Appunti Di Diritto Del Lavoro

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DIRITTO DEL LAVORO

DEFINIZIONE
DEFINIZIONE:
Il diritto del lavoro il complesso delle norme che regolano il rapporto di lavoro e che tutelano i
diritti fondamentali del lavoratore.
COMPOSIZIONE:
E composto da:
norme che disciplinano i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro
dal diritto sindacale, che tratta delle associazioni che rappresentano le parti del rapporto.
OGGETTO:
la disciplina delle relazioni tra datore di lavoro e lavoratore, che ha la propria fonte in un contratto
(anche se, leggendo larticolo 2126 del codice civile, sembrerebbe di capire che fonte del rapporto
non sia in realt il contratto dilavoro, ma la prestazione lavorativa di fatto).
FINE:
Il diritto del lavoro ha come fine primario quello di tutela e di garanzia del prestatore di lavoro, in
considerazione del fatto che, quanto meno economicamente, il lavoratore si trova in una posizione
di inferiorit con il datore di lavoro e, rispetto a questo, sicuramente la parte pi debole.
Esso, dunque, tutela luomo che lavora rispetto alla sua posizione di debolezza e di subordinazione
socioeconomica e giuridica.

LE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO


Le fonti del diritto del lavoro si possono riassumere nei seguenti tre punti, che qui di seguito
andremo ad esaminare:
- fonti statuali o legislative,
- fonti internazionali, o sopranazionali,
- fonti contrattuali e sindacali.
-usi
(1) Le fonti statuali o legislative
La Costituzione
- art. 1: l'Italia una repubblica democratica, fondata sul lavoro.
- art. 4: la repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto.
Nella parte I diritti e doveri dei cittadini, capo III rapporti economici si richiamano gli articoli
di riferimento sul lavoro:
- art. 35: la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
- art. 36: il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantit e qualit del suo
lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se e alla famiglia una esistenza libera e
dignitosa. Stabilisce il diritto a ferie e riposi settimanali, nonch alla definizione di un
orario di lavoro.
- art. 37: parit di trattamento fra uomo e donna e tutela del lavoro dei minori.
- art. 38: diritto alla previdenza ed assistenza.
- art. 39: la libert sindacale.
- art. 40: il diritto di sciopero si esercita nellambito delle leggi che lo regolano.
- art. 41: la libert delliniziativa economica privata da non svolgersi in contrasto con lutilit
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana.

Nel Titolo V della Costituzione, riformato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, con riferimento
alla materia lavoristica, si afferma che lo Stato ha legislazione esclusiva nella materia
dellordinamento civile (art. 117, co. 2, lett. l), mentre la tutela e sicurezza del lavoro materia di
legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni (art. 117, co. 3).
Le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge
e quindi le leggi ordinarie del parlamento e gli atti aventi forza di legge, quali il
decreto legislativo ed i decreti legge.
Sono da ricordare in particolare:
- il Codice Civile, che tratta del lavoro nel Libro Quinto,
- la legge 15/7/1966 n. 604, modificata dalla legge11/5/1990 n. 108 sui
licenziamenti individuali,
- legge 20/5/1970 n. 300, nota come statuto dei lavoratori,
- legge 11/8/1973 n. 533 sulle controversie individuali di lavoro,
- legge 9/12/1977 n. 903, integrata poi dalla successiva legge 10/4/1991 n.
125, sulla parit tra uomo e donna in materia di lavoro,
- legge 12/6/1990 n. 146 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali,
- legge 28/2/1987 n. 56 e legge 27/7/1991 n. 223 sul mercato del lavoro,
- legge 8/8/1995 n. 335 sulla riforma del sistema pensionistico
- legge 30/3/2003, detta anche riforma Biagi.
- legge 28/06/2012 n. 92, detta anche riforma Fornero
- legge 10 dicembre 2014, n. 183 detta anche Jobs Act
Regolamenti di attuazione o di esecuzione degli atti aventi forza di legge
emanati dal governo o dai ministri o da altre autorit competenti. Tali atti
contengono norme giuridiche con efficacia di atti amministrativi, pur non
essendo leggi in senso formale, n atti con forza di legge.
(2) Fonti internazionali o sovranazionali
Trattati internazionali
(ai sensi art. 35 cost.)
- carta internazionale del lavoro di Versailles del 1919,
- dichiarazione di Filadelfia del 1944,
- carta sociale europea di Torino del 1961,
- codice europeo di sicurezza sociale del 1964,
- patto delle Nazioni Unite del 1966.
Convenzioni dellO.I.L. (organizzazione internazionale del lavoro)
che sono fonti indirette, poich necessitano di un intervento legislativo da parte dello Stato che le ha
ratificate, per diventare effettive (come previsto dallart. 19 della carta costitutiva dellOIL).
Regolamenti e decisioni della CE (comunit europea) e della CECA (comunit
europea del carbone e dellacciaio)
Tali regolamenti e decisioni costituiscono fonti normative dirette ed obbligano,quindi, direttamente
gli stati membri, senza dover ricorrere a leggi di ratifica.

Ricordiamo, fra i provvedimenti pi importanti:


- la libera circolazione dei lavoratori allinterno della comunit,
- la sicurezza sociale dei lavoratori emigrati,
- il fondo sociale europeo.
(3) Fonti contrattuali e sindacali
Contratto individuale di lavoro
con il quale laccordo viene raggiunto direttamente tra il singolo datore di lavoro ed il singolo
prestatore di lavoro
Contratti collettivi di lavoro
Il contratto collettivo viene stipulato a pi livelli. Esso pu essere:
confederale: tale il contratto che viene stipulato tra le confederazioni nazionali che
rappresentano interi rami delle attivit economiche, e che relativo ad istituti di generale
applicazione;
nazionale di categoria: si tratta del contratto stipulato tra le organizzazioni sindacali di
categoria, che detta la disciplina generale delle condizioni minime di trattamento della forzalavoro;
aziendale: stipulato anche direttamente da parte del datore e, per i lavoratori, anche dal solo
organismo sindacale aziendale, che detta la disciplina delle condizioni di trattamento dei
dipendenti all'interno dell'azienda. Per quanto concerne i rapporti tra contratto collettivo e
contratto individuale va detto che essi sono strettamente regolati, nel nostro ordinamento, dal
meccanismo dell'inderogabilit in peius di natura reale; invece possibile che il contratto
individuale si discosti dal contratto collettivo derogandolo in melius.
Ricordiamo, a questo proposito, che possono contenere solo norme pi favorevoli ai lavoratori,
rispetto alle leggi, ma non possono peggiorare la disciplina posta da una legge. E' in sostanza il
principio del favore per i lavoratori subordinati.
(4) Gli usi
L'uso costituito da un comportamento costante ed uniforme, dal ripetersi cio di un dato
comportamento nel tempo, accompagnato dalla convinzione della conformit al diritto e della
necessit giuridica del comportamento stesso.
Nella loro qualit di fonti del diritto del lavoro, gli usi assumono una valenza peculiare. Essi sono
sempre dispositivi in quanto si applicano, di regola, solo in mancanza di disposizioni di legge o di
contratto collettivo e non possono derogare la disciplina del contratto collettivo n prevalere su
quella del contratto individuale. Tuttavia, essi, se pi favorevoli al prestatore, prevalgono - questa
la deroga, contenuta nell'art. 2078, c.c., alla regola generale sancita dall'art. 8, preleggi - sulle norme
dispositive di legge.
Da tale categoria di usi - i cosidetti usi normativi - va tenuta distinta quella degli usi aziendali, che
esplicano la loro efficacia nell'ambito, non della comunit generale, ma di una singola unit
produttiva. Gli usi aziendali non hanno valore di norma inderogabile e, secondo la giurisprudenza,
possono essere esclusi dalle parti, ancorch solo al momento della stipulazione del contratto
individuale.

Nota
Larticolo 2078 del codice civile dispone:
in mancanza di disposizioni di legge o di contratto collettivo, si applicano gli usi (consuetudine).
Tuttavia, gli usi pi favorevoli ai prestatori di lavoro prevalgono sulle norme dispositive di legge.
Gli usi non prevalgono sui contratti individuali di lavoro.
Quindi gli usi prevalgono sulle disposizioni di legge se pi favorevoli ai prestatori di lavoro,
contrariamente a quanto previsto normalmente dallart 8 delle disposizioni sulla legge in generale
del codice civile.

AVVIAMENTO AL LAVORO
SISTEMA DI COLLOCAMENTO PUBBLICO
Per sistema di collocamento pubblico si intende, in Italia, un insieme di strutture pubbliche che
hanno lo scopo di fornire ai cittadini, disoccupati o in cerca di un nuovo lavoro, un utile strumento
per la ricerca di un impiego.
Esso si realizza tramite le Agenzie per il lavoro ed i Centri per l'Impiego, successori dei cosiddetti
Uffici di Collocamento, ovvero le Sezioni Circoscrizionali per l'Impiego
Il collocamento stato concepito sin dall'origine come una funzione pubblica e gratuita di
mediazione, in vista della conclusione del contratto di lavoro e con lo scopo di tutelare il lavoratore
non solo dalla speculazione degli intermediari privati, ma, pi in generale, dagli effetti negativi
dello squilibrio tra offerta e domanda che caratterizza strutturalmente il mercato del lavoro.
LUfficio di Collocamento era lorgano decentrato, a livello comunale, del Ministero del Lavoro,
presso il quale avveniva, in regime quasi assoluto di monopolio pubblico (con leccezione, ad
esempio, di alcune figure professionalmente elevate come i dirigenti), l'iscrizione alle liste del
collocamento per essere avviati al lavoro, da parte dei disoccupati e dei giovani in cerca di prima
occupazione.
Oggi, dopo labolizione delle liste di collocamento, tale precipua funzione di favorire lincontro tra
domanda e offerta di lavoro avviene principalmente per il tramite delle agenzie di somministrazione
di lavoro e, in misura minore, per il tramite di altri soggetti individuati (universit, comuni, camere
di commercio, istituti di scuola secondaria) a condizione che tale attivit venga esercitata senza
scopi di lucro.
Il nuovo sistema (il cui organo denominato Centro per lImpiego) svolge una diversa funzione
connessa in maggior parte alla fruizione di prestazioni a sostegno del reddito. Permane altres
lobbligo di comunicazione delle nuove assunzioni effettuate, peraltro entro il giorno antecedente a
quello di instaurazione del rapporto di lavoro.
Nel nuovo sistema, infine, permane la gestione della riserva di assunzioni in favore di determinati
soggetti deboli (assunzioni obbligatorie, v. collocamento obbligatorio).
Nascita e periodo post-fascista
Legge n. 264 del 29 aprile 1949 recante Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di
assistenza dei lavoriatori involontariamente disoccupati
Monopolio esclusivo degli organi dello Stato in materia di mediazione del lavoro (essendo
prevista la sanzione penale per gli intermediatori privati)

L'iscrizione in apposite liste tenute dagli Uffici di Collocamento, gli uffici periferici del
Ministero del lavoro a chi fosse interessato, privo di occupazione o in cerca di una nuova.
Chiamata numerica: il datore di lavoro che intendeva assumere del personale, doveva
presentare una "richiesta di avviamento al lavoro", nella quale andavano inseriti soltanto dati
relativi al numero dei lavoratori richiesti e la qualifica che dovevano possedere.
L'Ufficio di Collocamento disponeva l'avviamento del lavoratore.
La nominativit era richiesta solo in caso di elevata professionalit o per i familiari del datore
di lavoro.
Il lavoratore mensilmente provvedeva ad annotare su apposito tessera, il C1, conosciuto anche
come Tesserino rosa, lo stato di disoccupazione, al fine di non perdere il posto nelle
graduatoria. In caso di lavoro, invece egli veniva cancellato dalla graduatoria per reiscriversi,
su sua richiesta alla fine della prestazione lavorativa. Il rapporto di lavoro era poi trascritto sul
Libretto di Lavoro previsto dalla legge del 1935, che attestava allo SCICA l'avvenuto
effettuazione del lavoro, la qualifica conseguita, il periodo, ecc.
Periodo delle riforme

La legge 11 maggio 1970, n. 83 regolament il collocamento speciale in agricoltura


La legge n. 300/1970, il cosiddetto Statuto dei lavoratori, artt. 33 e 34, modific la
chiamata numerica.
La legge 28 febbraio 1987 n. 56 e la legge 23 luglio 1991 n. 223, abrog l'obbligo
della richiesta numerica, concedendo dapprima l'assunzione su richieste nominative per la met
degli assunti, estesa poi per intero a tutti.

Pacchetto Treu - d.l. 1 ottobre 1996 n. 510 conv. in legge 28 novembre 1996 n. 609
Completamente liberalizzato il sistema delle assunzioni, abolendo anche l'obbligo della
richiesta preventiva.
Il principio dell'avviamento era stato sostituito in favore di un pi semplice meccanismo di
domanda e offerta.
Il lavoro interinale, precedentemente vietato dalla legge n. 1369/1960 ("Divieto di
intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di
mano d'opera negli appalti di opere e di servizi"), entra a far parte dell'ordinamento italiano, in
linea con i trattati europei. (Viene poi abrogato e sostituito dalla nuova figura della
somministrazione di lavoro, introdotta dalla legge Biagi).

Riforma Bassanini L. 59/1997 sul decentramento delle funzioni dello Stato

attribuite alle Regioni le funzioni del mercato del lavoro in base al principio di sussidiariet, le
quali le trasferirono alle Province,
riserva allo Stato soltanto il ruolo generale di indirizzo, promozione, coordinamento e vigilanza
in materia di lavoro.
la legge n. 196/1997 introdusse il lavoro interinale in Italia.
L'attuale sistema
Legge Biagi - legge 14 febbraio 2003 n. 30

Abroga e sostituisce il lavoro interinale con la nuova figura della somministrazione di lavoro
Introducendo le Agenzie per il Lavoro, imprese di diritto privato, che insieme ai Centri per
l'Impiego forniscono un'alternativa al canale di inserimento pubblico nel lavoro.
Solo con il D. lgs. n 276/2003 si abroga la precedente disciplina della legge 197/1996, abrogando
contestualmente anche la legge n. 1369/1960, disciplinando compiutamente il nuovo istituto della
somministrazione. Ai sensi della normativa del 2003 esso rappresenta una tipologia di contratto
perfettamente lecito tra un'agenzia per il lavoro e un'impresa, con cui la prima si impegna a fornire
lavoratori, retribuendoli essa stessa, alla seconda. Ci che viene punito - penalmente - la
somministrazione abusiva o irregolare.
Questo contratto, come definito dal D.Lgs 276/2003 in origine poteva anche prevedere una
prestazione a tempo indeterminato da parte dell'agenzia, mentre ci non era previsto nella legge
Treu, la n. 196/1997. Le Agenzie sono autorizzate dal Ministero del lavoro e registrate in un albo
apposito, altrimenti si realizza il fenomeno interpositorio vietato gi dalla legge del 1960 (appalto di
mano dopera), nonch dal D. Lgs. n. 276/2003 e anche dalla Convenzione OIL. I lavoratori, per
stipulare il contratto di somministrazione, non versano alcun corrispettivo all'Agenzia, salvo per
alcune professioni particolarmente sofisticate.
La norma prevede il coinvolgimento di tre soggetti:

il lavoratore
l'utilizzatore, un'azienda pubblica o privata che necessita di tale figura professionale;
il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro che
stipula un contratto con un lavoratore;

Il lavoratore assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attivit presso
l'utilizzatore (c.d. missione).
Questo tipo di rapporto prevede quindi due contratti:

un contratto di somministrazione, di natura commerciale, tra l'utilizzatore e il


somministratore;
un contratto di lavoro tra il somministratore e il lavoratore.

In ogni caso, il rapporto lavorativo instaurato tra il lavoratore e l'Agenzia per il lavoro, che per
legge dovr retribuire il lavoratore in maniera adeguata alla tipologia di contratto dell'azienda
utilizzatrice.

Il contratto di somministrazione di lavoro deve essere stipulato in forma scritta, altrimenti


considerato nullo ed i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore.
Il contratto di somministrazione pu essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato e
pu essere concluso anche come rapporto a tempo parziale.
a) Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing)
Era segregato dalla legge a una manciata di casi, per lo pi riferibili ad attivit ausiliarie e no core,
indicati tassativamente dalloramai abrogato art. 20, comma 3, del D. Lgs. 276/03 (attivit quali
consulenza e assistenza informatica, pulizia, custodia e portineria, gestione di call-center, ecc.).
Durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore.
Durante tali periodi di inattivit, al lavoratore spetta un'indennit di disponibilit.
Il sistema della acausalit viene esteso dal Jobs Act allistituto dello staff leasing, che diviene oggi
utilizzabile da qualsiasi utilizzatore per qualsivoglia esigenza o mansione, entro il limite del 20%
(derogabile in sede di contrattazione collettiva) del numero dei lavoratori assunti a tempo
indeterminato in forza presso lutilizzatore al 1 gennaio dellanno di stipula del contratto, a
condizione che i lavoratori impiegati siano assunti a tempo indeterminato dallagenzia.
b) Il contratto di somministrazione a tempo determinato
Prima del Jobs act, che ha liberato definitivamente tali istituti dalla morsa del vincolo delle ragioni
di ricorso (acausalit), era ammesso esclusivamente a fronte di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili allordinaria attivit dellutilizzatore
(esempio, necessit di un incremento di manodopera per far fronte a picchi temporanei di attivit
dovuti a circostanze eccezionali o alle attivit stagionali, o sostituzione di lavoratori assenti per
malattia, ferie, ecc.). Resta oggi sempre possibile il ricorso alla somministrazione a termine a
prescindere dallesistenza o meno di una concreta esigenza di carattere transitorio in capo
allutilizzatore.
Al contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, si applicano le regole del contratto
a termine, escluse le disposizioni in materia di riassunzione, diritto di precedenza, successione dei
contratti e durata complessiva.

Divieti
Il contratto di somministrazione vietato nei seguenti casi:

per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;


salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, per le imprese che abbiano effettuato nei
6 mesi precedenti licenziamenti collettivi riguardanti le figure professionali oggetto della
fornitura, a meno che tale contratto non sia stipulato per provvedere alla sostituzione di
lavoratori assenti, ovvero riguardi lassunzione di lavoratori iscritti in lista di mobilit,
ovvero abbia una durata iniziale non superiore a mesi tre (Legge 191/2009).
salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, per le imprese in cui siano in corso
interventi di integrazione salariale che interessino lavoratori adibiti alle mansioni oggetto
della fornitura;
per le imprese che non siano in regola con gli obblighi previsti in materia di sicurezza sui
luoghi di lavoro.

Diritti e doveri del lavoratore somministrato


Il lavoratore, anche se assunto dall'agenzia somministratrice, svolge la sua attivit sotto la direzione
e il controllo dell'impresa utilizzatrice. Pertanto, egli tenuto ad osservare le disposizioni date
dall'impresa stessa per l'esecuzione del lavoro, come se fosse un dipendente di quest'ultima. Egli
pu fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell'impresa utilizzatrice.
Il lavoratore, durante la missione, ha diritto a percepire la stessa retribuzione che spetta ad un
lavoratore dell'impresa utilizzatrice che svolge la stessa attivit.
L'impresa fornitrice deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi allo
svolgimento della missione, nonch formarli all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo
svolgimento dell'attivit prevista. Quest'ultimo obbligo pu essere adempiuto anche dall'impresa
utilizzatrice.
Il lavoratore pu esercitare i diritti di libert e attivit sindacale presso l'impresa utilizzatrice e
partecipare alle assemblee del personale dipendente. Ha inoltre uno specifico diritto di riunione, da
esercitarsi fuori dall'orario di lavoro in locali messi a disposizione dall'impresa fornitrice.
L'utilizzatore non assume tuttavia il potere disciplinare che rimane riservato al somministratore,
salvo tuttavia l'onere per il primo di comunicare a questi gli elementi che possano costituire oggetto
di contestazione disciplinare.
A titolo di sanzione civile la legge prevede che il mancato rispetto di alcune disposizioni dell'istituto
portano a costituire in capo all'utilizzatore un rapporto di lavoro subordinato ordinario.
Il Jobs Act (L.183/2014)
Il Decreto Legislativo 81/2015 recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione
della normativa in tema di mansioni, che, appunto, ha riscritto la disciplina della maggior parte
degli istituti contrattuali utilizzati dalle aziende per reperire manodopera.
Gli articoli da 30 a 40 del decreto dettano la nuova disciplina della somministrazione.
Viene meglio evidenziata, eliminando buona parte delle commistioni presenti nella
precedente normativa, la distinzione tra contratto commerciale di somministrazione di
manodopera, stipulato tra somministratore ed utilizzatore, e contratto di lavoro stipulato
tra lavoratore e agenzia per il lavoro.
Viene confermata, per la somministrazione di lavoro a tempo determinato, la totale
acausalit, che viene estesa anche allo staff leasing.
Viene confermata lassenza di limiti legislativi allutilizzo della somministrazione a
termine, mentre viene introdotto un generale limite del 20% per il ricorso allo staff leasing.
Lintroduzione di limiti allutilizzo della somministrazione a termine o la modifica del
limite per il ricorso allo staff leasing vengono delegate alla contrattazione collettiva, anche
di secondo livello
Viene confermato che in ogni caso esente da qualsivoglia limite la somministrazione di
lavoratori iscritti nelle liste di mobilit e di soggetti disoccupati, che godono da almeno sei
mesi di trattamenti di disoccupazione o ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati
(art. 31, comma 2).

COLLOCAMENTO MIRATO

Disposizione relative alla fasce sociali deboli


La legge 2 aprile 1968 n. 482 (L.482/68) prevedeva gi a suo tempo un collocamento obbligatorio
per soggetti disabili con menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali e intellettive, nonch a chi
avesse vantato ragioni di benemerenza (figli orfani, coniugi superstiti di soggetti deceduti in guerra
o sul lavoro ecc.), imponendo ai datori di lavoro l'assunzione di una percentuale di tali soggetti
rapportata al numero complessivo dei dipendenti della loro impresa.
Con la legge 12 marzo 1999 n. 68 (L. 68/99) venne abrogata la predetta legge del 1968,
introducendo il cosiddetto "collocamento mirato", ovvero come definito dalla stessa legge quale
serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con
disabilit nelle loro capacit lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro,
forme di sostegno, azioni positive e soluzione dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le
relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

La legge deroga al sistema della libert di assunzione, in quanto, proprio per le specificit del
lavoratore, in quanto disabile, interviene imponendo l'assunzione solo se i lavoratori fossero iscritti
in appositi elenchi in un'unica graduatoria.
La stessa legge individua i criteri per ritenere una persona disabile o meno, e prevede che il datore
di lavoro possa assumere chiamando sulla base del sistema della graduatoria. La legge del 1999 non
modifica il sistema gi in uso nel 1968. Cambia, tuttavia, l'obbligo di assunzione in quanto grava sui
datori di lavoro pubblici e privati che abbiano pi di 15 dipendenti. L'obbligo sospeso nei
confronti delle imprese che abbiano ottenuto l'intervento della Cassa integrazione guadagni o in
procedura di mobilit.
Da 15 a 35 dipendenti 1 disabile
Da 36 a 50 dipendenti 2 disabili
Oltre 50 dipendenti

almeno il 7 % di disabili

utile ricordare che, gli uffici competenti possono concedere ai datori di lavoro privati, sulla base
dei programmi presentati e nei limiti delle disponibilit del Fondo di cui al comma 4 dell'art 13:

la fiscalizzazione nella misura del 50 per cento, per la durata massima di cinque anni, dei
contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in
base alla presente legge, abbia una riduzione della capacit lavorativa compresa tra il 67 per
cento e il 79;

la fiscalizzazione totale, per la durata massima di otto anni, dei contributi previdenziali ed
assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla presente legge,
abbia una riduzione della capacit lavorativa superiore al 79 per cento;

il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro
per renderlo adeguato alle possibilit operative dei disabili con riduzione della capacit
lavorativa superiore al 50 per cento o per l'apprestamento di tecnologie di tele-lavoro ovvero
per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione
lavorativa del disabile.

Il Jobs Act (L.183/2014)


Uno dei decreti attuativi del Jobs Act (legge 10 dicembre 2014, n. 183)
andato a rivedere il collocamento mirato, e si intitola infatti Disposizioni di
razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a
carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro
e pari opportunit e prevede la razionalizzazione e semplificazione
dellinserimento mirato delle persone con disabilit, con lobiettivo di superare i
problemi di funzionamento che la disciplina finora vigente ha evidenziato.
Il testo introduce:
la possibilit per i datori di lavoro privati di assumere i lavoratori con
disabilit attraverso la richiesta nominativa, ma non di effettuare
lassunzione diretta (potranno cio essere assunti solo disabili inseriti in
apposite liste).
la possibilit di computare nella quota di riserva i lavoratori disabili che
abbiano una riduzione della capacit lavorativa di una certa entit anche se
non sono stati assunti tramite le procedure del collocamento mirato.
la procedura per la concessione dellincentivo per le assunzioni dei disabili,
prevede la corresponsione diretta e immediata dellincentivo al datore di
lavoro da parte dellINPS mediante conguaglio nelle denunce contributive
mensili.
si rafforzano gli incentivi per lassunzione dei disabili, con una durata pi
lunga (fino a 5 anni) in caso di assunzione di persone con disabilit
intellettiva e psichica.

IL CONTRATTO DI LAVORO
1) II CONTRATTO COLLETTIVO DI LAVORO
un accordo fra una categoria di datori di lavoro ed una associazione di lavoratori (sindacato) per
regolare i rapporti di lavoro di una data categoria di lavoratori.
Ci che viene deciso vale anche per i lavoratori non iscritti al sindacato, ma appartenenti al settore
produttivo a cui il contratto collettivo si riferisce. (diciamo meglio che questo tipo di contratto
stabilisce le regole generali di comportamento di una categoria e getta le basi sulle quali poi
impostare i singoli personali contratti);
Secondo una cospicua e autorevole dottrina il contratto collettivo sarebbe una fonte extra ordinem,
cio una fonte che pur non essendo prevista espressamente dallordinamento come tale,
concretamente opera alla stessa stregua delle fonti legali (principio di effettivit).
Un Contratto collettivo non pu abrogare una legge, pu per in melius ma anche in peius (vedi art.
4, L.223/91)
Il rapporto di lavoro ha origine contrattuale e, cio, leffetto derivante dalla stipulazione di un
contratto di lavoro individuale.
2) IL CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO SUBORDINATO

trattasi di accordo privato fra una persona, che si impegna a lavorare alle dipendenze e sotto la
direzione di un datore di lavoro e quest'ultimo appunto che si obbliga a pagare una retribuzione
(articoli da 2094 a 2134 e articoli da 2239 a 2246 del codice civile).
Le parti
Il contratto di lavoro dipendente si costituisce attraverso il consenso delle parti (accordo).
La capacit giuridica, necessaria per stipulare validamente un contratto di lavoro da parte del
prestatore si acquista al raggiungimento dell'et minima per l'ammissione al lavoro, elevata dalla
legge finanziaria 2007, al compimento del 16 anno di et.
La causa
La causa tipica del contratto di lavoro lo scambio tra il lavoro (intellettuale o manuale)
prestato in posizione subordinata e la retribuzione. Dal contratto derivano pertanto due
obbligazioni speculari: quella del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione dovuta, e quella
del lavoratore subordinato di prestare la propria opera "alle dipendenze e sotto la direzione" del
datore (art. 2094 c.c.). La dottrina oggi prevalente collega alla causa del contratto anche l'obbligo
del datore di fornire un ambiente di lavoro sicuro.
La forma
L'ordinamento italiano non prevede una particolare forma per il contratto di lavoro, che pu
pertanto essere concluso anche oralmente o per atti concludenti alla luce del principio generale di
libert della forma. La forma scritta pu tuttavia essere imposta dalla contrattazione collettiva o
dalla legge. Per previsione di legge sono ad esempio necessarie particolari forme nei seguenti casi:

Per larruolamento di personale marittimo: necessario latto pubblico a pena di nullit


Per il contratto del personale dell'aria: necessaria la forma scritta (vincolo probatorio)
Per il contratto di lavoro sportivo: imposta la forma scritta a pena di nullit
Per il contratto di lavoro a tempo determinato: previsto che il termine risulti apposto per
iscritto (se non si rispetta la forma, il rapporto si intende a tempo indeterminato)
Patto di prova e patto di non concorrenza: necessaria la forma scritta, altrimenti si
considerano come non apposti.

La forma scritta imposta inoltre, seppur indirettamente, da altre norme, che di fatto la rendono
indispensabile per assolvere a vari obblighi che il legislatore pone in capo al datore di lavoro a pena
di sanzioni amministrative.
L'oggetto
L'oggetto del contratto di lavoro costituito dalla prestazione lavorativa (manuale o intellettuale)
e dalla retribuzione che il datore di lavoro ha l'obbligo di corrispondere come controprestazione.
La concreta prestazione lavorativa determinata contrattualmente, nel senso che il lavoratore deve
essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto, mansioni che vengono specificate nella
lettera di assunzione. L'oggetto del contratto, oltre ad essere determinato o determinabile, deve
altres essere lecito e possibile (artt. 1346 c.c.), pena la nullit del contratto (art. 1418 c.c.). La
prestazione dedotta in contratto non pu quindi risolversi in un'attivit impossibile (di fatto o di
diritto), n pu porsi in contrasto con norme imperative, con l'ordine pubblico o con il buon
costume.

Quanto alla retribuzione, essa normalmente quantificata, direttamente o indirettamente, dal


contratto collettivo di lavoro di settore. Se questa non determinata al momento della conclusione
del contratto, pu essere determinata (o rideterminata, nel caso in cui non sia equa e sufficiente in
relazione alla quantit e qualit del lavoro reso, come previsto dallarticolo 36 Costituzione) dal
Giudice, il quale opera avendo a riferimento la misura (minima, inderogabile in pejus) determinata
dal CCNL.
L'art. 37 della Costituzione pone il divieto di discriminazione nei confronti di lavoratrici donne e
lavoratori minori, stabilendo che, a parit di lavoro, spetti a questi soggetti la medesima retribuzione
dei lavoratori adulti di sesso maschile.
Clausole
Possono poi essere apposte o meno clausole; ad ogni modo la legge stabilisce che il lavoratore
dipendente non possa compiere atti di concorrenza ai danni del proprio datore di lavoro. Lart. 2125
del Codice civile consente al datore di lavoro di tutelarsi anche dopo la cessazione del rapporto di
lavoro, prevedendo la possibilit di stipulare con il lavoratore un apposito patto di non concorrenza,
in forza del quale il datore di lavoro si obbliga a corrispondere una somma di denaro al lavoratore e
questi, a sua volta, si obbliga a non svolgere attivit concorrenziale con quella del proprio datore
una volta cessato il rapporto. Il patto di non concorrenza deve, a pena di nullit, risultare da atto
scritto (tale forma qui prevista ad substantiam). Devono, inoltre, sempre a pena di nullit, essere
indicati limiti di oggetto, di tempo e di luogo, previsti non come alternativi tra loro. La durata
massima del patto di non concorrenza stabilita dalla legge in cinque anni per i dirigenti ed in tre
per gli altri prestatori di lavoro (quadri, impiegati e operai).

Il contratto di lavoro :
- A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE,(sinallagmatiche)
Ne derivano due obbligazioni: prestazione di lavoro e retribuzione
- ONEROSO, TIPICO, CONSENSUALE,
- A TEMPO DETERMINATO O A TEMPO INDETERMINATO,
- INTER VIVOS.
Caratteristiche
- occorre laccordo delle parti,
- loggetto (che la prestazione del lavoro e la relativa retribuzione),
- la retribuzione, che pu essere a tempo (per esempio un tanto allora o al
mese), oppure a cottimo, se commisurata al risultato.
- la retribuzione potrebbe anche venire commisurata ai guadagni dellimprenditore ed allora si dice
che con partecipazione agli utili.

1.Lavoro subordinato
Il lavoro subordinato, informalmente detto anche lavoro dipendente, indica un rapporto di lavoro
nel quale il lavoratore cede il proprio lavoro (tempo ed energie) ad un datore di lavoro in modo
continuativo, in cambio di una retribuzione monetaria, di garanzie di continuit e di una parziale
copertura previdenziale.

Cenni storici
In un primo momento, alla fine del XIX secolo, non avendo veri e propri riferimenti legislativi ma
trovandosi di fronte a un contesto storico-sociale che richiedeva un intervento, i legislatori e la
dottrina utilizzarono lo schema tradizionale della locazione.1 .
In Italia, secondo il codice del commercio, il lavoro subordinato veniva visto come:
locatio operarum, cio un "prestare le proprie energie lavorative"
differenziandosi dalla
locatio operis come normale obbligazione di risultato

Caratteristiche
Normalmente il lavoro subordinato regolato/disciplinato da un contratto di lavoro col datore di
lavoro, che stabilisce mansioni, orario di lavoro, luoghi e remunerazione della prestazione. Il
lavoratore dipendente pu esercitare la sua attivit di lavoro subordinato sia nel campo del lavoro
privato (presso azienda e/o impresa) sia ne campo del lavoro pubblico (pubblica amministrazione,
quali enti pubblici o enti parastatali).
Esso attualmente la forma lavorativa pi diffusa nel mondo economico e la rispettiva figura di
lavoro posta al centro del diritto del lavoro.
A questa forma di lavoro vengono contrapposte le forme di lavoro autonomo (senza garanzie e
continuit) e quelle di conduttori dell'attivit di impresa (imprenditore, amministratore delegato,
datore di lavoro).
Non esiste nessuna definizione formale di lavoro dipendente nell'ordinamento italiano. L'articolo
2094 del codice civile italiano, rubricato come "Prestatore di lavoro subordinato", si limita ad
enunciare la definizione di prestatore di lavoro:
prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa,
prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore.

La nozione giuridica di lavoro subordinato pi recente deriva dal presupposto


dell'"assoggettamento" del prestatore di lavoro nei confronti del datore di lavoro, assoggettamento
identificabile nella possibilit da parte del datore di lavoro di poter determinare modalit e tempi di
esecuzione dell'oggetto dell'obbligazione sorta dal contratto stipulato dalle parti.
Inoltre, per l'identificazione di una fattispecie di lavoratore subordinato, la giurisprudenza ha
individuato alcuni criteri indiziari (mentre quello fondamentale rimane solo l'assoggettamento ad un
potere direttivo): la continuit della prestazione, che presuppone la natura dell'oggetto come attivit
e non risultato; il luogo di lavoro; l'obbligo di un determinato orario di lavoro pi o meno flessibile,
1

La locazione, in diritto, costituisce il contratto con il quale una parte (detta locatore) si obbliga a permettere a un altro
soggetto (conduttore o locatario) l'utilizzo di una cosa per un dato tempo in cambio di un determinato corrispettivo (la
cosiddetta "pigione" o "canone"). Il giurista Francesco Carnelutti osserva che non sarebbe corretto parlare di locazione
di energie umane perch soggette a consumo e deterioramento, incompatibili con l'obbligo di restituzione alla scadenza.
Pertanto, egli indica come vero oggetto della locazione: il corpo del lavoratore distinguendolo dalla persona del
lavoratore.

ma comunque determinato; una retribuzione anch'essa fissa e determinata, con l'assenza di rischio
per il lavoratore.

Figure speciali di subordinazione


Sono rapporti di lavoro regolati in parte dalla disciplina generale, e in parte da leggi speciali che
regolano la peculiarit dell'attivit svolta dal datore, dal lavoratore o da entrambi. Figurano tra
queste attivit il rapporto di lavoro nautico e aeronautico (disciplinato dal Codice della
navigazione), il rapporto di lavoro sportivo (legge 23 marzo 1981 n. 91) e quello dei dirigenti.

RIEPILOGO CARATTERISTICHE
Criteri identificativi del lavoro subordinato:
assoggettamento al potere direttivo (impartire continue e dettagliate istruzioni per lesecuzione
dellattivit lavorativa)
continuit della prestazione (dalla quale si desume che oggetto dellobbligazione unattivit e
non un risultato)
obbligo di rispettare lorario di lavoro
carattere fisso e continuativo della retribuzione (e la conseguente inesistenza di un rischio per il
lavoratore)

TIPOLOGIE DI LAVORO SUBORDINATO


Lavoro dipendente a tempo indeterminato
Contratto di lavoro a tempo determinato
Part-time
Apprendistato
Contratto di lavoro intermittente
Contratto di somministrazione
Lavoro dipendente a tempo indeterminato
Definizione
Il contratto a tempo indeterminato il contratto con cui il lavoratore si impegna, a fronte del
pagamento di una retribuzione, a prestare la propria attivit lavorativa a favore del datore di lavoro,
a tempo indeterminato, cio senza vincolo di durata. Questo tipo di contratto la forma comune di
rapporto di lavoro, cio la forma da utilizzare di regola per le assunzioni.
Forma

Per la conclusione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato vige il principio della
libert di forma. Ci significa che possibile la conclusione anche per fatti concludenti o in forma
orale.
In alcuni casi particolari, per, il legislatore stesso ha previsto la forma scritta a pena di nullit,
quali ad esempio il contratto di lavoro del personale navigante (art. 328 cod. nav.) e il contratto di
lavoro sportivo (Legge 91/1981).
Nel caso in cui le parti intendano inserire nel contratto a tempo indeterminato degli elementi
accessori, questi devono risultare da atto scritto. Ci si riferisce al patto di prova che richiede la
forma scritta ad substantiam2 (art. 2096 c.c.), alla ipotesi in cui la prestazione di lavoro sia a tempo
parziale (forma scritta ad probationem3, art. 2, D.Lgs. 61/2000), ovvero alla previsione del patto di
non concorrenza per il tempo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro (forma scritta ad
substantiam, art. 2125 c.c.).
In ogni caso, una volta concluso il contratto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro
tenuto a fornire, per iscritto, al lavoratore assunto tutte le informazioni relative al rapporto,
quali:

la mansione, ossia linsieme delle attivit lavorative richieste al lavoratore;


linquadramento, ossia il livello e la qualifica attribuita al lavoratore;
la data di inizio del rapporto di lavoro;
leventuale durata del periodo di prova;
limporto iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con lindicazione del
periodo di pagamento;
il luogo e lorario di lavoro;
i giorni di ferie e le ore di permesso;
i termini del preavviso in caso di recesso.

possibile che il contratto individuale, per alcune informazioni, rimandi al contratto collettivo
nazionale di lavoro (Ccnl) di riferimento. Il periodo di prova, che serve ad entrambe le parti per
valutare la convenienza del rapporto di lavoro, e la relativa durata sono normalmente stabiliti dai
diversi contratti collettivi, entro la durata massima fissata dalla legge di sei mesi. Il lavoratore ha
diritto anche nel periodo di prova di percepire una retribuzione non inferiore a quella prevista dal
contratto collettivo di categoria.
L'oggetto
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ha un duplice oggetto: lattivit lavorativa
economicamente utile e la retribuzione.
Loggetto della prestazione lavorativa deve essere determinata o determinabile, oltre che lecita e
possibile.
Per quanto attiene la retribuzione, se questa non determinata al momento della conclusione del
contratto, pu essere determinata (o rideterminata, nel caso in cui non sia equa e sufficiente in
relazione alla quantit e qualit del lavoro reso, come previsto dallarticolo 36 Costituzione) dal
Giudice, il quale opera avendo a riferimento la misura (minima, inderogabile in pejus) determinata
dal CCNL.
Causa

2
3

Ad substantiam: forma obbligatoriamente richiesta per dare piena sostanza ad un atto giuridico
Ad probationem: ai fini della prova della sussistenza del contratto e non della sua validit

Come per tutte le tipologie di contratto di lavoro subordinato la causa rappresentata dalla scambio
di una prestazione lavorativa contro un corrispettivo: il lavoratore si impegna a prestare la propria
attivit a favore del datore di lavoro il quale tenuto a corrispondergli la retribuzione.
La causa deve essere lecita.
Cessazione del contratto - Recesso
Poich questo contratto non ha un termine di durata, perch si risolva, salvo il caso di accesso alla
pensione, necessario un atto di recesso. Il recesso dal contratto deve avvenire in forma scritta e
pu essere concordato dalle parti, scelto dal lavoratore (dimissioni) o scelto dal datore di lavoro
(licenziamento).
Il datore di lavoro pu licenziare un dipendente a tempo indeterminato solo per:
una giusta causa, ossia solo in caso di gravi azioni commesse dal lavoratore che non permettano lo
svolgersi della normale attivit.
un giustificato motivo oggettivo (ragioni inerenti all'attivit produttiva, all'organizzazione del
lavoro e al suo regolare funzionamento)
un giustificato motivo soggettivo (inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di
lavoro, meno grave della giusta causa).
Il lavoratore, invece, libero di dare le dimissioni senza dover addurre alcuna motivazione. Sia in
caso di licenziamento (tranne che per giusta causa) sia in caso di dimissioni, chi decide di
interrompere il contratto di lavoro deve dare un preavviso allaltro soggetto coinvolto, la cui durata
di norma stabilita dal contratto collettivo di riferimento. In mancanza di preavviso, chi recede
tenuto a versare all'altra parte un'indennit equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe
spettata per il periodo di preavviso.
Il lavoratore ha diritto di recedere immediatamente dal rapporto, senza obbligo di dare il preavviso,
in presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro tale da non permettere la prosecuzione,
neppure provvisoria, del rapporto (ad esempio nel caso di mancato pagamento della retribuzione).

JOBS ACT (L. n. 183/2014)


Il primo decreto attuativo del Jobs Act sul contratto di lavoro a tutele crescenti, riscrive la
disciplina sanzionatoria dei licenziamenti individuali e collettivi per i lavoratori assunti dopo
lentrata in vigore del decreto delegato ampliando larea di applicazione della tutela solo
risarcitoria, con costi sensibilmente ridotti per le imprese di maggiori dimensioni e limitando
notevolmente le ipotesi di reintegrazione nel posto di lavoro.
Ai sensi dellart. 1 del decreto delegato sulle tutele crescenti il nuovo regime di tutela nel caso di
licenziamento illegittimo trova applicazione per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai,
impiegati o quadri (non, quindi, per i dirigenti) assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo stesso.
Secondo la lettera c) del comma 7 della legge n. 183/2014, prescindendo dalle dimensioni
aziendali, come gi nel quadro regolatorio precedente, per i licenziamenti nulli e per quelli
discriminatori seguiter ad operare la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato.
Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa: tutela obbligatoria
Lart. 3 del decreto disciplina il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (c.d.
licenziamento economico), giustificato motivo soggettivo o giusta causa (c.d. licenziamento

disciplinare), nel senso di una ulteriore riduzione, rispetto a quanto gi operato dalla legge n.
92/2012, dellarea della tutela reale (vale a dire della reintegrazione nel posto di lavoro) e,
contemporaneamente, di un netto ampliamento dellarea della tutela obbligatoria (indennit) in
caso di licenziamento illegittimo, con forte riduzione, per le imprese pi grandi, della misura delle
indennit risarcitorie.
Il primo comma dellart. 3 del decreto regola la tutela obbligatoria, prevedendo che nei casi in cui
risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo
(licenziamento economico) o per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (licenziamento
disciplinare), il giudice deve dichiarare estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e
condannare il datore di lavoro al pagamento di una indennit non assoggettata a contribuzione
previdenziale. La tutela reale viene mantenuta unicamente con riferimento alle fattispecie di
licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (c.d. licenziamento
disciplinare) nelle quali sia direttamente dimostrata in giudizio la non sussistenza del fatto
materiale contestato al lavoratore, escludendo cos ogni valutazione discrezionale del giudice anche
in merito alla sproporzione del licenziamento rispetto alla effettiva gravit del fatto contestato.
Ne deriva una sostanziale inversione dellonere probatorio rispetto alla giustificatezza del
licenziamento intimato: il lavoratore che deve dimostrare linsussistenza del fatto materiale
contestato.
In questa ipotesi il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro allimmediata
reintegra del lavoratore e al pagamento di una indennit risarcitoria commisurata allultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento fino a quello della
effettiva reintegrazione.

Contratto di lavoro a tempo determinato


Il contratto di lavoro a tempo determinato, nel diritto del lavoro italiano un tipo di contratto di
lavoro subordinato. Dal punto di vista giuridico il termine infatti un elemento accessorio del
contratto di lavoro subordinato.
Per la legittimit delle assunzioni a termine posto l'obbligo della forma scritta del contratto, che
deve riportare il termine di scadenza del rapporto. In mancanza di forma scritta, l'apposizione del
termine priva di effetto e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato.
In caso di apposizione del termine, il contratto di lavoro quindi sottoposto ad una scadenza, al cui
verificarsi, il rapporto di lavoro cessa automaticamente.

Evoluzione storica
La Legge n. 230/1962
Il D.Lgs. n. 368/2001, emanato in attuazione della direttiva 1999/70/CE, ha liberalizzato la
disciplina del termine, abrogando la precedente L. n. 230/1962.
I requisiti per la valida instaurazione di un rapporto a termine rimangono quelli di forma e di
sostanza, gi richiesti dalla previgente disciplina, oltre ai nuovi requisiti di tipo quantitativo e
negativo.

Forma: scritta ad substantiam; l'apposizione del termine, cos come le relative ragioni
giustificatrici, deve risultare da atto scritto.
Sostanza: ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.

Limiti quantitativi: la cui individuazione rimessa ai CCNL di categoria.


Divieti: la norma impedisce di fare ricorso a contratti di lavoro a termine nei seguenti casi
(tassativi):
o sostituzione di scioperanti;
o trattamento di integrazione salariale in corso, per personale con le stesse mansioni;
o imprese inadempienti all'obbligo di valutazione dei rischi ex D. Lgs. n. 626/1994;
o unit produttive interessate, nel semestre precedente, da licenziamenti collettivi di
lavoratori impegnati nelle stesse mansioni (salvo diversa disposizione degli accordi
sindacali).

In caso di violazione dei requisiti di forma, di sostanza o dei divieti imposti, il rapporto di lavoro si
considera a tempo indeterminato fin dall'origine.
Il termine del contratto pu essere prorogato, col consenso del lavoratore, per una sola volta e per la
stessa attivit lavorativa, purch sussistano ragioni oggettive e la durata complessiva del rapporto
non superi i 3 anni. Se il rapporto continua di fatto dopo la scadenza del termine, si considera a
tempo indeterminato a partire dal ventesimo o trentesimo giorno di continuazione, a seconda che il
termine fosse inferiore o superiore a sei mesi. Allo stesso modo, il rapporto si considera a tempo
indeterminato se il lavoratore viene riassunto entro 10/20 giorni dalla scadenza del termine (sempre
a seconda che la durata del contratto sia inferiore o superiore a 6 mesi).
Il Jobs Act - Legge 183/2014
Il decreto Poletti varato dal Governo Renzi (D.L. 34/2014 convertito in legge n.78/2014) ha
liberalizzato totalmente le assunzioni a tempo determinato, escludendo la necessit di una ragione
acausalit (che precedentemente il datore di lavoro doveva enunciare e, in caso di contestazione,
provare) tecnica, organizzativa, produttiva o sostitutiva che legittimasse il ricorso al contratto a
tempo determinato. Ha, inoltre, stabilito la durata massima del contratto in 36 mesi. Per gli
assunti a tempo determinato (e con qualsiasi altra forma contrattuale) dopo l'entrata in vigore del
Jobs Act, dopo tre anni prevista la conversione al nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti. Dunque la legge pone, quale concreto e unico limite delle assunzioni a termine, l'obbligo
di contingentamento delle stesse.
In particolare:
nelle imprese fino a 5 dipendenti sempre possibile assumere lavoratori a termine (non si
impone alcun rapporto percentuale rispetto ai lavoratori non a termine);
nelle imprese con organico superiore a 5 dipendenti, il numero complessivo di contratti a
termine stipulati dal datore non pu superare il 20% del numero dei dipendenti a tempo
indeterminato in forza al 1 gennaio dellanno di assunzione. In caso di violazione del limite
percentuale in questione, il datore di lavoro soggetto a pesanti sanzioni amministrative di
natura pecuniaria: per ogni lavoratore assunto in eccedenza la sanzione pari al 50% della
retribuzione del lavoratore per ogni mese di lavoro (20% se si tratta di un solo lavoratore in pi).
Sono esenti dal limite del 20%, nonche' da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti
collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di avvio di nuove attivita';
b) da imprese start-up innovative per il periodo di quattro anni dalla costituzione della societ;
c) per lo svolgimento delle attivit stagionali;
d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;

e) per sostituzione di lavoratori assenti;


f) con lavoratori di eta' superiore a 50 anni.
Tali limitazioni non si applicano nemmeno ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati
tra enti di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attivit di ricerca scientifica
o tecnologica, di assistenza tecnica o di coordinamento e direzione della stessa.
Proroga
possibile stipulare contratti a termine di durata non superiore a 36 mesi, con possibilit di un
massimo di 5 proroghe, del termine inizialmente fissato.
necessario per che sussistano le seguenti condizioni:

la proroga deve riferirsi alla stessa attivit lavorativa per la quale il contratto stato
stipulato;
deve essere rispettata la durata massima di 3 anni, indipendentemente dal numero di rinnovi;
richiesto il consenso del lavoratore.

Prosecuzione temporanea del rapporto alla scadenza


Il rapporto di lavoro a tempo determinato si risolve automaticamente alla scadenza del termine. Ma
in considerazione del fatto che, alla scadenza programmata pu permanere una ragionevole ed
oggettiva necessit di ultimare le attivit lavorative in corso, possibile proseguire il rapporto di
lavoro entro determinati intervalle.
Infatti, scaduto il contratto, l'attivit pu proseguire:

fino ad ulteriori 30 giorni dalla scadenza se il contratto di durata inferiore ai 6 mesi


fino a 50 giorni dalla scadenza se il contratto di durata pari o superiore ai 6 mesi

Il datore di lavoro ha l'obbligo di corrispondere al lavoratore una maggiorazione sulla


retribuzione, il cui importo varia in base ai giorni di prosecuzione. Alla scadenza dei termini
massimi di prosecuzione del contratto, il rapporto di lavoro a tempo determinato deve
interrompersi. In caso contrario scatta infatti la sanzione della conversione del rapporto: il contratto
di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
La riassunzione a termine del lavoratore
possibile riassumere il lavoratore, alla scadenza del contratto a termine, con un nuovo contratto a
tempo determinato. Unica condizione posta dalla Legge che siano osservati determinati intervalli
di tempo tra un contratto e l'altro. Per riassumere nuovamente a termine lo stesso lavoratore,
necessario aspettare:

10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi


20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiori a 6 mesi

Qualora venissero effettuate due assunzione successive a termine senza alcuna soluzione di
continuit, l'ordinamento prescrive la trasformazione del rapporto di lavoro in lavoro a tempo
indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.
Termine massimo

Salvo diverse previsioni previste dalla Contrattazione collettiva, la legge stabilisce la durata
massima complessiva pari a 36 mesi per il rapporto a tempo determinato tra uno stesso datore di
lavoro e lavoratore per lo svolgimento delle stesse mansioni. Ai fini del calcolo del limite di durata
devono essere considerati tutti i rinnovi del contratto, nonch le proroghe e i periodi di tempo in cui
il lavoratore ha svolto la stessa attivit in regime di somministrazione a tempo determinato. Nel
caso di violazione del limite di durata complessiva, il rapporto di lavoro si considera a tempo
indeterminato a partire dalla scadenza del termine di 36 mesi.
Schema violazioni e relative sanzioni
Mancanza della forma scritta trasformazione a T.I.
Mancanza dellapposizione del termine trasformazione a T.I.
Superamento del limita del 20% dei dipendenti a T.I. sanzione amministrativa
Superamento del limite dei 30 o 50 giorni di proroga del termine trasformazione a T.I.
Inosservanza del limite dei 10 o 20 giorni fra riassunzioni a T.D. trasformazione a T.I.
Superamento del limite dei 36 mesi complessivi trasformazione a T.I.
L'impugnazione stragiudiziale con la quale si intenda far valere la nullit del termine va presentata
entro 120 giorni dalla cessazione del contratto, mentre il ricorso al Giudice del lavoro va proposto
entro i successivi 180 giorni.
In caso di illegittimit del contratto a termine, l'indennit risarcitoria e la conversione del rapporto
di lavoro in uno a tempo indeterminato, da considerarsi onnicomprensiva di tutti i danni e
pregiudizi retributivi e contributivi subiti dal lavoratore.
Divieto di applicazione
Non possono essere effettuate assunzioni a termine nei seguenti casi:

per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero


presso unit produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi.
presso unit produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione
dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori
adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine.
da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza
sul lavoro.

Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato per almeno 6 mesi, potr far valere il diritto
di precedenza sui nuovi contratti a termine stipulati dallazienda per le stesse mansioni, nei 12 mesi
successivi al termine del suo contratto.
Svolgimento del rapporto
Vige il principio di non discriminazione, per cui sotto il profilo del trattamento economico
normativo stabilita la piena parificazione del lavoratore a tempo determinato con quello a tempo
indeterminato.
Licenziamento

Il lavoratore assunto a tempo determinato non pu essere licenziato prima della scadenza del
termine se non per giusta causa, cio per un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione,
neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Non possibile, in altre parole, il licenziamento per
giustificato motivo, sia soggettivo che oggettivo (ad esempio per riduzione dell'attivit
dell'impresa).
Il licenziamento intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del
lavoratore al risarcimento del danno, pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore
fino alla scadenza inizialmente prevista, dedotto quanto eventualmente percepito dal lavoratore
lavorando presso un altro datore di lavoro nel periodo considerato.

Tempo parziale part-time


E' un contratto di lavoro subordinato, a termine o a tempo indeterminato, che prevede un orario di
lavoro inferiore a quello ordinario (full-time), individuato in 40 ore settimanali, ovvero un minor
orario rispetto a quello previsto dalla contrattazione collettiva.

Storia
Il contratto part-time si sviluppato come prassi nellambito dei rapporti di lavoro ed ha trovato una
prima disciplina soltanto negli anni ottanta. Successivamente il lavoro a tempo parziale ha trovato
una pi organica disciplina nel 2000, con il D.Lgs n. 61/2000 (modificato poi dall'art. 46 della
Legge Biagi e poi dalla L. n. 247/ 2007).
La disciplina di tale istituto stata inclusa nel D.Lgs. 81/2015 (decreto attuativo del Jobs Act) che
ha abrogato il Decreto Legislativo 61/2000.

Tipologia
La riduzione dell'orario di lavoro pu avvenire secondo tre modelli:

tipo orizzontale: il lavoratore lavora tutti i giorni a orario ridotto;


tipo verticale: il lavoratore lavora a tempo pieno, ma solo in alcuni giorni della settimana,
del mese, o dell'anno;
tipo misto: quando vi la combinazione delle due modalit tra part-time orizzontale e
verticale.

Forma
Deve essere redatto in forma scritta ad probationem (ai fini della prova- in mancanza quindi non
c' nullit del contratto, ma si presume contratto di lavoro a tempo pieno) e deve contenere
lindicazione precisa della durata della prestazione lavorativa e dell'orario di lavoro, con riferimento
al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.

Strumenti di flessibilit

Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro ha la facolt di richiedere,
entro i limiti dell'orario normale di lavoro, lo svolgimento di prestazioni supplementari,
intendendosi per tali quelle svolte oltre l'orario concordato fra le parti.
Lorario pu per essere modificato tramite lapposizione, in forma scritta nel contratto, di apposite
clausole, la cui applicazione deve essere preavvisata (di almeno 2 giorni prima) al lavoratore:

le clausole flessibili prevedono la possibilit di modificare la collocazione temporale della


prestazione di lavoro e possono essere contenute in tutte e tre le tipologie di contratto parttime;
le clausole elastiche prevedono la possibilit di aumentare il numero delle ore della
prestazione di lavoro rispetto a quanto fissato originariamente e possono essere stipulate nei
rapporti di part-time verticale o misto;
La contrattazione collettiva interviene anche stabilendo le condizioni e le modalit che
consentono al datore di lavoro di modificare le clausole flessibile ed elastiche o quelle che
permettono al lavoratore di chiedere la loro eliminazione o modifica. Le clausole elastiche
possono essere utilizzate nei settori privi di una regolamentazione collettiva. Il loro
inserimento pu avvenire, in ogni caso, se sono rispettate tutte le seguenti condizioni:
la misura massima dell'aumento di orario non pu eccedere del 25% per cento la
normale prestazione annua a tempo parziale;
riconosciuta una maggiorazione retributiva onnicomprensiva del 15%;
sottoscritto un accordo che ne disciplini lapplicazione - presso una sede protetta
individuata nelle Commissioni di certificazione.

il lavoro supplementare lorario di lavoro prestato oltre l'orario di lavoro stabilito nel
contratto individuale di lavoro part-time orizzontale (anche a tempo determinato), ma entro
il limite del tempo pieno. I CCNL stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro
supplementare effettuabili, nonch le conseguenze del suo superamento. Nei settori privi di
una regolamentazione collettiva, comunque possibile incrementare lorario di lavoro per
un massimo del 25% a fronte di una maggiorazione retributiva onnicomprensiva del 15%.
il lavoro straordinario: il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro full-time fissato
dalla legge o dal contratto collettivo. ammissibile solo nel rapporto di lavoro part-time di
tipo verticale o misto anche a tempo determinato.

La clausola elastica determina un incremento definitivo della quantit della prestazione, a differenza
dello straordinario o del supplementare ove si verifica solo un aumento temporaneo della stessa.
comunque previsto il diritto al ripensamento ossia la possibilit di revocare il consenso
allapposizione di tali clausole qualora il lavoratore si trovi in determinate condizioni.
Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell'orario di lavoro non costituisce giustificato
motivo di licenziamento.

Trasformazione del rapporto


La trasformazione da full a part-time sempre possibile se richiesta da:

lavoratori malati con patologie cronico-degenerative od oncologici;


lavoratori e lavoratrici che debbano assistere il coniuge, i figli o i genitori che siano affetti
da patologie oncologiche o cronico-degenerative;

lavoratori e lavoratrici che debbano assistere una persona covivente con una inabilit
lavorativa totale e permanente, alla quale sia stata riconosciuta una percentuale di invalidit
pari al 100%, con necessit di assistenza continua;
lavoratori e lavoratrici che abbiano un figlio convivente di et non superiore a 13 anni o un
figlio convivente portatore di handicap.

La possibilit di trasformazione a part-time poi possibile per i lavoratori genitori che lo chiedano
in alternativa alla fruizione del congedo parentale.
Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

Svolgimento del rapporto


Vige il principio di non discriminazione per cui il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere
un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento.
Il suo trattamento economico e normativo e' riproporzionato in ragione della ridotta entita' della
prestazione lavorativa.
Il lavoratore il cui rapporto sia trasformato da tempo pieno in tempo parziale ha diritto di
precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l'espletamento delle stesse mansioni o
di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo
parziale.

Apprendistato
Indica una tipologia di contratto la cui causa lo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione a
cui si aggiunge lobbligo formativo a carico del datore di lavoro.

Definizione
Il datore di lavoro, nellesecuzione dellobbligazione posta a suo carico, tenuto ad erogare, come
corrispettivo della presentazione di lavoro, non solo la retribuzione, ma anche la formazione
necessaria allacquisizione delle competenze professionali o alla riqualificazione di una
professionalit. Queste due obbligazioni hanno pari dignit e non sono tra loro alternative o
accessorie.
Il rapporto di lavoro si basa su un patto fra datore di lavoro e lavoratore dipendente, in base al quale
l'apprendista accetta condizioni contrattuali peggiori (in termini ad esempio di retribuzione, di
durata del rapporto, di ammortizzatori sociali) in cambio di una formazione specializzata tale da
garantirgli una cospicua crescita professionale. Mentre lapprendista ha la convenienza di imparare
una professione, il datore di lavoro ha la possibilit di beneficiare di agevolazioni di tipo normativo,
contributivo ed economico.
Gli apprendisti, infatti, possono essere retribuiti meno rispetto agli altri lavoratori adibiti alle stesse
mansioni e inquadrati fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del
contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono
qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali finalizzato il contratto. In
alternativa, possibile stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale e in modo
graduale all'anzianit di servizio. La retribuzione non pu essere a cottimo o a incentivo.
Linserimento in azienda tramite apprendistato , inoltre, sostenuto da notevoli incentivi economici
(come la contribuzione agevolata pari al 10% della retribuzione per le aziende con pi di 9
dipendenti o lo sgravio totale per quelle con meno di 9 dipendenti o la deducibilit delle spese e dei

contributi dalla base imponibile Irap), economici (come la possibilit di un sotto) o normativi (come
lesclusione degli apprendisti dal computo dei dipendenti per determinati fini di leggi).

Disciplina normativa
L'evoluzione normativa italiana in merito a questo istituto contrattuale pu articolarsi in tre tappe
legislative fondamentali:
Legge n. 25/1955, che per prima disciplina compiutamente l'apprendistato introducendo
importanti sgravi fiscali a favore del datore di lavoro;
Pacchetto Treu Legge n.196/2003 che riforma ampiamente l'istituto contrattuale
scendendo nel merito della formazione da impartire all'apprendista e che per prima introduce
la "formazione esterna" all'azienda, delegandone il coordinamento alle Regioni;
Testo Unico D.Lgs. 276/2003, ossia il decreto di attuazione della cosiddetta Legge Biagi,
che articola ulteriormente l'apprendistato in tre fasce: l'apprendistato per l'espletamento del
diritto/dovere di istruzione e formazione, l'apprendistato professionalizzante e l'apprendistato
per l'acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione;
Legge 92/2012, la riforma della Fornero, in cui il contratto per completare gli studi va dai
ragazzi dai 16 ai 25 anni il contratto professionalizzante diventato di mestiere e il contratto
di alta formazione pu fare ottenere titoli universitari, di scuola superiore, ecc;
JOBS ACT Decreto attuativo D.Lgs 81/2015,
Larticolo 41 definisce lapprendistato come un contratto di lavoro a tempo indeterminato
finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.

Forma e caratteristiche
Il contratto di apprendistato:
e' stipulato in forma scritta ad probationem (ai fini della prova);
contiene, in forma sintetica, il patto di prova ed il piano formativo individuale definito anche
sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali;
ha una durata minima non inferiore a sei mesi. Al termine del periodo di apprendistato le parti
possono recedere dal contratto. Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come
ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
per le regioni e le province autonome che abbiano definito un sistema di alternanza scuolalavoro, la contrattazione collettiva pu definire specifiche modalit di utilizzo di tale contratto,
anche a tempo determinato, per le attivit stagionali.

Tipologie
Ci sono tre tipi di apprendistato:

Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il diploma di istruzione


secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore
E un contratto di lavoro che permette di conseguire una qualifica professionale o un
diploma professionale alternando lavoro e studio. La durata, che determinata in
considerazione della qualifica o del diploma da conseguire, non pu essere superiore a tre
anni o quattro nel caso di diploma quadriennale regionale. Possono essere assunti con questa
tipologia di apprendistati i giovani dai 15 anni fino al compimento dei 25 anni, senza una
qualifica o un diploma professionale.

Apprendistato professionalizzante

E un contratto di lavoro per il conseguimento di una qualifica professionale ai fini


contrattuali attraverso una formazione trasversale e professionalizzante. La durata del
contratto non pu essere inferiore ai 6 mesi e superiore a tre anni o cinque per lartigianato.
Possono essere assunti con questa tipologia di apprendistati i giovani tra i 18 e i 29 anni
compiuti (nel caso di possesso di qualifica professionale let minima scende a 17 anni), in
tutti i settori di attivit, privati o pubblici.
Ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale e' possibile assumere in
apprendistato professionalizzante, senza limiti di et, i lavoratori beneficiari di indennit di
mobilit o di un trattamento di disoccupazione.
Solo nel caso di apprendistato professionalizzante previsto lobbligo, solo per gli
imprenditori con pi di 50 dipendenti, di proseguire a tempo indeterminato il rapporto di
lavoro con almeno il 20% degli apprendisti presenti in azienda, altrimenti non si possono
assumere altri apprendisti.

Apprendistato di alta formazione e ricerca


E un contratto di lavoro che consente di conseguire diversi livelli di titoli di studio: diploma
di scuola secondari superiore, diploma professionale di tecnico superiore, diploma di laurea,
master e dottorato di ricerca. Pu essere utilizzato anche per il praticantato per laccesso alle
professioni ordinistiche. Possono essere assunti con questa tipologia di apprendistati i
giovani tra i 18 e i 29 anni compiuti (nel caso di possesso di qualifica professionale let
minima scende a 17 anni), in tutti i settori di attivit, privati o pubblici.

Contratto di lavoro intermittente


Definizione
E un contratto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, con il quale un lavoratore si pone
a disposizione di un datore di lavoro che ne pu utilizzare la prestazione lavorativa in modo
discontinuo, anche con riferimento alla possibilit di svolgere le prestazioni in periodi
predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.

Forma
richiesta la forma scritta del contratto ad probationem (anche se solo ai fini della prova della
sussistenza del contratto e non per la sua validit) indicando i contenuti previsti per legge, tra cui la
durata a tempo determinato o indeterminato.

Normativa
La disciplina normativa contenuta nel Decreto Legislativo di riordino delle tipologie contrattuali,
il D.lgs. 81/2015 di attuazione della Legge delega n.183/2014 Jobs Act

Presupposti

1. oggettivo: deve essere previsto nel contratto collettivo, anche aziendale, applicato dal datore di
lavoro. In mancanza, i casi di utilizzo sono individuati con decreto ministeriale;
2. soggettivo: pu essere concluso esclusivamente con soggetti con meno di 24 anni di et, purch
le prestazioni siano svolte entro il 25 anno, e con pi di 55 anni.

Durata
Il contratto di lavoro intermittente ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di
lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro
nell'arco di tre anni solari, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello
spettacolo. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un
rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Tale contingentamento non si applica ai settori
del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Caratteristiche
Sono previste due forme di contratto di lavoro intermittente:

con obbligo di disponibilit: il lavoratore obbligato a restare disposizione del datore per
svolgere la prestazione lavorativa, quando il datore lo richiede. In tal caso riconosciuta al
lavoratore una indennit mensile di disponibilit determinata dai contratti collettivi.
Durante il periodo in cui resta disponibile, sia in presenza di un obbligo di disponibilit, sia
nel caso contrario, non titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, non
matura quindi alcun trattamento economico o normativo, salvo leventuale indennit di
disponibilit. In tale periodo inoltre, entrambe le parti possono recedere liberamente dal
contratto.
senza obbligo di disponibilit: il lavoratore libero di rifiutarsi, se richiesto, di prestare la
propria attivit. In tal caso il lavoratore avr diritto alla retribuzione corrispondente alle sole
ore di lavoro effettivamente prestate.

Il lavoratore intermittente non deve comunque ricevere per i periodi lavorati, un trattamento
economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a
parit di mansioni svolte (principio di non discriminazione).

Divieti
Il contratto di lavoro intermittente vietato:

per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;


per svolgere le stesse mansioni di lavoratori che nei sei mesi precedenti siano stati oggetto di
licenziamenti collettivi, di sospensione o di riduzione di orario;
per le aziende che non sono in regola con la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Obblighi di comunicazione del datore di lavoro


Il datore di lavoro deve effettuare, oltre alla comunicazione obbligatoria pre-assuntiva, una
comunicazione amministrativa prima di ogni chiamata del lavoratore. Sono previste modalit di
comunicazione telematica.

Contratto di somministrazione di lavoro


Definizione
Il lavoro somministrato, ex lavoro interinale, un contratto in base al quale l'impresa
(utilizzatrice) pu richiedere manodopera ad agenzie autorizzate (somministratori) iscritte in un
apposito Albo tenuto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
La somministrazione di lavoro coinvolge tre soggetti:

il lavoratore
l'utilizzatore, un'azienda pubblica o privata che necessita di tale figura professionale;
il somministratore, un'Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro che
stipula un contratto con un lavoratore;

Questo tipo di rapporto prevede quindi due contratti:

un contratto di somministrazione, di natura commerciale, tra l'utilizzatore e il


somministratore;
un contratto di lavoro tra il somministratore e il lavoratore che pu essere a tempo
determinato o a tempo indeterminato.

Forma
Il contratto di somministrazione di manodopera esige la forma scritta, in assenza della quale il
contratto nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto
che ne utilizza la prestazione lavorativa.

Tipologie
Il contratto di somministrazione pu essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato e
pu essere concluso anche come rapporto a tempo parziale.
b) Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing)
Era segregato dalla legge a una manciata di casi, per lo pi riferibili ad attivit ausiliarie e no core,
indicati tassativamente dalloramai abrogato art. 20, comma 3, del D. Lgs. 276/03 (attivit quali
consulenza e assistenza informatica, pulizia, custodia e portineria, gestione di call-center, ecc.).
Durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore.
Durante tali periodi di inattivit, al lavoratore spetta un'indennit di disponibilit.
Il sistema della acausalit viene esteso dal Jobs Act allistituto dello staff leasing, che diviene oggi
utilizzabile da qualsiasi utilizzatore per qualsivoglia esigenza o mansione, entro il limite del 20%
(derogabile in sede di contrattazione collettiva) del numero dei lavoratori assunti a tempo
indeterminato in forza presso lutilizzatore al 1 gennaio dellanno di stipula del contratto, a
condizione che i lavoratori impiegati siano assunti a tempo indeterminato dallagenzia.
b) Il contratto di somministrazione a tempo determinato
Prima del Jobs act, che ha liberato definitivamente tali istituti dalla morsa del vincolo delle ragioni
di ricorso (acausalit), era ammesso esclusivamente a fronte di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili allordinaria attivit dellutilizzatore
(esempio, necessit di un incremento di manodopera per far fronte a picchi temporanei di attivit

dovuti a circostanze eccezionali o alle attivit stagionali, o sostituzione di lavoratori assenti per
malattia, ferie, ecc.). Resta oggi sempre possibile il ricorso alla somministrazione a termine a
prescindere dallesistenza o meno di una concreta esigenza di carattere transitorio in capo
allutilizzatore.
Al contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato, si applicano le regole del contratto
a termine, escluse le disposizioni in materia di riassunzione, diritto di precedenza, successione dei
contratti e durata complessiva.

Divieti
Il contratto di somministrazione vietato nei seguenti casi:

per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;


salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, per le imprese che abbiano effettuato nei
6 mesi precedenti licenziamenti collettivi riguardanti le figure professionali oggetto della
fornitura, a meno che tale contratto non sia stipulato per provvedere alla sostituzione di
lavoratori assenti, ovvero riguardi lassunzione di lavoratori iscritti in lista di mobilit,
ovvero abbia una durata iniziale non superiore a mesi tre (Legge 191/2009).
salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, per le imprese in cui siano in corso
interventi di integrazione salariale che interessino lavoratori adibiti alle mansioni oggetto
della fornitura;
per le imprese che non siano in regola con gli obblighi previsti in materia di sicurezza sui
luoghi di lavoro.

Svolgimento del rapporto


Il rapporto lavorativo instaurato tra il lavoratore e l'Agenzia per il lavoro , per cui il pagamento
della retribuzione al lavoratore e il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi sono a
carico del somministratore, con il rimborso successivo da parte dellutilizzatore.
Il lavoratore, anche se assunto dall'agenzia somministratrice, svolge la sua attivit sotto la direzione
e il controllo dell'impresa utilizzatrice. Pertanto, egli tenuto ad osservare le disposizioni date
dall'impresa stessa per l'esecuzione del lavoro, come se fosse un dipendente di quest'ultima. Egli
pu fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell'impresa utilizzatrice.
Il lavoratore, durante la missione, ha diritto a percepire la stessa retribuzione che spetta ad un
lavoratore dell'impresa utilizzatrice che svolge la stessa attivit.
L'impresa fornitrice deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi allo
svolgimento della missione, nonch formarli all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo
svolgimento dell'attivit prevista. Quest'ultimo obbligo pu essere adempiuto anche dall'impresa
utilizzatrice.
Il lavoratore pu esercitare i diritti di libert e attivit sindacale presso l'impresa utilizzatrice e
partecipare alle assemblee del personale dipendente. Ha inoltre uno specifico diritto di riunione, da
esercitarsi fuori dall'orario di lavoro in locali messi a disposizione dall'impresa fornitrice.
L'utilizzatore non assume tuttavia il potere disciplinare che rimane riservato al somministratore,
salvo tuttavia l'onere per il primo di comunicare a questi gli elementi che possano costituire oggetto
di contestazione disciplinare.

A titolo di sanzione civile la legge prevede che il mancato rispetto di alcune disposizioni dell'istituto
portano a costituire in capo all'utilizzatore un rapporto di lavoro subordinato ordinario.

ABROGAZIONI DI TIPOLOGIE CONTRATTUALI


Il contratto di inserimento, introdotto dal D.Lgs. 276/2003 e finalizzato all'inserimento o al
reinserimento del lavoratore nel mercato del lavoro, mediante un progetto individuale di
adattamento delle sue competenze professionali a un determinato contesto lavorativo, stato
ABROGATO dalla legge 92/2012 di Riforma (Fornero) del mercato del lavoro.
Il contratto di lavoro ripartito (detto anche job sharing), in cui due lavoratori si obbligano in solido
a fornire la stessa prestazione lavorativa, stato ABROGATO dallart.55,comma 1 ,lettera d) del
D.Lgs. 81/2015 (JOBS ACT)

2. Il lavoratore autonomo
Il lavoro autonomo una figura prevista dal diritto del lavoro italiano, definita dall'art. 2222 del
codice civile italiano come colui che si obblighi a compiere, a prezzo di un corrispettivo, un'opera o
un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti di
un committente. Le modalit, il luogo e il tempo di esecuzione dell'opera o del servizio sono
controllate liberamente dallo stesso lavoratore.
Esso identifica dunque l'attivit di lavoro dei cosiddetti liberi professionisti e dei lavoratori
autonomi manuali, con esclusione delle figure imprenditoriali, e necessita dell'apertura di partita
IVA.
Si distinguono, dunque, le seguenti categorie:
imprenditore: colui che esercita in conto proprio una professione o arte liberale (da 1 a un massimo
di 5 addetti);
lavoratore in proprio (commercianti, artigiani): colui che gestisce unazienda partecipandovi col
proprio lavoro manuale, che non si avvale della collaborazione di addetti o collaboratori e che
svolge la sua attivit in via continuativa, non occasionale;
libero professionista (regolamentati e non): colui che esercita in conto proprio una professione o
arte liberale, che svolge attivit autonoma in modo continuativo e non occasionale, in piena
autonomia rispetto al committente e che non si avvale di alcun addetto.
Socio di cooperativa di produzione di beni e/o prestazione di servizi, coadiuvante familiare:
colui che collabora con un familiare che svolge unattivit in conto proprio, senza avere un
rapporto di lavoro regolato da un contratto.

Il lavoratore autonomo svolge la propria attivit con mezzi prevalentemente propri e non del
committente, e con piena discrezionalit circa il tempo, il luogo e le modalit della prestazione.
Non ha dunque vincoli di subordinazione nei confronti del committente, il quale non ha i poteri
direttivi, di controllo e disciplinare tipici del datore di lavoro subordinato. In ogni caso il
prestatore di lavoro autonomo pu essere obbligato al rispetto dei limiti e delle condizioni
contenute nel contratto di servizio stipulato col committente.

RIEPILOGO:
Gli elementi distintivi essenziali sono:
loggetto della prestazione deve essere un risultato;
lo svolgersi della prestazione deve avvenire senza vincolo di subordinazione al committente;
il lavoratore opera in modo indipendente, salve le indicazioni di massima del committente;
il lavoratore utilizza mezzi ed attrezzature propri.
Gli elementi distintivi sussidiari sono:
lesecuzione del lavoro anche allesterno della struttura del datore di lavoro;
la modalit di determinazione della retribuzione non a tempo ma a risultato;
il versamento del compenso non a cadenze periodiche;
lassenza di vincolo di orario e di obbligo di preavvertire in caso di assenza;
lestraneit al rischio dimpresa e al risultato;
loggetto della prestazione (prestazioni di realizzazione di un risultato specifico e non
prestazioni di energie lavorative).

3. Il lavoratore parasubordinato
Le recenti modificazioni sociali ed economiche avviate dalla seconda met degli anni settanta
hanno portato all'identificazione, oltre che di varie categorie di lavoratori, alla nascita di nuove
figure contrattuali nell'ambito del lavoro: si parla infatti di rapporti di lavoro dove l'oggetto
dell'obbligazione non "un risultato" ma un'attivit, sebbene il lavoratore non sia subordinato al
datore (es. contratto a progetto).
Con lavoro parasubordinato si indica, nel diritto del lavoro italiano, un tipo di lavoro che presenta
caratteristiche intermedie tra quelle del lavoro subordinato e quelle del lavoro autonomo.
Requisiti caratteristici sono:
il carattere prevalentemente personale della prestazione, non svolta in forma imprenditoriale;
la continuit lavorativa della prestazione in un determinato periodo di tempo, quindi non
occasionale;
la coordinazione con l'attivit del committente, senza esserne suo dipendente.

La fattispecie del lavoro parasubordinato pu coincidere, in fatto, con ipotesi di "dipendenza


economica" che si verificano quando, a prescindere dal vincolo di subordinazione, il lavoratore
percepisce la maggior parte del proprio reddito da lavoro da un unico committente.
L'istituto ha avuto una propria disciplina dopo l'emanazione del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276,
recante attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14
febbraio 2003, n. 30.

Tipologie

Contratto di lavoro a progetto


Lavoro accessorio

Contratto di lavoro a progetto

Le due forme di lavoro parasubordinato per antonomasia sono le collaborazioni coordinate e


continuative (co.co.co.) e le collaborazioni a progetto (co.co.pro.).
Si parla, pertanto, di lavoratore parasubordinato o di lavoratore in regime di collaborazione
coordinata e continuativa.

Il Codice Civile
Il Codice civile italiano distingue in modo preciso il prestatore di lavoro subordinato - che, ai sensi
dell'art. 2094, opera "alle dipendenze o sotto la direzione dell'imprenditore" - dal contratto d'opera,
proprio invece del lavoratore autonomo, il quale, come recita l'art. 2222, "si obbliga a compiere...
un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione".
La definizione originaria lascia alcuni dubbi:

Fino a che punto pu spingersi il controllo da parte del preponente, senza che si abbia una
vera e propria subordinazione?
Fino a che punto esso il frutto di una libera negoziazione tra le parti, e non, piuttosto, di un
prepotere contrattuale del contraente imprenditore?

Queste domande, pressoch ignorate dal legislatore del 1942, riassumono il senso e il problema
sempre aperto del lavoro "parasubordinato": individuare le situazioni concrete che, pur non
rientrando nella subordinazione vera e propria, richiedono, oggettivamente, l'applicazione di
(alcune) forme di tutela proprie di quella.
Nel 2003, per la prima volta, si cerca di dare confini e di marcare la differenza tra il
"coordinamento" (compatibile con il lavoro autonomo) e la "eterodirezione", elemento essenziale
della fattispecie di lavoro subordinato prevista dall'articolo 2094 del Codice civile.
Il legislatore di allora fa una scelta: il lavoro autonomo solo quello che produce un risultato, ergo
ci vuole un progetto che ne descriva in modo pertinente il contenuto, cio l'oggetto non pu essere
una mera attivit e non pu essere a tempo indeterminato. Se il progetto manca, il rapporto, che
autonomo, diventa subordinato. E si discute se si possa provare il contrario.
La norma non funziona e crea storture giuridicamente inaccettabili. In pi, la tipizzazione del
contratto a progetto fa pensare a molti che sia sufficiente scrivere un documento in cui ci sia il
riferimento alle norme e ad un fantasioso ed improbabile progetto, per essere al sicuro.
Ma non era cos. Oggi il legislatore cambia decisamente rotta.
La collaborazione continuativa e coordinata si pu fare, si pu fare a tempo indeterminato, un
contratto di lavoro autonomo per fornire non un'opera ma un servizio continuativo. Ma se la
prestazione che ne l'oggetto possiede alcune caratteristiche, gli si applica la disciplina del lavoro
subordinato. In pratica, la distinzione torna ad essere quella tra coordinamento/eterodirezione, ma
con una importante e decisiva precisazione. L'eterodirezione si svuota un po' del suo contenuto "di
comando" - di esercizio del potere determinativo, direttivo e disciplinare -, per collocarsi a un
livello pi basso e forse pi indefinito, di "eteroorganizzazione": se l'azienda che decide il
"quando" e il "dove" lavorare, allora, si applicano le regole del lavoro subordinato, anche se,
magari, il collaboratore ha la facolt di decidere il "come" lavorare. Viceversa, se il collaboratore ha
la facolt di decidere il "se", il "quando" e il "dove" lavorare, allora si nell'ambito di un genuino
rapporto di lavoro autonomo che pu avere come oggetto anche un'attivit (senza la necessit di uno
specifico risultato) ed essere a tempo indeterminato. chiaro quindi che oggi fare un contratto di
lavoro autonomo diventa un esercizio assai delicato, ricordando comunque e sempre che non
sufficiente scrivere contratti, anche bellissimi, se poi di fatto l'esecuzione del rapporto avviene in
modo diverso.

La legge Biagi
La legge 276/2003 (riforma del lavoro) interviene sui contratti atipici stabilendo che le
collaborazioni dovranno essere legate ad un progetto, specificato in forma scritta, cos come la sua
durata ed il relativo corrispettivo. In tal modo, tutto ci che non rientra in questa formula sar
considerato lavoro subordinato, a tempo determinato o a tempo indeterminato (vengono esclusi
dalle nuove regole: i pensionati di vecchiaia, le professioni intellettuali con iscrizioni in albi
professionali, le co.co.co rese ad associazioni e societ sportive, i componenti di organi di
amministrazione di societ, i partecipanti a commissioni e collegi).

Il Jobs Act
Con D.lgs 81/2015, in attuazione della legge delega 183/2014 art. 1 c.7, stato attuato il riordino
delle tipologie contrattuali ed stato abolito il contratto a progetto, salvo casi particolari
(professionisti iscritti ad albi, componenti degli organi di amministrazione e controllo delle societ e
dai partecipanti a collegi e commissioni).
A partire dal 1gennaio 2016 inizier la seconda fase che prevede la riconduzione del co.co.pro.
nellambito dei meccanismi del lavoro subordinato. Vale a dire che, a decorre da questa data, ai
rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali,
continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalit di esecuzione siano organizzate dal
committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, verr applicata la disciplina
relativa al lavoro subordinato.

COMMENTO

Il legislatore quindi ha fatto una scelta: pi rapporti di lavoro subordinato con maggiore flessibilit
e un minor numero di contratti di lavoro autonomi. Un contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato pu essere fatto cessare per motivi economici con costi molto contenuti, che
addirittura possono essere inferiori a quelli di un contratto a progetto. Se facciamo l'ipotesi di un
contratto a progetto di un anno per sviluppare nuove attivit, che dopo sei mesi non funziona per
qualunque motivo, il costo di un recesso pari a sei mesi (il compenso del recesso fino al termine),
ma potrebbe invece essere di due soli mesi (ricorrendo alla conciliazione prevista dall'articolo 6 del
Digs 23/2015) se fosse un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Inoltre, con le nuove norme in materia di mansioni, anche la gestione del rapporto di lavoro
subordinato diventa pi flessibile rispetto a prima e lo , certamente, rispetto ad un contratto di
lavoro a progetto nell'ambito del quale non possibile modificare unilateralmente l'oggetto del
contratto.

Lavoro accessorio
Definizione
Per contratto di lavoro accessorio si intende linsieme di prestazioni lavorative che non danno
luogo, con riferimento alla totalit dei committenti, a compensi superiori a 7.000 netti (9.333
lordi) nel corso di un anno civile (dal 1 gennaio al 31 dicembre).

Con lavoro accessorio si inteso regolamentare quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle
tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma caratterizzate da un
limite prettamente economico e dal pagamento attraverso dei voucher.
Si tratta perlopi di quelle attivit lavorative che potrebbero collocarsi al di fuori della legalit,
nell'ottica di una maggiore tutela del lavoratore.
Il D.Lgs. n. 81/2015 ha confermato il venire meno cos della caratteristica delloccasionalit - gi
eliminata dal Decreto Legge 76/2013 - e la possibilit che il lavoro accessorio possa essere usato
per qualsiasi tipo di attivit.
Il lavoro accessorio si utilizza, quindi, per qualsiasi tipo di attivit in diversi ambiti: agricolo,
commerciale, turistico, dei servizi, della Pubblica Amministrazione, rispettando comunque i
vincoli di contenimento delle spese di personale previsti dalla normativa di settore, oppure, dai patti
di stabilit interni.
Possono essere svolte da qualsiasi soggetto (disoccupato, inoccupato, lavoratore autonomo o
subordinato, full time o part time, pensionato, studente, percettore di prestazioni a sostegno del
reddito), nei limiti del compenso economico sopra individuato.
Prestazioni occasionali accessorie possono essere rese anche da percettori di prestazioni
integrative del salario o di sostegno al reddito nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso
per anno civile.
Per specifiche categorie di soggetti in stato di disabilit, detenzione, tossicodipendenza e per i
beneficiari di ammortizzatori sociali prevista la possibilit di ricorrere al lavoro accessorio,
secondo una regolamentazione speciale che sar individuata da un apposito decreto ministeriale.
In generale, ci sono limitazioni per le aziende agricole ed vietato ricorrere al lavoro
accessorio per lesecuzione di appalti di opere o servizi.

Il compenso tramite i voucher


Per ricorrere alle prestazioni di lavoro accessorio, il datore di lavoro (beneficiario della prestazione)
acquista esclusivamente con modalit telematiche uno o pi carnet di buoni (voucher).
Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso il concessionario. Tale
compenso esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o
inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.
Il concessionario provvede al pagamento del buono al lavoratore che lo presenti, registrandone i
dati anagrafici ed il codice fiscale, effettuando il versamento per suo conto dei contributi per i fini
previdenziali ed assicurativi contro gli infortuni, nonch trattenendo una percentuale del valore
nominale del buono a titolo di rimborso spese.

CLASSIFICAZIONE DEI LAVORATORI


La prestazione di lavoro, come oggetto dellobbligazione del lavoratore, avviene mediante la
deduzione nel contratto di lavoro di tre concetti giuridici che si pongono in stretta e reciproca
connessione:

1) Le mansioni
2) La qualifica
3) Linquadramento nella categoria
Il d. lgs. n. 152 del 1997 stabilisce che il datore di lavoro pubblico e privato tenuto a fornire al
lavoratore una serie di informazioni relative al rapporto di lavoro:
a) Tipo di rapporto, durata, data di inizio e luogo di lavoro
b) Inquadramento, livello e qualifica del lavoratore
c) Importo della retribuzione e periodo di pagamento
d) Orario di lavoro e periodo feriale
In particolare, sullattribuzione di mansioni e qualifiche e sullinquadramento
Art. 96, comma 2, disposizioni di attuazione del codice civile.:
Limprenditore deve fare conoscere al prestatore di lavoro, al momento dellassunzione, la
categoria e la qualifica che gli sono assegnate in relazione alle mansioni per cui stato
assunto.

Art. 2103 del codice civile: il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni
per le quali stato assunto [...] ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte

La mansione identifica i compiti in concreto espletati dal lavoratore, costituendo in senso proprio
loggetto dellobbligazione di lavoro.
La qualifica costituisce la sintesi concettuale di un complesso di mansioni: linsieme delle
mansioni svolte determina il riconoscimento di una specifica qualifica del lavoratore (per es.
saldatore, elettricista; oppure archivista, fattorino).
Linquadramento nella categoria costituisce il criterio superiore di classificazione, tale da
inglobare al suo interno i precedenti sotto-insiemi. A seconda delle mansioni svolte e, dunque, della
qualifica attribuita, il lavoratore viene inquadrato in una delle categorie previste dalla legge o, in
qualche caso, dalla contrattazione collettiva.
Le mansioni come le categorie di appartenenza sono stabilite dai CCNL di categoria. Il codice civile
all'art. 2095 stabilisce quattro categorie legali:
Operai
Impiegati

Quadri (introdotti dalla legge n. 190 del 1985)

Dirigenti

GLI OPERAI
Per gli operai l'apporto richiesto esclusivamente di tipo produttivo, e si sostanzia in attivit di tipo
prevalentemente manuale.

La contrattazione collettiva ha introdotto varie qualifiche in funzione della diversa preparazione


tecnica del lavoratore. Si distinguono quindi operai comuni, operai qualificati ed operai
specializzati. Alcuni contratti collettivi hanno inoltre previsto figure di operaio cui sono affidate
mansioni di particolare responsabilit, normalmente di controllo e conduzione di un gruppo di
lavoratori (cosiddetti "intermedi": ad es. capo cantiere, capo officina, capo reparto).
Naturalmente gli operai esistono anche negli enti o nelle aziende pubbliche: a parte le peculiarit di
questa categoria (le qualifiche sono previste dai contratti collettivi di settore), si tratta comunque di
risorse adibite ad attivit manuali.
GLI IMPIEGATI
Gli impiegati (R.D.L. 13 novembre 1924 n. 1825) prestano la loro attivit lavorativa alle
dipendenze del datore di lavoro con funzioni di collaborazione, e normalmente non svolgono
prestazioni di vera manodopera.
All'interno della categoria si distinguono, soprattutto ad opera della contrattazione collettiva:

impiegati di concetto con funzioni direttive, preposti ad un servizio o un reparto dell'azienda


con autonomia d'iniziativa nei limiti delle direttive generali impartite dall'imprenditore o dal
dirigente con cui collaborano;
impiegati di concetto che svolgono un'attivit intellettuale nell'esercizio delle funzioni cui
sono preposti, secondo un indirizzo di personale responsabilit per quanto concerne la
decisione e l'iniziativa, anche se contenuta entro i limiti predeterminati dalle direttive dei
superiori;
impiegati d'ordine, che svolgono un lavoro intellettuale, ma come mera attuazione delle
direttive dei superiori, senza alcun potere di iniziativa.

Per i dipendenti pubblici la cosa pi lineare dato che, non esistendo l'imprenditore, hanno come
superiori i quadri o i dirigenti (o, i facenti funzione)
I QUADRI
I Quadri hanno avuto riconoscimento formale soltanto con la legge 13 maggio 1985, n. 190. Si
tratta di lavoratori, subordinati intermedi come posizione tra dirigenti e impiegati, che dipendono
direttamente dall'imprenditore o dai dirigenti, che svolgono attivit di rilevante importanza ai fini
dello sviluppo e dell'attuazione degli obiettivi dell'impresa. Caratteri distintivi della categoria sono,
per la giurisprudenza, la gestione diretta ed autonoma dei rapporti con i terzi e la responsabilit
gestionale e di budget sulle funzioni demandate. I CCNL prevedono anche il livello di "quadro con
funzioni direttive" ovvero quei lavoratori, che pur non essendo dirigenti, svolgono mansioni da
direttori (solitamente di ambito limitato: un reparto, una famiglia di prodotto, un'area di vendita,
ecc.).
Altri requisiti sono fissati dalla contrattazione collettiva, cui la legge 190 aveva espressamente
demandato l'individuazione dei requisiti necessari per l'appartenenza alla categoria.
Valgono le stesse considerazioni anche per il settore pubblico ma, in questo caso, la gerarchia di
funzionari rientranti nella categoria dei "quadri" molto articolata. La loro subordinazione ,
ovviamente, nei riguardo dei manager (funzionari o direttori che siano).
I DIRIGENTI

La giurisprudenza da una definizione tradizionale del dirigente come lalter ego dellimprenditore,
colui cio che esercita le proprie funzioni con ampiezza e discrezionalit di poteri su tutta limpresa
ed essendo sottoposto esclusivamente alle direttive generali del datore di lavoro.
Il nuovo approccio giurisprudenziale, alla luce della contrattazione collettiva, caratterizzato da una
operazione tendente ad allargare verso il basso la figura del dirigente, mediante una proliferazione
di figure che, pur apicali, sono prive di poteri cos ampi quali quelli implicati dalla nozione di alterego dellimprenditore. Da qui dunque lindividuazione di diversi gradi della stessa unitaria
categoria.
I dirigenti sono definiti come lavoratori subordinati che, nell'ambito dell'impresa o dell'ente,
svolgono funzioni connotate da elevata professionalit, autonomia decisionale, responsabilit nei
confronti dell'imprenditore o del funzionario superiore, nonch da poteri di coordinamento e
controllo dell'intera attivit aziendale o di un ramo autonomo dell'impresa oppure, per i dirigenti
pubblici, di un settore/ufficio.
La dipendenza gerarchica nei confronti dell'imprenditore (o, meglio, il rappresentante legale)
conseguentemente attenuata, in quanto il dirigente privato ha la responsabilit della conduzione
dell'impresa con il solo limite del rispetto delle direttive generali impartite dal datore di lavoro.
Consegue per i dirigenti la riduzione di numerose tutele previste per le altre categorie,
controbilanciata dalla forte indipendenza della categoria, dalla presenza di sindacati di soli dirigenti,
e da uno speciale regime previdenziale.
I dirigenti pubblici hanno una legislazione propria, tenuto conto della criticit della categoria (in
questo caso il datore di lavoro il cittadino e, in sua vece, la classe politica). L'articolazione
dirigenziale in un enti pubblici o aziende pubbliche assai complessa.

A seconda dei casi un dirigente gerarchicamente subordinato a:

un altro dirigente (ad esempio, in un'impresa, il direttore vendite risponde al direttore


generale);
un membro del C.d.A. della societ (amministratore delegato o presidente) oppure
all'amministratore unico;
nel caso di imprese in forma non societaria all'imprenditore vero e proprio;
nel caso di enti pubblici (in forma non "aziendalizzata") il dirigente risponde ad un altro
dirigente di ordine superiore, oppure ad un rappresentante istituzionale (ad esempio: il
sindaco, il ministro, il governatore, ecc.) comunque ad una figura di carattere politico o
elettivo. Nelle aziende pubbliche (ad esempio l'ASL o l'INPS) solitamente il dirigente di
ordine superiore ricopre il ruolo di direttore generale e questo di nomina politica.

Quindi, ambiti di specialit della categoria dirigenziale sono:


1) Regimi previdenziali con carattere di specialit;
2) Organizzazioni sindacali separate;
3) Non applicazione della disciplina limitativa e di tutela in materia di licenziamenti individuali
(a causa della natura fiduciaria del rapporto di lavoro)
4) Non applicazione di una parte della disciplina in materia di orario di lavoro

MODIFICA DELLE MANSIONI- JUS VARIANDI


possibile modificare le mansioni del lavoratore, attraverso il cosiddetto jus variandi, che indica il
potere del datore di lavoro di modificare le mansioni del lavoratore oltre l'ambito convenuto,
nel rispetto della legge, dei contratti collettivi e del principio generale di buona fede.
Lo ius variandi, costituisce una delle manifestazioni del potere direttivo, manifestazione di "autorit
privata"; la sua disciplina contenuta nellart. 2103 del Codice civile cos come novellato dallart.
13 dello Statuto dei lavoratori, e ultimamente riscritto dal D.Lgs. 81/2015.
Sono in gioco due interessi (talvolta) contrapposti:
a) Quello del creditore di lavoro ad un impiego elastico della prestazione, in relazione alle
mutevoli esigenze dellorganizzazione produttiva;
b) Quello del lavoratore alla conformit della prestazione alle mansioni convenute al momento
dellassunzione o comunque compatibili con la qualifica di appartenenza.
Il punto di mediazione individuato dallordinamento per lesercizio dello ius variandi del datore
di lavoro prevede dei limiti.
Secondo la vecchia formulazione dellart. 2103 del cod. civ.: il datore di lavoro aveva il potere di
adibire il prestatore di lavoro ad una mansione diversa da quella per la quale era stato assunto,
purch ci non comportasse una diminuzione della retribuzione o un mutamento sostanziale della
sua posizione.
Ci dava origine ad una interpretazione non rigorosa della giurisprudenza, che generalmente
ammetteva: 1) tutte le modificazioni consensuali (anche peggiorative) della mansione; 2) le
modificazioni unilaterali che non recassero un evidente e grave vulnus alla dignit del lavoratore e
alla sua collocazione nellambiente di lavoro.
PRIMA DEL JOBS ACT
Una prima riforma introdotta dallart. 13 dello Statuto dei lavoratori era quella vigente fino al 15
giugno 2015, e che prevedeva maggior tutele per il lavoratore:
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni
equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente
allattivit svolta e lassegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo
per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.
Ogni patto contrario nullo.

DOPO IL JOBS ACT

Attualmente, il D.Lgs. 81/2015, attuativo del Jobs act, allart. 3 ha riscritto lart. 2103 del codice
civile:
Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali e' stato assunto o a quelle
corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime
effettivamente svolte....
Con il nuovo art. 2103 cod. civ., seguito alla riforma introdotta dallart. 13 dello Statuto dei
lavoratori , sempre ammessa la modifica unilaterale della mansione, da parte del datore di lavoro,
ma nel contesto di una serie di limiti posti a garanzia del lavoratore che si sono, comunque,
sensibilmente ridotti:
1) Modifiche migliorative (ius variandi verticale): sono ammesse e danno diritto, in presenza
di talune condizioni, alla promozione;
2) Modifiche dirette ad attribuire mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di
inquadramento - e non pi equivalenti - (ius variandi orizzontale): sono ammesse;
3) Modifiche peggiorative (ius variandi verso il basso): erano, in linea di principio,
implicitamente vietate, ed oggi sono consentite, seppur con limitazioni, dal Jobs Act.
Ius variandi verticale
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori (caso 1) il lavoratore ha diritto al trattamento
corrispondente all'attivit' svolta e l'assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volont del
lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in
servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
Ogni patto contrario nullo.
Prima ipotesi: spostamento temporaneo alla mansione che appartiene ad una categoria superiore:
conferisce solamente il diritto al trattamento retributivo pi elevato.
Seconda ipotesi: spostamento per fronteggiare una esigenza di lungo periodo: quando il periodo
supera i sei mesi (precedentemente al Jobs Act erano tre e non necessariamente continuativi) o il
diverso periodo previsto dal contratto collettivo si verifica la d.c. promozione automatica.
La riforma modifica anche la disciplina relativa alla assegnazione di mansioni superiori. Fermo
restando il diritto del lavoratore al trattamento economico corrispondente allattivit svolta, le
novit sono le seguenti.
Innanzitutto viene aumentato, in assenza di un diverso termine fissato dalla contrattazione
collettiva, il tempo di assegnazione delle mansioni superiori, necessario per far s che
lassegnazione diventi definitiva e il lavoratore acquisisca il corrispondente livello di
inquadramento. Infatti, prima della riforma lassegnazione alla mansione superiore diventava
definitiva dopo tre mesi. Ora, invece, il tempo necessario allacquisizione definitiva della mansione
superiore viene elevato a sei mesi. Inoltre, la riforma precisa (a differenza della norma previgente)
che il termine di sei mesi deve essere continuativo. Ci comporta che un lavoratore potrebbe essere
assegnato ripetutamente a mansioni superiori per periodi ciascuno inferiore a sei mesi, senza mai
ottenere la definitiva assegnazione alle mansioni superiori (salvo che si verifichi un caso di
frazionamento in frode alla legge). In precedenza, invece, era prevista la possibilit che la
maturazione dei tre mesi avvenisse anche sommando singoli periodi di assegnazione a quella
mansione. A tal fine, la giurisprudenza prevedeva, come unica condizione di rilevanza dei periodi
frazionati, che lassegnazione fosse continua e sistematica.

Viene poi ampliata la possibilit di deroga da parte della contrattazione collettiva. Infatti, il
vecchio testo prevedeva la possibilit dei contratti collettivi di stabilire il tempo necessario alla
definitiva acquisizione del diritto di svolgere la mansione superiore, comunque entro il termine
massimo di tre mesi: ci evidentemente significava che la contrattazione collettiva avrebbe potuto
solo diminuire, e non anche aumentare, quel termine. La riforma stabilisce invece che il termine di
sei mesi valido solo in assenza di una diversa previsione contrattuale che, dunque, potrebbe anche
comportare un aumento del termine previsto dalla legge.
Infine, comunque fatta salva la diversa volont del lavoratore. Precedentemente, invece,
leventuale diversa volont del lavoratore sarebbe ricaduta nel generale divieto, contemplato
dallultimo comma dellart. 2103 c.c., che sanciva la nullit di ogni patto contrario. La norma
sembra infatti consentire al lavoratore di rifiutarsi di essere definitivamente adibito alle mansioni
superiori, facolt in precedenza apparentemente negata salvo dimostrare limpossibilit di assumere
le nuove mansioni.
Ius variandi orizzontale
Innanzitutto, viene eliminato il concetto di mansione equivalente, nel rispetto del quale il datore
di lavoro poteva modificare le mansioni. La norma ora sostituita prevedeva, infatti, che il lavoratore
dovesse essere adibito alle mansioni per le quali era stato assunto o a quelle corrispondenti alla
categoria superiore che avesse acquisito o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
In altre parole, il datore di lavoro poteva modificare le mansioni del lavoratore solamente
assegnandogli mansioni superiori o equivalenti; in caso contrario, si configurava unillecita ipotesi
di dequalificazione.
In particolare, la giurisprudenza intendeva lequivalenza nel senso che le nuove mansioni dovessero
richiedere conoscenze e professionalit omogenee rispetto a quelle gi possedute per effetto dello
svolgimento della mansione precedente. Pertanto, la dequalificazione vietata dalla norma si
configurava quando fosse stata assegnata una nuova mansione che, rispetto alla precedente, non
solo appartenesse a un inferiore livello di inquadramento ma che, anche, presupponesse il possesso
di una diversa professionalit.
Con la riforma dellart. 2103 c.c., il datore di lavoro pu invece modificare le mansioni in maniera
molto pi libera. Infatti, la riforma attribuisce al datore di lavoro il potere di assegnare al lavoratore
mansioni non pi equivalenti, ma semplicemente riconducibili allo stesso livello e categoria legale
di inquadramento. In altre parole, con la riforma il datore di lavoro sembra non essere pi
condizionato dalla omogeneit professionale delle mansioni, ma solo dal rispetto del livello e della
categoria legale di inquadramento contrattuale, nei cui limiti sembra assegnabile qualsiasi
mansione.
Un primo importante limite previsto dalla stessa norma e consiste nel rispetto della categoria
legale. Ci comporta che a un lavoratore inquadrato, per esempio, come impiegato, non potr essere
assegnata una mansione operaia, neppure se inquadrata dal contratto collettivo al medesimo livello.
La norma prevede poi che il mutamento di mansioni sia accompagnato, ove necessario,
dallassolvimento dellobbligo formativo.
Ius variandi verso il basso (in pejus)
Per effetto della riforma del Jobs Act di gran lunga aumentata la possibilit di modificare le
mansioni assegnate al lavoratore, rendendo lecite sostituzioni precedentemente qualificabili alla
stregua di illegittima dequalificazione.
Lart. 2103 c.c., come modificato dal D. Lgs. 81/2015, introduce anche la possibilit di assegnare
al lavoratore una mansione inferiore. A tal fine, necessario che ricorra una modifica degli
assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore: in questo caso, dunque, e

fatta comunque salva la verifica delleffettivit e della rilevanza della modifica degli assetti
organizzativi aziendali, nonch dellincidenza di tale modifica sulla posizione del dipendente, il
lavoratore pu essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore,
purch rientranti nella medesima categoria legale.
La legge delega n. 184/2014 (art. 1, comma 7, lett. e) parla di processi di ristrutturazione,
riorganizzazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi: ci che pu
far ritenere che la modifica peggiorativa delle mansioni, per essere legittima, debba essere leffetto
di pi ampio processo di riorganizzazione aziendale, che ricade sul lavoratore secondo un rigoroso
nesso di causalit, e non possa essere invece un atto organizzativo riguardante la sola posizione del
lavoratore dequalificato.
In precedenza lordinamento circoscriveva la possibilit di dequalificare il lavoratore a casi ben
precisi e, comunque, sempre per scongiurare il licenziamento.
Infatti, prima delle riforma ci era possibile per il lavoratore divenuto inabile a seguito di infortunio
o malattia (legge n. 68/99), oppure per la lavoratrice in gravidanza nel caso in cui le mansioni di
assunzione rientrino tra le mansioni a rischio o interdette in relazione allo stato della lavoratrice (D.
Lgs. n.151/2001), o infine nei casi previsti dagli accordi sindacali stipulati nel corso di procedure di
mobilit allo scopo di evitare il licenziamento (legge n. 223/91). Al di fuori di questi casi, lart.
2103 del codice civile vietava al datore di lavoro la possibilit di adibire il lavoratore a mansioni
professionalmente inferiori rispetto alle ultime effettivamente svolte, sancendo la nullit di ogni
patto contrario.
Ebbene, con lentrata in vigore del D.Lgs. 81/2015 il dipendente potr essere adibito non solo a
mansioni completamente diverse rispetto a quelle svolte in precedenza (purch nellambito
dello stesso livello e categoria legale di inquadramento) ma anche a mansioni caratterizzate da
una professionalit inferiore.
Lunica salvaguardia per il lavoratore dequalificato sta nella previsione che il mutamento di
mansioni deve essere comunicato, a pena di nullit, per iscritto (il che consente una miglior verifica
delle scelte effettuate dal datore di lavoro e, soprattutto, rende di per s illegittima la
dequalificazione di fatto, che potr essere contrastata con i classici strumenti di azione del
lavoratore). In ogni caso, il lavoratore (legittimamente) dequalificato ha diritto alla conservazione
del livello di inquadramento, nonch del trattamento retributivo, ovviamente fatta eccezione per gli
elementi retributivi collegati a particolari modalit di svolgimento della precedente prestazione
lavorativa: in altre parole, se alle mansioni di precedente assegnazione erano legate delle speciali
indennit, queste verranno meno con le nuove mansioni inferiori.
Tuttavia, questa salvaguardia incontra unimportante deroga, che consiste nella possibilit di
ridurre la retribuzione o di modificare il livello e la categoria legale di inquadramento, nel
caso in cui il demansionamento sia frutto di un accordo tra le parti raggiunto nelle sedi di
certificazione o di conciliazione delle controversie, e giustificato dallinteresse del lavoratore alla
conservazione delloccupazione, dallacquisizione di una diversa professionalit o dal
miglioramento delle sue condizioni di vita. In tali ipotesi, la norma prevede espressamente che il
lavoratore pu farsi assistere da un rappresentante dellassociazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Cade, dunque, il divieto di ius variandi in peius come principio inderogabile della disciplina che
prevedeva la nullit di ogni patto contrario. Ci significava, in particolare, che sia lautonomia
individuale che collettiva non potevano, in linea di principio, disporre una modificazione
peggiorativa della mansione.
Lo ius variandi nel pubblico impiego
Si applica lart. 52, d. lgs. n. 165 del 2001:

1) Nel silenzio della disposizione legale, non ammesso lo ius variandi in peius.
2) E invece ammessa ladibizione del prestatore di lavoro alle mansioni per le quali stato
assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento
3) E ammesso lo spostamento a mansioni superiori quando si ha lattribuzione in modo
prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette
mansioni.
4) Lesercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha
effetto ai fini dellinquadramento del lavoratore o dellassegnazione di incarichi di
direzione. Non si applica, dunque, la previsione di garanzia dellart. 2103 cod. civ., circa il
diritto alla promozione automatica in caso di svolgimento di mansioni superiori per un
periodo superiore a 6 mesi.
Il presupposto generale rappresentato dalle obiettive esigenze di servizio.
I casi in cui possibile attribuire mansioni superiori sono:

La vacanza di posto in organico, con spostamento per non pi di sei mesi, prorogabili sino a
dodici se avviate le procedure per coprire i posti vacanti;
La sostituzione di dipendente assente con diritto alla conservazione del posto.

In questi casi, per il periodo della prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento economico per
la qualifica superiore.
Nel caso di assegnazione del lavoratore pubblico a mansione superiore al di fuori dei casi elencati,
il lavoratore ha diritto alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.
Il dirigente che ha proceduto allassegnazione, con dolo o colpa grave, incorre nella c.d.
responsabilit amministrativo-contabile.

SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO


IL LUOGO DI LAVORO
Il trasferimento geografico
Ai sensi dellart. 2103, ottavo comma, il lavoratore non pu essere trasferito da una unit
produttiva ad unaltra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzativa e produttive.
La ratio della disposizione di rendere esercitabile il potere di trasferimento, salvo evitarne luso
arbitrario.
Il controllo giudiziale
A) Controllo sulla veridicit e attendibilit delle ragioni addotte dal datore di lavoro;
B) Esistenza del nesso di causalit fra tali ragioni e il disposto trasferimento;

C) Il controllo giudiziale non pu estendersi sino a sindacare il merito della scelta operata
dallimprenditore (ostandovi lart. 41, co. 1, Cost.)
Presupposti di legittimit
1) Ulteriori vincoli posti dalla contrattazione collettiva possono essere:
a) comunicazione redatta per iscritto;
b) obblighi di comunicazione alle rsa o rsu;
c) divieto di trasferire particolari categorie di lavoratori;
Il caso dellart. 22, st. lav.: i dirigenti sindacali possono essere trasferiti previo nulla osta
delle OO.SS.
d) indennizzi economici per i lavoratori trasferiti.
2) Il presupposto di origine legale lesistenza di una motivazione (comprovate ragioni.),
che deve essere portata a conoscenza del lavoratore, ma solo se richiesto (Cass. Sez. un. 15
luglio 1986, n. 4572);

Differenza fra trasferimento e trasferta


Trasferimento: comporta uno stabile mutamento del luogo di esecuzione della prestazione di
lavoro.
Quindi, con la dicitura Da una unit produttiva ad unaltra sintende sicuramente il trasferimento
che determina un mutamento di residenza o dimora, ma non si esclude anche lo spostamento ad
unit produttiva contigua.
Restano fuori con certezza, in definitiva, solamente gli spostamenti interni allunit produttiva.
Trasferta: il mutamento legato ad una esigenza organizzativa circoscritta nel tempo ab
initio. I CCNL dispongono le modalit di rimborso e/o specifico compenso per le trasferte

LORARIO DI LAVORO
NORMATIVA
La Costituzione non fornisce alcuna definizione di orario di lavoro n pone limiti, l'art. 36 comma 2
si limita a rinviare alla legge la fissazione di un tetto massimo di durata giornaliera.
L'art. 2107 cod. civ., a sua volta, fa rinvio a leggi speciali e alla contrattazione collettiva la
determinazione temporale della giornata e della settimana lavorativa.
La disciplina dellorario di lavoro stata pi volte modificata nel corso degli ultimi anni.
In un primo momento il legislatore era intervenuto con la Legge 196/1997 (cd. Legge Treu).
Successivamente il D.Lgs. 66/2003, recependo le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE,

ha introdotto una regolamentazione quadro in materia di orario di lavoro e altre importanti questioni
ad esso connesse.
La nuova disciplina viene applicata in tutti i settori di attivit, sia pubblici che privati.
Le eccezione riguardano:

la gente di mare, del personale di volo dellaviazione civile e dei lavoratori mobili delle
imprese di trasporto (con riferimento ai profili di cui alla direttiva 2002/15/Ce)
il personale della scuola di cui al Decreto Legislativo n. 297/94
gli apprendisti minorenni

Sono inoltre esclusi i lavoratori il cui orario di lavoro, a causa dell'attivit lavorativa svolta, non
predeterminato, o lasciato alla determinazione del lavoratore:

dirigenti
personale direttivo di aziende
personale avente potere decisionale autonomo
personale addetto alla manodopera familiare (lavoro domestico)
lavoratori nel settore liturgico
lavoro a domicilio
telelavoro

Definizione
Sulla scorta della nuova normativa, si pu definire l'orario di lavoro come il periodo in cui il
lavoratore al lavoro e a disposizione del datore di lavoro, con l'obbligo di esercitare la sua
attivit o le sue funzioni.
Al contrario, qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro definito come periodo di
riposo.
La definizione di settimana lavorativa non rigida, pertanto da considerare tale ogni periodo di
sette giorni. I datori di lavoro hanno la facolt di far decorrere la settimana stessa a partire da
qualsiasi giorno, oppure di considerare settimana lavorativa quella stabilita dal calendario - dal
luned alla domenica.
Generalmente l'ampiezza della settimana disciplinata dai CCNL di categoria.
Durata e limiti
E fissato in 40 ore settimanali, modificabile in senso riduttivo dai contratti collettivi ma con
lobbligo di riferire lorario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non
superiore allanno.
La durata massima quella fissata volta per volta dalla contrattazione collettiva e che non pu
comunque superare mediamente le 48 ore settimanali, comprese le ore di straordinario.
La durata media dellorario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non
superiore a quattro mesi, che pu essere dilatato (sempre con contrattazione collettiva) fino a sei o a
dodici mesi, ma solo per ragioni obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del lavoro, che
siano specificate negli stessi contratti collettivi.

Il D.Lsg. non stabilisce un limite giornaliero di durata dellorario di lavoro,ma solo il diritto al
riposo giornaliero del lavoratore che non pu essere inferiore alle 11 ore di riposo consecutivo
ogni 24 ore.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale, per cui ogni 7 giorni, ha diritto ad un riposo di almeno
24 ore consecutive.
Il D.Lsg. n. 66/2003 ha introdotto l'obbligo di pausa sull'orario di lavoro giornaliero, qualora
l'orario di lavoro ecceda le sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale
consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo, lasciando per la
durata e le modalit di fruizione alle determinazioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro
E lavoro straordinario quello prestato oltre il normale orario di lavoro, cio quello prestato oltre
la quarantesima ora ovvero oltre la minore durata stabilita dai contratti collettivi.
Il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto. In assenza di una disciplina collettiva
applicabile,il ricorso allo "straordinario" ammesso solo previo accordo tra datore di lavoro e
lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali.
Gli stessi contratti collettivi possono consentire che in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione
retributiva prevista dallart.5, i lavoratori fruiscano di riposi compensativi; in tal caso le ore di
lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della "media settimanale".
Il lavoratore ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, con
facolt dei contratti collettivi di stabilire condizioni di miglior favore.
Nel caso di mancata fruizione delle ferie, queste non possono essere sostituite con la relativa
indennit per ferie non godute, se non al momento di risoluzione del rapporto.
Il lavoro notturno
La legge definisce:

il periodo notturno: periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l intervallo tra la


mezzanotte e le cinque del mattino
lavoratore notturno: chi svolge durante il periodo notturno almeno
3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale
80 giorni lavorativi allanno di lavoro notturno, riproporzionati in caso di lavoro a tempo
parziale

Il lavoro notturno viene prestato solo da personale idoneo; i contratti collettivi di lavoro stabiliranno
i requisiti dei lavoratori notturni ed i casi di esclusione.

E comunque vietato adibire al lavoro le donne, dalle ore 24.00 alle ore 6, nel periodo compreso tra
laccertamento dello stato di gravidanza ed il compimento di un anno di et del bambino.

Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:

la lavoratrice madre con figlio di et inferiore a 3 anni o in alternativa il lavoratore padre


con lei convivente;
la lavoratrice o lavoratore che rappresentino lunico genitore affidatario di un figlio
convivente minore di 12 anni;
la lavoratrice/tore con soggetto disabile a carico.

LA RETRIBUZIONE
Definizione
La retribuzione il corrispettivo che spetta al lavoratore per l'attivit lavorativa svolta.
la principale obbligazione in capo al datore di lavoro. La retribuzione connota il rapporto di
lavoro come un contratto oneroso di scambio (o a prestazioni corrispettive). Nel caso di
retribuzione percepita da un lavoratore dipendente si usa il termine salario.
L'articolo 2121 del codice civile italiano definisce la retribuzione (ai fini del calcolo dell'indennit
di mancato preavviso) come "le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili e ai
prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con l'esclusione di quanto corrisposto a
titolo di rimborso spese". La legge 279/1982 definisce la retribuzione come tutti gli emolumenti
corrisposti a titolo non occasionale.

Principi generali
La giurisprudenza afferma che essa consiste in tutto quanto il lavoratore riceve dal datore di lavoro
in cambio della sua prestazione e a causa della sua soggezione personale nel rapporto (Cass. SU
13/2/1984, n. 1069).
Da questa nozione derivano i seguenti principi:
corrispettivit - il datore di lavoro retribuisce il lavoratore in cambio di una sua effettiva
prestazione; tale principio viene derogato in alcuni casi tassativamente previsti di assenze
dal lavoro come malattia, ferie, maternit, infortuni sul lavoro, festivit, congedo
matrimoniale e permessi;
obbligatoriet costituiscono retribuzione solo le somme che il datore di lavoro tenuto a
pagare in dipendenza del contratto di lavoro e non quelle erogate a titolo di liberalit;
continuativit rientrano nel concetto di retribuzione solo quegli elementi che vengono
corrisposti con una certa frequenza e continuit;
irriducibilit in caso di passaggio ad altra mansione il lavoratore conserva il diritto di
mantenere inalterata la sua retribuzione.
Questi principi non possono essere derogati n dalla contrattazione collettiva n dalle parti.
Fonti normative generali

Costituzione, art. 36
Codice civile, artt. 1218, 2094, 2099 e 2103
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
Accordi aziendali

Nell'ordinamento italiano della retribuzione se ne occupa addirittura la Costituzione all'art. 36,


comma 1, dove stabilisce che il lavoratore deve essere retribuito proporzionatamente alla quantit e
alla qualit di lavoro svolto e sufficientemente per poter aver una "esistenza libera e dignitosa".
La retribuzione stabilita, nei limiti predetti di proporzione sufficienza, dalla contrattazione
collettiva e, in senso migliorativo, da quella individuale, il documento di riferimento per il
lavoratore dipendente la busta paga.
La retribuzione non mero corrispettivo dell'adempimento dell'attivit, ma dell'impegno profuso
personalmente nell'attivit, tant' vero che spesso il lavoratore viene retribuito anche quando non
adempie all'obbligazione (ferie, permessi..). La corrispettivit della retribuzione subisce in questi
casi un allentamento. La disciplina legale o contrattuale impone al datore di lavoro di retribuire
comunque il lavoratore anche se questo non effettua la controprestazione, contrariamente a quanto
normalmente avviene nei contratti sinallagmatici.
Requisiti
I principi costituzionali sanciti espressamente dall'art.36 della Costituzione sono la proporzionalit
e la sufficienza.

Sufficienza: al lavoratore deve essere garantita una retribuzione che possa attuare il
programma sociale individuato dall'art.3 della Costituzione, proporzionata anche alle
concrete esigenze del singolo lavoratore e della propria famiglia.
Proporzionalit: la quantit dell'ammontare della retribuzione non relazionata soltanto al
tempo del lavoro svolto, ma anche dalla qualit della prestazione in termini di difficolt,
importanza e complessit, nonch di responsabilit.

Forme e tipi di retribuzione


L'art. 2099 del c.c. stabilisce che la retribuzione deve essere effettuata "con le modalit e nei termini
in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito", possibilmente quindi sul posto di lavoro, in denaro
e periodicamente (solitamente mensilmente).
La modalit di percepimento rende possibile individuare quattro tipi di retribuzione:
1. a tempo: prevede che l'ammontare del pagamento retributivo sia proporzionato alla durata
dell'attivit lavorativa.
2. a cottimo: relazionata al risultato conseguito da un singolo lavoratore (cottimo individuale)
o da un gruppo di lavoratori (cottimo collettivo) in termini di prodotto realizzato;
3. a premio: corrisposta sulla base del risultato economico conseguito dall'azienda, ed una
forma aggiuntiva di retribuzione in quanto legata al rischio di impresa;
4. con partecipazione agli utili: una retribuzione variabile in cui il lavoratore pu essere
retribuito con la partecipazione, in tutto o in parte, agli utili o ai prodotti dell'impresa in cui
lavora. Essendo simile alla retribuzione in natura, trova ambito anch'essa in alcuni settori
ben individuati e limitati dalla contrattazione collettiva.
Retribuzione minima
Nell'ordinamento italiano la retribuzione minima fissata dall'autonomia collettiva, non esistendo
una disciplina con forza di legge che determini in maniera specifica i principi generali dell'art.36
della Costituzione. funzione e compito, pertanto, del contratto collettivo di lavoro determinare,

con l'aggiornamento ad ogni accordo di rinnovo, l'oggetto della retribuzione. Quando questa manca
in determinati ambiti, il lavoratore comunque tutelato in caso di retribuzione inadeguata.

Diritti del lavoratore


retribuzione: la Costituzione stabilisce che deve essere proporzionale alla quantit e qualit del
lavoro e sufficiente ad assicurare a s e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa;
orario di lavoro: la durata dell'orario normale di lavoro fissata per legge in un massimo di 40
ore settimanali (tuttavia i CCNL possono prevedere una durata inferiore, ad esempio 38 ore). Le ore
di lavoro effettuate in pi fino al limite legale di 40 ore saranno considerate lavoro
supplementare mentre quelle oltre le 40 ore saranno considerate straordinario. La durata massima
della prestazione giornaliera, a seguito della nuova disciplina sull'orario di lavoro, entrata in vigore
il 29 aprile 2003, non pi fissata esplicitamente come una volta. Tuttavia, dato che stabilita la
durata minima del riposo giornaliero (che deve essere di almeno 11 ore consecutive ogni 24 ore), si
deduce che la prestazione giornaliera non pu superare le 13 ore al giorno. Tale disciplina ha anche
fissato la durata massima dell'orario di lavoro settimanale, che stabilita dalla contrattazione
collettiva e che, in ogni caso, non pu superare la durata media di 48 ore settimanali, comprensive
dello straordinario. Lo straordinario deve essere contenuto ed subordinato all'attuazione di
determinate procedure;
riposo settimanale: il lavoratore ha diritto, ogni sette giorni, ad un periodo di riposo di almeno
24 ore consecutive (in pratica dopo 6 giorni di lavoro vi normalmente un giorno di riposo), di
regola coincidente con la domenica, da cumulare con il riposo giornaliero (pari a 11 ore). A seguito
di una modifica apportata dal legislatore, dal 25.06.2008 il riposo settimanale calcolato come
media in un periodo non superiore a 14 giorni (ci significa che il datore di lavoro ha una maggiore
flessibilit nella gestione dei tempi di lavoro, potendo organizzare turni che prevedono lavoro anche
per pi di 6 giorni consecutivi, purch nell'ambito di 14 giorni di calendario vi siano 48 ore di
riposo) ;
ferie e festivit: sono stabilite dalla legge e dai CCNL. In ogni caso per legge a ciascun
lavoratore deve essere garantito un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane.
Tale periodo va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore,
entro il 31.12 dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al
termine dell'anno di maturazione, salvo periodi di differimento pi ampi previsti dalla
contrattazione collettiva. I contratti collettivi possono stabilire periodi di ferie pi lunghi. Il periodo
minimo di quattro settimane, salvo casi particolari espressamente previsti (ad esempio, ferie residue
per cessazione del rapporto di lavoro nel corso dell'anno oppure nei contratti di lavoro a tempo
determinato di durata inferiore all'anno), non pu essere monetizzato (ossia retribuito con un
controvalore in cambio della rinuncia del lavoratore a fruire delle stesse) in quanto vige il principio
dell'effettivit del loro godimento per un reintegro delle energie psicofisiche del lavoratore.
Normalmente le ferie vengono fissate ad inizio anno con la predisposizione del piano ferie che deve
essere approvato dal datore di lavoro (in ogni caso la concessione delle ferie, che cercher di tener
conto delle esigenze del lavoratore contemperandole con quelle aziendali, rientra nel potere
organizzativo del datore di lavoro);

congedo matrimoniale: tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto, in occasione di matrimonio


avente validit civile, ad un congedo retribuito, la cui durata generalmente stabilita in 15 giorni (di
calendario). Il godimento di tale periodo di norma inizia in occasione del matrimonio. Il congedo
spetta anche agli apprendisti. Ricordiamo che il licenziamento della lavoratrice per matrimonio
(intendendosi per tale quello intimato nel periodo che decorre dalla richiesta delle pubblicazioni
fino ad un anno dopo l'avvenuta celebrazione) nullo;
maternit/paternit: il Testo unico per la tutela ed il sostegno della maternit e paternit
(D.Lgs. n. 151/2001) prevede varie forme di tutela in materia che vanno dal divieto, in via
generale, di licenziamento della lavoratrice madre dall'inizio della gestazione fino al compimento di
un anno del bambino (e, in certi casi, del padre lavoratore) alla garanzia di un periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro, di uno facoltativo a discrezione della lavoratrice, di una serie di permessi
retribuiti e/o non retribuiti per l'assistenza e la cura del bambino (con particolare attenzione ai figli
portatori di handicap). Una protezione analoga a quella prevista per la maternit naturale viene
sancita in caso di adozione e di affidamento;
diritto allo studio: se un lavoratore segue corsi scolastici ha diritto ad effettuare turni e orari di
lavoro particolari e godere di permessi per frequentare tali corsi;
malattie ed infortuni sul lavoro/malattie professionali: in caso di malattia o infortunio
sul lavoro/malattie professionali viene garantita la conservazione del posto di lavoro per il tempo
stabilito dai CCNL (cosiddetto periodo di comporto). Nel caso di malattia il lavoratore ha diritto a
ricevere la retribuzione, o un'indennit, nella misura e per il tempo determinati dalla legge, con
eventuale integrazione del datore di lavoro stabilita dai contratti collettivi. Vi sono, infatti, casi in
cui l'onere retributivo totalmente a carico del datore di lavoro (malattia non indennizzata
dall'Inps), altri (ad esempio operai del settore industria) in cui l'Inps, a partire dal quarto giorno,
eroga un'indennit di malattia, che viene generalmente integrata dal datore di lavoro in base a
quanto previsto dai CCNL, fino ad un determinato importo, che pu essere una quota o il 100%
della normale retribuzione. Nel caso di infortunio o malattia professionale, i primi quattro giorni
(comprensivi del giorno stesso di infortunio) sono retribuiti dal datore di lavoro, mentre a decorrere
del quarto giorno successivo a quello in cui accaduto l'infortunio/malattia professionale e sino alla
guarigione clinica (in questo differenziandosi dall'indennit di malattia Inps che spetta fino ad un
massimo di 180 giorni in un anno solare), a carico dell'INAIL (con eventuale integrazione da parte
del datore di lavoro nella misura stabilita dalla legge o dai contratti collettivi);
sicurezza sul lavoro: il datore di lavoro deve attuare le misure necessarie a tutelare la salute e
l'integrit fisica del lavoratore, nel rispetto di quanto previsto dal Testo Unico sulla Sicurezza sul
Lavoro (D.Lgs. n. 81/2008, integrato e corretto dal D.Lgs. n. 106/2009).
attivit sindacale: il lavoratore ha diritto di aderire ad associazioni sindacali, di manifestare il
proprio pensiero e di svolgere attivit sindacale;
sciopero: un diritto, la retribuzione viene sospesa durante il periodo di sciopero;
richiamo alle armi: per i lavoratori dipendenti che vengono richiamati alle armi prevista la
conservazione del posto di lavoro e la corresponsione di una indennit da parte dell'Inps (si ricorda
che dal 2005 il servizio di leva obbligatorio stato sospeso ed stato sostituito con un servizio
professionale e volontario);

parit uomo donna: alla donna lavoratrice spettano gli stessi diritti che spettano al lavoratore
uomo (su questo esiste un apposito codice delle pari opportunit tra uomo e donna, contenuto nel
D.Lgs. del 11 aprile 2006, n. 198).

Doveri del lavoratore


Secondo larticolo 2104 del Codice civile, ogni lavoratore subordinato ha dei doveri nei confronti
del suo datore, che deve rispettare nella maniera pi precisa possibile. Questi doveri sono tre e
vengono classificati come obbligo di diligenza, obbligo di obbedienza e obbligo di fedelt.
1. obbligo di diligenza sintende laccuratezza e limpegno che il lavoratore deve mettere nella
realizzazione della prestazione, fornendo al datore un metro di valutazione oggettivo rispetto
al suo operato. I parametri che la legge prescrive per determinare il valore della prestazione,
sono di tre tipi. Il primo riguarda la qualit della prestazione dovuta, giudicata in base alle
mansioni richieste ed alle capacit ed esperienze del lavoratore. Laltro parametro invece,
riguarda le esigenze del datore, che devono essere soddisfatte per intero, e lattivit del
dipendente, che deve essere coordinata col restante lavoro dei colleghi. Lultimo comma,
ormai abrogato, recita che si deve capire se la prestazione viene eseguita nellinteresse della
nazione ma questo criterio ritenuto desueto.
2. obbligo di obbedienza, ossia lobbligo di adempiere alle disposizioni che il datore
impartisce per la corretta esecuzione del lavoro. Limprenditore infatti considerato dal
Codice civile il capo dellazienda, a cui il dipendente subordinato gerarchicamente. Per
questa ragione, le direttive del datore costituiscono un obbligo, che deve essere rispettato dal
lavoratore per la corretta organizzazione del lavoro e per la giusta convivenza allinterno
dellimpresa.
3. obbligo di fedelt, per cui il dipendente deve mantenere un comportamento fidato rispetto
al titolare dellimpresa, tutelandone in qualsiasi modo gli affari. Per questo motivo, egli non
deve porsi in concorrenza con limprenditore per cui lavora (patto di non
concorrenza), evitando di creare pregiudizio allattivit in cui egli stesso cointeressato
per mezzo del contratto. Ci vale naturalmente solo finch quel determinato
rapporto di lavoro continua. Nel momento in cui il rapporto viene a cessare, il
divieto di concorrenza viene anchesso meno e il dipendente naturalmente
libero di cercarsi un altro lavoro e di trovarlo presso la concorrenza.
In caso di violazione degli obblighi di diligenza e di fedelt da parte del lavoratore, il
datore di lavoro pu comminargli sanzioni disciplinari, che vanno dalla multa alla
sospensione dal lavoro fino al licenziamento.

Diritti del datore di lavoro


Il datore di lavoro il capo dellimpresa e da lui dipendono gerarchicamente tutti i
collaboratori della stessa.

Gli obblighi e i diritti del datore di lavoro sono speculari a quelli del lavoratore. In
correlazione al diritto del lavoratore a ricevere un compenso adeguato sussiste,
quindi, lobbligo del datore di lavoro a corrispondere la retribuzione. Di contro, il
dovere di fedelt del lavoratore coincide con il diritto del datore di lavoro a
pretendere dal lavoratore un comportamento improntato a diligenza e lealt.
Gli riconosciuto un potere direttivo da cui deriva anche un potere disciplinare.
Il potere direttivo del datore di lavoro subordinato indica il complesso di poteri giuridici che questi
pu legittimamente esercitare nei confronti del lavoratore subordinato. Secondo il codice civile esso
consiste nelle seguenti facolt:

potere strettamente direttivo, ai sensi dell'art. 2104 c.c.: consiste nella superiorit
gerarchica dell'imprenditore e dei suoi collaboratori sul lavoratore nell'ambito
dell'organizzazione dell'impresa, nel potere conformativo, o di specificare modi e tempi
della prestazione lavorativa;
potere di vigilanza e cio di controllare la corretta esecuzione della prestazione lavorativa.
Lultimo D.Lgs. 151/2015, attuativo del JOBS ACT ha modificato larticolo 4 dello Statuto
dei lavoratori.

Come gi la norma originaria dello Statuto, anche questa nuova disposizione prevede che gli
strumenti di controllo a distanza, dai quali derivi anche la possibilit di controllo dei lavoratori,
possono essere installati

esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la
tutela del patrimonio aziendale;
ed esclusivamente previo accordo sindacale o, in assenza, previa autorizzazione della
Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero.

La modifica all'articolo 4 dello Statuto chiarisce, poi, che non possono essere considerati
"strumenti di controllo a distanza" gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore "per
rendere la prestazione lavorativa" (una volta si sarebbero chiamati gli "attrezzi di lavoro"), come
pc, tablet e cellulari.
L'espressione "per rendere la prestazione lavorativa" comporta che l'accordo o l'autorizzazione
non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che "serve" al
lavoratore per adempiere la prestazione: ci significa che, nel momento in cui tale strumento
viene modificato (ad esempio, con l'aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio)
per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall'ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da
strumento che "serve" al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare
divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza
che queste "modifiche" possono avvenire solo alle condizioni ricordate sopra: la ricorrenza di
particolari esigenze, l'accordo sindacale o l'autorizzazione.

Potere disciplinare ai sensi dell'art. 2106 c.c., ovvero di irrogare sanzioni al lavoratore che
violi i propri obblighi di corretta e fedele esecuzione della prestazione;

I limiti generali all'esercizio del potere direttivo sono specificati soprattutto dallo Statuto dei
lavoratori, che pone dei fondamentali diritti dei lavoratori subordinati, i quali non possono essere
compressi dal potere direttivo. Tali limiti sono essenzialmente:

Il divieto di discriminazione previsto dall'art. 15 dello Statuto dei lavoratori;


Il divieto di compiere indagini sulle opinioni del lavoratore previsto dall'art. 8 dello Statuto
dei lavoratori;
Il diritto del lavoratore di esprimere liberamente il proprio pensiero anche sul luogo di
lavoro previsto dall'art. 1 dello Statuto dei lavoratori;
I divieti di utilizzo di guardie giurate come strumento di sorveglianza dei dipendenti e di
forme di sorveglianza a distanza previsti dagli artt. 2-4 dello Statuto dei lavoratori;
I divieti di effettuare accertamenti medici diretti ovvero ispezioni corporali sui lavoratori
(salvo che a campione e come concordato coi sindacati per motivi di sicurezza del
patrimonio aziendale), ai sensi degli artt. 5 e 6 dello Statuto dei lavoratori.

I limiti sostanziali per il corretto esercizio del potere disciplinare sono essenzialmente due:
1. Sussistenza ed imputabilit del fatto: lonere della prova in ordine alla sussistenza del
fatto spetta al datore. Qualora il prestatore ritenga che il fatto contestatogli non gli sia
imputabile (ad es. per forza maggiore, caso fortuito, condotta di terzi, ecc.), tenuto a
dimostrare le ragioni della non imputabilit.
2. Proporzionalit tra infrazione e sanzione. Il requisito della proporzionalit, previsto
dall'art. 2106 c.c., vieta al datore di lavoro di applicare sanzioni non proporzionate
all'indebito contestato. Di norma i contratti collettivi prevedono le sanzioni comminabili a
fronte di determinate condotte illegittime. In questo caso, il datore non pu applicare
sanzioni pi gravi di quelle stabilite dalla contrattazione collettiva. Il controllo ultimo sulla
proporzionalit spetta comunque al giudice avanti al quale la sanzione impugnata, il quale,
su espressa richiesta di parte, pu anche sostituire la sanzione adottata dal datore (in ipotesi
nulla per difetto di proporzionalit) con una adeguata.
I limiti procedurali sono previsti dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori, che ha introdotto alcuni
requisiti di procedura per il corretto esercizio del potere disciplinare.
Il datore di lavoro anzitutto tenuto a predisporre un codice disciplinare che stabilisca le procedure
di contestazione, ed individui le infrazioni e le relative sanzioni. Le sanzioni comminabili sono
esclusivamente quelle previste dalla legge: richiamo verbale, ammonizione scritta, multa,
sospensione e licenziamento disciplinare. In nessun caso sono utilizzabili in prospettiva
sanzionatoria gli istituti attinenti alla normale gestione del rapporto di lavoro (trasferimento,
mutamento di mansioni, ecc.).
Il datore di lavoro deve, in secondo luogo, rendere pubblico il codice disciplinare, mediante
affissione dello stesso in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Si ritiene che l'affissione sia forma di
pubblicit indefettibile. Anche in assenza di un codice disciplinare, o in mancanza di sua previa
affissione, sono tuttavia sanzionabili i comportamenti comunemente avvertiti come antisociali e/o
previsti dalla legge come reato.
In terzo luogo, il datore tenuto a contestare per iscritto l'addebito al prestatore. La contestazione
deve rispettare alcuni principi:
1. Immediatezza: l'addebito va contestato prima possibile, e in ogni caso entro il termine
stabilito dal contratto collettivo. Per la Cassazione, l'immediatezza presupposto di
legittimit del provvedimento.
2. Specificit: i fatti vanno individuati in modo preciso, per consentire una difesa puntuale.
3. Immutabilit: il fatto risultante dalla contestazione non pu essere successivamente
modificato.

Il datore di lavoro deve inoltre consentire l'esercizio del diritto di difesa da parte del prestatore, che
deve essere sentito qualora ne faccia richiesta. In ogni caso, le sanzioni pi gravi del rimprovero
verbale non possono essere irrogate prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione. La legge
non prevede un termine massimo entro cui il datore pu procedere ad irrogare la sanzione, termine
che per previsto da alcuni contratti collettivi (ad es. quello dei metalmeccanici).
La sanzione eventualmente comminata dal datore pu essere impugnata, a scelta del lavoratore, in
tre distinti modi:
1. con ricorso al Giudice del lavoro, entro il normale termine prescrizionale di dieci anni
2. avanti ai collegi arbitrali eventualmente previsti dal contratto collettivo applicabile
3. avanti ai collegi di conciliazione e arbitrato costituiti in seno alle Direzioni provinciali del
lavoro (anche su richiesta del sindacato, nel termine di 20 giorni dalla comminazione della
sanzione).

Doveri del datore di lavoro


Il principale obbligo del datore di lavoro consiste naturalmente nel corrispondere le
retribuzioni dovute al lavoratore.
Limprenditore tenuto a porre in essere tutte le misure che possano garantire
lintegrit fisica e la personalit morale del lavoratore.
La legislazione relativa alla sicurezza del lavoro prevede una serie di misure e
adempimenti che il datore di lavoro deve adottare a garanzia della sicurezza e della
salute dei lavoratori.
Il datore di lavoro deve inoltre provvedere al versamento delle contribuzioni relative
alle forme di previdenza e assistenza previste obbligatoriamente dalla legge.

LESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO


Le Dimissioni
Sono l'atto con cui un lavoratore dipendente recede unilateralmente dal contratto di lavoro che lo
vincola al datore di lavoro nel suo rapporto di lavoro.
Secondo la legge le dimissioni si configurano come una facolt del lavoratore. Questa facolt pu
essere esercitata senza alcun limite, con il solo rispetto dell'obbligo di dare il preavviso previsto
dai contratti collettivi.

Le dimissioni consistono quindi in un atto volontario del lavoratore. In questo senso sono da
considerarsi illegittime le dimissioni estorte o richieste contestualmente allatto dellassunzione.
Inoltre la volont del dipendente non deve essere viziata (ad esempio da minacce o raggiri, da
errore, da incapacit). In questo caso le dimissioni sono annullabili ricorrendo allautorit
giudiziaria.
Le dimissioni in bianco, infatti, individuano la pratica illegale, tesa ad obbligare i neoassunti a
firmare una lettera di dimissioni priva di data, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di
lavoro. Scopo della lettera quello di allontanare il dipendente senza corrispondere alcuna
indennit, e per qualsiasi motivo, essendo palese l'intento ricattatorio da parte del datore di lavoro.
Per contrastare tali fenomeni, gi la riforma del 2012, riprendendo la normativa emanata nel 2007,
ha introdotto una disciplina che impone alle parti di seguire una procedura obbligatoriamente on
line sul sito del Ministero del Lavoro, pena la nullit delle dimissioni.
Il Jobs Act ha rivisto la disciplina.
Il D.Lgs. 151/2015, al primo comma dellart.26 stabilisce che per essere valide le dimissioni
dovranno essere messe nero su bianco attraverso una serie di moduli reperibili sul sito Internet del
ministero del Lavoro o presso le direzioni territoriali del lavoro. I moduli saranno numerati e questo
toglier ogni dubbio sul momento in cui le dimissioni sono state decise e firmate.
Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il dipendente in uscita avr la facolt di
revocare le dimissioni.
Le dimissioni per giusta causa possono essere date dal lavoratore, senza l'obbligo di dare il
preavviso, in presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro che rende impossibile la
prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto (es. mancata osservanza delle norme sulla
sicurezza, demansionamento, condotte gravemente lesive dell'onore e della reputazione, reiterato
mancato pagamento della retribuzione, ecc.)
Le dimissioni incentivate si verificano quando il datore di lavoro pu favorire le dimissioni del
dipendente offrendo un incentivo economico per lasciare il posto di lavoro. Tale condotta
considerata lecita in quanto l'iniziativa del datore di lavoro non priva il lavoratore della sua libert
di scelta.
Il rapporto di lavoro si estingue nel momento in cui il datore, ricevute le dimissioni, d seguito al
suo impegno corrispondendo al dipendente la somma offerta, oltre alle competenze retributive
maturate.

Differenza col licenziamento


Sia le dimissioni che il licenziamento comportano la cessazione del rapporto di lavoro. Le
conseguenza giuridiche dei due atti sono per profondamente diverse, specie sotto il profilo della
tutela del dipendente. In caso di dimissioni, il lavoratore non ha diritto all'eventuale indennit di
mancato preavviso, nonch alla tutela specifica predisposta contro i licenziamenti illegittimi.
Inoltre, in caso di dimissioni, non vi l'indennit di disoccupazione erogata dall'INPS.
Al lavoratore dimissionario per giusta causa spetta l'indennit sostitutiva del preavviso, come se
fosse stato licenziato. Egli pu inoltre richiedere l'indennit ordinaria di disoccupazione, in quanto il
sopravvenuto stato di disoccupato non gli imputabile.

I licenziamenti
Il licenziamento l'atto con il quale il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di
lavoro con un suo lavoratore dipendente.
Si distingue tra:
licenziamento individuale se riguarda un singolo lavoratore dipendente
licenziamento collettivo, in caso di licenziamento di pi lavoratori, ed ha una propria
disciplina.

Le motivazioni
La Legge 92/2012 ha previsto lobbligo di comunicazione, nella lettera di licenziamento, delle
motivazioni che hanno determinato la volont di recedere, a pena di inefficacia del licenziamento.
Esistono diverse motivazioni che possono dare origine al licenziamento:
giusta causa
giustificato motivo soggettivo
giustificato motivo oggettivo
Le ipotesi di libera recedibilit, che fanno eccezione alla regola della necessaria motivazione del
licenziamento, sono solo pochi rapporti di lavoro, in cui il recesso pu essere intimato liberamente
(in relazione al recesso da tali contratti, si parla di libera recedibilit o recesso "ad nutum"). Tra
questi vanno ricordati:

lavoratori domestici
lavoratori in prova
lavoratori con pi di 65 anni se uomini e 60 se donne, e diritto alla pensione di vecchiaia
dirigenti, salvi i limiti eventualmente previsti dal contratto collettivo
atleti professionisti

GIUSTA CAUSA
Comportamento del lavoratore che costituisca grave violazione ai propri obblighi contrattuali, tale
da ledere in modo insanabile il necessario rapporto di fiducia tra le parti e che non consente la
prosecuzione
nemmeno
temporanea
del
rapporto
di
lavoro
(c.c.
2119).
La giusta causa pertanto, rappresenta nei fatti il licenziamento disciplinare per eccellenza; tale da
troncare immediatamente il rapporto di lavoro senza neppure erogazione dellindennit di
preavviso.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimit ha specificato che la giusta causa si sostanzia in un
inadempimento talmente grave che qualsiasi altra sanzione diversa dal licenziamento risulti
insufficiente a tutelare linteresse del datore di lavoro (Cass. 24/7/03, n. 11516), al quale non pu
pertanto essere imposto lutilizzo del lavoratore in unaltra posizione (Cass. 19/1/1989, n. 244).

In quanto sanzione disciplinare dovr essere necessariamente preceduta dallattivazione


dellobbligatorio procedimento disciplinare ed in particolare dalla preventiva comunicazione delle
contestazioni di addebito al fine di consentire al dipendente una adeguata difesa da accuse
eventualmente
infondate.
I contratti collettivi elencano normalmente le ipotesi ed i fatti ritenuti tali da costituire giusta causa
di licenziamento.
A titolo esemplificativo, possono costituire giusta causa di licenziamento:

rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione lavorativa/insubordinazione


rifiuto a riprendere il lavoro dopo visita medica che ha constatato l'insussistenza di una
malattia
lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia, se tale attivit pregiudica la
pronta guarigione e il ritorno al lavoro
sottrazione di beni aziendali nell'esercizio delle proprie mansioni (specie se fiduciarie)
condotta extralavorativa penalmente rilevante ed idonea a far venir meno il vincolo
fiduciario (es. rapina commessa da dipendente bancario)

IL GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO


Il "giustificato motivo" (soggettivo) un'ipotesi meno grave di inadempimento degli obblighi
contrattuali, che giustifica il licenziamento ma con l'obbligo da parte del datore di lavoro di
concedere il preavviso previsto (ovvero di pagarne il relativo ammontare).
Anche il giustificato motivo soggettivo pertanto rientra nellambito dei licenziamenti di tipo
disciplinare, costituendo pur sempre una sanzione a comportamenti ritenuti tali da incidere in modo
insanabile nel regolare proseguimento del rapporto di lavoro.
Possono costituire ipotesi di giustificato motivo soggettivo:

l'abbandono ingiustificato del posto di lavoro (assenza ingiustificata)


minacce, percosse,
reiterate violazioni del codice disciplinare di gravit tale da condurre al licenziamento
malattia (superamento del periodo di comporto).

Vengono fatte rientrare nellambito del giustificato motivo soggettivo anche le figure dello scarso
rendimento e/o del comportamento negligente del dipendente.
IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
E

rappresentato da ragioni inerenti lorganizzazione del lavoro dellimpresa.


Costituisce pertanto G.M.O. la crisi dellimpresa, la cessazione dellattivit e, anche solo, il
venir meno delle mansioni cui era in precedenza assegnato il lavoratore, senza che sia
possibile il suo ripescaggio, ovvero la ricollocazione del medesimo in altre mansioni
esistenti
in
azienda.
Nelle ipotesi, cio, in cui l'azienda, per vari motivi, non ricava pi utilit dal lavoro svolto
da quel dipendente, o, in generale, da una categoria di dipendenti. Per ragioni di natura
economica o tecnica, il datore pu quindi decidere di licenziare uno o pi lavoratori.
Se il licenziamento interessa 5 o pi lavoratori nell'arco di 120 giorni, il datore tenuto ad
osservare la speciale disciplina prevista per i licenziamenti collettivi. Se tali soglie non
sono raggiunte, si applica la generale disciplina sui licenziamenti individuali.
un licenziamento non disciplinare che nel dibattito attuale definito di tipo economico.

Possono costituire casi di giustificato motivo oggettivo, sempre che non si rientri nella nozione di
licenziamento collettivo:

la chiusura dell'attivit produttiva


la soppressione del posto di lavoro
introduzione di nuovi macchinari che necessitano di minori interventi umani
affidamento di servizi ad imprese esterne
superamento del "periodo di comporto"
sopravvenuta inidoneit del lavoratore alle mansioni

Le ragioni sopra esposte devono sussistere effettivamente e al momento in cui il licenziamento


viene intimato. Una presunzione di illegittimit del licenziamento si ha qualora il datore assuma,
nei mesi successivi al licenziamento, nuovi lavoratori (anche a termine) per ricoprire le stesse
mansioni in precedenza esercitate dai dipendenti licenziati.

Illegittimit e nullit
L'ordinamento italiano prevede, nel caso di licenziamenti giudizialmente accertati come illegittimi,
diverse discipline di tutela, distinte in ragione delle dimensioni dell'azienda e del tipo di vizio
(inefficacia per vizi di forma, nullit per motivo illecito o discriminatorio) da cui affetto l'atto
datoriale.
La differenza principale in punto di conseguenze giuridiche del licenziamento illegittimo quella
tra:
la cosiddetta tutela reale per cui il giudice, con sentenza che annullava il licenziamento intimato
senza giusta causa o giustificato motivo (oggettivo o soggettivo), ordinava al datore di lavoro di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro (disciplina pi rigida, applicabile alle imprese con pi
di 15 dipendenti).
la cosiddetta tutela obbligatoria in cui la scelta tra la riassunzione o il pagamento del risarcimento
del danno spetta al datore di lavoro (applicabile alle imprese che occupano sino a 15 dipendenti).

NORMATIVA
La disciplina dei licenziamenti illegittimi si basa su due complessi normativi:
art. 18 L. 300/1970
art. 8 L. 604/1966,
disposizioni del D.Lgs. 23/2015.

Licenziamento individuale nullo

A seguito dellentrata in vigore del Decreto legislativo n. 23/2015, lordinamento prevede regimi
di tutela diversi a seconda che il lavoratore licenziato sia stato assunto prima o dopo il 7
marzo 2015.
In particolare, per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 7 marzo
2015, valgono le seguenti garanzie:
in caso di licenziamento nullo (perch discriminatorio, oppure perch comminato in
costanza di matrimonio o in violazione delle tutele previste in materia di maternit o
paternit oppure negli altri casi previsti dalla legge) o inefficace (perch intimato in forma
orale), a tutti i lavoratori, quale che sia il numero di dipendenti occupati dal datore di
lavoro, riconosciuto il diritto a essere reintegrati nel posto di lavoro e a vedersi
corrisposta unindennit risarcitoria pari alla retribuzione maturata dal giorno del
licenziamento sino a quello delleffettiva reintegrazione (cd. tutela reintegratoria piena);
Ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 in avanti si
applicano, invece, le tutele previste dal Decreto legislativo n. 23/2015, in tema di contratto a
tempo indeterminato a tutele crescenti, attuativo della legge delega 183 del 2014 (c.d. Jobs Act).
La nuova disciplina non introduce novit per quanto riguarda le tutele applicabili in caso di
licenziamento discriminatorio, nullo o intimato in forma orale: in tali ipotesi, a tutti i
lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni del datore di lavoro, riconosciuto il diritto alla
reintegrazione nel posto di lavoro, oltrech il diritto a percepire unindennit risarcitoria
corrispondente alla retribuzione dovuta dal giorno del licenziamento al giorno di effettiva
reintegrazione.

Licenziamento individuale illegittimo, le novit con il Job Act,


disciplina, limiti, tutele del lavoratore, obblighi dellazienda.
La nuova disciplina del Job Act, relativa ai licenziamenti illegittimi, sia individuali
che collettivi, si applica (art. 1 D.Lgs. 23/2015):
ai lavoratori con qualifica di operai, impiegati e quadri assunti con contratto a
tutele crescenti a decorrere dal 7-3-3015;
ai casi di conversione, successiva al 7-3-2015, di un contratto a tempo determinato
o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato;
ai lavoratori gi assunti prima del 7-3-2015 che lavorano alle dipendenze di piccole
imprese che, in conseguenza di assunzioni successive a tempo indeterminato alla
predetta data, integrino i requisiti dimensionali indicati dallart. 18, co. 8, L.
300/1970.
In sintesi, il D.Lgs. 23/2015 apporta alla disciplina dei licenziamenti le seguenti novit:
per i lavoratori di imprese medio/grandi (art. 18, co. 8, L. 300/1970), la tutela
reale prevista unicamente nei casi di licenziamento per giustificato motivo
soggettivo o per giusta causa solo quando:

direttamente dimostrata in giudizio dal lavoratore linsussistenza del fatto


materiale contestatogli,
nellipotesi di difetto di giustificazione del licenziamento per motivo
consistente nella disabilit fisica o psichica del lavoratore.
In tutti gli altri casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e
soggettivo e di licenziamenti inefficaci per vizi di motivazione e procedurali
prevista la tutela risarcitoria e lindennit determinata in relazione allanzianit
aziendale del lavoratore, entro un limite minimo e massimo;
per i lavoratori di piccole imprese viene dettata una disciplina ad hoc che prevede
per tutti i casi di licenziamenti ingiustificati e inefficaci per vizi di motivazione e
procedurali solo la tutela risarcitoria; lindennit risarcitoria non pi posta in
alternativa alla riassunzione, come previsto per la tutela obbligatoria ex art. 8 L.
604/1966, ma viene determinata secondo il nuovo criterio basato sullanzianit di
servizio, fissando importi dimezzati rispetto a quelli stabiliti per le imprese
medio/grandi.
Limpostazione del provvedimento chiara: viene di fatto affermata la regola della cd.
monetizzazione del licenziamento illegittimo, in base alla quale il diritto alla
reintegrazione nel posto di lavoro leccezione.
QUANDO LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE
La specifica disciplina del licenziamento trova applicazione soltanto nei rapporti di
lavoro a tempo indeterminato, sia nella sua forma tradizionale che in quella nuova
a tutele crescenti.
Le due forme, si distinguono solo in relazione al regime sanzionatorio in caso di
illegittimit dellatto di recesso datoriale per violazione dei requisiti sostanziali e
formali previsti dalla legge.
I requisiti sostanziali si traducono nellobbligo di una causa giustificatrice del
recesso: il licenziamento del prestatore di lavoro, infatti, non pu avvenire che per
giusta causa (art. 2119 c.c.) o per giustificato motivo, distinto in soggettivo e
oggettivo (art. 1 L. 604/1966).
I requisiti formali riguardano essenzialmente la forma e il contenuto dellatto di
recesso (cd. procedura elementare), nonch la procedura di comunicazione, diversa,
in generale, a seconda della causa giustificatrice e delle dimensioni occupazionali del
datore di lavoro.
Il licenziamento intimato in violazione dei requisiti sostanziali e formali prescritti
dalla legge illegittimo, dovendosi cos distinguere:

la mancanza di una causa giustificatrice, giusta causa o giustificato motivo, rende


il licenziamento annullabile;
la mancanza di un requisito formale determina linefficacia del recesso se il
licenziamento intimato oralmente, se la comunicazione non contiene la
specificazione dei motivi che lo hanno determinato, ovvero se viene intimato in
violazione delle procedure previste per i licenziamenti disciplinari. altres inefficace il
licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei casi in cui obbligatoria la
procedura prevista dallart. 7 L. 604/1966.
Alle suddette violazioni, si applicano regimi sanzionatori differenziati:
innanzitutto, necessario distinguere tra imprese piccole e imprese medio/grandi,
distinzione che permane anche a seguito del D.Lgs. 23/2015, continuando ad
applicarsi i criteri di cui allart. 18, co. 8-9, L. 300/1970.
Soltanto per i licenziamenti discriminatori, nulli e orali, il regime sanzionatorio,
che unico, viene applicato indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati
dal datore di lavoro, secondo quanto disposto dallart. 18, co. 1, L. 300/1970,
sostanzialmente, ripreso dallart. 2 D.Lgs. 23/2015.
inoltre, la nuova normativa dei licenziamenti illegittimi non abroga quella
precedente, ma individua un autonomo regime con un suo definito ambito di
applicazione; con la conseguenza che per molto tempo continueranno a coesistere
due regimi sanzionatori, che per semplicit, al momento, possiamo identificare
come vecchio e nuovo.
I requisiti sostanziali e formali cui si innanzi accennato, altro non sono che limiti
sostanziali (o causali) e formali al potere di recesso del datore di lavoro (da qui nasce
lespressione disciplina limitativa dei licenziamenti).
I limiti temporali fanno riferimento a specifici casi, espressamente previsti dalla
legge, in cui il rapporto di lavoro viene sospeso ed il lavoratore non presta lattivit
lavorativa per un determinato periodo di tempo (a seconda dei casi, fissati dalla legge
stessa o dalla contrattazione collettiva), durante il quale egli ha diritto alla
conservazione del posto di lavoro (cd. periodo di comporto) e correlativamente il
datore di lavoro non pu esercitare il suo potere di recesso (salvo in caso di
cessazione dellattivit aziendale).
Si tratta dei casi di:

lavoratrici in congedo di maternit, lavoratori in congedo di paternit e


lavoratrici/lavoratori in congedo parentale (art. 54 D.Lgs. 151/2001) (v. anche
succ. par. 14);
lavoratori infortunati o in malattia (art. 2110 c.c.);

lavoratori richiamati alle armi (artt. 2110 e 2111 c.c., L. 370/1955);

dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, candidati e membri


di commissione interna (artt. 18 e 22 L. 300/1970);

lavoratori eletti a svolgere pubbliche funzioni (art. 51 Cost.);

lavoratori in sciopero (art. 15 L. 300/1970).

SANZIONI PER I LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI (D.Lgs. 23/2015)


Anche in base alla disciplina introdotta dal D.Lgs. 4-3-2015, n. 23, il regime
sanzionatorio articolato sui seguenti quattro livelli:
1- Tutela reale piena (o a risarcimento pieno), per le ipotesi di licenziamento
discriminatorio o nullo per espressa previsione di legge, ovvero orale, che prevede il
diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del
danno, senza determinazione ex lege di limiti massimi, essendo fissato solo il limite
minimo pari a 5 mensilit. Tale tutela espressamente prevista anche per i casi
specifici di licenziamento intimato per motivo consistente nella disabilit fisica o
psichica del lavoratore.
2- Tutela reale limitata (o a risarcimento limitato o tutela reale attenuata), per i casi
di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa nellunica
ipotesi in cui sia direttamente dimostrata in giudizio linsussistenza del fatto
materiale contestato al lavoratore, che prevede il diritto dello stesso alla
reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno la cui misura,
relativamente al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione, non pu
essere superiore a 12 mensilit;
3- Tutela risarcitoria forte (o indennitaria forte) per ogni altro caso di
licenziamento ingiustificato diverso dallipotesi indicata al n. 2, che prevede il diritto
del lavoratore al pagamento di unindennit di importo pari a 2 mensilit per ogni
anno di servizio, in misura comunque compresa tra 4 e 24 mensilit;
4- Tutela risarcitoria debole (o indennitaria debole) nei casi di licenziamento
comunicato senza lindicazione della motivazione o di licenziamento disciplinare in
violazione della prescritta procedura, che prevede il diritto del lavoratore al
pagamento di unindennit di importo pari a una mensilit per ogni anno di servizio,
in misura comunque compresa tra 2 e 12 mensilit.
La tutela di cui al n. 1 si applica indipendentemente dai limiti dimensionali del
datore di lavoro, quelle di cui ai nn. 2, 3 e 4 trovano applicazione nel caso di datori di
lavoro con limiti occupazionali medio/grandi (ex art. 18, co. 8-9, L. 300/1970).