam in are
Lunghezza di imbocco
1.4
Scriviamo subito alcune equazioni valide in generale per il moto di qualunque fluido. Si gi
parlato di questo argomento in Termodinamica Applicata ma si vuole qui presentare in forma
organica lapparato matematico-fisico4 che interessa le applicazioni delle quali si parler in
seguito.
1.4.1 EQUAZIONE DELLENERGIA PER I SISTEMI APERTI STAZIONARI
Abbiamo gi scritto lequazione dellenergia in regime stazionario per i sistemi aperti che qui
si ripete per comodit:
w22 w12
[9]
g z2 z1 h2 h1 q l
2
Possiamo scrivere ancora la stessa equazione nella forma:
w2
w2
[10]
h2 2 gz2 h1 1 gz1 q l
2
2
Pertanto la metalpia5 nella sezione di uscita 2 pari alla somma della metalpia nella sezione
di ingresso 1 pi la somma algebrica (riferita alla convenzione dei segni per la Termodinamica)
della quantit di calore e di lavoro scambiati per kg di fluido fra le due sezioni. Ci, evidentemente,
esprime in parole diverse il Primo Principio della Termodinamica o di Conservazione dellenergia.
Qualora si desideri riferire la [9] ad una portata m si ha, per estensione diretta:
w22 w12
m
g z2 z1 h2 h1 m(q l ) Q L
[11]
2
ove :
mq Q
ml L
il lavoro totale effettuato, positivo se fatto dal fluido, [W].
Lequazione [11] ancora il Primo Principio scritto in forma globale (regime stazionario).
In questa breve introduzione si tralasciano le equazioni costitutive di Navier Stokes alle quali si rimanda per uno studio
pi approfondito dellargomento.
5
w2
gz . Nel caso di condotto isolato che non scambia
2
9
1.4.2 EQUAZIONE DI BERNOULLI PER I SISTEMI APERTI STAZIONARI
Lequazione dellenergia [11] si pu scrivere in una nuova forma che utilizza solamente
termini meccanici e detta equazione di Bernoulli.
Infatti se si ricorda che (per fluidi ideali) vale lequazione:
q h vdp
2
[12]
Nella quale non esplicitato il lavoro resistivo che degrada in calore. Allora la [11] diviene:
2
w22 w12
g z2 z1 h2 h1 h2 h1 vdp l
1
2
da cui:
[13]
2
w w
g z2 z1 vdp l 0
1
2
Il lavoro l pu ancora essere espresso come somma del lavoro motore e del lavoro resistente
(attrito):
[14]
l lm lr
2
2
2
1
e pertanto si ha:
2
w22 w12
[15]
g z2 z1 vdp lm lr 0
1
2
In questa equazione il lavoro motore quello effettuato nel tratti 1-2 del condotto
considerato ed analogamente lr il lavoro resistivo (sempre presente) nello stesso tratto di
condotto.
Per fluidi incompressibili (quali lacqua o anche gli aeriformi a velocit piccole rispetto alla
celerit del suono6 e in gran parte delle applicazioni si certamente in queste condizioni) la
precedente relazione si pu scrivere in forma pi diretta, risolvendo lintegrale che dipende dalla
trasformazione che qui si suppone a v = costante:
w22 w12
[16]
g z2 z1 v( p2 p1 ) lm lr 0
2
Lequazione [16] diviene:
w2
w2
[17]
p2v2 2 gz2 p1v1 1 gz1 lm lr
2
2
w2
gz ; questultima, sempre a
2
condotto isolato, si mantiene invariata passando dalla sezione 1 alla sezione 2 per un fluido ideale
(resistenze interne nulle) mentre per un fluido reale viene diminuita del lavoro complessivamente
svolto nel tratto di condotto. Lapplicazione delle precedenti equazioni [16] e [17] richiede che ci si
riferisca ad un tubo di flusso di sezione molto piccola in modo che si possa parlare, senza
commettere errore, di ununica velocit, un unico volume specifico, di una sola quota e propriet
termofisiche costanti nella sezione di condotto considerata.
In Idraulica si definisce piezometrica la somma pv
Si dimostra (vedi Fluidi comprimibili) che la celerit del suono data dalla relazione
FH p IK
kRT
per i
gas a comportamento ideale. Se un gas si muove a velocit elevate (>0.1c) gli effetti della variazione di pressione comportano
anche sensibili effetti nella variazione della densit (o del volume specifico v) che non possono essere trascurati. La Gasdinamica
si occupa di questo tipo di fluidi detti compressibili e che trovano grande riscontro in Aeronautica ed Astronautica.
10
Se, invece, la sezione del condotto molto grande allora le variazioni dei parametri sono
significative ed occorre riscrivere le precedenti equazioni in forma differenziale e poi integrate
allintera sezione. In forma differenziale si ha, per lequazione dellenergia:
wdw gdz dh dq dl
[18]
e ancora:
[19]
Si vuole qui osservare che le due equazioni [18] e [19] sono solo apparentemente diverse: in
realt esse esprimono sempre il principio di Conservazione dellenergia gi citato.
Nellequazione dellenergia [18] si hanno forme energetiche anche termiche mentre
nellequazione di Bernoulli [19] si hanno solo forme energetiche meccaniche. Ma lequazione [12]
lega le due forme di energia e pertanto solo apparentemente nella [13] si hanno termini meccanici
poich nel lavoro anche presente il calore scambiato (anche per attrito visto che lr degrada in
calore e si trasforma internamente al fluido in energia interna). In alcuni casi pu essere utile
vedere lequazione di Bernoulli [16] in modo diverso per esaltarne alcune caratteristiche fisiche.
Ad esempio se dividiamo per laccelerazione di gravit g tutti i termini dellequazione [15] si
ottiene:
2 v
l
w22 w12
l
z2 z1 dp m r 0 [20]
1 g
2g
g g
Si osservi che ogni termine della [20] espresso nel S.I. omogeneo a ad unaltezza e quindi si
esprime in metri . Si tenga ancora presente che nella [20] si ha:
v
1
1
[21]
g g
ove il peso specifico del fluido (N/m).
Per la loro caratteristica unit di misura la precedente equazione detta equazione delle
altezze e i singoli termini sono detti:
z2-z1
w22 w12
2g
v
dp
g
altezza geometrica;
altezza dinamica;
altezza di pressione
lr
altezza di perdita di carico per attrito.
zr
g
Qualche volta anche comodo scrivere lequazione di Bernoulli [16] in termini di pressione:
w2
w2
[22]
p2 2 g z2 p1 1 g z1 lm lr
2
2
In questo caso ogni termine della [22] omogeneo ad una pressione e quindi si esprime in
termini di Pascal ([Pa]=[N/m]). Dalla [22] si pu ancora ricavare uninteressante espressione
molto utile nelle applicazioni future:
w2 w22
[23]
p2 p1 1
g ( z1 z2 ) pm pr
2
Quindi la differenza di pressione (primo membro) dovuta alla somma di tre effetti: la
caduta cinetica pi la caduta gravimetrica pi la caduta per lavoro (motore e resistivo).
11
Data larbitrariet nello scegliere le sezioni 1 e 2 si pu fare in modo che il lavoro motore non
sia presente nel bilancio [22] e pertanto possiamo scrivere che la caduta di pressione in un tratto
di condotto data dalla relazione:
w22 w12
[24]
p1 p2
g ( z2 z1 ) pr
2
1.5
Le perdite per attrito sono dovute essenzialmente a due cause: le perdite per attrito
distribuito (dovute allinterazione fra fluido e pareti) e perdite per attrito concentrato (dovute a
bruschi cambiamenti di direzione o per la presenza di ostruzioni lungo tratti molto piccoli di
condotto).
1.5.1 PERDITE PER ATTRITO DISTRIBUITO
Per calcolare pr per attrito distribuito occorre utilizzare la relazione di Weissbach -Darcy:
l w2
[25]
pa
d 2
ove detto fattore di attrito distribuito. La [25] ci dice che le perdite distribuite sono
direttamente proporzionali alla lunghezza del condotto e allenergia cinetica per unit di volume e
sono inversamente proporzionali al diametro del condotto. Il fattore di attrito funzione dai
seguenti parametri:
, w, d , , e
[26]
ove:
con le dimensioni:
=[ML-3]
[w]=[LT-1];
[d]=[L];
[e]=[L]
Lanalisi adimensionale qui presentata una semplificazione della trattazione generale tramite le equazioni di Navier
Stokes gi vista nel corso di Trasmissione del Calore. Quanto qui presentato vuole essere un rapido richiamo ed una presentazione
di un nuovo punto di vista semplificato.
8
Si ricordi che la dipendenza di tipo monomiale non necessaria ma viene qui ipotizzata per semplificare la trattazione.
12
[]=[ML-1T-1]
]=[1]
si perviene alla seguente equazione di omogeneit dimensionale
1 C ML3
LT 1 L ML1T 1
b
Lg
[28]
0 a f
0 3a b c f g
0 b f
Per M
Per L
Per T
wd e
C
d
I gruppi dimensionali sono, quindi:
wd wd
Numero di Reynolds;
Re
[29]
e
Scabrezza relativa.
d
Possiamo scrivere la [29] nella forma:
C Rem n
[30]
Re
Una relazione che rispetta il legame funzionale della [30] per regimi turbolenti la relazione
esplicita di Haaland:
1.11 6.9
1
1.8log
[31]
Re
3.7d
Unaltra relazione esplicita per il fattore di attrito data dalla relazione di Swamee e Jim:
0.25
(32)
2
5.74
log
3.7 D .9 Re D
Per tubi lisci si pu utilizzare la relazione di Weissbach:
[33]
0.184 Re0.2
4
5
valida per 2 10 Re 3 10 . Unaltra relazione valida per tubi lisci quella di Blasius9:
[34]
0.316Re0.25
4
5
valida per 10 Re 5 10 .
13
[35]
Re
e pertanto il fattore dattrito non dipende dalla scabrezza relativa .
Nella zona relativa al regime turbolento (Re>2900) ben visibile la dipendenza, oltre da Re,
da . Tuttavia osservando le curve al variare di si pu notare che non varia pi con Re a partire
da una certa ascissa per ogni valore della scabrezza relativa. In effetti una curva trasversale ben
indicata nella Figura 5 individua due zone: nella prima (a sinistra) varia sia con Re che con
mentre nella seconda (a destra, detta anche regione di turbolenza completa) varia solo con .
Dalla [25] si pu ancora ricavare il lavoro perduto per attrito distribuito dato da:
l w2
[36]
lrd
d 2
le cui unit sono [J/kg] essendo sempre omogeneo ad un lavoro specifico.
La scabrezza relativa indicata in Figura 5 dipende dal tipo di tubazione.
Materiale costituente la tubazione
Vetro
0,0010,002
PVC, PEAD, PP
0,0020,004
Rame, Ottone
0,0040,01
Alluminio
0,0150,05
Acciaio zincato
0,020,03
14
Acciaio saldato nuovo
0,040,1
0,20,5
0,21,0
0,61,2
Ghisa nuova
0,61,2
Ghisa in uso
24
24
3,56
Ghisa incrostata
610
Ai fini delle applicazioni impiantistiche si fa spesso lipotesi che i tubi in ferro Mannesmann, i
tubi zincati o in rame siano lisci e che pertanto valgano le relazioni ridotte di Weissbach [33] e di
Blasius [34] sopra descritte per il calcolo del fattore di attrito in regime turbolento. Per gli altri casi
si utilizzano le relazioni pi complete e complesse quali la [31] di Colebrook:
2.51
1
2 Log
[37]
Re 3.71d
Questa relazione data in forma implicita (cio funzione di s stessa) e richiede una
risoluzione numerica iterativa, contrariamente a quella di Haaland che esplicita ma che fornisce
un errore inferiore al 3% (accettabilissimo nelle applicazioni pratiche). La relazione di Colebrook
pu essere utilizzata anche per tubi lisci (=0) per regimi turbolenti con Re oltre 105106 (relazioni
di Weissbach e Blasius). In questo caso la relazione, ancora implicita, diviene (Prandtl Von
Karmann Nikuradze):
2.51
1
2 Log
[38]
Re
Nella zona di regime di transizione (cio fra 2300 < Re < 2900) si applica ancora la relazione
implicita di Colebrook:
2.51
1
2 Log
Re 3.71d
Qualora il regime di moto sia turbolento, detto anche regime idraulico sviluppato, cio
quando risulta al di l della curva di Rouse10 data dallequazione:
200
Re
allora si pu porre:
2 Log
3.71d
[39]
e pertanto il fattore di attrito dipende solo dalla scabrezza relativa e non da Re.
10
Se si osserva labaco di Moody si pu constatare che al di l di un certo valore di Re il fattore di attrito dipende solo
dalla scabrezza relativa e non pi da Re. La curva di Rouse individua questo limite. Il regime di moto oltre la curva di Rouse viene
detto idraulico sviluppato.
15
1.5.2 PERDITE PER ATTRITO CONCENTRATO
Le perdite per attrito concentrato (dette anche perdite localizzate) sono espresse dalla
relazione di Darcy per il lavoro resistivo:
w2
[40]
lrc c
2
e per le perdite di pressione:
w2
[41]
pc c
2
Il fattore c detto di Darcy e varia in funzione del tipo di perdita localizzata esaminata.
Spesso si utilizza un modo diverso per esprimere lc o pc ricorrendo al concetto di lunghezza
equivalente. Si suppone, infatti, di avere un tratto di condotto lungo l in modo da avere perdite
distribuite pari alla perdita localizzata che si desidera eguagliare, cio si pone:
l ' w2
w2
c
d 2
2
dalla quale deriva:
d
[42]
l'c
e quindi la lunghezza equivalente funzione del fattore di Darcy, del diametro del condotto
e del fattore di attrito. Nei manuali si hanno tabelle o nomogrammi che consentono di avere sia il
fattore di Darcy che la lunghezza equivalente. Nella Figura 20 si hanno alcune perdite per il fitting
(raccorderia) per le tubazioni utilizzate negli impianti idro-termo-sanitari. Nella Figura 23 si hanno i
fattori di perdita per alcuni tipi di valvolame utilizzato nello stesso tipo di Impianti Termotecnici.
Nella Figura 27 si hanno i fattori di Darcy e le lunghezze equivalenti per alcuni componenti di
Impianti Termotecnici. Nelle seguenti tabelle si hanno i valori pi ricorrenti per limpiantistica di
riscaldamento e condizionamento.
DIRAMAZIONI
Lungo il tronco che si dirama a T
1.5
0.75
1.0
0.5
3.0
2.0
3.0
2.0
0.0
0.5
VARIAZIONI DI DIAMETRO
Restringimento brusco
0.5
0.35
Allargamento brusco
1.0
0.75
COMPONENTI
Radiatore
3.0
16
Caldaia
3.0
Piastra
4.5
Tabella 3: Valori sperimentali del fattore di Darcy per alcune perdite localizzate
RACCORDERIA E VALVOLAME
2.0
1.5
1.0
Curva a 90 normale
1.5
1.0
0.5
Curva a 90 larga
1.0
0.5
0.3
3.0
2.0
1.5
2.0
1.5
1.0
0.2
0.2
0.1
1.2
1.0
0.8
Valvola inclinata a Y
4.5
4.0
3.5
0.2
0.2
0.1
1.5
1.0
0.8
Valvola a d angolo
4.0
4.0
3.0
3.0
2.0
1.0
Valvola a farfalla
3.0
2.0
1.5
10.0
10.0
8.0
6.0
6.0
4.0
Si osservi come tali fattori dipendono anche dal diametro della tubazioni in cui tale resistenze
concentrate sono inserite. Di questo fatto si dovr tener conto allorquando parleremo dei criteri
per il dimensionamento delle reti idriche per limpiantistica. Analoghe tabelle si hanno per il moto
dellaria nei canali di distribuzione.
Nella Figura 6 si hanno le perdite localizzate per una curva di un canale daria a sezione
rettangolare. Analogamente nella Figura 11 si hanno le perdite localizzate per una curva in canali a
sezione circolare. Nella Figura 12 e nella Figura 13 si hanno i fattori di perdita localizzata per varie
tipologie (curve, raccordi, separazioni, unioni, .) per canali daria.
Si osservi come in alcuni casi si ha solamente i fattore di Darcy e in altri la sola lunghezza
equivalente (magari espressa in numero di diametri o di altra grandezza geometrica caratteristica
del canale) o in altri ancora entrambi i parametri.
Perdite localizzate per i canali dellaria
A causa delle dimensioni dei canali daria le perdite localizzate assumono grande importanza.
Nelle seguenti figure si possono osservare gli effetti di creazione di turbolenza e di vortici
dissipativi per curve e/o per confluenze e diramazione dei canali daria.
Gli abachi e le tabelle seguenti consentono di calcolare i fattori di Darcy o le lunghezze
equivalenti per varie tipologie di perdite localizzate.
Il manuale ASHRAE Foundamentals riporta con grande dettaglio le metodologie di calcolo
delle perdite localizzate per i canali dellaria.
Al fine di ridurre sia le perdite di pressione che la rumorosit prodotta possibile inserire
allinterno dei canali opportuni setti guida, vedi Figura 8, che hanno lo scopo di evitare il distacco
dei filetti fluidi e quindi evitare la formazione dei vortici.
17
18
19
20
21
Figura 13: perdite localizzate per variazione di sezione dei canali daria
22
23
w2 w1 2
2
[43]
24
e quindi la perdita data dalla variazione cinetica corrispondente alla variazione di sezione
considerata. Se il fluido fermo in un recipiente allora w1 =0 e quindi risulta:
w2
[44]
pimbocco
2
Analogamente se il fluido sbocca in un grande recipiente nel quale la velocit finale nulla.
1.5.4 DIAMETRO EQUIVALENTE AI FINI DELLA PORTATA
Le relazioni finora riportate utilizzano il diametro del condotto quale elemento geometrico di
riferimento. Spesso, per, occorre utilizzare sezioni aventi geometria diversa e/o pi complessa di
quella circolare. Ad esempio sono molto utilizzate le sezioni rettangolari per i canali daria o si
possono configurare geometrie pi complesse negli scambiatori di calore (ad esempio a sezione
esagonale per meglio riempire una sezione di passaggio).
Ci chiediamo allora se possibile definire una grandezza di riferimento per qualsivoglia
geometria in modo da potere continuare ad utilizzare le relazioni precedenti senza dover ricorrere
a nuove riscritture e parzializzazioni. In effetti se ricordiamo lequazione di continuit (o di
Leonardo) a regime stazionario per fluidi non compressibili:
m w S
[45]
possiamo dire che una equivalenza fra geometrie si ha sulla base del valore dellarea della
superficie della sezione di passaggio S. Per la sezione circolare (supposta tutta bagnata dal fluido di
passaggio) possibile scrivere:
d
P
S
d d
[46]
4
4
dalla quale si pu ricavare:
4 S
d
[47]
P
La [47] consente, allora, di esprimere il diametro equivalente di una qualsivoglia sezione
nella forma:
4 Sezione _ Passaggio
[48]
dequivalente
Contorno _ Bagnato
E bene che lAllievo ricordi questa definizione e si abitui ad usarla nel modo indicato.
Facciamo qualche esempio. Se utilizziamo una sezione rettangolare di dimensioni a e b tutta
bagnata dal fluido allora il diametro equivalente dato dalla relazione:
4 a b
a b
de
2
[49]
2 a b
a b
Se laltezza a piccola rispetto a b allora la [49] diviene:
a b 2 a
de 2
[50]
a b
Pertanto il diametro equivalente dato dalla somma delle due lati di dimensioni minori e le
perdite di pressione, per la [50], sono tanto maggiori quanto minore laltezza a. Segue da quanto
detto che utilizzare i canali a sezione rettangolare11 non sempre del tutto equivalente rispetto
11
I canali circolari sono quelli che hanno perdite di pressione minore, a parit di portata, rispetto a qualsivoglia altra
geometria. Purtroppo non agevole sistema questi canali allinterno delle abitazioni poich si verrebbe ad abbassare notevolmente
laltezza utile dei vani ove questi canali passano. Si utilizzano, quindi, le sezioni rettangolari che presentano il grosso vantaggio di
potere fissare liberamente laltezza e quindi di ridurre linconveniente sopra indicato. Ad esempio una sezione rettangolare di
25
alluso dei canali circolari a causa degli effetti di bordo che producono maggiori perdite per attrito
rispetto ai condotti circolari. Questi effetti sono tanto maggiori quanto pi sono schiacciati i
condotto rettangolari.
1.5.5 DIAMETRO EQUIVALENTE AI FINI DELLA PERDITA DI PRESSIONE
a b
1.3
0.250
a b
0.625
'
e
[51]
con dimensioni tute espresse, come si soliti fare nelle applicazioni impiantistiche, in mm.
Figura 17: Abaco per la selezione dei diametri equivalenti dei canali rettangolari
300x1200 mm equivale ad una sezione circolare di 480 mm: si vede bene come labbassamento di un eventuale controsoffitto
ponga minori problemi con il canale rettangolare che non con quello circolare.
26
Si osserva che, a parit di portata e di perdita di pressione, anche in conseguenza della [25],
la velocit nel canale rettangolare inferiore rispetto a quella che avrebbe nel canale a sezione
circolare e quindi la sezione del canale rettangolare equivalente deve essere maggiore di quella
del canale circolare. Nei manuali specializzati possibile avere la [51] anche sotto forma tabellare,
come riportato nella Tabella 5 e nella Figura 17.
Canali ovali
Per canali ovali il diametro equivalente a pari caduta di pressione data dalla relazione:
A0.625
de 1.55 0.25
P
con A la sezione di passaggio del condotto ovale (mm) data da:
b2
A
b a b
4
e il perimetro P (mm) calcolato con la relazione:
P b 2 a b
Ove a e b sono i diametri maggiore e minore del condotto ovale.
27
1.6
RETI DI CONDOTTI
Quanto sin qui esaminato consente di affrontare il problema di progettare le reti di condotti.
E questo un problema importante sia per limpiantistica termotecnica (riscaldamento e
condizionamento) che per quella idrica (sia per acqua fredda che calda di consumo) e antincendio.
Progettare una rete vuol dire, sostanzialmente, determinare i diametri dei condotti che la
compongono visto che le loro lunghezze sono, quasi sempre, un problema geometrico imposto
dalla configurazione di impianto. Il problema presenta aspetti diversi a seconda che si abbiano
circuiti aperti o circuiti chiusi.
1.6.1 COLLEGAMENTO IN SERIE DEI CONDOTTI
28
perdite per attrito distribuito) e quelle equivalenti di tutte le resistenze localizzate presenti in
ciascun condotto, allora possiamo applicare la [36] e scrivere12:
2
lt1 w12
lt 2 w2
ptotale pt1 pt 2 1
2
[52]
d2 2
d1 2
Possiamo scrivere diversamente la [52] esprimendo la velocit in funzione della portata
mediante lequazione di continuit [45]. Infatti si ha:
d2
[53]
m w S w
4
da cui deriva:
4
m
[54]
w
mk 2
2
d
d
ove k indica un valore costante 4 caratteristico del fluido che scorre nel condotto.
Tenendo conto della [54] la [52] diviene:
l 1
lt 2 1 2
ptotale pt1 pt 2 1 t1
k m2
2
2
2
d 2 2d 2
d1 2d1
che possiamo ancora ordinare nella forma:
ptotale ( R1 R2 )k m2
[55]
12
29
Si ha un collegamento in parallelo quando i vari rami partono e arrivano tutti negli stessi
punti e pertanto quando la caduta di pressione ai loro estremi costante, come indicato in Figura
22. Adesso la portata entrante in A si divide in due: m1 ed m2 .
d1,w1,
d2,w2,
l1
l2
30
2
l m
l
k 2 K 5 m2
d d
d
[57]
d5
d5
m m1 m2 p 1 Y1 2 Y2 p A1 A2 [58]
l1
l2
ove nella [58] si sono indicate con A le aperture equivalenti dei singoli tronchi:
d5
[59]
l
ove Y una costante che raggruppa tutti gli altri termini derivanti dalla relazione di Darcy.
A Y
l1,d1,w1,
l2,d2,w12
Possiamo dire, per la [58], che per i circuiti in parallelo si sommano le aperture equivalenti di
ogni ramo collegato.
Figura 23: Perdite localizzate per alcuni tipi di valvole per tubazioni
31
32
33
Per le tubazioni in acciaio si hanno i dati riportati nella Tabella 7 per le tubazioni Gas e nella
Tabella 8 per le tubazioni DIN.
34
Prima di procedere alle problematiche del dimensionamento delle reti occorre fare un breve
cenno alle macchine che consentono ai fluidi di circolare: le pompe per i liquidi e le soffianti per gli
aeriformi.
1.7.1 LE POMPE DI CIRCOLAZIONE
wS qv .
m
35
m g z
[60]
36
Per pompe di tipo centrifugo (quali sono le pompe alle quali ci riferiremo nel
prosieguo) al variare del numero di giri della girante si hanno le seguenti relazioni:
qv1 n1
qv 2 n2
1.
[61]
z1 p1 n1
z2 p2 n2
per le quali si pu supporre, con buona approssimazione, 1=2.
Queste relazioni risultano comode sia per costruire le curve caratteristiche al variare del
numero di giri della girante, come rappresentato in Figura 33 che per modificare i dati di impianto
in sede di bilanciamento14 della rete.
I Costruttori di circolatori sono soliti presentare una famiglia di componenti con
caratteristiche tali da ricoprire aree di lavoro diverse. Le curve caratteristiche complessive
formano una diagramma a zone (o anche a conchiglia) come indicato in Figura 34.
Come si pu osservare, al variare della portata volumetrica e della differenza di pressione
generata si hanno famiglie, indicate con numeri, di curve in gradi di soddisfare le varie esigenze di
impianto.
Allinterno di ogni zona numerata si hanno pi curve caratteristiche del tipo indicate in
Figura 33 al variare del numero di giri: questi vengono variati mediante un reostato elettrico con
tre o quattro posizioni (numeri di giri) possibili.
In Figura 35 si hanno le curve caratteristiche reali dei circolatori di Figura 28 sia installati
singolarmente che in parallelo.
Figura 28: Esempio di circolatori per acqua fredda e/o calda in versione singola o gemellata
14
Si vedr in seguito cosa si intende per bilanciamento di una rete. Adesso basti sapere che unoperazione complessa
con la quale si cerca di equilibrare le portate nei vari rami di un circuito.
37
38
39
1.7.2 LE SOFFIANTI
Per muovere i fluidi aeriformi si utilizzano le soffianti (dette anche ventilatori). Esse sono
macchine dotate di palette in grado di imprimere allaria (o al gas in generale) che lattraversa
energia cinetica sufficiente a vincere le perdite di pressione della rete (o canalizzazione) seguente.
2
In conseguenza dellincremento della velocit si ha un incremento della pressione dinamica ( w 2
) che si aggiunge alla pressione statica prodotta.
La somma della pressione statica e della pressione dinamica detta pressione totale della
soffiante. Le curve caratteristiche di queste macchine sono del tipo indicato in Figura 36. Vi sono
due tipologie di soffianti: a pale in avanti e a pale indietro. Esse si diversificano per la pressione
totale che riescono a creare sul fluido.
Le soffianti a pale in avanti sono utilizzate quando si richiedono elevate prevalenze. In Figura
37 si ha una fotografia di un ventilatore reale inserito allinterno di un contenitore insonorizzato
per ridurre la rumorosit trasmessa nei canali daria che da esso si dipartono.
Ventilatori centrifughi con pale in avanti
Questo tipo di ventilatore trova applicazione nelle Unit di Trattamento Aria costruite in
serie e nelle quali la pressione statica prodotta non supera 1200 Pa (120 mm. c.a.).
40
Figura 36: Curve caratteristiche di una soffiante del tipo a pale in avanti
Questi ventilatori hanno una curva caratteristica piatta e quindi con ridotto incremento di
pressione con portate daria inferiori. Hanno anche un ingombro ridotto e costo inferiore alle altre
tipologie. Per contro questi ventilatori presentano un rendimento inferiore rispetto agli altri tipi, la
potenza assorbita dal motore aumenta proporzionalmente alla portata daria trattata e pertanto il
motore deve essere necessariamente dimensionato per la portata massima e protetto dai
sovraccarichi.
Inoltre questi ventilatori non sono in genere adatti in impianti con elevate perdite di carico e
quando si richiede una forte regolazione della portata daria trattata.
41
42
Spesso occorre collegare fra loro due o pi pompe per modificare in modo opportuno le
caratteristiche complessive. Se colleghiamo in parallelo due pompe della stessa famiglia si ottiene
un gruppo che, operando a pari p perch in parallelo, consentono di avere portate doppie, come
indicato in Figura 41. Se si collegano due pompe in serie (stessa portata di fluido) le curve
caratteristiche si modificano come indicato in Figura 42: a pari portata si ha un raddoppio della
differenza di pressione p generata.
43
44
45
2. LE RETI TECNOLOGICHE
2.1
PREMESSA
Definiamo tronco il condotto compreso fra due nodi. Esso lelemento base delle reti.
Chiamiamo circuito linsieme di tronchi che partono dallorgano motore (pompa o soffiante)
collegano un terminale (radiatore, fan coil, scambiatore di calore, bocchetta o diffusore,..) e
ritornano allorgano motore. Pertanto si hanno tanti circuiti quanti sono i terminali nella rete.
2.2
CIRCUITI APERTI
Per i circuiti aperti (cio che non partono e arrivano allo stesso punto) il fluido spostato da
punto ad un altro del circuito, come rappresentato in Figura 43: esso si porta dalla sezione 1 alla
sezione 2 che pu anche essere a quota diversa. Per questi circuiti vale lequazione di Bernoulli:
w2 w12
p1 p2 2
g ( z2 z1 ) pr
2
e quindi sono presenti tutte le componenti della caduta di pressione:
w 2 w21
la caduta di pressione cinetica 2
;
2
la caduta di pressione gravimetrica g(z2-z1);
la perdita di pressione totale per attrito pr.
2
46
2.3
CIRCUITI CHIUSI
I circuiti chiusi partono e arrivano allo stesso punto. Nel caso delle reti tecnologiche a liquido
solitamente il punto di partenza e di arrivo la pompa di circolazione.
Per le reti aerauliche si considerano chiusi i circuiti che partono dalla soffiante e si chiudono
negli ambienti a pressione atmosferica, trascurando le deboli variazioni della pressione con
laltezza nel caso di reti su pi piani.
Ci che differenzia le reti aperte da quelle chiese che tutti i circuiti idronici sono in
parallelo alla stessa pompa di circolazione e pertanto debbono tutti avere la stessa caduta di
pressione pari alla prevalenza della pompa.
I circuiti aeraulici sono considerati ancora una volta in parallelo fra la soffiante e lambiente.
In pratica hanno tutti la stessa pressione iniziale (quella di uscita dalla soffiante) e la stessa
pressione finale (quella atmosferica) e pertanto la caduta totale di pressione (concentrata e
distribuita) deve essere per tutti i circuiti aeraulici la stessa e pari alla prevalenza della pompa.
Si possono avere due tipologie di circuiti chiusi.
Reti a ritorno diretto
Reti semplici, con mandata e ritorno separati (dette a ritorno diretto, come in Figura 45).
Sono le reti pi semplici ed economiche da realizzare. Richiedono, per, una maggiore attenzione
progettuale in quanto per loro natura squilibrate (a causa della diversa lunghezza dei circuiti) e
quindi bisognose di equilibratura (concetto che sar sviluppato nel prosieguo).
47
totali dei vari circuiti. In pratica lanello inverso (detto anche a tre tubi) bilancia automaticamente
le reti di distribuzione equalizzando le perdite distribuite.
Per il dimensionamento del condotto occorre utilizzare la [16] con la quale possibile
risolvere rispetto ad una incognita. Naturalmente per questo condotto vale lequazione di
continuit m wS .
I parametri in gioco sono:
La portata di massa del fluido, m , [kg/s];
La sezione di passaggio, S [m], ovvero anche il diametro, d [m], essendo S=0.25 d2;
La caduta di pressione, p1-p2, [Pa];
La velocit, w, del fluido [m/s].
Si suppongono note le quote, z1e z2, delle due sezioni 1 e 2. In base alla [16] occorre
conoscere le perdite per attrito (distribuito pi localizzato) che a loro volta dipendono dal
diametro (vedi [25] e [41]), ancora incognito, del condotto.
Avendo due equazioni (la [16] e la [45]) si possono risolvere solo due incognite e pertanto le
altre grandezze presente nelle due relazioni debbono essere note a priori o anche imposte
mediante opportuni criteri progettuali. Di solito, se nota la portata di massa, si fissa la velocit
massima che il fluido pu avere nel condotto. Ci per diverse ragioni fra le quali si ricorda la
necessit di ridurre il lavoro di pompaggio (che dipende dal quadrato della velocit del fluido) e il
rumore prodotto dal passaggio. I valori massimi consigliati sono di 1 m/s nel caso di condotti
inseriti in ambienti sensibili nei quali non si desidera immettere rumorosit generata dal fluido, di
24 m/s nel caso di condotte principali lontane da luoghi sensibili.
Naturalmente fissare la velocit massima non significa avere esattamente questa velocit
per il fluido: del resto lequazione di continuit risolve completamente il problema del
dimensionamento poich si ha:
4m
d
[62]
wmax
In realt cos facendo dalla [16] si pu trovare p2 se si conosce p1. Se invece la caduta di
pressione p imposta allora la [16] consente di calcolare, unitamente allequazione d continuit,
il diametro e la velocit congruenti con i dati imposti.
Il problema risolutivo si ha nella [16] poich le perdite di pressione per attrito, pa,
dipendono esse stesse dal diametro del condotto e quindi non essendo esplicitabili direttamente
rappresentano esse stesse unaltra incognita del problema o quanto meno si ha unequazione
implicita che richiede pi iterazioni di calcolo.
48
Per facilitare il calcolo si suole scrivere la [16] in una forma pi comoda per gli sviluppi futuri.
Infatti si ha:
p
w2
w2
[63]
H
l
2d
d
ove detta perdita specifica di pressione ([Pa/m] nel SI e [mm.ca/m] nel ST). Per la [45] si
ha anche:
p
w2
m2
m2
[64]
k 5 N 5
l
2d
d
d
ed N indica un fattore ingloba i valori costanti della [64]. Se si prendono i logaritmi di ambo i
membri della [64] e della [63] si hanno le equazioni:
[65]
Queste due relazioni risultano comode per costruire un abaco del tipo riportato in Figura 47.
Di questi abachi se ne hanno diversi a seconda del tipo di tubazioni o di fluido considerato. In
Figura 48 si hanno le perdite specifiche di pressione per aria in canali circolari.
In ciascuno di questi abachi si hanno portate, perdite specifiche , velocit e diametri dei
condotti. Fissati due qualunque di questi parametri si possono determinare gli altri due.
Il problema del dimensionamento del circuito aperto si risolve se, scelta la velocit massima
e imposta la caduta di pressione per perdite distribuite15, si calcola, nota la lunghezza geometrica
reale l del ramo, la perdita specifica = pd/l.
Dallabaco corrispondente al caso in esame si determina il diametro (commerciale o
equivalente) corrispondente.
Poich quasi mai il punto di selezione nellabaco corrisponde ad un diametro commerciale
allora occorre scegliere o il diametro inferiore o quello superiore.
Nel primo caso si avranno velocit e perdite specifiche maggiori di quella inizialmente
imposta e nel secondo caso si ha lopposto.
Fissato il diametro commerciale desiderato si pu adesso calcolare la caduta di pressione per
le resistenze concentrate e verificare che sia:
[66]
p pd pc
Qualora questa condizione non sia rispettata occorre ripetere il calcolo con nuovi valori di
tentativo per pc fino a quando la [66] verificata.
Spesso i circuiti aperti collegano ambienti a quote diverse, come riportato in Figura 44, allora
si pu riportare in diagramma (vedi grafico in basso di Figura 44) in funzione della portata sia la
caduta di pressione (espressa in metri come nellequazione [20]) che la variazione di quota.
Poich le perdite di pressione sono proporzionali (vedi [25]) al quadrato della portata (
m2
p k 5 ) ne segue che tale curva una parabola che parte dalla quota gravimetrica z0 iniziale
d
(vedi ancora Figura 44).
15
Poich sussiste il problema implicito delle perdite localizzate funzioni del diametro, si pu in una prima fase assegnare
unaliquota della caduta di pressione alle perdite distribuite che sappiamo dipendono dalla lunghezza reale del circuito. Ad esempio
si pu, inizialmente, assegnare il 40% della p alle sole perdite distribuite e quindi la diviene immediatamente nota.
49
50
51
2.4.1 CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DEI CIRCUITI CHIUSI
Un circuito si dice chiuso, come gi detto, quando i punti iniziali e finali coincidono, come
rappresentato in Figura 49. In essa con P si indica la pompa e V la valvola di intercettazione.
L
V
H
2
1
Figura 49: Circuito chiuso
16
Negli impianti termici per il riscaldamento per ledilizia si hanno tre distinte fasi da realizzare: generare il calore
necessario a riscaldare gli ambienti, trasportarlo in modo che ogni ambiente abbia la quantit necessaria e infine cederlo agli
ambienti. Ogni fase, apparentemente distinta dalle altre, condiziona il corretto funzionamento degli impianti. E perfettamente
inutile generare pi calore se non si in grado di trasportarlo agli ambienti perch la rete di distribuzione sottodimensionata. Cos
pure inutile trasportare pi energia di quanto i terminali (ad esempio i radiatori) non riescono a cedere agli ambienti. Nei circuiti
idrici questi problemi non si hanno perch le reti di distribuzione debbono solamente trasportare quanto necessario per i
fabbisogni nei singoli ambienti.
52
Spesso occorre progettare non un solo circuiti ma una rete complessa composta di pi
circuiti chiusi, caso tipico negli impianti di riscaldamento o di raffrescamento ad acqua. In Figura
50 si ha un semplice esempio schematico17 di rete di distruzione composta da due circuiti,
ciascuno che alimenta di due radiatori.
La pompa di circolazione, P, unica e pertanto la differenza di pressione che essa pu
generare unica. Ne deriva che entrambi i circuiti debbono avere la stessa caduta di pressione,
cio il fluido partendo dalla bocca premente, 1, e ritornando nella bocca aspirante, 2, deve subire
sempre la stessa caduta di pressione. I percorsi qui possibili sono ben quattro:
Circuito 1: 1-A-B-R1-F-H-2- P
Circuito 1: 1-A-C-R2-F-H-2- P
Circuito 2: 1-A-D-R3-G-H-2- P
Circuito 2: 1-A-E-R4-G-H-2- P
A
Q1
R1
Circuito 1
Q3
R3
Circuito 2
C
Q2
R2
F
Q4
R4
G
A differenza di quanto avviene perle reti idriche nelle quali la portata imposta dai
fabbisogni richiesti nei punti di utenza, le reti tecnologiche debbono trasportare energia mediante
il fluido di lavoro. Se, seguendo lesempio di una rete per riscaldamento domestico di Figura 50, si
utilizza acqua calda, allora lenergia che essa trasporta data dalla relazione:
Q c p mT
[68]
ove vale il solito simbolismo e con T si indica la differenza di temperatura del fluido fra la
mandata e il ritorno. La [68] ci dice che se vogliamo fornire ad ogni radiatore la potenza richiesta
17
Si tenga presente che nella figura mancano molti componenti circuitali che per semplicit non sono stati aggiunti, quali,
ad esempio, il vaso di espansione, le valvole di regolazione e di intercettazione, ..
53
(Q1, Q2,Q3,Q4) occorre che la portata dacqua, per determinato T che qui supponiamo
costante18 per semplicit, sia quello che lapplicazione della [68] comporta.
Si deve, in definitiva, fornire a ciascun radiatore la portata necessaria:
Q
m
[69]
c p T
e quindi avremo le portate termodinamiche m1 , m2 , m3 , m4 . Sei radiatori ricevono portate
diverse essi non potranno fornire ali ambienti le quantit di calore richieste e quindi non si
raggiungeranno le condizioni di comfort desiderate. In pratica se si dimensiona male la rete si avr
anche un impianto di riscaldamento non funzionante secondo le specifiche di progetto.
Calcolate le portate necessarie nei rami finali (cio quelli che alimentano i radiatori) si
possono determinare, applicando semplicissime regole di congruenza, le portate nei singoli rami
dei due circuiti: ad esempio per il caso esaminato si hanno le portate riportate nella seguente
Tabella 10.
RAMO
PORTATA
1-A
m1+m2+m3+m4
A-D
m3+m4
D-R3
m3
R3-G
m3
G-H
m3+m4
H-2
m1+m2+m3+m4
2-P
m1+m2+m3+m4
D-E
m4
E-R4
m4
R4-G
m4
A-B
m1+m2
B-R1
m1
R1-F
m1
F-H
m1+m2
B-C
m2
C-R2
m2
R2-F
m2
Adesso il problema del progetto della rete quello di determinare i diametri dei singoli
condotti in modo che si abbiano le portate desiderate nei singoli rami. Si hanno due criteri
principali che possono essere adottati e che qui brevemente si illustrano.
Nel caso precedente si suppone di avere come terminali i radiatori e di potere determinare,
di conseguenza, la portata di acqua nota la potenza da fornire all'ambiente e il salto di
temperatura. In alcuni casi la portata necessari ai terminali imposta dal Costruttore, come ad
esempio avviene con i fan coil. In questi casi occorre allora partire dalle portate dei singoli
18
Nella realt occorre tenere conto del raffreddamento per dispersioni termiche del fluido nel passaggio dalla caldaia al
radiatore considerato. Se le tubazioni sono ben coibentate allora in una prima fase di calcolo si pu trascurare questo
disperdimento e considerare che la temperatura di ingresso in ogni radiatore sia costante e pari a quella di uscita dalla caldaia. La
Legge 10/91 e il DPR 412/93 impongono le modalit di isolamento e tengono conto dei disperdimenti mediante un rendimento di
distribuzione (si rimanda allo studio della L. 10/91 per lapprofondimento di questo argomento).
54
terminali per determinare le portate dei rami principali con un procedimento analogo a quello
sopra esposto.
3.1 METODO DEL RAMO PRINCIPALE
Il criterio qui seguito per il dimensionamento della rete noto come metodo del ramo
principale e consiste nel ritenere ogni circuito indipendente dagli altri, salvo le congruenze di
portate e pressioni, e di calcolare i circuiti partendo da quello pi sfavorito. Il circuito pi sfavorito
di solito quello di maggiore sviluppo in lunghezza ma questa regola non sempre verificata
poich si possono avere circuiti di minore lunghezza ma con resistenze localizzate di maggior peso.
Pi correttamente si pu dire che il circuito pi sfavorito quello che ha la maggiore
lunghezza equivalente.
Sfortunatamente la lunghezza equivalente non calcolabile a priori poich non sono noti i
diametri19 dei condotti e quindi il criterio guida per la scelta rimane quello della maggiore
lunghezza geometrica, salvo poi a verificare lipotesi fatta calcolando le lunghezze equivalenti. Il
circuito pi sfavorito viene dimensionato con uno dei criteri che si illustreranno nel prosieguo (a
velocit costante o a perdita specifica di pressione costante). Dopo il dimensionamento di questo
circuito molti rami della rete sono gi dimensionati e sono note le pressioni in corrispondenza dei
nodi comuni al circuito pi sfavorito e pertanto si possono dimensionare gli altri circuiti (in genere
la parte restante dei rami non comuni dei vari circuiti) con gli stessi criteri di progettazione.
3.2 METODO A VELOCIT COSTANTE
In questo caso si fissa la velocit massima che si desidera avere in ogni ramo, cos come
indicato nel 2.1, e allora si pu utilizzare labaco delle perdite specifiche di Figura 47: la portata
nota e pertanto imponendo la velocit si determina il punto interno allabaco cui corrisponde un
diametro (non detto che sia quello commerciale!) e la perdita specifica di pressione
corrispondente. In Figura 51 si ha un esempio di applicazione del metodo esposto: si pu
osservare come, scegliendo un diametro commerciale minore di quello teorico si ha una perdita
specifica maggiore e viceversa con la scelta del diametro commerciale maggiore.
Anche la velocit nel condotto varia con la scelta del diametro commerciale in modo
concorde alla perdita specifica. Di solito opportuno scegliere i diametri maggiori per i tratti di
circuito che portano maggiori portate (ad esempio nei rami 1A, A-D, G-H, H-2) mentre
conveniente scegliere i diametri minori nei rami terminali (compatibilmente con le esigenze di
rumorosit ambientale).
Ripetendo lo stesso procedimento per tutti i rami dei due circuiti si ottiene una nuova tabella
contenente i diametri selezionati, le velocit e le perdite specifiche effettive. Adesso possibile
valutare le perdite localizzate di ciascun ramo (curve, gomiti, derivazioni, valvole, radiatori,
caldaie, ..) secondo quanto indicato nella Figura 27. Alla fine siamo in grado di conoscere le
perdite totali (distribuite pi localizzate) di ciascun ramo:
[70]
Sommando le perdite totali di ogni ramo di ciascun percorso dei due circuiti si ottengono le
perdite di pressione calcolate secondo lo schema seguente:
19
Si ricordi che il fattore di Darcy per le perdite concentrate o la loro lunghezza equivalente non determinabile se non si
conosce il diametro del condotto. Per questo motivo in una prima fase si procede a considerare solamente le perdite distribuite per
la determinazione dei diametri e poi, noti i diametri, si procede a valutare le perdite concentrate.
55
56
pd
RamiCircuito
i 1
i Li
[73]
20
Si ricordi che noto il p della pompa e fissata la percentuale presunta per le perdite distribuite, ad esempio il 40%, si
determina univocamente pd disponibile.
57
Figura 51: Esempio duso dellabaco delle perdite specifiche con velocit costante imposta
58
Figura 52: Esempio duso dellabaco con il metodo della perdita specifica costante
3.3.1 DIMESIONAMENTO DELLE RETI D'ACQUA PER I FAN COIL
Si detto, nel volume sul Condizionamento, che i fan coil debbono fornire una potenza
(termica o frigorifera) mediante una batteria di scambio a due o tre ranghi. Si detta anche che
per garantire l'efficienza nominale delle batterie occorre fornire in ingresso una portata di acqua
(calda o fredda) pari al valore nominale che ciascun Costruttore indica per i vari modelli, come
illustrato in Tabella 11.
59
Ne consegue che la rete di distribuzione dei fan coil deve essere dimensionata con
riferimento alle portate nominali dei fan coil indicate dai costruttori e non sui carichi termici dei
singoli ambienti. Sar la regolazione a far s che la potenza ceduta dalla batteria del fan coil sia pari
a quella richiesta dall'ambiente.
Ricordando la sequenza:
Calore_prodotto = Calore_trasportato = Calore_ceduto
allora si deduce che anche il generatore deve soddisfare la sommatoria delle potenze delle
batterie da alimentare. Anche in questo caso la regolazione elettronica sul generatore garantir
che il calore prodotto sia pari al calore ceduto.
3.4 COMPONENTI PRINCIPALI PER LE RETI IDRONICHE
60
61
Le dimensioni dei collettori complanari debbono essere compatibili con gli spessori delle
murature dove, di solito, vengono inseriti (vedi Figura 54). Pertanto le dimensioni massime
commerciali sono di 1 . Ci non toglie che si possano costruire collettori complanari ad hoc di
dimensioni maggiori.
62
Figura 57: Esempio di distribuzione dellacqua calda con collettore complanare in un appartamento
63
64
65
Figura 62: Vista assonometrica del piping per una centrale termica
Figura 63: Vista assonometrica di una centrale termica con piping interno
66
Nelle centrali termiche si suole utilizzare grossi collettori complanari, detti manifold, a cui
collegare i circuiti delle reti tecnologiche.
Sono colpi forti e in rapida successione che si generano nelle condotte chiuse quando il
fluido frenato o accelerato in tempi molto brevi: ad esempio quando si chiude rapidamente un
rubinetto, oppure quando si avvia o si arresta una pompa. Sono colpi provocati dallenergia,
ceduta o sottratta al fluido, quando si varia la sua velocit.
67
Quelli acqua-aria sono, in genere, da evitare perch richiedono il costante rinnovo del
cuscino daria che tende a sciogliersi nellacqua. Sono utilizzati ammortizzatori di colpi di ariete
sopra le colonne, come indicati in Figura 66. la soluzione tradizionale adottata per impianti
grandi e medio-grandi con sviluppo a colonne. Gli ammortizzatori sono posti (in cassette o cavedi
68
ispezionabili) sopra le colonne di acqua fredda e calda. Le colonne di ricircolo sono collegate
direttamente a quelle dellacqua calda. una soluzione che consente di ottenere risultati validi per
quanto riguarda lattenuamento dei colpi dariete. Gli ammortizzatori, infatti, non sono troppo
lontani dai rubinetti: cio dalle sorgenti dei colpi dariete. , per, una soluzione che presenta
anche controindicazioni per quanto riguarda la sicurezza antilegionella. Controindicazioni legate al
fatto che in alcune zone dellimpianto lacqua calda non pu circolare. Pertanto, in queste zone
(dette zone morte) non pu essere attuata la disinfezione termica. Nel caso specifico le zone
morte sono di due tipi:
le prime sono costituite dai tratti di tubo che (sopra gli attacchi al ricircolo) collegano le
colonne
dacqua calda agli ammortizzatori;
le seconde corrispondono alle zone degli ammortizzatori che contengono acqua.
Unaltra soluzione adottabile quella di disporre gli ammortizzatori a molla (vedi Figura 67)
sui collettori di distribuzione, vedi Figura 68.
una soluzione che prevede la messa in opera sui collettori di piccoli ammortizzatori a
molla. Con simile soluzione si sposta lazione di smorzamento dei colpi dariete dalla sommit delle
colonne allinterno delle cassette di distribuzione.
69
70
71
valvola aperta, che con valvola chiusa. Pertanto, sia con valvola aperta che con valvola chiusa,
funziona a portata costante. Si pu ritenere che funzioni a portata costante anche con valvola
modulante, pur essendo questa deduzione un po arbitraria e non del tutto vera. Dal punto di vista
pratico, il sistema di bilanciamento con valvola di taratura presenta due inconvenienti:
esige una corretta taratura della valvola (cosa non sempre agevole);
pu essere facilmente starato.
Posto sul ritorno lAutoflow assicura non solo una portata costante del circuito, ma
garantisce anche una portata rigorosamente uguale a quella stabilita progettualmente.
Infatti, in tale posizione, lAutoflow esercita la sua azione autoregolante non solo a valvola
chiusa, ma anche a valvola aperta e modulante.
Effetti della regolazione sui terminali
Nei circuiti di regolazione, va pure considerato che pu manifestarsi un fenomeno alquanto
strano: i terminali continuano a restare caldi (cio continuano a cedere calore) anche a valvola
chiusa.
Per cercare di capire la causa di tale fenomeno, esamineremo dapprima il flusso dellacqua
che in teoria siamo indotti a ritenere pi logico, e poi il flusso che in realt si instaura nel circuito.
A valvola chiusa, nel circuito che serve i corpi scaldanti dovrebbe circolare solo acqua fredda,
in quanto il circuito non riceve (o meglio non dovrebbe ricevere) alcun apporto di calore.
Caldi invece dovrebbero rimanere i tratti di circuito (di andata e di ritorno) posti a monte del
by-pass, in quanto collegati (direttamente o attraverso i collettori) alla caldaia.
Schematicamente la situazione potrebbe essere rappresentata come in Figura 73. In realt
per le cose vanno in modo un po diverso.
72
Nella zona dinnesto tra il by-pass e il tubo di ritorno, lacqua non scorre in modo continuo.
Scorre bens in modo turbolento, con vene di acqua fredda che entrano nella zona dellacqua
calda.
Si creano cos dei vortici che risucchiano acqua calda dal tubo di ritorno e la portano in
circolazione. Ed questa acqua calda risucchiata ad impedire il raffreddamento del circuito che
alimenta i terminali. A valvola chiusa i corpi scaldanti possono restare caldi anche quando la
valvola fila. Un mezzo efficace per capire cosa in realt sta avvenendo quello di sentire con mano
(non c pericolo di scottature) la temperatura superficiale del tubo di by-pass.
Se la temperatura del tubo omogenea si tratta di trafilamento, se invece la temperatura
eterogenea (cio se ci sono zone pi calde che si alternano a zone pi fredde) si tratta di una
circolazione per risucchio.
Il manifestarsi o meno di questo fenomeno, dipende da molti fattori difficili da definire e da
collegare fra loro.
Pu comunque essere praticamente evitato adottando una delle seguenti misure:
mantenere una distanza (D) fra il by-pass e il collettore non inferiore a 8 diametri del bypass stesso (tale distanza non dovrebbe mai essere inferiore a 50 cm);
realizzare unansa di protezione fra il by-pass e il collettore, in modo che la controtendenza
introdotta ostacoli la risalita dellacqua calda fra il collettore e la zona di risucchio;
installare, fra il by-pass e il collettore, una valvola di ritegno;
installare, fra il by-pass e il collettore, una Ballstop invece della semplice valvola di
intercettazione normalmente prevista.
73
Separatori idraulici
I separatori idraulici sono prodotti destinati ad assumere un ruolo sempre pi importante
nel modo di concepire e realizzare i circuiti idraulici in generale, e le centrali termiche in
particolare. La loro funzione essenzialmente quella di rendere indipendenti (cio di separare) i
vari circuiti di un impianto. Ed una funzione che serve ad evitare, nei circuiti stessi, l'insorgere di
interferenze e disturbi reciproci. Quando nello stesso impianto si hanno sia un circuito primario di
produzione dotato della propria pompa che un circuito secondario di utenza con una o pi pompe
di distribuzione, ci possono essere delle condizioni di funzionamento dellimpianto per cui le
pompe interagiscono, creando variazioni anomale delle portate e delle prevalenze ai circuiti (vedi
nel prosieguo).
Il separatore idraulico crea una zona a ridotta perdita di carico, che permette di rendere
idraulicamente indipendenti i circuiti primario e secondario ad esso collegati; il flusso in un circuito
non crea flusso nellaltro se la perdita di carico nel tratto comune trascurabile. In questo caso la
portata che passa attraverso i rispettivi circuiti dipende esclusivamente dalle caratteristiche di
portata delle pompe, evitando la reciproca influenza dovuta al loro accoppiamento in serie.
74
Quando la pompa del secondario spenta, non c circolazione nel corrispondente circuito;
tutta la portata spinta dalla pompa del primario viene by-passata attraverso il separatore. Con il
separatore idraulico si pu cos avere un circuito di produzione a portata costante ed un circuito di
distribuzione a portata variabile, condizioni di funzionamento tipicamente caratteristiche dei
moderni impianti di climatizzazione. Di seguito, al fine di presentare in modo adeguato utilit e
prestazioni di questi nuovi prodotti dovremo:
analizzare come interferiscono fra loro i circuiti negli impianti tradizionali;
definire un indice per misurare tali interferenze;
esaminare le anomalie di funzionamento che le interferenze possono causare;
vedere, infine, come i separatori idraulici impediscono il nascere di qualsiasi interferenza
fra i circuiti ad essi collegati.
Per evidenziare interferenze fra i vari circuiti, prenderemo in esame limpianto sotto
riportato e cercheremo di vedere cosa succede man mano che si avviano le pompe. Per ragioni che
possiamo gi intuire, ma che vedremo meglio in seguito, presteremo la nostra attenzione
soprattutto a come varia la pressione fra i due collettori al netto del loro dislivello: differenza che,
75
per brevit, chiameremo P. Il variare di tale pressione sar previsto per via teorica, cercando in
ogni caso di evitare considerazioni troppo astratte e complesse.
76
Lattivazione della pompa comporta comunque un ulteriore incremento del P per i motivi
sopra specificati.
Indice di interferenza fra i vari circuiti
Come abbiamo visto, in un impianto tradizionale, man mano che si attivano le pompe cresce
sia il P fra i collettori, sia il reciproco disturbo (cio il livello dinterferenza) fra le pompe dei vari
circuiti. Possiamo quindi, in base ad una simile correlazione, assumere il P come indice atto a
valutare linterferenza fra i circuiti. Ed questo un indice di grande utilit pratica, perch ci
consente di valutare (numericamente e in modo molto semplice) lintensit di un fenomeno
altrimenti molto difficile e complesso da rappresentare quantitativamente.
Non possibile stabilire con precisione valori al di sotto dei quali si pu ritenere accettabile il
P: cio valori, al di sotto dei quali linterferenza fra i circuiti non causa evidenti irregolarit di
funzionamento. Tali valori dipendono infatti da troppe variabili, e sono legati anche al tipo di
pompe utilizzate. Si possono tuttavia ritenere generalmente accettabili P inferiori a 0,40,5 m
c.a. Valori pi elevati (e non raro trovare centrali con P di 1,52,0 m c.a.) possono invece
provocare gravi inconvenienti. Gli inconvenienti di maggior rilievo possono essere cos riassunti:
Pompe che non riescono a dare la portata richiesta
una grave disfunzione che succede soprattutto negli impianti in cui ci sono sia pompe
grandi, sia pompe piccole. In questi impianti, infatti, spesso le pompe piccole non riescono a
farcela perch (come visto in precedenza) devono spendere troppe energie per vincere lazione
contraria delle pompe pi grandi. Ce la possono fare solo se viene disattivata una o pi pompe
degli altri circuiti, cio solo se diminuisce il P contrario indotto dalle altre pompe. Ma di certo
questa non una soluzione generalmente perseguibile.
Pompe che si bruciano facilmente
una disfunzione legata al fatto che le interferenze fra i circuiti possono portare le pompe a
lavorare fuori campo, vale a dire in condizioni che portano le pompe stesse a bruciarsi facilmente.
Radiatori caldi anche a pompa ferma
Come lanomalia dovuta alle correnti parassite inverse generate dalle pompe attive.
Va considerato che fenomeni simili possono succedere anche per circolazione naturale o per
circolazione nei by-pass con valvole di regolazione chiuse. Quando dovuta ad un elevato P fra i
collettori, questa anomalia presenta per caratteristiche specifiche che la fanno riconoscere
facilmente: i radiatori hanno superfici calde in modo irregolare e i loro attacchi di ritorno sono pi
caldi di quelli di mandata: logica conseguenza del fatto che i radiatori sono riscaldati con correnti
di senso inverso a quello previsto.
Altre anomalie
Accanto alle anomalie segnalate, ce ne sono altre, magari meno visibili, ma non per questo
meno importanti. Anomalie che possiamo riassumere con una semplice constatazione: ben
difficilmente gli impianti tradizionali con elevato P tra i collettori (cosa che succede quasi sempre
negli impianti medio-grandi) possono lavorare nelle condizioni di progetto previste: cio nelle
condizioni ottimali.
Uso del separatore idraulico per azzerare le interferenze fra i circuiti
Per giustificare la fondatezza di questa tesi, possiamo considerare limpianto sotto riportato
e dimostrare che il suo P fra i collettori praticamente sempre uguale a zero.
77
In vero si tratta di una dimostrazione abbastanza facile. Infatti, come visto in precedenza, a
pompe attive il P fra i collettori uguale alla pressione che le pompe devono spendere per far
passare il fluido dal collettore di ritorno a quello di andata: pressione che, nel caso in esame,
praticamente nulla perch il fluido, per passare da un collettore allaltro, deve vincere solo le
resistenze del separatore, vale a dire resistenze sostanzialmente nulle, dato che il separatore altro
non che un largo by-pass fra i collettori. Dunque, con questa specie di uovo di Colombo, si pu
evitare, in modo molto semplice, il nascere di qualsiasi interferenza fra i circuiti e pertanto si
possono evitare tutti i problemi connessi.
Aspetti da considerare quando si usa un separatore idraulico
Sono aspetti che riguardano essenzialmente il dimensionamento delle pompe e il
bilanciamento dei circuiti di regolazione.
Pompe a monte del separatore
La portata di queste pompe va determinata in base al calore che esse devono trasportare e
al salto termico ipotizzato per tale trasporto, normalmente variabile da 10 a 20C.
Pompe dei circuiti derivati dai collettori
La loro prevalenza va determinata considerando che, a differenza di quanto avviene negli
impianti tradizionali, non devono essere messe in bilancio le perdite di carico del circuito caldaia.
Bilanciamento dei circuiti di regolazione
Non necessario bilanciare il by-pass con valvola di taratura o con Autoflow (vedi quanto
detto in precedenza). Infatti, a differenza di quanto avviene negli impianti tradizionali, il circuito da
cui deriva calore e il circuito di by-pass hanno, in qualsiasi posizione della valvola, perdite di carico
sostanzialmente uguali in quanto sostanzialmente nulle.
Separatori idraulici lungo le linee di distribuzione
Oltre che per evitare interferenze fra i circuiti, i separatori possono essere vantaggiosamente
utilizzati anche per servire sottostazioni di impianti a sviluppo esteso. In questi casi, servono ad
evitare linserimento di scambiatori nelle sottocentrali, oppure ad impedire che le pompe della
distribuzione principale disturbino troppo quelle che lavorano nelle sottostazioni.
78
Lo schema, riportato in Figura 80, illustra in merito la soluzione adottata per riscaldare una
scuola con ununica centrale termica e quattro sottostazioni, poste a servizio di edifici fra loro
indipendenti. Gli Autoflow sono utilizzati per dare ad ogni separatore, e quindi ad ogni
sottostazione, la giusta quantit di fluido.
79
lavoro svolto, perch meglio pu far risultare le scelte, la seriet e la professionalit di chi lha
realizzata, oltre che essere motivo di giusto orgoglio per chi ci tiene al proprio lavoro.
Figura 81: Esempio di piping di una centrale termica con un moderno CAD termotecnico
Figura 82: Esempio di dettagli costruttivi per il piping di centrale con un moderno CAD
3.4.5 IL DISPOSITIVO AUTOFLOW
80
G KAp0.5
F p A0
F Ks X
ove si ha il seguente simbolismo:
G
portata del fluido;
K
coefficiente di equilibrio;
A
Sezione di passaggio del fluido;
F
Forza;
p Pressione differenziale;
A0
Superficie della testa del pistone;
Ks
Costante caratteristica della molla;
X
spostamento del pistone.
Elaborando opportunamente le relazioni precedenti si arriva a definire la geometria che
deve avere la sezione di passaggio del fluido affinch la portata rimanga costante al variare della
pressione differenziale., come si pu osservare in Figura 83. A seconda della portata nominale e
del campo di pressione differenziale di lavoro, cambiano le forme e le dimensioni delle sezioni di
passaggio. Queste sono legate naturalmente alle dimensioni di ingombro complessive del
regolatore stesso. Per questo motivo i regolatori Autoflow vengono costruiti con forme e
grandezze differenti. Il funzionamento del dispositivo Autoflow pu essere meglio compreso
facendo riferimento alla curva p-G e ad uno schema di base che evidenzino l'andamento delle
grandezze in gioco. Si hanno tre casi possibili.
Flusso sotto il campo di lavoro
In questo caso il pistone di regolazione resta in equilibrio senza comprimere la molla e offre
al fluido la massima sezione libera di passaggio. In pratica il pistone agisce come un regolatore
fisso e, quindi, la portata che attraversa l'Autoflow dipende solo dalla pressione differenziale.
81
In questo campo di lavoro il pistone comprime completamente la molla e lascia solo il foro di
testa come via di passaggio per il fluido. Come nel primo caso il pistone agisce da regolatore fisso.
La portata che attraversa l'Autoflow dipende, quindi, solo dalla pressione differenziale.
Applicazione dellAutoflow nei circuiti
Seguono alcuni esempi di applicazione dellAutoflow nei vari tipi di circuiti.
I dispositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione di ritorno del circuito. Servono a far
fluire, attraverso le colonne, le quantit di fluido richieste.
Squilibri nella ripartizione delle portate possono, comunque, determinarsi lungo le colonne
per i motivi evidenziati nellesame dei circuiti semplici. Per tale ragione, questi circuiti sono
normalmente utilizzati in edifici che non superano i 5 o 6 piani.
I dispositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione di ritorno del circuito. Sono in grado di
far fluire, attraverso ogni terminale, le quantit di fluido richieste.
Si fa notare come in questo caso non sia necessario bilanciare tra di loro le colonne, dato
lampio campo di lavoro dellAutoflow.
Nel caso di valvole manuali invece, si sarebbero dovute bilanciare anche queste ultime tra di
loro inserendo in pi una valvola di bilanciamento per ogni colonna stessa.
82
Gli Autoflow posti sul ritorno delle derivazioni di zona consentono di mantenere costante la
portata di ogni derivazione sia a valvole aperte, sia a valvole chiuse.
In questo caso non necessario bilanciare le vie di by-pass delle valvole a tre vie, in quanto
lAutoflow assorbe automaticamente le eventuali variazioni di perdite di carico tra la via aperta
verso lutenza o aperta verso il by-pass.
Figura 89: Bilanciamento con Autoflow in impianti con valvole a tre vie
83
Figura 90: Regolazione con Autoflow delle batterie con valvole a tre vie
Inoltre, nel caso di valvole a tre vie modulanti, esso mantiene costante la portata
complessiva anche nelle posizioni intermedie dellotturatore della valvola.
I dispositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione di ritorno del circuito. Gli Autoflow
consentono di mantenere costanti le portate dei circuiti di distribuzione sia a valvole aperte, sia a
valvole chiuse. Inoltre, nel caso di valvole a tre vie modulanti, esso mantiene costante la portata
complessiva anche nelle posizioni intermedie dellotturatore della valvola.
Figura 91: Regolazione con valvole a due vie e pompa a velocit variabile
84
I dispositivi Autoflow vanno installati sulla tubazione di ritorno del circuito. Questa soluzione
utilizzata soprattutto in impianti con ventilconvettori e valvole di regolazione modulanti. Gli
Autoflow servono a stabilizzare la quantit di fluido che passa attraverso i terminali. In un
impianto con valvole a due vie e pompa a velocit variabile, senza una riequilibratura automatica
dellimpianto a carico ridotto (cio senza Autoflow) si possono avere terminali con flusso
insufficiente. Tale situazione riduce, per esempio, in modo considerevole le capacit dei terminali
di deumidificazione. Per bilanciare i circuiti che servono gli evaporatori o i condensatori dei gruppi
refrigeranti; sugli scambiatori la portata sempre costante anche nel caso di parzializzazione dei
gruppi, con conseguente ottimizzazione delle prestazioni. Negli impianti di teleriscaldamento, per
bilanciare le varie sottocentrali e limitarne la potenza termica al valore nominale; si assicurano cos
le condizioni ottimali di funzionamento degli scambiatori di calore.
Sono dispositivi, vedi Figura 95, che servono a ridurre la pressione disponibile ad un valore
predefinito e costante. Sono essenzialmente costituiti da:
un disco di regolazione,
85
I riduttori di pressione possono essere a sede normale e a sede compensata. Quelli a sede
compensata consentono prestazioni migliori soprattutto per quanto riguarda la precisione e la
stabilit di funzionamento
3.4.7 I DISCONNETTORI
86
a molla.
I disconnettori possono essere con o senza prese di pressione. Quelli con prese di pressione
consentono di verificare il funzionamento o meno delle valvole di ritegno e del meccanismo di
scarico.
3.4.8 VALVOLE DI RITEGNO
Sono valvole che servono a consentire il passaggio del fluido in un solo senso. Possono essere
cos classificate:
Valvole a battente o a Clapet,
Valvole a disco o a tappo,
Valvole a sfera,
Valvole a fuso.
Le loro caratteristiche principali sono descritte nei manuali tecnici dei vari Costruttori.
Valvole a Clapet
Sono caratterizzate dallavere un otturatore a battente (o a Clapet) incernierato al corpo
valvola. Il flusso normale mantiene aperto il battente, mentre il suo peso e il contro-flusso lo
mandano in chiusura. Sono utilizzate dove si richiedono basse perdite di carico.
Le normali valvole a battente provocano vibrazioni e farfallamenti nei regimi idraulici
variabili. In tali regimi bene installare valvole speciali con battente equilibrato a contrappeso.
Nota: La messa in opera di queste valvole deve essere fatta in modo che lotturatore resti
chiuso in assenza di flusso.
87
idraulici pulsanti. Limiti duso: depositi e incrostazioni possono compromettere la tenuta della
chiusura.
Valvole a sfera
La loro azione di apertura-chiusura affidata ad un otturatore a sfera. Il flusso normale
solleva la sfera, mentre il suo peso e il contro-flusso la mandano in chiusura. Sono utilizzate con
fluidi viscosi e con liquidi sporchi. E sconsigliabile il loro uso in regimi idraulici pulsanti.
Valvole a fuso
Aprono e chiudono mediante un otturatore a forma di fuso e con richiamo a molla. Il flusso
normale solleva il fuso, mentre il peso del fuso stesso, lazione di una o pi molle e il contro-flusso
lo mandano in chiusura. Sono utilizzate per limitare gli effetti dei colpi dariete. Limiti duso:
depositi e incrostazioni possono compromettere la tenuta della chiusura.
3.4.9 VINCOLI DELLE TUBAZIONI
Vi sono dispositivi meccanici che servono ad equilibrare le forze, statiche e dinamiche, che
normalmente agiscono sulle reti di distribuzione. Forze di natura statica sono il peso proprio dei
tubi, il peso del fluido in essi contenuto e il peso di eventuali apparecchiature e accessori (raccordi,
valvolame, pompe, rivestimenti, ecc...). Forze di natura dinamica sono, invece, quelle che derivano
dalle dilatazioni termiche dei tubi. I vincoli delle tubazioni devono essere disposti in modo da
evitare:
sollecitazioni troppo elevate, specie in prossimit di attacchi flangiati e di saldature;
percorsi a onda, che possono causare sacche daria (negli impianti di riscaldamento) e
depositi di acqua condensata (negli impianti a vapore).
In base al tipo di azione esercitata, i vincoli si possono cos classificare:
punti fissi, servono a bloccare le tubazioni nei punti voluti;
guide, permettono lo spostamento dei tubi in una sola direzione;
appoggi o sostegni, hanno esclusivamente il compito di sostenere il peso delle tubazioni.
Punti fissi
Sono vincoli che bloccano le tubazioni in modo da impedire qualsiasi movimento. Si possono
classificare in punti fissi principali e punti fissi secondari.
Punti fissi principali
Si trovano allinizio e alla fine dellimpianto, vedi Figura 98, come pure nei tratti con curve.
Devono essere dimensionati in modo da poter resistere allazione delle seguenti forze:
spinte conseguenti alla deformazione dei dilatatori (per i dilatatori artificiali, il valore di
tale spinta in genere fornito dal costruttore);
resistenza dovuta agli di attriti delle guide che sono comprese fra il compensatore e il
punto fisso;
spinta dovuta alla pressione del fluido (praticamente da considerarsi solo in impianti a
vapore o ad acqua surriscaldata);
forza centrifuga indotta dalla velocit del fluido (generalmente questa spinta si considera
solo per tubazioni che hanno diametro superiore a 300 mm).
88
Guide
Sono vincoli che consentono alle tubazioni di muoversi solamente lungo una direzione
prefissata. In base al tipo di scorrimento, si possono classificare in guide ad attrito radente e in
guide ad attrito volvente. Le guide ad attrito radente scorrono per strisciamento sulle superfici di
appoggio. Le guide ad attrito volvente si muovono, invece, su appositi rulli e consentono
spostamenti pi uniformi. Sono da preferirsi per i tubi di grande diametro.
89
Appoggi e sostegni
Sono vincoli che lasciano alle tubazioni la possibilit di muoversi assialmente e lateralmente.
Gli appoggi lavorano in compressione e scaricano il peso dei tubi su travi o mensole di supporto.
I sostegni sono vincoli che lavorano in trazione e tengono sospesi i tubi mediante collari
pensili..
90
Il circuito inverso pu essere del tipo a sviluppo lineare (comunemente detto a tre tubi o
anello di Tickelmann) oppure a sviluppo anulare (falso tre tubi).
Le applicazioni di questo circuito (specie nel tipo a sviluppo lineare) sono limitate soprattutto
dai suoi costi relativamente elevati. In molti casi, il bilanciamento delle derivazioni di rete pu
essere ottenuto pi convenientemente con valvole di taratura o con limitatori di portata.
3.4.11 DILATAZIONI LINEARI DELLE TUBAZIONI
Per effetto della temperatura del fluido di lavoro le tubazioni sono soggette a dilatazione
termica della quale si deve tenere conto in sede progettuale.
Le dilatazioni termiche lineari possono essere calcolate con la formula:
L = L T
dove:
L = dilatazione termica lineare, mm
= coefficiente di dilatazione termica lineare, mm/mC
L = lunghezza della tubazione, m
T = differenza di temperatura, C
Nella seguente Tabella 12sono riportati i valori di per i tubi normalmente utilizzati negli
impianti idro-termosanitari.
91
In alternativa alla tabella si pu utilizzare labaco di Figura 104 che fornisce i coefficienti di
dilatazione per i vari materiali duso in funzione della temperatura.
92
Solitamente conviene che lallungamento di pretensione sia uguale a met della dilatazione
termica prevista. I compensatori naturali pi comunemente usati sono quelli che hanno forma
geometrica a U, L e Z. In genere i compensatori a U devono essere realizzati appositamente,
mentre i compensatori a L, oppure a Z, possono essere ricavati anche dal normale percorso delle
tubazioni, posizionando opportunamente i punti fissi e le guide di scorrimento.
I diagrammi di Figura 105, Figura 106 e Figura 107 consentono di dimensionare i
compensatori del tipo a U, L e Z in relazione al loro diametro e al valore della dilatazione da
compensare.
Compensatori artificiali
Sono dispositivi meccanici, deformabili con facilit, appositamente costruiti per poter
assorbire le dilatazioni termiche dei tubi. Commercialmente sono disponibili nei tipi: a soffietto
metallico, in gomma, a telescopio e a tubo flessibile.
Compensatori a soffietto metallico
Sono tratti di condotto costituiti principalmente da una parete metallica ondulata e
deformabile, simile ad un soffietto. Assicurano una buona tenuta (anche con forti pressioni e con
temperature elevate), non sono ingombranti e hanno la possibilit di compiere unampia gamma
di movimenti. Per queste loro caratteristiche, i compensatori a soffietto metallico sono molto
utilizzati negli impianti sanitari e di riscaldamento nonch negli impianti industriali. Secondo il tipo
di movimento si classificano in: assiali, laterali e angolari.
93
E importante ricordare che questi compensatori per poter lavorare correttamente debbono
avere le omega non in tensione inizialmente.
Essi vengono montati con una compressione iniziale in modo che la successiva dilatazione
termica venga assorbita dalla dilatazione delle omega.
Se montati non correttamente questi dilatatori possono provocare incidenti anche gravi
(specialmente nelle tubazioni ad acqua surriscaldata) per rottura a fatica delle omega.
Compensatori in gomma
Sono dispositivi di compensazione costituiti essenzialmente da un tratto di condotto in
gomma con superficie a onda semplice o multipla. Sono in grado di assicurare compensazioni
assiali, laterali e angolari.
Sono, inoltre, particolarmente utili per assorbire le vibrazioni e per interrompere la
continuit metallica.
Questi compensatori non sono utilizzabili n con alte temperature (temperatura massima
100105C), n con elevate pressioni (pressione massima 810 atm) e neppure con quei fluidi che,
per le loro caratteristiche fisico-chimiche, non possono essere convogliati in condotti di gomma.
Compensatori telescopici
Sono realizzati con due tubi coassiali liberi di scorrere fra loro come gli elementi del tubo di
un telescopio. La tenuta idraulica ottenuta con una o pi guarnizioni in materiale elastico.
I compensatori telescopici possono essere utilizzati solo con pressioni limitate e con
movimenti delle tubazioni rigorosamente assiali.
Se i movimenti delle tubazioni non sono assiali, i tubi interni dei compensatori tendono ad
impuntarsi, compromettendo cos lefficienza della tenuta idraulica.
94
95
21
ripetere il calcolo per tutti circuiti tenendo conto che i tratti comuni sono gi
dimensionati (partendo dai circuiti pi lunghi) e che di questi si conoscono le perdite
specifiche vere e quindi nel calcolo della media si deve tenere conto solamente dei
rami ancora da dimensionare e della p che hanno disponibile;
Confrontare le cadute di pressione di tutti i circuiti e provvedere al calcolo delle
resistenze di compensazione (rispetto alla caduta di pressione maggiore) de circuiti
pi favoriti;
Verificare la scelta della pompa di circolazione.
96
Viscosit cinematica
2
m /s)
-6
1.30 10
10
-6
80
0.39 10
Densit (kg/m )
3
999.6
971.1
C1.85 d 4.87
Con:
m
portata del fluido, [l/m];
Perdita specifica di pressione, [mm.ca/m];
d
diametro della tubazione, [mm];
Ccostante funzione del tipo di tubazione:
C=100
tubi in ghisa
C=120
tubi in acciaio
C=140
tubi in rame
C=150
tubi in plastica.
Dalla stessa relazione, nota si pu calcolare il diametro della tubazione con la relazione:
1.85
C
0.205
Questo metodo indicato per la progettazione delle reti antincendio mediante idranti.
97
T Tm Tr
Ricordando che il terminale cede calore allambiente mediante la relazione:
Q K S Tml F
con:
Tml
1 2
ln 1
2
con: =t f1 t f2
98
Resa T=50
EN442 [W]
Cont. acqua
[L]
Prof.
Alt.
Inter.
Lungh.
attacco
[pollici]
Massa
[kg]
TEMA 2-558
55
1,288
0,53
60
558
500
60
3,40
TEMA 2-681
69
1,287
0,60
60
681
623
60
3,90
TEMA 2-871
82
1,3
0,77
60
871
813
60
5,00
TEMA 3-400
55
1,295
0,51
94
400
342
60
3,70
TEMA 3-558
13
1,295
0,73
94
558
500
60
4,80
TEMA 3-640
84
1,3
0,75
94
640
581
60
5,30
99
TEMA 3-681
88
1,3
0,85
94
681
623
60
5,8
TEMA 3-790
102
1,305
0,9
94
790
731
60
6,5
TEMA 3-871
109
1,315
94
871
813
60
6,80
TEMA 4-558
93
1,299
0,84
128
558
500
60
5,80
TEMA 4-681
111
1,276
1,07
128
681
623
60
7,90
TEMA 4-871
137
1,331
1,34
128
871
813
60
8,60
TEMA 5-558
114
1,312
1,01
162
558
500
60
7,30
TEMA 5-681
136
1,322
1,23
162
681
623
60
9,00
TEMA 5-871
166
1,324
1,7
162
871
813
60
11,00
TEMA 8-300
103
1,326
1,18
267
300
242
60
6,70
NEOCLASSIC 4-571
80
1,295
0,68
141
576
500
55
4,65
NEOCLASSIC 4-665
92
1,309
0,74
141
669
595
55
5,25
NEOCLASSIC 4-871
112
1,345
0,86
141
871
800
55
6,89
NEOCLASSIC 6-665
134
1,3
0,96
222
665
595
55
1 1/4
8,30
NEOCLASSIC 6-871
169
1,32
1,5
222
871
800
55
1 1/4
10,80
In queste condizioni la potenza ceduto dal corpo scaldante quella nominale (vedi Tabella
14). Nel caso in cui si abbia un T fra corpo scaldante ed ambiente diversa da 50 C (valore
nominale) allora occorre apportare la correzione seguente:
n
50
QNom QEff
Treale
per calcolare leffettiva potenza ceduta dal corpo scaldante. Cos, ad esempio, se si alimenta
un radiatore a 70 C e la temperatura di ritorno 60 C risulta la Tmedia= 65 C e quindi la TCSamb= 65-20 = 45 C. In base al dati, ad esempio, della Tabella 16, si avrebbe per il TEMA 2-558
(prima riga) n= 1.288 ed una variazione di potenza ceduta pari a:
1.288
QNom 50
QEff 45
1.145
Ne consegue che non basta indicare, nel calcolo della rete di distribuzione, la sola T fra
mandata e ritorno del fluido per avere la suddetta congruenza ma occorre anche verificare che
Tcs-amb sia quello desiderato (50 C nel caso di valore nominale) o che si sia scelto il corpo
scaldante con superficie corretta per i valori effettivi di scambio.
100
Il DPR 59/09 introduce l'obbligo di bilanciamento delle reti di distribuzione dei fluidi di
lavoro. Quest'innovazione si rende opportuna e necessaria per incrementare l'efficienza
dell'impianto e ridurre le perdite di energia che si avrebbero senza un bilanciamento.
La problematica molto importante perch una rete di distribuzione non bilanciata porta ad
avere potenze cedute dai terminali che non eguagliano quelle richieste dagli ambienti. Capita
sovente di avere una totale assenza di regolazione sia centralizzata che locale e pertanto
l'impianto marca sempre a potenza massima con la necessit per gli occupanti, ad esempio in
inverno, di aprire le finestre per evitare il surriscaldamento o, in estate, per evitare il
surraffreddamento.
I dimensionamenti delle reti di distribuzione consentono di calcolare le cadute di pressione
totali di ciascun circuito collegato ai terminali e quindi di valutare lo sbilanciamento di ciascun
circuito rispetto a quello di massima caduta di pressione.
L'inserimento di una valvola di regolazione di pari valore di caduta di pressione (vedi pi
avanti per le modalit) consente di avere reti perfettamente bilanciate. La conseguenza del
bilanciamento che le portate nominali dei singoli rami sono rispettate e quindi le portate di
alimentazioni dei singoli terminali sono corrette.
Se il bilanciamento non effettuato allora i circuiti con perdite di pressione minori sono
alimentati con portate di fluido maggiori per avere un bilanciamento reale delle cadute totali dei
circuiti. La conseguenza che alcuni terminali ricevono pi fluidi ed altri, per conseguenza a parit
di portata totale, una minore portata.
La verifica del bilanciamento delle reti pu essere effettuata in modo semplice a patto di
potere operare su valvole di regolazione regolarmente installate sui singoli circuiti.
A parit di condizioni climatiche esterne si opera sulle valvole di bilanciamento (in chiusura o
in apertura a seconda dei casi) in modo tale che tutti gli ambienti siano alla stessa temperatura.
Se l'intero progetto, a partire dal calcolo dei carichi termici, stato fatto correttamente e se
la regolazione elettronica (sia dei generatori che locale) funziona correttamente allora la
temperatura misurata comune degli ambienti sar quella di progetto altrimenti si avr un
sovradimensionamento o un sottodimensionamento dei generatori a seconda delle stagioni e del
segno della differenza di temperatura fra quella di progetta e quella reale.
Come gi osservato importante che le valvole di regolazione siano installate e cio che si
abbia la possibilit di regolare le cadute di pressione dei singoli rami e/o dei singoli circuiti. Se,
come spesso accade per ridurre i costi di installazione, mancano le valvole di regolazione allora il
problema del bilanciamento delle reti pu non essere risolvibile se non intervenendo
materialmente sui circuiti.
Si vedranno ora i metodi pi utilizzati per attuare il bilanciamento delle reti.
3.6.1 METODO DELLE PORTATE NOMINALI
23
Quando si bilancia una rete di distribuzione variando le portate occorre variare la prevalenza
applicata mediante la relazione:
p
m1 m 1
p
0.525
[77]
ove si ha:
23
Con questo termine si indica anche la p creata dalla pompa. Nel S.T. si suole indicarla in (mm. c.a) mentre nel S.I.
espressa in (Pa).
101
m1
portata di bilanciamento (nuovo valore da assegnare), (kg/s) o (L/h);
m
portata del circuito da bilanciare, (kg/s) o (L/h);
p1 nuova prevalenza, (Pa) o (mm c.a)
p prevalenza del circuito da bilanciare, (Pa) o (mm c.a)
La [77] si basa sullipotesi che le perdite di carico totali risultano dipendenti dalla portata di
fluido con potenza di valore 1.9.
Questa relazione vale abbastanza bene per tubazioni (in acciaio o in rame) per acqua. Il
rapporto fra le portate:
m
k 1
[78]
m
determina anche la variazione da applicare, per ogni derivazione o corpo scaldante della rete
di distribuzione, dopo il bilanciamento.
3.6.2 MODALIT OPERATIVE DEL BILANCIAMENTO DELLE RETI
Se due circuiti aventi portate e prevalenze assegnate debbono confluire in un nodo essi
debbono presentare la stessa caduta di pressione al nodo. Allora se si conoscono le portate di
ciascun circuito e le loro cadute di pressione si possono bilanciare secondo tre criteri:
Bilanciamento alla prevalenza maggiore: in questo caso si varia la portata dellaltro
circuito mediante la [77] e poi si determinano le portate nei radiatori secondo il fattore
[78]. Questo metodo garantisce una buona resa dei corpi scaldanti in quanto accresce la
portata del circuito a prevalenza minore; in compenso crescono anche le velocit e quindi
si pu avere maggior rumorosit
Bilanciamento alla prevalenza minore: in questo caso si applicano le due relazioni
precedenti al circuito che ha maggiore caduta di pressione. In questo caso decresce la
portata nei corpi scaldanti del circuito che prima aveva prevalenza maggiore. In compenso
non crescono le velocit e quindi si riducono i rischi di rumorosit.
Bilanciamento alla prevalenza media: si calcola il valore medio delle due cadute di
pressione e si applicano la [77] e la [78] ad entrambi i circuiti. Questo metodo raggiunge un
compromesso fra i due precedenti.
3.6.3 BILANCIAMENTO CON VALVOLE DI TARATURA
Oltre che agendo sulle portate si pu agire sulle perdite di pressione provocate da
opportune valvole tarate. In questo modo si fa in modo da avere la stessa p per tutti i circuiti.
Occorre avere lavvertenza di inserire in ogni circuito e nei rami principali queste valvole che
sono caratterizzate dallavere un collare graduato in modo che ad ogni giro o anche parte di esso si
abbia una caduta di pressione calibrata e prevedibile, vedi Figura 110.
I Costruttori ne forniscono diversi modelli (valvole diritte, a squadra, ) e per ciascun
modello, in funzione anche del diametro nominale, forniscono le curve di taratura del tipo di
quelle riportate in Figura 111.
102
103
104
105
Figura 117: Esempio di rete a ritorno diretto con equilibratura dei circuiti
In Figura 118 si ha un esempio di calcolo delle cadute di pressione per i vari circuiti della rete
di distribuzione di acqua da un refrigeratori a 6 fan coil: si pu osservare come il circuito relativo al
fan coil pi lontano abbia una caduta di pressione di 20 kPa mentre quello pi vicino ha una
caduta di 10 kPa. Pertanto una rete a ritorno inverso pu spesso essere squilibrata.
Figura 118: Cadute di pressione nei vari circuiti della rete a ritorno diretto
Nella stessa Figura 118 si ha lindicazione di una valvola di taratura che deve provocare una
caduta di pressione pari alla differenza fra la caduta massima e quella del circuito in elaborazione.
106
4.1 PREMESSE
Le reti di distribuzione per laria (aerauliche) presentano specificit derivanti dal fluido di
lavoro gassoso e quindi con bassa densit. Il progetto delle reti aerauliche presenta maggiori
criticit rispetto a quelle idrauliche perch laria genera pi facilmente vorticosit e quindi perdite
per attrito localizzato.
Esse possono essere classificate in:
condotte di mandata;
condotte di ripresa;
condotte di aspirazione;
condotte di espulsione.
Questa classificazione sostanzialmente ininfluente sulla tecnologia costruttiva delle
condotte, poich la tecnica della loro realizzazione non varia, nella maggior parte dei casi, con la
variazione di direzione del flusso daria.
La distinzione pu diventare invece importante nel momento in cui intervengono fattori o
vincoli che determinano un diverso dimensionamento delle condotte, oppure esigenze che
obbligano al conseguimento di una determinata tenuta alle fughe daria, oppure ancora le
problematiche connesse alla coibentazione termica.
4.2 CLASSIFICAZIONE DEI CANALI
Negli impianti di condizionamento esistono due metodi per convogliare laria verso i locali
condizionati, chiamati a bassa e ad alta velocit. La linea di separazione tra i due sistemi non
ben definita, tuttavia, come valori di riferimento per le velocit iniziali, il progettista pu assumere
i seguenti:
1. Impianti commerciali e residenziali:
a) Bassa velocit: fino a 13 m/s. Normalmente compresa fra i 6 e gli 11 m/s;
b) Alta velocit: sopra i 13 m/s.
2. Impianti industriali:
a) Bassa velocit: fino a 13 m/s. Normalmente compresa tra gli 11 ed i 13 m/s;
b) Alta velocit: da 13 a 25 m/s.
I canali di ripresa negli impianti a bassa o ad alta velocit vengono normalmente
dimensionati a bassa velocit. Per i canali di ripresa le velocit raccomandate sono:
1. Impianti commerciali e residenziali:
Bassa velocit: fino a 10 m/s. Normalmente compresa tra 7.5 e 9 m/s.
2. Impianti industriali:
107
In base alle pressioni, i canali per la distribuzione dellaria vengono divisi in tre categorie.
Queste, che corrispondono alle classi I, II e III dei ventilatori, vengono definite nel modo
seguente:
1. Bassa pressione: fino a 900 Pa, ventilatore della classe I.
2. Media pressione: da 900 a 1700 Pa, ventilatore della classe II.
3. Alta pressione: da 1700 a 3000 Pa, ventilatore della classe III.
Questi valori si riferiscono alla pressione totale e comprendono le perdite di carico che si
verificano nella centrale di trattamento dellaria, nei canali di distribuzione e nei diffusori.
La funzione di una rete di canali di convogliare laria dalla centrale di trattamento ai vari
locali da condizionare. Per assolvere questa funzione nel migliore dei modi, la rete di distribuzione
deve essere progettata avendo presente diversi fattori, quali: lo spazio a disposizione, le perdite di
carico, la velocit dellaria, il livello di rumorosit, le rientrate e le dispersioni di calore, le fughe
per la non perfetta tenuta.
Per i canali di mandata e di ripresa, lo spazio disponibile per la loro sistemazione e laspetto
estetico determinano, molto spesso, il progetto ed impongono, a volte, un tipo di impianto.
Negli alberghi e negli uffici, con una disponibilit di spazio limitata, limpiego di terminali ad
induzione con canali daria circolari ad alta velocit pu risultare spesso, a parte ogni altra
considerazione, la soluzione migliore.
Nei grandi magazzini o nei grossi centri commerciali gi esistenti, limpianto pu richiedere
dei canali in vista appesi al soffitto. In questo caso sono particolarmente consigliati dei canali a
sezione rettangolare costante che assumono laspetto di travi.
Per ottenere questo risultato, i canali dovranno essere esternamente lisci e ridotti al
massimo i cambiamenti di sezione. Negli impianti industriali, lingombro e laspetto estetico dei
canali assumono unimportanza secondaria. Anche per questi impianti, comunque, spesso il canale
a forma rettangolare rappresenta la soluzione migliore e pi economica.
Le canalizzazioni, possono essere dimensionati, analogamente a quanto visto per le reti ad
acqua, con i metodi a velocit costante , perdita specifica di pressione costante e con un nuovo
metodo, valido solo per i canali daria, detto a recupero di pressione (vedi nel prosieguo).
In questo caso, per, occorre tenere conto che la distribuzione dellaria trova i terminali alla
stessa pressione, quella ambientale.
4.2.1 CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DEGLI ISOLANTI PER I CANALI
I requisiti costruttivi delle coibentazioni per le reti aerauliche possono cos sintetizzarsi:
Basso coefficiente di conducibilit al fine di garantire un migliore isolamento termico;
Basso valore del calore specifico;
Facilit di posa in opera;
Buona resistenza al fuoco e allusura;
Inorganicit e stabilit chimica.
Si utilizzano principalmente i seguenti materiali:
Gomma sintetica;
Schiume poliuretaniche;
Materiali fibrosi in lana minerale (di roccia o di vetro).
108
4.2.2 CANALI IN TESSUTO
Oltre ai canali in lamiera zincata o in materiale plastico si hanno anche i canali in plastica.
Questi possono essere utilizzati per grandi distribuzioni daria in ambito industriale o in edifici
commerciali.
La sezione circolare e pertanto lingombro in altezza richiede spazi ed altezze opportuni dei
locali. La velocit consentita varia fra 6 20 m/s (a seconda del diametro) e questo consente di
smaltire grandi portate con diametri contenuti.
Presentano cadute di pressione variabili fra 100 e 200 Ps.
In alcuni casi i canali possono essere forati e ci consente una diffusione dellaria in
ambiente in modo graduale ed uniforme.
I diffusori tessili in PVC vengono realizzati con file di fori su tessuto non permeabile allaria
(Figura 123). Consentono di lanciare laria nelle direzioni e con la velocit voluta, quindi possono
109
essere usati per altezze di installazione anche elevate, sia per il riscaldamento che per il
raffreddamento, come si fa con i diffusori tradizionali.
I canali in tessuti sono sostenuti da speciali binari e carrelli con ruote o con profili di
alluminio e gratili cuciti al diffusore tessile.
La scelta dei diametri pu essere effettuata mediante la Tabella 17 sia per diffusori circolari
che per quelli semicircolari.
Le perdite di carico possono calcolarsi con i soliti abachi per tubi lisci. Occorre tenere
presente che la velocit dellaria allinterno di questi canali si riduce dalla sezione iniziale fino a
quella finale (velocit nulla) e quindi le perdite per attrito sono inferiori a quelle usuali.
110
111
Se la rete di ripresa dellaria estesa si pu avere anche una soffiante dedicata alla ripresa.
112
600-1200 Pa
100-100 Pa
100 2000 Pa
Nella Figura 126 si ha un esempio di selezione di unUTA con la specificazione delle pressioni
utili per la ripresa e la mandata dellaria.
113
A differenza delle reti idroniche le reti aerauliche occupano notevoli spazi, come ad esempio
mostrato in Figura 128 e in Figura 129. Del resto proprio il fluido di lavoro, laria, a determinare i
maggiori ingombri a causa della ridotta densit (1,21 kg/m contro i 1000 kg/m dellacqua) come
conseguenza dellequazione di continuit m wS (a parit di portata massica e di velocit la
sezione inversamente proporzionale alla densit del fluido).
114
Le dimensioni dei canali aeraulici possono essere (e solitamente lo sono) un grave problema
impiantistico perch non sempre gli spazi sono disponibili sia perch colpevolmente non previsti
dai progettisti architettonici che per i vincoli esistenti negli edifici25.
Si aggiunga ancora che in Italia gli spazi tecnici fanno volumetria26 e pertanto i progettisti
tendono sempre pi a ridurli perch sottraggono spazi utili allutilizzo. La conseguenza di questa
limitazione quella di limitare fortemente laltezza dei canali dellaria in modo da poterli inserire
nelle intercapedini lasciate libere dai controsoffitti.
Se si considera lo standard costruttivo con altezze lorde di 3,20 m per piano si pu fare
rapidamente un calcolo. Si hanno 20 cm per i solai (e spesso anche 30 cm se destinati ad edifici
pubblici), 2,70 m laltezza minima che le attuali norme indicano per gli spazi abitativi e quindi
restano 20 30 cm di spazio per lintercapedine e di conseguenza laltezza dei canali dellaria viene
limitata a circa 250-300 mm (si ricordi che le dimensioni dei canali sono sempre indicate in
millimetri).
25
Si pensi, ad esempio, agli edifici storici nei quali le murature sono portanti e di grande spessore, oppure alla presenza di
volte negli ambienti o anche ai semplici vincoli che le sovrintendenze ai beni culturali pongono sugli edifici storici.
26
In alcune nazioni gli spazi tecnici sono esclusi dal calcolo della volumetria e pertanto si possono meglio integrare i canali
e gli altri impianti in questi spazi. Negli edifici americani, ad esempio, per ciascun piano si ha un piano di quasi pari altezza per gli
impianti tecnologici.
115
A complicare le cose si ha poi, nelle zone climatiche dalla C in su, la necessit del ricircolo
dellaria per i recuperatori di calore e quindi si ha la presenza sia dei canali di mandata che di quelli
di ripresa negli stessi spazi.
Gli incroci dei canali sono zone fortemente critiche perch si costretti a ridurre laltezza di
ciascun canale in modo da restare entro i limiti delle intercapedini disponibili. Questi
schiacciamenti producono forti perdite di pressione che debbono essere compensate dalle
soffianti con una maggiore prevalenza. Un problema analogo si ha con il passaggio al di sotto delle
travi a taglio con formazioni di curve attorno alle travi (o ai pilastri) e conseguente schiacciamento
delle altezze per potere restare allinterno delle intercapedini.
116
Negli impianti a doppio condotto (dual conduit) i problemi di occupazione dei canali dellaria
si acuiscono ulteriormente per la presenza dei due canali daria (fredda e calda) e quella delle
unit miscelatrici (vedi Figura 131).
Altro problema importante per le reti aerauliche lattraversamento dei solai da piano a
piano. Nel caso di canali principali si hanno ingombri notevoli che richiedono cavedi di passaggio
paragonabili alle trombe delle scale o dei vani ascensori. Se questi cavedi sono previsti (come
dovrebbe essere) non si hanno difficolt di sorta ma se sono stati ignorati in fase progettuale
allora si pongono grossi problemi impiantistici.
Solitamente lignoranza27 progettuale si vede subito perch gli impianti appaiono posticci,
posti allesterno e senza una vera integrazione architettonica. Del resto non si possono negare i
problemi dimensionali appena esposti ma anche vero che doveroso sforzarsi di integrare al
meglio gli impianti negli edifici. Renzo Piano ha dato un esempio di questo tipo di integrazione nel
Centro Pompidou di Parigi: i canali dellaria sono divenuti elementi architettonici e posti in vista,
come indicato in Figura 133.
27
117
118
La complessit delle reti aerauliche e la loro specificit non deve mai essere sottovalutata se
si vuole il buon funzionamento di tutti gli impianti da queste dipendenti.
Occorre sempre prevedere la possibilit di potere intervenire per operazioni di
manutenzione (ordinarie e straordinarie e pertanto occorre potere accedere alle reti di canali
senza dover demolire parte delledificio e dei soffitti.
Negli impianti destinati ad edifici pubblici occorre potere intervenire per eventuali bonifiche
(ad esempio per la legionella) e pertanto necessario prevedere le porte di ispezione ben
distanziate per linserimento dei robot di pulizia e comunque per potere effettuare le operazioni
necessarie.
Nel primo caso si procede sostanzialmente come gi indicato per le tubazione dellacqua. La
portata da immettere in ogni ambiente tramite i terminali (bocchette di mandata o diffusori)
calcolata in proporzione al carico termico dellambiente rispetto a quello totale.
Q
mi m0 i
[79]
Q0
con Qi carico totale dellambiente i.esimo, Q0 carico totale delledificio, m0 portata massica
totale delledificio dellaria, mi portata massica dellaria nellambiente i.esimo.
Note le portate nei tronchi terminali28 si calcolano le portate nei tronchi principali. Si impone
la velocit in ogni tronco avendo cura di scegliere il valore pi opportuno contemperando le
esigenze di economicit della rete con quelle dellefficienza e della silenziosit. I valori consigliati,
per edifici civili, sono i seguenti:
Velocit minima (m/s)
Tronchi principali
16
Utilizzando labaco di Figura 48 per laria si determina, note le coppie ( mi , wi) il diametro
equivalente, Deq, e la perdita specifica di pressione i di ogni ramo.
Noto il diametro equivalente si determinano le dimensioni a e b della sezione rettangolare
equivalente (a parit delle perdite di pressione) mediante la relazione:
a b
Deq 1.3
0,25
a b
0,625
28
[80]
119
ove una delle dimensioni deve essere fissata a priori. Di solito si impone laltezza a del canale
per motivi di ingombro (controsoffitto) e quindi la precedente relazione consente di calcolare b. I
Valori usuali delle dimensioni dei canali variano a modulo di 50 mm.
Pertanto determinata la sezione rettangolare finale occorre ricalcolare il Deq mediante la [80]
e poi, tramite labaco per laria, riottenere i valori finali della velocit e della perdita specifica di
pressione.
Tabella 22: Diametri equivalenti a pari perdita di pressione per canali rettangolari
120
Fatti i calcoli per ogni circuito occorre poi calcolare le effettive pressioni a monte delle
bocchette di mandata ed inserire delle serrande di regolazione in modo che ogni bocchetta (o
anemostato) abbia la differenza di pressione necessaria per il lancio e la velocit di uscita
desiderati.
La soffiante dovr fornire, per la portata totale, un p capace di far fronte alle perdite nei
canali di distribuzione e nelle apparecchiature interne alla centrale di trattamento aria.
Queste cadute di pressione (per le batterie calde e/o fredde, per lumidificatore, il
separatore di gocce, filtri, ) sono fornite dai costruttori delle stesso apparecchiature e sono
riportate in abachi specialistici nei manuali tecnici.
121
Anche in questo caso occorre tenere presente la formazione della rete dei canali. Il metodo a
= costante si applica con qualche leggera variazione rispetto ai condotti dacqua.
Di solito la velocit di uscita dalla soffiante viene imposta sia per ottenere dimensioni
minime dei canali daria, proprio per il tronco principale che convoglia lintera portata massica
della rete, sia per motivi tecnici relativi alla selezione della soffiante.
Pertanto si fissa la velocit del primo tronco secondo quanto indicato nella Tabella 20 e si
procede a w = costante come indicato nel precedente paragrafo e si impone la perdita specifica di
pressione, 0, cos ottenuta a tutti gli altri tronchi a valle. A partire dal secondo tronco, quindi, si
opera utilizzando labaco di Figura 48 con le coppie iniziali di dati (0, mi ). Si rilevano dallabaco i
valori della velocit e del diametro equivalente. Adesso per calcolare le dimensioni della sezione
rettangolare equivalente occorre utilizzare la [51]. Come al solito si fissa laltezza della sezione, a, e
si calcola la larghezza b mediante la suddetta relazione o mediante la Tabella 5. Fissate le
122
dimensioni reali commerciali si ricalcola il Deq e tramite labaco si ottengono le effettive velocit e
perdite specifiche di pressione. Completati i calcoli per tutti i rami si procede al bilanciamento
della rete.
In questo caso, per, si potrebbe utilizzare il metodo a perdita specifica costante calcolando
la pressione effettiva al nodo di attacco di ogni tronco terminale e, note le dimensioni
geometriche e le tipologie delle perdite localizzate, calcolare la da imporre per avere la stessa
pressione finale. In questo modo si ha una rete certamente pi bilanciata rispetto al metodo a
velocit costante.
In Figura 138 si ha un esempio di rete di canali: possibile osservare la particolare
disposizione dei canali che consente un eventuale mascheramento con finte travi e/o finti pilastri.
Si osservi lingombro della rete ad aria rispetto a quella ad acqua (vedi Figura 57).
123
Si definisce pressione statica quella esercitata dallaria perpendicolarmente alle pareti del
condotto mentre si definisce pressione dinamica quella esercitata su una superficie perpendicolare
alla direzione del moto. In corrispondenza di un allargamento brusco di sezione, vedi Figura 144,
laria nel canale subisce una espansione dando luogo ad una produzione di lavoro. Infatti dalla
equazione dellenergia:
dq dl dh gdz wdw
assumendo che la trasformazione sia adiabatica ed isoterma si ha, dh c p dT vdp vdp :
vdp wdw 0
La somma della pressione statica e quella dinamica la pressione totale del fluido. Quindi ad
un decremento del termine cinetico (wdw) corrisponde un pari incremento del termine del
124
termine dipendente dalla pressione vdp. Se il volume specifico dellaria si mantiene costante
(ipotesi ragionevole nel campo delle velocit usuali nellimpiantistica) si ha un lavoro:
l v p2 p1
Se la velocit a valle dellallargamento minore di quella a monte allora il lavoro viene fatto
dalle pressioni statiche. Si pu pensare di utilizzare questo lavoro per vincere (in parte o tutto) le
perdite di pressione per attrito nel tratto a valle della diramazione.
Poich la pressione dinamica vale:
w2
pd
2
la perdita di pressione dinamica fra monte e valle dellallargamento vale:
2
2
w1 w2
pd1 pd2
2
125
fare in modo di avere un recupero di pressione statica anche se a valle della diramazione si ha un
restringimento della sezione.
La velocit dellaria nel canale viene ridotta in corrispondenza ad ogni diramazione (dove si
ha una variazione di portata di massa o volumetrica) in modo che la caduta di pressione nel tratto
susseguente alla diramazione sia bilanciata dalla conversione di pressione dinamica in pressione
statica. I rami a valle del primo (di solito quello susseguente alla soffiante) sono dimensionati,
quindi, facendo recuperare pressione statica (che diminuisce con le perdite di pressione) mediante
la conversione di pressione dinamica consente alla variazione della sezione del canale a valle.
In questo modo la pressione statica dei canali rimane costante e la rete bilanciata. Si
supponga di avere una semplice rete di canali come illustrato in Figura 146.
Pertanto dal punto di intersezione si determinano la velocit a valle, w2, e la variazione della
pressione statica che dovr bilanciare le perdite totali del ramo. Il primo tratto (L 1) viene
dimensionato con uno dei due precedenti criteri (ad esempio a w = costante, cio alla velocit
imposta dal ventilatore).
Il tratto a valle (L2) si dimensiona in modo che la sua velocit, w2, produca una variazione di
pressione dinamica recuperata per il 75% (ipotesi di partenza) e data dalla relazione:
w12 w22
pdinamica 0.75
2
[81]
126
La metodologia di calcolo CARRIER (che qui non si dimostra) prevede il calcolo del
parametro:
L
[82]
j 0.61
Q
3600 ).
Noto il parametri j si utilizza labaco della Figura 146 nel quale sono noti: la velocit del
tratto a monte, w1 (m/s) e il parametro j. Assumendo lipotesi data dalla [81] sul recupero della
pressione si pu utilizzare anche un metodo iterativo che pu facilmente essere implementato su
computer o su CAD matematici29.
Infatti lipotesi del recupero del 75% di pressione dinamica per vincere le perdite statiche
porta a risolvere la seguente equazione:
w12 w22
w22.49
[83]
0.75
0.175 LRamo Lequivalente 0.64
2
Q2
29
127
4A
Poich la scelta delle due dimensioni reali comporta sempre uno scostamento rispetto al
diametro ideale occorre ricalcolare la velocit reale a valle. Infatti note le dimensioni b ed a si ha
anche la velocit reale a valle:
Q2
w2 reale
3600 b a
e pertanto la [83], questa volta con w2reale nota, fornisce la nuova percentuale del
recupero30:
w22.49
reale
0.175 LRamo Lequivalente 0.64
Q2
Precupero
100
[85]
2
2
w1 w2reale
30
Questa equazione stata derivata da interpolazioni dellabaco Carrier sul metodo a recupero di pressione.
128
p
statica
dinamica
totale
1
2
p
dinamica
p
statica
Dati di rete
Tratto
S=Q/3600/w
2
S=Q/3600/w
2
m /h (m/s)
(m )
(m/s)
(m )
0-1
5500
10
0.15
10.0
0.15
1-2
5000
0.15
9.0
0.15
2-3
3000
0.10
6.6
.12
3-4
1000
0.04
4.1
0.07
129
Dati di rete
(m)
(Pa/m)
(Pa)
(Pa)
0-1
1-2
10
20
2-3
14
3-4
15
30
Tratto L+Leq
Totale
70
Figura 145: Abaco per il calcolo del recupero della pressione statica
130
10m
3m
7m
15m
5500 mc/h
5000 mc/h
1000 mc/h
10 m/s
500 mc/h
2000 mc/h
2000 mc/h
Lesame di queste tabella mostra come con il metodo a recupero di pressione statica porti
ad avere sezioni di canale maggiori rispetto al metodo a costante ma, in compenso, la rete a
valle del primo tratto ha p=0 e le cadute di pressione totali sono sensibilmente minori.
In definitiva con il metodo a recupero di pressione si hanno costi di installazione pi elevati
per via delle maggior dimensioni dei canali e costi di gestione inferiori, sempre rispetto a
qualunque altro metodo di progetto, poich le perdite di pressione totali sono notevolmente
inferiori.
131
Oggi non difficile utilizzare programmi di calcolo che facilitano il progetto delle reti di
distribuzione secondo uno dei due metodi di calcolo anzidetti. Si possono anche utilizzare semplici
fogli elettronici nei quali si impostano le fasi di calcolo prima descritte.
132
4.10.1 CANALI PER LA DISTRIBUZIONE DELLARIA
Relazioni analoghe possono essere trovate per i canali daria. I passi di calcolo sono in tutto
simili a quanto detto in precedenza per le reti per lacqua.
Occorre tenere presenti che tutti i terminali (diffusori e bocchette per laria) sono alla stessa
pressione atmosferica e quindi una rete di distribuzione per laria fatta di circuiti aperti.
Il primo tratto, quello principale uscente dalla soffiante di mandata, si dimensiona
fissando la velocit di uscita variabile fra 4 8 m/s. Si calcolano le grandezze relative,
, w, Deq. La perdita specifica di pressione cos ottenuta si attribuisce, costante, agli
altri tronchi del circuito mediante la procedura iterativa seguente.
Il diametro equivalente legato alla perdita specifica dalla relazione:
m0.36
Deq 15 0.2
[86]
a b
Deq 1.3
0.25
a b
0.625
[87]
con d [mm], w [m/s], [mm. c.a.] e verificare che non superino i limiti di rumorosit
previsti;
calcolare le perdite distribuite del ramo, pdi i Li , e le perdite concentrate e
quindi le perdite totale del ramo;
ripetere le fasi precedenti per tutti i rami e quindi calcolare le perdite totali di ogni
circuito mediante la relazione pcircuito Rami pi ;
ripetere il calcolo per tutti circuiti tenendo conto che i tratti comuni sono gi
dimensionati (partendo dai circuiti pi lunghi) e che di questi si conoscono le perdite
specifiche vere e quindi nel calcolo della media si deve tenere conto solamente dei
rami ancora da dimensionare e della p che hanno disponibile;
Confrontare le cadute di pressione di tutti i circuiti e provvedere al calcolo delle
resistenze di compensazione (rispetto alla caduta di pressione maggiore) de circuiti
pi favoriti. In pratica occorre tenere presente che tutti i circuiti dell'aria sono in
parallelo fra la pressione di uscita della soffiante e la pressione di uscita dai canali
133
Anche per le reti di distribuzione dellaria occorre verificare che i terminali (bocchette,
diffusori, ) lavorino effettivamente secondo le loro caratteristiche funzionali.
Cos come i radiatori forniscono potenza diversa quando sono alimentati con T=CS-amb <>
50 C (valore nominale di riferimento) anche i diffusori hanno bisogno di avere la giusta differenza
di pressione fra monte e valle per fornire il corretto valore di portata.
Ne segue che, effettuato il calcolo della rete di canali, occorre verificare che il p per
ciascun diffusore sia quello di progetto e, nel caso risulti maggiore, inserire la corretta serranda di
regolazione.
4.11 BILANCIAMENTO DELLE RETI AERAULICHE
Si trascurano le piccolissime variazioni della pressione atmosferica per reti che interessano piani diversi, a meno di non
avere variazioni di altezze sensibili (oltre i 20 m) per le quali occorre considerare la variazione della pressione atmosferica con
laltezza. Si tenga presente che una distribuzione su pi piani pone seri problemi di passaggio dei canali, soprattutto quelli principali
necessariamente grandi dovendo trasportare tutta la portata daria dei piani serviti.
134
4.11.1 SERRANDE DI TARATURA
Esse sono caratterizzate dalla presenza di alette ad inclinazione variabile che provocano una
caduta di pressione al variare dellangolo di inclinazione.
La caduta di pressione che possibile ottenere data dalla relazione:
135
p K
v2
ove:
v
velocit di transito dellaria (m/s);
densit dellaria (kg/m).
Risultano utili diagrammi del tipo di quello riportato in Figura 151 e di Figura 152.
136
4.11.2 SERRANDE DI REGOLAZIONE DELLA PORTATA DELLARIA
Le serrande di regolazione possono anche essere utilizzate per la regolazione della portata
dellaria.
Luso dei fogli di lamiera forati pu risultare utile per il bilanciamento delle reti aerauliche.
Essi possono essere installati anche a posteriori nel caso si renda necessario equilibrare le reti
stesse.
137
Le lamiere forate si possono installare in corrispondenza delle flange di giunzione fra rami di
canali. La selezione di questi componenti pu essere effettuata con diagrammi e/o tabelle di
calcolo (vedi ASSHRAE Foundamentals 2001) del tipo riportato in Figura 155.
Figura 155: Cadute di pressione per i fogli forati per canali daria
4.11.4 SERRANDE DI REGOLAZIONE VOLUMETRICHE
138
Le reti complesse sono costituite da un numero considerevoli remi fra loro collegati in modo
non regolare e in ogni caso tale da formare circuiti aperti, Figura 157, o chiusa, Figura 158.
Un modo alternativo di distinguere le reti ad albero e a maglie, come indicato negli stessi
esempi.
5.1 RETI AD ALBERO
Queste reti si possono immaginare che si sviluppino secondo lo schema di un albero nel
quale si immagina di seguire il percorso linfatico dal tronco ai vari rami.
Queste reti sono, solitamente, aperte, si sviluppano in lunghezza ed hanno una direzione di
moto facilmente prevedibile (da sinistra a destra, dal basso in alto, .).
139
Figura 158: Rete complessa chiusa
Queste reti sono costituite da un insieme di circuiti chiusi, variamente collegati in modo da
formare anelli o comunque in generale maglie chiuse.
La complessit delle maglie non consente di prevedere la direzione del flusso potendosi
avere alimentazione alle utenze da varie direzioni. Queste reti sono tipiche per grandi densit di
utenza con elevate portate.
5.3 CRITERI DI PROGETTO DELLE RETI COMPLESSE
Per la progettazione delle reti complesse occorre sempre tenere presenti alcune regole che
qui si elencano:
Vale il principio di conservazione della massa in corrispondenza dei nodi e pertanto la
somma delle portate entranti deve eguagliare le portate uscenti. Ogni equazione
scritta per nodi diversi consente di calcolare una portata incognita fra quelle indicate
in bilancio. Per n nodi si hanno n equazioni di bilancio indipendenti che consentono di
risolvere n incognite:
u
j 1
j 1
m j m j
[88]
ove con u si indicata luscita e con i lingresso. Per la rete di Figura 159 si possono
scrivere, per i tre nodi che la compongono, le seguenti equazioni di bilancio:
m12 m13 m1
m2 m23 m12
m3 m13 m23
e quindi si possono calcolare tre portate incognite delle sei indicate.
La pressione univocamente determinata qualunque sia il percorso seguito per
arrivare ad un nodo. Per ogni tratto a portata uniforme si pu scrivere lequazione di
Bernoulli e pertanto per lesempio di Figura 159 si hanno le equazioni:
w22 w12
Tratto1 2
0 v p2 p1 g z2 z1
R12
2
w2 w12
Tratto1 3
0 v p3 p1 g z3 z1 3
R13
2
w22 w32
Tratto 3 2
0 v p2 p3 g z2 z3
R23
2
ove con Rij si indica la generica resistenza al moto totale (concentrata pi distribuita) del
tratto i-j.
Le resistenze al moto possono essere vinte fornendo una adeguata potenza
meccanica tramite pompe di circolazione e/o ventilatori per le quali vale lequazione:
1
w2 w12
l v p2 p1 2
ove il rendimento idraulico (cio per v uniforme) tra 1 e 2 con il quale si tiene
conto delle resistenze R12 nella macchina. Si determina il valore della potenza di
pompaggio tramite la relazione
140
P m l
m3
m1
141
5.3.1 CAD PER LA PROGETTAZIONE DELLE RETI COMPLESSE
Esistono numerosi CAD dedicati alla progettazione delle reti complesse. Alcuni di essi sono
reperibili in Internet e sono totalmente free e di buona qualit, come, a esempio, EPANET per
Windows. In figura seguente si ha un esempio di una rete complessa. Mediante la selezione delle
ipotesi di calcolo, vedi figura, si pu avviare la simulazione in transitorio della rete ed ottenere
risultati sia in forma tabellare, per varie variabili selezionate come mostrato nelle figure seguenti,
che in forma grafica. Questo CAD anche fornito con i sorgenti e quindi risulta modificabile dagli
utenti per eventuali personalizzazioni.
142
143
144
145
5.3.2 PUNTO DI LAVORO DI UNA POMPA DI CIRCOLAZIONE
Il punto di lavoro di una pompa dato dallintersezione fra la sua curva caratteristica e la
curva di carico della rete alimentata. In pratica se teniamo conto del fatto che le perdite di
pressione (sia distribuite che localizzate, come gi visto in precedenza) sono proporzionali al
quadrato della velocit e quindi anche della portata allora si pu riportare sopra il diagramma
della curva caratteristica della pompa la parabola relativa alla curva di carico come indicato nella
Figura 167. Al variare della portata cambia il punto di lavoro della pompa. E opportuno fare in
modo che il punto di lavoro della pompa corrisponda sempre al maggior rendimento, secondo
quanto indicato in Figura 167. Se, ad esempio, la portata grande il punto di lavoro si sposta verso
lasse delle ascisse con valori del rendimento troppo bassi. In questi casi occorre cambiare modello
di circolatore tramite il diagramma a zone (vedi Figura 34) ovvero costruire accoppiamenti in
parallelo di pompe. Per i circuiti aperti si ha una situazione analoga rappresentata in Figura 168 e
nella quale si osserva che la curva di carico non parte dallorigine, cos come si osservato nel
2.1.
Quanto detto per i circuiti ad acqua vale anche per i canali ad aria. Il punto di lavoro di una
soffiante il punto di intersezione della curva caratteristica con la curva di carico della rete, come
indicato nella Figura 169. In essa si ha anche lindicazione della variazione del punto di lavoro della
soffiante al variare della curva di carico.
146
E quindi opportuno tenere presente che valgono i seguenti rapporti fra le grandezze:
Q1 n1
[89]
Q2 n2
p1 n1
p2 n2 2
2
[90]
Pa1 n1
Pa 2 n23
[91]
147
Questa osservazione utile nel caso in cui il ventilatore sia chiamato a funzionare in un
circuito nel quale si richiedano portate variabili per effetto dellazione di serrande di regolazione.
Per ventilatori centrifughi la potenza assorbita minima quando funzionano a circuito
completamente chiuso (quindi a portata nulla). Per questo tipo di ventilatori si hanno due
tipologie costruttive: a pale in avanti e a pale rovesce. Nel caso di pale in avanti la potenza
assorbita sempre crescente al crescere della portata.
Ci significa che se questo ventilatore inserito in un circuito nel quale si prevedono forti
riduzioni delle perdite di carico e quindi aumento della portata allora occorre sovradimensionare il
motore per evitare che venga sovraccaricato. In genere per ventilatori a pale in avanti si ha un
funzionamento a rendimento massimo in corrispondenza di una portata pari al 40% di quella
corrispondente alla portata massima senza carico.
A piccole variazioni di pressioni, inoltre, corrispondono grandi variazioni di portate e quindi
anche di potenze assorbite. Questo genere di ventilatori pu dar luogo a fluttuazioni rumorose se
sono presenti nel circuiti forti variazioni di cadute di pressione (ad esempio per effetto di by pass
nelle batterie). I ventilatori a pale in avanti sono comunque preferiti, specialmente per i fan coil,
perch garantiscono il minimo ingombro rispetto alle altre tipologie.
Per i ventilatori a pale rovesce in genere si ha un rendimento massimo per una portata pari
al 60% della portata a vuoto. La potenza assorbita non cresce continuamente, come nel caso dei
ventilatori a pale in avanti, al diminuire del carico e pertanto il motore elettrico meno soggetto a
surriscaldamenti. Si osserva, ancora, che per i ventilatori a pale rovesce variazioni anche
considerevoli della pressione producono piccole variazioni delle portate e ci contribuisce a
rendere questo tipo di ventilatori stabile in circuiti con forti variazioni di resistenza. Come
conseguenza anche la rumorosit si stabilizza ed meno soggetta a fluttuazioni.
Negli impianti con elevate portate e campi di pressione fino a 2000 Pa si utilizzano i
ventilatori assiali con pale a passo variabile. Questi ventilatori presentano un buon rendimento e
buone possibilit di adattamento grazie allorientabilit delle pale.
La curva caratteristica presenta, per, una pendenza notevole e se la portata deve variare in
modo sensibile occorre utilizzare i modelli con pale a passo variabile anche durante il movimento.
Questi ventilatori hanno costi elevati e non sono convenienti per unit di trattamento aria
costruite in serie.
Leggi di controllo dei ventilatori
La teoria delle macchine operatrici ci fornisce utili relazioni per il controllo dei parametri di
funzionamento dei ventilatori. Queste permettono di prevedere le prestazioni dei ventilatori nelle
ipotesi che:
siano geometricamente simili, per date condizioni di funzionamento, due ventilatori
da confrontare;
si voglia, per uno stesso ventilatore, esaminare una condizione di funzionamento
diversa da quella nominale.
La portata volumetrica, V, data da:
d2
d
V S v
w wd 3
4
2 8
con v velocit del fluido, w velocit periferica massima delle pale, d diametro della girante.
Se n il numero di giri del ventilatore allora si ha:
2 n d 3
nd 3
8
4
Pertanto, dati due ventilatori, 1 e 2, possiamo scrivere:
148
3
V1 n1 d2
V2 n2 d1
[92]
La prevalenza fornita dal ventilatore correlata alla velocit del fluido dalla relazione:
vu2 vi2
V2
V
V
p
2 4
2
d
S
d
2
p2 p2 V2 d1
p1 p1 V1 d2
[93]
W2 p2 V2 V2 d1
W1 p1 V1 V1 d2
[94]
Negli ultimi anni si sono imposti impianti di climatizzazione che si adattano alle variazioni del
carico ambiente mediante una variazione della portata daria inviata. Questi sistemi presentano un
minor consumo di energia rispetto agli impianti tradizionali anche se hanno alcuni inconvenienti
che li rendono non sempre utilizzabili, soprattutto in presenza di forti affollamenti o con grandi
carichi latenti. Si osserva, infatti, che la portata effettiva durante la maggior parte dellanno varia
fra il 60% e l80% di quella massima e quindi i sistemi VAV consentono di ottenere risparmi
significativi di energia. I sistemi a portata daria variabile (VAV) fanno variare la portata immessa
dai diffusori32 nei singoli ambienti e pertanto questa azione si riflette sulla portata totale. A
seconda del tipo di ventilatore utilizzato si ha una corrispondente variazione di pressione (pi o
meno rilevante) nella rete di distribuzione a monte dei diffusori.
Se si fa variare la portata dellaria dal punto V1 al punto V2 (vedi Figura 170) il punto di
funzionamento del ventilatore si sposta dal punto A al punto B lungo la curva caratteristica
corrispondente alla velocit di rotazione n1. Quindi il punto di lavoro si trova nel punto di
intersezione di una nuova caratteristica del sistema corrispondente alla portata V 2 con la curva
caratteristica del ventilatore n1, supponendo che non ci siano state variazioni della velocit di
rotazione del ventilatore.
Si genera un eccesso di pressione statica, causato dalle diminuzioni delle perdite di carico del
sistema in seguito alla riduzione della portata daria, dato da:
psDA ps 2 ps3
che dovr essere assorbito, in genere, attraverso i diffusori. Ci provoca due serie di
inconvenienti:
si generano problemi acustici nella diffusione;
si hanno sprechi energetici dovuti allo strozzamento.
32
Si tratta di particolari diffusori che consentono variazioni ampie di portata senza apprezzabili perdite di funzionalit
(lancio, p, distribuzione,.)
149
Numero di giri
Potenza assorbita
Punto B
Punto A
Curva caratteristica
Figura 170: Curve caratteristiche del ventilatore a pale in avanti e della rete
La riduzione della portata attraverso laumento delle perdite di carico del sistema porta
allaumento della potenza assorbita dal ventilatore e ci limita il risparmio energetico che
deriverebbe dal metodo VAV, indipendentemente dal fatto che la serranda di strozzamento sia
montata sul diffusore o sulluscita del ventilatore.
Il metodo della serranda di strozzamento indicato solo per ventilatori a pale in avanti ed
assolutamente escluso per i ventilatori assiali. Le serrande di strozzamento sono montate
sulluscita del ventilatore, verticalmente rispetto allalbero del ventilatore in modo da evitare il
fenomeno della stratificazione dellaria. Il sistema della serranda di regolazione sul premente
presenta un vantaggio sostanziale nel fatto che a basso costo.
Alette direttrici di prerotazione
Come metodo di regolazione dei sistemi VAV si pu pensare di far variare la curva
caratteristica del ventilatore mediante alette direttrici montate sulla virola a monte del
ventilatore. In questo modo si modifica langolo di incidenza dellaria sulla pala, spostando la curva
caratteristica del ventilatore come indicato in Figura 171.
I punti di intersezione della curva caratteristica del sistema con le nuove curve
caratteristiche del ventilatore, B e C, determinano i nuovi punti di funzionamento B e C.
E opportuno determinare la curva di regolazione con un margine di sicurezza di circa 200 Pa
(punti B e C): questo criterio sempre valido con qualunque metodo di regolazione si desideri
effettuare.
150
La regolazione della portata daria immessa mediante la modifica della curva caratteristica
del ventilatore comporta la diminuzione della potenza specifica assorbita dal ventilatore proprio
nella fascia di funzionamento pi interessante per un impianto a portata daria variabile.
Questo metodo utilizzato soprattutto con ventilatori a pale rovesce e in ogni caso in cui si
hanno curve caratteristiche con notevoli pendenze.
Questo metodo di regolazione della portate in funzione dei fabbisogni offre il vantaggio di un
costo dinvestimento relativamente contenuto pur con un buon rendimento nellintero campo di
funzionamento del ventilatore.
Dp
A
B
C
A''
ps1
A'
B''
ps2
B'
C''
C'
p1
p2
p3
Curva caratteristica della rete
V3
V2
V1
Potenza assorbita
100
Serranda distrozzamento
50
Aletta mobile di
protezione
%
50
Portata Aria
100
Figura 172: Potenza assorbita dal ventilatore con i vari metodi di regolazione
151
ps1
n3
ps2
ps3
p1
p2
p3
Curva caratteristica della rete
V
V3 V2 V1
Figura 173: Funzionamento di un ventilatore con velocit di rotazione variabile
152
a destra del vertice della curva rappresentativa del rendimento in modo che, con carichi parziali, si
abbia un rendimento migliore in funzionamento VAV.
Occorre anche tenere conto dei fattori di contemporaneit del carico ambientale in modo da
evitare inutili sovradimensionamenti. In fase di avviamento occorre controllare che laumento
della pressione nella rete sia progressivo per non esporre i dispositivi di regolazione e i diffusori a
pressioni intermittenti. Anche per i ventilatori di ripresa occorre rispettare le regole generali sopra
esposte per i ventilatori di mandata. E sempre bene che il ventilatori di ripresa abbiano una curva
caratteristica il pi possibile vicina a quelli di mandata in modo da poterli controllare in parallelo
ed evitare inutili e dannose disfunzioni ed intermittenze di portate.
Dp
Curve caratteristiche del ventilatore
Ps1
P1
Ps2
P2
PS3
Ps4
P4
B
C
D
V
V4
V3
V2
V1
Figura 174: Variazione del punto di lavoro con ventilatore a passo variabile
5.3.5 VANTAGGI DEGLI IMPIANTI A PORTATA DARIA VARIABILE
Gli impianti a tutta aria a portata variabile sono adatti a condizionare sia ambienti singoli,
come sale conferenza, sale spettacolo, gallerie dei centri commerciali, sia edifici con molti
ambienti diversi, come uffici, ospedali, alberghi. In entrambe i casi presentano una serie di
vantaggi rispetto agli altri sistemi di condizionamento.
I principali sono tre:
Riduzione dei consumi elettrici dei ventilatori
Riduzioni delle dimensioni della centrale di trattamento e dei canali daria
Possibilit di utilizzare il free-cooling nelle mezze stagioni
Riduzione dei consumi elettrici dei ventilatori
Il consumo elettrico dei ventilatori dipende dalla portata daria, dalla perdita di carico della
centrale di trattamento dellaria, dalla perdita di carico dei canali e dal rendimento del ventilatore.
Generalmente la perdita di carico della centrale di trattamento dellaria superiore a quella dei
canali. Entrambe possono essere diminuite riducendo la velocit di attraversamento dellaria.
153
50%
55%
58%
60%
58
55%
50%
154
50%
55%
58%
60%
58
55%
50%
Figura 176: curve caratteristiche dellimpianto e del ventilatore nel caso di riduzione della portata a giri fissi
La figura mostra chiaramente come al ridursi della portata il punto di lavoro si sposti
progressivamente verso sinistra, in tratti con rendimento del ventilatore sempre minore.
Addirittura al 40% della portata, valore mantenuto per tutta la stagione invernale, il punto di
lavora si trova ai margini del campo di funzionamento utile del ventilatore, al limite della
instabilit funzionale. Ci comporta un consumo elettrico assolutamente non ottimizzato, oltre a
dei fenomeni di rumorosit ed usura dei ventilatori elevati.
La riduzione di portata a giri del ventilatore costante non quindi consigliabile, almeno per
impianti medio grandi, dove il consumo elettrico dei ventilatori comincia a diventare un valore
rilevante.
La riduzione di portata daria con riduzione del numero di giri del ventilatore
La riduzione di portata dellaria pu avvenire anche mediante la riduzione del numero di giri
del ventilatore. In questo caso le serrande non sono assolutamente necessarie, quando lambiente
condizionato uno solo, mentre servono a regolare la corretta portata daria in ogni singolo
locale, quando questi sono pi duno; ha molta importanza dove viene posizionata la sonda di
controllo della pressione:
sonda posizionata a monte della cassetta di controllo pi lontana (punto 1)
sonda posizionata subito a valle del ventilatore della centrale di trattamento dellaria
(punto 2)
155
CTA
CR
CR
CR
CR
Figura 177: posizioni limite delle sonde di pressione per la regolazione del numero di giri del ventilatore
Nel caso di impianto con un unico locale, la regolazione del numero di giri del ventilatore
viene effettuata sulla base della temperatura ambiente. Dal punto di vista aeraulico ci equivale a
porre la sonda nel punto 1.
Le curve caratteristiche dellimpianto sono mostrate in figura seguente.
50%
55%
58%
60%
58
%
60%
55%
58%
54%
60%
60%
50
%
Figura 178: curve caratteristiche dellimpianto e del ventilatore nel caso di riduzione della portata con
variazione di giri del ventilatore
Come si vede, al diminuire del numero di giri le curve dei ventilatori si appiattiscono. Infatti,
mentre la portata varia linearmente con il numero di giri, la prevalenza varia con il loro quadrato.
Se la sonda di pressione fosse posizionata nel punto 1 (o se il locale da condizionare fosse
uno solo e la regolazione avvenisse sulla base della temperatura ambiente) e la centrale di
trattamento dellaria variasse la prevalenza in funzione della portata secondo una quadratica, si
avrebbe la curva di funzionamento teorica. Lungo questa curva il punto di funzionamento del
ventilatore si manterrebbe sempre al valore di progetto, il massimo nel caso della figura.
Poich le perdite di carico della centrale di trattamento dellaria non sono riconducibili ad
una quadratica, la curva reale (impianto 1) si discosta leggermente da questa, ma il punto di lavoro
rimane sempre prossimo al quello di massimo rendimento.
Se invece la sonda fosse posta nel punto 2, la curva risultante dellimpianto sarebbe quella
denominata impianto 2. Questa curva non va mai a 0, perch, anche con carico nullo, il
ventilatore manterrebbe la prevalenza richiesta allimbocco del canale. In questo caso, mano a
mano che il ventilatore diminuisce il proprio numero di giri, il punto di funzionamento si sposta
leggermente verso sinistra, verso zone a rendimento minore.
Per fare un esempio con i valori in figura, il rendimento varia dal 60 % al 100 % dei giri a circa
il 54 % al 50 % dei giri.
156
Vale allora la pena selezionare il ventilatore nel punto nominale non al punto di rendimento
massimo, ma a un punto leggermente inferiore, tenendo il punto massimo alla sinistra di questo.
Ad esempio, si dovrebbe selezionare il ventilatore perch il rendimento fosse del 57 % nelle
condizioni nominali.
Al ridursi del numero di giri il punto di funzionamento del ventilatore si sposterebbe
leggermente a sinistra transitando per il punto di massimo rendimento per poi diminuire
nuovamente leggermente. In questo modo si avrebbe il 57 % di rendimento al 100 % dei giri, il 60
% al 70 % dei giri e il 58 % al 50 % dei giri, con un rendimento complessivo migliore.
A prima vista parrebbe conveniente posizionare sempre la sonda pi vicino possibile alla
cassetta di regolazione pi lontana (punto 1). In pratica, per, si preferisce inserire la sonda nel
punto 2 per i seguenti motivi:
Dal punto di vista dei consumi la differenza minima (cfr. figura seguente) a fronte dei
vantaggi descritti di seguito
Il punto 1 pu essere distante svariate decine di metri dalla centrale di trattamento
dellaria. Portare il segnale potrebbe essere complicato soprattutto perch la linea
dovrebbe essere completamente schermata
La sonda posizionata nel punto 2 garantisce il corretto funzionamento dellimpianto in ogni
condizione di carico. La sonda posizionata nel punto 1 potrebbe creare delle portate troppo
ridotte nel caso in cui la riduzione del carico non fosse proporzionalmente uguale in tutti i locali,
ma maggiore in quello pi distante rispetto ai primi. Questa una condizione che potrebbe
verificarsi in molti casi, come ad esempio in un edificio universitario in piena estate con alcune
aule non occupate e altre piene a causa di esami in corso. Conviene quindi mettere sempre la
sonda nel punto 2. La figura 5 mostra come varia la potenza elettrica richiesta dal ventilatore al
variare della portata nel caso di giri costanti, o variazione di giri con sonde rispettivamente
posizionate nel punto 1 e nel punto2. Si pu notare come la variazioni di giri sia sempre
nettamente conveniente rispetto al sistema con serrande, mentre il vantaggio del posizionamento
della sonda nel punto 1 abbastanza modesto. Un impianto a portata costante richiede sempre il
100% della potenza elettrica del ventilatore in ogni circostanza. Da questa figura si pu
comprendere nettamente quali siano i vantaggi energetici di un impianto a portata daria variabile
rispetto ad uno fisso, gi per quanto riguarda la potenza elettrica dei ventilatori.
Figura 179: potenza elettrica richiesta dal ventilatore in funzione della portata daria
157
CTA
69.
000
m3/h
1.1
59.
000
m3/h
N
O
R
D
1.2
40.
000
m3/h
E
S
T
16.
000
m3/h
1.3
O
V
E
S
T
1.4
S
U
D
1
6.000
0.000 ogni singola
m3/h zona necessit2 della stessa
m3/hportata
In un impianto a portata daria variabile
3
4.000si verifica nello stesso
m /h che questa esigenza non
massima. La differenza fondamentale, per,
m3/h
momento, ma in quattro ore diverse, come chiaramente visibile in figura
seguente.
Figura 180: distribuzione delle portate
daria9.000
in un impianto a portata costante
1
Figura 181: andamento orario delle portate daria nelle quattro diverse zone (nel giorno estivo pi caldo)
158
Quindi la portata totale dellimpianto sempre inferiore alla somma delle massime portate
daria che, invece, determina la portata totale nel caso dimpianto a portata costante. A cosa
mostrata chiaramente in figura 8, dove riportato landamento orario nel giorno estivo pi caldo
della portata totale dellimpianto, espressa in percentuale sulla somma delle 4 portate massime
(69.000 m3/h). Come si vede, la portata massima si verifica alle ore 15 ed pari a 52.000 m 3/h,
ovvero il 75 % della massima portata in un impianto a portata daria costante. La centrale di
trattamento dellaria quindi pi piccola del 25 %, con un notevole risparmio nel costo iniziale
dinstallazione.
Figura 182: andamento orario della portata daria totale (nel giorno estivo pi caldo) espressa come
percentuale della somma delle massime portate per ogni zona
La riduzione delle dimensioni non si limita alla sola centrale di trattamento dellaria, ma
coinvolge anche alcuni tratti delle canalizzazioni (cfr. figura 9).
52.0
00 m3/h
42.0
00 m3/h
ore
ore
15
CTA
33.0
00 m3/h
ore
15
-25%
1.5
ore
15
-29%
N
O
R
D
16.0
00 m3/h
1.6
12
-18%
E
S
T
1.7
O
V
E
S
T
1.8
S
U
D
1
1
1
9.000
6.000
2
Figura 183: distribuzione delle
0.000
portate daria in un
a portata variabile
m3impianto
/h
m3/h
3
4.000
or
m /hmassima attraverso
Come si nota, la riduzione di portata
i primi tre3 tratti di canale or
e8
or
e 12
m /h
notevole (nel quarto, ovviamente, rimanee 14
uguale). Ci permette una notevoleorriduzione sia in
termini di costi che di ingombro da parte dei canali. Bisogna, infatti, considerare
e 16 che unanaloga
riduzione viene effettuata anche nei canali di ripresa dellaria, con conseguente aumento del
beneficio.
159
Ef G
AGF
PT
AV AP
con:
EfG efficienza globale dellimpianto
PT
potenza termica
AGF potenza elettrica assorbita dal gruppo frigorifero
AV
potenza elettrica assorbita dai ventilatori dellimpianto
AP
potenza elettrica assorbita dalle pompe dellimpianto
Nelle condizioni nominali di progetto la potenza elettrica assorbita da un gruppo frigorifero
nettamente superiore alle altre due. La cosa, per, cambia al ridursi del carico. Infatti, mentre la
potenza assorbita dal gruppo frigorifero diminuisce al diminuire del carico, la potenza assorbita dai
ventilatori e dalle pompe pu invece rimanere costante, assumendo un peso sempre maggiore.
Tanto per dare un ordine di grandezza, in un impianto ad aria primaria e fan-coil regolati con
valvole modulanti, quindi con ventilatori sempre in funzione, il peso relativo del consumo elettrico
a pieno carico estivo per l85% dovuto al gruppo frigorifero, 10 % ai ventilatori e 5 % alle pompe.
Al 50 % del carico totale, invece, le percentuali diventano rispettivamente 62 %, 26 % e 12 %,
mentre al 25 % del carico totale diventano rispettivamente 41 %, 41 %, 18 %.
Se lefficienza globale dellimpianto viene definita partendo dallefficienza dei singoli
componenti si ha:
Ef GF EfV Ef P
Ef G
EfV Ef P Ef GF Ef P Ef GF EfV
160
dove:
EfGF efficienza del gruppo frigorifero (PT/AGF)
EfV efficienza dei ventilatori dellimpianto (PT/AV)
EfP efficienza delle pompe dellimpianto (PT/AP)
La equazione precedente serve solo per evidenziare un aspetto importante: lefficienza
globale sempre inferiore al valore di efficienza minima dei tre componenti. Degli esempi
numerici aiutano a comprendere meglio. Se il gruppo frigorifero ha unefficienza pari a 5, mentre
ventilatori e pompe hanno unefficienza pari a 100, lefficienza globale dellimpianto pari a 4,55
(ovvero per produrre 100 kWh termici si consumano 22 kWh elettrici). Se per anche il sistema di
ventilazione ha efficienza 5, come il gruppo frigorifero, lefficienza globale scende a 2,44 (41 kWh
elettrici consumati per produrre 100 kWh termici). Se infine tutti i tre componenti hanno
efficienza 5, lefficienza globale scende a 1,67, diventando 1/3 dellefficienza di ogni singolo
componente.
5.3.7 CONFRONTO ENERGETICO SU UN PALAZZO PER UFFICI
Per avere unidea un po pi concreta del diverso comportamento delle varie tipologie
dimpianto si pu effettuare unanalisi secondo il BIN Method (basato sulla frequenza delle
temperature) su un edificio ad uso uffici (2900 ore di funzionamento allanno, nelle ore diurne,
ovvero le pi calde) suddiviso in due zone con diverso orientamento con fabbisogni termici in
funzione della temperatura esterna, al netto dellaria primaria, mostrati in Figura 184
Le portate daria a carico nominale sono 12000 m3/h nella zona A e 22000 m3/h nella zona B.
La portata di rinnovo di 3600 m3/h per entrambe le zone. La portata della zona B stata
calcolata per limitare a 16 C la temperatura minima dimmissione in ogni condizione di carico,
indipendentemente dalla temperatura ambiente (condizione critica a 18 C di aria esterna e
ambiente mantenuto a 21 C), ed pertanto abbondante nelle condizioni nominali (temperatura
dimmissione al 100% di portata = 17,9 C)
La scelta di un edificio per uffici dipende solamente dal fatto che questa la tipologia pi
adatta per confrontare tutte le tipologie dimpianto. Altre utilizzazioni richiederebbero
necessariamente di scartare alcuni impianti perch non compatibili ( il caso dei sistemi a fan-coil
negli ospedali).
Per rendere pi interessante unanalisi sicuramente semplificata, ma attendibile, i calcoli
sono effettuati per tre diverse condizioni di umidit relativa media: 45%, 60% e 75%. Ci
soprattutto in considerazione della diversa efficacia degli impianti a free-cooling al variare
dellumidit relativa.
Gli impianti confrontati sono (per tutti le pompe sono ipotizzate a portata variabile):
aria primaria + fan-coil regolati sullacqua mediante valvole modulanti
aria primaria + fan-coil regolati sullaria con comando On - Off.
aria + pannelli radianti a pavimento
aria + pannelli radianti a pavimento con utilizzo del free-cooling indiretto (un dry cooler
raffredda lacqua del circuito freddo quando la temperatura dellaria esterna lo permette)
a tutta aria a portata costante ( si ipotizzato un doppio canale senza post
riscaldamento)
a tutta aria a portata costante (doppio canale) con sistema free-cooling a raffreddamento
adiabatico diretto e indiretto
a tutta aria a portata variabile (VAV con batterie di post-riscaldamento)
a tutta aria a portata variabile (VAV con batterie di post-riscaldamento) con sistema freecooling a raffreddamento adiabatico diretto e indiretto
161
Figura 184: Carichi termici strutturali ed endogeni (al netto dellaria primaria) in funzione della temperatura
esterna
Per tutti gli impianti il gruppo frigorifero utilizzato un polivalente a recupero totale. La
Figura 185 mostra i risultati dellanalisi, espressi come risparmio percentuale delle varie tipologie
rispetto allimpianto ad aria primaria e fan coil regolati sullacqua.
Come si pu notare limpianto base tra i meno efficienti. Il sistema migliore in assoluto in
ogni condizione il VAV con free-cooling che garantisce risparmi tanto pi elevati quanto minore
lumidit media dellaria.
Ottimi risultati raggiungono anche limpianto VAV senza free-cooling, quello ad aria primaria
+ fan-coil regolati on-off sullaria e gli impianti a pannelli radianti.
I sistemi a tutta aria danno invece prestazioni decisamente peggiori, a meno di non utilizzare
il free-cooling in presenza di bassi valori dellumidit relativa.
Figura 185: Risparmi ottenibili dai vari sistemi rispetto ad un impianto aria primaria + fan-coil regolati sullacqua
162
6.1 PREMESSE
La formazione dei circuiti delle reti tecnologiche spesso complessa e dettata da esigenze
funzionali e/o di fruibilit delle reti stesse. Ad esempio la zonizzazione degli edifici porta ad avere
circuiti di alimentazione con utilizzi diverse a seconda della zona servita. Un edificio che ha attivit
commerciali nei piani terra ed uffici o appartamenti residenziali nei piani superiori ha circuiti di
alimentazione separati anche in funzione degli orari di utilizzo.
Ne consegue che aprire o chiudere un circuito in partenza da un manifold pu far variare le
cadute di pressioni totali della rete in modo non sempre accettabile. Pu, allora. Essere
conveniente avere circuiti alimentati con pompe di circolazione separate.
In questo modo, tuttavia, si complica il funzionamento della rete perch occorre tenere
presenti le conseguenze che laccensione o lo spegnimento di ciascuna pompa pu avere per le
altre pompe. Spesso si suole avere un circuito primario che collega i generatori (sia termici che
frigoriferi) ai manifold. Da questi ultimi si dipartono pi circuiti destinate ad utenze separate e
ciascuno con pompe di alimentazione diverse. Si vuole studiare, in questo capitolo, il modo pi
congruente ed efficace di collegamento dei circuiti.
6.2 INSERIMENTO DELLE VALVOLE DI REGOLAZIONE
Inserendo le valvole di regolazione nei circuiti si hanno vari effetti dei quali occorre tenere
conto nella progettazione e nellesercizio.
6.2.1 INSERIMENTO DI UNA VALVOLA DI REGOLAZIONE A DUE VIE
La situazione quella indicata in Figura 186: la valvola a due vie modulata dal servomotore
variando la posizione dellotturatore. La conseguenza che la portata di fluido al carico varia con
la posizione dellotturatore mentre la temperatura del fluido resto costante. In pratica si realizza
un circuito a portata variabile. La caratteristica della valvola deve essere scelta in modo che la
pressione totale ai capi del circuito si mantenga costante. In pratica le perdite di pressione nelle
tubazioni cresce quasi quadraticamente con il crescere della portata mentre la prevalenza della
pompa decresce con la portata.
163
Pertanto la valvola deve compensare queste variazioni con un p variabile in funzione della
differenza delle suddette cadute di pressione.
6.2.2 INSERIMENTO DI UNA VALVOLA A TRE VIE MISCELATRICE
Linserimento di una valvola atre vie miscelatrice, vedi Figura 187, divide il circuito in due
circuiti: quello che contiene la pompa a portata costante mentre quello che contiene il carico a
portata variabile. La valvola miscelatrice, infatti, suddivide la portata totale in due rami, quello che
confluisce verso la valvola a tre vie e quello che contiene il carico.
La temperatura nel ramo del carico , tuttavia, costante e questo fatto pu risultare
comodo, ad esempio, per le batterie di raffreddamento con deumidificazione per le quali si
desidera una temperatura superficiale costante.
6.2.3 INSERIMENTO DI UNA VALVOLA A TRE VIE MISCELATRICE CON PORTATA COSTANTE SUL CARICO
Linserimento di una valvola a tre vie miscelatrice pu fornire una portata variabile sul carico
qualora la si monti come indicato in Figura 188. In questo caso la pompa montata a valle della
valvola miscelatrice, nel ramo contenente il carico. In questo modo anche la pompa attraversata
da una portata costante.
Figura 188: Circuito con valvola di regolazione a tre vie miscelatrice con portata costante sul carico
6.3
Gli impianti a portata variabile hanno il grande pregio di ridurre sensibilmente le spese di
pompaggio, specialmente in circuiti di grandi dimensioni nei quali le potenze in gioco non sono
trascurabili. In genere ancora oggi si tende a mantenere costante la portata nei refrigeratori
dacqua facendo variare la portata nei circuiti secondari (che vedono i carichi). Una tale situazione
data in Figura 189 ove si pu osservare come i refrigeratori abbiano ciascuno la propria pompa di
alimento che assicura una portata costante e pari al valore nominale di ciascun refrigeratore. Il
circuito secondario, regolato con valvole a due o a tre vie, risulta a portata variabile.
164
Questa circostante del tutto compatibile con il funzionamento del circuito primario
contenente i refrigeratori poich i due circuiti sono disaccoppiati mediante linserimento di un
bypass a monte delle pompe del circuito secondario.
Il bypass deve evitare il mescolamento fra lacqua fredda del primario e quella pi calda del
secondario. Pertanto occorre inserire un dispositivo che impedisca linversione di flusso rispetto a
quello indicato in figura.
Si osservi che il T dellacqua del circuito secondario deve essere quello di progetto in modo
che i refrigeratori funzionino correttamente con la portata nominale. Per raggiungere questo
scopo occorre inserire opportuni sistemi di bilanciamento (e quindi di regolazione) dei terminali
del secondario. Qualora questa condizione non venisse rispettata si avrebbe una temperatura di
ritorno dellacqua del secondario inferiore a quella di progetto con conseguenze anche gravi sul
corretto funzionamento dellimpianto.
In Figura 190 si ha un esempio di circuito secondario disaccoppiato dal primario mediante un
bypass, come detto in precedenza, ma con gruppo di pompaggio comune.
Le pompe operano a portata costante e il circuito secondario opera a portata variabile con
terminali regolati con valvole a due vie. Il dimensionamento del circuito secondario effettuato
per la massima portata contemporanea.
Questo schema fa lavorare i refrigeratori in condizioni nominali e questi possono essere
parzializzato in parallelo. La portata di acqua rimane costante attraverso ogni evaporatore per
qualsiasi condizione di carico. La valvola a due vie nel ramo di bypass consente di rilevare la caduta
di pressione conseguente alla variazione di portata nel secondario e quindi possibile attivare e/o
spegnere uno o pi refrigeratori.
In Figura 191 si ha lesempio di una riduzione del 33% di portata nel secondario e
conseguente spegnimento di un refrigeratore dacqua in modo che gli altri due lavorino a potenza
nominale. Una variante con circuito secondario a portata variabile disaccoppiato ma con pompe
diversificate rappresentato in Figura 192.
165
Figura 190: Portata variabile nel circuito secondario con disaccoppiamento e pompe comuni
Figura 191: Portata variabile nel secondario con disaccoppiamento e pompe comuni: esempio di regolazione
166
Figura 192: Portata variabile nel secondario con disaccoppiamento e pompe diversificate
In tal modo svolge infatti anche la funzione di attenuare la velocit di variazione della
temperatura dellacqua refrigerata in ingresso ai refrigeratori in funzione, quando si inserisce o
disinserisce una macchina.
Occorre evitare di posizionare il serbatoio di accumulo sulla mandata, come indicato in
Figura 194, poich in questo modo linevitabile miscelamento dellacqua nel serbatoio fa perdere il
controllo della temperatura dellacqua di mandata ai carichi, senza produrre alcun beneficio.
167
Figura 194: Inserimento errato di un serbatoio di accumulo sulla mandata dei refrigeratori
Il serbatoio di accumulo pu essere disposto anche correttamente nel ramo di bypass, come
indicato in Figura 195 anche se risulta pi razionale lo schema di Figura 193.
Alcuni produttori accettano una variazione della portata nominale dei refrigeratori in modo
da consentire la portata variabile anche nel circuito primario.
Tuttavia occorre sempre inserire opportuni controlli dei flussi per evitare la ghiacciatura
degli evaporatori.
168
7.
G, T, h
Te
dL
169
dQ
T Te
dL
RT
[95]
ove RT la resistenza termica per unit di lunghezza. In regime stazionario questo flusso
pari al calore trasmesso (e quindi perduto) dal fluido attraverso la sezione di passaggio. Possiamo
studiare due casi principali.
Fluidi che non cambiano di fase
Si pu completare il bilancio in modo semplice scrivendo:
T Te
dQ
dL Gc p dT
[96]
RT
Integrando fra due sezioni si ha:
2
dT
dL
1
T Te
Gc p RT
da cui deriva:
ln
T2 Te
L
T1 T0
Gc p RT
RT
L
T T
Gc p ln 1 e
T2 Te
[97]
TF Te Te T0 e
L
Gc p RT
[98]
e ancora:
RT
L
T T
Gc p ln e 1
Te T2
[99]
h2 h1
RT
T1 Te
L
GRT
T1 Te L
T2 Te G
[100]
[101]
[102]
170
h2 h1
RT
Te T1
L
GRT
Te T1 L
Te T2 G
[103]
[104]
Perch si abbia cambiamento di fase occorre che non sia superata la lunghezza massima:
GRT r
Lmax
[105]
T
con r calore latente di vaporizzazione o di condensazione. Al di l di questa lunghezza il
fluido si comporta come nel caso precedente e le relazioni divengono esponenziali.
Il fenomeno dello Stillicidio
Se il fluido trasportato a bassa temperatura allora si pu avere una temperatura
superficiale del condotto inferiore a quella di rugiada nelle condizioni dellaria esterna per cui sulla
superficie laterale esterna del condotto si forma un velo di condensa che provoca alterazioni del
mantello di isolamento e dei materiali vari al di sotto. E quindi opportuno fare in modo che questo
fenomeno non si verifichi. Con riferimento alla Figura 197 sia TF la temperatura esterna del
condotto, ne segue che si libera una quantit di condensa:
x x A xF
[106]
La temperatura limite (o di rugiada) TP e quindi la temperatura superficiale del condotto
non deve essere inferiore a questo valore.
Con riferimento alla Figura 198 si pu scrivere che il calore uscente per unit di lunghezza
del condotto pari al flusso convettivo esterno e cio:
TP TF
T T
Q
A P
[107]
1
re
rI
1
1
1
ln
ln
2 hi ri 2 m ri 2 I re 2 he rI
Da questa relazione si trae:
1
2 he rI
R
TA TP
Te
[108]
TF TF
re
rI RTi
1
1
1
ln
ln
2 hi ri 2 m ri 2 I re
La precedente relazione esprime la proporzionalit inversa fra i salti termici parziali e le
corrispondenti resistenze termiche. In fase di progetto, nota TA e (dal diagramma psicrometrico) TP
(temperatura limite) si ricava il raggio rI e quindi, noti i raggi interni ed esterni della tubazione, lo
spessore di isolante mimino necessario.
In fase di verifica, noto rI si calcola la TP di parete e si controlla che sia superiore a quella di
rugiada TPlimite. Se si trascura la resistenza termica per conduzione nel materiale di cui fatto il
r
ln I
r
condotto si pu ritenere RTi e e quindi:
2 I
1
2 he rI
TA TP
[109]
TP TF
rI
1
ln
2 I re
171
x ln x costante
e quindi una equazione trascendentale che pu essere risolta graficamente, come indicato
in Figura 199 o con metodi numerici mediante calcolatore.
h
h
A
A
TA
TP
TF
xF
xA
x
Figura 197: Formazione di condensa- stillicidio
Ta
Tf
hi
ri
re
rs
he
Data la grande variabilit delle condizioni ambientali esterne opportuno riferirsi alle
condizioni peggiori per motivi cautelativi. Nel caso di geometria piana (come, ad esempio, pareti
dei canali rettangolari) le precedenti relazioni variando, semplificandosi, nella forma seguente:
TP TF
T T
Q
A P
[111]
1
sI sm 1
he
I m hi
Con analogo procedimento visto per condotti cilindrici si ha:
172
sI
TP TF I
TA TP
sm
1
hi
1
he
[112]
he TA TP m hi
[113]
E ovvio che se il calcolo precedente porta ad avere sI<0 allora basta la parete nuda del
condotto a garantire che sia TP > TPlimite.
y
y=x ln[x]
y=costante
1/e
-1/e
x*
Spesso occorre trasportare fluidi prossimi al punto di saturazione, come avviene per il
trasporto di vapore negli impianti industriali o anche di riscaldamento a vapore. Durante il moto il
fluido scambia calore con lesterno per trasmissione termica attraverso le pareti e riceve calore
per effetto delle dissipazioni per attrito durante il moto. Queste ultime condizioni divengono
importanti nel caso di moto bifase perch le perdite sono superiori a quelle corrispondenti
monofase.
Poich i fenomeni di laminazione per attrito sono eliminabili (per il 2 Principio della
Termodinamica) allora occorre bilanciare la rete di distribuzione in modo far pervenire alle utenze
il vapore nelle condizioni desiderate.
Tubazione percorsa da vapore saturo
Detta G la portata ponderale di vapore saturo, il calore trasmesso attraverso le pareti :
T T
dQ c e dL
[114]
RT
Il flusso termico ottenuto per attrito vale:
G
G w2
8 G3
dQ dL v
dL 2 2 5 dL
v
v Di 2
v Di
ove si posto:
[115]
173
v w2
RT Tc Te v
Di5
8 G 2
2
[117]
ln e
ln I
ln I [118]
2 hi ri 2 m ri 2 I re 2 he re 2 I De
e pertanto si ha:
D
ln I KDi5
De
dove si posto:
[119]
I Tc Te v2 2
4 G3
Si pu ancora scrivere:
D
ln I K ' De5
De
ove, ponendo:
De kDi
si ha:
K
k5
Nota la portata G e note le condizioni del vapore, fissato il diametro Di e la velocit del
vapore si calcolano , K, K e quindi diametro del tubo isolato, DI.
K'
Dr kDi
174
8 G3k 5
dQ '
dL
L2 2 De5
[121]
Lequazione di bilancio termico dice che la somma dei due precedenti flussi deve eguagliare
il riscaldamento del fluido:
Te T
8 G3k 5
[122]
dL
dL Gc p dT
RT
L2 2 De5
da cui si ricava:
dL
T
Te
8 G3k 5
dT Gc p RT Gc p RT
L2 2 De5
[123]
0
dT Gc p RT
il cui integrale generale :
T C1e
L
Gc p RT
8 G3k 5 RT
T Te
L2 2 De5
Pertanto la soluzione della [123] data da:
T C1e
L
Gc p RT
8 G3k 5 RT
Te
L2 2 De5
[124]
8 G3k 5 RT Gc p RT
8 G3k 5 RT
T T0 Te
e
[125]
e
L2 2 De5
L2 2 De5
limL0 T T0
e ancora:
8 G3k 5 RT
limL0 T Te
L2 2 De5
Landamento della temperatura del fluido data in Figura 200. Come significato fisico di
questa tendenza al limite si pu dire che, raggiunta la Tlimite il fluido si porta in condizioni tali da
scambiare con lesterno (si ricordi che T > Te) il calore dissipato per attrito fluidodinamico, come
8 G3k 5 RT
si pu verificare ricavando dalla T Te
il rapporto:
L2 2 De5
T Te 8 G3k 5
RT
L2 2 De5
ovvero Q=Q.
175
lim
L
Figura 200: Andamento della temperatura del fluido
8 G3k 5 RT
T T0 Te
v2 2 De5
Gc pv RT
8 G3k 5 RT
e
[127]
e
v2 2 De5
8 G3k 5 RT
8 G3k 5 RT
T0 Te
s e
v2 2 De5
v2 2 De5
RT Gc pv
[128]
e
dL
v2 2 De5
GRT
[130]
8 G 3k 5 Tc Te
hF h0 2 2 5
LF
GRT
v De
[131]
176
Se imponiamo che per L =LF sia lentalpia finale hF pari a quella del vapore saturo secco si
pu ricavare il titolo di vapore in ingresso dalla relazione:
8 G 3k 5 T T
h0 hF 2 2 5 c e LF
[132]
GRT
v De
Quanto sopra detto completa i casi possibili per fluidi in prossimit delle condizioni di
saturazione.
7.2
La L. 10/91 e il DPR 412/93 impongono che le tubazioni siano isolate anche al fine di
massimizzare il rendimento di distribuzione d definito dalla relazione:
d
Qhr
Qhr Qdnr
con:
Qhr lenergia termica richiesta per il riscaldamento della zona, fornita in parte dal
corpo scaldante (Qrad) ed in parte dalle tubazioni correnti allinterno dellinvolucro
riscaldato (Qdr il calore disperso recuperato);
dove:
R
la resistenza termica globale, in m2K/W;
D1
il diametro esterno della tubazione, in m;
L
la lunghezza equivalente della tubazione, cio la lunghezza effettiva della
tubazione, aumentata di una opportuna quantit, che tenga conto della maggiore energia
scambiata a causa della presenza di punti singolari quali staffe, appoggi, distanziatori,
valvole, ecc., (in caso di tubi affiancati, anche allinterno di un unico involucro isolante, L
la somma della lunghezza dei tubi) in m;
fa = (f - a) la differenza tra la temperatura media del fluido termovettore e la
temperatura dellambiente che circonda la tubazione, in C.
La differenza di temperatura fa fra fluido e ambiente dipende dalla quantit di corpi
scaldanti installata (a sua volta funzione della temperatura di progetto) e dal tipo di
conduzione e si calcola nel seguente modo:
1
n
fa m n
n
dove:
Qhr
tp
177
dove:
Qhr il fabbisogno energetico utile reale, in J;
tp
la durata del periodo di erogazione del calore, in s;
n la potenza termica nominale (nelle condizioni previste dalla relativa norma di
prova) degli stessi terminali di emissione, in W;
n la differenza di temperatura nominale (prevista dalla norma di prova) fra corpo
scaldante e ambiente, in C;
n
lesponente che definisce la caratteristica di emissione della tipologia di corpo
scaldante, fornito dal costruttore o, in mancanza, dalla Tabella 28.
Tabella 28: Valori dellesponente n per il calcolo della potenza erogata dai terminali
178
8.
Un fluido si dice bifase quando costituito da due fasi fisiche distinti una liquida ed una
gassosa. Una miscela di acqua ed aria, ad esempio, costituisce una miscela bifase, come pure una
miscela di acqua e vapore dacqua in equilibrio con essa. Linteresse scientifico e tecnico per
queste miscele grandissimo per le notevoli applicazioni che si possono avere. Si pensi, ad
esempio, agli impianti nucleari33, agli impianti solari34, agli impianti termotecnici civili ed industriali
(ad esempio le caldaie e i generatori di vapore). Il moto delle miscele bifase pone diversi problemi
di calcolo fluidodinamico per le diverse azioni inerziali che esercitano la fase liquida e la fase
gassosa. In generale uno studio analitico completo richiede lapplicazione delle equazioni di Navier
Stokes e dellenergia (vedi Convezione Termica in Fisica Tecnica) sia per la fase liquida che per
quella gassosa. Inoltre, a causa dei diversi regimi di moto che si possono instaurare nel moto
bifase (vedi dopo), si ha la doppia necessit di scrivere ed integrare le suddette equazioni di
equilibrio sia nel dominio dello spazio (cio in zone omogenee) che del tempo (condizioni tempo
varianti). Se il moto dei fluidi bifase associato anche ad uno scambio energetico (ad esempio in
un tubo bollitore di una caldaia o di un impianto nucleare) allora si hanno, contemporaneamente
ai fenomeni fluidodinamici, fenomeni di cambiamento di fase (ebollizione e/o condensazione) che
complicano non poco le equazioni di bilancio.
Cos, ad esempio, perdite di pressione nellebollizione sottoraffreddata sono pi elevate di
quelle in ebollizione ordinaria e pur tuttavia lincremento non eccessivo.
Le perdite di pressione bifase sono sempre maggiori di quelle monofasi e pertanto occorre
sempre stimarle correttamente per evitare problemi di sottodimensionamento delle pompe di
circolazione. Lequazione dellenergia gi vista allinizio del corso sotto forma di equazione di
Bernoulli generalizzata pu essere scritta in forma differenziale nella forma:
wdw
dl w2 dLm
dp
gdz
v
d 2v
v
33
Nei reattori ad acqua bollente si ha una circolazione di acqua con piccole percentuali di vapore in equilibrio termico.
Questo fluido assolve sia alle funzioni di refrigerazione che di moderazione neutronica.
34
Le centrali eliotermiche di potenza utilizzano sia miscele acqua-vapore (centrali tipo Francia) che di metalli liquidi (Sodio
fuso o leghe NaK o similari). Anche i collettori a vetro usano una miscela bifasica costituita da freon liquido e aeriforme.
179
q l 12
gz h
2
Gravimetriche
Attrito
Questa equazione dice chiaramente che la differenza di pressione fra la sezione iniziale e
finale nel condotto esaminato somma dei tre termini a secondo membro che esprimono,
nellordine:
le perdite di pressione per effetto della variazione di energia cinetica (perdite di slip);
per perdite per alleggerimento termico dovute allazione della gravit;
le perdite di attrito totali dovute alla viscosit del fluido.
Nel caso di moto bifase le perdite di slip debbono tenere conto anche delle diverse velocit
delle due fasi e quindi dellattrito virtuale che si viene a determinare nel moto relativo
(scorrimento o slip) della fase pi veloce rispetto a quella pi lenta. Questo termine presenta
notevoli difficolt di calcolo anche in considerazione del tipo di moto che si instaura nel condotto.
180
Per condotti verticali si avuto modo di esaminare i regimi di flusso che si instaurano
durante lebollizione dinamica in un tubo bollitore, come illustrato dalla Figura 201. I regimi
possono essere:
Moto a bolle: il vapore si muove sotto forma di bolle sparse in una matrice di
liquido;
Moto a tappi: il vapore presente in quantit elevate e tali da creare, per
coalescenza fra bolle vicine, dei veri e propri tappi interni al condotto;
Moto anulare: il liquido si muove in aderenza alle pareti e il vapore nel cuore interno
della sezione del condotto;
Moto a nebbia: il liquido quasi del tutto evaporato ed occupa tutto il volume
disponibile mentre il liquido, in quantit residuali, si muove sotto forma di minute
goccioline sparse nella matrice di vapore.
Ciascuna di queste tipologie di flusso richiede un tipo di analisi particolare per la necessit,
come sopra accennato, di dovere integrare le equazioni di Navier Stokes e dellenergia in zone di
spazio spesso determinate casualmente e quindi senza alcuna possibilit pratica di previsione
analitica.
Del resto anche listaurarsi del regime di moto non facile da prevedere anche se esistono
alcune mappe sperimentali che delimitano, certamente non in modo preciso, i campi di esistenza
dei vari regimi di flusso.
MOTO A NEBBIA
MOTO ANULARE
MOTO A TAPPI
MOTO A BOLLE
CONVEZIONE MONOFASE
LIQUIDO
181
MOTO A TAPPI
MOTO ANULARE
MOTO STRATIFICATO
Oltre ai regimi visti in precedenza si ha il moto stratificato nel quale la fase liquida si
mantiene, per gravit, in basso e la frazione aeriforme nella parte superiore sotto forma di bolle.
Linstaurarsi di un regime di moto piuttosto che un altro dipende fortemente dai rapporti delle
portate della fase liquida e della fase aeriforme. I profili di velocit nel moto bifase non hanno una
definizione ben precisa, come del resto si pu intuire, e spesso si ricorre a rappresentazioni fittizie
di tipo polinomiali determinate con esperienze mirate per particolari regimi di moto.
8.3
In calcolo delle perdite di pressione nel moto bifase stato oggetto di studi da diversi
decenni. Inizialmente in mancanza di sperimentazioni pratiche si cercato di proporre metodi
analitici basati su ipotesi di moto semplificati e in particolare immaginando che il fluido
complessivo bifase fosse determinato dalle caratteristiche medie di un fluido omogeneo
opportunamente definito. Negli anni settanta si sono avute le prime sperimentazioni di Martinelli
e Nelson che hanno portato alla definizione di metodi semiempirici ritenuti pi affidabili di quelli
solamente teorici.
Negli anni novanta le esperienze di Thom hanno fornito una metodologia semiempirica
completa oggi ritenuta fondamentale per il calcolo delle perdite di pressione in regimi bifasi.
8.3.1 METODO DI HANFORD
E uno dei primi metodi di calcolo analitico delle perdite di pressione e si base su alcune
ipotesi semplificative che qui riportiamo:
Si suppone il condotto orizzontale e quindi si trascurano le perdite gravitazionali;
Il fluido si suppone omogeneo avente volume specifico dato dalla relazione:
v v
vm 1 2
2
ove, per miscele sature, si ha, come si ricorda dalla Termodinamica: v vl x vv vl con vl
volume specifico del liquido, vv volume specifico del vapore ed x titolo della miscela. Inoltre il
punto 1 indica lingresso del condotto e 2 luscita.
182
con la solita convenzione sui pedici. La fluidit media del fluido omogeneo data,
analogamente a quanto visto per volume specifico medio, dalla relazione:
m 1 2
2
essendo 1 e 2 lingresso e luscita del condotto considerato. Nel caso di un tubo bollitore o in
ogni caso con scambi termici con lesterno lipotesi di un fluido omogeneo per lunghi condotti
appare poco realistica e in ogni caso fortemente dipendente, per via dei volumi specifici e delle
viscosit, dalle pressioni locali nelle sezioni di condotto. Pertanto si pu suddividere il condotti in
tratti di piccola lunghezza allinterno dei quali le ipotesi di omogeneit appaiono maggiormente
valide. Per ogni condotto si pu scrivere, con lipotesi dz=0, lequazione di Bernoulli:
(i )
(i )
m2
m2 1
p1 p2 2 v2(i ) v1(i ) 2 (i )vm(i )l (i )
S
2S d
ove con lapice (i) si intende il generico tratto del condotto. In pratica partendo dal primo
tratto, nel quale nota la pressione p1(1) , si determina la pressione di uscita p2(1) che poi la
pressione di ingresso del secondo tratto, cio si ha p1(2) p2(1) e cos via per gli altri tronchi fino ad
arrivare alla p2 duscita dellultimo tronco che coincide con la pressione finale alluscita del
condotto. In definitiva la somma delle equazioni parziali dei singoli tratti porta allequazione
totale:
m2 2
m2 1 2
p1 p2 2 v2(i ) v1(i ) 2 (i ) vm(i )l ( i )
S 1
2S d 1
w2
qe(i ) (i ) h
2
Lentalpia della miscela bifase in una generica sezione (i) dato da:
h hl xr
35
Si
ricordi
che
vale
la
m S
0.2
relazione:
0.2
Re wd wd dm S
quindi
183
ove r il calore latente di vaporizzazione alla pressione parziale nel tratto. Fra le sezioni 1 e
2 di ciascun tratto si ha:
1,2 hl r2 x2 r1 x1
ove r2 ed r1 sono i calori latenti di vaporizzazione alle pressioni p2 e p1 ed :
hl hl2 hl1
la variazione delle entalpie specifiche del liquido alle pressioni suddette. Combinando le
precedenti equazioni si ha, per la velocit media, lespressione:
m
m
w v vl x vv vl
S
S
Pertanto si ha:
2
2
w2 m2
2 x2 vv2 x12vv21
2 2S
Con gli sviluppi sopra esposti si pu applicare il metodo di Hanford per approssimazioni
successive. Nota la pressione iniziale del prima tratto si stima la pressione di uscita dello stesso
tratto e si calcola la x2 dello stesso tratto (eventualmente risolvendo lequazione di 2 grado sopra
indicata). A questo scopo, trascurando il termine cinetico (di solito piccolo rispetto ai termini
termici) si pu scrivere:
qe(1) (1) h1 r1(1) x1(1) r2(1) x2(1)
(1)
Il calore fornito qe pu essere calcolato dalla relazione:
1 l (1)
qe(1) qbdz
m 1
con b perimetro del condotto. nota x2(1) si ricava v2(1) dalla relazione:
v2(1) vl(1)
x2(1) vv(1)2 vl(1)
2
2
e quindi:
v1(1) v2(1)
v
2
(1)
m
Si calcola poi:
m(1)
1(1) 2(1)
2
Ora si ricava il valore della pressione di uscita p2(1) che di solito differisce da quella
inizialmente stimata. Se la differenza minore dellerrore massimo tollerabile allora si procede
con il tratto successivo reiterando le operazioni appena descritte.
Nel caso di differenza maggiore dellerrore ammissibile allora si assume la p2(1) appena
calcolata e si riparte per una nuova iterazione fino a quando la differenza fra il valore di calcolo
attuale e quello del ciclo precedente minore dellerrore ammissibile.
La caduta di pressione totale quindi data da:
184
iN
Nel caso di condotti verticali occorre valutare anche il termine gravimetrico (prima del tutto
trascurato), cio il termine:
2 dz
pgrav.
1 v
Vediamo adesso una semplice metodologia per effettuare questo calcolo. Si supponga di
avere un flusso termico uniforme lungo la lunghezza del condotto e che il salto di pressione sia
piccolo36.
Allora si pu scrivere:
dqe rdx
ovvero:
qb
dz rdx
m
con z lunghezza del condotto a partire dallingresso, b il perimetro e q il flusso termico
specifico (J/m). Questa relazione ci dice che la variazione del titolo proporzionale alla lunghezza
progressiva, per cui, supponendo che sia x1=0, si ha:
x
v vl x vv vl vl 2 z z1 vv vl
l
dqe
ln v 2 v l
1 v
x2 vv vl
vl
Questa perdita va sommata alle perdite per slip e per attrito.
8.3.3 METODO DI MARTINELLI E NELSON
Negli anni settanta, data la complessit analitica del problema, si effettuarono numerose
esperienze per determinare le cadute di pressione in miscele bifasiche di acqua ed aria.
Inizialmente Lochkart e Martinelli definirono un moltiplicatore, Xtt, definito come radice
quadrata del rapporto fra la caduta di pressione nella fase liquida e la caduta di pressione nella
fase aeriforme ed dato a sua volta dalla relazione:
36
Il salto di pressione p pari alla caduta di pressione totale e pertanto questo deve essere comunque limitato nelle
applicazioni impiantistiche onde evitare eccessive potenze di pompaggio.
185
0.5
pl 1 x v l
X tt
pv x l v
0.9
0.1
con x titolo del vapore e con il solito significato per gli altri simboli. In Figura 203 si ha
landamento delle curve sperimentali che forniscono il moltiplicatore di Martinelli, Xtt, al variare
della pressione e del titolo della miscela.
Si osservi, per, che il titolo della miscela non costante lungo il condotto per cui sarebbe
necessario conoscere la legge di variazione di x e procedere a successive integrazioni.
Successivamente sono state elaborate altre curve sperimentali alla base del metodo di
calcolo semiempirico detto di Martinelli e Nelson.
Se si suppone, almeno inizialmente, che il titolo vari linearmente fra ingresso e uscita (con
x=0 in ingresso del condotto) e che vi sia somministrazione uniforme di calore allora Martinelli e
Nelson definiscono il rapporto:
p
M 2 Fa
p1Fla
ove si ha il seguente simbolismo:
p2Fa caduta di pressione per attrito per moto bifase, Pa;
p1Fla caduta di pressione per attrito per portata totale pensata di solo liquido, Pa.
In definitiva M (sempre >1) il rapporto fra le cadute di pressione per attrito nelle reali
condizioni di moto bifase rispetto a quelle che si avrebbero, sempre per attrito, se la portata totale
fosse di solo liquido.
Queste ultime sono calcolabili facilmente con i metodi della Fluidodinamica monofase visti
nei precedenti capitoli e pertanto se si conosce M di possono calcolare le perdite di attrito bifase
mediante la relazione:
p2 Fa M p1Fla
Martinelli e Nelson hanno determinato landamento sperimentale di M partendo dalle curve
di Lochkart Martinelli, come rappresentato nellabaco di Figura 204.
Labaco fornisce M al variare della pressione nel condotto per assegnato titolo, x2, in uscita.
Si osservi come sia sempre M>1 (quindi le perdite bifase sono sempre maggiori di quelle
monofase) e come le curve tendano a congiungersi per la pressione critica dellacqua (222 bar)
laddove non si ha pi alcuna differenza fra la fase liquida e il vapore.
Se il titolo in ingresso x1,0 allora si pu procedere in questo modo, vedi Figura 205:
si calcola la M1 corrispondente alla caduta di pressione fittizia di un condotto avente titolo
in ingresso nullo e in uscita pari ad x1;
Si calcola M2 per un condotto fittizio nelle condizioni di titolo in ingresso 0 e in uscita x2;
Si calcola il fattore M per condotto con titolo in ingresso x1 e in uscita x2 dalla differenza:
M M1 M 2
pertanto le perdite di pressione sono date da:
p2 Fa M 2 M 1 p1Fla
Ricordando quanto detto per le cadute totali di pressione:
ptot p p p
Slip
Gravimetrico
Attrito
186
m2
m2
v
2
1
S2
S2
con R (ove , per quanto detto in precedenza, R v2 v1 ) coefficiente dato dallabaco di
Figura 206. Nel caso in cui le condizioni iniziali del titolo siano x10 allora, in analogia a quanto
detto per il calcolo di M e con riferimento alla Figura 205, si procede cos:
Si calcola R1 per il tratto fittizio con titolo variabile da 0 a x1;
Si calcola R2 per il condotto fittizio con titolo variabile da 0 a x2;
Si calcola il valore reale: R=R2 R1.
pslip
187
M1
x=0
R1
L1
x=x1
M2
R2
x=x2
L2
Se nel condotto si hanno anche perdite concentrate allora queste debbono essere valutate
per la sola fase liquida per una portata di liquido equivalente a quella totale. Le perdite di attrito
p1Fla sono date da:
p1Fla p1Fla distribuite p1Fla concentrate
e le perdite bifase totali corrispondenti si calcolano moltiplicando le precedenti per il
coefficiente R calcolato come sopra specificato.
188
189
37
Il CISE (Centro Italiano Studi Elettricit) si occupato di impianti nucleari proponendo, negli anni sessanta, un tipo di
reattore prova elementi combustibili denominato CIRENE (CIse REattore Nebbia) caratterizzato dal moto a nebbia allinterno dei
canali di refrigerazione.
38
Linvecchiamento del condotto porta al deposito di materiali (incrostazioni) e allincremento delle asperit interne.
190
Thom estende il suo metodo semiempirico anche al caso in cui non ci sia somministrazione
di calore: in questo caso restano le formulazioni precedenti ma il termine di attrito va calcolato
utilizzando labaco di Figura 210 anzich quello di Figura 207.
Gli altri coefficienti restano invariati.
Per condizioni di ingresso diverse dal titolo nullo, come illustrato in Figura 205, si procede
allo stesso modo gi visto per Martinelli e Nelson utilizzando un condotto fittizio tale che per esso
il titolo vari da x=0 ad x=x1.
Osservazioni sul metodo di Thom
Rispetto al metodo di Martinelli e Nelson questo metodo presenta errori minimi rispetto ai
dati sperimentali.
191
192
193
Figura 210: Abaco di Thom per M per condotto senza flusso termico
Nel calcolare questo rapporto si immagina di calcolare le perdite di pressione per attrito
prima il condotto con solo vapore di portata pari a quella totale e poi di solo liquido con analoga
portata totale. In ascisse si ha la frazione di sezione occupata dal liquido, 1-, essendo la
frazione di vuoto definita dal rapporto fra larea occupata dal vapore rispetto allarea totale della
sezione del condotto:
S
v
S
Questo metodo non molto indicato per basse pressioni.
194
8.4
In questa sezione sono introdotte le ipotesi ed i metodi adottati per la valutazione delle
perdite di carico per deflussi bifase in tubazioni orizzontali. I metodi pi consolidati per la
modellazione analitico-numerica del deflusso bifase e per il calcolo delle perdite di pressione
possono dividersi in metodi basati sullipotesi di deflusso omogeneo e metodi basati sullipotesi di
deflusso separato. Entrambi gli approcci sono sinteticamente riportati di seguito.
8.4.1 DEFLUSSO OMOGENEO
Questo tipo di approccio si basa sulla considerazione di un fluido equivalente le cui propriet
termofisiche:
H L 1 H G H
H L 1 H G H
x L
uL
Ipotizzando il deflusso di un fluido omogeneo, per questo tipo di approccio il fattore di slip
uG/uL vale 1. Le perdite di pressione per attrito possono esprimersi inoltre come per un fluido
monofase, ovvero nella forma:
2 f HLG2
p frict
Di H
In cui G rappresenta il flusso di massa attraverso la sezione trasversale al deflusso. Il fattore
di attrito pu essere calcolato tramite opportune correlazioni presenti in letteratura, una volta
noto il numero di Reynolds.
195
Questo tipo di correlazione risulta tanto pi efficace nella produzione di risultati attendibili
quanto pi la portata di fluido elevata. In particolare essa fornisce buoni risultati per portate di
massa specifiche superiori a circa 2000 kg/(m2 s).
8.4.2 DEFLUSSO SEPARATO
La correlazione proposta da Friedel quantifica le perdite di pressione del deflusso bifase alle
perdite equivalenti di un deflusso fluido con le stesse specifiche moltiplicate per un opportuno
fattore correttivo:
2
p frict pLFr
In cui:
pL f L L Di 2G 2 1 L
2
Fr
E
3, 24FH
FrH0,45WeL0,035
I gruppi adimensionali presenti nella precedente espressione sono calcolati come di seguito:
G2
FrH
gDi H2
E 1 x x2
2
L fG
G f L
F x0,78 1 x
0,224
H L
G
0,91
0,19
G
G
1
L
L
mDi
WeL
0,7
Anche in questo caso le cadute di pressione del deflusso bifase sono calcolate utilizzando un
moltiplicatore delle perdite di pressione di un deflusso monofase equivalente:
2
p frict pLLtt
In cui:
2
Ltt
1
C
1
2
Xtt Xtt
196
1 x
Xtt
0,9
G
L
0,5
L
G
0,1
I valori del parametro C dipendono dal regime di moto, sia della fase liquida che di quella
vapore. Per entrambi i deflussi in regime turbolento, per la costante pu assumersi un valore pari
a 20.
8.4.5 METODO DI CHISHOLM
Il valore di n per deflussi turbolenti vale 0,25, mentre il parametro Y viene determinato come
rapporto tra le cadute di pressione tra le due fasi:
Y2
dp dz G
dp dz L
Lespressione per il calcolo del parametro B dipende dal valore di Y e della portata di efflusso
secondo le seguenti:
-
55
G0,5
2400
B
G
B 4, 8
B
500 G 1900 kg m2 s
G 500 kg m2s
520
YG0,5
G 600 kg m2s
21
Y
G 600 kg m2s
B
-
G 1900 kg m2 s
1500
Y 2G0,5
In questo caso le perdite di pressione del deflusso sono calcolate secondo la seguente legge
di interpolazione empirica:
13
p frict C 1 x Bx 3 L
197
In cui il fattor G espresso in funzione delle cadute di pressione per deflusso equivalente
monofase liquido (A) e vapore (B):
C A 2 B A x
In questo caso le cadute di pressione del deflusso bifase sono calcolate utilizzando un
moltiplicatore delle perdite di pressione di un deflusso monofase equivalente:
p frict pLGr
In cui lespressione del moltiplicatore la seguente:
dp L G
Gr 1
1
0.25
dz Fr ( L G )
f Fr Fr 0.3 0.0055 ln
Fr
La correlazione di Gronnerud perde significato per titolo pari a 1.
8.4.8 PROCEDURA DI CALCOLO
I metodi sinteticamente riportati nei paragrafi precedenti sono stati implementati per il
calcolo delle cadute di pressione in concomitanza a processi di deflusso monofase (sezione
scaldante del tubo assorbitore) e di deflusso bifase (sezione di vaporizzazione del tubo
assorbitore).
La metodologia di calcolo, formalmente facente riferimento alle metodologie esposte,
stata basata sulla discretizzazione della tubazione in porzioni elementari.
LT
OT
pi
xi
Figura 212: Schema di riferimento per la procedura di calcolo adottata.
198
8.5
Al fine di validare gli strumenti numerico-analitici impiegati per il calcolo delle perdite di
pressione in regime di deflusso bifase, la procedura di calcolo stata applicata per condizioni di
funzionamento relative ad un impianto in fase di sperimentazione, di cui in letteratura sono
disponibili dati rilevati sperimentalmente. Il confronto tra i dati disponibili da letteratura e quelli
prodotti nel corso di questa attivit ha consentito di validare lapproccio utilizzato. Con riferimento
alla comunicazione succitata, i diversi metodi presentati nel precedente paragrafo sono stati
applicati per valori della pressione nominale pari a circa 30 bar (EXP_1), 60 bar (EXP_2) e 100 bar
(EXP_3). Di seguito si riportano alcune specifiche caratteristiche del deflusso e dellimpianto cui i
dati sperimentali si riferiscono:
Diametro tubazione
Pressione nominale
Portata di massa
Temperatura in ingresso
Titolo in uscita
[m]
[bar]
[kg/m^3]
[C]
EXP_1
0,05
34,8
0,516
201,6
1
EXP_2
0,05
63,6
0,627
242,1
1
EXP_3
0,05
102
0,615
249,3
1
Tabella 29: Condizioni operative di riferimento per i dati sperimentali riportati in Allegato 1.
Di seguito si riporta un estratto dei risultati ottenuti dal confronto. Le figure seguenti
illustrano landamento della pressione lungo la tubazione, calcolata secondo le diverse
metodologie impiegate. La linea rossa e pi spessa la traccia dei risultati sperimentali di
letteratura.
Figura 213: : Pressione lungo la tubazione: confronto tra dati sperimentali (EXP_1) ed risultati numerici.
Figura 214: Pressione lungo la tubazione: confronto tra dati sperimentali (EXP_2) ed risultati numerici.
199
Figura 215: Pressione lungo la tubazione: confronto tra dati sperimentali (EXP_3) ed risultati numerici.
HEM
0,93%
0,20%
0,89%
1F + HEM
2,73%
1,46%
0,33%
1F + Fried
1,25%
0,70%
0,63%
1F + Chis
12,26%
3,53%
1,98%
1F + Mull-Stein
1,12%
0,23%
0,94%
1F + Gron
1,63%
0,51%
1,03%
1F + Lock-Mart
2,19%
0,68%
0,79%
Tabella 30: Scarti relativi tra le perdite di carico complessive calcolate e i dati sperimentali di letteratura.
Risultati
Si riporta nella figura seguente la maschera dei dati di input utilizzati per il calcolo delle
perdite di carico in funzione delle condizioni di radiazione solare al suolo (pari a 500 W/m 2 in
questo caso). Il titolo in uscita fissato ad un valore nominale pari a 0.3; tale valore pu
comunque essere aggiornato alloccorrenza. I dati riportati in verde rappresentano i gradi di
libert del sistema.
200
Eta_specchi
Beta
R
Di
De
500
6000
27283,7
2,40E+06
[W/m^2]
W/m
[W/m^2]
[W]
Radiazione al suolo
Potenza concentrata per ogni metro di stringa
Flusso termico incidente sulla tubazione
Potenza termica per stringa
1
0
461,89
[J/(K*kg)]
0,062
0,07
[m]
[m]
L_tubo
S_specchi
S_stringa
S_tubo
eps_rel
p_tubo
T_l_in
T_sat
T_l_med
rho_l_in
rho_l_sat
rho_l_med
rho_v_sat
eta_l_in
eta_l_sat
eta_v_sat
400
12
87,96
3,02E-03
5,00E-05
60
150
275,6
212,80
920,1
761,7
840,88
23,7
1,86E-04
1,03E-04
1,88E-05
[m]
[m^2/m]
[m^2]
[m^2]
[m]
[bar]
[C]
[C]
[C]
[kg/m^3]
[kg/m^3]
[kg/^3]
[kg/m^3]
[Pa/s]
[Pa/s]
[Pa/s]
Cp_l_in
Cp_l_sat
Cp_l_med
h_lv
h_l_in
h_l_sat
h_v_dry
4315,51
5137,75
4726,6
1585072
647,33
1224375
2809447
[J/ (kg*K)]
[J/ (kg*K)]
[J/ (kg*K)]
[J/kg]
[J/kg]
[J/kg]
[J/kg]
Tabella 31: Maschera dei dati di input per il calcolo delle perdite di carico al variare della radiazione solare
incidente (quindi della portata di deflusso).
La tabella seguente riporta la variazione della portata di efflusso e della potenza termica
della stringa al variare della radiazione solare al suolo in un range di 100-1000 W/m2.
Le seguenti figure presentano landamento della pressione lungo la stringa al variare della
radiazione solare / portata di deflusso, secondo i diversi metodi di calcolo adottati.
201
Q_solar
[W/m^2]
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
P_stringa
[W]
4,80E+05
9,60E+05
1,44E+06
1,92E+06
2,40E+06
2,88E+06
3,36E+06
3,84E+06
4,32E+06
4,80E+06
m_punto
[kg/s]
0,449
0,898
1,347
1,796
2,245
2,694
3,143
3,592
4,041
4,490
Tabella 32: Valori di potenza termica della stringa e di portata di deflusso al variare della radiazione solare.
202
203
204
Conclusioni
Possono farsi le seguenti osservazioni conclusive a commento dei risultati:
Anche nelle pi gravose condizioni operative di funzionamento (radiazione solare
massima, quindi portata massima) le perdite di carico sul tratto monofase della
tubazione sono inferiori ad 1 bar.
I diversi metodi applicati per il calcolo delle perdite di pressione forniscono risultati
abbastanza in linea tra loro per le portate pi basse, ad esclusione del metodo di
Chisolm, per le quali fornisce valori della caduta di pressione maggiori rispetto a
quelli stimati tramite limpiego degli altri metodi.
Per alti valori di portata i risultati relativi al metodo di Chisolm sono invece allineati
con gli altri, in questo caso le cadute di pressione maggiori si ottengono tramite il
metodo di Lockart-Martinelli.
Le perdite di pressione sul tratto bifase crescono sensibilmente allaumentare della
portata, ci nonostante, nelle ipotesi pi gravose, esse possono stimarsi
cautelativamente pari al massimo a 8-10 bar. Vale la pena osservare che queste
205
8.6
Negli impianti industriali (caldaie, generatori di vapore, reattori chimici, .) riveste grande
importanza la stabilit e la sicurezza dei tubi bollitori allinterno dei quali si hanno i cambiamenti di
stato dellacqua (come di qualunque altra sostanza). I fenomeni che possono avvenire allinterno
dei tubi bollitori sono molteplici in funzione del flusso termico, delle propriet termofisiche del
fluido e della topologia dellimpianto.
8.6.1 TUBO BOLLITORE ORIZZONTALE
Si supponga inizialmente che il tubo bollitore sia orizzontale e a sezione costante, che sia
nota la pressione di sbocco, p2, e che sia uniforme e costante il flusso termico lungo le pareti.
Quando non c ebollizione a velocit elevate il numero di Reynolds varia poco con il variare della
portata ponderale poich alle diminuzioni di portata corrisponde, a parit di flusso termico, un
incremento di temperatura del fluido secondo la relazione:
Qe
c t f t p
m
essendo tf la temperatura del fluido e tp la temperatura della parete.
Pertanto la viscosit diminuisce ed essendo:
4m d
m
Re 2 K
d
206
Al di sotto di questa portata si hanno perdite di pressione crescenti (si ricordi che le perdite
bifase sono sempre maggiori di quelle monofasi) al diminuire della portata di massa anche perch,
a pari flusso termico, cresce il titolo di vapore presente.
Allo sbocco abbiamo:
Qe
rx2
m
ove x2 il titolo finale della miscela.
Si ha, quindi, la curva BH di Figura 226 che si raccorda con continuit con la OR in quanto
lebollizione non si presenta contemporaneamente e nella stessa forma in tutte le sezioni del
condotto.
In corrispondenza ad un titolo x=0250,30 (a seconda dei casi), punto V della figura, si ha il
massimo della caduta di pressione p1v p2 pv .
p
p Vapore surriscaldato
p1H'
1B
p
1K
Liquido + Vapore
R''
V
p
1V
S
Liquido
H
K'
p
1R
R'
M'
N''
N
R
D
D'
D''
m
p
2 0
m
B
m
M
207
8.6.2 PUNTO DI LAVORO DEL TUBO BOLLITORE
208
Questo non possibile con pressioni minore di p1V; infatti dalla Figura 226 si osserva che
se:p1 < p1V per il ritorno dellarco SV ed R non basta regolare la resistenza di imbocco ma occorre
ridurre anche la potenza termica fornita in modo da avere una diminuzione di p 1max (in
corrispondenza di V).
La scelta di una pressione di imbocco pi elevata di p 1B consente il funzionamento in tutte le
condizioni mediante lintroduzione di resistenza variabili (saracinesche di regolazione); si possono,
infatti, intersecare con la retta di carico tutti i punti della curva del tubo bollitore ed avere un
funzionamento stabile. In definitiva, la scelta della pressione a monte di un tubo bollitore va fatta
oculatamente in base al grado di sicurezza che si desidera ottenere.
Il raggiungimento di condizioni di optimum comporta la necessit di scegliere pressioni
piuttosto elevate, introducendo allingresso del condotto resistenze concentrate (ugelli,
saracinesche, ). Queste resistenze proteggono il tubo bollitore (che di solito funziona in parallelo
ad altri tubi) dato che variazioni accidentali della portata nominale hanno minore peso.
Lintroduzione di ugelli allo sbocco (anzich allimbocco) esercita una protezione, nel senso
che fa crescere la pressione a monte. In questo caso lebollizione inizia a temperature pi elevate e
quindi per portate minori. Tuttavia, se lebollizione inizia allora le condizioni risultano aggravate.
Lugello posto allimbocco sempre attraversato da solo liquido mentre se posto allo sbocco
attraversato da una miscela di liquido e vapore e quindi producendo una resistenza maggiore. La
portata, per conseguenza, diminuisce rapidamente e la bruciatura del condotto viene facilitata.
8.6.3 TUBO BOLLITORE VERTICALE
Lo studio dei tubi bollitori verticali pi complesso di quello prima mostrato di tubi
orizzontali.
Per questi condotti si possono avere due casi:
Moto del fluido dal basso verso lalto: in questo caso si hanno condizioni di stabilit
maggiori rispetto ai tubi orizzontali;
Moto del fluido dallalto verso il basso: le condizioni di sicurezza diminuiscono rispetto al
caso di condotto orizzontale.
8.6.4 CALCOLO DELLA PORTATA DI INIZIO E FINE EBOLLIZIONE
ove hl2 lentalpia del fluido in ebollizione alla pressione p e qe il flusso specifico (J/kg) da
fornire al fluido. Noto il flusso totale esterno Qe e la portata totale di massa si calcola:
Q
qel ,2 e
m
Si pu anche scrivere, per la portata totale e il flusso termico totale, la relazione globale di
bilancio:
Qe
mi
hl2 hl1
essendo mi la portata di massa di inizio ebollizione.
209
Supponendo costante la pressione39 p del condotto, alla fine dellebollizione lentalpia del
vapore saturo vale:
hv2 hl2 r2
essendo r2 il calore latente di vaporizzazione alla pressione considerata. Il flusso specifico
vale:
e deve aversi:
hl2 r2 hl1
Qe
mf
mf
Qe
hl2 r2 hl1
v
d 2v
d 2S 2
Per il calcolo di si utilizza la solita correlazione per tubi lisci 0.184Re0.2 . Allorquando
ha inizio lebollizione la caduta di pressione va calcolata con uno dei metodi prima esposti per le
perdite di pressione in moto bifase, ad esempio con il metodo di Thom.
Il titolo di vapore in uscita dal tubo bollitore si calcola mediante la gi citata equazione
dellenergia:
w2
qel ,2 1,2 h gz
2
Qe
r2 x2
m
Da questa relazione si calcola il titolo in uscita x2 al variare di m . Noto x2 si calcola la caduta
totale di pressione:
m2
L
p1,2 p2 Fa pslip pgrav M p1,21Fla R 2 vl2
S
vl2
con M, R e calcolati con gli abachi di Thom40.
Va osservato, infine, che la portata allo sbocco non pu variare a piacere dovendo essere
sempre inferiore alla velocit massima (per tubi a sezione costante) pari a quella del suono, come
si visto per il moto dei fluidi comprimibili.
39
Si ricordi che le cadute di pressione sono sempre mantenute basse per evitare grandi potenze di pompaggio per il moto
del fluido nel condotto considerato.
40
E ovvio che lo stesso discorso vale per lapplicazione del metodo di Martinelli e Nelson ove, per, le perdite
gravimetriche debbono essere stimate separatamente.
210
8.6.5 EFFETTI DELLA VARIAZIONE DI DENSIT NEL MOTO DEI FLUIDI IN CONDOTTI VERTICALI
Allinterno dei tubi bollitori o dei canali di refrigerazione degli impianti nucleari o di reattori
chimici si ha moto di fluido con cambiamento di densit, dovuta alle variazioni di temperatura
lungo il condotto, che possono produrre problemi di instabilit se non adeguatamente controllati.
Ambiamo gi trovato lequazione A) che qui si ripete riscrivendo diversamente il termine
cinetico:
dL
wdw
1 m2
dp
dz
vdl m
2
v
d 2S
v
Integrando questa equazione fra le sezioni 1 e 2 (ingresso e uscita) e trascurando il termine
dovuto al lavoro positivo del circolatore si ha:
2 wdw
2
2 dR
p1 p2
dz
1
1
1
v
v
In questa equazione occorre osservare che, per condotti a sezione costante, la variazione di
volume specifico di solito piccola e quindi le variazioni di velocit sono parimenti piccole e
pertanto il termine cinetico apporta contributi trascurabili.
Nel termine gravimetrici il peso specifico varia con la temperatura secondo la legge:
1 1 t t1
con coefficiente di dilatazione cubica (o di espansione isobaro gi visto in Termodinamica)
e t la temperatura corrente. La stessa relazione vale per la variazione della densit con la
temperatura.
Per saldi termici piccoli si pu ritenere parimenti piccola la variazione di densit e pertanto si
pu utilizzare il suo valore medio, , fra le due sezioni considerate e quindi la caduta totale di
pressione diviene:
p1 p2 R1,2 1 z2 z1 1 t t1 dz
2
41
La circolazione naturale non quasi mai utilizzata direttamente per il moto dei fluidi negli impianti ma rappresenta
sempre un elemento di sicurezza da considerare quando viene meno la potenza motrice della pompa. Se il fluido pu ancora
circolare esso pu trasportare calore e quindi mantenere la temperatura del canale sotto controllo. In un impianto nucleare o in un
reattore chimico o in un generatore di vapore larresto del fluido allinterno dei canali pu portare facilmente a scoppi
estremamente pericolosi e distruttivi.
211
42
Negli impianti nucleari, ad esempio, il moto verso il basso consente di contenere nella zona inferiore dellimpianto il
fluido caldo e radioattivo.
212
Si tenga sempre presente che linizio dellebollizione porta sempre ad avere maggiori perdite
di pressione e quindi aumenti consistenti della resistenza al movimento che facilitano le condizioni
di burn out del condotto e pertanto occorre intervenire opportunamente per evitare che queste
condizioni si raggiungano.
Quando i tubi bollitori sono posti in parallelo (nei generatori termici e nei reattori nucleari si
utilizza spesso questa configurazione) allora le condizioni operative divengono pi critiche poich
laumento della resistenza in un condotto porta ad avere una nuova ridistribuzione della portata
negli altri condotti e quindi si ha una variazione rispetto alle condizioni nominali di lavoro.
Se si osserva la relazione precedentemente ottenuta:
L m2
z z Q
p1 p2 1 z1 z2
1 2 1 e
2
d 2 S
2 cm
si pu dire che il sistema prima dellebollizione risulta tanto pi stabile quanto pi il termine
z z Q
relativo alla variazione della densit, 1 2 1 e , risulta piccolo rispetto a quello delle perdite
2 cm
2
L m
per attrito,
.
d 2 S 2
213
m .
1 N
43
In alcune zone degli impianti nucleari, ad esempio negli schermi radioattivi, si preferisce avere moto verso lalto a bassa
velocit e con piccole cadute di pressione. Si osservi che le condizioni di circolazione naturale sono sempre da prendere in
considerazione per le condizioni di emergenza. Una fermata delle pompe di circolazione, infatti, non pu e non deve comportare il
blocco del fluido allinterno dei tubi bollitori perch ci produrrebbe certamente un incidente: il calore fornito non sarebbe pi
trasportato via e quindi si hanno scoppi o altri disastri. E quanto avvenuto, ad esempio, nel reattore di Chernobil dove la fermata
(forse volontaria) delle pompe di circolazione ha portato alla stagnazione del fluido refrigerante con conseguente surriscaldamento
del nocciolo del reattore nucleare che fuso.
214
9.
Laria compressa riveste notevole importanza in tutta limpiantistica sia come fluido di lavoro
che come fluido ausiliario usato nelle apparecchiature di controllo pneumatiche.
Si tralasciano qui le problematiche della produzione dellaria, proprie dei corsi di Macchine e
di Impianti Industriali. Il dimensionamento della rete di distribuzione viene eseguito in base alle
massime portate richieste dalle utenze. La velocit dellaria viene mantenuta fra 10 20 m/s per
evitare che gocce di condensa siano trasportate e che si verifichino sensibili colpi dariete.
La perdite di pressione (effetto di laminazione fluidodinamico) comportano un
raffreddamento dellaria con possibile formazione di condensa dellumidit dellaria.
Pertanto le linee sono poste in leggera pendenza (13 %) e nelle sezioni a quota minima si
inseriscono opportuni scaricatori di condensa. Sempre per evitare il trascinamento di gocce di
condensa alle utenze, le prese dellaria compressa sono effettuate nella parte superiore del
collettore principale e munite, nella parte terminale, ancora di scarichi della condensa. Il progetto
della rete pu seguire quanto detto per le altre reti di distribuzione. Labaco che lega le perdite di
pressione, i diametri e le portate riportato in Figura 228 con un esempio duso.
Scaricatori di condensa
Questi elementi hanno grande importanza per evitare grossi problemi alle utenze.
Essi debbono anche essere opportunamente equilibrati in pressione mediante tubi di
collegamento fra monte e valle, vedi Figura 229.
La scelta degli scaricatori di condensa viene effettuata in base alla portata di condensa che si
prevede nella rete, secondo i modelli forniti dalle case costruttrici.
Separatori di liquido
Lungo la rete si gi detto che si pongono gli scaricatori di condensa che hanno una sacca si
raccolta in grado di eliminare lacqua che viene convogliata scorrendo sul fondo delle tubazioni ma
215
non possono fare nulla per intercettare lacqua che scorre in sospensione, senza avere aderito alle
pareti interne delle tubazioni.
Per questo motivo si usano i separatori di liquido, installati a mente delle diramazioni
principali, vedi Figura 231.
Figura 228: Abaco per il dimensionamento delle reti di distribuzione dellaria compressa
Il funzionamento si basa sulla separazione meccanica per urto delle particelle contro un
setto poroso opportunamente collocato e dimensionato, nonch su un effetto di decantazione per
il rallentamento al flusso dovuto allaumento della sezione, vedi Figura 232.
Il separatore di liquido deve poi essere munito di scaricatore di condensa del tipo
compatibile con la pressione di esercizio e con la quantit di condensa prevista.
216
217
218
219
220
Il separatore va sempre munito di uno scaricatore con relativo filtro, come indicato in Figura
233.
Tubazioni per la condensa
Le tubazioni per la condensa debbono essere opportunamente dimensionate mediante
labaco di Figura 237 nel quale si tiene conto della pressione di condensazione, della portata di
condensa e del diametro della tubazione.
Esempio di installazione di una caldaia per produzione di vapore
In Figura 239 si ha un esempio di corretta installazione di una caldaia per produzione di
vapore. In essa sono visibili i collegamenti, la disposizione dei filtri, delle valvole di intercettazione
e del by pass di servizio, utile per la manutenzione dei dispositivi di controllo
221
222
223
Il rischio di incendio oggi rilevante anche a causa delluso sempre crescente di materiali
altamente infiammabili (ad esempio materiale plastico, carta, legno, .) presenti nei locali di
lavoro o di abitazione. LItalia una delle nazioni pi allavanguardia nel campo della prevenzione
degli incendi con una serie di norme tecniche che coprono tutti i settori civili e industriali.
Si tralascia in questa sede, a causa del tempo limitato, il problema dei grandi rischi di tipo
industriale regolamentati dal D.Lgs 334/99 (detto anche Seveso 2) per soffermarci solamente ai
classici impianti antincendio per impianti civili ed industriali normali.
Una delle norme pi importanti data dal D.Lgs 149/96: Approvazione della regola tecnica di
prevenzione e incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e
pubblico spettacolo. Di essa si riportano alcuni fra gli articoli pi importanti44. Si vedranno anche
altre norme e/o decreti riguardanti largomento qui trattato.
Prima di procedere allesame delle leggi e norme vigenti si vuole qui presentare la
problematica che gli impianti antincendio debbono affrontare.
11.2 FINALIT DEGLI IMPIANTI ANTINCENDIO
Gli impianti antincendio hanno come finalit la riduzione dei danni conseguenti al verificarsi
di un incendio, agendo quindi sulla Magnitudo dellevento incendio.
Gli interventi si suddividono in misure di protezione attiva o passiva in relazione alla
necessit o meno dellintervento di un operatore o dellazionamento di un impianto.
Gli impianti antincendio hanno come finalit la riduzione dei danni conseguenti al verificarsi
di un incendio, agendo quindi sulla Magnitudo dellevento incendio.
44
La Norma Tecnica tutta parimenti importante ma in questa sede si vuole porre maggiormente lattenzione sugli
aspetti progettuali della norma stessa. Si rimanda lAllievo ad una lettura di tutto il testo per un maggiore approfondimento.
224
Si tratta, come sopra specificato, di misure insite nelledificio e che non richiedono interventi
esterni. Vediamole in dettaglio.
11.5.1 DISTANZE DI SICUREZZA
La protezione passiva realizzata con il metodo delle barriere antincendio basata sul
concetto dellinterposizione, tra aree potenzialmente soggette ad incendio, di spazi scoperti o di
strutture. Nel caso di interposizione di spazi scoperti la protezione ha lo scopo di impedire la
propagazione dellincendio principalmente per trasmissione di energia termica raggiante.
Nella terminologia utilizzata per la stesura delle normative nazionali ed internazionali per
indicare linterposizione di spazi scoperti fra gli edifici o installazioni si usa il termine di distanze di
sicurezza.
Le distanze di sicurezza si distinguono in distanze di sicurezza interne e distanze di sicurezza
esterne a seconda che siano finalizzate a proteggere elementi appartenenti ad uno stesso
complesso o esterni al complesso stesso.
Un altro tipo di distanza di sicurezza da considerarsi la distanza di protezione che
definita la distanza misurata orizzontalmente tra il perimetro in pianta di ciascun elemento
pericoloso di una attivit e la recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dellarea su cui sorge
lattivit stessa.
La determinazione delle distanze di sicurezza in via teorica basata sulle determinazioni
dellenergia termica irraggiata dalle fiamme di un incendio. Esistono vari modelli di calcolo che
forniscono dati molto orientativi. Nelle norme antincendio ufficiali vengono introdotti invece valori
ricavati empiricamente da dati ottenuti dalle misurazioni dellenergia raggiante effettuata in
occasione di incendi reali e in incendi sperimentali.
Appare evidente che compartimentare una struttura ricorrendo alla sola adozione di
distanze di sicurezza comporta lutilizzo di grandi spazi che dovranno essere lasciati vuoti e
costituire di per se una misura poco conveniente di realizzazione di una barriera antincendio da un
punto di vista economico, anche nel caso di edifici industriali dove si dispone di solito di grandi
spazi, poich cos facendo si aumenterebbero i tempi di lavorazione e i costi relativi allincremento
dei servizi di trasporto dei prodotti allinterno del ciclo produttivo.
225
E tenuta
I isolamento termico
226
227
Per quanto attiene al trattamento delle strutture, ormai alquanto noto che alcuni
particolari rivestimenti tra i quali vernici intumescenti, conseguono una vera e propria azione
protettiva delle strutture sulle quali sono applicate, realizzando un grado di resistenza al fuoco
determinato sperimentalmente.
Prerogativa essenziale di questi elementi protettivi di essere ininfiammabili, di possedere
capacit isolanti al calore, nonch la particolarit di rigonfiarsi, schiumando, generando cos uno
strato coibente ed isolante, quando sono investite dalla fiamma o da una sorgente di calore ad alta
temperatura.
Dalla Tabella 33 fino alla Tabella 36 si hanno gli spessori richiesti per i rivestimenti, le
murature antincendio, dei rivestimenti e dei solai.
228
Gli estintori sono in molti casi i mezzi di primo intervento pi impiegati per spegnere i
principi di incendio.
Vengono suddivisi in:
estintori portatili
estintori carrellati
229
230
La loro scelta pu essere dettata dalla necessit di disporre di una maggiore capacit
estinguente e sono comunque da considerarsi integrativi di quelli portatili.
Vengono di seguito citate le varie tipologie di estintori:
ad acqua, ormai in disuso,
a schiuma, adatto per liquidi infiammabili,
ad idrocarburi alogenati, adatto per motori di macchinari,
a polvere, adatto per liquidi infiammabili ed apparecchi elettrici,
ad anidride carbonica, idoneo per apparecchi elettrici;
Per queste ultime due tipologie di estintori, di uso pi diffuso, vengono fornite ulteriori
informazioni:
Estintori a polvere
Per il lancio delle polveri antincendio si adoperano estintori costituiti da un involucro
metallico, contenente la miscela di bicarbonato di sodio e polvere inerte; collegato ad una
bombola di gas compresso o liquefatto (CO2).
Il gas propellente della polvere pu essere CO2, per estintori di capacit sino a 30 Kg; per gli
estintori di maggiore capacit il gas aria, o meglio azoto in pressione (150 bar effettivi). Il CO 2
contenuto nella bomboletta, interna od esterna allestintore, circa, in peso, 1/10 della polvere da
espellere. Un sistema di tubicini, opportunamente disposti nellinterno dellestintore, distribuisce
con regolarit la pressione in tutta la massa, sommovendo la polvere e favorendo la rapida ed
uniforme espulsione attraverso un tubo pescante collegato alla manichetta di gomma di
erogazione al termine della quale sistemato un cono diffusore oppure una lancia con comando a
pistola.
Estintore ad anidride carbonica
Gli estintori a CO2 sono costituiti da una bombola collaudata e revisionata ogni 5 anni
dallISPESL (ex ANCC) per una pressione di carica, a 15C. a 250 ate; da una valvola di erogazione a
volantino o a leva e da una manichetta snodata rigida o flessibile con allestremit un diffusore in
materiale isolante.
Il congegno di apertura della bombola pu essere:
con valvola di comando a leva, con tenuta in ebanite normalmente usata per gli
estintori portatili;
con valvola di comando a vite, con tenuta in ebanite normalmente usata per gli
estintori carrellati.
Sullogiva della bombola in colore grigio chiaro sono punzonati i dati di esercizio, di collaudo
e delle revisioni. Allestremit della manichetta dellestintore montato un cono diffusore di
gomma, ebanite o bachelite. Sconsigliabile il metallo che potrebbe venire a contatto con parti
elettriche in tensione. Al momento dellapertura della bombola a mezzo delle valvole il liquido
spinto dalla pressione interna, sale attraverso un tubo pescante, passa attraverso la manichetta
raggiungendo il diffusore dove, uscendo allaperto, una parte evapora istantaneamente
provocando un brusco abbassamento di temperatura (79 C.) tale da solidificare laltra parte in
una massa gelida e leggera detta neve carbonica o ghiaccio secco.
La neve carbonica si adagia sui corpi che bruciano, si trasforma rapidamente in gas
sottraendo loro una certa quantit di calore; il gas poi, essendo pi pesante dellaria, circonda i
corpi infiammabili e, provocando un abbassamento della concentrazione di ossigeno, li spegne per
soffocamento.
231
Nei locali chiusi occorre prevedere una quantit di anidride carbonica pari al 30 % della
cubatura del locale stesso per ottenere lo spegnimento dellincendio per saturazione dossigeno.
Determinazione del numero degli estintori da installare
determinato da disposizioni di legge solo in alcuni casi (alberghi, autorimesse etc.).
Negli altri casi si deve eseguire il criterio di disporre questi mezzi di primo intervento in
modo che siano prontamente disponibili ed utilizzabili.
Si pu ritenere che sia sufficiente disporre di un numero di estintori in modo che almeno uno
di questi possa essere raggiunto con un percorso non superiore a 15 m circa. Ne consegue che la
distanza tra gruppi di estintori deve essere circa 30 m.
Posizionamento degli estintori
Debbono essere sempre posti nella massima evidenza, in modo da essere individuati
immediatamente, preferibilmente vicino alle scale od agli accessi.
Estintori, di tipo idoneo, saranno inoltre posti in vicinanza di rischi speciali (quadri elettrici,
cucine, impianti per la produzione di calore a combustibile solido, liquido o gassoso eccetera).
Gli estintori potranno essere poggiati a terra od attaccati alle pareti, mediante idonei
attacchi che ne consentano il facile sganciamento; se l'estintore non pu essere posto in posizione
ben visibile da ogni punto della zona interessata, dovranno porsi dei cartelli di segnalazione, se
necessario a bandiera) del tipo conforme alle norme della segnaletica di sicurezza.
Campi di utilizzo degli estintori
Ad ogni classe di incendio corrispondono agenti estintori maggiormente indicati di altri. I
campi di utilizzo degli estintori possono essere riassunti nella seguente Tabella 37.
Sostanza estinguente
Campo di impiego
Incendi di apparecchiature
elettriche, oli minerali, gas
infiammabili.
Acqua nebulizzata
Gas infiammabili
Schiuma
Polvere chimica
Anidride carbonica
Composti alogenati
232
In tal caso le caratteristiche idrauliche richieste agli erogatori (idranti UNI 45 oppure UNI 70)
vengono assicurate in termini di portata e pressione dalla capacit della riserva idrica e dal gruppo
di pompaggio.
La rete idrica antincendi deve, a garanzia di affidabilit e funzionalit, rispettare i seguenti
criteri progettuali:
Indipendenza della rete da altre utilizzazioni.
Dotazione di valvole di sezionamento.
Disponibilit di riserva idrica e di costanza di pressione.
Ridondanza del gruppo pompe.
Disposizione della rete ad anello.
Protezione della rete dallazione del gelo e della corrosione.
Le reti idriche con naspi vengono di solito collegate alla normale rete sanitaria, dispongono
di tubazioni in gomma avvolte su tamburi girevoli e sono provviste di lance da 25 mm. con getto
regolabile (pieno o frazionato) con portata di 50 L/min ad 1,5 bar.
233
Tali impianti possono classificarsi in base alle sostanze utilizzate per lazione estinguente:
45
Cio in modo elettricamente autonomo e quindi direttamente da un gruppo elettrogeno esterno alla rete normale.
234
Alternativi : funzionano come impianti a secco nei mesi freddi e ad umido nei mesi
caldi.
A preallarme: sono dotati di dispositivo che differisce la scarica per dar modo di
escludere i falsi allarmi.
235
Lo sprinkler costituito da una parte filettata per il fissaggio al tubo di mandata dellacqua,
da un erogatore per il rilascio dellacqua e da un bulbo di vetro che si rompe al raggiungimento
della temperatura prefissata. La tipologia degli sprinkler pu ridursi alle due seguenti:
Erogatori che producono un getto dacqua (fra l80 e il 90% della portata totale) di
forma parabolica verso il pavimento su unarea definita;
Erogatore che fornisce un getto dacqua semiparabolico verso il pavimento e la parte
retrostante. Essi sono utilizzati in prossimit delle pareti, di pilastri o in genere in
vicinanza di ostacoli che possono ostacolare il flusso dacqua.
Portata di scarica
La portata minima di scarica degli erogatori, espressa in L/min, determinata mediante la
relazione:
QK P
con K coefficiente di efflusso (funzione del diametro dellerogatore) e P la pressione minima
allerogatore (espressa in MPa). Ad esempio con K = 253 e P = 0.05 MPa si ha una portata di
scarica di 56.7 L/min. Il valore di K viene fornito dai costruttori.
In Figura 249 si ha un esempio di selezione di sprinkler, mediante CAD, con lindicazione del
simbolismo e della sigla.
Posizionamento degli erogatori
Gli sprinkler debbono essere installati con una disposizione il pi possibile regolare) come
indicato dalla norma UNI 9489) con diffusore parallelo allintradosso dei solai di copertura ed in
modo da evitare interferenze fra i getti degli erogatori contigui. A questo scopo opportuno
rispettare le seguenti distanze:
Al di sotto degli erogatori deve esserci sempre una distanza dal muro o pavimento
non inferiore a 50 cm;
La distanza fra due erogatori non sar mai inferiore a 2 m;
La distanza dalle estremit di ciascuna diramazione sar eguale alla met della
distanza fra i singoli erogatori;
La distanza dal soffitto dovr essere compresa fra 75 e 150 cm e in ogni caso ad una
distanza mai superiore ai 450 cm.
In Figura 245 si ha un esempio di installazione di sprinkler per un capannone industriale e in
Figura 246 si ha una vista assonometrica dellinstallazione in un locale chiuso.
236
Elementi termosensibili
Gli elementi termosensibili sono costituiti da bulbi di vetro con allinterno un liquido
opportunamente scelto. Il colore del liquido caratterizza la temperatura nominale di taratura e
quindi di apertura dellugello. Si utilizzano liquidi e colori corrispondenti alla seguente Tabella 38.
La selezione del tipo di liquido deve essere fatta in modo che la temperatura nominale sia almeno
30 C superiore a quella dellambiente.
Temperatura Nominale di Taratura (C)
57
Arancione
68
Rosso
79
Giallo
93
Verde
141
Blu
182
Lilla
227
Nero
260
Nero
343
Nero
Alimentazione
Lalimentazione dellimpianto sprinkler entra in funzione automaticamente quando una o pi
testine entrano in funzione. Essa deve garantire una pressione adeguata anche quando limpianto
non in fase operativa.
E opportuno alimentare gli impianti sprinkler con utenze preferenziali46 ed opportuno
avere anche un attacco UNI-70 esterno (opportunamente segnalato) per consentire, in caso di
necessit, lalimentazione esterna dalle autobotti del VV.F.
Valvole ed apparecchiature ausiliarie
A valle dellalimentazione e a monte del resto dellimpianto occorre installare le seguenti
apparecchiature di controllo:
Valvola principale di intercettazione;
46
Le utenze preferenziali sono quelle che debbono comunque essere alimentate dalla rete elettrica o da quella idrica per
garantire le massime condizioni di sicurezza. Ad esempio solo utenze idriche presenziali gli impianti ad idranti, quelli sprinkler, le
reti UNI-70 esterne. Le pompe di alimentazione o le autoclavi, se presenti, debbono essere alimentate in modo preferenziale
elettricamente.
237
47
47
Gli impianti sprinkler a secco sono impiegati a protezione delle aree dove non vi riscaldamento, di conseguenza
pericolo di formazione di ghiaccio nei mesi invernali allinterno delle tubazioni dellimpianto sprinkler. Questultime, alle quali sono
collegati gli erogatori, sono caricate ed alimentate con aria compressa in qualit di agente di pressurizzazione. Il calore sviluppato
dallincendio provoca lapertura di uno o pi erogatori sprinkler, causando la fuoriuscita dellaria e la relativa caduta di pressione. Di
conseguenza lacqua riempie lintera rete di tubazioni e verr erogata solo dagli sprinkler aperti in quel momento, ponendo sotto
controllo lincendio dellarea interessata e attivando il sistema di allarme generale dellimpianto.
238
La distanza fra i sostegni non dovr mai superare i 4 m per tubazioni di diametro sotto DN 65
e di 6 m per diametri superiori.
Criteri di dimensionamento di un impianto sprinkler
Il dimensionamento effettuato prendendo in considerazione le aree operative (di
dimensioni dipendenti dalla classe delledificio, vedi esempio di Figura 248) e alla densit di scarica
risultanti dalla UNI 9489 per la classe delledificio. La rete di alimentazione del tipo a pettine con
collettore centrale o ad anello a seconda dei casi.
La procedura di calcolo della rete parte dalla determinazione, per ciascuna area operativa, di
tutte le caratteristiche idrauliche dellarea operativa (portate, perdite distribuite e concentrate),
della prevalenza totale, della portata totale e della curva di domanda dellarea operativa.
Le perdite distribuite sono calcolate mediante la relazione di Hazen-Williams:
Fattore di Darcy
Valvole
0.3
Curve a 90
1.5
Innesti a T
1.5
Restringimenti
0.5
Allargamenti
1.0
Saracinesche
5.0
Curve graduali
0.5
239
Poi effettua i calcoli di verifica e di dimensionamento della rete (tubazioni, perdite, portate
totali) e consente di avere stampe del tipo indicate in Tabella 40 e Tabella 41. In questultima si ha
la stampa solo di alcune righe a titolo di esempio.
Caratteristica degli impianti sprinkler a maglia chiusa di potere ricevere lalimentazione
idrica da pi direzioni essendo la rete chiusa ad anello. Ci rende migliore loperativit di queste
reti potendosi avere condizioni di sicurezza certamente pi elevate. La suddivisione in aree
operative consente di progettare una rete per un incendio ridotto avente dimensioni pari a quella
dellarea operativa calcolata. E dunque necessario effettuare le verifiche per tutte le aree
operative ed individuare quella nelle peggiori condizioni.
240
241
Tabella 40: Dati generali di calcolo per limpianto sprinkler della biblioteca
242
11.6.4 SISTEMI DI ALLARME INCENDIO
La gestione della sicurezza dei sistemi antincendio spesso affidata allUomo che interviene
manualmente (ad esempio con estintori) o attivando gli impianti attivi. Oggi questa gestione
automatizzata mediante sistemi elettronici di intervento che vengono attivati da rivelatori di
incendio (rivelatori di fumo). Essi consentono, ad esempio, di attivare la chiusura delle porte
antincendio o gli stessi impianti antincendio (a idranti o sprinkler).
Essi consentono, altres, di chiamare automaticamente i VV.F. e quindi di avere un intervento
esterno rapido e sicuro. Se ne presenta nel prosieguo una breve descrizione.
11.6.5 SISTEMI DI RIVELAZIONE AUTOMATICA
Tali impianti rientrano a pieno titolo tra i provvedimenti di protezione attiva e sono
finalizzati alla rivelazione tempestiva del processo di combustione prima cio che questo degeneri
nella fase di incendio generalizzato. fondamentale riuscire ad avere un tempo dintervento
possibilmente inferiore al tempo di prima propagazione (prima parte della curva di incendio di
Figura 256), ossia intervenire prima che si sia verificato il flash over; infatti siamo ancora nel
campo delle temperature relativamente basse, lincendio non si ancora esteso a tutto il sistema
e quindi ne pi facile lo spegnimento ed i danni sono ancora contenuti.
Dal diagramma qualitativo riportato in Figura 256 si pu vedere che lentit dei danni, se non
si interviene prima, ha un incremento notevole non appena si verificato il flash over. Pertanto
un impianto di rivelazione automatica trova il suo utile impiego nel ridurre il tempo reale e
consente:
di avviare un tempestivo sfollamento delle persone, sgombero dei beni etc;
di attivare un piano di intervento;
di attivare i sistemi di protezione contro lincendio (manuali e/o automatici di
spegnimento).
Rivelatori dincendio Generalit
I rivelatori di incendio possono essere classificati in base al fenomeno chimico-fisico rilevato
in:
di Calore
Rilevatori
di fiamme
oppure in base al metodo di rivelazione:
statici (allarme al superamento di un valore di soglia)
differenziali (allarme per un dato incremento)
velocimetrici (allarme per velocit di incremento).
La suddivisione pu essere infine effettuata in base al tipo di configurazione del sistema di
controllo dellambiente:
puntiformi
Rilevatori a punti multipli (poco diffusi)
lineari (poco diffusi).
243
dispositivi dallarme;
comandi dattivazione;
244
Si tratta di un impianto di illuminazione che fa uso principale della energia elettrica e quindi
di luce artificiale: esso deve garantire una illuminazione sufficiente a permettere di evacuare in
sicurezza i locali (intensit minima di illuminazione 5 lux).
Dovranno pertanto essere illuminate le indicazioni delle porte e delle uscite di sicurezza, i
segnali indicanti le vie di esodo, i corridoi e tutte quelle parti che necessario percorrere per
raggiungere unuscita verso luogo sicuro. E opportuno, per quanto possibile, che le lampade ed i
segnali luminosi dellimpianto luci di sicurezza non siano posizionati in alto (la presenza di fumo ne
potrebbe ridurre la visibilit in maniera drastica sin dai primi momenti).
LImpianto deve essere alimentato da una adeguata fonte di energia quali batterie in
tampone o batterie di accumulatori con dispositivo per la ricarica automatica (con autonomia
variabile da 30 minuti a 3 ore, a secondo del tipo di attivit e delle circostanze) oppure da apposito
ed idoneo gruppo elettrogeno; lintervento dovr comunque avvenire in automatico, in caso di
245
mancanza della fornitura principale dellenergia elettrica, entro 5 secondi circa (se si tratta di
gruppi elettrogeni il tempo pu raggiungere i 15 secondi). In caso di impianto alimentato da
gruppo elettrogeno o da batterie di accumulatori centralizzate sar necessario posizionare tali
apparati in luogo sicuro, non soggetto allo stesso rischio di incendio della attivit protetta; in
questo caso il relativo circuito elettrico deve essere indipendente da qualsiasi altro ed essere
inoltre protetto dai danni causati dal fuoco, da urti, ecc.
11.7.2 EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE
Tali sistemi di protezione attiva dallincendio sono di frequente utilizzati in combinazione con
impianti di rivelazione e sono basati sullo sfruttamento del movimento verso lalto delle masse di
gas caldi generate dallincendio che, a mezzo di aperture sulla copertura, vengono evacuate
allesterno.
Gli evacuatori di fumo e calore (EFC) consentono pertanto di:
Agevolare lo sfollamento delle persone presenti e lazione dei soccorritori grazie alla
maggiore probabilit che i locali restino liberi da fumo almeno fino ad unaltezza da
terra tale da non compromettere la possibilit di movimento.
Agevolare lintervento dei soccorritori rendendone pi rapida ed efficace lopera.
Proteggere le strutture e le merci contro lazione del fumo e dei gas caldi, riducendo
in particolare il rischio e di collasso delle strutture portanti.
Ritardare o evitare lincendio a pieno sviluppo flash over.
Ridurre i danni provocati dai gas di combustione o da eventuali sostanze tossiche e
corrosive originate dallincendio.
Gli EFC devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli
2
compartimenti, a soffitto in ragione, ad esempio, di uno ogni 200 m (su coperture piane o con
pendenza minore del 20 %) come previsto dalla regola tecnica di progettazione costituita dalla
norma UNI VVF 9494. Degli EFC si parler estesamente nel 13.5. La ventilazione dei locali pu
essere ottenuta con vari sistemi:
lucernari a soffitto :possono essere ad apertura comandata dello sportello o ad
apertura per rottura del vetro, che deve essere allora del tipo semplice
ventilatori statici continui: la ventilazione in questo caso avviene attraverso delle
fessure laterali continue. Lingresso dellacqua impedito da schermi e cappucci
opportunamente disposti. In taluni casi questo tipo dotato di chiusura costituita da
una serie di sportelli con cerniera centrale o laterale, la cui apertura in caso
dincendio avviene automaticamente per la rottura di un fusibile
sfoghi di fumo e di calore: il loro funzionamento in genere automatico a mezzo di
fusibili od altri congegni. La loro apertura pu essere anche manuale. E preferibile
avere il maggior numero possibile di sfoghi, al fine di ottenere che il sistema di
ventilazione entri in funzione il pi presto possibile in quanto la distanza tra
leventuale incendio e lo sfogo sia la pi piccola possibile
aperture a shed: si possono prestare ad ottenere dei risultati soddisfacenti, se
vengono predisposti degli sportelli di adeguate dimensioni ad apertura automatica o
manuale
superfici vetrate normali: linstallazione di vetri semplici che si rompano sotto
leffetto del calore pu essere adottata a condizione che sia evitata la caduta dei
pezzi di vetro per rottura accidentale mediante rete metallica di protezione.
246
Ogni edificio viene identificato mediante un codice di attivit, opportunamente previsti dalle
norme vigenti, che ne descrive le funzioni principali. E anche possibile avere una attivit principale
ed una secondaria.
Nel caso di Figura 255 si ha un primo codice 86 che si riferisce ad ospedali ed un secondo
codice 77 che si riferisce ad autorimesse.
247
Lo scorso 7 ottobre 2011 entrato in vigore il D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 Regolamento
recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a
norma dellarticolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con cui stato completamente riscritto il
procedimento amministrativo in tema di prevenzione incendi. Sul punto, poi, sono intervenuti gli
indispensabili chiarimenti operativi mediante la circolare ministeriale n. 13061 del 6 ottobre 2011.
Come si legge nel parere del Consiglio di Stato, che ha preceduto lemanazione del D.P.R.
151/2011, lidea di fondo del regolamento la segmentazione della disciplina sulla base della
pericolosit (statistica) delle attivit e di prevedere oneri e procedure con effetti distinti. Per fare
ci, al posto delle 82 attivit indicate nel D.M. 16 febbraio 1982, sottoposte ad una disciplina
indifferenziata (parere di conformit/CPI o dichiarazione di inizio attivit), il D.P.R. 151/2011
individua 80 attivit sottoposte ai controlli di prevenzione incendi, distinguendole in tre categorie
[A, B e C, dettagliate nella lettera A) dellallegato I al regolamento] ed assoggettandole a una
distinta disciplina in relazione al rischio connesso allattivit, alla presenza di specifiche regole
tecniche e alle esigenze di tutela della pubblica incolumit.
Per le attivit indicate nella categoria A) dellallegato I (che sono soggette a norme tecniche
e che, sulla base delle evidenze statistiche, non sono suscettibili di provocare rischi significativi per
la pubblica incolumit ad es. attivit n. 41 teatri e studi per le riprese cinematografiche/televisive
fino a 25 persone), non pi previsto il parere di conformit. I progetti relativi a tali attivit sono
presentati contestualmente alla SCIA e, per le attivit di competenza SUAP, ricadono nel
procedimento automatizzato di cui al Capo III, D.P.R. n. 160/2010. La ricevuta della SCIA, inoltre,
costituisce titolo autorizzatorio.
Per le attivit indicate nelle categorie B) e C) dellallegato I (per proseguire nellesempio:
teatri e studi per le riprese cinematografiche/televisive, rispettivamente compresi tra 26 e 100
persone od oltre 100 persone), le istanze di esame dei progetti devono essere presentate ai fini
dellesercizio delle attivit mediante la SCIA che sostituisce a tutti gli effetti la dichiarazione di
inizio attivit, corredata dalle attestazioni, prevista dalla normativa previgente. Secondo i
248
249
(tra esse istruzione, commercio, sanit, industria, edifici per uso civile) soggette alle visite e ai
controlli di prevenzione incendi. Ad ogni attivit corrispondono tre categorie A, B, C, a seconda che
il rischio di incendio sia basso, medio o alto. In precedenza le attivit erano 97, elencate nel DM
16.2.1982 che stato abrogato insieme al DPR 26.5.1959 n.689.
La semplificazione non inizier immediatamente perch (art.11) i modi di presentazione
delle domande e i contenuti della documentazione da allegare saranno disciplinati da un decreto
del Ministero dell'interno. Ma sembra che il decreto uscir in tempi brevi sulla Gazzetta Ufficiale.
Ci credibile perch la materia antincendio sotto la responsabilit del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, che si distingue per efficienza rispetto ad altre strutture centrali dello Stato.
Va premesso che, nella procedura antincendio, la SCIA sostituisce la DIA commerciale
presentata dal titolare dell'attivit, prima di iniziare l'attivit stessa.
Le attivit pi liberalizzate dal DPR 151/2011 sono quelle incluse nella categoria "A", a basso
rischio di incendio. Ad esempio, nel caso di costruzione di un centro commerciale di superficie
inferiore a 500 metri quadrati, non necessario chiedere il parere preventivo dei Vigili del fuoco
sul progetto edilizio. Per costruire occorre, ovviamente, applicare la procedura prevista per i lavori
edilizi, in questo caso un permesso di costruire, in altri casi una comunicazione inizio lavori, una
SCIA edilizia o una DIA. Una volta terminati i lavori di costruzione, basta presentare la SCIA
commerciale, con il progetto, allo Sportello unico delle attivit produttive o al Comando Vigili del
fuoco. L'attivit potr iniziare immediatamente. A detta SCIA commerciale dovr essere allegata la
documentazione di cui al decreto che sar emanato, che comprender una dichiarazione del
professionista iscritto all'albo degli architetti o degli ingegneri che asseveri il rispetto delle norme
antincendio e delle norme sulle strutture e gli impianti. Il Comando nei sessanta giorni successivi,
potr fare controlli e in caso di carenze potr vietare la prosecuzione dell'attivit.
Categoria A. Come detto sopra, le attivit ricadenti nella categoria "A" sono considerate a
basso rischio di incendio. Non richiedono il parere di conformit del Comando provinciale dei Vigili
del Fuoco. Non necessario chiedere il parere preventivo prima di realizzare i lavori, n attendere
il certificato di prevenzione incendi prima di dare inizio all'attivit. Una volta finiti i lavori, per
iniziare l'attivit basta presentare allo sportello unico delle attivit produttive una istanza al
Comando, mediante SCIA commerciale con allegato progetto. Il progetto edilizio dovr essere
completo anche ai fini antincendio con la relativa attestazione del professionista abilitato
concernente la rispondenza a norma dei lavori progettati ed eseguiti.
Accertata la completezza dell'istanza, il Comando o lo Sportello unico (SUAP) rilascia
immediatamente la ricevuta e l'attivit si intende autorizzata (art.4.1). Tuttavia, entro i successivi
60 giorni, il Comando effettua controlli attraverso visite tecniche che possono essere eseguite a
campione o in base a programmi settoriali per categoria di attivit. In caso di carenza dei requisiti,
vieta la prosecuzione dell'attivit.
Tra le attivit di maggiore interesse per gli architetti, ricadono nella categoria A le attivit
descritte ai numeri dell'elenco da 65 a 78:
alberghi e residenze collettive fino a 50 posti letto
scuole fino a 150 persone
strutture sanitarie e case per anziani fino a 50 posti letto e ambulatori fino a 1000 mq
locali per il commercio, negozi, fino a 600 mq
aziende ed uffici fino a 500 persone presenti
autorimesse fino a 1000 mq
edifici civili con altezza antincendio fino a 32 metri.
Categoria B. Per le attivit della categoria B occorre chiedere al Comando il parere di
conformit, presentando il progetto. Il Comando entro 30 giorni pu chiedere documentazione
250
integrativa e entro 60 giorni si pronuncia sulla conformit. A lavori ultimati, come per la categoria
A, l'istanza per l'inizio dell'attivit viene presentata tramite Scia e quindi l'attivit pu iniziare
subito, salvo poi subire i controlli a campione.
Sono comprese nella categoria B, tra le altre, le seguenti attivit:
locali di spettacolo, teatri, palestre, fino a 200 persone,
alberghi, residenze turistico - alberghiere, villaggi turistici, bed & breakfast, tra 50 e 100
posti letto
scuole da 150 a 300 persone
strutture sanitarie da 50 a 100 posti letto
ambulatori e laboratori di analisi di superficie oltre 1000 mq
locali per il commercio, negozi, fiere, da 600 a 1500 mq
aziende e uffici da 500 a 800 persone presenti
edifici civili con altezza antincendio tra 32 e 54 metri.
Categoria C. Comprende le attivit pi a rischio: come per la categoria B, occorre chiedere il
parere di conformit presentando il progetto. Il Comando entro 30 giorni pu chiedere
documentazione integrativa ed entro 60 giorni si pronuncia sulla conformit. A lavori ultimati,
basta presentare al SUAP o al Comando una SCIA commerciale per dare inizio immediato
all'attivit.
Mentre per le attivit in categoria A e B i controlli dei vigili del fuoco verranno fatti solo a
campione, per le attivit di categoria C verranno fatti sistematicamente. Solo in caso di esito
positivo del controllo il Comando rilascer il Certificato di prevenzione incendi.
Sono comprese, tra le altre, le seguenti attivit:
tutti gli edifici protetti ex codice beni culturali e paesaggistici DLgs 42/2004.
teatri oltre le 100 persone,
alberghi e villaggi oltre 100 posti letto,
scuole oltre 300 persone,
strutture sanitarie oltre 100 posti letto
locali per il commercio, negozi, fiere oltre i 1.500 mq,
aziende e uffici oltre 800 persone presenti
edifici civili oltre i 54 metri di altezza antincendio
Come precisato nella circolare del Ministero dell'Interno del 6 ottobre 2011, per le attivit
incluse nelle categorie B e C la SCIA di inizio attivit non dovr contenere anche il progetto dei
lavori, perch stato gi consegnato al Comando in allegato all'istanza di parere di conformit.
Inoltre la circolare precisa che ai sensi dell'art.4.1 del DPR occorre allegare al progetto: atto
notorio del titolare dell'attivit, asseverazione di un tecnico abilitato di conformit alla regola
tecnica approvata dal Comando provinciale e certificazione comprovante che gli elementi
costruttivi, gli impianti ecc. sono stati realizzati secondo le norme antincendio.
La responsabilit del progettista e il NOF. Nel caso di progetti particolarmente complessi in B
e C, si pu richiedere preliminarmente il rilascio di un Nulla Osta di Fattibilit. Inoltre possibile
chiedere al Comando verifiche in corso d'opera per accertare la rispondenza a norma dei lavori in
corso.
In mancanza di parere di conformit sul progetto prima dell'inizio dei lavori, la responsabilit
del rispetto delle norme antincendio grava esclusivamente su gli architetti e ingegneri progettisti e
direttori dei lavori. Responsabilit ancora pi pesante quando occorre applicare normative non
chiare o, addirittura, quando la normativa manca. Pertanto importante la possibilit di ricorrere,
nei casi pi complicati, a questi due strumenti di coinvolgimento preventivo del Comando.
251
11.9.2 CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO AI SENSI DEL DM 09/03/2007
qf
H i mi i
dove:
gi
massa delli-esimo materiale combustibile [kg]
Hi
potere calorifico inferiore delli-esimo materiale combustibile [MJ/kg]
mi
fattore di partecipazione alla combustione delli-esimo materiale combustibile pari a
0,80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1,00 per tutti gli altri materiali
combustibili
i
fattore di limitazione della partecipazione alla combustione delli-esimo materiale
combustibile pari a 0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente progettati per
resistere al fuoco; 0,85 per i materiali contenuti in contenitori non combustibili e non
appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in tutti gli altri casi
A
superficie in pianta lorda del compartimento [m2]
Il carico dincendio specifico di progetto qf,d dato da:
q f ,d q f q1 q 2 n
dove:
q1
il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla dimensione del
compartimento e i cui valori sono definiti nella tabella sottostante
Superficie in pianta
lorda del compartimento (m2)
A < 500
1,00
Superficie in pianta
lorda del compartimento (m2)
2.500 A < 5.000
1,60
1,20
1,80
1,40
A 10.000
2,00
q1
il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione al tipo di attivit svolta
nel compartimento e i cui valori sono definiti nella tabella sottoriportata
Classi di
rischio
q1
Descrizione
II
Aree che presentano un moderato rischio di incendio come probabilit dinnesco, velocit
di propagazione di un incendio e possibilit di controllo dellincendio stesso da parte delle
squadre di emergenza
III
Aree che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilit dinnesco, velocit
di propagazione delle fiamme e possibilit di controllo dellincendio da parte delle squadre di
emergenza
n ni
q2
,80
,00
,20
il fattore che tiene conto delle differenti misure di protezione e i cui valori
sono definiti nella tabella seguente
i
252
d
acqua
ltro
Sistemi
di evacuazione
automatica di
fumo e calore
Sistemi
automatici di
rivelazione,
segnalazione e
allarme di
incendio
n3
n4
Squadr
a aziendale
dedicata alla
lotta
antincendio48
n5
terna
n2
n1
In
int
erna e
esterna
n6
0,90
0,60
Rete idrica
antincendio
0,85
0,90
0,80
90
Perc
orsi protetti
di accesso
Acce
ssibilit ai
mezzi di
soccorso
VVF
n8
n9
0,90
0,90
0,
80
0,
Con il metodo semplificato di determinazione della classe si confronta q f,d con la tabella
seguente:
Carichi dincendio specifici di progetto
(qf,d)
Classe
15
20
30
MJ/m2
45
60
90
120
180
240
48
Fine
stra
5x
1m
Fine
stra
5x
1m
. Gli addetti devono avere conseguito lattestato di idoneit tecnica di cui allart. 3 della legge 28 novembre1996, n.
609, a seguito del corso di formazione di tipo C di cui allallegato IX del decreto interministeriale 10 marzo 1998.
253
15
Lucernari 1 x 1
m
m
Port
one
4x4
m
H=
6m
2
0m
I prodotti alimentari sono confezionati in barattoli metallici stoccati su pallets in legno; nel
locale si trovano anche cartoni e polietilene per imballaggi.
Sono presenti:
30.000 kg di prodotti alimentari
1.500 kg di pallets
1.000 kg di cartoni
500 kg di polietilene
Potere calorifico inferiore dei materiali:
Alimentari:
15
MJ/kg
Pallets in legno:
17,5 MJ/kg
Cartone:
17,5 MJ/kg
Polietilene:
42
MJ/kg
I calcoli sono effettuati come indicato dal DM 09/03/2007.
qf
q f ,d q f q1 q 2 n
Pertanto si ha:
q1 = 1,00
q2 = 1,00
n7 = 0,80
perch esiste rete idrica antincendio interna ed esterna
n9 = 0,90
perch garantito laccesso ai mezzi di soccorso VVF come previsto dai criteri
tecnici di prevenzione incendi
254
255
256
257
In linea generale vengono chiamate combustibili le sostanze che non si incendiano molto
facilmente e danno luogo ad incendi con velocit di propagazione relativamente bassa, mentre
vengono chiamate infiammabili le sostanze pi facilmente incendiabili che presentano una
velocit di propagazione elevata. I materiali combustibili possono essere suddivisi in funzione delle
loro caratteristiche di infiammabilit, del loro stato fisico, del loro modo di bruciare e del tipo di
fuoco cui possono dar luogo.
12.5.1 CLASSIFICAZIONE DEI COMBUSTIBILI IN BASE AL TIPO DI FUOCO
Tale sistema di classificazione raggruppa i materiali in base al tipo di fuoco cui possono dare
luogo; indicano gli estinguenti appropriati e quelli esclusi (vedi Tabella 42)
Tale sistema di classificazione raggruppa i materiali in base alle loro caratteristiche chimicofisiche ed alle loro caratteristiche di infiammabilit (tab. IV e V); questa classificazione finalizzata
alla progettazione di impianti di produzione, trasformazione ed immagazzinamento.
258
La combustione dei liquidi, intesa come combustione del vapore in presenza della fase
liquida, necessita della formazione di miscela infiammabile nelle vicinanze della superficie del
liquido stesso. La temperatura alla quale ha inizio il fenomeno chiamata punto di
infiammabilit. A questo proposito si richiama la tabella precedentemente riportata per la
classificazione italiana dei minerali, dei residui e delle miscele carburanti. Nel caso in cui il liquido
sia trasformato allo stato di vapore e miscelato con aria, lignizione e la combustione non
differiscono da quelle dei gas combustibili. Altro elemento fondamentale per la combustione dei
vapori di liquidi la concentrazione della miscela vapori-aria; se la quantit di aria inferiore o
superiore a determinati limiti, la miscela non pu infiammarsi.
Ciascun liquido ha un proprio punto di infiammabilit ed una diversa velocit di
combustione; si deduce pertanto che si abbiano anche diversi gradi di pericolosit dal punto di
vista dellincendio. Sono elementi di maggior pericolo una bassa temperatura di infiammabilit, un
ampio campo di infiammabilit, una bassa temperatura di accensione ed un basso limite inferiore
di infiammabilit. Va ricordato che in presenza di liquidi infiammabili e condizioni ambientali
particolari si possono anche avere esplosioni.
12.5.4 COMBUSTIONE DI GAS
Agli effetti della combustione si pu ritenere simile il comportamento dei gas e quello dei
vapori di liquidi infiammabili; ai fini della infiammabilit inoltre si ritiene ininfluente la distinzione
tra gas e vapori. La maggior pericolosit dei gas rispetto ai liquidi infiammabili sta nel fatto che
questi, cos come si trovano, risultano gi idonei alla combustione; fermo restando che anche per
essi valgono le espressioni limite legate alle caratteristiche di infiammabilit.
Va fatto presente che, ai fini pratici di utilizzazione, i gas vengono sempre conservati sotto
pressione in appositi contenitori, nelle pi svariate grandezze e con diverse modalit di stoccaggio,
a seconda del tipo di gas e di impiego cui esso destinato.
Un gas infiammabile fuoriuscito dal suo contenitore pu essere incendiato ed in particolari
condizioni ambientali pu causare una esplosione; tali effetti possono essere prodotti anche
dallaumento di temperatura dello stesso contenitore. Pertanto per una corretta valutazione del
rischio si dovr tenere conto anche delle caratteristiche di conservazione e stoccaggio dei liquidi e
gas infiammabili.
259
12.5.5 COMBUSTIONE DI POLVERI
Con il termine di polvere si vuole indicare lo stato di suddivisione spinta delle sostanze
solide; la loro eventuale presenza in un ambiente, al di fuori del loro normale sistema di
contenimento, costituisce pericolo di esplosione. Strati o mucchi di polveri infiammabili sono
pericolosi e, se innescati, possono formare atmosfere esplosive.
La maggior parte dei combustibili solidi allo stato di polveri pu dar luogo ad esplosioni se la
concentrazione delle particelle disperse in aria compresa nei limiti di infiammabilit; sono
purtroppo numerosi i casi di violente esplosioni causate da dispersioni di polveri di materie
plastiche, di materiali organici e di metalli. I fattori che influenzano la reattivit di una atmosfera
con pericolo di esplosione sono:
la granulometria delle particelle;
la presenza di umidit;
la composizione e concentrazione della miscela;
lenergia della sorgente di ignizione.
La valutazione della prevedibilit del pericolo di esplosione di una polvere lasciata alla
competenza e responsabilit del progettista dellimpianto di lavorazione o di deposito. Nella
Tabella 45 sono riportate alcune caratteristiche significative di polveri infiammabili.
260
Dal punto di vista del comportamento al fuoco dei materiali e delle strutture ha grande
importanza la quantit di calore che viene sviluppata nel corso di un incendio; questa dipende dal
potere calorifico dei materiali coinvolti nellincendio, dalla loro qualit e quantit, nonch dalle
condizioni ambientali, ivi inclusa la ventilazione, e dal tipo di strutture.
La massima emissione di calore data dalla somma dei prodotti dei pesi dei materiali
combustibili presenti per il loro potere calorifico inferiore; la misura del massimo calore che
verrebbe emesso per combustione completa di tutti i combustibili presenti in un certo
compartimento, ivi comprese le parti di strutture costituite da materiali combustibili, il carico di
incendio q. In Italia, secondo la vigente normativa, si usa esprimere il carico di incendio specifico
in kg di legna standard (potere calorifico inferiore 4400 kcal/kg) per m 2 di superficie lorda in pianta
del compartimento considerato; calcolandolo tramite la formula:
q = gi Hi/ (A 4400)
dove:
q
il carico di incendio (in kg legna/ m);
gi
il peso (in kg) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale
o nel piano nelle condizioni pi gravose di carico di incendio;
Hi
il potere calorifico (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili di peso gi;
A
la superficie orizzontale (in m) del locale o del piano del fabbricato considerato;
4.400 il potere calorifico superiore del legno (in kcal/kg).
Il carico dincendio cos definito fornisce, entro certi limiti, il grado di pericolo che presenta
un fabbricato contenente materiale combustibile, essendo associabile alla durata dellincendio e
alla massima temperatura raggiungibile. Il grafico (Figura 257) riportato a titolo indicativo d
unidea delle quantit ideali di legno, in relazione alle rispettive durate di incendio nel loro periodo
principale, ed alle massime temperature raggiungibili.
Lo stesso valore di q costituisce un fattore determinante, unitamente ad altri fattori quali
la destinazione di uso del fabbricato e la presenza di impianti di protezione antincendio, per il
dimensionamento delle aree dei compartimenti antincendio, e per il dimensionamento di altri
sistemi di difesa passiva contro gli incendi dei fabbricati.
261
I prodotti della combustione pi importanti dal punto di vista del danno arrecato alle
persone e della propagazione dellincendio sono:
i gas della combustione, il calore ed i fumi.
I gas sono i prodotti della combustione che rimangono allo stato gassoso anche se
raffreddati alla temperatura ambiente di 15C.
Poich la maggior parte dei combustibili contengono carbonio, i gas pi diffusi sono:
262
La pericolosit del fumo, in relazione alla sua densit ed ai fattori ambientali, va analizzata
sia dal punto di vista della nocivit diretta sullorganismo umano ( noto leffetto irritante e tossico
del fumo), sia dal punto di vista pi generale della sicurezza, in quanto la sua presenza riduce
sensibilmente la visibilit.
Questultimo fenomeno crea notevoli difficolt nello svolgimento delle operazioni di
sfollamento delle persone con conseguente prolungamento dei tempi di permanenza in ambienti
pericolosi.
13.2 VENTILAZIONE DEI LOCALI
263
Per quanto precedentemente descritto si pu ritenere che il problema della evacuazione dei
prodotti della combustione, ovvero, della realizzazione di sistemi atti a garantire una corretta
evacuazione del fumo e del calore dellincendio, deve essere affrontato nellambito della
prevenzione incendi, costituendo esso stesso un provvedimento che pu contribuire al
raggiungimento di un certo livello di sicurezza contro gli incendi.
Questo concetto stato concretamente recepito nellambito della sicurezza nei luoghi di
lavoro ed attivit soggette ai controlli di prevenzione incendi, vedi D.L. n. 626 del 19 settembre
1994 ... Legislazione sulla sicurezza ed igiene del lavoro e D.M. del 10 marzo 1998 Criteri
generali di sicurezza antincendio e per la gestione dellemergenza nei luoghi di lavoro, realt
per le quali si ritenuto molto importante, in caso di incendio, minimizzare gli effetti causati dai
prodotti della combustione sia per tutelare la sicurezza delle persone sia per preservare i beni
dallincendio. Inoltre, in considerazione dellimportanza che gli impianti di protezione antincendio
rivestono, in sede Ministeriale si ritenuto necessario fornire delle indicazioni specifiche affinch
in sede di esame dei progetti e di rilascio dei certificati di prevenzione incendi venga
particolarmente curato laspetto della impiantistica antincendio, anche in correlazione con le
disposizioni di cui alla Legge del 5 marzo 1990 in materia di sicurezza degli impianti.
In tale ottica si ravvisata altres lopportunit che i Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco
acquisiscano, con le precisate modalit, il progetto particolareggiato degli impianti antincendio
previsti dalle specifiche norme di sicurezza, ovvero richiesti dai Comandi stessi in virt dellArt. 3
del DPR del 29 luglio 1982 n. 577 per le attivit non normate.
Per quanto sopra vedi DPR del 12 gennaio 1998 n. 37 Regolamento recante disciplina dei
procedimenti relativi alla prevenzione incendi a norma dellArt. 20, comma 8, della legge 15
marzo 1997 n. 59, e la precedente Circolare n. 24 MI. SA del 26 gennaio 1993 Impianti di
protezione attiva antincendi.
Per la definizione delle caratteristiche tecniche e la progettazione dei sistemi di evacuazione
di fumo e di calore, a livello nazionale, si fa direttamente riferimento alle norme UNI attualmente
in vigore in materia specifica; in particolare alla norma UNI-VV.F. 9494, nella quale vengono
stabiliti i requisiti funzionali ed i criteri di dimensionamento degli evacuatori di fumo e calore.
264
265
266
combustibili; come ad esempio nelle officine meccaniche (che non impiegano oli
combustibili di raffreddamento, fluidi idraulici infiammabili), nelle fonderie, nei caseifici,
nei laboratori di lavorazione carni, fabbriche di acque minerali.
267
268
269
Alla luce di ci, pu risultare utile mantenere, per luso specifico, i livelli di rischio individuati
dalla norma UNI 10779 Impianti di estinzione incendi Reti di idranti, in ordine alle aree da
proteggere. La suddetta norma, allappendice B Criteri di dimensionamento degli impianti,
definisce per le aree da proteggere tre livelli di rischio identificandoli come livelli di area:
aree di livello 1: Aree nelle quali la quantit e/o la combustibilit dei materiali
presenti sono basse e che presentano comunque basso rischio di incendio in termini
di probabilit dinnesco, velocit di propagazione delle fiamme e possibilit di
controllo dellincendio da parte delle squadre di emergenza. Le aree di livello 1
corrispondono in buona parte a quelle definite di classe A dalla UNI 9489, cui si pu
fare riferimento per ulteriori indicazioni; rientrano pertanto in tale classe tutte le
attivit di lavorazione di materiali prevalentemente incombustibili ed alcune delle
attivit di tipo residenziale, di ufficio, ecc., a basso carico dincendio.
aree di livello 2: Aree nelle quali c una presenza non trascurabile di materiali
combustibili e che presentano un moderato rischio di incendio come probabilit
dinnesco, velocit di propagazione di un incendio e possibilit di controllo
dellincendio stesso da parte delle squadre di emergenza. Le aree di livello 2
corrispondono in buona parte a quelle definite di classe B dalla UNI 9489, cui si pu
fare riferimento per ulteriori indicazioni; rientrano pertanto in tale classe tutte le
attivit di lavorazione in genere che non presentano accumuli particolari di merci
combustibili e nelle quali sia trascurabile la presenza di sostanze infiammabili.
aree di livello 3: Sono le aree nelle quali c una notevole presenza di materiali
combustibili e che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilit
dinnesco, velocit di propagazione delle fiamme e possibilit di controllo
dellincendio da parte delle squadre di emergenza. Le aree di livello 3 corrispondono
in buona parte a quelle definite di classe C e D dalla norma UNI 9489, cui si pu fare
riferimento per ulteriori indicazioni; rientrano pertanto in questa categoria le aree
adibite a magazzinaggio intensivo come definito dalla UNI 9489, le aree dove sono
presenti materie plastiche espanse, liquidi infiammabili, le aree dove si lavorano o
depositano merci ad alto rischio dincendio quali cascami, prodotti vernicianti,
prodotti elastomerici, ecc.
Ai livelli cos definiti possono essere associati, indicativamente, i seguenti valori di carico di
incendio:
carico di incendio limitato (basso): < 20 kg/m2 legna std
carico di incendio moderato: da 20 a 45 kg/m2 legna std
carico di incendio elevato: > 45 kg/m2 legna std
Infine si riportano alcune precisazioni in merito ai criteri di classificazione adottatati
nella norma UNI 9489 sopra citata:
le attivit considerate sono distinte esclusivamente in reparti ed in depositi,
intendendo per deposito sia i locali interamente e permanentemente destinati a
magazzini, sia le zone di quelli adibiti a reparto nelle quali si ha sensibile accumulo,
anche temporaneo, di merci e materiali;
per reparto si intende tutto quanto non definibile deposito;
lattribuzione dellarea protetta o una certa attivit ad una determinata classe
effettuata in base alle caratteristiche di comportamento al fuoco del solo contenuto,
prescindendo da quelle del fabbricato;
nel caso di elevata combustibilit degli elementi costruttivi potr essere necessario
assumere per quanto in esame una classificazione superiore alla normale;
270
La scelta del parametro velocit sar effettuata pertanto in funzione delle caratteristiche di
comportamento al fuoco dellarea in esame; tuttavia, in sede di progetto, pu essere razionale
fare riferimento allarea che presenta il livello di rischio pi alto di tutta lattivit, e questo per
consentire la maggior flessibilit in materia di layout aziendali.
Nel caso di attivit o area di attivit ove coesistano reparti attribuiti a classi diverse o
coesistano reparti e depositi (non compartimentati), caso non raro nella realt industriale, verr
fatto riferimento alla classe di requisiti superiori.
13.6 CALCOLO DELLA SUPERFICIE TOTALE DEGLI EFC.
Nel capitolo precedente sono state fatte delle considerazioni ed ipotesi in merito ad alcuni
fattori che concorrono a determinare, tramite il coefficiente di dimensionamento , la superficie
271
utile totale di un sistema di evacuatori EFC; in questo paragrafo si intende illustrare, con lausilio di
due esempi, la modalit con cui questa superficie pu essere determinata.
Come gi detto, in campo nazionale la norma UNI CN VVF 9494 (4) che stabilisce i criteri
funzionali e di dimensionamento degli EFC; pertanto, di seguito, riassumiamo le definizioni e le
formule di tale norma per determinare la superficie totale di apertura degli evacuatori:
altezza di riferimento h (di un locale): Distanza tra il pavimento ed il punto medio tra
l'estremo superiore e quello inferiore interni della struttura formante la copertura.
aperture: Luci libere che vengono a fermarsi nella copertura per azionamento degli
evacuatori di fumo e calore in seguito ad un incendio.
Su = Sg CVV
superficie utile totale d'apertura (sut) degli evacuatori di fumo e calore: Somma delle
singole superfici utili di apertura.
Sut = Su
zona libera da fumo: Parte inferiore del locale di altezza y in cui, durante l'incendio,
non si ha presenza di fumo e gas di combustione (vedere fig. 1 della norma UNI
9494).
272
zona invasa da fumo: Parte superiore del locale in cui durante l'incendio si
accumulano il fumo ed i gas di combustione prima di essere evacuati all'esterno
(vedere fig. 1 della norma UNI 9494).
altezza minima della zona libera da fumi y: L'altezza della zona libera da fumo y
deve corrispondere almeno al valore 0,5 h e non deve essere minore di 2 m. L'area
del compartimento As invaso da fumo non deve essere maggiore di 1.600 m. Il bordo
inferiore della cortina deve corrispondere a quello inferiore dello strato di fumo. Nel
caso di cortine con altezza minore dello strato di fumo e di compartimenti a soffitto
con superficie maggiore di 1.600 m, il valore y viene corretto in:
h As 1600
y0 y
2 1600
dove: yc y corretto
AS
l'area del compartimento maggiore di 1.600 m
h = h (y + hc ) con hc altezza della cortina di contenimento fumo, in metri (vedere
Norma UNI 9494).
Il valore yc deve comunque essere 0,5 h. Per superfici di compartimento A maggiori
di 3.200 m, nell'equazione sopra riportata deve essere utilizzato A = 3.200 m. Se
l'utilizzazione lo richiede (per esempio oggetti facilmente danneggiabili dal fumo) per
y possono essere utilizzati valori pi alti.
durata convenzionale prevista di sviluppo di incendio: La durata convenzionale di
sviluppo dellincendio viene stabilit sommando il tempo di allarme e quello di
intervento:
il tempo di allarme, cio quello che intercorre tra linizio dellincendio e lallarme,
convenzionalmente fissato in 5 min. ma pu essere posto =0 in presenza di impianti
automatici di rivelazione fumo;
il tempo di intervento, che quello che intercorre tra lallarme e linizio dellazione
di spegnimento da parte di squadre esterne, viene stabilito convenzionalmente in 10,
15 e 20 min. Se esistono squadre interne, impianti di spegnimento automatico o in
presenza di particolari condizioni favorevoli, il tempo di intervento pu essere posto
convenzionalmente = 5 min.
Si verificano cos cinque possibili durate convenzionali: 5 min, 10 min, 15 min, 20
min e 25 min
superficie convenzionale di incendio, gruppi di dimensionamento: Sono previsti 7
gruppi di dimensionamento determinati in base alla durata convenzionale di sviluppo
di incendio come indicato nel prospetto II (6.4) della norma e riportato in Tabella 50.
Dimensionamento
273
Volendo ora procedere alla calcolazione della SUT relativa ad una certa attivit, tenuto
conto delle formule e definizioni suddette, nonch di quanto esposto precedentemente, si rende
necessario individuare lattivit in oggetto in relazione a:
caratteristiche e geometria del fabbricato;
destinazione duso, lavorazioni, materiali contenuti (tipo e quantit);
impianti e sistemi di protezione antincendio interni;
tempi di intervento di squadre di soccorso esterne;
altezza della zona libera da fumo.
Tali dati saranno esplicitati in progetto al fine di rendere noto, anche al gestore
dellimpianto, i criteri utilizzati per la determinazione del livello di rischio e il conseguente
dimensionamento dellimpianto in funzione delle condizioni specifiche dellattivit in oggetto.
Il primo caso trattato ha come oggetto una azienda produttrice di colori e prodotti affini; in
particolare la struttura esaminata destinata internamente ad un reparto produttivo ed
imballaggio con annesse aree di stazionamento per i prodotti in lavorazione.
Sono presenti in quantitativi significativi anche materiali combustibili vari e prodotti in resine
espanse. Il fabbricato costituito essenzialmente da un capannone monopiano, di tipo industriale,
con figura geometrica semplice nelle dimensioni in pianta di 25 m e 45 m, rispettivamente per la
larghezza e la lunghezza.
Lintero volume non presenta compartimentazioni interne e pertanto sar trattato come un
unico locale, la copertura di tipo piano non presenta cortine di altezza significativa; laltezza di
riferimento h del locale risulta 8 m. Inoltre ai fini della nostra trattazione si evidenzia:
la presenza di un idoneo impianto di rivelazione incendi con sistema di
comunicazione diretta con i VV.F;
la presenza di una squadra interna addestrata, ma limitatamente alle ore lavorative
(circa 16 ore giornaliere);
un tempo di intervento da parte di squadre esterne non superiore ai 15 min.;
274
EFC (6).
A seguito di quanto descritto sino ad ora, possono essere individuati i seguenti fattori:
1. durata convenzionale di sviluppo dellincendio, che in base a:
un tempo di allarme T1 = 0 (presenza impianto automatico di rivelazione);
un tempo di intervento T2 = 15 min (condizione pi sfavorevole ore notturne);
risulta T = T1 + T2 = 15 min
2. velocit di sviluppo di incendio, che in virt dell attivit in esame pu essere
ragionevolmente considerata alta.
3. gruppo di dimensionamento Gd, che ricavato dal prospetto II della norma in funzione
della durata convenzionale e della velocit di sviluppo di cui ai precedenti punti 1 e 2,
risulta uguale a 5.
4. altezza della zona libera fumo y: Per quanto riguarda laltezza dello spazio interno al
locale libero da fumo, si osserva che il valore minimo impostato dalla norma come 0,5 h, e
corrispondente pertanto a 4 m, pu essere considerato sufficiente ai fini della sicurezza e
della limitazione dei danni alle apparecchiature. Sar quindi 0,5 h: il valore utilizzato per
la determinazione del coefficiente di dimensionamento .
5. coefficiente di dimensionamento: A questo punto, in base al gruppo di
dimensionamento Gd ed allaltezza della zona libera da fumo y, viene individuato tramite il
prospetto III della norma, un coefficiente di dimensionamento uguale a 1.
6. calcolo della superficie utile totale: La Sut determinata attraverso la formula gi nota
A
Sut s
100
dove:
A S = superficie del compartimento a soffitto privo di cortine, e coincidente con la
superficie totale del locale = 25 x 45 = 1.125 m2
= 1
pertanto:
1.125 1
Sut
11.25
100
7. numero degli EFC da installare: Il numero degli evacuatori richiesti si ottiene dividendo
la superficie Sut sopra calcolata per la superficie utile di apertura (SUA) del modello di
evacuatore che si intende installare; importante richiamare lattenzione sulla definizione
superficie utile ampiamente descritta in precedenza. Sulla base del numero
S
N ut
Su
275
minore di due volte la superficie geometrica di apertura della totalit degli EFC installati.
Pertanto, nel caso in cui fossero impiegati evacuatori con un coefficiente di flusso C vv = 0,75,
dovremmo garantire aperture di afflusso aria per una superficie non minore di 30 m2.
Il secondo caso trattato ha come oggetto uno stabilimento industriale dove si costruiscono
macchine ed apparecchiature elettriche; la struttura esaminata destinata in parte ai reparti
produttivi ed in parte a magazzini per materiali in ingresso e prodotti finiti.
Il fabbricato costituito essenzialmente da un capannone monopiano, di tipo industriale,
con figura geometrica semplice nelle dimensioni in pianta di 60 m e 96 m, rispettivamente per la
larghezza e la lunghezza.
La copertura di tipo a minished non presenta cortine o elementi strutturali similari di altezza
significativa; laltezza di riferimento h del locale risulta 6.5 m.
Allinterno, mediante pareti tagliafuoco, sono stati creati due compartimenti delle
dimensioni di 3.600 m2 e 2.160 m2; il primo dedicato principalmente ai reparti produttivi e
collaudi, il secondo ai reparti di imballaggio spedizione e magazzini.
Dal punto di vista dellincendio lattivit presenta livelli di rischio differenti a seconda delle
aree:
Reparti produttivi:
Livello 2 con moderata probabilit di innesco e moderati accumuli di materiali combustibili;
Magazzini e reparti di imballaggio:
livello 3 con elevata probabilit di innesco, elevato carico di incendio, accumuli di materiali
elettrici ed elettronici, presenza di materie plastiche varie ed anche di tipo espanso, presenza di
olii e liquidi infiammabili (in quantitativi limitati).
Inoltre ai fini della nostra trattazione si evidenzia:
la presenza di un idoneo impianto di rivelazione incendi con sistema di
comunicazione diretto ai VV.F;
la presenza di una squadra interna addestrata, ma limitatamente alle ore lavorative
(circa 16 ore giornaliere);
un tempo di intervento da parte di squadre esterne non superiore ai 15 min.;
lassenza di impianti fissi di estinzione a pioggia (sprinkler).
A seguito di quanto descritto sino ad ora, possono essere individuati i seguenti fattori:
1. durata convenzionale di sviluppo dellincendio, che in base a:
un tempo di allarme T1 = 0 (presenza impianto automatico di rivelazione);
un tempo di intervento T2 = 15 min (condizione pi sfavorevole ore notturne);
276
risulta T = T1 + T2 = 15 min
2. velocit di sviluppo di incendio, che in virt dell attivit in esame pu essere
ragionevolmente considerata alta per il compartimento magazzini, e normale per
il compartimento reparti.
3. gruppo di dimensionamento Gd, che ricavato dal prospetto II della norma in
funzione della durata convenzionale e della velocit di sviluppo di cui ai precedenti
punti 1 e 2, risulta uguale a 5 per il compartimento magazzini e 4 per il
compartimento reparti.
4. altezza della zona libera fumo y: Per quanto riguarda laltezza della zona libera da
fumo, viste le caratteristiche strutturali dei due compartimenti in esame e le
necessit produttive, si osserva che:
non sono soddisfatte le condizioni limite imposte dalla Norma per la definizione di
tale altezza;
il valore minimo di altezza imposto della Norma stessa come 0,5 h, corrispondente a
3,25 m, considerato insufficiente ai fini della limitazione dei danni alle
apparecchiature.
Ne consegue, pertanto, che il coefficiente di dimensionamento sar determinato tramite il
valore yc (valore di y corretto, Art. 6.2 Norma) calcolato con la nota relazione:
h As 1600
y0 y
2 1600
Per il compartimento reparti produttivi avremo:
y = 0,5 h = 3,25 m
h = h (y + hc) per hc = 0 h = 3,25 m
As = superficie del compartimento a soffitto limitata della Norma a 3.200 m per cui:
h 3200 1600
y0 y
4.87 m
2
1600
Il nuovo valore dellaltezza libera da fumo, da impiegare nel prospetto III, per determinare il
coefficiente di dimensionamento , risulta pertanto 0,75 h.
Per il compartimento magazzini avremo:
y = 0,5 h = 3,25 m
h = h (y + hc) per hc = 0 h = 3,25 m
3.82 m
2
1600
che corrisponde ad un nuovo valore di altezza da impiegare nel prospetto III, come
gi citato per i reparti, uguale a 0,59 h. Tuttavia, volendo garantire unaltezza
minima libera da fumo non inferiore ai 4 m, per determinare il coefficiente sar
assunto un valore pari a 0,62 h.
5. coefficiente di dimensionamento: Giunti a questa fase, in base ai gruppi di
dimensionamento Gd ed alle altezze della zona libera da fumo y e yc, vengono individuati
tramite il prospetto III della norma, i coefficienti di dimensionamento:
compartimento magazzini: Gd = 5 y = 0,63 h = 1,68
277
Sut
As
100
278
Linstallazione degli evacuatori di fumo deve essere realizzata in modo tale da garantirne, in
ogni condizione, il funzionamento ottimale e la massima efficienza per quelle che sono le proprie
caratteristiche costruttive e le condizioni di progetto del sistema di evacuazione.
Quindi si dovr avere cura di non alterare, direttamente o indirettamente, le caratteristiche
costruttive e di funzionamento comprovate dal costruttore dellapparecchiatura; ad esempio,
modificandone i fattori aerodinamici interni ed esterni (griglie, veline, controsoffitti, etc.), o
installandolo non conformemente alle prescrizioni del costruttore (condizioni di posa, orientazione
delle aperture, etc.), o installandolo in condizioni che possono compromettere il regolare scarico
di fumi (presenza e posizione di impianti sprinklers o altri impianti di spegnimento, posizione sulla
copertura, etc.).
Gli evacuatori devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli
compartimenti a soffitto, sia come distribuzione sia come modalit di installazione sulla copertura;
analogo criterio dovrebbe essere seguito per tutti i compartimenti di una stessa struttura.
La norma UNI 9494 stabilisce inoltre i seguenti criteri di installazione:
In generale preferibile installare un numero elevato di EFC di dimensioni ridotte
piuttosto che pochi di grandi dimensioni. Occorre inoltre prevedere, come minimo,
un EFC ogni 200 m2 su coperture piane o con pendenza non maggiore del 20% ed un
EFC ogni 400 m2 su coperture con pendenza maggiore del 20% (le misure sono riferite
alla superficie coperta).
Nei locali in cui la copertura ha una pendenza maggiore del 20% gli EFC devono
essere posti, per quanto possibile, nella parte pi alta della copertura stessa. Il centro
di ogni singolo apparecchio non deve comunque trovarsi al di sotto dell'altezza di
riferimento h del locale.
Per coperture piane e con pendenza non maggiore del 20% la distanza fra gli EFC non
deve essere maggiore di 20 m n minore di 5 m, tra gli EFC e le pareti perimetrali la
distanza massima deve essere di 10 m e quella minima di 5 m.
Nessun lato di un EFC deve avere lunghezza maggiore di 2,5 m.
Nel caso di copertura a dente di sega o a shed non possono essere installati EFC sulla
falda verticale o a maggiore pendenza se il loro funzionamento negativamente
influenzato dal vento.
Per il montaggio di EFC su edifici con altezza maggiore di 20 m o edifici
particolarmente esposti, come per esempio i capannoni per aviorimessa, devono
essere verificati i parametri di stabilit e sicurezza.
Particolare cura deve essere posta nella realizzazione di tali installazioni al fine di
evitare che esse stesse possano aggravare il pericolo di propagazione di incendio da
un fabbricato ad un altro, nel fabbricato stesso e da un compartimento all'altro.
In ultimo, dopo aver illustrato i criteri da seguire per installare correttamente gli evacuatori,
si evidenzia la necessit di assicurare un flusso di aria fresca dallesterno adeguato
quantitativamente al flusso di fumi evacuato. Per garantire la massima efficacia aerodinamica al
sistema occorre che nella parte bassa dei locali siano presenti aperture per limmissione di aria
aventi superficie non minore di due volte la superficie geometrica di apertura della totalit degli
evacuatori installati. La norma specifica che nel calcolo si devono considerare portoni, porte e
finestre purch poste nella zona libera da fumo; necessario per precisare che gli infissi di tali
elementi devono consentire il flusso libero dellaria in caso di intervento degli EFC. In questo caso
si dovr pertanto provvedere allapertura degli infissi considerati contemporaneamente
allintervento degli EFC.
279
Esistono diversi tipi di evacuatore di fumo e calore che, a titolo informativo, elenchiamo di
seguito:
E.F.C. A funzionamento meccanico: Il sistema si serve di un meccanismo a molla o
contrappeso.
E.F.C. a funzionamento elettrico: Il sistema si serve del motore elettrico e della
relativa batteria tampone.
E.F.C. A funzionamento pneumatico: Il sistema si serve di gas CO2, azoto o aria
compressa.
Tra questi diversi sistemi lE.F.C. pneumatico si dimostrato il pi affidabile e funzionale; di
seguito ne descriveremo in dettaglio le componenti ed il funzionamento.
13.8.1 EFC PNEUMATICO
Il meccanismo prevede che il cilindro pneumatico porti lanta mobile in apertura fino ad un
angolo di 110, dopodich, per effetto del passaggio oltre la verticale, prosegua in caduta libera
con lunico vincolo della molla ad azione frenante. Questo meccanismo (Figura 260), studiato in
conformit alla norma DIN 18232/3 pu soddisfare quanto richiesto dalla norma UNI 9494 .
Se al sistema sopra descritto viene applicata una forza contraria alla direzione di apertura,
come quella data dal vento, essa si somma allazione frenante della molla. La somma di queste
forze pu rallentare o addirittura impedire lapertura dellevacuatore.
Il cilindro pneumatico (Figura 261) nonostante le contenute dimensioni di lunghezza in stato
di chiusura ha lo stelo configurato in modo telescopico ed e composto da tre sfili.
Grazie a questo meccanismo, al termine dellespulsione totale dello stelo, lanta fissa e lanta
mobile si vengono a trovare solidamente contrastate dal cilindro.
280
Si vuole qui fornire un esempio di stesura di una relazione per la richiesta del CPI (Certificato
di Prevenzione Incendi) per una ipotetica costruzione. LAllievo osservi larticolato dei paragrafi,
limpostazione del calcolo e i riferimenti normativi citati. I dati illustrati nellesempio qui
considerato sono riferiti ad un ipotetico ospedale.
13.9.1 GENERALIT
Il carico dincendio stato calcolato secondo le definizioni ed indicazioni di cui alla Circolare
del Ministero degli Interni n. 91 del 14 settembre 1961.
Il carico dincendio per definizione il potenziale termico della totalit dei materiali
combustibili contenuti in uno spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti, dei
pavimenti e dei soffitti.
Esso espresso convenzionalmente dalla quantit in chilogrammi di legna equivalente
(potere calorifero superiore a 18.48 MJ/kg).
Il carico di incendio specifico quello riferito allunit di superficie (1 m) orizzontale; esso si
ottiene dividendo per 18.48 (pcs del legno) il numero di MJ per unit di superficie orizzontale (1
m) del locale che al massimo si possono sviluppare per effetto della combustione di tutti i
materiali combustibili presenti, cio con lespressione:
gi Hi
q =
18.48 A
dove:
q il carico dincendio [kg legno/m]
gi
il peso [kg] del generico fra gli n, combustibili che si prevede siano presenti
nel locale nelle condizioni pi gravose di carico di incendio
Hi
il potere calorifero [MJ/kg] del generico combustibile fra gli n presenti
A
la superficie orizzontale [m] del locale o del piano del fabbricato
considerato 18.48 il potere calorifero [MJ/kg] del legno.
Le condizioni pi gravose del carico di incendio di un certo locale o piano sono quelle per le
quali la sommatoria gi Hi massima e vengono determinate esaminando le previste utilizzazioni
dei locali e dei piani. In base alle previsioni di progetto si sono stabilite le situazioni reali di tutti i
materiali combustibili da utilizzare, arrivando quindi alla determinazione di una lista ove
compaiono le quantit (pesi, numero di pezzi, ) dei suddetti materiali in opera.
La classe dincendio delledificio esprime il carico virtuale in kg/m di legna standard ed
indicativa anche dei minuti primi di durata minima di resistenza al fuoco da richiedere alla
struttura in esame.
La classe delledificio si determina in base alla formula:
C=Kq
in cui:
C
il numero indicativo della classe
q
il carico dincendio in legna standard
K
il coefficiente di riduzione (compreso ta 0,2 e 1) che tiene conto delle condizioni
reali di incendio delledificio.
281
Norme sulla sicurezza del lavoro, D.P.R. n. 457 del 27/04/1955, D.P.R. n. 164 del
07/01/1956, D.P.R. n. 302 del 19/03/1956 e D.Lgs 626/94;
Norme generali per ligiene del lavoro, D.P.R. n. 303 del 19/03/1956;
Circolare Ministeriale n. 91 del 14/09/1961 recante Norme di sicurezza per la
protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile;
Circolare Ministeriale n. 68 recante Norme di sicurezza per impianti termici a gas di
rete
Legge n. 1083 del 06/12/71 Norme per la sicurezza dellimpiego del gas
combustibile
Circolare Ministeriale n. 31 MLSA del 31/08/1978 recante Norme di sicurezza per
linstallazione di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice
elettrica o a macchina operatrice;
Decreto del Ministero dellInterno del 16/02/1982 Modificazioni del D.M.
27/08/1965 concernete la determinazione delle attivit soggette a visite di
prevenzione incendi;
D.P.R. n. 577 del 29/07/1982 Approvazione del regolamento concernete
lespletamento dei servizi di prevenzione e di vigilanza antincendi;
Decreto Ministero degli Interni del 30/11/1983 recante Termini, definizioni generali
e simboli grafici di prevenzione incendi;
Decreto Ministero degli Interni del 30/11/1983 Classificazione di reazione al fuoco
ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi;
D.M. del 01/02/1986 Recante Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e
lesercizio di autorimesse e simili;
Decreto Ministero degli Interni n. 246 del 01/02/1986 Norme di sicurezza
antincendio per la costruzione e lesercizio di autorimesse e simili;
DM. N. 246 del 16/05/1987 recante Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di
civile abitazione e in particolare il punto 2.5 per gli ascensori;
L. n. 46 del 05/03/1990 recante Norme per la sicurezza degli Impianti;
D.P.R. n. 447 del 06/12/91 Regolamento di attuazione della L. 46/90 in materia di
sicurezza negli impianti;
Decreto Ministero degli Interni del 09/04/1994 approvazione della regola tecnica di
prevenzione e incendi per la costruzione e lesercizio delle attivit ricettive turistico
alberghiere;
D.Lgs n. 626 del 19/09/1994 attuazione delle direttive europee riguardanti il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;
D.M. del 12/04/1996 recante la Regola Tecnica di prevenzione incendi per la
progettazione, costruzione e lesercizio degli impianti termici alimentati a gas
metano;
D.P.R. 14/01/1997 recante Approvazione dellatto di indirizzo e coordinamento alle
regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti
strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per lesercizio delle attivit sanitari;
D.M. 10/03/1998 recante Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione
dellemergenza nei luoghi di lavoro;
Decreto Ministero degli Interni del 04/05/1998 Disposizioni relative alle modalit di
presentazione ed al contenuto delle domande per lavvio dei procedimenti di
prevenzione incendi, nonch alluniformit dei connessi servizi resi dal Comandi
provinciali dei vigili del fuoco;
282
Degenze e studi:
alluminio;
283
Degenze e studi:
Pareti esterne e di confine con muratura a doppia parete di
forati di 12 e 8 cm separati da intercapedine interna riempita di lana di roccia in
pannelli rigidi ed intonaco sulle due facce;
Degenze e studi:
Pareti divisorie in laterizio forato da 8 cm con intonaco ai due
lati;
Scale e ascensori.
Muratura in cemento a faccia vista da 25 cm di spessore;
Degenze e studi:
Copertura a terrazzo con solaio da 32 cm e piastrelle;
Studi:
Copertura a solaio a volta esterna rivestita con lastre in
alluminio metallico.
La resistenza a fuoco dei vani scala ed ascensori nonch dei montacarichi, compresi i vani
macchina, sar pari a REI 90.
13.9.3 MATERIALI UTILIZZATI
In conformit alle Regole Tecniche relative al presente progetto i materiali nelle diverse aree
avranno le seguenti caratteristiche:
Negli atri, nei corridoi, nei disimpegni, nelle scale, nelle rampe e nei passaggi in
genere si utilizzeranno materiali in Classe 1 in ragione di almeno il 50% massimo della
loro superficie totale mentre per le restanti parti si utilizzer materiale in Classe 0;
I materiali di rivestimento ed i materiali isolanti saranno posti in opera in aderenza
agli elementi costruttivi di Classe 0 escludendo spazi vuoti o intercapedini;
I tendaggi saranno di Classe non superiore ad 1 mentre i materassi ed i mobili
saranno in Classe 1M;
Le pavimentazioni saranno di tipo resiliente in Classe 1;
I corridoi e gli altri locali ove sono posti canali, tubi o scarichi a soffitto saranno
controsoffittati con pannelli smontabili in gesso o fibra minerale.
13.9.4 COMPARTIMENTAZIONE
Questa Regola Tecnica per gli ospedali stata successivamente pubblicata come D.M. Interni nel settembre 2002.
284
Aree di tipo C:
aree destinate a studi dei docenti;
Aree di tipo D:
aree destinate ad unit speciali (laboratori speciali, .);
Aree di tipo E:
aree destinate ad altri servizi (uffici, scuole e convitti
professionali, spazi per riunioni e convegni, mensa aziendale, spazi per visitatori
inclusi bar e limitati spazi commerciali, ecc.)
La compartimentazione sar ottenuta utilizzando i seguenti sistemi costruttivi:
Solai intonacati per la compartimentazione orizzontali;
Infissi tagliafuoco per le aperture di comunicazione;
Serrande tagliafuoco ed altri accorgimenti (quali collari tagliafuoco, sigillanti
tagliafuoco, .) per la compartimentazione in presenza di passaggi impiantistici.
Le comunicazioni con i percorsi di esodo (orizzontali e/o verticali) avvengono tramite filtri a
prova di fumo. I filtri hanno le seguenti caratteristiche:
Strutture di delimitazione con resistenza al fuoco al fuoco pari ad almeno REI 60 o
REI 120 nel copro delledificio B di altezza superiore a 24 m;
Accessi dotati di porte con resistenza al fuoco almeno pari a REI 60 o 120 per
ledificio B munite di congegno di chiusura automatica in caso di incendio;
Aerazione ottenuta mediante canna di ventilazione per levacuazione dei fumi di tipo
Shunt realizzata con pareti resistenti al fuoco REI 90, della sezione minima pari a 0.10
m.
Il passaggio fra un comparto e quello immediatamente a ridosso protetto con
linserimento di una zona di filtro dotata di canna di ventilazione della sezione minima di 40 x 50
cm per levacuazione dei fumi. In questo modo si pu classificare il reparto adiacente come luogo
sicuro statico o dinamico, ove poter trasferire i pazienti del reparto interessato attiguo in attesa
dei soccorsi. Si aumenta, pertanto, la sicurezza e gestibilit delle operazioni di emergenza potendo
attuare una evacuazione orizzontale progressiva. Le delimitazioni dei compartimenti e le relative
superfici sono rilevabili nei disegni allegati (ed in parte visibili nelle tavole di Figura 262 fino alla
Figura 264) alla presente Relazione per il C.P.I.
13.9.5 DESCRIZIONE DEI LOCALI, DEI PIANI O DELLE ZONE
Attivit(*)
Descrizione
Superficie [m]
85
1080,00
85
800,00
85
800,00
85
800,00
(*) Si veda lelenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi di cui al
DM 16-2-1982 e alle successive modifiche e integrazioni.
Tabella 53: A Superfici dei comparti dellipotetico edificio
13.9.6 CALCOLO DEL CARICO DINCENDIO SPECIFICO
Considerando, in base alla dichiarazione del titolare dellattivit, per le zone definite dalla
tabella A la presenza media di materiali definita dalle tabelle D, si ha per ogni zona un carico
dincendio specifico come dal seguente prospetto:
Zona
Superficie [m]
C.d.I [kg/m]
285
A
1080,00
135118,00
6,77
800,00
94312,00
6,38
800,00
94312,00
6,38
800,00
94312,00
6,38
286
Figura 262: Esempio di compartimentazione di pi reparti ospedalieri
287
50
50
Nelle tavole relative alla compartimentazione si sono utilizzati dei simboli per i componenti di impianto antincendio che
sono raccolti nella seguente tavola sinottica:
288
C.d.I. [kg/m]
K (coefficiente di riduzione)
Classe
6,77
0,55
3,69
15
6,38
0,55
3,52
15
6,38
0,55
3,52
15
6,38
0,55
3,52
15
Pcs [MJ]
Quantit
Totale [MJ]
Apparecchio radio
84,00
504,00
1340,00
8040,00
Poltrone
335,00
240
80400,00
2177,00
13062,00
67,00
258
17286,00
590,00
3540,00
23,00
24
552,00
Carta, oggetti di
1100,00
3300,00
4200,00
8400,00
PVC elastico
34,00
34,00
Pcs [MJ]
Quantit
Totale [MJ]
Apparecchio radio
84,00
672,00
1340,00
10720,00
Poltrone
335,00
12
4020,00
2177,00
17416,00
67,00
520
34840,00
590,00
4720,00
289
Tende (al m2 di superficie finestra)
23,00
30
690,00
Carta, oggetti di
1100,00
4400,00
4200,00
16800,00
PVC elastico
34,00
34,00
Pcs [MJ]
Quantit
Totale [MJ]
Apparecchio radio
84,00
672,00
1340,00
10720,00
Poltrone
335,00
12
4020,00
2177,00
17416,00
67,00
520
34840,00
590,00
4720,00
23,00
30
690,00
Carta, oggetti di
1100,00
4400,00
4200,00
16800,00
PVC elastico
34,00
34,00
Pcs [MJ]
Quantit
Totale [MJ]
Apparecchio radio
84,00
672,00
1340,00
10720,00
Poltrone
335,00
12
4020,00
2177,00
17416,00
67,00
520
34840,00
590,00
4720,00
23,00
30
690,00
Carta, oggetti di
1100,00
4400,00
4200,00
16800,00
PVC elastico
34,00
34,00
290
Qualora il rivestimento protettivo non sia completamente aderente alla struttura metal1ica,
intorno alla quale perci si forma una canna, si dovr provvedere ad interrompere la continuit
della canna stessa in corrispondenza dei solai interponendovi un idoneo diaframma.
Segue ora lapplicazione di quanto sopra indicato
Locale (zona) A, B,C e D , classe 15
Strutture previste:
I vari comparti saranno separati da pareti in muratura da 25 cm Le pareti di separazione dei
locali adibiti ad aule saranno realizzate in sette di cemento a faccia vista da cm 20.
I solai dovranno avere uno spessore minimo di cm 30
I rivestimenti dei solai effettuato con intonaco di spessore 2 cm. Le travi principali e
secondarie hanno copriferro di almeno 3 cm.
I rivestimenti delle colonne saranno con intonaco con un rapporto di miscelazione con
sabbia del 30%.
La sporgenza minima del pannello per colonne esterne a contatto di vani di porte e finestre
sar di 5 cm su ciascuno dei lati della colonna. Le colonne avranno una distanza minima
dalla pi vicina via di uscita delle fiamme di cm 50.
13.9.9 STRUTTURA DEGLI ELEMENTI CONNETTIVI
Come indicato nel D.M. 10/03/1998, si sono indicate le vie di esodo compatibilmente con il
massimo affollamento ipotizzabile per lattivit in esame.
La densit di affollamento delle varie aree stata calcolata sulla base delle vigenti regole
tecniche dianzi citate. Sono stati adottati i seguenti parametri:
Aree di tipo C
Aule e simili 0.1 persone/m;
Sale di attesa:
0.4 persone /m;
13.9.11 CAPACIT DI DEFLUSSO
La capacit di deflusso per i vari piani stata assunta in conformit ai valori seguenti:
291
50/modulo
per i piani con pavimento a quota compresa 1 m rispetto al piano di
uscita delledificio;
37.5/modulo
per piani con pavimento a quota compresa tra 7.5 m rispetto al
piano di uscita dalledificio;
33/modulo
per piani con pavimento a quota al di sopra o al di sotto di 7.5 m
rispetto al piano di uscita dalledificio.
In generale le porte di accesso alle scale e quelle che immettono allesterno si apriranno nel
verso dellesodo a semplice spinta.
Le porte che si aprono sulle vie di uscita non riducono la larghezza utile delle stesse.
Il calcolo dellaffollamento massimo ipotizzabile e la verifica della capacit di deflusso, per
ciascuna area, sono riportati nella tabella seguente.
13.9.12 PIANI DI EVACUAZIONE
292
alimentare i bunsen e per effettuare le analisi chimiche. La rete del gas sar esterna alledificio ed
entrer solo per alimentare gli apparecchi utilizzatori.
Le condotte del gas saranno dotate di intercettazione esterna ed interna su ogni singola
diramazione e saranno realizzate con i dispositivi e i materiali conformi alle Norme UNI CIG.
Centrale Idrica
La centrale idrica sar posta nel livello inferiore, a fianco della sottocentrale termica.
Lalimentazione sar derivata dalla rete esistente che fornisce la necessaria portata e
prevalenza.
La rete di distribuzione sar in acciaio zincato e, ove possibile, correr in controsoffitto nel
corridoio per scendere sotto traccia nelle pareti in corrispondenza delle utenze.
Ladduzione idrica nei singoli locali sar effettuata mediante tubazioni in rame che si
dirameranno da collettori complanari del tipo Modul contenuti in cassette facilmente ispezionabili.
Ciascun ramo di alimentazione ad utenze idriche sar munito di saracinesca di intercettazione
facilmente accessibile in cassetta. Lacqua calda sanitaria sar prodotta mediante bollitori ad
accumulo dotati di scambiatori di calore. La temperatura di accumulo sar di 60 C mentre quella
distribuita ai piani avr temperatura massima di 48 C.
Cabina MT/BT e gruppo elettrogeno
Gli impianti elettrici saranno alimentati da una cabina elettrica di trasformazione che verr
alimentata a sua volta dalla rete a MT dellENEL direttamente dallesterno. Il locale di consegna
dellENEL sar ubicato nella centrale elettrica, al livello pi basso delledificio, accessibile
esternamente dal lato ENEL. Nella suddetta centrale elettrica (power center) troveranno posto
anche:
Il locale di trasformazione MT/BT contenente le celle di media tensione e i trasformatori;
Il locale quadro generale di bassa tensione, del tipo Power Center;
Il locale contenente il gruppo elettrogeno di riserva.
Tutti i suddetti locali saranno accessibili dallesterno, aerati e dotati di n. 2 estintori di cui 1 a
CO2 da 5 kg ed uno a polvere da 6 kg posto nel locale che ospiter il gruppo elettrogeno mentre
negli altri locali vi saranno 2 estintori a CO2 da 5 kg.
Sottocentrale termica
Dalla esistente Centrale Termica saranno derivate le tubazioni di acqua surriscaldata per gli
scambiatori di calore per il riscaldamento, lalimentazione dei gruppi frigoriferi ad assorbimento e i
bollitori ad accumulo per lacqua sanitaria. Completano la sottocentrale termica le pompe di
circolazione e gli organi di controllo.
Centrale frigorifera
I gruppi di refrigerazione, tre di cui uno di riserva, saranno alimentati con acqua
surriscaldata, del tipo bistadio, e saranno raffreddati con acqua e torri di raffreddamento.
In prossimit dei gruppi frigoriferi saranno posti due estintori a polvere da 6 kg ciascuno.
13.9.15 IMPIANTO DI RIVELAZIONE E SEGNALAZIONE DI INCENDI
293
294
Estintori
Si prevede linstallazione di estintori portatili da 6 kg aventi capacit estinguente pari a 55
233BC in ragione di 1 estintore ogni 100 m di superficie. Il posizionamento sar segnalato
mediante cartellonistica adeguata posta in punti ben visibili.
13.9.17 SEGNALETICA ED ISTRUZIONI DI SICUREZZA
Secondo quanto disposto dal D.Lgs n. 493 del 14/08/1993 verr disposta idonea ed
adeguata segnaletica facilmente individuabile da ogni punto dei comparti, posizionata in basso ed
idoneamente illuminata. Tale segnaletica dovr indicare:
Le vie di fuga;
Le vie di circolazione;
Le uscite di sicurezza;
Gli spazi calmi in termini di posizione e di funzione:
La presenza di mezzi di estinzione mobili e fissi;
La posizione dei dispositivi di arresto di tutti gli impianti presenti (distribuzione del
gas, dellenergia elettrica, dellimpianto di ventilazione, .) ed il relativo impianto
afferente;
Lindicazione degli impianti e dei locali a rischio specifico;
Il divieto di compiere azioni pericolose;
Il divieto di usare acqua per spegnere gli incendi su apparecchiature elettriche;
Le informazioni necessarie ed i numeri utili in caso di emergenza;
Lobbligo delluso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) previsti per le
specifiche attivit;
Gli ostacoli ed i punti di pericolo delle vie di circolazione.
In aggiunta alla segnaletica di cui sopra verranno esposti allingresso dei fabbricati e/o dei
comparti le istruzioni relative al comportamento del personale e delleventuale pubblico in caso di
emergenza nonch una planimetria riportante la posizione di quanto segue:
Delle scale e delle vie di esodo;
Dei mezzi di estinzione mobili e fissi;
Dei dispositivi di arresto degli impianti di distribuzione del gas e dellelettricit;
Dei dispositivi di arresto del sistema ventilazione;
Del quadro generale del sistema di rivelazione ed allarme;
Degli impianti e dei locali che presentano un rischio specifico;
Degli spazi calmi.
In corrispondenza di ogni piano sar riportata una planimetria dorientamento riportante:
Le vie di esodo;
Lindicazione del divieto di usare gli ascensori;
Lindicazione degli altri divieti che lEnte Gestore dellattivit riterr opportuno
evidenziare.
Sar attuato quanto previsto ai punti 14, 15, 16 e 17 del D.M. 09/04/1994 come pure
saranno rispettate tutte le indicazioni previste nel citato D.M. anche se non espressamente
riportate nella presente relazione.
13.9.18 ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA
295
296
sporgenti dei portoni, telai, ) sui percorsi di fuga in modo tale da permettere un sicuro
raggiungimento dei vani scala, delle rampe e degli ascensori.
Le pendenze del pavimento dovranno impedire o spandimento dei liquidi verso le uscite e le
rampe e comunque i dislivelli di 34 cm che potranno essere presenti a tale scopo saranno sempre
raccordati opportunamente in modo da non costituire barriera architettonica.
Segnalazioni di sicurezza
E prevista linstallazione di cartelloni di sicurezza secondo quanto previsto dalla normativa
vigente ed evidenziata negli elaborati grafici allegati alla presente relazione. In corrispondenza
delle uscite di sicurezza saranno apposti cartelli e segnalazioni luminose che indicheranno anche le
vie di fuga.
In corrispondenza delle rampe di accesso saranno disposti i cartelli di divieto per lingresso
delle auto alimentate a GPL. Inoltre saranno apposti nelle zone di accesso i cartelli di divieto di
deposito di sostanze combustibili e/o infiammabile.
Impianto antincendio
Limpianto antincendio sar costituito da una rete di idranti alimentata dalla riserva idrica
con la garanzia di pressione adeguata per il funzionamento degli idranti.
La rete per gli idranti dellautorimessa partir dal collettore primario antincendio, in parallelo
con la rete delledificio stesso.
Il numero di idranti sar il seguente: Autorimessa: 1 comparto: 8 idranti
Sono previsti estintori aventi carica di 6 kg del tipo approvato per fuochi A B C con capacit
estinguente non inferiore a 21 e 113B, uniformemente distribuiti nelle zone di parcamento e
manovra e in prossimit degli ingressi.
297
Figura 265: Schema parziale della rete di idranti uni45 ed uni70 per lautorimessa
Il numero complessivo di idranti ed estintori per ciascun comparto non sar inferiore a
quanto indicato dal D.M. 01/02/1986 Norme di sicurezza antincendio per la costruzione e
lesercizio di autorimesse e simili. In particolare si avr almeno 1 estintore ogni 5 autoveicoli per i
primi 20 autoveicoli ed 1 ogni 10 fino a 200 autoveicoli. Oltre i 200 autoveicoli gli estintori saranno
posizionati in funzione anche della geometria e della funzionalit della struttura. Sono previsti
anche attacchi VV.F. del tipo UNI 70, adeguatamente segnalati e facilmente raggiungibili dalle
autobotti.
Prescrizione per le reti idranti
La rete per gli impianti idranti sar costituita da una serie di anelli presenti ad ogni
compartimento. Il collegamento ad ogni idrante avverr con tubazioni da 1 . Le tubazioni fisse
della rete per idranti sar costituita da tubi in acciaio zincato, protette contro il gelo per le parti
esposte, indipendenti dalle altre reti e con resistenza alla pressione PN 16.
Le caratteristiche idriche dellimpianto saranno tali da garantire al bocchello della lancia,
nelle condizioni pi sfavorevoli di altimetria e distanza, una portata non inferiore a 120 L/m con
una pressione di almeno 2 bar. La custodia degli idranti sar situata in un punto ben visibile e sar
munita di sportello in vetro trasparente ed una profondit che consenta di tenere, a sportello
298
Per il dimensionamento della rete idranti, di cui alla tavola di Figura 265, si hanno i seguenti
risultati di calcolo ottenuti mediante CAD specifico per impianti antincendio.
A P finale
Coeff.K Q erog.
Q tubo
ds
Pezzi
speciali
dpQ/m
dpQ
dpstat velocit
nodo
[bar]
[l/min]
[l/min] [mm]
[m]
[bar]
[bar]
[bar]
[m/s]
1020
21,725
7205,8 131,7
1,581
0,056
0,089
8,8
19,633
170
753,3
1019
20,41
18,426
170
729,7
1018
19,396
753,2
41,8
6452,5 131,7
729,7
41,8
5722,8 131,7
711,1
41,8
3,428 2*K9,1*T
28,706
3,428 2*K9,1*T
27,655
1,896
0,196
9,1
1,315
7,9
0,217
1,788
0,196
8,9
0,037
1,014
0,207
1,704
0,196
8,6
0,079
4,577
9,3
0,161
1,337
0,196
7,5
17,496
170
711,1
1017
14,819
13,285
170
619,6
1016
14,05
4392,1 107,1
12,495
0,062
0,769
8,1
1012
12,199
2838,9
82,5
18,914
0,098
1,85
8,9
10,134
170
541,2
541,2
35,9
0,262
1,869
0,196
8,9
1011
7,345
2297,8
70,3
0,144
4,854
9,9
6,131
170
420,9
420,9
35,9
2,579 2*K9,1*T
0,165
1,018
0,196
6,9
1010
6,77
1876,8
70,3
5,797
0,099
0,575
8,1
1007
4,943
1275,4
70,3
37,651
0,049
1,827
5,5
12
2,835
170
286,3
286,3
27,2
0,312
1,911
0,196
8,2
1006
4,325
989,1
70,3
20,349
0,03
0,617
4,2
1003
4,144
486,8
70,3
22,23
0,008
0,182
2,1
15
170
240,4
240,4
27,2
5,926 2*K9,1*T
0,226
1,948
0,196
6,9
1002
4,018
246,4
70,3
0,002
0,126
1,1
16
2,101
170
246,4
246,4
27,2
4,584 2*K9,1*T
0,236
1,721
0,196
7,1
1005
4,164
502,3
70,3
14,191 1*K4,1*T
0,009
0,162
2,2
4,719 2*K9,1*T
0,243
1,803
0,196
7,2
0,002
0,276
1,1
0,196
7,2
5011,7 107,1
619,6
41,8
3,428 2*K9,1*T
0,23
0,046
55,268 1*K9
3,529 2*K9,1*T
3,529 2*K9,1*T
32,761 1*K4
3,428 2*K9,1*T
53,374 1*K4
13
2,165
170
250,1
250,1
27,2
1004
3,888
252,2
70,3
14
2,2
170
252,2
252,2
27,2
3,345 2*K9,1*T
0,247
1,491
1009
6,411
601,4
70,3
25,225 1*K4,1*T
0,012
0,359
2,6
10
2,807
170
284,8
284,8
27,2
8,333 2*K9,1*T
0,309
3,408
0,196
8,2
1008
6,058
316,7
70,3
0,004
0,353
1,4
11
3,47
170
316,7
316,7
27,2
0,376
2,392
0,196
9,1
1015
13,034
1553,2
70,3
0,07
1,015
6,7
0,252
3,109
0,196
8,7
0,032
2,045
4,4
0,241
1,534
0,196
8,5
0,009
0,421
2,2
0,231
1,527
0,196
8,3
9,729
170
530,3
530,3
35,9
1014
10,99
1022,9
70,3
9,26
170
517,3
517,3
35,9
1013
10,569
505,6
70,3
8,846
170
505,6
505,6
35,9
K9
Curva 90
K4
Curva 45
110,446 2*K9
93,864 1*K9
3,665 2*K9,1*T
10,927 1*T
8,714 2*K9,1*T
63,367
2,758 2*K9,1*T
46,187 1*K9
3,006 2*K9,1*T
299
13.9.21 IMPIANTO SPRINKLER
Questo documento descrive le ipotesi, le metodologie ed i risultati del calcolo dei circuiti
relativi alla rete sprinkler dellimpianto antincendio da installare nella zona magazzini del piano
secondo sottopiano. Viene realizzato un impianto sprinkler a protezione degli ambulatori. Larea
(in base alla norma UNI 9489) da considerarsi come area a livello di rischio di classe D0)
Documenti d Riferimento
K = 253
P = 0,05 mPa
Per cui:
Q = 56 litri/min
Perdite di carico distribuite
Le perdite di carico per attrito nelle tubazioni devono essere calcolate mediante la formula
di Hazen Williams:
dove:
p
Q
C
100
300
120
140
150
d
quando il flusso subisce un cambio di direzione (curva, pezzo a T o raccordo a croce), deve
essere presa in conto la lunghezza equivalente relativa alla sezione di uscita.
Descrizione dellimpianto
301
302
303
13.9.22 IMPIANTI ELETTRICI DELLAUTORIMESSA
Gli impianti elettrici dellautorimessa saranno realizzati con grado di protezione IP55, con
apparecchiature di tipo ADFT e comunque nel rispetto delle norme CEI vigenti e relative alla
tipologia dei locali interessati. E prevista lilluminazione di sicurezza onde garantire un sufficiente
grado di illuminamento in caso di mancanza dellalimentazione principale ENEL. Linserimento
dellilluminazione di sicurezza sar automatico ed immediato e lintensit di illuminazione sar non
inferiore a 20 lux.
13.9.23 ALLEGATI ALLA RELAZIONE CPT
304
305
Gli impianti tecnici sono sorgenti di rumorosit che deve essere controllata gi in fase di
progetto. La Norma UNI 8199 specifica le modalit di misura del livello di potenza sonora
conseguente al funzionamento degli impianti. Il DPR 5/12/97 fissa anche alcuni limiti alla
rumorosit trasmessa dagli impianti in ambienti confinati. Consegue da quanto appena detto che
compito del progettista curare laspetto relativo alla rumorosit prodotta dagli impianti onde
evitare contenziosi continui e spiacevoli sia con la Committenza che con terze parti.
Le norme e le leggi che sono state messe begli ultimi anni impongono limiti molto restrittivi
alla rumorosit prodotta dagli impianti e pertanto nella scelta dei componenti di impianto e nella
stessa progettazione termotecnica occorre considerare il rumore come variabile fondamentale.
Lattuale legislazione prevede che la rumorosit sia valutata sia nei confronti di chi
usufruisce dei benefici dellimpianti sia nei confronti di chi li subisce passivamente (ad esempio i
vicini di casa). Per valutare i livelli di emissione e di immissione si fa riferimento al DCPM 15/11/97.
Questo tratta dei requisiti acustici degli edifici e fissa i limiti di rumorosit trasmessa dagli impianti
tecnologici.
Vanno subito evidenziati due fatti importanti:
1) i problemi acustici si manifestano quando gli impianti sono costruiti e quando ci
avviene gi troppo tardi per intervenire perch i componenti di impianto rumorosi
non possono essere silenziati se non cambiandoli del tutto;
2) non basta ottimizzare lacustica dei singoli componenti perch limpianto un
sistema e pertanto deve essere ottimizzata lacustica di tutto linsieme (refrigeratore,
soffiante, canali, bocchette, griglie, ).
Ne consegue che il momento progettuale quello pi critico per ottenere il risultato
desiderato.
In considerazione della mancanza di cognizioni di base degli Allievi del N.O. si premettono
alcune considerazioni fondamentali di Acustica Fisica e Fisiologica.
306
Nel mezzo di trasmissione londa sonora si propaga con una certa velocit detta celerit del
suono (detta erroneamente anche velocit).
Tale grandezza dipende da pi fattori, uno dei quali il materiale del corpo attraverso il
quale avviene la propagazione. La velocit di propagazione del suono nellaria (supposta come gas
perfetto) si ricava dalla formula:
k
[133]
vs
p
p = pressione
k = modulo di compressibilit adiabatica dellaria
= massa specifica
Cos pur essendo indipendente dalla frequenza e dallumidit, la velocit del suono nellaria
dipendente dalla temperatura: ad una temperatura di 20C la velocit di circa 344 m/s; ad ogni
aumento di 1C della temperatura, corrisponde un incremento nella velocit di 0,61 m/s.
Nel caso di mezzi di trasmissione liquidi, la velocit si ottiene mediante la formula:
k
[134]
c
[135]
[136]
c
p S
Ossia, la celerit del suono legata alla radice quadrata della variazione della densit
rispetto alla pressione ad entropia costante. Per un gas perfetto si pu anche scrivere:
c kRT
[137]
con k costante di adiabacit ( c p / cv ) del mezzo di trasmissione (k=1.4 per laria), T la temperatura
assoluta del mezzo (in gradi Kelvin) ed R la costante del gas (R=R*/M) rapporto fra la costante
universale dei gas ed il peso molecolare.
Dallosservazione di queste formule si deduce che il suono si propaga pi velocemente nei
solidi che nellaria; nel mattone ad esempio undici volte maggiore di quella dellaria.
307
Mezzo di trasmissione
c (m/s)
Aria (secca, 15 C)
341
Acqua di mare
1460
Marmo
3800
Mattoni
3650
Vetro
5000
Ferro
5000
Sughero
500
Gomma elastica
30-70
Il suono si diffonde seguendo le leggi dei fenomeni ondulatori, come si dir fra breve. Si
tratta di una sequenza di compressioni e rarefazioni del mezzo di trasmissione che presenta delle
zone a densit differenziata; queste rarefazioni non sono ferme ma si spostano nellaria alla
velocit di circa 340 m/s. A seconda del tipo di sorgente emittente, le onde sonore possono essere
piane , cilindriche o sferiche: Nel primo caso i punti di massima rarefazione sono contenuti in piani
perpendicolari alla direzione di propagazione; nel secondo caso si ha una sorgente lineare che
oscillando nella direzione del proprio asse mediante cilindri concentrici genera onde cilindriche: un
esempio dato dal rumore proveniente dal traffico veicolare o ferroviario.
Nel terzo caso, onde sferiche, si pu immaginare che la sorgente sia piccola rispetto alle
distanza dal punto di ricezione e pertanto le zone di compressione formano delle sfere
concentriche. E questa unipotesi semplificativa che molto spesso viene applicata nei calcoli. Si
tratta, si intuisce, di una approssimazione valida solo quando le dimensioni della sorgente sono
piccole rispetto alla distanza.
Figura 270: Esempio di propagazione di onde acustiche: inizialmente sferiche e poi piane a grandi distanze
308
Pertanto lipotesi da seguire nelle applicazioni deve essere attentamente valutata caso per
caso onde evitare possibili errori finali. Vedremo nel prosieguo quali implicazioni si ha lipotesi di
fronte sferico o di fronte cilindrico nellattenuazione dellintensit acustica per divergenza.
14.1.3 GRANDEZZE FONDAMENTALI PER LACUSTICA
10
( f )
0.1
0.017 0.01
10
20
100
3
1 10
f
4
1 10
5
1 10
20000
Figura 271: Legame fra lunghezza donda e frequenza nel campo delludibile
51
Le applicazioni della Fisica allUomo si riferiscono a comportamenti, giudizi, valutazioni, di un normotipo individuato dalla
risposta media di una platea campioni di uomini e donne, di et compresa fra i 18 e i 33 anni (per evitare problemi di adolescenza e
di senilit). E stato dimostrato che il normotipo non dipendente dal colore della pelle e che, pertanto, ci si pu sempre riferire ad
un Uomo medio universale.
309
Si osservi come a 20 Hz, frequenza minima udibile, la lunghezza donda corrispondente sia di
17 m mentre a 20.000 Hz di 17 mm. Queste dimensioni sono importanti nel valutare le
interazioni che le onde acustiche hanno con la materia.
Per valori di lunghezza donda tale che /4 sia comparabile con quelle del corpo sul quale il
suono incide si ha il fenomeno della diffrazione per cui i bordi del corpo divengono essi stessi
sorgenti sonore. Con i valori sopra calcolati si ha a 20 Hz una parete di 4 m diffrange il suono. E
quello che avviene, lo si vedr nel prosieguo, con gli schermi acustici.
Per frequenze oltre 200 Hz si ha /4 di circa 0,5 m e quindi le pareti si comportano come
specchi: si ha riflessione e non diffrazione. E quindi si possono considerare valide le regole
dellAcustica Geometrica basate sulla riflessione geometrica del suono con angoli uguali, ma
ribaltati rispetto alla normale, degli angoli di incidenza. Le applicazioni di Acustica delle Sale (vedi il
Capitolo ad essa dedicata) sono basate, di norma, sullAcustica Geometrica e pertanto si deve
tenere conto dei limiti di validit.
Si vedr ancora che le onde di bassa frequenza interagiscono in modo particolare con la
materia e che per la loro attenuazione (vedi note sul Potere Fonoisolante) si debbono utilizzare
metodologie particolari che sfruttano le risonanze delle cavit o delle lastre.
Potenza sonora
La potenza sonora, detta anche indice di emissione di energia acustica, lenergia sonora
emessa da una sorgente nellunit di tempo.
Bisogna tuttavia considerare che questa grandezza varia considerevolmente nellunit di
tempo. Per questo motivo si usa distinguerla in potenza massima e media: la prima il valore pi
alto rilevato nellintervallo di osservazione; la seconda risulta generalmente dal calcolo dei valori
medi anche se vi sono diversi metodi per calcolarla.
Questi due valori differiscono tra di loro per diversi ordini di grandezza; un suono che ha una
potenza media di 1 Watt pu presentare potenze istantanee di decine o centinaia di Watt; questo
fatto abbastanza rappresentativo dellimportanza di adottare tecniche di misura che siano
realmente indicative della potenza sonora sopportata o della sensazione soggettiva che tale
potenza comporta.
Potenza
100.000.000
10.000
1000
100
10
1
0.1
0.01
0.001
0.0001
0.00001
0.000001
0.0000001
0.00000001
0.000000001
0.0000000001
Si fa osservare che la potenza acustica una grandezza assoluta nel senso che la potenza
emessa da una sorgente dipende dalla sorgente di emissione mentre il livello di pressione sonora
310
(di cui si parler nel prosieguo) dipende da come si trasmette il suono e quindi dipende dalle
caratteristiche acustiche e trasmissive dellambiente.
In pratica una stessa potenza acustica pu dar luogo a diversi livelli di pressione sonora in
ambienti diversi. Per analogia si pu dire che una stessa lampada che emette la stessa intensit
luminosa fornisce valori diversi di illuminamento in ambienti diversi a seconda delle caratteristiche
riflessive delle pareti.
Intensit sonora
Se la potenza unenergia nellunit di tempo, lintensit unenergia specifica, cio per
unit di superficie. Considerando unonda sonora che si propaga dalla sorgente, essendo la
potenza emanata costante, si nota che tale potenza si distribuisce su superfici sempre pi ampie.
Lintensit di un suono quindi il flusso di potenza che passa nellunit di tempo, attraverso una
superficie unitaria e perpendicolare alla direzione di propagazione.
Nel caso di onde sferiche e mezzo di propagazione isotropo ed omogeneo si ha
W
I
[140]
4 r 2
I = intensit sonora
r = raggio della sfera
Da questa formula si deduce che lintensit sonora per una sorgente sferica inversamente
proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente.
14.1.4 TIPO DI ONDE ACUSTICHE
Si riassumono qui di seguito le relazioni principali per le onde acustiche. Per onde acustiche
sferiche lintensit inversamente proporzionale al quadrato della distanza, per le onde lineari
lintensit dipende dallinverso della distanza e per onde acustiche piane lintensit indipendente
dalla distanza.
Le equazioni delle tre forme di onde possono qui essere scritte con il solito simbolismo:
A
p( r, t ) f ct r
[141]
r
p( r, t ) Af ct r
[142]
A
f ct r
[143]
r
L'equazione delle onde piane nella sua forma pi semplice (suono puro) data da:
p pmax *sin t
[144]
p( r , t )
con pmax valore massimo della pressione, la pulsazione =2f. Si osservi che non si
indicata la fase perch lorecchio umano poco sensibile ad essa. Dellonda sinusoidale sopra
indicata di definisce la pressione efficace (o valore quadratico medio, indicato spesso come RMS
acronimo di Root Mean Square) mediante la relazione:
1 T 2
p dt
T 0
Per un segnale sinusoidale risulta essere:
pmax 0c A
p
con:
A
F
[145]
[146]
311
0
densit dellaria, kg/m
c
celerit del suono, m/s
Si definisce densit sonora lenergia nellunit di volume, J/m, che, sempre per unonda
sinusoidale, legata dalla relazione:
D 2 2 f 2 0 A2
[147]
LIntensit acustica , W/m, data dalla relazione:
I 2 2 f 2 0cA2 Dc
[148]
312
Le Armoniche
Quando si parla di toni puri si presuppone che la sorgente (loggetto che vibra) sia
infinitamente rigida ed oscilli con frequenza costante, cosicch londa emessa risulti un moto
armonico semplice. Un suono di questo tipo pu essere ottenuto da un diapason di determinata
lunghezza donda. Un suono semplice (monofrequenziale) si pu rappresentare nel piano delle
frequenze-ampiezza con una riga centrata alla frequenza f ed avente unaltezza p0 pari
allampiezza dellonda. Nella realt queste condizioni non possono sussistere in quanto non
esistono oggetti-sorgente infinitamente rigidi; succede allora che la superficie sviluppa delle
vibrazioni supplementari, dette appunto armoniche, a frequenze che sono il multiplo di quella
principale detta frequenza fondamentale; se per esempio la nostra sorgente emette un suono
puro a 60Hz, emetter anche delle armoniche a 120, 180 ... Hz. Queste frequenze si dicono
rispettivamente prima armonica, seconda armonica e cos via. Quanto detto alla base dello
sviluppo in serie di Fourier delle onde acustiche complesse.
Suoni complessi
Come abbiamo gi accennato, i rumori52 o i suoni che percepiamo ogni giorno attraverso
lorgano delludito, sono ben pi complessi dei modelli ideali di onda descritti sopra. Essi
costituiscono la totalit dei suoni percepiti quotidianamente poich i suoni puri sono solo
uneccezione e direi anche unastrazione fisica.
Quando si in presenza di un suono monofrequenziale si prova un disturbo notevole, come
si dir nel prosieguo a proposito del DPCM 1/3/91, che le norme vigenti penalizzano.
Tuttavia tali onde mantengono alcune delle caratteristiche dei suoni pi semplici, sono cio
periodiche, ossia si ripetono uguali a se stesse in maniera ciclica. Hanno inoltre la peculiarit di
essere composte da pi toni puri sovrapposti. La forma donda non sar pi quindi una sinusoide
ma apparir come una curva frastagliata e ripetitiva. Dalla combinazione casuale di questi suoni
semplici nascono le molte variet di suoni con i quali abbiamo familiarit: la voce umana, il timbro
del violino, il rumore di unauto.
Oscillogrammi e spettri sonori
Nei paragrafi precedenti abbiamo parlato del suono come di un effetto risultante dalle
innumerevoli vibrazioni di una sorgente. Il movimento vibratorio compiuto da questa si propaga
attraverso il mezzo sotto forma di perturbazioni di pressione: le onde sonore.
Loscillogramma di un suono rappresenta graficamente la relazione tra il tempo e la
pressione sonora cosicch, per un suono puro, sar una semplice oscillazione sinusoidale; per uno
strumento musicale risulter dalla sovrapposizione degli oscillogrammi delle funzioni sinusoidali
semplici del suono fondamentale e delle sue armoniche. Quando si parla di rumore al posto
delloscillogramma viene normalmente utilizzato lo spettro sonoro, un grafico che in ascissa
riporta la frequenza e in ordinata il livello sonoro. La rappresentazione dello spettro di un suono
complesso data da una serie di righe aventi ciascuna frequenza ed ampiezza ben determinate e il
cui numero pu essere anche infinito (suoni impulsivi). Nella Figura 272 si hanno due
rappresentazioni relative ad un suono puro e ad un suono complesso.
52
Il rumore, come gia indicato nellIntroduzione, un suono complesso affetto da un giudizio di indesiderabilit e disturbo da
parte di chi lo subisce. Del rumore si parler pi in dettaglio nel prosieguo.
313
Nella trattazione del rumore solitamente vengono utilizzati spettri sonori a bande che
riuniscono le frequenze acustiche in gruppi cosicch lo spettro anzich essere graficamente
formato da linee viene costruito per bande. Usualmente vengono utilizzati spettri sonori a banda
dottava o a terzi dottava. Le bande di ottava sono definite come intervalli di frequenza tali che il
rapporto fra la frequenza massima e la minima sia pari a 2. Per le bande a terzi di ottava le
frequenze estreme stanno in rapporto pari a 3 2 . La frequenza di centro banda data dalla
relazione:
f cb f1 f 2
Normalmente in una banda di ottava si hanno tre bande a terzi di ottava.
Le frequenze di centro banda per le bande di ottava sono normalizzate e precisamente sono:
31.5, 63, 125, 250, 500, 1000, 2000, 4000, 8000, 16000
Anche le frequenze a terzi di ottava di centro banda sono normalizzate.
314
Figura 274: Rappresentazione di un suono puro nel piano ampiezza-tempo e nel piano ampiezza-frequenza.
315
A sinistra e destra della figura si hanno tre armoniche che differiscono solo per la fase della
componente fondamentale.
Per questo motivo lanalisi frequenziale (come viene detta la rappresentazione ampiezzafrequenza) oggi molto utilizzata per lo studio e lanalisi dei suoni complessi.
Lalgoritmo matematico utilizzato quello della scomposizione in serie di Fourier mediante
le seguenti relazioni:
A
f ( x) 0 An cos(nx) Bn sin(nx)
[152]
2 n1
An
f ( x)cos(nx)dx
[153]
316
Bn
f ( x )sin(nx)dx
[154]
Filtro passa basso. Vengono lasciate passare solo le frequenze inferiori ad una data
frequenza di taglio f1;
Filtro passa alto: Vengono lasciate passare solo le frequenze maggiori di una data
frequenza di taglio f2;
317
Filtro passa banda: Passano solo le frequenza comprese fra due frequenze di taglio
f1 ed f2;
Filtro elimina banda::Passano le frequenze esterne ad una data banda di frequenze
f1 ed f2;
Nella stessa figura si ha, sul lato destro, la ricostruzione del segnale nel dominio del tempo
partendo dalle armoniche che passano attraverso il filtro. Si pu ben osservare che si ha una
differenza sostanziale con il segnale originario.
Pertanto lazione del filtro sostanziale in quanto altera sia la composizione del segnale che
leffetto che esso produce con lascolto.
In Figura 278 si ha lesempio, nella prima riga, di un segnale glottidico53 rappresentato a
sinistra dallo spettro e a destra dallandamento temporale. Applicando i vari filtri indicati nelle
righe successive si pu vedere come si modifica sia lo spettro (si ha una riduzione di righe e quindi
di armoniche) che loscillogramma rappresentato alla destra di ogni riga esaminata. Pertanto
lazione di un filtro quella di modificare la costituzione spettrale dei segnali e la loro apparenza
sensoriale allUomo. Vedremo pi avanti come anche lorecchio umano si comporti come un filtro
di particolare complessit nella banda passante fra 20 e 20.000 Hz.
Spettro di un suono complesso
Da quando l'informatica e l'elettronica hanno consentito di potere effettuare il calcolo della
Trasformata di Fourier in tempi tanto brevi o addirittura in tempo reale (cio tali da potere essere
considerati istantanei) si potuto tracciare una particolare rappresentazione di un suono: lo
spettrogramma o anche sonogramma.
53
Si tratta di una specie di impulso che la glottide nella gola emana al momento della richiesta di fonazione da parte dellUomo.
Questo segnale viene poi modificato (cio filtrato) dallesofago, dalla bocca, dalle labbra e dalla lingua per formare il linguaggio
parlato.
318
Non potendo rappresentare la terza dimensione su carta invalso l'uso di indicare l'altezza
delle armoniche con gradazioni di colore o di grigio: maggiore il valore dell'altezza pi nero (se si
usa la scala di grigi) o di colore pi vivo (se si usa la scala di colori) il punto corrispondente.
In. Figura 280 si ha la parola rappresentata in forma spettrale.
In Figura 281 rappresentato l'andamento temporale della stessa parola [AIUOLE]
pronunciata da un parlatore.
Le due figure si riferiscono allo stesso brano ma da due punti di vista differenti: la prima
fornisce l'andamento bidimensionale del segnale acustico (diagramma ampiezza-tempo detto
oscillogramma) mentre la seconda fornisce l'andamento tridimensionale frequenza tempo ampiezza, detto spettrogramma.
Per un suono complesso lo spettro, quindi, risulta molto articolato e non pu essere
rappresentato dalle sole armoniche componenti (di ampiezza variabile e di frequenza crescente e
multipla della frequenza minima detta fondamentale) ma occorre rappresentare il suono con
riferimento all'intensit contenuta all'interno di bande di frequenze stabilite (a banda stretta di
pochi Hz o a banda larga di ottava o a terzi di ottava).
319
In pratica si taglia il suono dato a fette di larghezza stabilita, dette frame, e si effettua
lanalisi spettrale di ciascuna fetta di suono avendo cura di raccordare le frames mediante
particolari funzioni matematiche (funzioni di Hamming, di Hanning, sinusoidale, .), come si dir
fra poco. In Figura 282 data la rappresentazione spettrale di una vocale pronunciata da un uomo
la cui frequenza fondamentale di circa 70 Hz. In Figura 283 riportata una rappresentazione
dell'analisi spettrale di un suono complesso, dittongo [ai] con frequenza fondamentale di 125 Hz,
sia a banda stretta che a banda larga.
320
321
64
25
128
50
256
100
512
200
1.024
400
322
16.384
6.400
Abbiamo detto che, di regola, gli analizzatori di Fourier utilizzano il segnale per punti espressi
in potenza di 2 e ciascun punto un campione generato dal convertitore A/D.
Diremo anche che il campionamento va di passo con il fondo scala in frequenza che si vuole
analizzare nel senso che, generalmente, si utilizza come campionamento la cos detta frequenza di
Nyquist, vale a dire 2,56 volte il fondo scala di analisi. Se, ad esempio, si desidera analizzare
componenti in frequenza fino a 1 kHz, il segnale verr campionato a 2,56 kHz, per 10 kHz si user
25,6 kHz e cos di seguito. Un altro importante punto del nostro analizzatore FFT la finestra di
pesatura del segnale. Al contrario di quanto accade per l'analisi di Fourier matematica,
l'analizzatore ha a che fare con una dimensione fisica del segnale che, per sua definizione, non pu
essere infinita.
Ci d luogo ai cos detti errori di troncamento perch il calcolo effettuato su quello che
abbiamo chiamato frame il quale ha una durata finita.
Il metodo correntemente usato dagli analizzatori FFT quello di moltiplicare il segnale per
una funzione matematica (finestra) fatta in modo da minimizzare tali errori.
Generalmente nei suoni o comunque su segnali non stazionari, si soliti servirsi di finestre
Hanning o Hamming che hanno la particolarit di ottimizzare il segnale al centro e ridursi a zero ai
contorni. Siccome tali finestre hanno una formulazione matematica ben conosciuta, possibile
stimare a priori l'errore introdotto dalla "pesatura" e tenerne conto. L'uso delle varie finestre
abbastanza codificato, a seconda del tipo di segnale che si vuole analizzare e dei risultati che si
desidera ottenere e si apprende con la pratica. In alcuni tipi di analisi si soliti calcolare molte FFT
su tempi brevi affiancandole poi l'una all'altra fino a coprire l'intero segnale (es. una frase o il ciclo
di avviamento di un motore) per costruire il cosiddetto Spettrogramma o Sonogramma. Ogni
singola FFT viene calcolata con la finestra di Hamming e l'avanzamento temporale di ogni FFT
consecutiva chiamato Frame Advance. Si pu definire la lunghezza del frame su cui calcolata
l'FFT specificando il Filter Frequency che un parametro che richiama il funzionamento dei vecchi
Sonografi analogici. Un filtro stretto, ad esempio 59 Hz si riferisce ad una larghezza di banda pi
sottile e consente di risolvere frequenze distanti tra loro 59 Hz. Un filtro pi largo, es. 184 Hz,
risolve una banda in frequenza pi ampia mentre, per contro, migliora la risoluzione temporale
(per es. consente di evidenziare gli attacchi della voce).
Siccome la teoria dell'analisi del segnale ci insegna che moltiplicare un segnale temporale per una finestra
corrisponde a convolvere lo spettro in frequenza del segnale temporale con l'FFT della finestra stessa, da ci deriva
che esiste una relazione tra la larghezza della finestra (ms) e la larghezza della FFT associata (Hz), come evidenziato
nella tavola seguente:
Larghezza Finestra (ms)
33
45
25
59
10
150
184
300
3.2
450
2.5
600
Tabella 66: Corrispondenza fra la larghezza della finestra e lampiezza del filtro
323
14.1.5 INNALZAMENTO DEI LIVELLI CON LALLARGAMENTO DELLA FINESTRA
Un suono complesso non periodico viene rappresentato, come gi detto, nel piano della
frequenza non con armoniche singole (come per un suono periodico) ma con una
rappresentazione che dipende dalla larghezza delle frame.
LAcustica Fisiologica si occupa dellinterazione del suono (fenomeno puramente fisico, cio
oggettivo) con lUomo e quindi cerca di determinarne gli effetti di interazione soggettiva. Spesso i
parametri di giudizio sono legati proprio alla soggettivit dellUomo e ci complica non poco lo
sviluppo di questa disciplina. Occorre introdurre nuove grandezze, oltre a quelle oggettive gi
incontrate, che tengano conto dellinterazione con l?uomo e delle sue capacit percettive. Cos, ad
esempio, non tutti i suoni vengono percepiti dallUomo ma solo aventi frequenze comprese fra 20
324
e 20.000 Hz. Inoltre lintensit dei suoni correlata alle capacit di ascolto che nellUomo Medio (o
Normotipo) varia da circa 10-12 W (soglia di udibilit a 1000 Hz) a 10-4 W (soglia del dolore).
14.2.1 LIVELLI SONORI
325
Ambiente o condizione
Valutazione soggettiva
Pa
dB
200
63
20
140
130
120
6,3
2
0,63
110
100
90
0,2
0,063
0,02
80
70
60
0,0063
0,002
50
40
0,00063
0,0002
0,000063
30
20
10
0,00002
Intollerabile
Molto rumoroso
Rumoroso
Tranquillo
Molto tranquillo
Tabella 67: Scala di valori delle pressioni sonore e dei livelli di pressione sonora
54
1 T 2
p dt
T 0
326
14.2.2 LORECCHIO UMANO
Figura 285: Vista dArtista di un orecchio umano: orecchio esterno, medio e interno.
Figura 286: Struttura dellorecchio esterno (padiglione auricolare) e dellorecchio interno (Organo del Corti)
327
Lorecchio esterno separato dallorecchio medio dalla membrana del timpano: essa ha la
forma di un cono piatto con un diametro di circa sette millimetri e la convessit rivolta verso
linterno. Lorecchio medio una cavit piena daria che contiene la catena di ossicini ossia tre
piccole ossa, il martello, lincudine e la staffa, che forniscono il movimento meccanico per far
passare la vibrazione dal timpano allorecchio interno.
Il martello sta appoggiato sul timpano e quando viene messo in vibrazione colpisce
lincudine, il secondo ossicino che funge da connessione con il terzo, la staffa. Questa a contatto
con la finestra ovale, unaltra membrana che segna lentrata della chiocciola.
La catena dossicini connessa a dei legamenti e posta in tensione attraverso due piccoli
muscoli: il tensore del timpano e lo strapedio. Il primo connesso al martello, il secondo alla
staffa.
Questo sistema da una parte un efficace meccanismo di trasmissione tra orecchio esterno
e finestra ovale, dallaltra funziona come apparato protettivo in quanto limita la vibrazione
trasmessa alla finestra ovale.
La presenza di aria nellorecchio medio fa in modo di compensare la spinta della pressione
atmosferica sul timpano, ci avviene tramite il tubo di Eustachio che mette in comunicazione
lorecchio medio con il setto nasale. Lorecchio interno si presenta come un complesso sistema di
canali colmi di liquido inseriti nellosso temporale.
Nelluomo il senso dellequilibrio e delludito viene dato dai nervi sensori posti allinterno di
questi canali che terminano nella chiocciola. Allinterno di questultima troviamo una membrana
detta basale che viene eccitata attraverso lenergia trasmessa alla chiocciola dalla finestra ovale.
Questa membrana a seconda della frequenza del suono risulta pi eccitata in un punto rispetto ad
un altro: le basse frequenze generano maggiore eccitazione allestremit della chiocciola, le alte
invece nei pressi della finestra ovale.
328
La stimolazione delle fibre nervose coinvolge una complessa struttura posta sulla membrana
basale chiamata organo di Corti (vedi Figura 288).
Le cellule ciliate interne ed esterne che fanno parte di questorgano sono le principali
responsabili del processo di stimolazione nervosa, pare infatti vi sia una dipendenza diretta tra il
danno subito da queste cellule e la perdita di udito dovuta al rumore.
Sezionando lorgano del Corti si ha la situazione della figura seguente: in pratica le
terminazioni nervose sono comprese fra due lamine di tessuto organico che, per strofinio dovuto
alleccitazione acustica, eccitano le cellule nervose in zone differenti a seconda della frequenza di
eccitazione. Le moderne teorie vedono l'orecchio come un sistema di trasmissione del segnale
caratterizzato dalle tre funzioni di trasferimento relative alle tre sezioni dell'orecchio: padiglione
esterno, canale timpanico, orecchio medio. Per l'orecchio esterno in corrispondenza del canale
timpanico e del padiglione esterno si hanno le seguenti funzioni di trasferimento del segnale
uditivo.
329
Per l'orecchio medio la funzione di trasferimento determinata su cadaveri (Bksy) del tipo
qui rappresentato.
Per un campo sonoro libero si hanno le seguenti funzioni di trasferimento dal padiglione
auricolare esterno al canale timpanico in funzione dell'angolo orizzontale di accesso.
330
La rete nervosa risulta composta come in figura da neuroni collegati fra loro da assoni (che
hanno alla loro estremit le sinapsi).
Il segnale neurale pre e post-sinaptico rappresentato nelle seguente figura ove visibile
una variazione di potenziale da -70 a +30 mV con un tempo di variazione di circa 3 ms.
Osservando la scala dei tempi si possono ritrovare giustificazioni alle frequenze
caratteristiche dellorecchio umano.
331
Agli inizi degli anni quaranta due studiosi americani della ATT, Fletcher e Munson,
costruirono labaco della Figura 294, detto Audiogramma Normale per suoni puri. In esso
riportata in basso, tratteggiata, la soglia di udibilit e poi, andando verso lalto, le curve isofoniche
definite in modo che ogni curva rappresenta, per ciascuna frequenza, il livello sonoro di pari
effetto (sensazione di forza) di un suono a 1000 Hz. Questo livello chiamati Phon.
Si osservi come lorecchio umano medio sia capace di sentire in modo diverso sia al variare
della frequenza che al variare del livello. Ogni curva isofonica ha un andamento a campana:
sentiamo meglio le frequenze intermedie (quelle della zona del parlato da 500 a 2000 Hz) mentre
sentiamo peggio le basse e le alte frequenze. Inoltre al crescere dellintensit sonora le curve si
appiattiscono per effetto della maggiore tensione muscolare dei muscoli del Timpano e dello
Stabiale che riducono la sensibilit dellorecchio medio (i tre ossicini, staffa, incudine e martello).
Figura 294: Curve isofoniche per toni puri (audiogramma normale di Fletcher - Munson
Laudiogramma di Fletcher e Munson stato per decenni lunica informazione esterna sul
funzionamento dellorecchio umano. E interessante osservare come, rendendo omogenei
laudiogramma (cio capovolgendolo rispetto allasse delle frequenze) e la curva relativa alla
funzione di trasferimento dellorecchio medio (Von Bksy, Figura 290) si ha la situazione di Figura
295.
332
Figura 295: Confronto fra la funzione di trasferimento dellorecchio medio e laudiogramma normale
Sia la forma ondulante che landamento a campana risultano ora perfettamente spiegati:
lorecchio umano, per il solo fatto di essere costruito da madre natura in questo modo, si
comporta come sintetizzato dallaudiogramma normale. La banda di frequenze fra 25004000 Hz
presenta una risonanza e quindi in questa zona si ha una maggiore sensibilit dellorecchio che
pu portare ad effetti pericolosi fino alla parziale rottura delle terminazioni nervose (sordit
parziale per effetto Bruel). Si osservi che laudiogramma normale ci informa su come lorgano di
captazione del suono funziona, cio come viene modificato il segnale prima di essere interpretato
(sensazione) dal cervello. In pratica il nostro orecchio si comporta come un filtro passa-banda
avente funzioni di trasferimento complesse date proprio dallaudiogramma di Fletcher e Munson.
Di questosservazione si terr conto quando parleremo del fonometro. E interessante osservare
come lenergia acustica non arrivi allorecchio esterno esclusivamente per via aerea dal padiglione
auricolare ma anche attraverso le ossa del cranio.
Se noi chiudiamo il condotto uditivo esterno con un tappo o una cuffia avvertiamo
immediatamente il suono attraverso la conduzione ossea. Questa avviene attraverso vari cammini
di trasmissione: anche le vibrazioni prodotte dalle altre parti del corpo possono essere trasmesse
alla membrana basale attraverso i tessuti corporei e la struttura ossea. E proprio a questa
conduzione ossea che si deve la possibilit di percepire la direzione delle onde sonore in un piano
verticale centrale rispetto alla sorgente. In pratica la differenza di cammino dellonda acustica fra
orecchio destro e sinistro a far percepire al nostro cervello la direzione di provenienza del suono.
Quando per lorecchio in un piano centrale simmetrico le condizioni di simmetria farebbero
perdere la possibilit di individuare la direzione del suono se non ci fosse la possibilit di percepire
anche differenze di cammino sonoro anche nel piano verticale per conduzione ossea.
333
14.2.3 SOGLIA UDITIVA
90
80
70
SPL (dB)
60
Cammarata
50
40
30
20
10
Normale
0
1
20 40 60
125
10
11
12
13
14
15
kHz
500 1kHz1.5
250 750
4 (Hz) 5 6 7
2 3Frequenza
16
17
18
19
20
21
22
23
24
9 10 11 12 14 16 18 20
Figura 296: Curva di udibilit reale di un soggetto e confronto con la curva di soglia standard
Lo scostamento della curva di udibilit reale da quella standard sintomo di perdita uditiva
(sordit) attribuibile ad una serie di cause: let (che porta la presbiacusia), un danno da rumore
esterno per esposizione prolungata per attivit lavorativa, .
Si esamineranno le problematiche del rischio uditivo nel prosieguo.
334
14.2.4 PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL SUONO
Nella valutazione del rumore si ha spesso a che fare con i cosiddetti livelli ponderati. I
moderni strumenti per la misurazione presentano infatti dei filtri di pesatura denominati A, B, C.
Esiste anche una scala denominata D utilizzata per misure di rumorosit in zone aeroportuali.
335
Come abbiamo gi visto, la sensibilit delludito incostante col modificarsi della frequenza
e del livello sonoro; si presenta allora, per chiunque voglia eseguire delle misure di rumore
attendibili, la necessit di adottare una strumentazione che emuli la caratteristica dellorgano
uditivo.
La sensibilit dello strumento viene cos regolata secondo tre curve conosciute come curve di
ponderazione A, B, C che presentano andamenti della sensibilit leggermente diversi tra di loro
anche se tutti decrescenti verso gli estremi del campo uditivo.
Le curve di ponderazione derivano da considerazioni sullaudiogramma di Fletcher e Munson e
presentano una forte analogia con le isofoniche misurate in Phon, vedi Figura 298.
Il fonometro costituito da sezioni elettroniche ben precise: microfono, amplificatore di
segnali di ingresso, filtri, amplificatore di uscita e indicatore di segnali (sia analogico che digitale).
Nella Figura 299 riportata una schematizzazione di assemblaggio di un moderno fonometro
capace di effettuare anche analisi spettrali (FFT, bande larghe,...) di un suono.
I livelli misurati con queste correzioni si indicano in dB anche se talvolta pu succedere di
incontrare la forma dB(A) per il livello ponderato A.
Questultimo il pi utilizzato perch ritenuto dagli addetti maggiormente indicativo nelle
misurazioni pi comuni e quello meglio correlato al disturbo.
Siamo arrivati cos a definire univocamente il disturbo attraverso una sola grandezza che
lega assieme il dato oggettivo, la misura del rumore come ci arriva dalle sorgenti, al dato
soggettivo, ci che un ascoltatore medio percepisce come suono.
La scelta delle curve A,B e C si giustifica con la necessit di simulare il comportamento
dellorecchio umano medio ai livelli bassi, medi e alti, come rappresentato in Figura 298.
Nella Tabella 68 si riporta l'azione di filtraggio del fonometro (Scala A) e in basso, in Figura
300 si ha la modificazione spettrale (a banda di ottava) dovuta alla curva di ponderazione A.
Si osservi come il segnale originario resta immutato nella banda di ottava a 1000 Hz mentre
viene attenuato sia alle basse che alle alte frequenze. I valori in dB differiscono di circa 5 dB.
Ricordando che lazione dei filtri di pesatura quella di simulare il comportamento
dellorecchio umano si conclude che leffetto di captazione e trasmissione sonora da parte
dellorecchio comporta unattenuazione non trascurabile del segnale originario. Lorecchio , a
tutti gli effetti, un filtro passa banda con attenuazione pronunciata verso le frequenze di taglio.
336
Figura 300: Spettro a banda di ottava del segnale non filtrato e di quello filtrato
14.2.6 LIVELLO EQUIVALENTE (LEQ)
Il livello equivalente, per il suo significato fisico, viene quasi universalmente utilizzato come
riferimento nelle varie normative in materia di inquinamento acustico ambientale.
Tale parametro, essendo associato allenergia sonora di un fenomeno acustico, viene
influenzato dai livelli sonori a maggior contenuto energetico ovvero dai livelli di picco; per questo
motivo risulta un buon descrittore del rumore, cos come il DPCM 1/3/91 lo ha definito.
Landamento storico del Leq orario offre delle informazioni interessanti, come per esempio la
possibilit di distinguere se le sorgenti che lo hanno causato sono naturali o artificiali.
337
Lascolto del suono dalle due orecchie non serve solamente ad avere un effetto stereofonico
del suono ma anche (e forse soprattutto) alla sua localizzazione spaziale.
Va precisato, inoltre, che i due lobi del cervello non lavora allo stesso modo ma quello di
sinistra specializzato nellelaborazione di suoni complessi (ad es empio consonanti) mentre
quello di destra elabora i suoni pi semplici (ad esempio le vocali). I
Il nostro cervello elabora i segnali che arrivano dalle due orecchie e dal loro sfasamento
temporale determina la direzione di provenienza con buona precisione.
Qualora il suono provenga frontalmente vengono utilizzati anche i segnali che provengono
dalle vibrazioni corporee (ad esempio della testa o delle cartilagini dellorecchio) per determinare
la posizione verticale della sorgente. Questa capacit di localizzazione acustica oggi molto
338
utilizzata negli effetti surround dei sistemi di riproduzione sonora. In questo caso si fa variare di
poco la fase dei segnali provenienti dalle casse acustiche in modo da ottenere una sensazione
equivalente allo spostamento della sorgente attorno al capo.
Gli studi di psicoacustica hanno portato a meglio comprendere linterpretazione sonora da
parte del nostro cervello e a creare dispositivi artificiali (protesi acustiche) con prestazioni sempre
pi vicine a quelle dellorecchio. E recente la notizia dellapplicazione di protesi elettroniche che,
sostituendo lorecchio, hanno consentito ai soggetti non udenti di sentire.
Si osservi, ancora, che il cervello si sincronizza con londa acustica che per prima raggiunge
lorecchio, cio con londa diretta. Le onde successive a questa sono considerate di rinforzo se il
loro ritardo non superiore a 200 ms. Oltre tale limite il cervello considera i suoni separati e ci
giustifica la formazione delleco. Oltre allazione di rinforzo sopra citata, il ritardo temporale fra la
prima onda e le successive gioca un ruolo fondamentale nella psicoacustica del suono. Si
mostrato, infatti, che le onde aventi un ritardo di 1525 ms (corrispondenti a riflessioni da
superfici distanti entro 68 m dallascoltatore e che sono dette onde di riflessione laterale vicine)
oltre a rafforzare londa primaria contribuiscono a creare una sensazione di spazialit (orizzontale
o verticale a seconda del piano di provenienza) e quindi provocano una sensazione di
allargamento della scena. Il suono sembra avvolgere lascoltatore che ne trae anche una
sensazione di benessere acustico, di piacere dellascolto.
E per questo motivo che lascolto della musica dal vivo ben diverso da quello di una
registrazione, per quanto fedele, fatta in cuffia: si perdono tutte le informazioni di spazialit (vedi
capitolo sullAcustica delle Sale) che fanno parte del suono originario.
Le riflessioni successive ai primi 25 ms sono onde di riverbero che, pur fornendo un
rafforzamento del suono iniziale, non rivestono limportanza fondamentale delle riflessioni vicine.
14.2.8 SPECIALIZZAZIONE DELLUDITO
Recenti studi hanno mostrato una specializzazione dell'udito nel senso che i suoni complessi
vengono sintetizzati nella parte destra del cervello mentre quelli pi semplici dalla parte sinistra.
Ci significa, visti i collegamenti incrociati, che l'orecchio sinistro specializzato nell'ascolto
di suoni ad alto contenuto informativo (ad esempio le consonanti) mentre l'orecchio destro
specializzato nei suoni semplici (ad esempio le vocali).
339
L'ascolto complessivo del suono in pratica proporzionale alla correlazione mutua dei
segnali captati dalle due orecchie.
Se si effettuata l'autocorrelazione di un segnale secondo la relazione:
1 T
( ) limT
p(t ) p(t )dt
2T T
Lautocorrelazione di un segnale al tempo iniziale pari alla potenza del segnale.
Y. Ando ha studiato landamento della funzione di autocorrelazione per alcuni segnali
musicali e per la voce umana (lettura di una poesia da parte di una donna), vedi Tabella 69.
I segnali sono indicati in ordine a partire dalla lettera A fino alla lettera K. Il parlato indicato
separatamente. Procedendo dalla lettera A verso la K si hanno segnali (brani musicali) via via pi
ricchi di note e pi rapidi. Si passa, infatti, da un pavane di Gibbons (una sviolinata settecentesca)
al IV movimento della sinfonia K-V 551 Jupiter di Mozart (criticata alla presentazione come musica
eccessivamente ricca di note). Gli andamenti delle funzioni di autocorrelazione sono riportati
nella Figura 303.
340
Le funzione di autocorrelazione per alcuni tipi di brani musicali e per una lettura di una
poesia sono riportate in figura. Il tempo di autocorrelazione quello necessario a far ridurre il
valore della funzione di autocorrelazione all'1% del valore massimo. Un tempo di correlazione
basso indica la necessit di una maggiore rapidit nella comprensione del segnale. Il parlato ha
tempi di autocorrelazione pi bassi rispetto ai brani musicali e per questi i brani pi rapidi hanno
tempi pi ridotti dei brani lenti.
Il brano a) (pavane del settecento) ha un tempo di autocorrelazione di circa 100 ms, il brano
b) (brano sinfonico lento) circa 50 ms, il brano d) (tratto dalla Jupiter di Mozart) ancora 50 ms
mentre la lettura della poesia, brano e), presenta un t=15 ms.
I brani F e G della Tabella 69 sono musiche di T. Okamoto e sono riportati a fianco sia lo
spartito che landamento delle funzioni di autocorrelazione.
Y. Ando ha poi definito la funzione di correlazione incrociata fra orecchio sinistro e destro,
detta IACC, che risulta molto importante per la definizione della qualit acustica di una sala.
341
Fino ad ora abbiamo parlato del suono utilizzando tre elementi fondamentali per la sua
propagazione: il trasmettitore, il mezzo e il ricevitore. Ora per proviamo a vedere cosa succede se
nel proprio cammino londa sonora incontra un ostacolo qualsiasi.
Prendiamo una parete che separi il mezzo di trasmissione in due ambienti (Figura 305),
lenergia sonora costituente il suono colpendo la parete si distribuisce in modo tale che una prima
frazione di energia viene riflessa e rinviata al primo ambiente, unaltra frazione penetra nella
parete e per particolari propriet elastiche della parete stessa pu essere restituita al primo
ambiente, una terza parte si trasmette allinterno della parete con una velocit dipendente dal
materiale stesso e viene trasformata in energia termica, una quarta parte attraversa la parete e
passa al secondo ambiente seguendo la via di piccole o grandi cavit presenti nel materiale oltre
che per vibrazione della parete stessa. Il bilancio energetico dellenergia sonora incidente su di una
parete ci permette di capire quali fenomeni interagiscono nella propagazione del suono attraverso
un ostacolo.
Assorbimento
Come abbiamo detto precedentemente una parte di energia sonora penetra allinterno
dellostacolo e viene dissipata trasformandosi in calore. La percentuale di energia assorbita dalla
parete si chiama fattore di assorbimento. Il fattore assorbimento di un materiale dipende dalla
natura del materiale stesso, dalla frequenza del suono incidente e dellangolo di incidenza con cui
le onde sonore colpiscono lostacolo, vedi Figura 306.
Un materiale poroso e flessibile pi assorbente di un materiale rigido e compatto, la
porosit permette allonda sonora di produrre delle oscillazioni di pressione allinterno dei pori
cosicch il movimento dellaria presente in essi provoca attrito e quindi una dissipazione di
energia sotto forma di calore. Solitamente questo meccanismo permette lassorbimento delle alte
frequenze, mentre quelle pi basse, mettendo in vibrazione il materiale stesso provocano la
dissipazione per calore dellenergia prodotta per vibrazione.
342
Riflessione
Considerando una superficie riflettente di grandi dimensioni rispetto allonda sonora, la
riflessione del suono segue le stesse leggi fisiche della riflessione della luce.
Cos gli angoli formati dallonda sonora incidente con londa sonora riflessa e la normale alla
superficie sono uguali.
Trasmissione e Potere Fonoisolante
La frazione di energia trasmessa dalla parete data dal fattore di trasmissione. Spesso, per,
si utilizza una grandezza ad esso correlata detta Potere Fonoisolante (R) e che definita come:
1
R 10 Log
[161]
t
Di questa grandezza si parler a proposito dei requisiti acustici degli edifici..
Se indichiamo con L1 ed L2, vedi Figura 308, i livelli nell'ambiente dove presente la
sorgente e nell'ambiente contiguo, con S la superficie del tramezzo divisorio, allora si pu scrivere,
a regime stazionario, il seguente bilancio energetico:
n
I1St ai Si
11
[162]
343
cio che la potenza trasmessa dallambiente 1 contenente la sorgente sonora (I1St) sia pari
alla potenza sonora assorbita dalle pareti presenti nellambiente 2. Applicando la definizione [161]
e ricordando la definizione di livello di intensit sonora si ottiene la relazione:
S
R= L1 L2 10Log
[163]
ai Si
Nelle tabelle seguenti sono riportati i valori del potere fonoisolante per alcuni materiali di
uso comune. Osservando i dati relativi ai vari materiali si pu tracciare un andamento tipico del
potere fonoisolante dato nella Figura 309.
Alla basse frequenze si hanno fenomeni dissipativi dovute alle frequenze proprie dei
materiali e pertanto in questa zona si utilizzano nelle applicazioni. Nella zona centrale si ha un
andamento lineare e il potere fonoisolante cresce linearmente con il logaritmo della frequenza
(legge di massa):
R 18Log f 42.5
[164]
ove la densit superficiale del materiale ed f la frequenza considerata. In Letteratura si
hanno diverse relazioni che tengono conto di alcune peculiarit quali langolo di incidenza delle
onde acustiche, il campo acustico (sferico o piano). Si rimanda ai Manuali specializzati per altri
riferimenti ed approfondimenti. Si osservi che in base alla [164] ad un raddoppio della frequenza
corrisponde un incremento di:
18* Log 2 5.4
344
del potere fonoisolante. Spesso si arrotonda questo incremento in 6 dB. Ne segue che se si
conosce il potere fonoisolante alla frequenza di 1000 Hz allora si ottiene il valore a 500 Hz
sottraendo 6 dB e quello a 2000 Hz aggiungendo 6 dB al valore iniziale. Questosservazione risulta
utile nelle applicazioni pratiche quando si progetta un isolamento acustico mediante una parete
isolante. A frequenze elevate, in corrispondenza di una frequenza critica per ciascun materiale, si
manifesta una riduzione marcata del potere fonoisolante dovuto ad effettivi di coincidenza.
In tabella sono riportate le masse superficiali e le prime frequenze critiche di alcuni
materiali. La legge di massa teorica trova riscontro nella realt solo a tratti, come indicato nella
figura seguente. I materiali hanno frequenze di risonanza a varie frequenze.
345
346
347
348
Il risuonatore di Helmoltz
Una cavit pu comportarsi come un risonatore di Helmoltz con frequenza di risonanza data
dalla relazione:
f ris 55
S
l V
in Hz, con:
S
area della sezione del collo, m
l
lunghezza del collo, m
V
volume dellaria contenuta nel volume, m.
[165]
349
350
Le membrane assorbenti
Alle basse frequenze si possono utilizzare lastre di compensato o masonite opportunamente
fissate alle pareti le quali presentano una frequenza di risonanza data da:
f ris 60
1
l
, in Hz
[166]
con:
=2s massa superficiale del pannello, kg/m
l
profondit dellintercapedine daria.
Dimensionando opportunamente le membrane e scegliendo bene i materiali (di solito il
legno) si pu avere un picco di assorbimento alle basse frequenze, come illustrato nella figura
seguente.
Nelle applicazioni pratiche le membrane sono realizzate con materiali gradevoli da vedere e
che al tempo stesso forniscono lassorbimento desiderato, come illustrato nella figura seguente.
351
Diffrazione
La diffrazione quel fenomeno che permette al suono di aggirare gli ostacoli e propagarsi
anche al di fuori della visuale geometrica ed del tutto analogo a quello che si verifica per le onde
luminose.
Consideriamo per esempio una sorgente che emette onde sonore piane posta ad una certa
distanza da una parete nella quale stato praticato un foro: al di l della parete troveremo suono
anche fuori dello spazio conico determinato dalla sorgente e dal contorno del foro.
In pratica succede che i punti interni al foro diventano sorgenti virtuali di onde sferiche.
Se il foro fosse pi grande, londa piana, una volta attraversato il foro, tenderebbe a restare
tale ad esclusione di una leggera curvatura alle sue estremit. La diffrazione risulta maggiore se le
dimensioni del foro sono piccole rispetto alla lunghezza donda.
Il fenomeno della diffrazione serve a spiegare le zone dombra acustica: se unonda sonora
incontra un ostacolo una parte del suo fronte si infrange contro lostacolo mentre la parte che ne
sfiora i contorni subisce una deviazione dalla linea di propagazione rettilinea (vedi figura) secondo
le leggi della diffrazione. Se le dimensioni dellostacolo sono grandi rispetto alla lunghezza donda
si crea, al di l di esso, una zona dombra piuttosto estesa; viceversa, quando la lunghezza donda
352
del suono confrontabile con la dimensione dellostacolo, la zona dombra risulta quasi
inesistente.
Barriere acustiche
Durante la propagazione in ambiente esterno, le onde sonore incontrano sul loro cammino
ostacoli di ogni tipo: filari di alberi, abitazioni, colline naturali o artificiali, recinzioni ecc.
Tutti questi elementi, se sono composti di materiali impermeabili al rumore, si
comportano come barriere che si frappongono tra la sorgente e il ricevitore ed attenuano il livello
sonoro ricevuto.
Naturalmente esistono notevoli differenze nella loro capacit di schermare le onde sonore a
seconda dei materiali di cui sono composte, della loro posizione e forma.
Lattenuazione per un barriera rigida e rettilinea che si trova tra il ricevitore e la sorgente
data dalla formula:
2 N
[167]
( A)barriera 5 20log
dB
tgh 2 N
dove N il numero di Fresnel esprimibile come
2
N ( A B) ( R D)
[168]
la lunghezza donda.
Come si vede dalla formula al variare di N varia lattenuazione della barriera: per
0.2 N 0 il numero di Fresnel va espresso in valore assoluto e la tangente iperbolica diventa
trigonometrica.
Per N < - 0.2 lattenuazione della barriera nulla.
Lefficacia della barriera varia in misura diretta a N; pi grande il numero di Fresnel
maggiore risulta lattenuazione anche se questo avviene soprattutto alle alte frequenze.
Alcuni accorgimenti per aumentare lefficacia della barriera possono essere il rivestimento
della barriera dalla parte rivolta verso la sorgente e il rivestimento della sommit per attenuare la
trasmissione per diffrazione.
La rifrazione
Unonda sonora che attraversa due mezzi di densit differente subisce una deviazione della
traiettoria di propagazione (vedi figura) denominata rifrazione.
Questo fenomeno spiega perch un suono viene udito pi facilmente di notte che di giorno:
durante la giornata gli strati dellatmosfera vicini al suolo sono pi caldi e, dato che la velocit del
suono cresce con la temperatura dellaria, per rifrazione le onde sonore si allontanano dal suolo; di
notte invece la situazione opposta e le onde rifratte verso terra vanno ad aumentare lintensit
del suono percepito:
353
n1,2
sen i v1
sen r v2
[169]
Fattore di direzionalit
Si definisce Fattore di Direzionalit di una sorgente sonora il rapporto fra l'intensit sonora
misurata ad una certa distanza e in una certa direzione e il valore che essa avrebbe, a parit di
distanza e di potenza emessa, nel caso in cui questa si comportasse come ominidirezionale.
Il fattore di direzionalit dato dal rapporto:
p2
I
c
Q
[170]
W
I0
4 d 2
ove:
p
I
I0
d
354
W
c
Se poniamo alcuni ascoltatori in una stanza con una sorgente emittente le onde sonore
riflesse dalla pareti arrivano alle loro orecchie in successione cos rapida che questi non riescono a
percepire le onde sonore come ripetizioni distinte del suono originale, mentre saranno in grado di
sentire il prolungamento del suono dopo che si spenta la sorgente fino a che questa non sar pi
udibile.
Il prolungamento del suono udito si chiama riverberazione ed quel fenomeno per cui si ha
la persistenza di un suono allinterno di uno spazio chiuso dovuta alle riflessioni o deviazioni
dellonda sonora contro le pareti, dopo che la sorgente ha terminato di trasmettere.
In Figura 321 si ha la rappresentazione dei percorsi di 200 raggi acustici allinterno di un
ambiente chiuso.
E facile vedere, pur con lesiguo numero di raggi considerato, quanto sia complesso seguire i
singoli percorsi e come, seppure come induzione visiva, laddensarsi dei raggi sonori porti ad avere
una densit acustica pressoch uniforme in tutto il volume dellambiente.
355
In pratica la riverberazione acustica porta il suono ovunque allinterno degli ambienti chiusi e
ci indipendentemente dalla posizione relativa fra sorgente ed ascoltatore. Il campo acustico non
pi geometricamente definito (ad esempio sferico, per sorgente puntiforme) bens somma di
innumerevoli riflessioni, come si pu intuire anche dallesame della Errore. L'origine riferimento
non stata trovata.. Nella Figura 322 si ha la rappresentazione schematica delle onde riflesse in
funziona del tempo.
In pratica si ha in ascissa il tempo trascorso dal suono diretto e in ordinate il livello
corrispondente alla generica onda riflessa che arriva allascoltatore in una data posizione.
Proprio questa complessit del fenomeno stata il freno principale allevoluzione
dellAcustica delle Sale, come detto nellIntroduzione. W.C. Sabine ad inizio del secolo studi la
riverberazione acustica e pervenne ad una relazione sperimentale che porta il suo nome e che
ancora oggi rappresenta uno dei parametri pi significativi per definire lacustica di una sala:
0.161 V
T60
[171]
ai Si
ove T60 il tempo di riverberazione definito come il tempo (in secondi) necessario a che
lintensit sonora scenda ad un milionesimo del valore iniziale, ovvero che scenda di 60 dB.
Si ha:
ai: fattore di Sabine (detto anche apertura equivalente) del materiale, cio dalla
somma del fattore di trasmissione e del fattore di assorbimento;
V : volume della sala (m);
Si : superficie della parete o delloggetto interno alla sala (m).
Si definisce un fattore di assorbimento medio come media degli assorbimenti delle pareti ed
oggetti pesata secondo le superfici:
356
am
a S
S
i i
[172]
La relazione di Sabine vale quando la sala di forma regolare, il volume inferiore a 20.000
mc. Il fattore di assorbimento medio deve essere inferiore a 0,4.
Per una sala di forma regolare con una distribuzione di densit acustica uniforme e con
assorbimento medio dei materiali non elevato (ipotesi di Sabine) si pu osservare una curva di
decadimento del tipo di quella rappresentata in Figura 323.
Il primo tratto viene ignorato perch fortemente influenzato da variazioni statistiche casuali.
Il tempo di riverberazione dato dall'intervallo in ascissa per cui si ottiene un abbassamento di 60
dB del livello sonoro.
Oggi il controllo della riverberazione acustica (e di numerosi altri fenomeni che in questa
sede si trascurano per brevit) porta a progettare, con lausilio di opportuni software acustici, in
piena libert, vedi la Figura 324, le nuove sale musicali.
357
Esse rappresentano un esempio mirabile dellingegno umano e sono certamente fra le opere
di architettura e di ingegneria pi complesse. Oggi siamo perfettamente in grado di progettare le
sale tenendo conto di tutti i numerosi parametri funzionali che debbono essere rispettati oltre
quelli acustici.
14.3.3 ATTENUAZIONE DEI SUONI NELLAMBIENTE INTERNO
358
am
a S
S
i i
[176]
Q
Lp,d Lw 10Log
2
4 d
[178]
e:
4
Lp ,r 10Log
[179]
R
sono, rispettivamente, i contributi del campo diretto e del campo riverberato al livello totale.
Una rappresentazione grafica della precedente relazione riportata nella
Figura 325.
Osservando la figura si pu dire che, per data sala e quindi per dato assorbimento delle
pareti R, ad una distanza d dalla sorgente si pu essere nella zona del campo diretto (ove L varia
con d) e pertanto per ridurre tale livello opportuno coibentare la sorgente con luso di cuffie
afoniche.
Se invece si nella zona ad andamento costante, detta zona riverberata, occorre anche agire
sullambiente per ridurre il livello sonoro, ad esempio coibentando le pareti o usando banderuole
appese al soffitto in modo da ridurre i cammini riflessivi delle onde sonore.
Queste osservazioni sono importanti allorquando si deve progettare un sistema di
protezione dal rumore allinterno di uno stabilimento o di un cantiere al chiuso. La scelta delle
operazioni da effettuare dipende dalla zona da proteggere.
Se si in campo diretto occorre intervenire sulle macchine, altrimenti si deve intervenire
accrescendo lassorbimento della sala mediante lapplicazione di materiale fonoassorbente alle
pareti (se possibile) o al soffitto.
359
Figura 325: Andamento del livello interno in una sala per effetto del livello diretto e riverberato.
Nella Figura 326 si ha il caso di una protezione in campo diretto mediante lapplicazione di
una cuffia afonica alla macchina operatrice. Nelle figure successive si hanno rappresentazioni
tipiche di alcune cuffie afoniche per macchine operatrici in varie esecuzioni per consentire
laccesso alla macchina e/o lintroduzione dei materiali.
360
361
Figura 328: Cuffie afoniche per macchine con flussi di materiali entranti e/o uscenti
362
363
Gi nei capitoli precedenti si sono indicate le relazioni necessarie per il calcolo dei livelli
sonori prodotti dagli impianti. Seguono nel prosieguo alcune applicazioni tipiche.
14.4.1 RUMORE PRODOTTO IN AMBIENTE ESTERNO
Allesterno il livello nel punto P distante r dalla sorgente avente potenza W data dalla
relazione (che si ripete per comodit):
Q
LP LW 10Log
LW 20LogQ 20Logr 11
[180]
4 r 2
ove Q lindice di direzionalit gi descritto. La relazione si applica per ciascuna banda di
ottava (o terzi di ottava) fornendo cos lo spettro del rumore prodotto alla distanza r.
Il livello cos determinato andr confrontato con i livelli limite indicati dalle norme per gli
ambienti esterni. Ad esempio, se un gruppo frigorifero ha il seguente spettro di potenza:
Frequenza
Livello Potenza
Hz
dB
63
74
125
80
250
86
500
92
1000
89
2000
85
4000
79
Lapplicazione della [180] porta ai seguenti risultati, assumendo un fattore di direzionalit pari a 2 per effetto
della parete posteriore al refrigeratore:
Banda di Ottava
LW
10LogQ
10Log(4r)
LP
Hz
dB
dB
dB
dB
63
74
32.6
44.4
125
80
32.6
50.4
250
86
32.6
56.4
500
86
32.6
62.4
1000
89
32.6
59.4
2000
85
32.6
55.4
4000
79
32.6
49.4
Si osserva che lapplicazione della [180] richiede la conoscenza dello spettro di potenza
sonora emessa dalla sorgente. Tuttavia proprio questo dato spesso difficile da reperire perch i
costruttori di apparecchi per impianti termotecnici sono poco propensi a fornirli. I dati pi
frequentemente disponibili sono relativi ai livelli di pressione sonora ad 1 m di distanza dalla
sorgente sonora, come esemplificato in Figura 331 e in Figura 332.
364
Figura 331: Esempio di dati acustici disponibili per modelli di refrigeratori dacqua
365
Tuttavia questi dati non sono sufficienti per avere i livelli sonori reali in un punto P avente
distanza r dalla sorgente. Infatti la [180] ci dice che, oltre allo spettro di potenza, occorre
conoscere il fattore di razionalit Q. Ebbene la conoscenza del LPS a 1 m di distanza non consente
di conoscere il LPS ad una distanza r dalla sorgente se non nel particolarissimo di Q=1 in campo
aperto e sorgente puntiforme isotropa. Si ricordi, infatti, che la potenza sonora indipendente
dallambiente di trasmissione del suono ma essendo caratteristica solo della sorgente acustica.
Il LPS, per contro, tiene contro della trasmissione sonora e quindi di tutte le interazioni che le
onde acustiche hanno con lambiente nel quale si trasmettono. Nel caso di trasmissione in
ambiente chiuso, ad esempio, vale quanto detto nel prosieguo (vedi 14.4.3) e pertanto occorre
conoscere, oltre Q e lo spettro di potenza, anche la risposta acustica della sala (parametro R). In
definitiva non basta conoscere il LPS ad 1 m per avere il LPS in qualunque punto attorno alla
sorgente. In Figura 334 si hanno le misure di LPS attorno ad un refrigeratore dacqua ed
possibile osservare come i valori del livello di pressione vari fortemente a seconda del punto di
misura (vedi anche Figura 333).
366
Purtroppo la misura della potenza sonora e di LW non facile e richiede una procedura
complessa e costosa. Si giustifica cos la mancanza di dati acustici effettivamente utili come LW.
Il calcolo della potenza acustica viene effettuato applicando la procedura di calcolo della ISO
3744 che prevede la misura della pressione acustica nei punti intorno alla macchina e la misura del
tempo di riverberazione dellambiente in cui essa si trova. Combinando opportunamente i dati
(vedi nel prosieguo) si calcola la potenza sonora della macchina.
Figura 335: Schema dei punti di rilievo per il calcolo dei livelli di potenza sonora
E anche possibile dare una rappresentazione spaziale della irradiazione di potenza acustica
di una macchina. In figura si hanno alcune rappresentazioni per un caso concreto.
367
Noto lo spettro di potenza possibile calcolare anche lindice di valutazione del rumore
secondo le curve NR o le NC. In questo modo possibile anche conoscere, fissata la curva NR o NC
limite (ad esempio la NR=40 dB o NC=40 dB), la perdita di inserzione dinamica del dispositivo da
installare sulla macchina (silenziatore, attenuatore, ).
Per lesempio del refrigeratore dacqua visto pocanzi si rileva, dalla curva NR=40 dB, assunta
come curva limite, la seguente distribuzione massima per bande di ottava:
Banda di ottava
Livello sonoro
Hz
dB
63
67
125
57
250
49
500
49
1000
40
2000
37
4000
35
Pertanto lattenuazione richiesta, facendo la differenza (se positiva) fra i valori generati dal
refrigeratore e quelli della curva NR40 si ha lattenuazione richiesta, assumendo un coefficiente di
sicurezza di 3 dB:
Banda di ottava
LP-NR40+3
Hz
dB
63
125
250
10.4
500
21.4
1000
23.4
368
2000
21.4
4000
17.4
Oltre alle curve NR si possono utilizzare le NC i cui livelli sono riportati nella seguente tabella:
Hz
125
250
NC70
NC65
NC60
NC55
NC50
NC45
NC40
NC35
NC30
NC25
NC20
NC15
79
75
71
67
64
60
57
52
48
44
40
36
75
71
67
62
58
54
50
45
41
37
33
29
2.000
4.000
8.000
70
64
59
54
49
44
39
34
29
24
19
14
69
63
58
53
48
43
38
33
28
22
17
12
68
62
57
52
47
42
37
32
27
21
16
11
Allinterno di ambienti chiusi, come gi detto nel paragrafo precedente, oltre allonda diretta
si aggiunge anche leffetto del riverbero della sala e pertanto la relazione diviene:
Q
4
Lp,d Lw 10Log
10Log
[181]
2
4 d
R
con R attenuazione acustica della sala:
Sa
aS
R= i i
e am i i
[182]
1 am
Si
Spesso la [181] diagrammata come indicato in Figura 338. Come si pu osservare dalla
[181] per conoscere il livello di pressione sonora in un punto P in ambiente chiuso occorre
conoscere il tempo di riverberazione dellambiente ed il fattore R, oltre al solito fattore di
direzionalit Q.
Le precedenti relazioni possono essere semplificate per ambienti regolari, arredati
normalmente (abitazioni civili) e con una sola sorgente attiva, nella relazione:
369
[183]
Livello sonoro
Hz
dB
63
74.1
125
66
250
56.9
500
57.4
1000
41.1
2000
45.7
4000
45.2
LP ( a 3 m)
Hz
dB
63
65
125
56
250
46
500
45.6
1000
28.4
2000
32.1
4000
30.7
Nel caso siano presenti pi sorgenti sonore occorre sommare i contributi energetici delle
singole sorgenti e poi applicare la [183].
370
14.4.4 CALCOLO DEL LIVELLO SONORO EMESSO DA UN VENTILATORE
I livelli di potenza sonora, LW, sono di solito forniti dal costruttore per bande di ottava per le
frequenze comprese fra 64 e 4000 Hz. In mancanza di dati si pu utilizzare, in modo approssimato
seppure utile, la relazione:
m
p
LW kW 10Log
20Log
k kP
[184]
m0
p0
ove:
LW
il livello sonoro del ventilatore, dB;
kW
il livello specifico di potenza (espresso in dB) valutato per una portata m0 di
riferimento pari ad 1 m/s ed una pressione statica di riferimento p0 di 1 kPa;
m
portata daria effettiva, m/s;
p pressione statica del ventilatore, kPa;
k
coefficiente di correzione funzione dellefficienza del ventilatore, dB;
kP
coefficiente di correzione per la sola banda di passaggio della pala, dB.
I valori dei coefficienti k, kP, kW sono dati nelle seguenti tabelle.
Ventilatore
Diametro
girante
kP
63
125
250
500
1000
2000
4000
dB
Tutti
95
91
87
84
82
80
76
>0.9 m
80
80
79
77
76
71
63
<0.9 m
84
86
84
82
81
76
68
>1 m
87
84
86
87
85
82
80
<1m
85
87
91
91
91
89
76
>1m
89
87
91
89
87
85
82
<1m
88
89
95
94
92
91
85
Tutti
96
99
106
104
103
100
94
5055
15
5565
12
6575
7585
8595
95100
Applichiamo il metodo ad un ventilatore centrifugo con pale in avanti funzionante, nel suo
punto di lavoro, con rendimento =0.80, portata m = 24 m/s e con una prevalenza p = 0.25 kPa.
Applicando la [184] si ottengono i seguenti livelli:
Bande di ottava (Hz)
LW (dB)
63
93
125
89
250
85
500
87
371
1000
80
2000
78
4000
74
Per il rumore prodotto dal ventilatore dal lato premente (cos come per il lato aspirante) una
correzione di 3 dB:
L'W LW 3 dB
14.4.5 ATTENUAZIONE SONORA IN CANALI METALLICI COIBENTATI
Per il calcolo dellattenuazione sonora in canali metallici coibentati si utilizza labaco di Figura
339. Il parametro Y la lunghezza del canale, in metri, P/S, (1/m), il rapporto fra il perimetro del
canale e larea della sezione.
Lattenuazione sonora per canali non coibentati o nei pezzi speciali (curve, gomiti, raccordi,
) sono riportati nei manuali specializzati.
Canali diritti
Nella propagazione attraverso la rete di distribuzione dellaria il rumore si attenua in modo
naturale per effetto della dissipazione energetica dovuta alla vibrazione delle pareti dei condotti
non perfettamente rigide. Lazione della pressione sonora fluttuante nei canali mette in vibrazione
le pareti trasformando lenergia acustica in energia meccanica che viene in parte irradiata
allesterno del condotto come rumore ed in parte assorbita dallo smorzamento interno.
In Figura 339 possibile osservare il bilancio energetico di una parete di condotto con
riferimento allenergia sonora immessa nel canale dal ventilatore. Unanalisi accurata del
problema richiede la suddivisione dello stesso in tre fasi:
stima della potenza sonora totale immessa dal ventilatore nel sistema (dato in
genere reperibile dal costruttore);
calcolo dellattenuazione totale dellenergia immessa per effetto delle varie parti che
compongono limpianto aeraulico (tratti rettilinei, curve, derivazioni ecc);
stima della quantit di energia irradiata dal terminale nellambiente ventilato (con
riferimento alla bocchetta pi prossima al ventilatore a fini cautelativi).
E comunque chiaro che dovunque vada lenergia assistiamo ad una riduzione del livello di
potenza sonora originario lungo il condotto di distribuzione dellaria.
372
Essendo, inoltre, il processo dissipativo continuo preferibile esprimere lentit della perdita
energetica per metro di condotto attraversato pervenendo cos alle tabelle di seguito riportate
dove in relazione alla forma del condotto, alla presenza di tratti curvi, derivazioni e terminali sono
illustrati i valori di attenuazione dellenergia sonora alle differenti frequenze. E importante
sottolineare che alle basse frequenze i condotti a sezione rettangolare attenuano maggiormente di
quelli a sezione circolare; ci legato al fatto che a tali frequenze lattenuazione inversamente
proporzionale alla rigidezza che relativamente maggiore nel caso di condotti a sezione circolare.
373
Alle alte frequenze i valori di attenuazione sono comparabili in quanto la trasmissione del
rumore attraverso i divisori dipende invece dalla massa per unit di superficie del divisorio: a
parit di materiale, la dispersione del rumore la stessa. Per canali rigidi rettilinei si pu utilizzare
la Tabella 79 per calcolare lattenuazione acustica.
Gomiti
Nei gomiti, pi che dallo smorzamento o assorbimento interno, lattenuazione del rumore
prevalentemente legata alla riflessione in direzione della sorgente. In funzione di ci logico
pensare che lattenuazione maggiore la si ha con una curva a 90. Vi sono poi dei picchi di
attenuazione alle frequenze cui la lunghezza donda il doppio della larghezza del condotto.
In generale possibile affermare che lattenuazione prodotta da una curva direttamente
proporzionale alla resistenza aerodinamica offerta. Per i gomiti si pu utilizzare la Tabella 80 per
calcolare lattenuazione acustica.
374
Diramazioni
In corrispondenza delle derivazioni lattenuazione acustica legata essenzialmente alla
ripartizione della potenza sonora complessiva nei condotti secondari.
A tale proposito possibile, senza commettere grossi errori, assumere che lenergia
proveniente dal condotto principale si distribuisca nei condotti secondari nella stessa misura in cui
lo fa la portata. Per il calcolo dellattenuazione si pu utilizzare il diagramma di Figura 341.
Terminali di condotto
In Figura 342 sono riportati i valori di attenuazione dellenergia, per riflessione, alla bocca
terminale di un condotto, con riferimento alla superficie lorda delle bocchette o dei diffusori
trascurando feritoie e deflettori che in genere non danno un contributo sensibile in termini di
riflessioni (salvo a frequenze molto elevate con lunghezze paragonabili alle loro dimensioni).
Per terminali differenti da quelli convenzionali (bocchette e diffusori) occorre richiedere ai
costruttori i valori di perdita per inserzione in sostituzione di quelli riportati nel grafico di Figura
342.
375
Plenum
Come possibile osservare dalla figura 11, un plenum consiste in una grande cavit rivestita
di materiali fonoassorbenti dotata almeno di un ingresso ed una uscita.
Lenergia acustica che entra in tale cavit viene in parte assorbita dalle pareti, in parte
riflessa ed in parte inviata verso luscita in misura proporzionale allarea della sezione di scarico ed
inversamente proporzionale alla distanza fra i centri delle due bocche.
Lattenuazione prodotta dal plenum, posto in genere alluscita del ventilatore, valutabile
attraverso la relazione:
cos 1
Lw 10 Log10 S2
2
ST
2 d
dove
S2
larea della sezione di uscita del plenum;
ST
larea della sezione totale interna del plenum, comprese le sezioni di ingresso e di
uscita);
il coefficiente medio di assorbimento allinterno del plenum.
Si tratta ovviamente di relazioni teoriche che hanno i loro limiti visto che a rigore
occorrerebbe computare lulteriore riduzione dovuta alle riflessioni alla sezione dingresso al
plenum.
Lapprossimazione introdotta dalla relazione buona alle alte frequenze mentre alle basse
frequenze, quando la lunghezza donda pi vicina o supera le dimensioni della camera,
lattenuazione calcolata sottostima di 5 - 10 dB il valore reale ottenibile.
E ovvio che potendo esserci nellimpianto altri elementi (filtri, cassette di miscelazione,
ecc..) in grado di attenuare ulteriormente il livello di rumore trasmesso attraverso le condotte
occorrer rivolgersi ai vari costruttori per stimare i valori di attenuazione previsti alle specifiche
condizioni operative.
376
377
Con riferimento alla Figura 345 si pu dire che lenergia entrante nella sezione AB somma
di quella assorbita nel tratto dx e di quella uscente dalla sezione CD e pertanto deve valere la
relazione:
IA IPadx I dI A
[185]
ove I lintensit acustica incidente, W/m, e dI la perdita di intensit nel tratto dx, P il
perimetro, A larea della sezione ed a il fattore di assorbimento del materiale di rivestimento del
condotto. Dopo le opportune semplificazioni si ha:
AdI PdxIa
da cui si ricava:
dI
P dx a
I
A
che integrata per la lunghezza l del condotto fornisce:
I
Pl a
ln 2
A
I1
Passando dai logaritmi naturali a quelli decimali la precedente relazione diviene:
I
I
Pl a
ln10 Log 1 ln 1
I2
I2
A
e per la definizione di potere fonoisolante si ha:
1
I
10 P l a
a Pl
R 10Log 10Log 1
t
I 2 2.3 A
0.23 A
378
a1.4
[187]
0.08
che risulta leggermente maggiore di quello teorico a/0.23 ma cresce pi lentamente con a,
come confermato sperimentalmente.
k
379
380
INDICE GENERALE
1.
CENNI DI FLUIDODINAMICA
1.1 PREMESSE
1.2 CARATTERISTICHE TERMOFLUIDODINAMICHE
1.2.1 CARATTERISTICHE ELASTO -TERMOMETRICHE
3
3
3
1.2.2
CARATTERISTICHE FLUIDODINAMICHE
6
6
8
8
1.4.2
11
11
1.5.2
15
16
23
1.5.4
24
1.5.5
25
Canali rettangolari
Canali ovali
1.6 RETI DI CONDOTTI
1.6.1 COLLEGAMENTO IN SERIE DEI CONDOTTI
25
26
27
27
1.6.2
29
34
34
1.7.2
39
LE SOFFIANTI
39
41
41
42
2.
45
LE RETI TECNOLOGICHE
2.1 PREMESSA
2.2 CIRCUITI APERTI
2.3 CIRCUITI CHIUSI
Reti a ritorno diretto
Reti a ritorno inverso
2.4 CADUTA DI PRESSIONE SPECIFICA
2.4.1 CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DEI CIRCUITI CHIUSI
45
45
46
46
46
47
51
3.
52
3.1
54
381
54
55
58
59
60
3.4.2
66
3.4.3
66
3.4.4
69
69
70
70
71
71
73
76
77
79
80
80
81
81
84
3.4.7
I DISCONNETTORI
85
3.4.8
VALVOLE DI RITEGNO
86
Valvole a Clapet
Valvole a tappo o a disco
Valvole a sfera
Valvole a fuso
3.4.9 VINCOLI DELLE TUBAZIONI
86
86
87
87
87
Punti fissi
Punti fissi principali
Punti fissi secondari o intermedi
Guide
Appoggi e sostegni
3.4.10 CIRCUITI INVERSI
87
87
88
88
89
89
90
91
91
92
92
93
93
94
95
95
96
96
382
96
96
96
96
96
96
96
96
96
96
100
100
3.6.2
101
3.6.3
101
105
4.
106
4.1 PREMESSE
4.2 CLASSIFICAZIONE DEI CANALI
4.2.1 CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE DEGLI ISOLANTI PER I CANALI
106
106
107
4.2.2
108
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.7.1
CANALI IN TESSUTO
LA PRESSIONE UTILE DI PROGETTO
FATTORI DIMENSIONALI PER I CANALI DELLARIA
METODO A VELOCIT COSTANTE PER I CANALI DARIA
METODO A PERDITA SPECIFICA COSTANTE PER I CANALI DARIA
METODO A RECUPERO DI PRESSIONE
ESEMPIO DI CALCOLO DI PROGETTAZIONE A RECUPERO DI PRESSIONE
111
113
118
121
123
128
130
131
131
132
133
133
134
136
136
137
5.
138
138
139
139
141
5.3.2
145
5.3.3
145
383
147
148
149
149
151
151
151
152
152
154
154
157
157
157
157
157
158
158
158
158
159
159
159
5.3.7
160
6.
162
6.1 PREMESSE
6.2 INSERIMENTO DELLE VALVOLE DI REGOLAZIONE
6.2.1 INSERIMENTO DI UNA VALVOLA DI REGOLAZIONE A DUE VIE
162
162
162
6.2.2
163
6.2.3
INSERIMENTO DI UNA VALVOLA A TRE VIE MISCELATRICE CON PORTATA COSTANTE SUL CARICO
163
6.3
7.
163
168
168
169
169
170
172
172
173
175
176
8.
178
178
180
181
181
384
184
184
8.3.3
184
188
189
190
192
194
194
8.4.2
DEFLUSSO SEPARATO
195
8.4.3
METODO DI FRIEDEL
195
8.4.4
METODO DI LOCKHART-MARTINELLI
195
8.4.5
METODO DI CHISHOLM
196
8.4.6
METODO DI MULLER-STEINHAGEN
196
8.4.7
METODO DI GRONNERUD
197
8.4.8
PROCEDURA DI CALCOLO
197
198
199
204
205
205
8.6.2
207
8.6.3
208
8.6.4
208
8.6.5
EFFETTI DELLA VARIAZIONE DI DENSIT NEL MOTO DEI FLUIDI IN CONDOTTI VERTICALI
210
8.6.6
212
213
213
213
9.
214
214
214
214
217
217
217
220
220
221
223
11.1
223
385
11.2
11.3
11.4
11.5
11.5.1
223
223
224
224
224
225
R stabilit
E tenuta
I isolamento termico
Porte incernierate
11.5.1 VIE DI ESODO
225
225
225
226
227
228
228
229
229
230
230
231
231
231
231
233
233
Tipi di impianto
Erogatori
Portata di scarica
Posizionamento degli erogatori
Elementi termosensibili
Alimentazione
Valvole ed apparecchiature ausiliarie
Tubazioni
Criteri di dimensionamento di un impianto sprinkler
11.6.4 SISTEMI DI ALLARME INCENDIO
234
234
235
235
236
236
236
237
238
242
242
242
242
242
243
244
244
245
246
247
248
251
Esempio di calcolo
252
386
254
254
255
255
256
256
256
256
257
257
257
258
258
259
260
261
262
263
264
264
270
272
275
275
278
279
279
280
280
280
283
13.9.4 COMPARTIMENTAZIONE
283
284
284
288
288
289
290
Scale
Ascensori
13.9.10 MISURE PER LEVACUAZIONE
290
290
290
290
291
387
291
291
291
291
292
292
292
292
292
293
Impianti ad idranti
Estintori
13.9.17 SEGNALETICA ED ISTRUZIONI DI SICUREZZA
293
294
294
294
13.9.19 AUTORIMESSA
295
295
295
296
296
297
298
299
Documenti d Riferimento
Metodo di calcolo rete sprinkler
Perdite di carico distribuite
Perdite di carico localizzate
Descrizione dellimpianto
Risultati di Calcolo della Rete Sprinkler
Ventilazione naturale e forzata
Impianto di smaltimento delle acque piovane
13.9.22 IMPIANTI ELETTRICI DELLAUTORIMESSA
299
299
299
300
300
301
302
302
303
303
305
306
306
307
308
308
309
310
310
Toni puri
Le Armoniche
Suoni complessi
311
312
312
388
312
316
317
320
320
320
321
323
323
324
324
324
325
325
326
333
334
334
336
337
338
341
341
Assorbimento
Riflessione
Trasmissione e Potere Fonoisolante
Assorbimento del suono alle basse frequenze
Il risuonatore di Helmoltz
Le membrane assorbenti
Diffrazione
Barriere acustiche
La rifrazione
Fattore di direzionalit
14.3.2 RIVERBERAZIONE ACUSTICA
341
342
342
345
348
350
351
352
352
353
354
357
360
363
363
367
368
370
371
Canali diritti
Gomiti
371
373
389
Diramazioni
Terminali di condotto
Plenum
Corretta esecuzione della posa in opera dei canali
14.5 ATTENUAZIONE DEL RUMORE NEI CONDOTTI
Posizionamento dei silenziatori
374
374
375
376
376
378
390
5
5
7
8
13
17
17
18
19
19
20
20
21
22
22
23
25
26
26
29
29
30
30
31
31
32
32
36
37
37
37
38
38
38
39
40
40
41
42
43
43
44
45
45
46
47
49
50
51
52
57
58
60
391
FIGURA 54: DISTRIBUTORE A COLLETTORE COMPLANARE
61
FIGURA 55: ESEMPIO DI INSERIMENTO DI COLLETTORI COMPLANARI IN UNA RETE DI DISTRIBUZIONE
61
FIGURA 56: ESEMPIO DI COLLETTORI COMPLANARI PER USI SANITARI
62
FIGURA 57: ESEMPIO DI DISTRIBUZIONE DELLACQUA CALDA CON COLLETTORE COMPLANARE IN UN APPARTAMENTO 62
FIGURA 58: ESEMPIO DI DISTRIBUZIONE MEDIANTE COLLETTORI COMPLANARI IN DUE APPARTAMENTI
63
FIGURA 59: DISTRIBUZIONE IN EDIFICIO A DUE PIANI : PIANO TERRA
63
FIGURA 60: : DISTRIBUZIONE IN EDIFICIO A DUE PIANI : PIANO PRIMO
64
FIGURA 61: ESEMPIO DI IMPIANTI A COLLETTORI COMPLANARI SU PI APPARTAMENTI
64
FIGURA 62: VISTA ASSONOMETRICA DEL PIPING PER UNA CENTRALE TERMICA
65
FIGURA 63: VISTA ASSONOMETRICA DI UNA CENTRALE TERMICA CON PIPING INTERNO
65
FIGURA 64: ESEMPI DI COLLETTORI DI CENTRALE
66
FIGURA 65: TIPOLOGIA DI AMMORTIZZATORE DI COLPI DI ARIETE
67
FIGURA 66: AMMORTIZZATORI DI COLPI DI ARIETE SOPRA LE COLONNE
68
FIGURA 67: AMMORTIZZATORE DI COLPO DI ARIETE A MOLLA
68
FIGURA 68: AMMORTIZZATORI A MOLLE SUI COLLETTORI DI DISTRIBUZIONE
69
FIGURA 69: CIRCUITI SENZA VALVOLA DI REGOLAZIONE
70
FIGURA 70: CIRCUITI CON VALVOLA DI REGOLAZIONE
70
FIGURA 71: INSERIMENTO DELLA VALVOLA DI TARATURA
71
FIGURA 72: INSERIMENTO DELLA VALVOLA DI AUTOFLOW
71
FIGURA 73: EFFETTI DI RISUCCHIO NELLA ZONA DI CHIUSURA DELLA VALVOLA
72
FIGURA 74: ACCORGIMENTI PER EVITARE IL FENOMENO DEL RISUCCHIO
73
FIGURA 75: SCHEMA DI FUNZIONAMENTO DI UN SEPARATORE IDRAULICO
73
FIGURA 76: SCHEMI DI INTERVENTO DEL SEPARATORE IDRAULICO
74
FIGURA 77: SEPARATORE IDRAULICO
74
FIGURA 78: SITUAZIONE DEI CIRCUITI A POMPA FERMA
75
FIGURA 79: USO DEL SEPARATORE IDRAULICO FRA I CIRCUITI
77
FIGURA 80: INSERIMENTO DEI SEPARATORI IDRAULICI LUNGO LE LINEE DI DISTRIBUZIONE
78
FIGURA 81: ESEMPIO DI PIPING DI UNA CENTRALE TERMICA CON UN MODERNO CAD TERMOTECNICO
79
FIGURA 82: ESEMPIO DI DETTAGLI COSTRUTTIVI PER IL PIPING DI CENTRALE CON UN MODERNO CAD
79
FIGURA 83: SEZIONE DI UN DISPOSITIVO DI AUTOFLOW
79
FIGURA 84: CURVA P-G PER UN AUTOFLOW SOTTO IL CAMPO DI LAVORO
80
FIGURA 85; CURVA P-G PER UN AUTOFLOW ENTRO IL CAMPO DI LAVORO
80
FIGURA 86: P-G PER UN AUTOFLOW FUORI DAL CAMPO DI LAVORO
81
FIGURA 87: BILANCIAMENTO CON AUTOFLOW AI PIEDI DELLE COLONNE
81
FIGURA 88: BILANCIAMENTO CON AUTOFLOW IN OGNI TERMINALE
82
FIGURA 89: BILANCIAMENTO CON AUTOFLOW IN IMPIANTI CON VALVOLE A TRE VIE
82
FIGURA 90: REGOLAZIONE CON AUTOFLOW DELLE BATTERIE CON VALVOLE A TRE VIE
83
FIGURA 91: REGOLAZIONE CON VALVOLE A DUE VIE E POMPA A VELOCIT VARIABILE
83
FIGURA 92: BILANCIAMENTO DI GRUPPI DI REFRIGERAZIONE ACQUA CON AUTOFLOW
83
FIGURA 93: BILANCIAMENTO DELLE TORRI DI RAFFREDDAMENTO CON AUTOFLOW
84
FIGURA 94: BILANCIAMENTO DI IMPIANTI DI TELERISCALDAMENTO CON AUTOFLOW
84
FIGURA 95: SEZIONE DI UN RIDUTTORE DI PRESSIONE
85
FIGURA 96: SEZIONE DI UN DISCONNETTORE
85
FIGURA 97: SEZIONI DI ALCUNI TIPI DI VALVOLE DI RITEGNO
86
FIGURA 98: SCHEMATIZZAZIONE DEI PUNTI FISSI PRINCIPALI
88
FIGURA 99; SCHEMATIZZAZIONE DEI PUNTI FISSI SECONDARI
88
FIGURA 100: ESEMPI DI GUIDE
88
FIGURA 101: ESEMPI DI SOSTEGNI A MENSOLE
89
FIGURA 102: ESEMPI DI SOSTEGNI A COLLARE
89
FIGURA 103: ESEMPI DI RETI A CIRCUITO INVERSO
90
FIGURA 104: ABACO PER IL CALCOLO DEI COEFFICIENTI DI DILATAZIONE LINEARE
91
FIGURA 105: ABACO PER I DILATATORI AD U
92
FIGURA 106: ABACO PER DILATATORI AD L
93
FIGURA 107: ABACO PER DILATATORI A Z
94
FIGURA 108: SCHEMA DI FUNZIONAMENTO DEI COMPENSATORI A SOFFIETTO
94
FIGURA 109: SCHEMA DI COLLEGAMENTO DI UN TERMINALE
97
FIGURA 110: SEZIONE E CARATTERISTICA DI UNA VALVOLA DI BILANCIAMENTO
102
FIGURA 111: ESEMPIO DI UTILIZZO DELLABACO DI CALCOLO DELLE VALVOLE DI BILANCIAMENTO
102
392
FIGURA 112: TIPI DI GRADAZIONE DELLE REGOLAZIONI
FIGURA 113: TIPO DI BLOCCAGGIO DELLE GHIERE
FIGURA 114: ESEMPI DI VALVOLE DI BILANCIAMENTO FILETTATE E FLANGIATE
FIGURA 115: ESEMPIO DI INSTALLAZIONE DI UNA VALVOLA DI BILANCIAMENTO
FIGURA 116: ESEMPI DI INSTALLAZIONE DELLE VALVOLE DI BILANCIAMENTO
FIGURA 117: ESEMPIO DI RETE A RITORNO DIRETTO CON EQUILIBRATURA DEI CIRCUITI
FIGURA 118: CADUTE DI PRESSIONE NEI VARI CIRCUITI DELLA RETE A RITORNO DIRETTO
FIGURA 119: CANALI IN TESSUTO
FIGURA 120: DISTRIBUZIONE DELLARIA CON CANALI IN TESSUTO
FIGURA 121: TIPOLOGIA DI DISTRIBUZIONE CON CANALI IN TESSUTO
FIGURA 122: INSTALLAZIONE DEI CANALI IN TESSUTO
FIGURA 123: CANALI IN TESSUTO FORATI
FIGURA 124: ESEMPIO DI DIMENSIONAMENTO DEI CANALI IN TESSUTO
FIGURA 125: RETE AERAULICA CON CANALI DI RIPRESA E DI MANDATA
FIGURA 126: ESEMPIO DI SELEZIONE DELLE PRESSIONI UTILI
FIGURA 127: UTA CON VENTILATORE DI RIPRESA E DI MANDATA
FIGURA 128: OCCUPAZIONE DEGLI SPAZI DI UNA RETE AERAULICA
FIGURA 129: DIMENSIONI DEI CANALI PRINCIPALI PER LA DISTRIBUZIONE DELLARIA
FIGURA 130: PARTICOLARE DI POSA DEI CANALI CON STAFFE DI ANCORAGGIO
FIGURA 131: CASSETTA MISCELATRICE PER IMPIANTI A DOPPIO CONDOTTO
FIGURA 132: CANALI DELLARIA POSTI FUORI DALLEDIFICIO
FIGURA 133: CENTRO POMPIDOU A PARIGI
FIGURA 134: ESEMPIO DI RETE AERAULICA
FIGURA 135: ISPEZIONE DI CANALI DARIA
FIGURA 136: PERDITE SPECIFICHE PER CANALI DARIA A 20 C
FIGURA 137: PERDITE SPECIFICHE PER CANALI DARIA A 50 C
FIGURA 138: ESEMPIO DI INSTALLAZIONE DI CANALI DARIA
FIGURA 139: VISTA ASSONOMETRICA DI UN IMPIANTO A TUTTARIA
FIGURA 140: PARTICOLARE DEI CANALI DARIA IN UNA ZONA CRITICA
FIGURA 141: PARTICOLARE DI ATTRAVERSAMENTO DEI CANALI FRA PIANI
FIGURA 142: MISURA DELLA PRESSIONE STATICA IN UN CANALE
FIGURA 143: MISURA DELLA PRESSIONE DINAMICA IN UN CANALE
FIGURA 144: ANDAMENTO DELLE PRESSIONI IN UN CAMBIAMENTO DI SEZIONE
FIGURA 145: ABACO PER IL CALCOLO DEL RECUPERO DELLA PRESSIONE STATICA
FIGURA 146: CANALI DARIA PER IL RECUPERO DI PRESSIONE
FIGURA 147: ESEMPIO DI RETE DI CANALI DARIA DI MEDIA ESTENSIONE
FIGURA 148: ESEMPIO DI SERRANDA DI TARATURA RETTANGOLARI
FIGURA 149: SERRANDA DI TARATURA RETTANGOLARI
FIGURA 150: SERRANDE DI TARATURA CIRCOLARI
FIGURA 151: VALUTAZIONE DEL FATTORE K
FIGURA 152: PERDITA DI CARICO IN FUNZIONE DELLA VELOCIT DI TRANSITO
FIGURA 153: SERRANDE DI REGOLAZIONE DELLA PORTATA DELLARIA
FIGURA 154: LAMIERE FORATE
FIGURA 155: CADUTE DI PRESSIONE PER I FOGLI FORATI PER CANALI DARIA
FIGURA 156: SERRANDA DI REGOLAZIONE VOLUMETRICA
FIGURA 157: RETE COMPLESSA APERTA
FIGURA 158: RETE COMPLESSA CHIUSA
FIGURA 159: ESEMPIO DI RETE TRIANGOLARE
FIGURA 160: ESEMPIO DI RETE COMPLESSA CON EPANET
FIGURA 161: PARAMETRI DI CALCOLO E RISULTATI PER LA RETE COMPLESSA
FIGURA 162: ESEMPIO DI FINESTRA DI INPUT DATI PER EPANET
FIGURA 163: ESEMPIO DI SELEZIONE POMPA IN EPANET
FIGURA 164: ALTRO ESEMPIO DI STAMPA TABELLARE
FIGURA 165: ANDAMENTO ORARIO DELLA PRESSIONE IN ALCUNI NODI SELEZIONATI
FIGURA 166: MAPPA DEI RISULTATI
FIGURA 167: PUNTO DI LAVORO PER CIRCUITI CHIUSI
FIGURA 168: PUNTO DI LAVORO PER CIRCUITI APERTI
FIGURA 169: PUNTO DI LAVORO DI UNA SOFFIANTE
103
103
103
104
104
105
105
108
108
108
109
109
111
112
113
113
114
115
115
116
116
117
117
118
120
121
124
125
126
127
128
128
128
129
130
130
134
134
134
135
135
136
136
137
137
138
139
140
140
141
142
142
143
144
144
145
145
146
393
FIGURA 170: CURVE CARATTERISTICHE DEL VENTILATORE A PALE IN AVANTI E DELLA RETE
149
FIGURA 171: REGOLAZIONE CON ALETTE DIRETTRICI DI PREROTAZIONE
150
FIGURA 172: POTENZA ASSORBITA DAL VENTILATORE CON I VARI METODI DI REGOLAZIONE
150
FIGURA 173: FUNZIONAMENTO DI UN VENTILATORE CON VELOCIT DI ROTAZIONE VARIABILE
151
FIGURA 174: VARIAZIONE DEL PUNTO DI LAVORO CON VENTILATORE A PASSO VARIABILE
152
FIGURA 175: CURVE CARATTERISTICHE DELLIMPIANTO E DEL VENTILATORE
153
FIGURA 176: CURVE CARATTERISTICHE DELLIMPIANTO E DEL VENTILATORE NEL CASO DI RIDUZIONE DELLA PORTATA A
GIRI FISSI
154
FIGURA 177: POSIZIONI LIMITE DELLE SONDE DI PRESSIONE PER LA REGOLAZIONE DEL NUMERO DI GIRI DEL
VENTILATORE
155
FIGURA 178: CURVE CARATTERISTICHE DELLIMPIANTO E DEL VENTILATORE NEL CASO DI RIDUZIONE DELLA PORTATA
CON VARIAZIONE DI GIRI DEL VENTILATORE
155
FIGURA 179: POTENZA ELETTRICA RICHIESTA DAL VENTILATORE IN FUNZIONE DELLA PORTATA DARIA
156
FIGURA 180: DISTRIBUZIONE DELLE PORTATE DARIA IN UN IMPIANTO A PORTATA COSTANTE
157
FIGURA 181: ANDAMENTO ORARIO DELLE PORTATE DARIA NELLE QUATTRO DIVERSE ZONE (NEL GIORNO ESTIVO PI
CALDO)
157
FIGURA 182: ANDAMENTO ORARIO DELLA PORTATA DARIA TOTALE (NEL GIORNO ESTIVO PI CALDO) ESPRESSA COME
PERCENTUALE DELLA SOMMA DELLE MASSIME PORTATE PER OGNI ZONA
158
FIGURA 183: DISTRIBUZIONE DELLE PORTATE DARIA IN UN IMPIANTO A PORTATA VARIABILE
158
FIGURA 184: CARICHI TERMICI STRUTTURALI ED ENDOGENI (AL NETTO DELLARIA PRIMARIA) IN FUNZIONE DELLA
TEMPERATURA ESTERNA
161
FIGURA 185: RISPARMI OTTENIBILI DAI VARI SISTEMI RISPETTO AD UN IMPIANTO ARIA PRIMARIA + FAN-COIL REGOLATI
SULLACQUA
161
FIGURA 186: CIRCUITO CON VALVOLA DI REGOLAZIONE A DUE VIE
162
FIGURA 187: CIRCUITO CON VALVOLA DI REGOLAZIONE A TRE VIE MISCELATRICE
163
FIGURA 188: CIRCUITO CON VALVOLA DI REGOLAZIONE A TRE VIE MISCELATRICE CON PORTATA COSTANTE SUL CARICO
163
FIGURA 189: CIRCUITO PRIMARIA A PORTATA COSTANTE E SECONDARIO A PORTATA VARIABILE
164
FIGURA 190: PORTATA VARIABILE NEL CIRCUITO SECONDARIO CON DISACCOPPIAMENTO E POMPE COMUNI
165
FIGURA 191: PORTATA VARIABILE NEL SECONDARIO CON DISACCOPPIAMENTO E POMPE COMUNI: ESEMPIO DI
REGOLAZIONE
165
FIGURA 192: PORTATA VARIABILE NEL SECONDARIO CON DISACCOPPIAMENTO E POMPE DIVERSIFICATE
166
FIGURA 193: CORRETTO INSERIMENTO DI UN SERBATOIO DI ACCUMULO SUL RITORNO
166
FIGURA 194: INSERIMENTO ERRATO DI UN SERBATOIO DI ACCUMULO SULLA MANDATA DEI REFRIGERATORI
167
FIGURA 195: INSERIMENTO DEL SERBATOIO DI ACCUMULO NEL RAMO DI BYPASS
167
FIGURA 196: SCHEMATIZZAZIONE DI UN CONDOTTO ISOLANTE
168
FIGURA 197: FORMAZIONE DI CONDENSA- STILLICIDIO
171
FIGURA 198: TUBAZIONE ISOLATA
171
FIGURA 199: DETERMINAZIONE DELLO SPESSORE DI ISOLANTE
172
FIGURA 200: ANDAMENTO DELLA TEMPERATURA DEL FLUIDO
175
FIGURA 201: REGIMI DI MOTO IN CONDOTTO VERTICALE DURANTE LEBOLLIZIONE
180
FIGURA 202: REGIMI DI MOTO IN CONDOTTO ORIZZONTALE DURANTE LEBOLLIZIONE
181
FIGURA 203: DIAGRAMMA DEL MOLTIPLICATORE XTT DI MARTINELLI
186
FIGURA 204: ABACO DI MARTINELLI E NELSON PER M
187
FIGURA 205: CONDIZIONI INIZIALI CON TITOLO NON NULLO
187
FIGURA 206: ABACO DI MARTINELLI E NELSON PER R
188
FIGURA 207: ABACO DI THOM PER M
190
FIGURA 208: ABACO DI THOM PER R
191
FIGURA 209: ABACO DI THOM PER
192
FIGURA 210: ABACO DI THOM PER M PER CONDOTTO SENZA FLUSSO TERMICO
193
FIGURA 211: FATTORE M PER C-M-L
194
FIGURA 212: SCHEMA DI RIFERIMENTO PER LA PROCEDURA DI CALCOLO ADOTTATA.
197
FIGURA 213: : PRESSIONE LUNGO LA TUBAZIONE: CONFRONTO TRA DATI SPERIMENTALI (EXP_1) ED RISULTATI NUMERICI.
198
FIGURA 214: PRESSIONE LUNGO LA TUBAZIONE: CONFRONTO TRA DATI SPERIMENTALI (EXP_2) ED RISULTATI NUMERICI.
198
FIGURA 215: PRESSIONE LUNGO LA TUBAZIONE: CONFRONTO TRA DATI SPERIMENTALI (EXP_3) ED RISULTATI NUMERICI.
199
FIGURA 216 : PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 100 W/M2).
201
394
FIGURA 217: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 200 W/M2).
201
FIGURA 218: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 300 W/M2).
202
FIGURA 219: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 400 W/M2).
202
FIGURA 220: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 500 W/M2).
202
FIGURA 221: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 600 W/M2).
203
FIGURA 222: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 700 W/M2).
203
FIGURA 223: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 800 W/M2).
203
FIGURA 224: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 900 W/M2).
204
FIGURA 225: PRESSIONE LUNGO LA STRINGA (Q_SOLAR 1000 W/M2).
204
FIGURA 226: ANDAMENTO DELLE PRESSIONI AL VARIARE DELLA PORTATA
206
FIGURA 227: CADUTA TOTALE DI PRESSIONE
212
FIGURA 228: ABACO PER IL DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DELLARIA COMPRESSA
215
FIGURA 229: SCARICATORI DI CONDENSA CON EQUILIBRATURA
216
FIGURA 230: PORTATE DEGLI SCARICATORI DI CONDENSA
216
FIGURA 231: INSTALLAZIONE DEI SEPARATORI DI LIQUIDO
216
FIGURA 232: SEZIONE DI UN SEPARATORE DI LIQUIDO
216
FIGURA 233: INSTALLAZIONE DEI SEPARATORI DI CONDENSA PER VAPORE
218
FIGURA 234: DIMENSIONAMENTO DEI SEPARATORI DI CONDENSA PER IL VAPORE
218
FIGURA 235: ABACO PER IL DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI VAPORE 1 PARTE
219
FIGURA 236: ABACO PER IL DIMENSIONAMENTO DELLE RETI DI VAPORE 2 PARTE
220
FIGURA 237: ABACO PER IL DIMENSIONAMENTO DELLE TUBAZIONI PER LA CONDENSA
221
FIGURA 238: ESEMPIO DI INSTALLAZIONE DI UNA CALDAIA PER PRODUZIONE DI VAPORE
222
FIGURA 239: ESEMPIO DI INSTALLAZIONE DI UNO SCAMBIATORE DI CALORE A VAPORE
222
FIGURA 240: ESEMPI DI ESTINTORI CARRELLATO, A POLVERE A CO2
229
FIGURA 241: ESEMPI DI IDRANTI A PARETE UNI-45
232
FIGURA 242: ESEMPI DI NASPI
232
FIGURA 243: ESEMPI DI IDRANTI PER SOPRA SUOLO UNI-70
233
FIGURA 244: ESEMPI DI SPRINKLER, DI SISTEMA AD ACQUA, VALVOLA DI ALLARME SPRINKLER
235
FIGURA 245: ESEMPIO DI INSTALLAZIONE DI IMPIANTO SPRINKLER IN UN CAPANNONE
236
FIGURA 246: ESEMPIO DI SPRINKLER A SECCO
237
FIGURA 247: VISTA ASSONOMETRICA DEL MONTAGGIO DI UN SISTEMA SPRINKLER
237
FIGURA 248: RETE SPRINKLER, IN PIANTA, PER UNA BIBLIOTECA
239
FIGURA 249: SELEZIONE DEGLI SPRINKLER DA INSERIRE IN RETE
239
FIGURA 250: DATI CARATTERISTICI DI UNO SPRINKLER
240
FIGURA 251: SELEZIONE DELLA POMPA DI ALIMENTAZIONE
240
FIGURA 252: SEGNALETICA DI SALVATAGGIO E ANTINCENDIO
244
FIGURA 253: EFFICACIA DEGLI EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE
246
FIGURA 254: TIPOLOGIA DI EFC
246
FIGURA 255: ESEMPIO DI SELEZIONE DEL CODICE DI ATTIVIT
247
FIGURA 256: CURVA TIPO DI INCENDIO
255
FIGURA 257: QUANTIT IDEALI DI LEGNO STANDARD AL VARIARE DELLA TEMPERATURA
261
FIGURA 258: COMPARTIMENTAZIONE A SOFFITTO
263
FIGURA 259: TIPOLOGIE DI COPERTURE DI MAGAZZINI
275
FIGURA 260: EFC PNEUMATICO
279
FIGURA 261: CILINDRO PNEUMATICO
279
FIGURA 262: ESEMPIO DI COMPARTIMENTAZIONE DI PI REPARTI OSPEDALIERI
286
FIGURA 263: ESEMPIO DI COMPARTIMENTAZIONE DI UN PIANO OPERATORIO
286
FIGURA 264: ESEMPIO DI COMPARTIMENTAZIONE DI DEGENZE OSPEDALIERE
287
FIGURA 265: SCHEMA PARZIALE DELLA RETE DI IDRANTI UNI45 ED UNI70 PER LAUTORIMESSA
297
FIGURA 266: VISTA ASSONOMETRICA DELLA DISTRIBUZIONE DEGLI SPRINKLER
301
FIGURA 267: VISTA IN PIANTA DELLA RETE SPRINKLER
303
FIGURA 268: VISTA DINSIEME DEGLI IMPIANTI ANTINCENDIO PER LAUTORIMESSA
304
FIGURA 269: ESEMPI DI ONDA SONORA PIANA E SFERICA
307
FIGURA 270: ESEMPIO DI PROPAGAZIONE DI ONDE ACUSTICHE: INIZIALMENTE SFERICHE E POI PIANE A GRANDI DISTANZE
307
FIGURA 271: LEGAME FRA LUNGHEZZA DONDA E FREQUENZA NEL CAMPO DELLUDIBILE
308
FIGURA 272 : RAPPRESENTAZIONE SPETTRALE DEI SUONI.
313
FIGURA 273: RAPPRESENTAZIONE DELLE BANDE ACUSTICHE DI OTTAVA E TERZI DI OTTAVA
313
395
FIGURA 274: RAPPRESENTAZIONE DI UN SUONO PURO NEL PIANO AMPIEZZA-TEMPO E NEL PIANO AMPIEZZA-FREQUENZA.
314
FIGURA 275: RAPPRESENTAZIONE TEMPORALE DELLA SOMMA DI TRE ARMONICHE
314
FIGURA 276: COMPOSIZIONE DI TRE ARMONICHE NEL PIANO AMPIEZZA-TEMPO
315
FIGURA 277: COMPOSIZIONE DI TRE ARMONICHE NEL PIANO AMPIEZZA-FREQUENZA.
315
FIGURA 278: AZIONE DEI FILTRI SUI SEGNALI
316
FIGURA 279: RAPPRESENTAZIONE DI UN SEGNALE NEI VARI PIANI.
317
FIGURA 280- SPETTROGRAMMA DELLA PAROLA [AIUOLE].
318
FIGURA 281- OSCILLOGRAMMA DELLA PAROLA [AIUOLE] PRONUNCIATA DA UN PARLATORE
318
FIGURA 282: RAPPRESENTAZIONE SPETTRALE DI UN SUONO COMPLESSO: LA VOCALE [A].
319
FIGURA 283: RAPPRESENTAZIONE SPETTRALE CONVENZIONALE: SONOGRAMMA
319
FIGURA 284: RAPPRESENTAZIONE DELLANALISI FREQUENZIALE A VARIE LARGHEZZE DI BANDA
323
FIGURA 285: VISTA DARTISTA DI UN ORECCHIO UMANO: ORECCHIO ESTERNO, MEDIO E INTERNO.
326
FIGURA 286: STRUTTURA DELLORECCHIO ESTERNO (PADIGLIONE AURICOLARE) E DELLORECCHIO INTERNO (ORGANO
DEL CORTI)
326
FIGURA 287: STRUTTURA DELLORECCHIO INTERNO E DELLA COCLEA
327
FIGURA 288: ECCITAZIONE DELLE TERMINAZIONI NERVOSE
328
FIGURA 289: FUNZIONI DI TRASFERIMENTO DELLORECCHIO ESTERNO.
329
FIGURA 290:FUNZIONE DI TRASFERIMENTO DELLORECCHIO INTERNO (VON BKSY)
329
FIGURA 291: FUNZIONI DI TRASFERIMENTO DEL CANALE TIMPANICO
330
FIGURA 292: STRUTTURA DI UN NEURONE.
330
FIGURA 293: SEGNALE DI ATTIVAZIONE SINAPTICO.
331
FIGURA 294: CURVE ISOFONICHE PER TONI PURI (AUDIOGRAMMA NORMALE DI FLETCHER - MUNSON
331
FIGURA 295: CONFRONTO FRA LA FUNZIONE DI TRASFERIMENTO DELLORECCHIO MEDIO E LAUDIOGRAMMA NORMALE
332
FIGURA 296: CURVA DI UDIBILIT REALE DI UN SOGGETTO E CONFRONTO CON LA CURVA DI SOGLIA STANDARD
333
FIGURA 297: ESEMPIO DI AUDIOGRAMMA DI UN SOGGETTO NORMALE
333
FIGURA 298: CONFRONTO FRA LE CURVE FONOMETRICHE E LAUDIOGRAMMA NORMALE
334
FIGURA 299: DIAGRAMMA A BLOCCHI DI UN FONOMETRO E UN MODERNO MODELLO COMMERCIALE
335
FIGURA 300: SPETTRO A BANDA DI OTTAVA DEL SEGNALE NON FILTRATO E DI QUELLO FILTRATO
336
FIGURA 301: ANDAMENTO DEL LPS, LEQ, L PICCO NON PESATO.
336
FIGURA 302: LOCALIZZAZIONE DELLA SORGENTE SONORA
337
FIGURA 303: TEMPI DI AUTOCORRELAZIONE DEI BRANI DI Y. ANDO
339
FIGURA 304: BRANI F E G DI Y. ANDO E LORO FUNZIONI DI AUTOCORRELAZIONE
340
FIGURA 305: BILANCIO DI ENERGIA SONORA
341
FIGURA 306: ANDAMENTO DI ALCUNI FATTORI DI ASSORBIMENTO PER MATERIALI DA COSTRUZIONE.
342
FIGURA 307: RIFLESSIONE DI UNONDA SONORA
342
FIGURA 308: VALUTAZIONE DEL POTERE FONOISOLANTE DI UN DIVISORIO
343
FIGURA 309: ANDAMENTO DEL POTERE FONOISOLANTE
343
FIGURA 310: FREQUENZE CRITICHE DI ALCUNI MATERIALI
344
FIGURA 311: CAVIT RISONANTE
349
FIGURA 312: MATERIALE DA COSTRUZIONE UTILIZZATO COME CAVIT RISONANTE
349
FIGURA 313: TIPOLOGIE DI CAVIT RISONANTI DI UTILIZZO COMUNE
350
FIGURA 314: ASSORBIMENTO DI UNA MEMBRANA
350
FIGURA 315: ESEMPIO DI MEMBRANA ASSORBENTE REALIZZATA CON PANNELLI IN LEGNO
351
FIGURA 316: DIFFRAZIONE DEL SUONO DA PARTE DI UN OSTACOLO
351
FIGURA 317: SCHEMA DI BARRIERA
352
FIGURA 318: ANDAMENTO DELLATTENUAZIONE IN FUNZIONE DEL NUMERO DI FRESNEL
353
FIGURA 319: RIFRAZIONE DI UNONDA SONORA.
353
FIGURA 320: DEFINIZIONE DEL FATTORE DI DIREZIONALIT
354
FIGURA 321: SCHEMATIZZAZIONE DI 200 RAGGI SONORI RIFLESSI IN UN AMBIENTE CHIUSO
355
FIGURA 322: ECOGRAMMA IN UNA SALA CHIUSA
356
FIGURA 323: DECADIMENTO SONORO ALLINTERNO DI UNA SALA
356
FIGURA 324: IL TEATRO ROY THOMPSON HALL, TORONTO
357
FIGURA 325: ANDAMENTO DEL LIVELLO INTERNO IN UNA SALA PER EFFETTO DEL LIVELLO DIRETTO E RIVERBERATO. 359
FIGURA 326: ESEMPIO DI APPLICAZIONE DI CUFFIA AFONICA
359
FIGURA 327TIPOLOGIA DI CUFFIA AFONICA PER MACCHINA OPERATRICE
360
FIGURA 328: CUFFIE AFONICHE PER MACCHINE CON FLUSSI DI MATERIALI ENTRANTI E/O USCENTI
361
396
FIGURA 329: ESEMPI DI ISOLATORI PER LA RIDUZIONE DELLE VIBRAZIONI
FIGURA 330: ESEMPIO DI PAVIMENTO GALLEGGIANTE
FIGURA 331: ESEMPIO DI DATI ACUSTICI DISPONIBILI PER MODELLI DI REFRIGERATORI DACQUA
FIGURA 332: ESEMPIO DI DATI DI LPS PER UNA CTA
FIGURA 333: MAPPA ACUSTICA PER UN REFRIGERATORE DACQUA
FIGURA 334: DISTRIBUZIONE DEL LPS ATTORNO AD UN REFRIGERATORE DACQUA
FIGURA 335: SCHEMA DEI PUNTI DI RILIEVO PER IL CALCOLO DEI LIVELLI DI POTENZA SONORA
FIGURA 336: RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA IRRADIAZIONE DI POTENZA ACUSTICA
FIGURA 337: ESEMPIO DI TRACCIAMENTO DELLO SPETTRO DI UN RUMORE SULLE CURVE NR
FIGURA 338: LPS IN UN PUNTO P INTERNO AD UN AMBIENTE CHIUSO
FIGURA 339: ATTENUAZIONE ACUSTICA IN CANALI RETTANGOLARI COIBENTATI
FIGURA 340: SCHEMA DI TRASMISSIONE DEL RUMORE IN UN CANALE
FIGURA 341; ATTENUAZIONE ACUSTICA NELLE DIRAMAZIONI
FIGURA 342: ATTENUAZIONE ACUSTICA NEI TERMINALI DI CONDOTTO
FIGURA 343: GEOMETRIA DI UN PLENUM
FIGURA 344: RIDUZIONE DELLA RUMOROSIT NELLE T E DIRAMAZIONI
FIGURA 345: ATTENUAZIONE DEL SUONO NEI CONDOTTI
FIGURA 346: CORRETTO POSIZIONAMENTO DEI SILENZIATORI
FIGURA 347: PUNTO DI INSERIMENTO DEL SILENZIATORE
362
362
364
364
365
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366
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378
379
397
398
TABELLA 51: COEFFICIENTI DI DIMENSIONAMENTO
TABELLA 52: VARIAZIONI
TABELLA 53: A SUPERFICI DEI COMPARTI DELLIPOTETICO EDIFICIO
TABELLA 54: B CARICO DINCENDIO SPECIFICO
TABELLA 55: C CALCOLO DELLA CLASSE DI INCENDIO
TABELLA 56: D MATERIALI PRESENTI NELLA ZONA A.
TABELLA 57: D MATERIALI PRESENTI NELLA ZONA B.
TABELLA 58: D MATERIALI PRESENTI NELLA ZONA C.
TABELLA 59: D MATERIALI PRESENTI NELLA ZONA D
TABELLA 60. DIMENSIONAMENTO DELLA RETE UNI70 A QUOTA 167.80 M. S.L.M.
TABELLA 61: DATI GENERALI PER IL DIMENSIONAMENTO DELLA RETE SPRINKLER
TABELLA 62: DIMENSIONAMENTO RETE SPRINKLER
TABELLA 63: VELOCIT DEL SUONO PER ALCUNI MEZZI DI TRASMISSIONE
TABELLA 64: LIVELLO DI POTENZA SONORA MEDIA DI VARIE SORGENTI.
TABELLA 65: CORRISPONDENZA FRA NUMERO DI PUNTI E RIGHE DI FREQUENZA
TABELLA 66: CORRISPONDENZA FRA LA LARGHEZZA DELLA FINESTRA E LAMPIEZZA DEL FILTRO
TABELLA 67: SCALA DI VALORI DELLE PRESSIONI SONORE E DEI LIVELLI DI PRESSIONE SONORA
TABELLA 68: ATTENUAZIONI DEI FILTRI DI PESATURA A
TABELLA 69: BRANI MUSICALI ANALIZZATI DA Y. ANDO
TABELLA 70: FREQUENZE CRITICHE PER ALCUNI MATERIALI
TABELLA 71: POTERE FONOISOLANTE DI ALCUNI MATERIALI
TABELLA 72: POTERE FONOISOLANTE DI ALCUNI MATERIALI
TABELLA 73: : POTERE FONOISOLANTE DI ALCUNI MATERIALI
TABELLA 74: POTERE FONOISOLANTE DI ALCUNI MATERIALI
TABELLA 75: VALORI DEI LIVELLI NC
TABELLA 76: LIVELLI DI SONORA SPECIFICI PER VARI TIPI DI VENTILATORI
TABELLA 77: COEFFICIENTI DI CORREZIONE PER IL RENDIMENTO DEI VENTILATORI
TABELLA 78: LIVELLI DI RUMOROSIT DEL VENTILATORE
TABELLA 79: ATTENUAZIONE ACUSTICA IN CANALI RETTILINEI RIGIDI
TABELLA 80: ATTENUAZIONE ACUSTICA DEI RACCORDI A GOMITO
273
277
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288
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289
289
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322
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