Corsi, Copricapi e Bende Rituali Nelle Ceramich
Corsi, Copricapi e Bende Rituali Nelle Ceramich
Corsi, Copricapi e Bende Rituali Nelle Ceramich
Redazione:
Vol. LXIII-n.s.II, 2
2012
LERMAdiBRETSCHNEiDER-ROMA
Comitato Scientifico
Pierre Gros, Sybille Haynes, Tonio Hlscher,
Mette Moltesen, Stephan Verger
Il Periodico adotta un sistema di Peer-Review
Archeologia classica: rivista dellIstituto di archeologia dellUniversit di Roma. Vol. 1 (1949)- .- Roma: Istituto di archeologia, 1949- .-Ill. ; 24 cm. - Annuale. Il complemento del titolo varia. - Dal 1972: Roma: LERMA di Bretschneider.
ISSN 0391-8165 (1989)
CDD 20.930.l05
ISBN 978-88-8265-655-3
ISSN 0391-8165
COPYRIGHT 2012 - SAPIENZA UNIVERSIT DI ROMA
Aut. del Trib. di Roma n. 104 del 4 aprile 2011
ARTICOLI
Acconcia V., DErcole V., La ripresa delle ricerche a fossa (2010). LAbruzzo
tra il bronzo finale e la fine dellet del ferro: proposta di periodizzazione
sulla base dei contesti funerari.........................................................................
Bartoloni G. et Al., Veio, Piazza dArmi: la fossa del cane..............................
Bocci Pacini P., Gambaro C., La dispersione del celebre museo de Padri
Certosini. Dal convento di Santa Maria degli Angeli alle collezioni di Vienna, Roma, Parigi e Monaco..............................................................................
Cali L.M., Dalla polis alla citt murata. Limmagine delle fortificazioni nella
societ ellenistica.............................................................................................
Gianfrotta P.A., Da Baia agli horrea del Lucrino: aggiornamenti.....................
Granino Cecere M.G., Gallerie familiari: tra archeologia, epigrafia e antropologia..................................................................................................................
Landi A., Forme e strutture del culto di Gaia nel mondo greco............................
Laubry N., Zevi F., Inscriptions dOstie et phnomne associatif dans lEmpire
romain: nouveaux documents et nouvelles considrations..............................
Magaa J..D., Los costes de la arquitectura romana: el Capitolio de Volbilis
(Mauretania Tingitana)....................................................................................
Murgia E., Il bothros di Acelum e i rituali di fondazione.....................................
Roscini E., Considerazioni su una base iscritta da Acquasparta (Terni)...............
Zaccagnino C., Bevan G., Gabov A., The Missorium of Ardabur Aspar: new
considerations on its archaeological and historical contexts............................
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NOTE E DISCUSSIONI
Ambrogi A., Frammento di rilievo con la disputa per il possesso del tripode......
Corsi A., Copricapi e bende rituali nelle ceramiche italiote e siceliote................
De Caro V., Ceramica a vernice nera da Elba Fucens: contributo allo studio dei
bolli nominali...................................................................................................
Fileri E., Osservazioni sul cosiddetto Priapus Gallinaceus...............................
Guzzo P.G., Fibule e identit a Pithecusa..............................................................
Meloni S., Monumentum quod videtur fuisse familiae liberorum Neronis Drusi.
Un capitoletto di CIL, VI da riconsiderare.......................................................
Tabolli J., Identit nella memoria a Narce durante la prima et del Ferro..........
Tucci P.L., La controversa storia della Porticus Aemilia....................................
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RECENSIONI E SEGNALAZIONI
AA.VV., Tetti di terracotta. La decorazione fittile tra Etruria e Lazio in
et arcaica (F. Buranelli)..........................................................................
DEnnion au Val Saint-Lambert. Le verre souffl-moul (L. Taborelli).......
Filostrato maggiore, Immagini. Introduzione, traduzione e commento di
Letizia Abbondanza, prefazione di Maurizio Harari; Filostrato
maggiore, La Pinacoteca, a cura di Giuseppe Pucci, traduzione di
Giovanni Lombardo (L. Faedo)..............................................................
Frederiksen R., Greek City Walls of the Arcaic Period, 900-480 BC
(L.M. Cali)..................................................................................................
Koch G. (hrsg.), Akten des Symposiums des Sarkophag-Corpus 2001.
Marburg, 2.-7. Juli 2001 (M. Papini).........................................................
Koch L.C., Die Glasbgelfibeln des 8. und 7. Jahrhunderts v. Chr. aus
Etrurien. Ein Beitrag zur eisenzeitlichen Glastechnik und zu den Bestattungssitten des Orientalizzante (A. Naso)............................................
Landwehr Ch. (con Alexandridis A., Dimas St., Trillmich W.), Die
rmischen Skulpturen von Caesarea Mauretaniae, Band IV. Portrtplastik,
(L. Bianchi)...................................................................................................
Melandri G., LEt del Ferro a Capua. Aspetti distintivi del contesto
culturale e suo inquadramento nelle dinamiche di sviluppo dellItalia
protostorica (V. Bellelli)............................................................................
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1
Il tema stato affrontato personalmente in occasione della tesi di Specializzazione in Beni Archeologici
presso lUniversit di Roma La Sapienza, discussa nellaprile del 2010 con il prof. E. Lippolis.
2
Trendall 1967; Id. 1970; Id. 1974; Id. 1983; Id. 1987.
3
Il nome mitra stato attribuito con relativa sicurezza, trattandosi di una denominazione estremamente
generica, assimilabile allit. benda; per gli altri ornamenti luso dei nomi antichi stato evitato, considerando
lelevato rischio di forzature terminologiche. A questo proposito, il cordoncino di lana talora viene chiamato
agrenon (Krg 1968, pp. 37-38, tavv. I e III, 11; Gllberg, strm 1970, pp. 44-45; Cleland 2007, s.v.
agrenon, p. 3), anche se i lessicografi attribuiscono questo nome ad una veste di lana a rete (Poll. Onom., IV,
116; Hesych. s.v. ). probabile che il fraintendimento sia nato dallesame delle fonti iconografiche
che testimoniano luso rituale tanto del cordoncino quanto del tessuto a rete per coprire lomphalos (Hock
1910, p. 42; Pley 1911, pp. 31-32, nota 2; Gllberg, strm 1970, pp. 43-44). Sullagrenon: E. Saglio,
in Daremberg, Saglio, I, s.v. agrenon, p. 165; Harrison 1900.
538
note e discussioni
La mitra
note e discussioni
539
ni, sia pure leggermente, diverse. Il tipo puntinato rivela chiaramente una connotazione
liturgica in quanto, accanto a Dioniso, lo indossano anche i giovani iniziati8.
Per accentuare a un tempo la valenza sacra e il potere consacrante della benda si
aggiungevano elementi vegetali, petali, foglie, pi raramente ramoscelli (Fig. 1d); se
poi si sovrapponeva direttamente la mitra a una ghirlanda si otteneva una corona con un
significato rituale verosimilmente accentuato. Anche la benda puntinata sembra prerogativa dei contesti campani, in particolare della zona di Paestum; liconografia non risale
oltre il 360 a.C. e probabilmente nasce nellofficina di Asteas.
Gli stessi soggetti si cingono la testa anche con unaltra mitra, bianca, pi spessa e
in apparenza soffice, con nastri terminali annodati o legati in un fiocco dietro la nuca,
similmente arricchita con piccoli elementi assimilabili a foglie (Fig. 1e). Lipotesi che
il culto di Dioniso contemplasse pi di una liturgia e che richiedesse conseguentemente
ornamenti rituali diversi, di per s plausibile, risulta meno valida in seguito allanalisi della provenienza dei vasi. Sebbene dati precisi relativi ai contesti di rinvenimento
siano molto rari e sia quindi difficile trarne informazioni pi che parziali, tuttavia, la
preminente, sia pure generica, pertinenza apula delle attestazioni di questo tipo di mitra
appare, gi di per s, significativa. Resterebbe da comprendere se la diversit delle bende
debba essere riferita a tradizioni pittoriche o piuttosto a usanze locali differenti. Daltra
parte, considerando che alle pratiche cultuali viene attribuito un valore distintivo e identitario, non si pu escludere che anche lornamentazione rituale fosse funzionale a specifiche connotazioni di area, di gruppo sociale, etc.9. Tornando alla mitra bianca, questa
particolare benda conosce le prime attestazioni nellApulo antico e un uso pi intenso
nellApulo medio; in questa fase presumibilmente viene trasmessa alle officine campane,
che la rappresentano, nel terzo quarto del IV sec. a.C., con il Pittore di Afrodite10 e il
Pittore APZ11; il primo ceramografo, in particolare, appare fortemente influenzato dalla
tradizione pittorica apula12, mostrando in maniera evidente la pertinenza originaria del
dettaglio iconografico, nonch dellattributo rituale.
Ragioni locali sono probabilmente sottese anche alla pluralit dei modi in cui le bende venivano indossate, in particolare si rivela apulo luso di compiere due giri con la
mitra intorno alla testa per fissarla poi con ripetuti passaggi, formanti anelli allaltezza
delle tempie (Fig. 1f). Esiste poi un particolare tipo di corona, composta da due bende sovrapposte, oppure avvolte una intorno allaltra (Fig. 1g), che compare solo nella
ceramica apula e non oltre il 340 a.C. Si direbbe, invece, generalizzata, in quanto dif8
Non documentata in Grecia una regolamentazione relativa agli abiti sacri, in particolare le bende
venivano indossate sia dal sacerdote che dai partecipanti alle cerimonie; tuttavia, nelle fonti si colgono cenni
sulluso di indumenti distintivi come, ad esempio, lagrenon, che era la veste degli indovini (Poll. Onom., IV,
116) e di coloro che officiavano i riti dionisiaci (Hesych., s.v. ). Sulla vestizione rituale vd. Miller
1989, pp. 319-323; Mills 1984, pp. 255-265; Pirenne-Delforge 2005.
9
Krg 1968, p. 124.
10
Sul Pittore di Afrodite, cfr. Trendall 1987, pp. 237-252.
11
Sul Pittore APZ, cfr. Trendall 1967, pp. 500-510.
12
Secondo E. Greco il Pittore di Afrodite si sarebbe formato in unofficina apula, verosimilmente in quella del Pittore di Licurgo, avrebbe quindi precorso la fase cosiddetta apulizzante della produzione ceramica
pestana, che si colloca cronologicamente nellultimo quarto del IV secolo (Greco 1970, pp. 8-9).
540
note e discussioni
Fig. 1. Esempi di bende rituali (a-d: da Trendall 1987, tavv.. 88; 95e; 30a; 21c; e, g: da Apulian
I 1978, tavv. 46,5; 107,2; f: da Apulian II 1982, tav. 327; h: da Trendall 1967, tav. 280).
note e discussioni
541
fusamente attestata nel territorio magnogreco, una particolare sistemazione della mitra,
che faceva ricadere i lembi ai lati del viso; talvolta, per ottenere lo stesso effetto, si inserivano altre bende allaltezza delle tempie. Questo particolare utilizzo interessa talvolta
anche prodotti pi pregiati, come un tipo dipinto dal Pittore delle Carnee, che presenta una raffinata decorazione con palmette alternate a fiori di loto (Fig. 1h)13. La stessa mitra poi, come attributo di Dioniso, associata a un bastone con una terminazione
inconsueta, le comuni foglie essendo sostituite da fiori di papavero14.
In merito alluso rituale della benda nel mondo greco uninteressante proposta interpretativa viene dallanalisi della figura di Dioniso mitrephoros15. Se le pi antiche rappresentazioni del dio non contemplano alcun ornamento del capo, dalla fine del V, ma
soprattutto nel IV sec. a.C., Dioniso indossa la mitra in entrambi i tipi iconografici con13
Per questo vaso, vd. P. Wuilleumier, in RA 30, 1929, pp. 197-202; id., in RA VI 2 (1933), pp. 3-30;
Beazley 1955, pp. 305-319; Arias, Hirmer 1962, pp. 386-388, figg. 230-235; Trendall 1967, pp. 54-56,
n. 280, tav. 24; DAmicis 1991, pp. 131-137; Casadio 1994a, p. 265 ss..; Lippolis, Garraffo, Nafissi
1995, p. 174; Denoyelle 2002, pp. 587-609; Ferrari 2008, pp. 127-150; Montagner 2009, pp. 71-79.
14
In relazione alla scelta di questa particolare pianta per un contesto sacro appare interessante, come confronto e come stimolo per ulteriori approfondimenti, lindividuazione di un lontano precedente: un idolo fittile
minoico raffigurante una dea dalle braccia alzate, con una corona di papaveri (da Gazi, Iraklion).
15
Su questo epiteto: Diod. IV, 4, 4; cfr. Pley 1911, p. 69; per Sofocle, Dioniso chrusomitras (Soph.,
Oid. t. 209). Cfr. Picard 1932.
542
note e discussioni
sueti: quello barbato con lunga veste e quello pi atletico, imberbe16; ora, Dioniso il
dio in grado di ingannare la mente, ma anche il dio capace di elevare gli animi a lui
devoti oltre la condizione umana, inducendo lestasi; appunto questo potere troverebbe
nella mitra un simbolo, dato che la benda si impone nelliconografia del dio nel periodo
in cui, forse con il favore di Alessandro Magno, il culto accentua la sua valenza mistica17. In Magna Grecia Dioniso mitrephoros, quale appare sia nei servizi da simposio che
nei corredi funerari, potrebbe essere stato considerato tanto dio del vino, quindi dellestasi legata allebbrezza, quanto, a un livello pi complesso, dio dellalienazione mistica
e dei misteri escatologici. Il legame tra la mitra e laspetto estatico del culto troverebbe
proprio tra i Greci dOccidente unesplicita conferma: si tratta dei papaveri da oppio che
completano il bastone del dio nel gi citato cratere del Pittore delle Carnee18. Tuttavia,
questo possibile indizio di una valenza mistica del culto rimane isolato; in altre parole,
una lettura cos puntuale tuttora priva di un adeguato riscontro iconografico. Piuttosto,
si potrebbe tornare a esaminare il riferimento della mitra al vino e intendere la bevanda
non gi come sinonimo di irrazionalit e sregolatezza, bens come anima del simposio,
ossia come gioia e forza vitale rese armoniche dalla cultura della polis19. La mitra, per,
non appannaggio esclusivo di Dioniso, la indossano infatti, sia pure con minore frequenza, anche Apollo, Afrodite, Demetra e Kore. In un discorso pi ampio si tratterebbe quindi di analizzare le diverse sfumature assunte di volta in volta da questo attributo
rituale. Degna di nota appare poi la sua sopravvivenza nei secoli: sono coronate dalla
mitra diverse figure angeliche in dipinti medievali, una in particolare, quella dellArcangelo Gabriele nellAnnunciazione di Simone Martini, mostra una benda con nastri
svolazzanti, a cui stata aggiunta una ghirlanda di mirto o di alloro20. stata in proposito ipotizzata una derivazione dal kusti sasanide21 una fascia che veniva indossata, con
una lunga e complessa serie di gesti rituali, nelle pratiche legate al culto di Zoroastro; si
potrebbe tuttavia suggerire anche una reminiscenza greca, appunto dionisiaca, tenendo
comunque sempre presente la necessit di chiarire, per entrambe le suggestioni, i rispettivi percorsi storici e iconografici.
16
N il Dioniso del vaso Franois, di Kleitias ed Ergotimos, dipinto intorno al 560 a.C., n quello del
frontone Est del Partenone si presentano bendati. Era invece probabilmente mitrephoros il Dioniso crisoelefantino di Alcamene, realizzato intorno al 420 a.C. per il nuovo tempio del dio (il tipo forse rievocato dalla testa
bronzea di Ercolano); presenta poi la mitra una scultura di Delfi a cui il noto Dioniso capitolino stato avvicinato, forse di origine prassitelica e ancora il Dioniso di Leida, da Smirne, verosimilmente derivato da un prototipo creato nellofficina di Skopas (Picard 1932, pp. 709-711). Per liconografia di Dioniso, vd. Gasparri
1986.
17
Picard 1932, p. 716; Casadio 1994a, p. 88.
18
Vd. nota 14. Le propriet di questa pianta erano note fin da tempi remoti; stato identificato come
oppio il nepenthis dellOdissea, che Omero descrive capace di calmare i dolori e di dare loblio. Ippocrate
afferma che il succo del papavero usato in medicina come antidolorifico; Aristotele definisce la pianta ipnotica. Cfr. Carcano 1997, pp. 14-15.
19
Cfr. Isler-Kernyi 2001.
20
Si ricordano a tal proposito anche la Maest di Santa Trinit di Cimabue e la Madonna Rucellai di Duccio di Buoninsegna.
21
DOnofrio 2000, p. 81.
note e discussioni
543
Dal confronto della ceramica italiota e siceliota con la ceramica attica i richiami
sono apparsi evidenti, in particolare, in entrambi i contesti ricorrono le immagini del dio
sia con il capo cinto di foglie che con la benda22; si osserva tuttavia, nella produzione
vascolare della Magna Grecia e della Sicilia, una pi ampia variet iconografica e soprattutto uninsistenza maggiore del tipo di Dioniso con la mitra rispetto a quello del dio con
la corona vegetale.
Il cordoncino di lana
544
note e discussioni
note e discussioni
545
Fig. 4. Esempi di corone vegetali (da Apulian I 1978, tavv. 9,2c; 4,1b; 9,2b).
Fig. 5. Cambridge. Cratere a campana attico, 450-425 a.C. (da Matheson 1995, tav. 97).
546
note e discussioni
Fig. 6. L
ipari. Cratere a calice, 375-350 a.C. (da Trendall
1987, tav. 11a).
33
150.
36
Sulle festivit spartane, vedi Petterson 1992; Calame 2001; Burkert 2003, pp, 433-437, pp. 202204; Levy 2006, p. 77; Papapostolou 2010, pp. 44-45.
note e discussioni
547
Fig. 7. Taranto. Cratere a volute da Ceglie: scena di danza. Pittore delle Carnee. Ultimo decennio del V sec. a.C. (da Trendall 1967, tav. 24).
548
note e discussioni
no avevano sulla testa le psiline (corone di palma)37. In unaltra festa spartana, le Carnee38, esibivano le stesse corone giovinetti che danzavano e cantavano nudi intorno alla
statua di Apollo Karneios39. Queste danze, che propriamente si chiamavano gimnopedie
(avevano lo stesso nome della festivit), consistevano in esibizioni ginniche accompagnate dalla musica40. E ancora, durante le feste in onore di Artemide a Karyai, una localit situata al confine tra Laconia e Arcadia, giovani danzatrici (le cosiddette Cariatidi)
indossavano un chitone leggero, corto alle ginocchia, con un ampio apoptygma e corone
di foglie palustri41. Queste Lacaenae saltantes (danzatrici laconiche) sono note da numerose rappresentazioni neoattiche, che traggono ispirazione da unopera perduta di Callimaco42.
Tornando alle rappresentazioni vascolari, sono stati individuati altri cinque vasi che raffigurano il medesimo copricapo43. Lattestazione pi antica in unhydria attica a figure
rosse da Nola, datata intorno al 450 a.C.: una suonatrice seduta accompagna col flauto i
movimenti di due danzatrici, con un chitone corto e unalta corona di foglie, sovradipinta in
bianco, unaltra suonatrice, stante, ha in una mano il flauto, nellaltra la cetra, alle sue spalle,
assiste allesibizione un giovane con un diadema, appoggiato ad un bastone (Fig. 8); segue
la rappresentazione di una danza armata, eseguita da altre due donne, una con elmo, lancia e
scudo, laltra con spada, accompagnate da due suonatrici (una parodia della pirrica?)44.
Un cratere a campana apulo, da Gnathia, databile intorno agli inizi del IV sec. a.C.,
mostra tre figure coronate con foglie di palma evidentemente impegnate in una coreografia: una donna con chitone corto al centro, tra due uomini nudi; due ghirlande sono
appese sullo sfondo e due pilastrini, uno per lato, chiudono la scena.
37
Il nome originario di questo kalathos rituale era thyreatikos, di Tirea, perch le danze nelle quali
veniva indossato erano commemorative di una vittoria spartana in quel territorio (Sosibio in Ath. 678c). Cfr.
Calame 2001, p. 43, nota 164. Per le danze che venivano eseguite durante le Gimnopedie, vd. Ath. 630e.
38
Vd. nota 36.
39
Non viene espressamene reso noto dalle fonti che si trattava del medesimo copricapo, ma ogni indizio
sembra convergere verso questa soluzione; tra laltro, luso della palma si addice al culto di Apollo in quanto
legata a questa pianta la nascita del dio (Callim. Hymn. Del., 210). Cfr. L. Sechan, in Daremberg, Saglio,
IV, s.v. saltatio, p. 1033; Ducat 2006, pp. 274-277.
40
Le gimnopedie differivano dalla pirrica, anchessa di tradizione spartana, che era invece una danza
armata ed era concepita come un esercizio preparatorio alla guerra. Tuttavia la pirrica molto presto, forse gi
nel V sec. a.C., cambi carattere e ovunque, tranne che a Sparta, divenne una danza da banchetto, con una
forte connotazione dionisiaca; in una forma degenerata era talvolta eseguita anche da donne (L. Sechan, in
Daremberg, Saglio, IV, s.v. saltatio, p. 1033).
41
La danza delle Cariatidi (le donne di Karyai), rapida, agitata e vorticosa, stata talvolta assimilata a
quella delle baccanti e delle menadi (in Daremberg, Saglio, IV, s.v. saltatio, p. 1037). Su questa danza,
vedi Calame 2001, pp. 149-156. In generale, sulla danza nellantichit: Daremberg, Saglio, IV, s.v. saltatio; Latte 1913; Sechan 1930; Lawler 1964; Prudhommeau 1965; Lonsdale 1993; Vesterinen 1997;
Constantinidous 1998; Calame 2001; Lanara 2004; Papadopoulou 2004; Smith 2004; Garelli
2006; Id. 2007; Todisco 2008.
42
Plin., N.H., XXXIV, 92. Cfr. Rizzo 1934.
43
Cfr. Cook 1940, III, pp. 995-1001, figg. 805-809.
44
Heydemann 1872, pp. 531-533, n. 3232; De Caro 1994, p. 46.
note e discussioni
549
A
B
Fig. 8. N
apoli. Hydria attica da Nola. A: decorazione della spalla con scena di danza (concessione della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei). B: dettaglio
della restituzione grafica con il particolare dei copricapi a sovradipintura visibili solo a luce
radente, 450-440 a.C. (da Cook 1940, III, fig. 805).
45
46
550
note e discussioni
Fig. 9. Z
urigo. Cratere a campana apulo. Pittore di Sisifo. Inizi IV sec. a.C.
(da Cook 1940, III, fig. 809).
Fig. 10. B
erlino. Cratere a campana attico, prima met IV sec. a.C. (da
Licht 1925, p. 122).
note e discussioni
551
Fig. 11. D
elfi. Colonna dacanto (restituzione
grafica). A: coronamento del monumento. B: particolare di una danzatrice, 330-325 a.C. (da Rolley 1999,
fig. 402).
47
Le divinit alle quali pi spesso si riferisce la danza del kalathiskos sono Artemide, Demetra e Atena.
Cfr. Eustath. 1627, 46-50, per Demetra; Strab. XIII, 5, 626, per Artemide in Lidia: L. Sechan, in Daremberg, Saglio, IV, s.v. saltatio, p. 1037; Lawler 1964, p. 108.
48
Tra le diverse proposte riguardanti la citt che ebbe ad innalzare questo caratteristico dono votivo,
appare suggestiva la lettura allegorica, che vede nel kalathos delle danzatrici il copricapo spartano delle feste
Carnee, dunque un riferimento a Sparta, mentre le foglie sulla colonna rinvierebbero alla citt di Acanto, che
Sparta aiut contro Atene nel 422 a.C. (Torelli 1997, p. 127).
49
Si ricorda che nella faccia principale rappresentato Dioniso, mentre in quella secondaria compare lepiteto di Apollo, iscritto su un pilastro.
552
note e discussioni
Il copricapo carneo
Nello stesso cratere raffigurato tre volte un copricapo diverso, pi vistoso e spettacolare (Fig. 7). Si tratta di un basso paniere circolare, leggero e di notevole ampiezza, formato da tre o quattro cerchi concentrici, con motivi ornamentali diversi: elementi
lanceolati, motivi vegetali, squame. Il cerchio pi alto e pi espanso costituito da una
fila di elementi simili a fiammelle; alla base presenta una calotta cilindrica da cui scendono lacci che dovevano essere annodati sotto il mento. Un giovane nudo, con una benda
intorno al capo50, lo regge con la punta delle dita; poi, lo indossa una fanciulla che danza, i pugni chiusi allaltezza del petto, la tunica leggera, stretta in vita, che si gonfia nel
movimento vorticoso; infine, un giovane, presentato di fronte, lo esibisce in orizzontale,
con la destra sollevata, si direbbe, a sostenerlo o a raddrizzarlo; una benda sottostante,
con frange, ricade su una spalla.
Questo copricapo, per il quale si potrebbe suggerire la denominazione salia carnea51, conosce altre attestazioni, ma solo vascolari52.
In una pelike apula da Ruvo linsolito ornamento curiosamente inserito in una rappresentazione mitologica (Fig. 12)53. La scena si svolge su una montagna vicino alla
frigia Kelainai, dove Marsia, il sileno suonatore di flauto, fu sconfitto e scorticato da
Apollo. Al centro siede il vincitore, Apollo, che suona la lira, con il capo incoronato da
una ghirlanda e con un himation sollevato fin sulla testa. Una Nike si presenta con la
benda della vittoria. Sotto seduto Marsia, la cui pelle giace dietro di lui, sul pavimento,
nella mano sinistra tiene un flauto, mentre appoggia la testa sulla destra con profonda
afflizione. Tre muse hanno espresso il giudizio: una ha il flauto in mano e ascolta incantata la musica di Apollo, unaltra seduta e suona larpa, mentre un cagnolino maltese
saltella ai suoi piedi, la terza legge ad alta voce la terribile pena decretata per il vinto;
dietro di lei una giovane solleva, come per indossarlo, un copricapo carneo e una benda
con frange. Sulla cima della montagna sono sedute tre divinit, Zeus, Artemide e Afrodite, questultima con in mano una phiale che Eros si china a osservare. In basso, in un
angolo, una capra che bruca. La rappresentazione di questo animale suggerisce lidentificazione della figura divina al centro della scena con Apollo Karneios, la divinit nata
50
Forse un cercine per fermare il copricapo e proteggere la testa dai suoi movimenti nei punti di contatto
e di attrito.
51
Salia il nome laconico della tholia, un copricapo femminile che riparava dal sole, verosimilmente
fatto di giunco o di paglia intrecciata, a larga tesa, con la sommit a punta e la forma simile ad una tholos, dunque rotondeggiante (Hesych. s.v. ; Poll., Onom. VII, 174; X, 127; Theocr. XV, 39; cfr. E. Pottier
in Daremberg, Saglio, V, 1, s.v. tholia, p. 268). Esichio (s.v. ) paragona questo cappello a quello di
giunco intrecciato delle danzatrici spartane; si immagina quindi questultimo come una salia rielaborata in
chiave rituale, forse proprio per la festa delle Carnee.
52
Non riconoscibile come salia carnea, in quanto scarsamente visibile, il copricapo raffigurato su un
cratere a calice da Scoglitti (Camarina). Lo indossa un fanciullo nudo, stante, davanti a una donna con ampio
chitone e himation, allinterno di un ambiente delimitato da colonne ioniche. Il copricapo descritto come un
ampio cesto con una sovradipintura in giallo (quasi del tutto scomparsa). Cfr. Cook 1940, III, p. 997; CVA,
Museo archeologico di Siracusa, tav. VII, 3.
53
Cook 1940, I, p. 128, tav. XII; Heydemann 1872, pp. 529-531, n. 3231.
note e discussioni
553
Fig. 12. Napoli. Pelike apula da Ruvo: Apollo e Marsia, 400 a.C. (da Cook 1940, I, tav. XII).
CVA Russia I, pp. 22-23, tavv. 26-27; Cook 1940, III, p. 1000; Reinach 1899, p. 32, nn. 5-7; Tren-
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note e discussioni
Fig. 13. S
. Pietroburgo. Cratere a campana: scena di simposio.
Pittore di Creusa. 400-380 a.C. (CVA Russia I, tav. 26).
note e discussioni
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note e discussioni
niso, anche i membri del suo tiaso (menadi, satiri, sileni, ma anche uomini giovani); tutti
sono accompagnati dagli attributi tipici del dio, che sono il tirso, il kantharos, il tamburello, il grappolo duva; nelle medesime scene ricorrono, sia pure con una valenza dionisiaca meno distintiva, anche la ghirlanda, la phiale, loinochoe, la situla. Si potrebbe
dunque supporre che in Magna Grecia le celebrazioni in onore di Dioniso avessero una
complessit liturgica tale da richiedere unadeguata vestizione rituale.
I dati desunti da una documentazione relativamente ampia hanno trovato nel cratere del Pittore delle Carnee una chiave di lettura e, allo stesso tempo, una possibilit
di sintesi; questo vaso si rivelato infatti un prezioso inventario di copricapi rituali. Di
particolare rilievo appare la scoperta della coesistenza in Magna Grecia di pratiche cultuali diverse, dionisiache e apollinee, sia pure queste ultime geograficamente circoscritte,
riferibili forse alla sola Taranto. A questo proposito poi, appare degna di nota lattestazione nel territorio tarantino di una peculiare forma di celebrazione liturgica, la danza,
per di pi con una forte connotazione spartana, a ulteriore riprova delle radici culturali
di questa colonia. Sarebbe necessario, quindi, approfondire la conoscenza tanto del culto
di Apollo a Taranto, quanto delle relazioni locali tra Apollo e Dioniso, relazioni peraltro non occasionali in quanto gi attestate nel continente greco, anche nella stessa Sparta63. Sarebbe poi importante indagare sulla possibilit e sulleffettiva responsabilit della
colonia nella diffusione non solo di culti, ma anche di pratiche rituali64.
In ultima analisi, lindagine sui copricapi e sulle bende rituali ha posto in evidenza leccezionale contributo che le testimonianze pittoriche vascolari possono offrire alla
ricostruzione di determinati comportamenti sociali. Si intende quindi ribadire limportanza di un uso ricognitivo del patrimonio documentario per accrescere e migliorare la
conoscenza storica di rituali e forme espressive.
Anna Corsi
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Lonsdale coglie pi di un generico riferimento al sacro in quanto arriva a definire il satiro e la menade prototypes of all initiates (Lonsdale 1993, p. 103).
63
In Laconia, Apollo Karneios mostrava tratti dionisiaci, in particolare, aveva un legame con la vendemmia (Casadio 1994a, p. 273; Id. 1994b, p. 93).
64
Nelle monete pi antiche di Metaponto (IV sec. a.C.) compare una testa virile con corna dariete, che
stata identificata con Apollo Karneios (LIMC II, p. 226, n. 337). Per la testimonianza del cratere delle Carnee, quasi certamente di fabbrica tarantina, si ipotizza una irradiazione del culto da Taranto alla citt contigua,
Metaponto, culturalmente pi debole (Pera 1986, p. 58, nota 125; Casadio 1994b, pp. 92-93).
note e discussioni
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SUMMARY
This paper presents iconographical analysis of red-figured vases from Southern Italy and Sicily
in an attempt to reconstruct various aspects of the ritual behaviour; in particular, it focuses on the
representation of ribbons and headdresses within sacred scenes. On the whole, four types of head
ornaments have been identified: the mitra, the woollen fillet, the wreath and the carneo headdress,
use of which seems to have been exclusive the cult of Dionysos in Magna Grecia. Two types of headdress in particular are associated with ritual dances: the first is the palm crown of kalathos shape,
which gave its name to a particular rhythmic movement; the second is a larger and more spectacular
headdress, probably related to the Karneian festival, celebrated every year in Sparta in honour of
Apollo. Study of the iconographic and literary documents identifies Taranto as the city from which
spread ritual practices showing Spartan origin.