Appunti Di Diritto Del Lavoro
Appunti Di Diritto Del Lavoro
Appunti Di Diritto Del Lavoro
DEFINIZIONE
DEFINIZIONE:
Il diritto del lavoro il complesso delle norme che regolano il rapporto di lavoro e che tutelano i
diritti fondamentali del lavoratore.
COMPOSIZIONE:
E composto da:
norme che disciplinano i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro
dal diritto sindacale, che tratta delle associazioni che rappresentano le parti del rapporto.
OGGETTO:
la disciplina delle relazioni tra datore di lavoro e lavoratore, che ha la propria fonte in un contratto
(anche se, leggendo larticolo 2126 del codice civile, sembrerebbe di capire che fonte del rapporto
non sia in realt il contratto dilavoro, ma la prestazione lavorativa di fatto).
FINE:
Il diritto del lavoro ha come fine primario quello di tutela e di garanzia del prestatore di lavoro, in
considerazione del fatto che, quanto meno economicamente, il lavoratore si trova in una posizione
di inferiorit con il datore di lavoro e, rispetto a questo, sicuramente la parte pi debole.
Esso, dunque, tutela luomo che lavora rispetto alla sua posizione di debolezza e di subordinazione
socioeconomica e giuridica.
Nel Titolo V della Costituzione, riformato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, con riferimento
alla materia lavoristica, si afferma che lo Stato ha legislazione esclusiva nella materia
dellordinamento civile (art. 117, co. 2, lett. l), mentre la tutela e sicurezza del lavoro materia di
legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni (art. 117, co. 3).
Le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge
e quindi le leggi ordinarie del parlamento e gli atti aventi forza di legge, quali il
decreto legislativo ed i decreti legge.
Sono da ricordare in particolare:
- il Codice Civile, che tratta del lavoro nel Libro Quinto,
- la legge 15/7/1966 n. 604, modificata dalla legge11/5/1990 n. 108 sui
licenziamenti individuali,
- legge 20/5/1970 n. 300, nota come statuto dei lavoratori,
- legge 11/8/1973 n. 533 sulle controversie individuali di lavoro,
- legge 9/12/1977 n. 903, integrata poi dalla successiva legge 10/4/1991 n.
125, sulla parit tra uomo e donna in materia di lavoro,
- legge 12/6/1990 n. 146 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali,
- legge 28/2/1987 n. 56 e legge 27/7/1991 n. 223 sul mercato del lavoro,
- legge 8/8/1995 n. 335 sulla riforma del sistema pensionistico
- legge 30/3/2003, detta anche riforma Biagi.
- legge 28/06/2012 n. 92, detta anche riforma Fornero
- legge 10 dicembre 2014, n. 183 detta anche Jobs Act
Regolamenti di attuazione o di esecuzione degli atti aventi forza di legge
emanati dal governo o dai ministri o da altre autorit competenti. Tali atti
contengono norme giuridiche con efficacia di atti amministrativi, pur non
essendo leggi in senso formale, n atti con forza di legge.
(2) Fonti internazionali o sovranazionali
Trattati internazionali
(ai sensi art. 35 cost.)
- carta internazionale del lavoro di Versailles del 1919,
- dichiarazione di Filadelfia del 1944,
- carta sociale europea di Torino del 1961,
- codice europeo di sicurezza sociale del 1964,
- patto delle Nazioni Unite del 1966.
Convenzioni dellO.I.L. (organizzazione internazionale del lavoro)
che sono fonti indirette, poich necessitano di un intervento legislativo da parte dello Stato che le ha
ratificate, per diventare effettive (come previsto dallart. 19 della carta costitutiva dellOIL).
Regolamenti e decisioni della CE (comunit europea) e della CECA (comunit
europea del carbone e dellacciaio)
Tali regolamenti e decisioni costituiscono fonti normative dirette ed obbligano,quindi, direttamente
gli stati membri, senza dover ricorrere a leggi di ratifica.
Nota
Larticolo 2078 del codice civile dispone:
in mancanza di disposizioni di legge o di contratto collettivo, si applicano gli usi (consuetudine).
Tuttavia, gli usi pi favorevoli ai prestatori di lavoro prevalgono sulle norme dispositive di legge.
Gli usi non prevalgono sui contratti individuali di lavoro.
Quindi gli usi prevalgono sulle disposizioni di legge se pi favorevoli ai prestatori di lavoro,
contrariamente a quanto previsto normalmente dallart 8 delle disposizioni sulla legge in generale
del codice civile.
AVVIAMENTO AL LAVORO
SISTEMA DI COLLOCAMENTO PUBBLICO
Per sistema di collocamento pubblico si intende, in Italia, un insieme di strutture pubbliche che
hanno lo scopo di fornire ai cittadini, disoccupati o in cerca di un nuovo lavoro, un utile strumento
per la ricerca di un impiego.
Esso si realizza tramite le Agenzie per il lavoro ed i Centri per l'Impiego, successori dei cosiddetti
Uffici di Collocamento, ovvero le Sezioni Circoscrizionali per l'Impiego
Il collocamento stato concepito sin dall'origine come una funzione pubblica e gratuita di
mediazione, in vista della conclusione del contratto di lavoro e con lo scopo di tutelare il lavoratore
non solo dalla speculazione degli intermediari privati, ma, pi in generale, dagli effetti negativi
dello squilibrio tra offerta e domanda che caratterizza strutturalmente il mercato del lavoro.
LUfficio di Collocamento era lorgano decentrato, a livello comunale, del Ministero del Lavoro,
presso il quale avveniva, in regime quasi assoluto di monopolio pubblico (con leccezione, ad
esempio, di alcune figure professionalmente elevate come i dirigenti), l'iscrizione alle liste del
collocamento per essere avviati al lavoro, da parte dei disoccupati e dei giovani in cerca di prima
occupazione.
Oggi, dopo labolizione delle liste di collocamento, tale precipua funzione di favorire lincontro tra
domanda e offerta di lavoro avviene principalmente per il tramite delle agenzie di somministrazione
di lavoro e, in misura minore, per il tramite di altri soggetti individuati (universit, comuni, camere
di commercio, istituti di scuola secondaria) a condizione che tale attivit venga esercitata senza
scopi di lucro.
Il nuovo sistema (il cui organo denominato Centro per lImpiego) svolge una diversa funzione
connessa in maggior parte alla fruizione di prestazioni a sostegno del reddito. Permane altres
lobbligo di comunicazione delle nuove assunzioni effettuate, peraltro entro il giorno antecedente a
quello di instaurazione del rapporto di lavoro.
Nel nuovo sistema, infine, permane la gestione della riserva di assunzioni in favore di determinati
soggetti deboli (assunzioni obbligatorie, v. collocamento obbligatorio).
Nascita e periodo post-fascista
Legge n. 264 del 29 aprile 1949 recante Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di
assistenza dei lavoriatori involontariamente disoccupati
Monopolio esclusivo degli organi dello Stato in materia di mediazione del lavoro (essendo
prevista la sanzione penale per gli intermediatori privati)
L'iscrizione in apposite liste tenute dagli Uffici di Collocamento, gli uffici periferici del
Ministero del lavoro a chi fosse interessato, privo di occupazione o in cerca di una nuova.
Chiamata numerica: il datore di lavoro che intendeva assumere del personale, doveva
presentare una "richiesta di avviamento al lavoro", nella quale andavano inseriti soltanto dati
relativi al numero dei lavoratori richiesti e la qualifica che dovevano possedere.
L'Ufficio di Collocamento disponeva l'avviamento del lavoratore.
La nominativit era richiesta solo in caso di elevata professionalit o per i familiari del datore
di lavoro.
Il lavoratore mensilmente provvedeva ad annotare su apposito tessera, il C1, conosciuto anche
come Tesserino rosa, lo stato di disoccupazione, al fine di non perdere il posto nelle
graduatoria. In caso di lavoro, invece egli veniva cancellato dalla graduatoria per reiscriversi,
su sua richiesta alla fine della prestazione lavorativa. Il rapporto di lavoro era poi trascritto sul
Libretto di Lavoro previsto dalla legge del 1935, che attestava allo SCICA l'avvenuto
effettuazione del lavoro, la qualifica conseguita, il periodo, ecc.
Periodo delle riforme
Pacchetto Treu - d.l. 1 ottobre 1996 n. 510 conv. in legge 28 novembre 1996 n. 609
Completamente liberalizzato il sistema delle assunzioni, abolendo anche l'obbligo della
richiesta preventiva.
Il principio dell'avviamento era stato sostituito in favore di un pi semplice meccanismo di
domanda e offerta.
Il lavoro interinale, precedentemente vietato dalla legge n. 1369/1960 ("Divieto di
intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di
mano d'opera negli appalti di opere e di servizi"), entra a far parte dell'ordinamento italiano, in
linea con i trattati europei. (Viene poi abrogato e sostituito dalla nuova figura della
somministrazione di lavoro, introdotta dalla legge Biagi).
attribuite alle Regioni le funzioni del mercato del lavoro in base al principio di sussidiariet, le
quali le trasferirono alle Province,
riserva allo Stato soltanto il ruolo generale di indirizzo, promozione, coordinamento e vigilanza
in materia di lavoro.
la legge n. 196/1997 introdusse il lavoro interinale in Italia.
L'attuale sistema
Legge Biagi - legge 14 febbraio 2003 n. 30
Abroga e sostituisce il lavoro interinale con la nuova figura della somministrazione di lavoro
Introducendo le Agenzie per il Lavoro, imprese di diritto privato, che insieme ai Centri per
l'Impiego forniscono un'alternativa al canale di inserimento pubblico nel lavoro.
Solo con il D. lgs. n 276/2003 si abroga la precedente disciplina della legge 197/1996, abrogando
contestualmente anche la legge n. 1369/1960, disciplinando compiutamente il nuovo istituto della
somministrazione. Ai sensi della normativa del 2003 esso rappresenta una tipologia di contratto
perfettamente lecito tra un'agenzia per il lavoro e un'impresa, con cui la prima si impegna a fornire
lavoratori, retribuendoli essa stessa, alla seconda. Ci che viene punito - penalmente - la
somministrazione abusiva o irregolare.
Questo contratto, come definito dal D.Lgs 276/2003 in origine poteva anche prevedere una
prestazione a tempo indeterminato da parte dell'agenzia, mentre ci non era previsto nella legge
Treu, la n. 196/1997. Le Agenzie sono autorizzate dal Ministero del lavoro e registrate in un albo
apposito, altrimenti si realizza il fenomeno interpositorio vietato gi dalla legge del 1960 (appalto di
mano dopera), nonch dal D. Lgs. n. 276/2003 e anche dalla Convenzione OIL. I lavoratori, per
stipulare il contratto di somministrazione, non versano alcun corrispettivo all'Agenzia, salvo per
alcune professioni particolarmente sofisticate.
La norma prevede il coinvolgimento di tre soggetti:
il lavoratore
l'utilizzatore, un'azienda pubblica o privata che necessita di tale figura professionale;
il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro che
stipula un contratto con un lavoratore;
Il lavoratore assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attivit presso
l'utilizzatore (c.d. missione).
Questo tipo di rapporto prevede quindi due contratti:
In ogni caso, il rapporto lavorativo instaurato tra il lavoratore e l'Agenzia per il lavoro, che per
legge dovr retribuire il lavoratore in maniera adeguata alla tipologia di contratto dell'azienda
utilizzatrice.
Divieti
Il contratto di somministrazione vietato nei seguenti casi:
COLLOCAMENTO MIRATO
La legge deroga al sistema della libert di assunzione, in quanto, proprio per le specificit del
lavoratore, in quanto disabile, interviene imponendo l'assunzione solo se i lavoratori fossero iscritti
in appositi elenchi in un'unica graduatoria.
La stessa legge individua i criteri per ritenere una persona disabile o meno, e prevede che il datore
di lavoro possa assumere chiamando sulla base del sistema della graduatoria. La legge del 1999 non
modifica il sistema gi in uso nel 1968. Cambia, tuttavia, l'obbligo di assunzione in quanto grava sui
datori di lavoro pubblici e privati che abbiano pi di 15 dipendenti. L'obbligo sospeso nei
confronti delle imprese che abbiano ottenuto l'intervento della Cassa integrazione guadagni o in
procedura di mobilit.
Da 15 a 35 dipendenti 1 disabile
Da 36 a 50 dipendenti 2 disabili
Oltre 50 dipendenti
almeno il 7 % di disabili
utile ricordare che, gli uffici competenti possono concedere ai datori di lavoro privati, sulla base
dei programmi presentati e nei limiti delle disponibilit del Fondo di cui al comma 4 dell'art 13:
la fiscalizzazione nella misura del 50 per cento, per la durata massima di cinque anni, dei
contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in
base alla presente legge, abbia una riduzione della capacit lavorativa compresa tra il 67 per
cento e il 79;
la fiscalizzazione totale, per la durata massima di otto anni, dei contributi previdenziali ed
assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla presente legge,
abbia una riduzione della capacit lavorativa superiore al 79 per cento;
il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro
per renderlo adeguato alle possibilit operative dei disabili con riduzione della capacit
lavorativa superiore al 50 per cento o per l'apprestamento di tecnologie di tele-lavoro ovvero
per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione
lavorativa del disabile.
IL CONTRATTO DI LAVORO
1) II CONTRATTO COLLETTIVO DI LAVORO
un accordo fra una categoria di datori di lavoro ed una associazione di lavoratori (sindacato) per
regolare i rapporti di lavoro di una data categoria di lavoratori.
Ci che viene deciso vale anche per i lavoratori non iscritti al sindacato, ma appartenenti al settore
produttivo a cui il contratto collettivo si riferisce. (diciamo meglio che questo tipo di contratto
stabilisce le regole generali di comportamento di una categoria e getta le basi sulle quali poi
impostare i singoli personali contratti);
Secondo una cospicua e autorevole dottrina il contratto collettivo sarebbe una fonte extra ordinem,
cio una fonte che pur non essendo prevista espressamente dallordinamento come tale,
concretamente opera alla stessa stregua delle fonti legali (principio di effettivit).
Un Contratto collettivo non pu abrogare una legge, pu per in melius ma anche in peius (vedi art.
4, L.223/91)
Il rapporto di lavoro ha origine contrattuale e, cio, leffetto derivante dalla stipulazione di un
contratto di lavoro individuale.
2) IL CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO SUBORDINATO
trattasi di accordo privato fra una persona, che si impegna a lavorare alle dipendenze e sotto la
direzione di un datore di lavoro e quest'ultimo appunto che si obbliga a pagare una retribuzione
(articoli da 2094 a 2134 e articoli da 2239 a 2246 del codice civile).
Le parti
Il contratto di lavoro dipendente si costituisce attraverso il consenso delle parti (accordo).
La capacit giuridica, necessaria per stipulare validamente un contratto di lavoro da parte del
prestatore si acquista al raggiungimento dell'et minima per l'ammissione al lavoro, elevata dalla
legge finanziaria 2007, al compimento del 16 anno di et.
La causa
La causa tipica del contratto di lavoro lo scambio tra il lavoro (intellettuale o manuale)
prestato in posizione subordinata e la retribuzione. Dal contratto derivano pertanto due
obbligazioni speculari: quella del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione dovuta, e quella
del lavoratore subordinato di prestare la propria opera "alle dipendenze e sotto la direzione" del
datore (art. 2094 c.c.). La dottrina oggi prevalente collega alla causa del contratto anche l'obbligo
del datore di fornire un ambiente di lavoro sicuro.
La forma
L'ordinamento italiano non prevede una particolare forma per il contratto di lavoro, che pu
pertanto essere concluso anche oralmente o per atti concludenti alla luce del principio generale di
libert della forma. La forma scritta pu tuttavia essere imposta dalla contrattazione collettiva o
dalla legge. Per previsione di legge sono ad esempio necessarie particolari forme nei seguenti casi:
La forma scritta imposta inoltre, seppur indirettamente, da altre norme, che di fatto la rendono
indispensabile per assolvere a vari obblighi che il legislatore pone in capo al datore di lavoro a pena
di sanzioni amministrative.
L'oggetto
L'oggetto del contratto di lavoro costituito dalla prestazione lavorativa (manuale o intellettuale)
e dalla retribuzione che il datore di lavoro ha l'obbligo di corrispondere come controprestazione.
La concreta prestazione lavorativa determinata contrattualmente, nel senso che il lavoratore deve
essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto, mansioni che vengono specificate nella
lettera di assunzione. L'oggetto del contratto, oltre ad essere determinato o determinabile, deve
altres essere lecito e possibile (artt. 1346 c.c.), pena la nullit del contratto (art. 1418 c.c.). La
prestazione dedotta in contratto non pu quindi risolversi in un'attivit impossibile (di fatto o di
diritto), n pu porsi in contrasto con norme imperative, con l'ordine pubblico o con il buon
costume.
Il contratto di lavoro :
- A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE,(sinallagmatiche)
Ne derivano due obbligazioni: prestazione di lavoro e retribuzione
- ONEROSO, TIPICO, CONSENSUALE,
- A TEMPO DETERMINATO O A TEMPO INDETERMINATO,
- INTER VIVOS.
Caratteristiche
- occorre laccordo delle parti,
- loggetto (che la prestazione del lavoro e la relativa retribuzione),
- la retribuzione, che pu essere a tempo (per esempio un tanto allora o al
mese), oppure a cottimo, se commisurata al risultato.
- la retribuzione potrebbe anche venire commisurata ai guadagni dellimprenditore ed allora si dice
che con partecipazione agli utili.
1.Lavoro subordinato
Il lavoro subordinato, informalmente detto anche lavoro dipendente, indica un rapporto di lavoro
nel quale il lavoratore cede il proprio lavoro (tempo ed energie) ad un datore di lavoro in modo
continuativo, in cambio di una retribuzione monetaria, di garanzie di continuit e di una parziale
copertura previdenziale.
Cenni storici
In un primo momento, alla fine del XIX secolo, non avendo veri e propri riferimenti legislativi ma
trovandosi di fronte a un contesto storico-sociale che richiedeva un intervento, i legislatori e la
dottrina utilizzarono lo schema tradizionale della locazione.1 .
In Italia, secondo il codice del commercio, il lavoro subordinato veniva visto come:
locatio operarum, cio un "prestare le proprie energie lavorative"
differenziandosi dalla
locatio operis come normale obbligazione di risultato
Caratteristiche
Normalmente il lavoro subordinato regolato/disciplinato da un contratto di lavoro col datore di
lavoro, che stabilisce mansioni, orario di lavoro, luoghi e remunerazione della prestazione. Il
lavoratore dipendente pu esercitare la sua attivit di lavoro subordinato sia nel campo del lavoro
privato (presso azienda e/o impresa) sia ne campo del lavoro pubblico (pubblica amministrazione,
quali enti pubblici o enti parastatali).
Esso attualmente la forma lavorativa pi diffusa nel mondo economico e la rispettiva figura di
lavoro posta al centro del diritto del lavoro.
A questa forma di lavoro vengono contrapposte le forme di lavoro autonomo (senza garanzie e
continuit) e quelle di conduttori dell'attivit di impresa (imprenditore, amministratore delegato,
datore di lavoro).
Non esiste nessuna definizione formale di lavoro dipendente nell'ordinamento italiano. L'articolo
2094 del codice civile italiano, rubricato come "Prestatore di lavoro subordinato", si limita ad
enunciare la definizione di prestatore di lavoro:
prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa,
prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore.
La locazione, in diritto, costituisce il contratto con il quale una parte (detta locatore) si obbliga a permettere a un altro
soggetto (conduttore o locatario) l'utilizzo di una cosa per un dato tempo in cambio di un determinato corrispettivo (la
cosiddetta "pigione" o "canone"). Il giurista Francesco Carnelutti osserva che non sarebbe corretto parlare di locazione
di energie umane perch soggette a consumo e deterioramento, incompatibili con l'obbligo di restituzione alla scadenza.
Pertanto, egli indica come vero oggetto della locazione: il corpo del lavoratore distinguendolo dalla persona del
lavoratore.
ma comunque determinato; una retribuzione anch'essa fissa e determinata, con l'assenza di rischio
per il lavoratore.
RIEPILOGO CARATTERISTICHE
Criteri identificativi del lavoro subordinato:
assoggettamento al potere direttivo (impartire continue e dettagliate istruzioni per lesecuzione
dellattivit lavorativa)
continuit della prestazione (dalla quale si desume che oggetto dellobbligazione unattivit e
non un risultato)
obbligo di rispettare lorario di lavoro
carattere fisso e continuativo della retribuzione (e la conseguente inesistenza di un rischio per il
lavoratore)
Per la conclusione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato vige il principio della
libert di forma. Ci significa che possibile la conclusione anche per fatti concludenti o in forma
orale.
In alcuni casi particolari, per, il legislatore stesso ha previsto la forma scritta a pena di nullit,
quali ad esempio il contratto di lavoro del personale navigante (art. 328 cod. nav.) e il contratto di
lavoro sportivo (Legge 91/1981).
Nel caso in cui le parti intendano inserire nel contratto a tempo indeterminato degli elementi
accessori, questi devono risultare da atto scritto. Ci si riferisce al patto di prova che richiede la
forma scritta ad substantiam2 (art. 2096 c.c.), alla ipotesi in cui la prestazione di lavoro sia a tempo
parziale (forma scritta ad probationem3, art. 2, D.Lgs. 61/2000), ovvero alla previsione del patto di
non concorrenza per il tempo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro (forma scritta ad
substantiam, art. 2125 c.c.).
In ogni caso, una volta concluso il contratto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro
tenuto a fornire, per iscritto, al lavoratore assunto tutte le informazioni relative al rapporto,
quali:
possibile che il contratto individuale, per alcune informazioni, rimandi al contratto collettivo
nazionale di lavoro (Ccnl) di riferimento. Il periodo di prova, che serve ad entrambe le parti per
valutare la convenienza del rapporto di lavoro, e la relativa durata sono normalmente stabiliti dai
diversi contratti collettivi, entro la durata massima fissata dalla legge di sei mesi. Il lavoratore ha
diritto anche nel periodo di prova di percepire una retribuzione non inferiore a quella prevista dal
contratto collettivo di categoria.
L'oggetto
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ha un duplice oggetto: lattivit lavorativa
economicamente utile e la retribuzione.
Loggetto della prestazione lavorativa deve essere determinata o determinabile, oltre che lecita e
possibile.
Per quanto attiene la retribuzione, se questa non determinata al momento della conclusione del
contratto, pu essere determinata (o rideterminata, nel caso in cui non sia equa e sufficiente in
relazione alla quantit e qualit del lavoro reso, come previsto dallarticolo 36 Costituzione) dal
Giudice, il quale opera avendo a riferimento la misura (minima, inderogabile in pejus) determinata
dal CCNL.
Causa
2
3
Ad substantiam: forma obbligatoriamente richiesta per dare piena sostanza ad un atto giuridico
Ad probationem: ai fini della prova della sussistenza del contratto e non della sua validit
Come per tutte le tipologie di contratto di lavoro subordinato la causa rappresentata dalla scambio
di una prestazione lavorativa contro un corrispettivo: il lavoratore si impegna a prestare la propria
attivit a favore del datore di lavoro il quale tenuto a corrispondergli la retribuzione.
La causa deve essere lecita.
Cessazione del contratto - Recesso
Poich questo contratto non ha un termine di durata, perch si risolva, salvo il caso di accesso alla
pensione, necessario un atto di recesso. Il recesso dal contratto deve avvenire in forma scritta e
pu essere concordato dalle parti, scelto dal lavoratore (dimissioni) o scelto dal datore di lavoro
(licenziamento).
Il datore di lavoro pu licenziare un dipendente a tempo indeterminato solo per:
una giusta causa, ossia solo in caso di gravi azioni commesse dal lavoratore che non permettano lo
svolgersi della normale attivit.
un giustificato motivo oggettivo (ragioni inerenti all'attivit produttiva, all'organizzazione del
lavoro e al suo regolare funzionamento)
un giustificato motivo soggettivo (inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di
lavoro, meno grave della giusta causa).
Il lavoratore, invece, libero di dare le dimissioni senza dover addurre alcuna motivazione. Sia in
caso di licenziamento (tranne che per giusta causa) sia in caso di dimissioni, chi decide di
interrompere il contratto di lavoro deve dare un preavviso allaltro soggetto coinvolto, la cui durata
di norma stabilita dal contratto collettivo di riferimento. In mancanza di preavviso, chi recede
tenuto a versare all'altra parte un'indennit equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe
spettata per il periodo di preavviso.
Il lavoratore ha diritto di recedere immediatamente dal rapporto, senza obbligo di dare il preavviso,
in presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro tale da non permettere la prosecuzione,
neppure provvisoria, del rapporto (ad esempio nel caso di mancato pagamento della retribuzione).
disciplinare), nel senso di una ulteriore riduzione, rispetto a quanto gi operato dalla legge n.
92/2012, dellarea della tutela reale (vale a dire della reintegrazione nel posto di lavoro) e,
contemporaneamente, di un netto ampliamento dellarea della tutela obbligatoria (indennit) in
caso di licenziamento illegittimo, con forte riduzione, per le imprese pi grandi, della misura delle
indennit risarcitorie.
Il primo comma dellart. 3 del decreto regola la tutela obbligatoria, prevedendo che nei casi in cui
risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo
(licenziamento economico) o per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (licenziamento
disciplinare), il giudice deve dichiarare estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e
condannare il datore di lavoro al pagamento di una indennit non assoggettata a contribuzione
previdenziale. La tutela reale viene mantenuta unicamente con riferimento alle fattispecie di
licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (c.d. licenziamento
disciplinare) nelle quali sia direttamente dimostrata in giudizio la non sussistenza del fatto
materiale contestato al lavoratore, escludendo cos ogni valutazione discrezionale del giudice anche
in merito alla sproporzione del licenziamento rispetto alla effettiva gravit del fatto contestato.
Ne deriva una sostanziale inversione dellonere probatorio rispetto alla giustificatezza del
licenziamento intimato: il lavoratore che deve dimostrare linsussistenza del fatto materiale
contestato.
In questa ipotesi il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro allimmediata
reintegra del lavoratore e al pagamento di una indennit risarcitoria commisurata allultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento fino a quello della
effettiva reintegrazione.
Evoluzione storica
La Legge n. 230/1962
Il D.Lgs. n. 368/2001, emanato in attuazione della direttiva 1999/70/CE, ha liberalizzato la
disciplina del termine, abrogando la precedente L. n. 230/1962.
I requisiti per la valida instaurazione di un rapporto a termine rimangono quelli di forma e di
sostanza, gi richiesti dalla previgente disciplina, oltre ai nuovi requisiti di tipo quantitativo e
negativo.
Forma: scritta ad substantiam; l'apposizione del termine, cos come le relative ragioni
giustificatrici, deve risultare da atto scritto.
Sostanza: ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
In caso di violazione dei requisiti di forma, di sostanza o dei divieti imposti, il rapporto di lavoro si
considera a tempo indeterminato fin dall'origine.
Il termine del contratto pu essere prorogato, col consenso del lavoratore, per una sola volta e per la
stessa attivit lavorativa, purch sussistano ragioni oggettive e la durata complessiva del rapporto
non superi i 3 anni. Se il rapporto continua di fatto dopo la scadenza del termine, si considera a
tempo indeterminato a partire dal ventesimo o trentesimo giorno di continuazione, a seconda che il
termine fosse inferiore o superiore a sei mesi. Allo stesso modo, il rapporto si considera a tempo
indeterminato se il lavoratore viene riassunto entro 10/20 giorni dalla scadenza del termine (sempre
a seconda che la durata del contratto sia inferiore o superiore a 6 mesi).
Il Jobs Act - Legge 183/2014
Il decreto Poletti varato dal Governo Renzi (D.L. 34/2014 convertito in legge n.78/2014) ha
liberalizzato totalmente le assunzioni a tempo determinato, escludendo la necessit di una ragione
acausalit (che precedentemente il datore di lavoro doveva enunciare e, in caso di contestazione,
provare) tecnica, organizzativa, produttiva o sostitutiva che legittimasse il ricorso al contratto a
tempo determinato. Ha, inoltre, stabilito la durata massima del contratto in 36 mesi. Per gli
assunti a tempo determinato (e con qualsiasi altra forma contrattuale) dopo l'entrata in vigore del
Jobs Act, dopo tre anni prevista la conversione al nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti. Dunque la legge pone, quale concreto e unico limite delle assunzioni a termine, l'obbligo
di contingentamento delle stesse.
In particolare:
nelle imprese fino a 5 dipendenti sempre possibile assumere lavoratori a termine (non si
impone alcun rapporto percentuale rispetto ai lavoratori non a termine);
nelle imprese con organico superiore a 5 dipendenti, il numero complessivo di contratti a
termine stipulati dal datore non pu superare il 20% del numero dei dipendenti a tempo
indeterminato in forza al 1 gennaio dellanno di assunzione. In caso di violazione del limite
percentuale in questione, il datore di lavoro soggetto a pesanti sanzioni amministrative di
natura pecuniaria: per ogni lavoratore assunto in eccedenza la sanzione pari al 50% della
retribuzione del lavoratore per ogni mese di lavoro (20% se si tratta di un solo lavoratore in pi).
Sono esenti dal limite del 20%, nonche' da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti
collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di avvio di nuove attivita';
b) da imprese start-up innovative per il periodo di quattro anni dalla costituzione della societ;
c) per lo svolgimento delle attivit stagionali;
d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
la proroga deve riferirsi alla stessa attivit lavorativa per la quale il contratto stato
stipulato;
deve essere rispettata la durata massima di 3 anni, indipendentemente dal numero di rinnovi;
richiesto il consenso del lavoratore.
Qualora venissero effettuate due assunzione successive a termine senza alcuna soluzione di
continuit, l'ordinamento prescrive la trasformazione del rapporto di lavoro in lavoro a tempo
indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.
Termine massimo
Salvo diverse previsioni previste dalla Contrattazione collettiva, la legge stabilisce la durata
massima complessiva pari a 36 mesi per il rapporto a tempo determinato tra uno stesso datore di
lavoro e lavoratore per lo svolgimento delle stesse mansioni. Ai fini del calcolo del limite di durata
devono essere considerati tutti i rinnovi del contratto, nonch le proroghe e i periodi di tempo in cui
il lavoratore ha svolto la stessa attivit in regime di somministrazione a tempo determinato. Nel
caso di violazione del limite di durata complessiva, il rapporto di lavoro si considera a tempo
indeterminato a partire dalla scadenza del termine di 36 mesi.
Schema violazioni e relative sanzioni
Mancanza della forma scritta trasformazione a T.I.
Mancanza dellapposizione del termine trasformazione a T.I.
Superamento del limita del 20% dei dipendenti a T.I. sanzione amministrativa
Superamento del limite dei 30 o 50 giorni di proroga del termine trasformazione a T.I.
Inosservanza del limite dei 10 o 20 giorni fra riassunzioni a T.D. trasformazione a T.I.
Superamento del limite dei 36 mesi complessivi trasformazione a T.I.
L'impugnazione stragiudiziale con la quale si intenda far valere la nullit del termine va presentata
entro 120 giorni dalla cessazione del contratto, mentre il ricorso al Giudice del lavoro va proposto
entro i successivi 180 giorni.
In caso di illegittimit del contratto a termine, l'indennit risarcitoria e la conversione del rapporto
di lavoro in uno a tempo indeterminato, da considerarsi onnicomprensiva di tutti i danni e
pregiudizi retributivi e contributivi subiti dal lavoratore.
Divieto di applicazione
Non possono essere effettuate assunzioni a termine nei seguenti casi:
Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato per almeno 6 mesi, potr far valere il diritto
di precedenza sui nuovi contratti a termine stipulati dallazienda per le stesse mansioni, nei 12 mesi
successivi al termine del suo contratto.
Svolgimento del rapporto
Vige il principio di non discriminazione, per cui sotto il profilo del trattamento economico
normativo stabilita la piena parificazione del lavoratore a tempo determinato con quello a tempo
indeterminato.
Licenziamento
Il lavoratore assunto a tempo determinato non pu essere licenziato prima della scadenza del
termine se non per giusta causa, cio per un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione,
neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Non possibile, in altre parole, il licenziamento per
giustificato motivo, sia soggettivo che oggettivo (ad esempio per riduzione dell'attivit
dell'impresa).
Il licenziamento intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del
lavoratore al risarcimento del danno, pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore
fino alla scadenza inizialmente prevista, dedotto quanto eventualmente percepito dal lavoratore
lavorando presso un altro datore di lavoro nel periodo considerato.
Storia
Il contratto part-time si sviluppato come prassi nellambito dei rapporti di lavoro ed ha trovato una
prima disciplina soltanto negli anni ottanta. Successivamente il lavoro a tempo parziale ha trovato
una pi organica disciplina nel 2000, con il D.Lgs n. 61/2000 (modificato poi dall'art. 46 della
Legge Biagi e poi dalla L. n. 247/ 2007).
La disciplina di tale istituto stata inclusa nel D.Lgs. 81/2015 (decreto attuativo del Jobs Act) che
ha abrogato il Decreto Legislativo 61/2000.
Tipologia
La riduzione dell'orario di lavoro pu avvenire secondo tre modelli:
Forma
Deve essere redatto in forma scritta ad probationem (ai fini della prova- in mancanza quindi non
c' nullit del contratto, ma si presume contratto di lavoro a tempo pieno) e deve contenere
lindicazione precisa della durata della prestazione lavorativa e dell'orario di lavoro, con riferimento
al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.
Strumenti di flessibilit
Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro ha la facolt di richiedere,
entro i limiti dell'orario normale di lavoro, lo svolgimento di prestazioni supplementari,
intendendosi per tali quelle svolte oltre l'orario concordato fra le parti.
Lorario pu per essere modificato tramite lapposizione, in forma scritta nel contratto, di apposite
clausole, la cui applicazione deve essere preavvisata (di almeno 2 giorni prima) al lavoratore:
il lavoro supplementare lorario di lavoro prestato oltre l'orario di lavoro stabilito nel
contratto individuale di lavoro part-time orizzontale (anche a tempo determinato), ma entro
il limite del tempo pieno. I CCNL stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro
supplementare effettuabili, nonch le conseguenze del suo superamento. Nei settori privi di
una regolamentazione collettiva, comunque possibile incrementare lorario di lavoro per
un massimo del 25% a fronte di una maggiorazione retributiva onnicomprensiva del 15%.
il lavoro straordinario: il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro full-time fissato
dalla legge o dal contratto collettivo. ammissibile solo nel rapporto di lavoro part-time di
tipo verticale o misto anche a tempo determinato.
La clausola elastica determina un incremento definitivo della quantit della prestazione, a differenza
dello straordinario o del supplementare ove si verifica solo un aumento temporaneo della stessa.
comunque previsto il diritto al ripensamento ossia la possibilit di revocare il consenso
allapposizione di tali clausole qualora il lavoratore si trovi in determinate condizioni.
Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell'orario di lavoro non costituisce giustificato
motivo di licenziamento.
lavoratori e lavoratrici che debbano assistere una persona covivente con una inabilit
lavorativa totale e permanente, alla quale sia stata riconosciuta una percentuale di invalidit
pari al 100%, con necessit di assistenza continua;
lavoratori e lavoratrici che abbiano un figlio convivente di et non superiore a 13 anni o un
figlio convivente portatore di handicap.
La possibilit di trasformazione a part-time poi possibile per i lavoratori genitori che lo chiedano
in alternativa alla fruizione del congedo parentale.
Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
Apprendistato
Indica una tipologia di contratto la cui causa lo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione a
cui si aggiunge lobbligo formativo a carico del datore di lavoro.
Definizione
Il datore di lavoro, nellesecuzione dellobbligazione posta a suo carico, tenuto ad erogare, come
corrispettivo della presentazione di lavoro, non solo la retribuzione, ma anche la formazione
necessaria allacquisizione delle competenze professionali o alla riqualificazione di una
professionalit. Queste due obbligazioni hanno pari dignit e non sono tra loro alternative o
accessorie.
Il rapporto di lavoro si basa su un patto fra datore di lavoro e lavoratore dipendente, in base al quale
l'apprendista accetta condizioni contrattuali peggiori (in termini ad esempio di retribuzione, di
durata del rapporto, di ammortizzatori sociali) in cambio di una formazione specializzata tale da
garantirgli una cospicua crescita professionale. Mentre lapprendista ha la convenienza di imparare
una professione, il datore di lavoro ha la possibilit di beneficiare di agevolazioni di tipo normativo,
contributivo ed economico.
Gli apprendisti, infatti, possono essere retribuiti meno rispetto agli altri lavoratori adibiti alle stesse
mansioni e inquadrati fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del
contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono
qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali finalizzato il contratto. In
alternativa, possibile stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale e in modo
graduale all'anzianit di servizio. La retribuzione non pu essere a cottimo o a incentivo.
Linserimento in azienda tramite apprendistato , inoltre, sostenuto da notevoli incentivi economici
(come la contribuzione agevolata pari al 10% della retribuzione per le aziende con pi di 9
dipendenti o lo sgravio totale per quelle con meno di 9 dipendenti o la deducibilit delle spese e dei
contributi dalla base imponibile Irap), economici (come la possibilit di un sotto) o normativi (come
lesclusione degli apprendisti dal computo dei dipendenti per determinati fini di leggi).
Disciplina normativa
L'evoluzione normativa italiana in merito a questo istituto contrattuale pu articolarsi in tre tappe
legislative fondamentali:
Legge n. 25/1955, che per prima disciplina compiutamente l'apprendistato introducendo
importanti sgravi fiscali a favore del datore di lavoro;
Pacchetto Treu Legge n.196/2003 che riforma ampiamente l'istituto contrattuale
scendendo nel merito della formazione da impartire all'apprendista e che per prima introduce
la "formazione esterna" all'azienda, delegandone il coordinamento alle Regioni;
Testo Unico D.Lgs. 276/2003, ossia il decreto di attuazione della cosiddetta Legge Biagi,
che articola ulteriormente l'apprendistato in tre fasce: l'apprendistato per l'espletamento del
diritto/dovere di istruzione e formazione, l'apprendistato professionalizzante e l'apprendistato
per l'acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione;
Legge 92/2012, la riforma della Fornero, in cui il contratto per completare gli studi va dai
ragazzi dai 16 ai 25 anni il contratto professionalizzante diventato di mestiere e il contratto
di alta formazione pu fare ottenere titoli universitari, di scuola superiore, ecc;
JOBS ACT Decreto attuativo D.Lgs 81/2015,
Larticolo 41 definisce lapprendistato come un contratto di lavoro a tempo indeterminato
finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.
Forma e caratteristiche
Il contratto di apprendistato:
e' stipulato in forma scritta ad probationem (ai fini della prova);
contiene, in forma sintetica, il patto di prova ed il piano formativo individuale definito anche
sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali;
ha una durata minima non inferiore a sei mesi. Al termine del periodo di apprendistato le parti
possono recedere dal contratto. Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come
ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
per le regioni e le province autonome che abbiano definito un sistema di alternanza scuolalavoro, la contrattazione collettiva pu definire specifiche modalit di utilizzo di tale contratto,
anche a tempo determinato, per le attivit stagionali.
Tipologie
Ci sono tre tipi di apprendistato:
Apprendistato professionalizzante
Forma
richiesta la forma scritta del contratto ad probationem (anche se solo ai fini della prova della
sussistenza del contratto e non per la sua validit) indicando i contenuti previsti per legge, tra cui la
durata a tempo determinato o indeterminato.
Normativa
La disciplina normativa contenuta nel Decreto Legislativo di riordino delle tipologie contrattuali,
il D.lgs. 81/2015 di attuazione della Legge delega n.183/2014 Jobs Act
Presupposti
1. oggettivo: deve essere previsto nel contratto collettivo, anche aziendale, applicato dal datore di
lavoro. In mancanza, i casi di utilizzo sono individuati con decreto ministeriale;
2. soggettivo: pu essere concluso esclusivamente con soggetti con meno di 24 anni di et, purch
le prestazioni siano svolte entro il 25 anno, e con pi di 55 anni.
Durata
Il contratto di lavoro intermittente ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di
lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro
nell'arco di tre anni solari, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello
spettacolo. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un
rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Tale contingentamento non si applica ai settori
del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Caratteristiche
Sono previste due forme di contratto di lavoro intermittente:
con obbligo di disponibilit: il lavoratore obbligato a restare disposizione del datore per
svolgere la prestazione lavorativa, quando il datore lo richiede. In tal caso riconosciuta al
lavoratore una indennit mensile di disponibilit determinata dai contratti collettivi.
Durante il periodo in cui resta disponibile, sia in presenza di un obbligo di disponibilit, sia
nel caso contrario, non titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, non
matura quindi alcun trattamento economico o normativo, salvo leventuale indennit di
disponibilit. In tale periodo inoltre, entrambe le parti possono recedere liberamente dal
contratto.
senza obbligo di disponibilit: il lavoratore libero di rifiutarsi, se richiesto, di prestare la
propria attivit. In tal caso il lavoratore avr diritto alla retribuzione corrispondente alle sole
ore di lavoro effettivamente prestate.
Il lavoratore intermittente non deve comunque ricevere per i periodi lavorati, un trattamento
economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a
parit di mansioni svolte (principio di non discriminazione).
Divieti
Il contratto di lavoro intermittente vietato:
il lavoratore
l'utilizzatore, un'azienda pubblica o privata che necessita di tale figura professionale;
il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro che
stipula un contratto con un lavoratore;
Forma
Il contratto di somministrazione di manodopera esige la forma scritta, in assenza della quale il
contratto nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto
che ne utilizza la prestazione lavorativa.
Tipologie
Il contratto di somministrazione pu essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato e
pu essere concluso anche come rapporto a tempo parziale.
b) Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing)
Era segregato dalla legge a una manciata di casi, per lo pi riferibili ad attivit ausiliarie e no core,
indicati tassativamente dalloramai abrogato art. 20, comma 3, del D. Lgs. 276/03 (attivit quali
consulenza e assistenza informatica, pulizia, custodia e portineria, gestione di call-center, ecc.).
Durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore.
Durante tali periodi di inattivit, al lavoratore spetta un'indennit di disponibilit.
Il sistema della acausalit viene esteso dal Jobs Act allistituto dello staff leasing, che diviene oggi
utilizzabile da qualsiasi utilizzatore per qualsivoglia esigenza o mansione, entro il limite del 20%
(derogabile in sede di contrattazione collettiva) del numero dei lavoratori assunti a tempo
indeterminato in forza presso lutilizzatore al 1 gennaio dellanno di stipula del contratto, a
condizione che i lavoratori impiegati siano assunti a tempo indeterminato dallagenzia.
b) Il contratto di somministrazione a tempo determinato
Prima del Jobs act, che ha liberato definitivamente tali istituti dalla morsa del vincolo delle ragioni
di ricorso (acausalit), era ammesso esclusivamente a fronte di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili allordinaria attivit dellutilizzatore
(esempio, necessit di un incremento di manodopera per far fronte a picchi temporanei di attivit
dovuti a circostanze eccezionali o alle attivit stagionali, o sostituzione di lavoratori assenti per
malattia, ferie, ecc.). Resta oggi sempre possibile il ricorso alla somministrazione a termine a
prescindere dallesistenza o meno di una concreta esigenza di carattere transitorio in capo
allutilizzatore.
Al contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, si applicano le regole del contratto
a termine, escluse le disposizioni in materia di riassunzione, diritto di precedenza, successione dei
contratti e durata complessiva.
Divieti
Il contratto di somministrazione vietato nei seguenti casi:
A titolo di sanzione civile la legge prevede che il mancato rispetto di alcune disposizioni dell'istituto
portano a costituire in capo all'utilizzatore un rapporto di lavoro subordinato ordinario.
2. Il lavoratore autonomo
Il lavoro autonomo una figura prevista dal diritto del lavoro italiano, definita dall'art. 2222 del
codice civile italiano come colui che si obblighi a compiere, a prezzo di un corrispettivo, un'opera o
un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti di
un committente. Le modalit, il luogo e il tempo di esecuzione dell'opera o del servizio sono
controllate liberamente dallo stesso lavoratore.
Esso identifica dunque l'attivit di lavoro dei cosiddetti liberi professionisti e dei lavoratori
autonomi manuali, con esclusione delle figure imprenditoriali, e necessita dell'apertura di partita
IVA.
Si distinguono, dunque, le seguenti categorie:
imprenditore: colui che esercita in conto proprio una professione o arte liberale (da 1 a un massimo
di 5 addetti);
lavoratore in proprio (commercianti, artigiani): colui che gestisce unazienda partecipandovi col
proprio lavoro manuale, che non si avvale della collaborazione di addetti o collaboratori e che
svolge la sua attivit in via continuativa, non occasionale;
libero professionista (regolamentati e non): colui che esercita in conto proprio una professione o
arte liberale, che svolge attivit autonoma in modo continuativo e non occasionale, in piena
autonomia rispetto al committente e che non si avvale di alcun addetto.
Socio di cooperativa di produzione di beni e/o prestazione di servizi, coadiuvante familiare:
colui che collabora con un familiare che svolge unattivit in conto proprio, senza avere un
rapporto di lavoro regolato da un contratto.
Il lavoratore autonomo svolge la propria attivit con mezzi prevalentemente propri e non del
committente, e con piena discrezionalit circa il tempo, il luogo e le modalit della prestazione.
Non ha dunque vincoli di subordinazione nei confronti del committente, il quale non ha i poteri
direttivi, di controllo e disciplinare tipici del datore di lavoro subordinato. In ogni caso il
prestatore di lavoro autonomo pu essere obbligato al rispetto dei limiti e delle condizioni
contenute nel contratto di servizio stipulato col committente.
RIEPILOGO:
Gli elementi distintivi essenziali sono:
loggetto della prestazione deve essere un risultato;
lo svolgersi della prestazione deve avvenire senza vincolo di subordinazione al committente;
il lavoratore opera in modo indipendente, salve le indicazioni di massima del committente;
il lavoratore utilizza mezzi ed attrezzature propri.
Gli elementi distintivi sussidiari sono:
lesecuzione del lavoro anche allesterno della struttura del datore di lavoro;
la modalit di determinazione della retribuzione non a tempo ma a risultato;
il versamento del compenso non a cadenze periodiche;
lassenza di vincolo di orario e di obbligo di preavvertire in caso di assenza;
lestraneit al rischio dimpresa e al risultato;
loggetto della prestazione (prestazioni di realizzazione di un risultato specifico e non
prestazioni di energie lavorative).
3. Il lavoratore parasubordinato
Le recenti modificazioni sociali ed economiche avviate dalla seconda met degli anni settanta
hanno portato all'identificazione, oltre che di varie categorie di lavoratori, alla nascita di nuove
figure contrattuali nell'ambito del lavoro: si parla infatti di rapporti di lavoro dove l'oggetto
dell'obbligazione non "un risultato" ma un'attivit, sebbene il lavoratore non sia subordinato al
datore (es. contratto a progetto).
Con lavoro parasubordinato si indica, nel diritto del lavoro italiano, un tipo di lavoro che presenta
caratteristiche intermedie tra quelle del lavoro subordinato e quelle del lavoro autonomo.
Requisiti caratteristici sono:
il carattere prevalentemente personale della prestazione, non svolta in forma imprenditoriale;
la continuit lavorativa della prestazione in un determinato periodo di tempo, quindi non
occasionale;
la coordinazione con l'attivit del committente, senza esserne suo dipendente.
Tipologie
Il Codice Civile
Il Codice civile italiano distingue in modo preciso il prestatore di lavoro subordinato - che, ai sensi
dell'art. 2094, opera "alle dipendenze o sotto la direzione dell'imprenditore" - dal contratto d'opera,
proprio invece del lavoratore autonomo, il quale, come recita l'art. 2222, "si obbliga a compiere...
un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione".
La definizione originaria lascia alcuni dubbi:
Fino a che punto pu spingersi il controllo da parte del preponente, senza che si abbia una
vera e propria subordinazione?
Fino a che punto esso il frutto di una libera negoziazione tra le parti, e non, piuttosto, di un
prepotere contrattuale del contraente imprenditore?
Queste domande, pressoch ignorate dal legislatore del 1942, riassumono il senso e il problema
sempre aperto del lavoro "parasubordinato": individuare le situazioni concrete che, pur non
rientrando nella subordinazione vera e propria, richiedono, oggettivamente, l'applicazione di
(alcune) forme di tutela proprie di quella.
Nel 2003, per la prima volta, si cerca di dare confini e di marcare la differenza tra il
"coordinamento" (compatibile con il lavoro autonomo) e la "eterodirezione", elemento essenziale
della fattispecie di lavoro subordinato prevista dall'articolo 2094 del Codice civile.
Il legislatore di allora fa una scelta: il lavoro autonomo solo quello che produce un risultato, ergo
ci vuole un progetto che ne descriva in modo pertinente il contenuto, cio l'oggetto non pu essere
una mera attivit e non pu essere a tempo indeterminato. Se il progetto manca, il rapporto, che
autonomo, diventa subordinato. E si discute se si possa provare il contrario.
La norma non funziona e crea storture giuridicamente inaccettabili. In pi, la tipizzazione del
contratto a progetto fa pensare a molti che sia sufficiente scrivere un documento in cui ci sia il
riferimento alle norme e ad un fantasioso ed improbabile progetto, per essere al sicuro.
Ma non era cos. Oggi il legislatore cambia decisamente rotta.
La collaborazione continuativa e coordinata si pu fare, si pu fare a tempo indeterminato, un
contratto di lavoro autonomo per fornire non un'opera ma un servizio continuativo. Ma se la
prestazione che ne l'oggetto possiede alcune caratteristiche, gli si applica la disciplina del lavoro
subordinato. In pratica, la distinzione torna ad essere quella tra coordinamento/eterodirezione, ma
con una importante e decisiva precisazione. L'eterodirezione si svuota un po' del suo contenuto "di
comando" - di esercizio del potere determinativo, direttivo e disciplinare -, per collocarsi a un
livello pi basso e forse pi indefinito, di "eteroorganizzazione": se l'azienda che decide il
"quando" e il "dove" lavorare, allora, si applicano le regole del lavoro subordinato, anche se,
magari, il collaboratore ha la facolt di decidere il "come" lavorare. Viceversa, se il collaboratore ha
la facolt di decidere il "se", il "quando" e il "dove" lavorare, allora si nell'ambito di un genuino
rapporto di lavoro autonomo che pu avere come oggetto anche un'attivit (senza la necessit di uno
specifico risultato) ed essere a tempo indeterminato. chiaro quindi che oggi fare un contratto di
lavoro autonomo diventa un esercizio assai delicato, ricordando comunque e sempre che non
sufficiente scrivere contratti, anche bellissimi, se poi di fatto l'esecuzione del rapporto avviene in
modo diverso.
La legge Biagi
La legge 276/2003 (riforma del lavoro) interviene sui contratti atipici stabilendo che le
collaborazioni dovranno essere legate ad un progetto, specificato in forma scritta, cos come la sua
durata ed il relativo corrispettivo. In tal modo, tutto ci che non rientra in questa formula sar
considerato lavoro subordinato, a tempo determinato o a tempo indeterminato (vengono esclusi
dalle nuove regole: i pensionati di vecchiaia, le professioni intellettuali con iscrizioni in albi
professionali, le co.co.co rese ad associazioni e societ sportive, i componenti di organi di
amministrazione di societ, i partecipanti a commissioni e collegi).
Il Jobs Act
Con D.lgs 81/2015, in attuazione della legge delega 183/2014 art. 1 c.7, stato attuato il riordino
delle tipologie contrattuali ed stato abolito il contratto a progetto, salvo casi particolari
(professionisti iscritti ad albi, componenti degli organi di amministrazione e controllo delle societ e
dai partecipanti a collegi e commissioni).
A partire dal 1gennaio 2016 inizier la seconda fase che prevede la riconduzione del co.co.pro.
nellambito dei meccanismi del lavoro subordinato. Vale a dire che, a decorre da questa data, ai
rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali,
continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalit di esecuzione siano organizzate dal
committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, verr applicata la disciplina
relativa al lavoro subordinato.
COMMENTO
Il legislatore quindi ha fatto una scelta: pi rapporti di lavoro subordinato con maggiore flessibilit
e un minor numero di contratti di lavoro autonomi. Un contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato pu essere fatto cessare per motivi economici con costi molto contenuti, che
addirittura possono essere inferiori a quelli di un contratto a progetto. Se facciamo l'ipotesi di un
contratto a progetto di un anno per sviluppare nuove attivit, che dopo sei mesi non funziona per
qualunque motivo, il costo di un recesso pari a sei mesi (il compenso del recesso fino al termine),
ma potrebbe invece essere di due soli mesi (ricorrendo alla conciliazione prevista dall'articolo 6 del
Digs 23/2015) se fosse un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Inoltre, con le nuove norme in materia di mansioni, anche la gestione del rapporto di lavoro
subordinato diventa pi flessibile rispetto a prima e lo , certamente, rispetto ad un contratto di
lavoro a progetto nell'ambito del quale non possibile modificare unilateralmente l'oggetto del
contratto.
Lavoro accessorio
Definizione
Per contratto di lavoro accessorio si intende linsieme di prestazioni lavorative che non danno
luogo, con riferimento alla totalit dei committenti, a compensi superiori a 7.000 netti (9.333
lordi) nel corso di un anno civile (dal 1 gennaio al 31 dicembre).
Con lavoro accessorio si inteso regolamentare quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle
tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma caratterizzate da un
limite prettamente economico e dal pagamento attraverso dei voucher.
Si tratta perlopi di quelle attivit lavorative che potrebbero collocarsi al di fuori della legalit,
nell'ottica di una maggiore tutela del lavoratore.
Il D.Lgs. n. 81/2015 ha confermato il venire meno cos della caratteristica delloccasionalit - gi
eliminata dal Decreto Legge 76/2013 - e la possibilit che il lavoro accessorio possa essere usato
per qualsiasi tipo di attivit.
Il lavoro accessorio si utilizza, quindi, per qualsiasi tipo di attivit in diversi ambiti: agricolo,
commerciale, turistico, dei servizi, della Pubblica Amministrazione, rispettando comunque i
vincoli di contenimento delle spese di personale previsti dalla normativa di settore, oppure, dai patti
di stabilit interni.
Possono essere svolte da qualsiasi soggetto (disoccupato, inoccupato, lavoratore autonomo o
subordinato, full time o part time, pensionato, studente, percettore di prestazioni a sostegno del
reddito), nei limiti del compenso economico sopra individuato.
Prestazioni occasionali accessorie possono essere rese anche da percettori di prestazioni
integrative del salario o di sostegno al reddito nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso
per anno civile.
Per specifiche categorie di soggetti in stato di disabilit, detenzione, tossicodipendenza e per i
beneficiari di ammortizzatori sociali prevista la possibilit di ricorrere al lavoro accessorio,
secondo una regolamentazione speciale che sar individuata da un apposito decreto ministeriale.
In generale, ci sono limitazioni per le aziende agricole ed vietato ricorrere al lavoro
accessorio per lesecuzione di appalti di opere o servizi.
1) Le mansioni
2) La qualifica
3) Linquadramento nella categoria
Il d. lgs. n. 152 del 1997 stabilisce che il datore di lavoro pubblico e privato tenuto a fornire al
lavoratore una serie di informazioni relative al rapporto di lavoro:
a) Tipo di rapporto, durata, data di inizio e luogo di lavoro
b) Inquadramento, livello e qualifica del lavoratore
c) Importo della retribuzione e periodo di pagamento
d) Orario di lavoro e periodo feriale
In particolare, sullattribuzione di mansioni e qualifiche e sullinquadramento
Art. 96, comma 2, disposizioni di attuazione del codice civile.:
Limprenditore deve fare conoscere al prestatore di lavoro, al momento dellassunzione, la
categoria e la qualifica che gli sono assegnate in relazione alle mansioni per cui stato
assunto.
Art. 2103 del codice civile: il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni
per le quali stato assunto [...] ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte
La mansione identifica i compiti in concreto espletati dal lavoratore, costituendo in senso proprio
loggetto dellobbligazione di lavoro.
La qualifica costituisce la sintesi concettuale di un complesso di mansioni: linsieme delle
mansioni svolte determina il riconoscimento di una specifica qualifica del lavoratore (per es.
saldatore, elettricista; oppure archivista, fattorino).
Linquadramento nella categoria costituisce il criterio superiore di classificazione, tale da
inglobare al suo interno i precedenti sotto-insiemi. A seconda delle mansioni svolte e, dunque, della
qualifica attribuita, il lavoratore viene inquadrato in una delle categorie previste dalla legge o, in
qualche caso, dalla contrattazione collettiva.
Le mansioni come le categorie di appartenenza sono stabilite dai CCNL di categoria. Il codice civile
all'art. 2095 stabilisce quattro categorie legali:
Operai
Impiegati
Dirigenti
GLI OPERAI
Per gli operai l'apporto richiesto esclusivamente di tipo produttivo, e si sostanzia in attivit di tipo
prevalentemente manuale.
Per i dipendenti pubblici la cosa pi lineare dato che, non esistendo l'imprenditore, hanno come
superiori i quadri o i dirigenti (o, i facenti funzione)
I QUADRI
I Quadri hanno avuto riconoscimento formale soltanto con la legge 13 maggio 1985, n. 190. Si
tratta di lavoratori, subordinati intermedi come posizione tra dirigenti e impiegati, che dipendono
direttamente dall'imprenditore o dai dirigenti, che svolgono attivit di rilevante importanza ai fini
dello sviluppo e dell'attuazione degli obiettivi dell'impresa. Caratteri distintivi della categoria sono,
per la giurisprudenza, la gestione diretta ed autonoma dei rapporti con i terzi e la responsabilit
gestionale e di budget sulle funzioni demandate. I CCNL prevedono anche il livello di "quadro con
funzioni direttive" ovvero quei lavoratori, che pur non essendo dirigenti, svolgono mansioni da
direttori (solitamente di ambito limitato: un reparto, una famiglia di prodotto, un'area di vendita,
ecc.).
Altri requisiti sono fissati dalla contrattazione collettiva, cui la legge 190 aveva espressamente
demandato l'individuazione dei requisiti necessari per l'appartenenza alla categoria.
Valgono le stesse considerazioni anche per il settore pubblico ma, in questo caso, la gerarchia di
funzionari rientranti nella categoria dei "quadri" molto articolata. La loro subordinazione ,
ovviamente, nei riguardo dei manager (funzionari o direttori che siano).
I DIRIGENTI
La giurisprudenza da una definizione tradizionale del dirigente come lalter ego dellimprenditore,
colui cio che esercita le proprie funzioni con ampiezza e discrezionalit di poteri su tutta limpresa
ed essendo sottoposto esclusivamente alle direttive generali del datore di lavoro.
Il nuovo approccio giurisprudenziale, alla luce della contrattazione collettiva, caratterizzato da una
operazione tendente ad allargare verso il basso la figura del dirigente, mediante una proliferazione
di figure che, pur apicali, sono prive di poteri cos ampi quali quelli implicati dalla nozione di alterego dellimprenditore. Da qui dunque lindividuazione di diversi gradi della stessa unitaria
categoria.
I dirigenti sono definiti come lavoratori subordinati che, nell'ambito dell'impresa o dell'ente,
svolgono funzioni connotate da elevata professionalit, autonomia decisionale, responsabilit nei
confronti dell'imprenditore o del funzionario superiore, nonch da poteri di coordinamento e
controllo dell'intera attivit aziendale o di un ramo autonomo dell'impresa oppure, per i dirigenti
pubblici, di un settore/ufficio.
La dipendenza gerarchica nei confronti dell'imprenditore (o, meglio, il rappresentante legale)
conseguentemente attenuata, in quanto il dirigente privato ha la responsabilit della conduzione
dell'impresa con il solo limite del rispetto delle direttive generali impartite dal datore di lavoro.
Consegue per i dirigenti la riduzione di numerose tutele previste per le altre categorie,
controbilanciata dalla forte indipendenza della categoria, dalla presenza di sindacati di soli dirigenti,
e da uno speciale regime previdenziale.
I dirigenti pubblici hanno una legislazione propria, tenuto conto della criticit della categoria (in
questo caso il datore di lavoro il cittadino e, in sua vece, la classe politica). L'articolazione
dirigenziale in un enti pubblici o aziende pubbliche assai complessa.
Attualmente, il D.Lgs. 81/2015, attuativo del Jobs act, allart. 3 ha riscritto lart. 2103 del codice
civile:
Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali e' stato assunto o a quelle
corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime
effettivamente svolte....
Con il nuovo art. 2103 cod. civ., seguito alla riforma introdotta dallart. 13 dello Statuto dei
lavoratori , sempre ammessa la modifica unilaterale della mansione, da parte del datore di lavoro,
ma nel contesto di una serie di limiti posti a garanzia del lavoratore che si sono, comunque,
sensibilmente ridotti:
1) Modifiche migliorative (ius variandi verticale): sono ammesse e danno diritto, in presenza
di talune condizioni, alla promozione;
2) Modifiche dirette ad attribuire mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di
inquadramento - e non pi equivalenti - (ius variandi orizzontale): sono ammesse;
3) Modifiche peggiorative (ius variandi verso il basso): erano, in linea di principio,
implicitamente vietate, ed oggi sono consentite, seppur con limitazioni, dal Jobs Act.
Ius variandi verticale
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori (caso 1) il lavoratore ha diritto al trattamento
corrispondente all'attivit' svolta e l'assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volont del
lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in
servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
Ogni patto contrario nullo.
Prima ipotesi: spostamento temporaneo alla mansione che appartiene ad una categoria superiore:
conferisce solamente il diritto al trattamento retributivo pi elevato.
Seconda ipotesi: spostamento per fronteggiare una esigenza di lungo periodo: quando il periodo
supera i sei mesi (precedentemente al Jobs Act erano tre e non necessariamente continuativi) o il
diverso periodo previsto dal contratto collettivo si verifica la d.c. promozione automatica.
La riforma modifica anche la disciplina relativa alla assegnazione di mansioni superiori. Fermo
restando il diritto del lavoratore al trattamento economico corrispondente allattivit svolta, le
novit sono le seguenti.
Innanzitutto viene aumentato, in assenza di un diverso termine fissato dalla contrattazione
collettiva, il tempo di assegnazione delle mansioni superiori, necessario per far s che
lassegnazione diventi definitiva e il lavoratore acquisisca il corrispondente livello di
inquadramento. Infatti, prima della riforma lassegnazione alla mansione superiore diventava
definitiva dopo tre mesi. Ora, invece, il tempo necessario allacquisizione definitiva della mansione
superiore viene elevato a sei mesi. Inoltre, la riforma precisa (a differenza della norma previgente)
che il termine di sei mesi deve essere continuativo. Ci comporta che un lavoratore potrebbe essere
assegnato ripetutamente a mansioni superiori per periodi ciascuno inferiore a sei mesi, senza mai
ottenere la definitiva assegnazione alle mansioni superiori (salvo che si verifichi un caso di
frazionamento in frode alla legge). In precedenza, invece, era prevista la possibilit che la
maturazione dei tre mesi avvenisse anche sommando singoli periodi di assegnazione a quella
mansione. A tal fine, la giurisprudenza prevedeva, come unica condizione di rilevanza dei periodi
frazionati, che lassegnazione fosse continua e sistematica.
Viene poi ampliata la possibilit di deroga da parte della contrattazione collettiva. Infatti, il
vecchio testo prevedeva la possibilit dei contratti collettivi di stabilire il tempo necessario alla
definitiva acquisizione del diritto di svolgere la mansione superiore, comunque entro il termine
massimo di tre mesi: ci evidentemente significava che la contrattazione collettiva avrebbe potuto
solo diminuire, e non anche aumentare, quel termine. La riforma stabilisce invece che il termine di
sei mesi valido solo in assenza di una diversa previsione contrattuale che, dunque, potrebbe anche
comportare un aumento del termine previsto dalla legge.
Infine, comunque fatta salva la diversa volont del lavoratore. Precedentemente, invece,
leventuale diversa volont del lavoratore sarebbe ricaduta nel generale divieto, contemplato
dallultimo comma dellart. 2103 c.c., che sanciva la nullit di ogni patto contrario. La norma
sembra infatti consentire al lavoratore di rifiutarsi di essere definitivamente adibito alle mansioni
superiori, facolt in precedenza apparentemente negata salvo dimostrare limpossibilit di assumere
le nuove mansioni.
Ius variandi orizzontale
Innanzitutto, viene eliminato il concetto di mansione equivalente, nel rispetto del quale il datore
di lavoro poteva modificare le mansioni. La norma ora sostituita prevedeva, infatti, che il lavoratore
dovesse essere adibito alle mansioni per le quali era stato assunto o a quelle corrispondenti alla
categoria superiore che avesse acquisito o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
In altre parole, il datore di lavoro poteva modificare le mansioni del lavoratore solamente
assegnandogli mansioni superiori o equivalenti; in caso contrario, si configurava unillecita ipotesi
di dequalificazione.
In particolare, la giurisprudenza intendeva lequivalenza nel senso che le nuove mansioni dovessero
richiedere conoscenze e professionalit omogenee rispetto a quelle gi possedute per effetto dello
svolgimento della mansione precedente. Pertanto, la dequalificazione vietata dalla norma si
configurava quando fosse stata assegnata una nuova mansione che, rispetto alla precedente, non
solo appartenesse a un inferiore livello di inquadramento ma che, anche, presupponesse il possesso
di una diversa professionalit.
Con la riforma dellart. 2103 c.c., il datore di lavoro pu invece modificare le mansioni in maniera
molto pi libera. Infatti, la riforma attribuisce al datore di lavoro il potere di assegnare al lavoratore
mansioni non pi equivalenti, ma semplicemente riconducibili allo stesso livello e categoria legale
di inquadramento. In altre parole, con la riforma il datore di lavoro sembra non essere pi
condizionato dalla omogeneit professionale delle mansioni, ma solo dal rispetto del livello e della
categoria legale di inquadramento contrattuale, nei cui limiti sembra assegnabile qualsiasi
mansione.
Un primo importante limite previsto dalla stessa norma e consiste nel rispetto della categoria
legale. Ci comporta che a un lavoratore inquadrato, per esempio, come impiegato, non potr essere
assegnata una mansione operaia, neppure se inquadrata dal contratto collettivo al medesimo livello.
La norma prevede poi che il mutamento di mansioni sia accompagnato, ove necessario,
dallassolvimento dellobbligo formativo.
Ius variandi verso il basso (in pejus)
Per effetto della riforma del Jobs Act di gran lunga aumentata la possibilit di modificare le
mansioni assegnate al lavoratore, rendendo lecite sostituzioni precedentemente qualificabili alla
stregua di illegittima dequalificazione.
Lart. 2103 c.c., come modificato dal D. Lgs. 81/2015, introduce anche la possibilit di assegnare
al lavoratore una mansione inferiore. A tal fine, necessario che ricorra una modifica degli
assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore: in questo caso, dunque, e
fatta comunque salva la verifica delleffettivit e della rilevanza della modifica degli assetti
organizzativi aziendali, nonch dellincidenza di tale modifica sulla posizione del dipendente, il
lavoratore pu essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore,
purch rientranti nella medesima categoria legale.
La legge delega n. 184/2014 (art. 1, comma 7, lett. e) parla di processi di ristrutturazione,
riorganizzazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi: ci che pu
far ritenere che la modifica peggiorativa delle mansioni, per essere legittima, debba essere leffetto
di pi ampio processo di riorganizzazione aziendale, che ricade sul lavoratore secondo un rigoroso
nesso di causalit, e non possa essere invece un atto organizzativo riguardante la sola posizione del
lavoratore dequalificato.
In precedenza lordinamento circoscriveva la possibilit di dequalificare il lavoratore a casi ben
precisi e, comunque, sempre per scongiurare il licenziamento.
Infatti, prima delle riforma ci era possibile per il lavoratore divenuto inabile a seguito di infortunio
o malattia (legge n. 68/99), oppure per la lavoratrice in gravidanza nel caso in cui le mansioni di
assunzione rientrino tra le mansioni a rischio o interdette in relazione allo stato della lavoratrice (D.
Lgs. n.151/2001), o infine nei casi previsti dagli accordi sindacali stipulati nel corso di procedure di
mobilit allo scopo di evitare il licenziamento (legge n. 223/91). Al di fuori di questi casi, lart.
2103 del codice civile vietava al datore di lavoro la possibilit di adibire il lavoratore a mansioni
professionalmente inferiori rispetto alle ultime effettivamente svolte, sancendo la nullit di ogni
patto contrario.
Ebbene, con lentrata in vigore del D.Lgs. 81/2015 il dipendente potr essere adibito non solo a
mansioni completamente diverse rispetto a quelle svolte in precedenza (purch nellambito
dello stesso livello e categoria legale di inquadramento) ma anche a mansioni caratterizzate da
una professionalit inferiore.
Lunica salvaguardia per il lavoratore dequalificato sta nella previsione che il mutamento di
mansioni deve essere comunicato, a pena di nullit, per iscritto (il che consente una miglior verifica
delle scelte effettuate dal datore di lavoro e, soprattutto, rende di per s illegittima la
dequalificazione di fatto, che potr essere contrastata con i classici strumenti di azione del
lavoratore). In ogni caso, il lavoratore (legittimamente) dequalificato ha diritto alla conservazione
del livello di inquadramento, nonch del trattamento retributivo, ovviamente fatta eccezione per gli
elementi retributivi collegati a particolari modalit di svolgimento della precedente prestazione
lavorativa: in altre parole, se alle mansioni di precedente assegnazione erano legate delle speciali
indennit, queste verranno meno con le nuove mansioni inferiori.
Tuttavia, questa salvaguardia incontra unimportante deroga, che consiste nella possibilit di
ridurre la retribuzione o di modificare il livello e la categoria legale di inquadramento, nel
caso in cui il demansionamento sia frutto di un accordo tra le parti raggiunto nelle sedi di
certificazione o di conciliazione delle controversie, e giustificato dallinteresse del lavoratore alla
conservazione delloccupazione, dallacquisizione di una diversa professionalit o dal
miglioramento delle sue condizioni di vita. In tali ipotesi, la norma prevede espressamente che il
lavoratore pu farsi assistere da un rappresentante dellassociazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Cade, dunque, il divieto di ius variandi in peius come principio inderogabile della disciplina che
prevedeva la nullit di ogni patto contrario. Ci significava, in particolare, che sia lautonomia
individuale che collettiva non potevano, in linea di principio, disporre una modificazione
peggiorativa della mansione.
Lo ius variandi nel pubblico impiego
Si applica lart. 52, d. lgs. n. 165 del 2001:
1) Nel silenzio della disposizione legale, non ammesso lo ius variandi in peius.
2) E invece ammessa ladibizione del prestatore di lavoro alle mansioni per le quali stato
assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento
3) E ammesso lo spostamento a mansioni superiori quando si ha lattribuzione in modo
prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette
mansioni.
4) Lesercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha
effetto ai fini dellinquadramento del lavoratore o dellassegnazione di incarichi di
direzione. Non si applica, dunque, la previsione di garanzia dellart. 2103 cod. civ., circa il
diritto alla promozione automatica in caso di svolgimento di mansioni superiori per un
periodo superiore a 6 mesi.
Il presupposto generale rappresentato dalle obiettive esigenze di servizio.
I casi in cui possibile attribuire mansioni superiori sono:
La vacanza di posto in organico, con spostamento per non pi di sei mesi, prorogabili sino a
dodici se avviate le procedure per coprire i posti vacanti;
La sostituzione di dipendente assente con diritto alla conservazione del posto.
In questi casi, per il periodo della prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento economico per
la qualifica superiore.
Nel caso di assegnazione del lavoratore pubblico a mansione superiore al di fuori dei casi elencati,
il lavoratore ha diritto alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.
Il dirigente che ha proceduto allassegnazione, con dolo o colpa grave, incorre nella c.d.
responsabilit amministrativo-contabile.
C) Il controllo giudiziale non pu estendersi sino a sindacare il merito della scelta operata
dallimprenditore (ostandovi lart. 41, co. 1, Cost.)
Presupposti di legittimit
1) Ulteriori vincoli posti dalla contrattazione collettiva possono essere:
a) comunicazione redatta per iscritto;
b) obblighi di comunicazione alle rsa o rsu;
c) divieto di trasferire particolari categorie di lavoratori;
Il caso dellart. 22, st. lav.: i dirigenti sindacali possono essere trasferiti previo nulla osta
delle OO.SS.
d) indennizzi economici per i lavoratori trasferiti.
2) Il presupposto di origine legale lesistenza di una motivazione (comprovate ragioni.),
che deve essere portata a conoscenza del lavoratore, ma solo se richiesto (Cass. Sez. un. 15
luglio 1986, n. 4572);
LORARIO DI LAVORO
NORMATIVA
La Costituzione non fornisce alcuna definizione di orario di lavoro n pone limiti, l'art. 36 comma 2
si limita a rinviare alla legge la fissazione di un tetto massimo di durata giornaliera.
L'art. 2107 cod. civ., a sua volta, fa rinvio a leggi speciali e alla contrattazione collettiva la
determinazione temporale della giornata e della settimana lavorativa.
La disciplina dellorario di lavoro stata pi volte modificata nel corso degli ultimi anni.
In un primo momento il legislatore era intervenuto con la Legge 196/1997 (cd. Legge Treu).
Successivamente il D.Lgs. 66/2003, recependo le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE,
ha introdotto una regolamentazione quadro in materia di orario di lavoro e altre importanti questioni
ad esso connesse.
La nuova disciplina viene applicata in tutti i settori di attivit, sia pubblici che privati.
Le eccezione riguardano:
la gente di mare, del personale di volo dellaviazione civile e dei lavoratori mobili delle
imprese di trasporto (con riferimento ai profili di cui alla direttiva 2002/15/Ce)
il personale della scuola di cui al Decreto Legislativo n. 297/94
gli apprendisti minorenni
Sono inoltre esclusi i lavoratori il cui orario di lavoro, a causa dell'attivit lavorativa svolta, non
predeterminato, o lasciato alla determinazione del lavoratore:
dirigenti
personale direttivo di aziende
personale avente potere decisionale autonomo
personale addetto alla manodopera familiare (lavoro domestico)
lavoratori nel settore liturgico
lavoro a domicilio
telelavoro
Definizione
Sulla scorta della nuova normativa, si pu definire l'orario di lavoro come il periodo in cui il
lavoratore al lavoro e a disposizione del datore di lavoro, con l'obbligo di esercitare la sua
attivit o le sue funzioni.
Al contrario, qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro definito come periodo di
riposo.
La definizione di settimana lavorativa non rigida, pertanto da considerare tale ogni periodo di
sette giorni. I datori di lavoro hanno la facolt di far decorrere la settimana stessa a partire da
qualsiasi giorno, oppure di considerare settimana lavorativa quella stabilita dal calendario - dal
luned alla domenica.
Generalmente l'ampiezza della settimana disciplinata dai CCNL di categoria.
Durata e limiti
E fissato in 40 ore settimanali, modificabile in senso riduttivo dai contratti collettivi ma con
lobbligo di riferire lorario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non
superiore allanno.
La durata massima quella fissata volta per volta dalla contrattazione collettiva e che non pu
comunque superare mediamente le 48 ore settimanali, comprese le ore di straordinario.
La durata media dellorario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non
superiore a quattro mesi, che pu essere dilatato (sempre con contrattazione collettiva) fino a sei o a
dodici mesi, ma solo per ragioni obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del lavoro, che
siano specificate negli stessi contratti collettivi.
Il D.Lsg. non stabilisce un limite giornaliero di durata dellorario di lavoro,ma solo il diritto al
riposo giornaliero del lavoratore che non pu essere inferiore alle 11 ore di riposo consecutivo
ogni 24 ore.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale, per cui ogni 7 giorni, ha diritto ad un riposo di almeno
24 ore consecutive.
Il D.Lsg. n. 66/2003 ha introdotto l'obbligo di pausa sull'orario di lavoro giornaliero, qualora
l'orario di lavoro ecceda le sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale
consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo, lasciando per la
durata e le modalit di fruizione alle determinazioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro
E lavoro straordinario quello prestato oltre il normale orario di lavoro, cio quello prestato oltre
la quarantesima ora ovvero oltre la minore durata stabilita dai contratti collettivi.
Il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto. In assenza di una disciplina collettiva
applicabile,il ricorso allo "straordinario" ammesso solo previo accordo tra datore di lavoro e
lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali.
Gli stessi contratti collettivi possono consentire che in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione
retributiva prevista dallart.5, i lavoratori fruiscano di riposi compensativi; in tal caso le ore di
lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della "media settimanale".
Il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, con
facolt dei contratti collettivi di stabilire condizioni di miglior favore.
Nel caso di mancata fruizione delle ferie, queste non possono essere sostituite con la relativa
indennit per ferie non godute, se non al momento di risoluzione del rapporto.
Il lavoro notturno
La legge definisce:
Il lavoro notturno viene prestato solo da personale idoneo; i contratti collettivi di lavoro stabiliranno
i requisiti dei lavoratori notturni ed i casi di esclusione.
E comunque vietato adibire al lavoro le donne, dalle ore 24.00 alle ore 6, nel periodo compreso tra
laccertamento dello stato di gravidanza ed il compimento di un anno di et del bambino.
LA RETRIBUZIONE
Definizione
La retribuzione il corrispettivo che spetta al lavoratore per l'attivit lavorativa svolta.
la principale obbligazione in capo al datore di lavoro. La retribuzione connota il rapporto di
lavoro come un contratto oneroso di scambio (o a prestazioni corrispettive). Nel caso di
retribuzione percepita da un lavoratore dipendente si usa il termine salario.
L'articolo 2121 del codice civile italiano definisce la retribuzione (ai fini del calcolo dell'indennit
di mancato preavviso) come "le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili e ai
prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con l'esclusione di quanto corrisposto a
titolo di rimborso spese". La legge 279/1982 definisce la retribuzione come tutti gli emolumenti
corrisposti a titolo non occasionale.
Principi generali
La giurisprudenza afferma che essa consiste in tutto quanto il lavoratore riceve dal datore di lavoro
in cambio della sua prestazione e a causa della sua soggezione personale nel rapporto (Cass. SU
13/2/1984, n. 1069).
Da questa nozione derivano i seguenti principi:
corrispettivit - il datore di lavoro retribuisce il lavoratore in cambio di una sua effettiva
prestazione; tale principio viene derogato in alcuni casi tassativamente previsti di assenze
dal lavoro come malattia, ferie, maternit, infortuni sul lavoro, festivit, congedo
matrimoniale e permessi;
obbligatoriet costituiscono retribuzione solo le somme che il datore di lavoro tenuto a
pagare in dipendenza del contratto di lavoro e non quelle erogate a titolo di liberalit;
continuativit rientrano nel concetto di retribuzione solo quegli elementi che vengono
corrisposti con una certa frequenza e continuit;
irriducibilit in caso di passaggio ad altra mansione il lavoratore conserva il diritto di
mantenere inalterata la sua retribuzione.
Questi principi non possono essere derogati n dalla contrattazione collettiva n dalle parti.
Fonti normative generali
Costituzione, art. 36
Codice civile, artt. 1218, 2094, 2099 e 2103
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
Accordi aziendali
Sufficienza: al lavoratore deve essere garantita una retribuzione che possa attuare il
programma sociale individuato dall'art.3 della Costituzione, proporzionata anche alle
concrete esigenze del singolo lavoratore e della propria famiglia.
Proporzionalit: la quantit dell'ammontare della retribuzione non relazionata soltanto al
tempo del lavoro svolto, ma anche dalla qualit della prestazione in termini di difficolt,
importanza e complessit, nonch di responsabilit.
con l'aggiornamento ad ogni accordo di rinnovo, l'oggetto della retribuzione. Quando questa manca
in determinati ambiti, il lavoratore comunque tutelato in caso di retribuzione inadeguata.
parit uomo donna: alla donna lavoratrice spettano gli stessi diritti che spettano al lavoratore
uomo (su questo esiste un apposito codice delle pari opportunit tra uomo e donna, contenuto nel
D.Lgs. del 11 aprile 2006, n. 198).
Gli obblighi e i diritti del datore di lavoro sono speculari a quelli del lavoratore. In
correlazione al diritto del lavoratore a ricevere un compenso adeguato sussiste,
quindi, lobbligo del datore di lavoro a corrispondere la retribuzione. Di contro, il
dovere di fedelt del lavoratore coincide con il diritto del datore di lavoro a
pretendere dal lavoratore un comportamento improntato a diligenza e lealt.
Gli riconosciuto un potere direttivo da cui deriva anche un potere disciplinare.
Il potere direttivo del datore di lavoro subordinato indica il complesso di poteri giuridici che questi
pu legittimamente esercitare nei confronti del lavoratore subordinato. Secondo il codice civile esso
consiste nelle seguenti facolt:
potere strettamente direttivo, ai sensi dell'art. 2104 c.c.: consiste nella superiorit
gerarchica dell'imprenditore e dei suoi collaboratori sul lavoratore nell'ambito
dell'organizzazione dell'impresa, nel potere conformativo, o di specificare modi e tempi
della prestazione lavorativa;
potere di vigilanza e cio di controllare la corretta esecuzione della prestazione lavorativa.
Lultimo D.Lgs. 151/2015, attuativo del JOBS ACT ha modificato larticolo 4 dello Statuto
dei lavoratori.
Come gi la norma originaria dello Statuto, anche questa nuova disposizione prevede che gli
strumenti di controllo a distanza, dai quali derivi anche la possibilit di controllo dei lavoratori,
possono essere installati
esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la
tutela del patrimonio aziendale;
ed esclusivamente previo accordo sindacale o, in assenza, previa autorizzazione della
Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero.
La modifica all'articolo 4 dello Statuto chiarisce, poi, che non possono essere considerati
"strumenti di controllo a distanza" gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore "per
rendere la prestazione lavorativa" (una volta si sarebbero chiamati gli "attrezzi di lavoro"), come
pc, tablet e cellulari.
L'espressione "per rendere la prestazione lavorativa" comporta che l'accordo o l'autorizzazione
non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che "serve" al
lavoratore per adempiere la prestazione: ci significa che, nel momento in cui tale strumento
viene modificato (ad esempio, con l'aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio)
per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall'ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da
strumento che "serve" al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare
divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza
che queste "modifiche" possono avvenire solo alle condizioni ricordate sopra: la ricorrenza di
particolari esigenze, l'accordo sindacale o l'autorizzazione.
Potere disciplinare ai sensi dell'art. 2106 c.c., ovvero di irrogare sanzioni al lavoratore che
violi i propri obblighi di corretta e fedele esecuzione della prestazione;
I limiti generali all'esercizio del potere direttivo sono specificati soprattutto dallo Statuto dei
lavoratori, che pone dei fondamentali diritti dei lavoratori subordinati, i quali non possono essere
compressi dal potere direttivo. Tali limiti sono essenzialmente:
I limiti sostanziali per il corretto esercizio del potere disciplinare sono essenzialmente due:
1. Sussistenza ed imputabilit del fatto: lonere della prova in ordine alla sussistenza del
fatto spetta al datore. Qualora il prestatore ritenga che il fatto contestatogli non gli sia
imputabile (ad es. per forza maggiore, caso fortuito, condotta di terzi, ecc.), tenuto a
dimostrare le ragioni della non imputabilit.
2. Proporzionalit tra infrazione e sanzione. Il requisito della proporzionalit, previsto
dall'art. 2106 c.c., vieta al datore di lavoro di applicare sanzioni non proporzionate
all'indebito contestato. Di norma i contratti collettivi prevedono le sanzioni comminabili a
fronte di determinate condotte illegittime. In questo caso, il datore non pu applicare
sanzioni pi gravi di quelle stabilite dalla contrattazione collettiva. Il controllo ultimo sulla
proporzionalit spetta comunque al giudice avanti al quale la sanzione impugnata, il quale,
su espressa richiesta di parte, pu anche sostituire la sanzione adottata dal datore (in ipotesi
nulla per difetto di proporzionalit) con una adeguata.
I limiti procedurali sono previsti dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori, che ha introdotto alcuni
requisiti di procedura per il corretto esercizio del potere disciplinare.
Il datore di lavoro anzitutto tenuto a predisporre un codice disciplinare che stabilisca le procedure
di contestazione, ed individui le infrazioni e le relative sanzioni. Le sanzioni comminabili sono
esclusivamente quelle previste dalla legge: richiamo verbale, ammonizione scritta, multa,
sospensione e licenziamento disciplinare. In nessun caso sono utilizzabili in prospettiva
sanzionatoria gli istituti attinenti alla normale gestione del rapporto di lavoro (trasferimento,
mutamento di mansioni, ecc.).
Il datore di lavoro deve, in secondo luogo, rendere pubblico il codice disciplinare, mediante
affissione dello stesso in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Si ritiene che l'affissione sia forma di
pubblicit indefettibile. Anche in assenza di un codice disciplinare, o in mancanza di sua previa
affissione, sono tuttavia sanzionabili i comportamenti comunemente avvertiti come antisociali e/o
previsti dalla legge come reato.
In terzo luogo, il datore tenuto a contestare per iscritto l'addebito al prestatore. La contestazione
deve rispettare alcuni principi:
1. Immediatezza: l'addebito va contestato prima possibile, e in ogni caso entro il termine
stabilito dal contratto collettivo. Per la Cassazione, l'immediatezza presupposto di
legittimit del provvedimento.
2. Specificit: i fatti vanno individuati in modo preciso, per consentire una difesa puntuale.
3. Immutabilit: il fatto risultante dalla contestazione non pu essere successivamente
modificato.
Il datore di lavoro deve inoltre consentire l'esercizio del diritto di difesa da parte del prestatore, che
deve essere sentito qualora ne faccia richiesta. In ogni caso, le sanzioni pi gravi del rimprovero
verbale non possono essere irrogate prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione. La legge
non prevede un termine massimo entro cui il datore pu procedere ad irrogare la sanzione, termine
che per previsto da alcuni contratti collettivi (ad es. quello dei metalmeccanici).
La sanzione eventualmente comminata dal datore pu essere impugnata, a scelta del lavoratore, in
tre distinti modi:
1. con ricorso al Giudice del lavoro, entro il normale termine prescrizionale di dieci anni
2. avanti ai collegi arbitrali eventualmente previsti dal contratto collettivo applicabile
3. avanti ai collegi di conciliazione e arbitrato costituiti in seno alle Direzioni provinciali del
lavoro (anche su richiesta del sindacato, nel termine di 20 giorni dalla comminazione della
sanzione).
Le dimissioni consistono quindi in un atto volontario del lavoratore. In questo senso sono da
considerarsi illegittime le dimissioni estorte o richieste contestualmente allatto dellassunzione.
Inoltre la volont del dipendente non deve essere viziata (ad esempio da minacce o raggiri, da
errore, da incapacit). In questo caso le dimissioni sono annullabili ricorrendo allautorit
giudiziaria.
Le dimissioni in bianco, infatti, individuano la pratica illegale, tesa ad obbligare i neoassunti a
firmare una lettera di dimissioni priva di data, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di
lavoro. Scopo della lettera quello di allontanare il dipendente senza corrispondere alcuna
indennit, e per qualsiasi motivo, essendo palese l'intento ricattatorio da parte del datore di lavoro.
Per contrastare tali fenomeni, gi la riforma del 2012, riprendendo la normativa emanata nel 2007,
ha introdotto una disciplina che impone alle parti di seguire una procedura obbligatoriamente on
line sul sito del Ministero del Lavoro, pena la nullit delle dimissioni.
Il Jobs Act ha rivisto la disciplina.
Il D.Lgs. 151/2015, al primo comma dellart.26 stabilisce che per essere valide le dimissioni
dovranno essere messe nero su bianco attraverso una serie di moduli reperibili sul sito Internet del
ministero del Lavoro o presso le direzioni territoriali del lavoro. I moduli saranno numerati e questo
toglier ogni dubbio sul momento in cui le dimissioni sono state decise e firmate.
Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il dipendente in uscita avr la facolt di
revocare le dimissioni.
Le dimissioni per giusta causa possono essere date dal lavoratore, senza l'obbligo di dare il
preavviso, in presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro che rende impossibile la
prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto (es. mancata osservanza delle norme sulla
sicurezza, demansionamento, condotte gravemente lesive dell'onore e della reputazione, reiterato
mancato pagamento della retribuzione, ecc.)
Le dimissioni incentivate si verificano quando il datore di lavoro pu favorire le dimissioni del
dipendente offrendo un incentivo economico per lasciare il posto di lavoro. Tale condotta
considerata lecita in quanto l'iniziativa del datore di lavoro non priva il lavoratore della sua libert
di scelta.
Il rapporto di lavoro si estingue nel momento in cui il datore, ricevute le dimissioni, d seguito al
suo impegno corrispondendo al dipendente la somma offerta, oltre alle competenze retributive
maturate.
I licenziamenti
Il licenziamento l'atto con il quale il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di
lavoro con un suo lavoratore dipendente.
Si distingue tra:
licenziamento individuale se riguarda un singolo lavoratore dipendente
licenziamento collettivo, in caso di licenziamento di pi lavoratori, ed ha una propria
disciplina.
Le motivazioni
La Legge 92/2012 ha previsto lobbligo di comunicazione, nella lettera di licenziamento, delle
motivazioni che hanno determinato la volont di recedere, a pena di inefficacia del licenziamento.
Esistono diverse motivazioni che possono dare origine al licenziamento:
giusta causa
giustificato motivo soggettivo
giustificato motivo oggettivo
Le ipotesi di libera recedibilit, che fanno eccezione alla regola della necessaria motivazione del
licenziamento, sono solo pochi rapporti di lavoro, in cui il recesso pu essere intimato liberamente
(in relazione al recesso da tali contratti, si parla di libera recedibilit o recesso "ad nutum"). Tra
questi vanno ricordati:
lavoratori domestici
lavoratori in prova
lavoratori con pi di 65 anni se uomini e 60 se donne, e diritto alla pensione di vecchiaia
dirigenti, salvi i limiti eventualmente previsti dal contratto collettivo
atleti professionisti
GIUSTA CAUSA
Comportamento del lavoratore che costituisca grave violazione ai propri obblighi contrattuali, tale
da ledere in modo insanabile il necessario rapporto di fiducia tra le parti e che non consente la
prosecuzione
nemmeno
temporanea
del
rapporto
di
lavoro
(c.c.
2119).
La giusta causa pertanto, rappresenta nei fatti il licenziamento disciplinare per eccellenza; tale da
troncare immediatamente il rapporto di lavoro senza neppure erogazione dellindennit di
preavviso.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimit ha specificato che la giusta causa si sostanzia in un
inadempimento talmente grave che qualsiasi altra sanzione diversa dal licenziamento risulti
insufficiente a tutelare linteresse del datore di lavoro (Cass. 24/7/03, n. 11516), al quale non pu
pertanto essere imposto lutilizzo del lavoratore in unaltra posizione (Cass. 19/1/1989, n. 244).
Vengono fatte rientrare nellambito del giustificato motivo soggettivo anche le figure dello scarso
rendimento e/o del comportamento negligente del dipendente.
IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
E
Possono costituire casi di giustificato motivo oggettivo, sempre che non si rientri nella nozione di
licenziamento collettivo:
Illegittimit e nullit
L'ordinamento italiano prevede, nel caso di licenziamenti giudizialmente accertati come illegittimi,
diverse discipline di tutela, distinte in ragione delle dimensioni dell'azienda e del tipo di vizio
(inefficacia per vizi di forma, nullit per motivo illecito o discriminatorio) da cui affetto l'atto
datoriale.
La differenza principale in punto di conseguenze giuridiche del licenziamento illegittimo quella
tra:
la cosiddetta tutela reale per cui il giudice, con sentenza che annullava il licenziamento intimato
senza giusta causa o giustificato motivo (oggettivo o soggettivo), ordinava al datore di lavoro di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro (disciplina pi rigida, applicabile alle imprese con pi
di 15 dipendenti).
la cosiddetta tutela obbligatoria in cui la scelta tra la riassunzione o il pagamento del risarcimento
del danno spetta al datore di lavoro (applicabile alle imprese che occupano sino a 15 dipendenti).
NORMATIVA
La disciplina dei licenziamenti illegittimi si basa su due complessi normativi:
art. 18 L. 300/1970
art. 8 L. 604/1966,
disposizioni del D.Lgs. 23/2015.
A seguito dellentrata in vigore del Decreto legislativo n. 23/2015, lordinamento prevede regimi
di tutela diversi a seconda che il lavoratore licenziato sia stato assunto prima o dopo il 7
marzo 2015.
In particolare, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 7 marzo
2015, valgono le seguenti garanzie:
in caso di licenziamento nullo (perch discriminatorio, oppure perch comminato in
costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternit o
paternit oppure negli altri casi previsti dalla legge) o inefficace (perch intimato in forma
orale), a tutti i lavoratori, quale che sia il numero di dipendenti occupati dal datore di
lavoro, riconosciuto il diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro e a vedersi
corrisposta unindennit risarcitoria pari alla retribuzione maturata dal giorno del
licenziamento sino a quello delleffettiva reintegrazione (cd. tutela reintegratoria piena);
Ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 in avanti si
applicano, invece, le tutele previste dal Decreto legislativo n. 23/2015, in tema di contratto a
tempo indeterminato a tutele crescenti, attuativo della legge delega 183 del 2014 (c.d. Jobs Act).
La nuova disciplina non introduce novit per quanto riguarda le tutele applicabili in caso di
licenziamento discriminatorio, nullo o intimato in forma orale: in tali ipotesi, a tutti i
lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni del datore di lavoro, riconosciuto il diritto alla
reintegrazione nel posto di lavoro, oltrech il diritto a percepire unindennit risarcitoria
corrispondente alla retribuzione dovuta dal giorno del licenziamento al giorno di effettiva
reintegrazione.