Scienza Delle Costruzioni
Scienza Delle Costruzioni
Scienza Delle Costruzioni
COSTRUZIONI
A.A. 2013-2014
V. Minutolo
maggio 2014
2
Indice
Introduzione i
2 Fondamenti di Cinematica 15
2.1 Moti rigidi infinitesimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.1.1 Moti rigidi piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.1.2 Gradi di libert e coordinate lagrangiane . . . . . . . . . 26
2.1.3 Vincoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.2 Cinematica dei sistemi di travi piane . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.2.1 Vincoli multipli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.2.2 Soluzioni del problema della cinematica . . . . . . . . . . 32
3 Equilibrio meccanico 39
3.1 Vincoli ed equazioni vincolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.2 Equazioni di bilancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.2.1 Inflenza della deformazione sulle equazioni di bilancio . . 40
3.2.2 Natura delle forze applicate su solidi continui . . . . . . . 44
3.3 Equilibrio delle travi piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
3.3.1 Equazione di equilibrio interno . . . . . . . . . . . . . . . 46
3.4 Il principio dei lavori virtuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3.4.1 Spostamento virtuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
3
4 INDICE
Loggetto di queste dispense fornire una introduzione allo studio delle strut-
ture. Tutti gli oggetti costruiti dalluomo sono in qualche modo collegati alla
funzione di sopportare carichi senza subire modificazioni significative nella loro
conformazione e senza rompersi. In questo senso, tutti gli oggetti costruiti pos-
sono essere riguardati, per quanto attiene alla capacit di rispondere a queste
esigenze, come strutture. Esistono oggetti che hanno la responsabilit speci-
fica di rispondere strutturalmente alle aspettative e oggetti che di per s non
costituiscono una struttura sebbene, una volta in uso, debbano convivere senza
modificarsi n rompersi con i campi di forze esistenti in natura. Pi spesso,
negli oggetti (e anche negli esseri viventi), le funzioni strutturali coesistono con
quelle non strutturali che costituiscono le propriet pi strettamente funzionali.
Alcuni esempi possono ritrovarsi nella cupola di una cattedrale, nellimpalcato
di un ponte sospeso, nelle pareti di una arteria o nellasse della ruota di una
autovettura. Tutti questi elementi pur possedendo una specificit strutturale
assolvono a funzioni diverse da quelle strutturali. Altri elementi quali travi e
pilastri in una costruzione in calcestruzzo armato, centine di fusoliere e scafi di
navi, le ossa dello scheletro dei vertebrati, hanno una peculiare funzione strut-
turale e mancano quasi del tutto di una utilit diversa da questultima.
La disciplina Scienza delle Costruzioni ha come scopo quello di fornire un
metodo per analizzare la componente strutturale dei corpi. Per fare ci si costru-
iranno alcuni modelli che non rappresentano un concreto oggetto, ma piuttosto
lidea astratta alla quale ricondursi per analizzare qualsivoglia oggetto. Per ef-
fettuare lanalisi si dovr individuare nel corpo in esame il carattere particolare
che si possa mettere in relazione con uno dei Modelli strutturali studiati. In
generale non si ha la perfetta coincidenza della realt con un Modello, ma oc-
corre operare unapprossimazione della realt osservata. Il compito di fornire
un metodo per la traduzione della realt con un Modello ideale spetter ai corsi
a valle di questo, limiteremo quindi la nostra trattazione alle metodologie nec-
essarie per derivare i pi semplici modelli strutturali fornendo inoltre, nei limiti
del possibile, alcune indicazioni per la costruzione di modelli pi sofisticati per
i quali si rimanda alla ormai vastissima letteratura sullargomento.
Lanalisi strutturale una delle pi antiche formulazioni del pensiero scien-
tifico occidentale infatti la nascita di una osservazione moderna dei fenomeni
strutturali si pu far risalire agli scritti di Galileo Galilei (seconda met del
XVII secolo).
i
ii INTRODUZIONE
Ringraziamenti:
Le presenti dispense sono una versione riveduta del materiale sviluppato nel
corso di Scienza delle Costruzioni per gli allievi di Ingegneria Aerospaziale e
Meccanica tenuto presso la facolt di Ingegneria della Seconda Universit di
Napoli a partire dall A.A. 1999-2000. La stesura degli appunti si avvalsa
della collaborazione e dello stimolo costante degli allievi, di amici e colleghi. In
primis ringrazio i miei allievi il cui costante interesse e le continue sollecitazioni,
i suggerimenti puntuali e le critiche precise (anche se in verit poche ... non
certo per la perfezione delle mie dispense) sono la vera linfa vitale per il lavoro
di un docente.
Mi piace qui riportare un breve passo dallintroduzione del Manuale di Ar-
monia di Arnold Shmberg1 grande musicista viennese del secolo XX e massimo
didatta, della musica e non solo.
G.Manzoni)
iii
Elementi di Meccanica
Analitica
1
Capitolo 1
f = ma (1.1)
dove f la forza, m la massa e a laccelerazione di un punto materiale dotato
di massa.
La forza, in quanto agente sul punto materiale un vettore applicato; con
questa locuzione si intende un vettore e un punto in relazione tra di loro, da un
punto di vista matematico il vettore applicato ha il senso di una funzione che ai
punti dello spazio geometrico associa il vettore ad essi applicati, in particolare
detto P il punto materiale in cui applicata la forza f la funzione vettoriale
che rappresenta il vettore applicato la funzione
f, x = P
f=
0, x = P
Un campo vettoriale di forze associa ad un insieme di punti i vettori forza ad
essi applicati, in particolare linsieme di punti pu essere discreto, cio formato
3
4 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALI
Somma di vettori
La somma di due vettori liberi si effettua con la regola del parallelogramma
Se i due vettori sono rappresentati mediante le loro componenti rispetto ad
una base generica loperazione equivale a determinare il vettore di componenti
pari alla somma delle componenti.
Sia e = {e1 , e2 , e3 } una base dello spazio vettoriale, il generico vettore si
pu esprimere come combinazione lineare dei vettori della base
v = ci ei (1.2)
dove ci sono le componenti di v rispetto alla base e nella (1.2) si adottata la
convenzione di somma rispetto agli indici ripetuti in uno stesso monomio1 .
Analogamente la differenza di due vettori la somma del primo con lopposto
del secondo.
La somma di n vettori banale in componenti, la regola del parallelogramma,
applicata a due a due, restituisce il poligono dei vettori, questo un poligono di
n + 1 lati di cui i primi n sono costituiti dai vettori disposti consecutivamente
in un certo ordine, lultimo lato del poligono, orientato dal primo estremo del
primo vettore verso lultimo estremo dellultimo vettore, costituisce la somma
dei vettori.
Ovviamente lordine degli addendi inessenziale.
v1 v4
v2 v3
v1
R
v2
v3
v4
Figura 1.1:
v = vnv (1.4)
e quindi
u = v u = (v) nv (1.5)
= uv (1.6)
v
= uv cos u (1.7)
v cos v
u cos
u v = ui vi (1.8)
Sono ortogonali due vettori non nulli il cui prodotto scalare nullo
u = 0
u v = 0 uv (1.9)
v = 0
Il prodotto scalare tra vettori adoperato per definire il lavoro di una forza
applicata ad un punto in movimento, infatti si ha
L=f s (1.10)
dove con s si intende lo spostamento del punto di applicazione di f . Data
linterpretazione precedentemente riportata, il lavoro risulta uguale al prodotto
della forza per la componente dello spostamento nella direzione della forza, o, il
che lo stesso, quale prodotto dello spostamento per la componente della forza
nella direzione dello spostamento.
Se forza e sposamento sono paralleli il lavoro sar il prodotto dei moduli, se
sono ortogonali il lavoro sar nullo.
u sin
Figura 1.3:
w =uv (1.11)
Il vettore risultato un vettore libero ortogonale al piano formato dai due
fattori e verso tale che losservatore concorde a w vede u ruotare in verso antio-
rario per portarsi su v descrivendo langolo minimo e dove sin uv rappresenta il
seno dellangolo formato dai due vettori. Il prodotto vettoriale non commuta-
tivo.
Dalla figura 1.3 si pu riconoscere che il prodotto vettoriale pu essere in-
teso come prodotto del modulo del primo vettore per la distanza del secondo
ortogonale al primo o viceversa.
In termini di componenti il prodotto vettoriale si pu calcolare attraverso la
seguente espressione delle componenti:
1 se {ijk} = {1, 2, 3} , {2, 3, 1} , {3, 1, 2} permutazione pari
eijk = 0 se {ijk} = {1, 1, 3} , {2, 2, 1} , {3, 3, 2} ... non una permutazione
1 se {ijk} = {1, 3, 2} , {2, 1, 3} , {3, 2, 1} permutazione dispari
(1.13)
che restituisce in esplicito
w1 = u2 v3 u3 v2
w2 = u3 v1 u1 v3 (1.14)
w3 = u1 v2 u2 v1
Il prodotto vettoriale di due vettori paralleli nullo, il prodotto vettoriale
di due vettori ortogonali ha per modulo il prodotto dei moduli.
8 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALI
MP = (Q P) f (1.15)
dove con (Q P) si intende il vettore, detto braccio della forza, applicato in P
che punta verso Q, punto di applicazione di f . Data linterpretazione preceden-
temente riportata, il modulo del momento rispetto a P risulta uguale al prodotto
del modulo della forza per la distanza ortogonale di P dalla retta dazione della
forza, o, il che lo stesso, uguale al prodotto del modulo del vettore (Q P)
per la componene della forza ortogonale a (Q P).
Se forza e braccio sono paralleli il modulo del momento sar nullo, se sono
ortogonali il modulo del momento sar pari al prodotto dei moduli.
Dato un sistema si vettori applicati un importante concetto lequivalenza
meccanica di diferenti sistemi.
Diremo due sistemi di vettori equivalenti dal punto di vista meccanico se essi
hanno stessa somma e somma dei momenti rispetto ad uno stesso punto.
Si pu dimostrare che se essi hanno la stessa somma e lo stesso momento
rispetto ad un punto avranno lo stesso momento rispetto a qualsiasi punto.
Per dimostrare la propriet premettiamo le seguenti definizioni:
Risultante: Somma dei vettori del sistema
Momento risultante rispetto al punto P: Somma dei momenti dei vettori del
sistema rispetto al punto P.
Si dice invariante scalare di un sistema di vettori applicati e si indica con
Is , il prodotto scalare tra il risultante, R e il momento risultante, MP .
Is = RMP (1.16)
Linvariante scalare di un sistema di vettori applicati indipendente dal
polo, questa propriet esprime il fatto che la componente del momento lungo il
risultante costante, indipendente dal polo.
Se i vettori del sistema appartengono ad un piano il loro risultante apparterr
al piano anchesso. Ne consegue che il momento rispetto ad un qualsiasi punto
del piano sar ortogonale al piano e quindi ortogonale al risultante. Per questo
motivo per un sistema piano di vettori risulta Is = 0.
Daltra parte se Is = 0 ci implica che RMP per la (1.9).
Il momento rispetto al polo P dato da:
MP = (Qi P) fi (1.17)
rispetto ad un altro polo, P risulta
MP = (Qi P ) fi (1.18)
ma si vede semplicemente che
quindi2
MP = (Qi P) fi + (P P ) ij fj (1.20)
in conclusione
Rf = fi = R (1.22)
Rv = vi = R (1.23)
ij fj = f1 + f2 + f3 = R
10 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALI
M
X = MX MX (1.27)
Operando un cambiamento di polo si ha:
M
X = (MO + (X O) R) MX
si ha
M
X = MO + (O X) R
R (O X) =M
O
ux=v
ammette soluzione se v u = 0 che vale:
uv
x= + u, R
|u|2
R M O
(O X) = + R (1.28)
|R|2
Notiamo, infine che che
R M
O = R MO MO = R MO R MO (1.29)
e che
R MO = 0 (1.30)
da cui
1.3. ASSE CENTRALE DI UN SISTEMA DI VETTORI APPLICATI 11
R X
R
R M O
2
R
Figura 1.4:
M=fbn
f
-f
Figura 1.5:
12 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ANALISI VETTORIALI
R MO
(O X) = + R (1.31)
|R|2
Dalle considerazioni precedenti consegue che:
Un sistema a risultante nullo ha il momento indipendente dal polo ed
equivalente ad una coppia.
Considerando la figura 1.5 il sistema costituito dal solo momento M equivale
a qualunque coppia del piano ortogonale a M avente lo stesso momento rispetto
a qualsiasi punto. Il momento della coppia di forze rispetto ad un punto dellasse
di una delle due forze pari a un vettore ortogonale al piano delle forze, verso
che rispetta la regola della mano destra e di modulo pari al prodotto fb del
modulo della forza per il braccio, distanza ortogonale tra le rette dazione delle
forze. Tale momento indipendente dal polo poich il sistema piano e ha
risultante nullo. E possibile quindi dare risposta alle seguenti domande:
P
b
MP=b x R
Asse centrale
Figura 1.6:
Fondamenti di Cinematica
15
16 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
posizione sono vettori applicati nellorigine del riferimento e sono elementi di uno
spazio vettoriale. Lo spazio vettoriale cui appartengono i vettori posizione dei
punti del corpo uno spazio di dimensione finita pari a 3, 2 ovvero 1 in questi
casi parleremo di strutture tridimensionali, bidimensionali o monodimensionali
rispettivamente.
Si definisce configurazione della struttura linsieme dei punti che la strut-
tura occupa in un dato istante di tempo, si dice configurazione iniziale e si
esprime, come gi detto, con il vettore posizione, x = (x1 , x2 , x3 ), in un oppor-
tuno riferimento cartesiano, la posizione della struttura allistante iniziale del
fenomeno osservato; questistante iniziale pu essere leffettivo istante di inizio
dellosservazione del fenomeno che si sta studiando, o pu essere un istante
convenzionale cui si assegna il ruolo di origine dei tempi.
Per descrivere la defornazione di una struttura si deve descrivere il moto di
tutti i suoi punti, si deve, cio, assegnare ad ogni punto della struttura il vettore
che lo porta nella posizione di equilibrio. Da un punto di vista modellistico,
questo significa definire sullinsieme di punti che descrive il corpo nella sua
posizione iniziale, una funzione vettoriale che rappresenta i vettori spostamento
dei punti stessi. Una corrispondenza che ad un insieme di punti dello spazio
associa una funzione vettoriale detta campo vettoriale.
Raggiunto lequilibrio la struttura si pone nella sua configurazione finale
detta anche attuale; il generico punto che occupava allistante iniziale la po-
sizione P si porta nel punto P la cui posizione individuata dal vettore x ;
poich ogni punto P rappresentato da un vettore x, una deformazione
espressa dalla legge per cui, ogni vettore x si trasforma nel vettore x , questultimo
pu essere interpretato come una funzione della posizione iniziale x: x = x (x).
Lo spostamento del punto P, rispetto ad una posizione di riferimento, si indica
con u e si definisce come differenza tra la posizione attuale e quella di riferi-
mento:
u = x x (2.1)
lo spostamento anchesso un campo vettoriale sulla configurazione iniziale, x.
(Figura 2.2).
E importante riflettere sul fatto che il punto P si porta in P seguendo, di
norma, una traiettoria che non coincide con il vettore u, infatti si assume che
la posizione di P cambi con il tempo in maniera continua, ne segue che x
funzione del tempo, t oltre che della posizione iniziale x.
In conclusione una deformazione rappresentabile con una funzione vettori-
ale della posizione iniziale e del tempo:
x3
v(t)
x ' ( t ) v(t)
x(t) an(t) a(t) v ( t )
a (t) v(t+dt)
t
x2
x '
v (t ) = lim
t 0
t
v
a (t ) = lim
t 0
t
x1
dx (x, t)
v (x, t) = = vt (2.3)
dt
derivata della posizione rispetto al tempo, questo vettore parallelo al versore,
t della tangente alla traiettoria nel punto P e ha componenti pari alle derivate
delle componenti di x, il modulo di v, detto velocit scalare v la derivata
dellascissa curvilinea che descrive la traiettoria, v = s.
Si definisce accelerazione di P il vettore derivata della velocit rispetto al
tempo ed rappresentata da un vettore che pu essere decomposto in una
componente parallela e una perpendicolare a v e quindi diretta ortogonalmente
alla traiettoria in P secondo il versore n della normale alla curva.
dv (X, t)
a (X, t) = = at t + ac n (2.4)
dt
Le due quantit scalati at e ac sono dette accelerazione tangenziale e accel-
erazione centripeta, rispettivamente.
18 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
PQ = [x1 (P ) x1 (Q)]2 + [x2 (P ) x2 (Q)]2 + [x3 (P ) x3 (Q)]2 (2.6)
P Q = [x1 (P ) x1 (Q)]2 + [x2 (P ) x2 (Q)]2 + [x3 (P ) x3 (Q)]2 (2.7)
Il moto rigido se
P Q = P Q (2.8)
Ogni moto rigido infinitesimo elicoidale nel senso che possibile decom-
porre il moto nella rotazione intorno ad un asse e nella traslazione lungo questasse
stesso. Un moto piano sar o rotatorio, intorno ad un punto del piano detto cen-
tro di rotazione, o traslatorio con traslazione parallela al piano. Si conviene di
assumere una traslazione piana come la rotazione intorno ad un punto improprio
del piano.
In conseguenza di quanto detto prima lo spostamento di un punto P si pu
esprimere nel seguente modo:
u (P ) = + (x (P ) x (C)) (2.9)
2 La velocit e lo spostamento non sono dimensionalmente uguali, la velocit ha infatti le
P'
u
P
x3 x'
x
x2
x1
Nella (2.9), il vettore della traslazione lungo lasse del moto, d = x(P)
x(C), di componenti {d1 , d2 , d3 }, il vettore distanza tra P ed il punto C
dellasse di rotazione appartenente al piano normale a , e complanare a P;
il vettore rotazione infinitesima (velocit angolare), parallelo allasse di
traslazione e tale che il suo prodotto vettoriale per la posizione di un punto
generico rappresenti il vettore velocit nel moto rotatorio intorno allasse, i
punti dellasse hanno ovviamente velocit angolare nulla e velocit coincidente
con . Si indichino con e1 , e2 , e3 i versori degli assi coordinati, esplicitando il
prodotto vettoriale si pu notare che:
e1 e2 e3 e1 (d3 2 d2 3 ) +
(x (P ) x (C)) = det 1 2 3 = e2 (d1 3 d3 1 ) + (2.10)
d1 d2 d3 e3 (d2 1 d1 2 )
x3
P'
u
x2
d
d
P
x1
=0 (2.13)
Nel primo caso si parla di moto traslatorio, le traiettorie dei punti sono
tutte parallele e gli spostamenti sono uguali; nel secondo caso si parla di moto
rotatorio.
Lintersezione dellasse di rotazione con il piano individua il punto fisso nel
moto rotatorio. Questo punto detto centro di rotazione (istantaneo). Nel caso
di sola traslazione si conviene che il centro di rotazione sia il punto improprio
della direzione ortogonale alla traslazione.4
In un moto piano con = 0, fissando lasse x3 coincidente con lasse di
rotazione (cfr. figura 2.6) e quindi coincidente con il piano x1 x2 , la (2.12) si
semplifica nella forma seguente:
0 3 0 x1 3 x2
u (P ) = 3 0 0 x2 = 3 x1 (2.14)
0 0 0 0 0
il punto C. Un fascio di rette improprio formato da tutte le rette parallele ad una retta r. Si
conviene di chiamare centro del fascio improprio il punto intersezione delle rette parallele come
limite del centro di un fascio prorpio al tendere ad infinito della distanza di C dallorigine.
La distanza di C da O pu essere amplificata lungo una qualsiasi delle rette del piano. In
ogni caso si ottiene un diverso fascio di rette parallele. Il centro di ogni facio di rette parallele
individua un punto improprio dello spazio.
Tutti i punti impropri costituiscono una retta, retta improria.
Tutte le rette parallele concorrono nello stesso punto improprio.
22 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
C = ri
i r1
r2 =0
ri
Figura 2.4: Moto piano traslatorio, gli spostamenti sono tutti uguali, il centro
di rotazione lincontro delle rette, parallele, ortogonali alle traiettorie. E un
punto improprio del piano.
2.1. MOTI RIGIDI INFINITESIMI 23
=0
C = ri
r1 i
r2
ri
x3
x2
u=3 d u2=3 x1
3 u1=-3 x2
d P
x1
us = ds (2.15)
2.1. MOTI RIGIDI INFINITESIMI 25
Q'
x2
Q'''
P' Q
P
d x1
Sistemi articolati
Il sistema di cui si vuole studiare lo spostamento rigido piano sia costituito da
pi corpi.
Si consideri una terna di riferimento fissa, T = (, , , ), e una terna soli-
dale al corpo B 1 , T1 = (O1 , X1 , X2 , X3 ).
Si consideri un secondo corpo, B 2 . Il moto dei punti di B 2 rispetto alla terna
fissa detto il moto assoluto di B 2 ; il moto dei punti di B 2 rispetto alla terna
T1 detto moto relativo di B 2 rispetto a B 1 . Il moto di T1 rispetto a T detto
moto di trascinamento.
E possibile definire analogamente una terna solidale a B 2 , T2 = (O2 , Y1 , Y2 , Y3 ).
Analogamente a quanto gi detto, il moto dei punti di B 1 rispetto alla terna T2
detto moto relativo di B 1 rispetto a B 2 . Il moto di T2 rispetto a T detto
ancora moto di trascinamento.
I moti di trascinamento e relativi siano moti rigidi. E chiaro che il moto
di trascinamento di T1 rispetto a T il moto assoluto di B 1 e analogamente il
moto di trascinamento di T2 rispetto a T il moto assoluto di B 2 .
Le velocit dei punti di B 1 sono
v (P) = 1 + 1 (P ) (2.18)
e quella dei punti di B 2
v (Q) = 2 + 2 (Q ) (2.19)
Nei moti relativi sar
vr (P) = 12 + 12 (P O1 ) (2.20)
vr (Q) = 21 + 21 (P O2 ) (2.21)
26 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
2.1.3 Vincoli
Un vincolo una condizione che lega le coordinate lagrangiane e quindi riduce
i gradi di libert indipendenti. Nel caso della statica, i vincoli rappresentano
una limitazione alla posizione occupabile da punti del corpo. In una prima fase
considereremo soltanto vincoli lineari e bilaterali. Si indicano con la locuzione
vincoli lineari i vincoli che legano le coordinate lagrangiane mediante equazioni
lineari, in questo caso essi mettono in relazione le posizioni dei punti del corpo
con rette o piani dello spazio, i vincoli bilaterali obbligano i punti del corpo ad
appartenere alle superfici vincolari e quindi sono rappresentati da una equazione;
nel caso in cui i punti siano vincolati a non oltrepassare la superficie vincolare
si parla di vincoli monolateri la cui relazione matematica costituita da una
disequazione.
Per fissare le idee si faccia riferimento alla figura (2.8), il punto P del corpo
B sia vincolato a non oltrepassare la curva di equazione x2 = f (x1 ), questo
fatto si traduce nella disequazione
x2 (P ) f (x1 ) (2.23)
x2 (P ) + u2 (P ) f (x1 (P ) + u1 (P )) (2.24)
Sviluppando il secondo membro della (2.24) in serie di Taylor intorno ad x1
si ha
x2 (P ) + u2 (P ) f (x1 (P )) + f (x1 (P )) u1 (P ) + O u21 (2.25)
u2 (P )
f (x1 (P )) (2.26)
u1 (P )
28 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
x2 du2 df
dx1 dx1 du2
x2 = f ( x1 ) P
u ( P)
df
dx1
x1
Vincoli bilaterali
x2 (P ) + u2 (P ) = f (x1 (P ) + u1 (P )) (2.27)
Operando uno sviluppo analogo a quello che ha condotto alla (2.25) si ottiene
lequazione di vincolo in termini di spostamento:
u2 (P )
= f (x1 (P )) (2.28)
u1 (P )
Vincoli doppi
I vincoli doppi possono essere interpretati come due vincoli semplici accop-
piati, infatti una cerniera equivale a due pendoli o carrelli non paralleli, un
doppio pendolo pu essere interpretato come due vincoli semplici paralleli a
distanza piccola luno dallaltro ma finita.
Vincoli tripli
us=0 u
Pendolo
Cs
us=0 u
Carrello
Cs
u
=0
Pendolo improprio
C
u=0 u=0
Cerniera
C cerniera
u
u s = 0, = 0
Cerniera impropria
C s
u = 0, = 0 u=0
Incastro
C
4 gradi di 6 gradi di
vincolo vincolo
3t (s i) = l
(2.29)
3t s = l i
La struttura si dir l volte labile; il parametro l si chiama grado di labilit
della struttura. Il parametro i che esprime il numero di vincoli dipendenti si
dice grado di ridondanza o iperstaticit.
Si noti che dovendo essere positive tutte le quantit t, s, i e l, ad s > 3t
corrisponde necessariamente un grado di ridondanza, i > 0 cio non possono
essere indipendenti pi di 3t vincoli. Dalla osservazione di una struttura si nota
che t e s sono dati direttamente osservabili, l e i costituiscono informazioni
che vanno ricercate attraverso lanalisi della struttura alla luce delle conoscenze
fornite nei paragrafi precedenti. Si faccia riferimento allesempio seguente.
La struttura in figura 2.12 costituita da due travi collegate allesterno con
due cerniere di cui una impropria ed una propria. Internamente le due strutture
sono connesse da un pendolo. Si ha:
3t = 6
s=5 (2.30)
3t s = 1
In virt della (2.29) deve essere
li =1 (2.31)
e la labilit del sistema deve essere maggiore o uguale di 1 in funzione del valore
di i.
Per la determinazione delleffettivo grado di labilit la struttura pu es-
sere analizzata attraverso la ricerca dei centri di rotazione; se i centri di ro-
tazione risultano univocamente individuati la determinazione di un parametro
34 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
C12
f2
s
P P
I
I II
p C2 II
B
A=C1
II
I
C12
C1 f1
P P A B C
B
C
A (a) (b)
dello spostamento funzione della sola ascissa dei punti, analogamente il dia-
gramma delle componenti orizzontali sar funzione della sola ordinata come
espresso dalla (2.14).
Si tracci una retta orizzontale, f1 , detta fondamentale del diagramma che
costituisce lasse delle ascisse.
La componente verticale dello spostamento del generico punto della trave I
ottenibile dalla conoscenza dellascissa del centro C1 ed linearmente variabile
con la distanza da questo. La pendenza del diagramma data dalla rotazione
del moto rigido. Si pu tracciare quindi una retta che incontra la fondamentale
in corrispondenza della proiezione C1 del centro C1 assegnando pendenza arbi-
traria. Questa arbitrariet rappresenta la coordinata lagrangiana non definita
dal sistema dei vincoli da cui la labilit della struttura.
Lo spostamento del centro di rotazione relativo deve essere lo stesso sia che
si consideri C12 come appartenente al corpo I sia che lo si consideri appartenete
al corpo II. Da questa considerazione si trae che il diagramma degli spostamenti
verticali del corpo II deve intersecare in corrispondenza della proiezione di C12
il diagramma del corpo I.
Il diagramma del tratto II, come quello del tratto I, deve essere lineare
con pendenza pari alla rotazione del tratto, il centro C2 improprio quindi il
tratto deve subire una traslazione cui compete rotazione nulla. Il diagramma
risulta, cos, univocamente determinato. Unica indeterminazione nel sistema
resta lampiezza della rotazione del tratto I il che conferma che la struttura
una volta labile, l = 1.
E possibile tracciare anche il diagramma delle componenti orizzontali dello
spostamento della struttura. Allo scopo basta ripetere i ragionamenti gi fatti
per le componenti verticali, facendo riferimento stavolta ad una fondamentale
f2 verticale e alle proiezioni su di essa dei centri di rotazione. Le pendenze
dei diagrammi, che rappresentano le rotazioni dei tratti, sono state gi indi-
viduate nel tracciamento delle componenti verticali e non devono essere fissate
arbitrariamente, ma essere uguali a quelle dei corrispondenti tratti gi disegnati.
Si riporta di seguito lo studio analitico della stessa struttura di Figura
2.12. Quali parametri lagrangiani della struttura si scelgono le componenti
dello spostamento di A e la rotazione 1 del I tratto e le componenti dello
spostamenti di B e la rotazione 2 del II tratto. Le equazioni di vincolo sono:
36 CAPITOLO 2. FONDAMENTI DI CINEMATICA
in A:
u1 (A) = 0
(2.32)
u2 (A) = 0
in B
2 = 0 (2.34)
Dove si indicato con r il versore della retta r e con p il versore della retta
p.
Si ricordi che risulta:
u1 (A)
1 0 0 0 0 0 u2 (A)
0 1 0 0 0 0
u1 (B)
0 0 r1 r2 0 0 =0
u2 (B)
0 0 0 0 0 1
1
p1 p2 p1 p2 x1 (P ) p2 + x2 (P ) p1 d1BP p2 + d2BP p1
2
(2.38)
La matrice dei coefficienti ha rango 5 come la matrice completa (il sistema
omogeneo), il numero di incognite pari a 6 per cui la soluzione del sistema
indeterminata di ordine 1 .
Si consideri ora larco a tre cerniere A e C esterne e B che collega i punti P
e P tra i due tratti della struttura.(figura 2.13 a)
Scegliendo come coordinate lagrangiane lo spostamento di A e quello di C e
le due rotazioni 1 e 2 dei due tratti le equazioni di vincolo sono:
2.2. CINEMATICA DEI SISTEMI DI TRAVI PIANE 37
u1 (A) = 0
u2 (A) = 0
u1 (C) = 0
(2.39)
u2 (C) = 0
u1 (P ) = u1 (P )
u2 (P ) = u2 (P )
ricordando che
3t s = l i = 0 (2.44)
Capitolo 3
Equilibrio meccanico
39
40 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
F
F
L
L w
F
M
F
F
R L L R
L' L'
R
Figura 3.3:
l R
= (3.2)
l k
in ognuna delle due met della struttura. La loro lunghezza finale sar
l = (l + l) (3.3)
R
l = l 1+ (3.4)
k
l
cos = (3.5)
l
1
cos = (3.6)
1+ R
k
Per lequilibrio il sistema delle reazioni vincolari deve essere equivalente alla
forza applicata F per cui
3.2. EQUAZIONI DI BILANCIO 43
2R sin = F (3.7)
F
R= (3.8)
2 sin
F2
R2 = (3.9)
4 sin2
F2
R2 = (3.10)
4 (1 cos2 )
F2
R2 = (3.11)
1
4 1
(1+ Rk )2
si faccia la posizione
R
t = (3.12)
k
F2
f2 = (3.13)
4k2
lequazione (3.11) diviene:
t4 + 2t3 f 2 t2 2f 2 t f 2 = 0 (3.14)
la cui soluzione in forma chiusa
13
2
f 2 + 6 3 f 4 (27 + f 4 ) f 2 (54 + f 4 )
1
t = 3 3 3 + 13 (3.15)
6
4 4
6 3 f (27 + f ) f (54 + f ) 2 4
6 + 4f 2 f4
1
6 3 f 4 (27+f 4 )f 2 (54+f 4 ) 3
1
+ 6 3 f 4 (27 + f 4 ) f 2
54 + f 4 3
3 (3.16)
6 3(f 1)
2
2
f 2+ 6 3
f 4 (27+f 4 )f 2 (54+f 4 ) 3
1
3+
6 3 4 4 2
f (27+f )f (54+f ) 4
1
3
q2 q
MA MB
q3
R 3A
A B R 3B x3
R 2A R 2B
x2
risultante e momento risultante delle forze distribuite sulla superficie di base del
cilindro trave. Le relazioni di equilibrio della struttura si esplicitano scrivendo
le equazioni nelle componenti delle forze e nel momento:
#
q3 (x3 ) dx3 + RA + RB = 0
# q (x ) dx + R3A + R3B = 0
#2 3 3 2 2
MA R2 M
T
R3 N
A S
q
N=0
M A B B C
z L-z
T=q(L-z)
M= -q(l-z)2
2
t||-y B n||z
n||-z
dz
t||y
q2
M T q3 M+M
N N+N
A S
T+T
N
N + q3 () x3 = 0 = q3 () (3.19)
x3
dN (x3 )
= q3 (x3 ) (3.20)
dx3
che costituisce lequazione di equilibrio alla traslazione nella direzione assiale
della struttura.
Per le equazioni trasversali si pu scrivere analogamente:
dT
T + q2 (x3 ) dx3 = 0 = q2 (x3 ) (3.21)
dx3
x3
q
q
Figura 3.9: Schema di trave incastrata con carico distribuito con legge lienare
#
M + M + M T x3 q2 (x3 ) x3 dx3 = 0
x3
x23
lim M T x3 q2 () =0 (3.22)
x3 0 2
dM (x3 )
= T (x3 )
dx3
Combinando le (3.20) e (3.22) si ottiene la equazione trasversale conclusiva
d2 M (x3 )
= q2 (x3 ) (3.23)
dx23
Le equazioni su descritte permettono di risolvere lequilibrio delle strutture
formate da insiemi di travi e di determinare le caratteristiche della sollecitazione
in esse presenti. A titolo di esempio si consideri la trave a mensola nella figura 3.9
soggetta ad un carico distribuito di direzione trasversale e variabile linearmente
con lascissa.
La legge di carico :
q
q3 (x3 ) = (L x3 ) (3.24)
L
Lequazione (3.23) si esplicita in:
d2 M (x3 ) q
2 = (L x3 ) (3.25)
dx3 L
per risolvere la quale si pu sviluppare la funzione M in serie di Mc Laurin
definendo con M0 il momento flettente e T0 il taglio nella sezione x3 = 0.
M0 x23 M0 x33
M (x3 ) = M0 + M0 x3 + + + ... (3.26)
2 6
Esplicitando le derivate di M attraverso la (3.22) e la (3.24) si perviene alla
seguente espressione dellintegrale generale della (3.25)
qx23 qx33
M (x3 ) = M0 + T0 x3 + (3.27)
2 6L
50 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
M(x3 = L) = 0 (3.28)
2
2
M(x3 = L) = M0 + T0 L qL = 0
M0 = qL
3 6 (3.30)
M (x3 = L) = T0 qL = 0
T0 = qL
2 2
La (3.30) restituisce il valore del momento e del taglio iniziali che, per equi-
librio al contorno, corrispondono alle reazioni esterne esplicate dai vincoli. In
particolate, poich le reazioni vincolari devono avere il segno assoluto che a loro
compete dal riferimento assunto, si avr:
RA
2 = T0 < 0
(3.31)
MA = M0 > 0
Si noti la differenza, anche nel simbolo grafico, tra la reazione vincolare, che
una forza, e la caratteristica della sollecitazione che una tensione interna
generalizzata; questa differenza si traduce nel diverso modo di assegnare il segno
alle due grandezze. Le reazioni sono positive, sic et simpliciter, se concordi
al riferimento; le caratteristiche, al contrario, sono positive in senso locale 2 ,
cio se concordi al riferimento quando agiscono su una sezione con la normale
concorde al riferimento, nel nostro caso le caratteristiche alla sezione x3 = 0
sono applicate ad una sezione con la normale opposta allasse x3 del riferimento
e quindi sono positive se opposte al riferimento. Il taglio diretto verso lalto
positivo (mentre la reazione R2A negativa) il momento flettente, equivalente
ad una coppia antioraria sulla faccia sinistra, negativo.
Nella figura 3.10 rappresentata la funzione Momento flettente adimension-
alizzata rispetto allascissa adimensionalizzata della trave.
2 Il loro segno dipende in sostanza non solo dallorientamento del vettore che le rappresenta
-M
0.15
0.1
0.05
0
0 0.25 0.5 0.75 1
x3/L
T 0.5
0.375
0.25
0.125
0
0 0.25 0.5 0.75 1
x3/L
dallutente come nel caso di M e f oppure essere una funzione predefinita dal sistema come
DSolve che si incontra in seguito. Si noti come la variabile z_ denota una variabile sibolica
mentre la variabile z al secondo membro una variabile effettiva. In altre parole lassegnazione
M[z_] = 3z 5 sta a significare che la funzione M ha una certa espressione lineare nella sua
variabile simbolica z, cio possibile calcolare:
M[3] = 3 3 5
ma possibile anche calcolare simbolicamente
M[k] = 3k 5
o anche
t integrare
t 3 2
0 M[s]ds = 0 (3s 5) ds = 2 t 5t
usando una variabile muta s
3.3. EQUILIBRIO DELLE TRAVI PIANE 53
I grafici in figura 3.10 e Figura 3.11 sono i diretti output della routine.
R0 = T0 , RL = TL , M0 = M0 , ML = ML
Figura 3.12:
3.3. EQUILIBRIO DELLE TRAVI PIANE 55
Figura 3.13:
56 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
Figura 3.14:
3.3. EQUILIBRIO DELLE TRAVI PIANE 57
Figura 3.15:
58 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
Nello studio della statica dei corpi, potendosi prescindere dal tempo, e con-
fondendo il differenziale di u con u nel caso di spostamenti piccoli, con un abuso
di locuzione diciamo lavoro delle forze il solo integrale seguente:
L= f (x) u (x) dV (3.34)
B
# #
L =# B f (x) u (x)
# dV = B f (x) (u (0) + x) dV = (3.36)
u (0) B f (x) dV + B [f (x) x] dV = u (0) R + M0
Lv = v (0) R + v M =
(3.40)
v (0) (Ra + Rv ) + v (Ma + Mv ) = 0
Il lavoro virtuale espresso dalla (3.40) nullo se sono verificate le (3.39.) che
equivalgono allannullarsi dei termini in parentesi4 .
Nel caso in cui i vincoli del sistema siano lisci e bilaterali, per ogni sposta-
mento virtuale compatibile con i vincoli, va (x) = va (0) + av x, il lavoro
delle reazioni vincolari risulta nullo5 e quindi la (3.40) soddisfatta dalle sole
forze attive.
4 La (3.40) costituisce pertanto una condizione necessaria di equilibrio. Si vedr che essa
mento impedito dal vincolo. Questa definizione nei casi affrontati coincide con lordinaria
intuizione del fenomeno dellattrito.
60 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
Lv = va (0) Ra + av Ma = 0 (3.41)
Sommando (3.41) e (3.42) si riottiene la equazione (3.40) che, tra gli infiniti
campi di spostamento virtuale deve essere soddisfatta anche per i campi di
spostamenti virtuali di traslazione pura6 (va (0) = , av = 0) da cui discende
che deve essere:
Lv ( ) = (Ra + Rv ) = 0, Va Ra + Rv = 0 (3.43)
Lv () = va (Ma + Mv ) = 0, Va Ma + Mv = 0 (3.44)
q (1)
A B
L
q
A B
R (2)
L
v(x) = x
#L qL2
Lv = 0 xqdx + RB L = + RB L = 0
2 (3.45)
qL
RB =
2
Momenti dinerzia
Sia data una figura piana dotata di area e con densit unitaria s che sia possibile
considerare le propriet di massa riferite indifferentemente alle aree.
Si possono individuare per larea le quantit:
# #
A xdxdy ydxdy
1. Baricentro: G (xG , yG ) = , A
A A
#
2. Momento statico o del primo ordine: Sr = A dr dxdy
#
3. Momento dinerzia o del secondo ordine: Ir = A d2r dxdy
#
4. Momento centrifugo o prodotto dinerzia: Irs = A dr ds dxdy
62 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
Sr = AdGr
Ir = Ir0 + Ad2rr0 (3.46)
Irs = Ir0 s0 + Adrr0 dss0
Se le due rette sono ortogonali, detto langolo formato tra la retta orientata
r0 e lasse x, risulta:
x = y = sin e y = x = cos e quindi
Ir Ad2Gr
2r0 = = dGr (dCr r dGr ) = dGr dCr G
A
3.5. LE TRAVATURE ELASTICHE NELLA TEORIA DI EULERO BERNOULLI65
xc yc
2
x+ 2y+1=0 (3.61)
y x
66 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
s' Ca S
K G Q
R
H
r' a r
s
P
xc yc
x+ 2y =0 (3.62)
2y x
ax + by = 0 (3.63)
contiene il punto
P (b, a)
la cui antipolare :
b a
2
x+ 2 y+1=0 (3.64)
y x
b a
x+ 2 y =0 (3.65)
2y x
l/2 l/2
Figura 3.19:
l/l
Cinematica
Si consideri la trave di lunghezza l in cui si fissi una terna di assi cartesiani
con origine su una delle basi, assi x e y appartenenti a questa base e asse z
coincidente con lasse della trave. Larea di base della trave sia A. Si prenda in
esame uno spostamento dei punti della trave per cui tutte le sezioni si spostino,
conservandosi piane, parallele alla posizione iniziale e senza variazione di forma,
con una traslazione in direzione z; questa traslazione si pu interpretare come
una deformazione, per elongazione o contrazione, di ogni fibra longitudinale
della trave. Per comodit si consideri nullo lo spostamento della base z = 0.
Si definise deformazione della fibra il coefficiente di dilatazione lineare delle
fibre; detta z la lunghezza di una porzione di trave e z la lunghezza della
stessa a deformazione avvenuta esso espresso dalla relazione seguente:
z z
z = (3.70)
z
dove si assegnato un pedice z al simbolo di deformazione, , per ricordare che
si considera il coefficiente correlato alle fibre in direzione z.
Supponiamo ora che le fibre subiscano una deformazione costante con z, per
cui lallungamento complessivo della trave sia
l = z l (3.71)
z = Ez (3.72)
A questo stato di tensione corrispondono i carichi esterni pari ad una pres-
sione uniforme assiale applicata alle basi del cilindro, i cui valori sono:
px (z = 0) = 0
py (z = 0) = 0 (3.73)
pz (z = 0) = z
px (z = L) = 0
py (z = L) = 0 (3.74)
pz (z = L) = z
Mx = z ydA = z Sx = 0
A
My = z xdA = z Sy = 0
A
dz
dv
ds
y
w=y
d = 2
z
y
z(y)dz
.
z(y)dz
2 2
y dz
$ 2
ds dv
= 1+ (3.79)
dz dz
Combinando le (3.77) e (3.79) si pu esprimere la curvatura in funzione dello
spostamento dellasse della trave:
dv d2 v d2 v
d arctan 2
dz dz dz 1 dz 2
= = 2 =%
2 & 32
(3.80)
dz ds dv dv 2
1+ 1 + dz dv
dz 1+
dz
Nellipotesi di piccoli spostamenti si pu confondere langolo con tan =
v e lascissa z con lascissa curvilinea s. Ci equivale a trascurare nella (3.80)
le potenze delle derivate di v rispetto allunit ed avere:
dv d2 v
= 2 (3.81)
dz dz
Lespressione della curvatura si pu interpretare, da un punto di vista squisi-
tamente meccanico osservando la figura 3.22 dalla quale si nota come langolo, di
cui ruotano relativamente due sezioni a distanza dz, si determina come rapporto
tra la deformazione della generica fibra e la sua ordinata y.
Si ha, in fatti:
z dz d z
d = 2 = = (3.82)
y dz y
Ricordando che si fatta lipotesi che la deformazione z risulta costante
rispetto a z e variabile linearmente con y si ha:
d z
= = c z = cy (3.83)
dz y
72 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
e in definitiva
v = c (3.84)
z = Ez = Ecy (3.85)
p0z = Ecy
(3.86)
pLz = Ecy
Queste distribuzioni di forze superficiali sulle basi della trave hanno risultanti
pari, rispettivamente:
Sulla base z = 0:
# #
Fz0 = # A p0z dxdy = Ec #A ydxdy = EcSx
M0x = A 0
# pz ydxdy = Ec# A y 2 dxdy = EcIx (3.87)
0 0
My = A pz xdxdy = Ec A yxdxdy = EcIxy
Sulla base z = L:
# #
FzL = # A pL
z dxdy = Ec #A ydxdy = EcSx
2
ML L
x = # A pz ydxdy = Ec A # y dxdy = EcIx (3.88)
L L
My = A pz xdxdy = Ec A yxdxdy = EcIxy
La grandezza Sx il momento statico della sezione retta della trave rispetto
allasse neutro x; la grandezza Ix il momento dinerzia della sezione intorno
allasse x; Ixy il momento centrifugo 9 rispetto agli assi x ed y. La caratteris-
tiche della sollecitazione interne, corrispondenti alle forze esterne F e M sono
lo sforzo normale, N = FzL , come definito in precedenza, e il momento flettente,
Mx = ML L
z e My = My , che stato introdotto nel capitolo dedicato alla statica
delle travi (cap.3.2).
Se lasse neutro n contiene il baricentreo della sezione il momento statico
Sx = 0 pertanto lo sforzo normale risulta nullo identicamente. In questo caso
9 Dette dx e dy le distanze di un punto generico dagli assi x e y rispettivamente si ha:
dx = y
dy = x
pertanto
Ixy = dx dy dxdy = xydxdy
A A
3.5. LE TRAVATURE ELASTICHE NELLA TEORIA DI EULERO BERNOULLI73
Mx
c= (3.89)
EIx
questa, sostituita nella (3.85), consente di determinare la tensione normale in
presenza di flessione retta secondo lasse x:
Mx
z = Ecy = y (3.90)
Ix
La deformazione della sezione si particolarizza in
z Mx
z = = y (3.91)
E EIx
Lespressione della curvatura nel piano di flessione permette di ricavare
lequazione differenziale che governa la deformazione di una trave inflessa:
Mx
v (z) = (3.92)
EIx
La (3.92) lequazione che lega la deformazione della trave in termini gener-
alizzati, v , in funzione della tensione generalizzata Mx essa rappresenta, quindi,
lequazione che deve essere risolta affinch, noto il momento flettente si ricavi v.
dw N
= z = (3.93)
dz EA
74 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
A B C
N=qL/2
N=-qL/2
A B C
s
R =qL/2
B RC=qL/2
per cui la legge costitutiva generalizzata che lega la sollecitazione alla defor-
mazione :
EAw = N (3.94)
Ricordando che per lequilibrio di una trave soggetta a carico assiale dis-
tribuito risulta:
N = qz (3.95)
si ottiene infine lequazione globale di equilibrio elastico della trave:
EAw = qz (3.96)
Questa permette di risolvere i problemi estensionali comunque caricati e
vincolati.
A titolo di esempio si consideri la trave orizzontale di figura 3.23 soggetta a
tre vincoli assiali in A, B, C; la trave sia caricata da un carico uniforme assiale
qz sul tratto BC.
La struttura chiaramente iperstatica due volte in senso assiale.
Le funzioni spostamento nei due tratti sono esprimibili tramite i due sviluppi10 :
N1 (A)
w1 (z) = w1 (A) + z, z ]A, B[
EA
N2 (B) z2
w2 (z) = w2 (B) + z qz z ]B, C[
EA 2
10 Si ricordi lo sviluppo in serie di Taylor di una funzione continua:
(xx )2 (xx )n
f (x) = f (x0 ) + f (x0 ) (x x0 ) + f (x0 ) 2
0
+ ...f (n) (x0 ) n!
0
nei quali abbiamo indeterminati i valori dello spostamento e dello sforzo normale
in A e B. Quali condizioni ai limiti si possono scrivere le equazioni di vincolo:
w1 (A) = 0
w2 (B) = 0
w1 (B) = w2 (B)
w2 (C) = 0
w1 (z) = 0
qz L z2
w2 (z) = z qz
2EA 2
Unanaloga trattazione pu essere fatta per la trave inflessa:
Lequazione della cinematica della trave la relazione tra la curvatura e lo
spostamento della linea dasse
1
= v
R
dalla quale, tramite il legame costitutivo elastico si deduce:
EIv = M (3.97)
E bene notare che si sta facendo riferimento ad un sistema di assi formato
da: asse neutro, asse di flessione ed asse della trave; pertanto M = Mn , I =
In e v = vf (z); in altre parole entrano in gioco la componente del momento
lungo lasse neutro (il che equivale a considerare le componenti delle forze nella
direzione dellasse di flessione), il momento dinerzia intorno allasse neutro e
rilevare che la linea dasse si porta in una curva del piano di flessione f z.
Si derivi la (3.97) due volte rispetto a z e si introduca nella (3.23) si ottiene:
EIvIV = qy (3.98)
Questa lequazione di equilibrio elastico per la trave inflessa.
Consideriamo la trave di figura (3.24); la funzione spostamento esprimibile,
considerando la soluzione della (3.98), mediante la seguente serie di McLaurin:
z2 z3 qy z 4
v (z) = v (0) + v (0) z + v (0)+ v (0) + =
2 6 24EI
M (0) z 2 T (0) z 3 qy z 4
= v (0) (0) z +
EI 2 EI 6 24EI
Le condizioni ai limiti
76 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
A B
qL2
8
5qL 3qL
8 8
v (0) = 0
(0) = 0
v (L) = 0
M (L) = EIv (L) = 0
forniscono la seguente soluzione
v (0) = 0
(0) = 0
5qy L
T (0) =
8
qy L2
M (0) =
8
0
M
0 A B
MA
0
RAy = -F
+
MA = 1 L RB
A B
+ RB = 1
RAy = -RB = -1
1
M
MA
A B
+ RB
RAy = -RB
1
M = RB M
F F L3AF F LAF L2F B F L3 1 1 5 F L3
v (B) = + = + =
3EI 2EI 8EI 3 2 48 EI
3
RB L
vRB (B) =
3EI
Per la congruenza con il vincolo in B si deve imporre che la somma delle
componenti dello spostamento prodotto nel punto B dalle forze applicate e dalla
reazione vincolare incognita sia zero. Per la linearit della legge costitutiva e
della legge spostamenti deformazioni (conseguente alla ipotesi di piccolezza di
questi ultimi) si possono sovrapporre gli effetti per cui:
5 F L3 RB L3
vF (B) + vRB (B) = =0 (3.99)
48 EI 3EI
15
RB = F
48
80 CAPITOLO 3. EQUILIBRIO MECCANICO
Parte II
81
Capitolo 4
4.1 Introduzione
Un corpo continuo si deformi portandosi dalla configurazione B di riferimento
nella configurazione B. La corrispondenza che ad ogni punto P di B associa un
punto P di B detta deformazione.
Riferiamo le due configurazioni ad un unico sistema di assi cartesiani per cui
si abbia:
x=X+u (4.1)
dx = dX
+ du = (I + u) dX
=
u1 u1 u1
X
X3
1 0 0 u 1 Xu2
2
u2
dX1
2 (4.2)
0 1 0 + dX2
X1 X2 X3
0 0 1 u3 u3 u3 dX3
X1 X2 X3
La quantit tra parentesi tonde si dice gradiente della deformazione ed
indicato con il simbolo F;
F := (I + u) (4.3)
83
84 CAPITOLO 4. DEFORMAZIONE NEI MEZZI CONTINUI
|dX|2 = dX dX (4.5)
1
La quantit D = uT +u+uT u detta tensore della deformazione
2
finita o di Green e esprime la differenza tra il quadrato del modulo del vettore
deformato e il quadrato del vettore indeformato.
La misura della deformazione secondo Green espressa dalla relazione:
u1 u1 u2 u1 u3
+ +
X1 X2 X1 x3 X1
1 T 1
u1 u2 u2 u2 u3
E= u +u = + + (4.9)
2 2 X2 X1 X2 X3 X2
u1 u3 u2 u3 u3
+ +
X3 X1 X3 X2 X3
|dx|
n + 1 = = 2nT En + 1 (4.12)
|dX|
quadrando
2
(n + 1) = 2n + 2n + 1 = 2nT En + 1 (4.13)
da cui si pu ricavare lespressione di n trascurando il quadrato rispetto alla
prima potenza:
n = nT En (4.14)
Detti ij gli elementi di E, la forma esplicita della (4.14) la seguente:
3
n = ij ni nj (4.15)
i=1
j=1
dXn = |dXn | n
(4.17)
dXm = |dXm | m
4.3. PARAMETRI MECCANICI DELLA DEFORMAZIONE 87
dx m
dXm
dx n
P
dXn
Figura 4.1:
dxn = FdXn
(4.18)
dxm = FdXm
E interessante, per le applicazioni future, interrogarsi sul modo di variare
dellangolo formato tra i due vettori (4.17) nella deformazione dellintorno del
loro punto di applicazione.
Si dica nm tale variazione di angolo che si chiama scorrimento tra i due
vettori; essa in qualche modo correlata alla variazione di forma dellintorno
elementare.
Si conviene definire positivo lo scorrimento, tra le due direzioni n e m, che
fa diminuire langolo compreso tra i due vettori come rappresentato nella figura
4.1, per cui si pone: nm = .
Si ricordi lespressione del prodotto scalare tra due vettori:
|dxn | |dxm |
cos = nT FT Fm (4.21)
|dXn | |dXm |
Ricordiamo, ancora, che dalla definizione di dilatazione lineare risulta:
|dxn |
= (n + 1)
|dXn |
|dxm | (4.22)
= (m + 1)
|dXm |
da cui
88 CAPITOLO 4. DEFORMAZIONE NEI MEZZI CONTINUI
nT FT Fm
cos = (4.23)
(n + 1) (m + 1)
Nellipotesi di deformazione infinitesima possibile trascurare la dilatazione
lineare rispetto allunit, inoltre si ricordi che
2nT Em
nm = (4.27)
sin
Nel caso in cui le direzioni n e m siano ortogonali risulta sin = 1 e quindi
la (4.27) si esplicita in,
3
nm = 2 ij ni mj (4.28)
i=1
j=1
dX3
dX2
dX1
Figura 4.2:
dX1 0 0
dV =dX1 e1 dX2 e2 dX3 e3 = det 0 dX2 0 = dX1 dX2 dX3 (4.30)
0 0 dX3
Il volume del dominio trasformato di B, V , pu essere calcolato attraverso
la (4.2):
u1 u2 u3
det (I + u) = 1 + 1+ 1+ +
X1 X2 X3
u1 u2 u3
+
X2 X3 X1
u1 u2 u3
+ +
X 3 X1 X2
u1 u2 u3 (4.34)
1+
X 1 X3 X2
u2 u1 u3
1+
X2 X3 X1
u3 u2 u1 u1 u2 u3
1+ =1+ + +
X3 X1 X2 X1 X2 X3
90 CAPITOLO 4. DEFORMAZIONE NEI MEZZI CONTINUI
Nella (4.34) si sono trascurati tutti i prodotti delle derivate di u rispetto alle
prime potenze.
In conclusione si pu valutare la dilatazione volumetrica infinitesima come:
dV dV (1 + div u) dV dV
= = = div u (4.35)
dV dV
ottenuta ricordando lespressione della divergenza del campo di spostamento
u1 u2 u3
div u = u = + + (4.36)
X1 X2 X3
la (4.35) porge:
= 11 + 22 + 33 (4.37)
u = Sym u + Skew u = 12 u+uT + 1
2 uuT (4.39)
E (X) dX = dX (4.44)
3 Il prodotto vettore tra e u ha per componenti i determinanti minori di ordine due della
matrice simbolica:
x x2 x3
1
u1 u2 u3
92 CAPITOLO 4. DEFORMAZIONE NEI MEZZI CONTINUI
(EI) n = 0 (4.45)
En0 = 0 n0 (4.47)
n0 En0 = n0 0 n0 (4.48)
I due membri della (4.48) sono scalari, inoltre il primo membro pu essere
trasformato mediante la condizione di simmetria di E, nel seguente modo:
4 Il sistema di equazioni diviene singolare con molteplicit di soluzioni pari a 3 i + 1
per cui a tre autovalori distinti corrispondono tre autovettori distinti, (la molteplicit dela
soluzione risiede nel fatto che non possibile calcolare i tre coseni direttori ma soltanto la
direzione e cio due numeri direttori in funzione del terzo; normalizzando la soluzione si
individua univocamente il versore n). Al caso di due autovalori coincidenti (lo stesso che
due soli distinti) si ritrovano: un vettore n1 associato allautovalore unico e tutti i vettori
del piano ortogonale a n1 a cui sono associati i due autovalori coincidenti. Al caso di tre
autovalori coincidenti si associano tutte le rette dello spazio.
4.5. DEFORMAZIONI E DIREZIONI PRINCIPALI DI DEFORMAZIONE93
n0 En0 = (4.49)
T
= (n0 En0 ) = (a)
T
= n0 E n0 = (b)
= n0 En0 = (c)
= (n0 En0 ) (d)
* (a) Il primo membro della sequenza, uno scalare, coincide con il suo
trasposto;
(b) questultimo si calcola mediante la trasposta di E invertendo lordine
del prodotto scalare;
(c) per la simmetria di E, si pu sostituire ET con E;
(d) il risultato pari al coniugato del primo membro.
En1 = 1 n1
(4.50)
En2 = 2 n2
da cui moltiplicando scalarmente la prima per n2 e la seconda per n1 si ottiene
n2 En1 = 1 n2 n1
(4.51)
n1 En2 = 2 n1 n2
Sottraendo le due relazioni cos ottenute e ricordando che per la simmetria
di E, n2 En1 = n1 En2 , si ha:
(1 2 ) n1 n2 = 0 (4.52)
da cui
n1 n2 = 0 (4.53)
che costituisce la condizione di ortogonalit tra n1 e n2 . c.v.d.
Lequazione (4.46) detta equazione caratteristica di E, ha la seguente forma
esplicita:
I1E = div u
I2E = 11 22 + 11 33 + 33 22 212 213 223 (4.55)
I3E = det E
Dette tr1E , tr2E , tr3E le tre tracce del tensore di deformazione, definite come:
tr1E = div u
1
tr2E = ij ij (4.56a)
2
1
tr3E = ij jk ki
3
si nota come:
1 E 2
I2E = tr1 tr2E (4.57)
2
11 12 13
E = 12 22 23 (4.58)
13 23 33
Questo si pu esprimere come somma dei tensori seguenti:
E = E + D (4.59)
con
0 0
11 + 22 + 33
E = 0 0 ; = (4.60)
3
0 0
11 12 13
D = 12 22 23 (4.61)
13 23 33
Si pu notare che la variazione di volume connessa al tensore deviatorico
nulla, infatti
J1 = 0,
1 D 2
J2 = tr2
2
1 (4.63)
= (I II )2 + (II III )2 + (III I )2
6
J3 = det D
I = 0, nI = 0 0 1
- .
1 1
II = 12 , nII = 0
2 2
- .
1 1
III = 12 , nIII = 0
2 2
Per questo stato di deformazione il secondo invariante del deviatore :
1 2
J2 = (0 12 )2 + (12 + 12 )2 + (12 0)2 = 12
6 6
La quantit 6J2 detta intensit dello scorrimento anche per gli stati di
deformazione complessi.
0
u = Ex = 22 x2 + 23 x3 (4.66)
23 x2 + 33 x3
Si vede che u piano, infatti non ha componenti lungo x1 ed indipendente
da x1 . Lesistenza di una radice nulla dellequazione (4.54) equivalente alla
condizione che il terzo invariante di E sia nullo; infatti, in tale caso, lequazione
(4.54) si pu mettere nella forma:
2 + I1 + I2 = 0
che ha soluzioni
1 = 0
I1 I12 + 4I2
2,3 =
2
Gli stati piani di deformazione sono molto comuni, a questi si possono ri-
condurre i casi reali in cui un fascio di piani paraleli a sia di simmetria per la
struttura, in tale caso infatti gli spostamenti dei punti non possono avvenire in
direzione perpendicolare a ed essi devono essere costanti su ogni piano par-
allelo a . Questa situazione si verifica con buona approssimazione in tutte le
strutture illimitate, o che possono ragionevolmente ritenersi tali, secondo una
direzione normale a .
du = (E + R) dx (4.67)
98 CAPITOLO 4. DEFORMAZIONE NEI MEZZI CONTINUI
rji jk ik
= (iii)
xk xi xj
Tramite la (iii) si possono ricavare i differenziali di rij infatti:
rji
drji = dxk (4.69)
xk
k
rji rji
= , (k, l) (4.70)
xl xk xk xl
Questultima relazione si traduce nelle equazioni seguenti delle quali solo 6
indipendenti:
2 jk 2 il 2 jl 2 ik
+ = + (4.71)
xi xl xk xj xi xk xl xj
La (4.71) ammette una rappresentazione pi compatta
2 11 12 13 23
= +
x2 x3 x1 x3 x2 x1
2
22 12 23 13
= +
x1 x3 x2 x3 x1 x2
2
33 13 23 12
= +
x1 x2 x3 x2 x1 x3
(4.73)
2 11 2 22 2 12
+ =2
x22 x21 x1 x2
2 22 2 33 2 23
2 + 2 =2
x3 x2 x2 x3
2 11 2 33 2 31
2 + 2 =2
x3 x1 x1 x3
100 CAPITOLO 4. DEFORMAZIONE NEI MEZZI CONTINUI
Capitolo 5
Tensione ed equilibrio
F
lim = b (x) (5.1)
dV x dV
Il termine b (x) detto forza di massa o di volume agente nel punto x. Essa
rappresenta la densit di forza per unit di volume di solido.
In un volume finito di struttura, V , possibile calcolare, tramite la conoscenza
di b (x), la risultante, F, delle forze di volume agenti ed il loro momento risul-
tante M rispetto ad un origine arbitrariamente scelta internamente a V .
F= b (x) dV (5.2)
V
M= x b (x) dV (5.3)
V
La (5.4) afferma che non esiste una densit di coppie di massa; questa ipotesi
in sostanza dovuta a Cauchy che ha per primo formulato il modello di tensione
come si conosce attualmente. Nei primi anni del XX secolo, i fratelli Cosserat
hanno proposto un modello di tensione che prevede di rimuovere tale ipotesi.
101
102 CAPITOLO 5. TENSIONE ED EQUILIBRIO
n
tn
II
' I
Figura 5.1:
Si ottiene un modello che necessita, per, una riformulazione anche della de-
formazione introducendo unorientamento del punto materiale (uno spin) che
viene compreso entro le deformazioni come un tensore di rotazioni indipendente
dallordinario tensore di dilatazioni e scorrimenti.
Nella trattazione presente, come del resto nella quasi totalit dei testi sullo
argomento, faremo riferimento al solo modello di Cauchy che stato, e resta, un
costrutto estremamente utile e foriero di risultati efficaci in tutte le applicazioni.
5.2 Le tensioni
5.2.1 Il vettore tensione
Le caratteristiche della sollecitazione descritte nel paragrafo 3.3 sono un caso
particolare di tensione interna che si ascrive al caso pi generale qui di seguito
trattato.
Il corpo in esame sia in equilibrio in una configurazione B. Ad esso sono
applicate le forze di volume b (x) in punti interni e p (x) sul contorno B.
Alcune parti del contorno possono essere vincolate e si conviene che sia possibile
sostituire i vincoli con le reazioni vincolari alla stessa maniera che per le travi
studiate in precedenza. La sola differenza risiede nel fatto che le azioni di
contorno sono distribuzioni di forze superficiali1 . Nellipotesi che il corpo sia in
1 In particolare occorre esplicitamente riflettere sul fatto che nello studio dei corpi tridi-
mensionali il contorno costituito da superfici. Esistono altre descrizioni di corpi solidi che
prevedono di trascurare alcune dimensioni come abbiamo visto per la trave. E possibile in-
fatti considerare solamente due dimensioni trascurando la terza nei solidi sensibilmente piatti.
E infine possibile trascurare due dimensioni rispetto ad una terza ed ottenere le travi. La
differenza tra i modelli strutturali cos ottenuti risiede tra laltro nel fatto che: nel caso di corpi
piatti il contorno costituito da linee. Nelle travi la frontiera costituita da punti isolati.
In tutti e tre i modelli su esposti si prevede lesistenza di forze di contorno, queste sono
5.2. LE TENSIONI 103
equilibrio occorre che ogni sua parte sia in equilibrio soggetta alle sole azioni
direttamente applicate ad essa. Riferendoci alla figura 5.7 si consideri la parte
di struttura, B I , ottenuta mediante il taglio indicato con , definiamo tensione
linsieme di forze superficiali, t (x), che occorre applicare nei punti di affinch
siano soddisfatte le equazioni di equilibrio di B I . E chiaro che se effettuiamo un
taglio nella struttura secondo la superficie diversa dalla precedente ricaveremo
una distribuzione t (x) diversa dalla precedente. Il postulato di Cauchy afferma
che il valore della tensione in P dipende dalla geometria della superficie di
separazione solamente attraverso la normale a in P . Ci equivale a dire che la
tensione una grandezza locale nel senso che essa dipendente dalla superficie
, attraverso la minima informazione2 capace a descrivere in un intorno di
P . La tensione, ricavata in dipendenza della generica normale n, si indica con
tn (x) e viene interpretata come il vettore densit di forza superficiale agente
sul piano di normale n passante per P . La tensione tn (x) ha il carattere di
interazione nel senso che possibile individuare per il punto P due orientamenti
della normale ad ogni giacitura (piano per P ). Questi orientamenti individuano
le due possibili orientazioni della superficie che costituisce frontiera di B I e
di B II . Si conviene di considerare sempre la normale uscente dalla porzione
di solido del quale si saggi lequilibrio. Da semplici considerazioni di equilibrio
risulta tn (x) = tn (x). Le componenti cartesiane del vettore tensione tn (x)
sono:
tn1 (x)
tn2 (x)
tn3 (x)
Oltre che rispetto agli assi del riferimento, il vettore tn (x) pu essere decom-
posto rispetto ad una terna di riferimento locale centrata in P , formata dalla
normale n alla giacitura e da due direzioni ortogonali, m e l, appartenenti al
piano perpendicolare a n.
x2
tn
tn2 dx2
3
tn1
13 31
1
tn3
12 32 x1
21 23
dx3
2
x3 dx1
Figura 5.2:
dS1 = dS (e1 n) = dS n1
dS2 = dS (e2 n) = dS n2 (5.5)
dS3 = dS (e3 n) = dS n3
forze per unit di superficie, forze per unit di lunghezza e forze concentrate in dipendenza
delle dimensioni del contorno. Inoltre nelle strutture per le quali si trascura una dimensione,
a differenza del continuo tridimensionale,si possono presentare anche coppie di contorno che
rappresentano il momento risultante, sulle dimensioni contratte, delle azioni di contorno come
avviene per la trave in cui il momento flettente il momento risultante delle effettive forze
superficiali presenti sulle basi delle quali si tiene conto solamente in via globale, poich si
ricondotta la base ad un solo punto.
2 Un pi elementare modo di legare la tensione al punto P quello di farla dipendere
solamente dalla posizione di P e non dal carattere della frontiera del taglio in P . In questa
ipotesi, pi semplice, si ottiene un valore della tensione puntuale indipendente dalla normale
al taglio e quindi una grandezza che rappresenta bene la pressione statica nei liquidi e nei gas.
5.2. LE TENSIONI 105
Sulle facce del tetraedro sono applicati i vettori tensione. Per le tensioni
applicate sulle facce del tetraedro di normale e1 , e2 , e3 , le componenti
cartesiane coincidono con le componenti locali. Nel volume, dV , applicata la
forza di volume b = [b1 , b2 , b3 ].
Scrivendo le equazioni di equilibrio alla traslazione nelle tre direzioni coor-
dinate si ottengono le seguenti tre equazioni
dS (1 n1 + 21 n2 + 31 n3 ) + tn1 dS + b1 dV = 0
dS ( 12 n1 + 2 n2 + 32 n3 ) + tn2 dS + b2 dV = 0 (5.6)
dS ( 13 n1 + 23 n2 + 3 n3 ) + tn3 dS + b3 dV = 0
( 1 n1 + 21 n2 + 31 n3 ) = tn1
( 12 n1 + 2 n2 + 32 n3 ) = tn2 (5.7)
( 13 n1 + 23 n2 + 3 n3 ) = tn3
tn = Tn (5.9)
n = Tn n
(5.10)
nl = Tn l
tn
V
Figura 5.3:
tn dS = TndS = (5.13)
V V
(11 , 21 , 31 ) n
= ( 12 , 22 , 32 ) n dS = (5.14)
V ( 13 , 23 , 33 ) n
(11 , 21 , 31 )
= ( 12 , 22 , 32 ) dV = (5.15)
V ( 13 , 23 , 33 )
= TT dV (5.16)
V
Questultima deve essere rispettata in ogni parte V arbitraria del corpo, per
cui lintegrando deve essere nullo identicamente, inoltre, si vedr tra poco, il
tensore T simmetrico per cui, in conclusione, lequazione di equilibrio interno
diventa:
b+T=0 (5.18)
p = Tn (5.19)
Mentre lequazione (5.9) una relazione che definisce la dipendenza del vet-
tore tensione dalla normale n alle giaciture, lequazione (5.19) lequazione di
equilibrio al contorno dellintorno elementare di un punto del contorno del corpo
soggetto a forze esterne applicate siano esse reazioni dei vincoli o forze attive.
A stretto rigore occorre ipotizzare una certa continuit del tensore di tensione
T tale da convergere ad un valore TP , su ogni successione di punti interni al
corpo che convergano al punto P del contorno.
Lequazione (5.18) insieme alle condizioni al contorno (5.19) costituisce il
sistema delle equazioni differenziali di equilibrio di un solido continuo.
Il sistema delle forze e delle relazioni di vincolo applicate ad un punto del
contorno ben posto se si fissa soltanto una delle due quantit possibili forza o
spostamento; si possono presentare i casi seguenti:
Vincolo fisso: la componente dello spostamento in direzione r vinco-
lata ad essere nulla, la forza applicata ha componente nella direzione r
incognita essa rappresenta la reazione del vincolo.
Vincolo cedevole: la componente dello spostamento in direzione r fissata
ad un valore non nullo, per la reazione vincolare la situazione uguale alla
precedente.
Vincolo cedevole dipendente dalla reazione: la componente in direzione
r dello spostamento vincolato funzione della reazione vincolare cos che
si possa esprimere ur = f (pr ); un caso particolare di questi cedimenti
quello elastico lineare in cui ur = kpr , con k costante elastica caratteristica
del vincolo, in tal caso nessuna delle due quantit nota esplicitamente
ma esiste una equazione di correlazione tra di esse.
108 CAPITOLO 5. TENSIONE ED EQUILIBRIO
33
32
31 23
21 22
22 13
x3
11 12
23 21
31
32
33
x2
x1
Figura 5.4:
ij = ji (5.22)
valido per ogni coppia di indici. Lequazione cos ottenuta prende il nome di
propriet di simmetria delle tensioni tangenziali e sconta lipotesi di assenza di
coppie di volume nellinterno del solido. Essa, inoltre garantisce la simmetria
del tensore di tensione .
5.3. PROPRIET DELLA TENSIONE 109
Le equazioni di equilibrio fin qui ricavate, insieme alle equazioni che coin-
volgono deformazioni e spostamenti, costituiscono un sistema di equazioni dif-
ferenziali che nel complesso coinvolgono tutte le grandezze significative della
meccanica dei solidi.
Esiste la necessit di collegare il mondo della cinematica e quello della sta-
tica in modo da accoppiare le grandezze fin qui descritte. Allo scopo occorre
introdurre alcune considerazioni sul carattere del materiale di cui costituito
il solido, che per ora non ha avuto alcun ruolo e che invece svolge un ruolo
essenziale per definire compiutamente il comportamento meccanico strutturale.
(T + I) n = 0 (5.23)
3 + I1 2 + I2 + I3 = 0 (5.24)
I1 = 11 + 22 + 33
I2 = 11 22 11 33 22 33 + 212 + 213 + 223 (5.25)
I3 = det (T)
I1 ( 11 + 22 + 33 )
= = (5.26a)
3 3
La parte idrostatica di T pari a
0 0
= I = 0 0 (5.27)
0 0
1
J2 = ( I II )2 + (I III )2 + (III II )2 (5.29)
6
In termini delle componenti di T :
5.4. UNAPPLICAZIONE: LA TRAVE DI EULERO BERNOUILLI 111
1
J2 = (11 22 )2 + (11 33 )2 + ( 33 22 )2 +
6
+ 212 + 213 + 223 (5.30)
La quantit 6J2 detta intensit della tensione tangenziale ed assunta
come misura dello stato di sforzo nei confronti della resistenza delle strutture in
molti criteri di verifica.
Si pu dimostrare che gli autovettori di D coincidono con gli autovettori di
T cio le direzioni principali del deviatore di tensione coincidono con quelle del
tensore di tensione.
z
w(z) w(z=L)
x
y
u=0
v=0
w = w(z)
Il tensore della deformazione si determina attraverso le derivate dello sposta-
mento4 :
u 1 1 u v 1 u w
x = x =0 2 xy = 2 y + x =0 xz = 2 z + x = 0
E=
xy = 0 y = v
=0 yz = 1 v
+ w
=0
y 2 z y
w
xz = 0 yz = 0 z = z
(5.31)
Nel caso di variazione lineare delle deformazioni lungo z, si pu integrare la
terza delle (??) ottenendosi
z = cz + c0
# cz 2 (5.32)
w (z) = z dz = + c0 z + w0
2
4 A rigore dimostreremo pi avanti che una deformazione monoassiale quale quella riportata
non compatibile con la tensione monoassiale che sar dedotta di seguito. In questo risiede
una delle approssimazioni della trattazione come svolta in questo paragrafo
5.4. UNAPPLICAZIONE: LA TRAVE DI EULERO BERNOUILLI 113
Dalle condizioni ai limiti che si possoo dedurre dalla figura 5.5 si ricavano le
costanti di integrazione:
w0 = 0
w (0) = 0
cL2
w (L) = wL + c0 L = wL
2
Si nota che non possibile definire tutte le costanti dalla sola conoscenza
delle relazioni in spostamento.
nl = (nx , ny , 0)
il vettore delle forze di contorno sulla superficie laterale risulta:
0 0 0 nx 0
pnl = 0 0 0 ny = 0
0 0 z 0 0
Il vettore p sulla base z = 0 si otiene considerando il versore normale dato da
n0 = (0, 0, 1)
da cui
0 0 0 0 0
pn0 = 0 0 0 0 = 0
0 0 z 1 z
Sulla base z = L si ha
nL = (0, 0, 1)
da cui
0 0 0 0 0
pnL = 0 0 0 0 = 0
0 0 z 1 z
114 CAPITOLO 5. TENSIONE ED EQUILIBRIO
z = Ez (5.35)
in questo modo lespressione dello sforzo normale si pu mettere in relazione
con la deformazione:
N = EAz (5.36)
Sostituendo la (5.36) nella (5.34) e considerando lespressione della defor-
mazione (5.31), si ottiene la equazione di equilibrio in termini di spostamenti
della trave.
d2 w
EA = qz (5.37)
dz 2
N z2 dqz z3
w (z) = w (0) + z q |
z z=0 + + ... (5.40)
EA z=0 2!EA dz z=0 3!EA
Dal confronto tra la (5.40) e la (5.32) si nota come nel caso di carico assiale
distribuito costante risulta
qz |z=0
c= (5.41)
EA
N
c0 = (5.42)
EA z=0
Esercizio
Consideriamo una trave con estremi bloccati e soggetta a carico uniforme assiale
(fig 5.6)
Lo spostamento assiale della struttura espresso dalla (5.40) dove il termine
dq
in dz = 0 cancellato:
N z2
w (z) = w (0) + z qz |z=0 (5.43)
EA z=0 2!
Lequazione (5.43) contiene incognito il valore dello sforzo normale per z = 0,
lo spostamento del primo estremo nullo cosi come quello del secondo estremo.
Le condizioni di vincolo porgono:
w (0) = 0 (5.44)
NL L2 qz L
w (L) = qz |z=0 N|z=0 = (5.45)
EA 2!EA 2
qL
La trave quindi soggetta ad una forza iniziale di trazione pari a 2 e una
forza finale, pari a
qz L qz L
Nz=L = EAw (z) = Nz=0 qz z = qz L = (5.46)
2 2
di compressione.
Lo sforzo normale varia linearmente con z e la trave, che risulta iperstatica
stata compiutamente risolta.
116 CAPITOLO 5. TENSIONE ED EQUILIBRIO
A B
L
Figura 5.6:
Capitolo 6
6.1 Introduzione
Si vuole qui dimostrare unimportante equazione di equilibrio in tutto equiva-
lente alle equazioni (5.19) e (5.18) che, espressa in forma integrale, permette di
legare le grandezze statiche e cinematiche. Inoltre, tale equazione pu essere ad-
operata per dare origine ad una formulazione variazionale dellequilibrio; infatti
si pu partire dalla equazione dei lavori virtuali per riconoscere che la formu-
lazione dellequilibrio meccanico deriva da un procedimento di ricerca di minimi
e massimi di opportune funzioni delle tensioni, delle deformazioni e dei carichi.
u := [
u u] , 1 (6.1)
Nella definizione (6.1) compresa quella data nel paragrafo 3.4.1 con riferi-
mento ai soli moti rigidi.
117
118 CAPITOLO 6. IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI
Tn=0 (5.19)
T+b=0 (5.18)
3
T : E = tr1 (TE) = ij ij =
i,j=1
11 11 + 22 22 + 33 33 +
2 12 12 + 2 23 23 + 2 13 13
6.2. TEOREMA DEI LAVORI VIRTUALI 119
( 11 u1 ) ( 12 u2 ) ( 13 u3 )
+ + +
x1 x1 x1
( 12 u1 ) ( 22 u2 ) ( 23 u3 )
(Tu) = + + + + =
x2 x2 x2
( 13 u 1) ( 23 u2 ) (33 u3 )
+ + +
x3 x3 x3
11 12 13 u1 u2 u3
u1 + u1 + u1 + 11 + 12 + 13 +
x1 x2 x3 u x 1 x 1 x1
12 22 23 1 u 2 u 3
= + u2 + u2 + u2 + + + 12 + 22 + 23 + =
x1 x2 x3 x2 x2 x2
13 23 33 u1 u2 u3
+ u3 + u3 + u3 + 13 + 23 + 33
x1 x2 x3 x3 x3 x3
= Tu + T : T u (6.6)
(Tu) dV = Tu n dS = Tn u dS = p u dS (6.8)
B B B B
genza di un campo vettoriale pari allintegrale, sulla frontiera del dominio, del flusso del
campo vettoriale stesso. Nel nostro caso il campo vettoriale in questione quello risultante
dal prodotto Tu da cui:
B
(Tu) dV = Tu ndS
120 CAPITOLO 6. IL PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI
(T + T) + b + b = 0 T + b = 0
T n = p
- .
1 T
E u + u : TdV = (6.11)
B 2
1
E : TdV u + uT : TdV = 0
B B 2
1
u + uT : TdV = u : TdV =
B 2 B
= T n udS T udV =
B B
= p udS + b udV
B B
Il legame costitutivo
7.1 Introduzione
Nei capitoli precedenti abbiamo descritto le grandezze dalle quali dipende il com-
portamento meccanco delle strutture. Queste gandezze sono state analizzate con
riguardo alle loro propriet geometriche e statiche senza fare alcuna riflessione
sulla natura del materiale che costituisce le strutture in istudio. I corpi reali
sono costituiti da materia che influenza il modo di comportarsi nei confronti
delle sollecitazioni. In particolare la materia che costituisce i corpi individua le
interrelazioni che coinvolgono le tensioni e le deformazioni in maniera da perme-
ttere di collegare i due concetti e di accoppiare le equazioni cinematiche e quelle
di equilibrio. Gli studi pi moderni, in merito a siffatte leggi di accoppiamento,
fanno riferimento ad alcuni comportamenti paradigmatici i quali costituiscono
modelli tipici che possono essere presenti in varia misura nella descrizione dei
materiali reali, in fasi distinte o contemporaneamente.
La via seguita in questi appunti per dedurre le leggi costitutive quella di
assegnare un comportamento fenomenologico alla legge di correlazione tensione
deformazione senza indagare le intime ragioni alla scala atomica e molecolare
che ne sono a fondamento. Una formulazione particellare, nata da studi di
Navier e Cauchy, fu abbandonata dallo stesso Cauchy perch, non perfettamente
coerente, dava origine ad alcune contraddizioni. Molto di recente, in special
modo a partire dalla necessit di studiare materiali effettivamente non continui
anche alla scala macroscopica1 , tali teorie particellari hanno ricevuto una certa
1A partire da un modello particellare della materia, costituita da atomi e molecole, es-
iste una scala di osservazione del materiale alla quale non si pu pi accettare un modello
costitutivo continuo. Tuttavia, alle ordinarie scale di osservazione delle strutture possi-
bile considerare come un continuo la maggior parte dei materiali con buona approssimazione.
Negli ultimi anni, per i materiali compositi, porosi, granulari, tale modellazione, non fornendo
completamente la descrizione del comportamento alla scala della microstruttura, stata com-
pletata dalla ricerca di opportune tecniche di omogeneizzazione. Queste cercano di dedurre le
leggi del continuo, valide alla scala della struttura, a partire dallo studio della microstruttura
nella scala dellintorno elementare.
Un ulteriore campo di indagine ancora aperto quello della modellazione dei microcom-
121
122 CAPITOLO 7. IL LEGAME COSTITUTIVO
max E
e C D
p B
o
r max
attenzione.
Numerosi esperimenti mostrano con una certa chiarezza che la corretta cor-
relazione tra enti forza e enti cinematici deve essere ricercata tra la tensione
e la deformazione pura. La legge di correlazione tra deformazione e tensione
pu assumere una forma anche molto complessa e dipendere in maniera pi o
meno marcata dalla storia delle sollecitazioni subite dal materiale. E impor-
tante notare esplicitamente che gli esperimenti per quanto acuratamente eseguiti
sono sempre condotti su elementi finiti di dimensioni assegnate e pertanto non
forniscono indicazioni in merito al materiale, ma piuttosto in merito alle strut-
ture costituite da un certo materiale. Solamente nella ipotesi che i campi di
deformazione e tensione, provocati nellesperimento, siano uniformi in tutto il
campione analizzato si pu, con ragionevole certezza, affermare che i risultati si
riferiscono al materiale.
In generale, una legge tensioni deformazioni possieder un tratto iniziale nel
quale il comportamento pu essere approssimato abbastanza bene da una retta.
Tale tratto iniziale avr ampiezza pi o meno marcata in dipendenza di propri-
et del materiale; negli acciai la fase lineare generalmente molto ampia, essa
presente nella quasi totalit dei metalli. La fase lineare generalmente carat-
terizzata dalla perfetta reversibilit delle azioni. Seppure la reversibilit non sia
affatto collegata alla linearit della legge tensioni deformazioni, inquanto si pu
prevedere in astratto un materiale, con legame lineare ma, non perfettamente
reversibile, nella realt un primissimo tratto del legame tesioni deformazioni
presenta sempre il carattere di reversibilit. Questo fatto implica che dopo
o
u
nella quale si riconosce come il terzo membro sia un lavoro interno degli in-
crementi di deformazione per le corrispondenti tensioni. Allo scopo si pu
confrontare la precedente relazione con lequazione (6.2) nella quale, per, le
grandezza tensione e deformazione non erano correlate e non comparivano luna
come effetto e laltra come causa in una deformazione effettiva. Per molti stu-
diosi la relazione (7.2) costituisce la vera definizione di tensione dalla quale si
7.2. ENERGIA DI DEFORMAZIONE E POTENZIALE ELASTICO 125
o
u
d () = d + d = dw + dwc (7.3)
E1 3 3
wc wc
Wc = dij = ij dij ij = (7.4)
E0 i,j=1
ij i,j=1
ij
1
w = u u (7.5)
2
nella quale u e u sono i valori al termine del processo di deformazione.
Lespressione (7.5) afferma che in un materiale lineare il potenziale elastico
il prodotto dei valori finali di e diviso 2.
126 CAPITOLO 7. IL LEGAME COSTITUTIVO
T = QT TQ
(7.10)
E = QT EQ
quindi la (7.8) diventa
QT QT = T =C [E] = C QE QT (7.11)
da cui premoltiplicando per QT e postmoltiplicando per Q si ha
T = QT C QE QT Q (7.12)
In notazione indiciale la precedente relazione diviene
Cpqrs = Cijhk qpj qqi qsk qrh (7.14)
Le componenti del tensore nel nuovo riferimento sono, in generale, diverse
da quelle nel vecchio riferimento.
Indipendentemente dal tipo di materiale, lintegrabilit del potenziale w im-
pone che ij sia un gradiente, quindi deve essere rispettata la seguente simmetria
maggioredi Cijhk che deriva dal teorema di Swartz:
ij hk
= , Cijhk = Chkij (7.15)
hk ij
che deve valere in qualunque riferimento.
La (7.15) unitamente alle simmetrie minori implica che il numero di costanti
indipendenti della forma (7.8), in un continuo di Cauchy, siano 21.
22
22 =
y 11
11
x =
11
x =
11 11
11
=
x
22 22
=
y
Provino a) Provino b)
Figura 7.4: Due cubetti dello stesso materiale e orientamento diverso hanno le
tensioni uguali ma ruotate in risposta a deformazioni uguali ma ruotate
1 1
w = k1 (I1 )2 + k2 I2 = k1 (11 + 22 + 33 )2 +
2 2
k2 (11 22 22 33 11 33 + 12 21 + 13 31 + 23 32 ) (7.16)
dove si deve tenere distinto il contributo dei due termini ij ji per tenere conto
della differenza tra i significati delle tensioni tangenziali corrispondenti, pur
avendo esse valore coincidente.
Dalla definizione di tensione si ha
w
11 = = k1 11 + k1 22 + k1 33 k2 22 k2 33 (7.17)
11
7.3. LEGAME ELASTICO LINEARE 129
22
22 =
y 11
11
x =
11
x =
11 11
11
=
x
22 22
=
y
Provino a) Provino b)
Figura 7.5: Due cubetti dello stesso materiale ma orientati in maniera diversa
offrono diverse risposte, ci spesso dovuto alla microstruttura del materiale
11 = 22
(k1 k2 )
22 = 33 (7.24)
(k2 2k1 )
(2k1 k2 )
33 = 33
k2 (3k1 2k2 )
11 = 22
22 = 33 (7.25)
33
33 =
E
E bene ricordare che questultima espressione ricavata in regime monoas-
siale.
Le costanti elastiche appena ricavate, costituiscono le grandezze che pi di
frequente sono determinate mediante le prove di laboratorio volte alla definizione
dei parametri elastici di un materiale. Per questo motivo utile ed interessante
correlare le costanti introdotte nella relazione (7.16) attraverso queste ultime.
k2
Le due costanti e (k1 k2 ) sono dette prima e seconda costante di Lam e
2
si indicano, rispettivamente, con i simboli: e . Ricavando k1 e k2 in funzione
di e e sostituendo nella (7.24) si ha:
(2 + 3)
E= (7.26)
+
= (7.27)
2 ( + )
Nel caso in cui sia presente una sola tensione tangenziale la (7.16), ricordando
che lo scorrimento tra due assi, ij , pari a ij = 2ij , diventa:
ij = 2k2 ij = ij (7.28)
Si riconosce che la costante rappresenta il rapporto tra la tensione tan-
genziale e lo scorrimento ad essa direttamente correlato. Per questo motivo
7.3. LEGAME ELASTICO LINEARE 131
T = 2E + I (7.29)
ij = 2ij + ij ll (7.30)
1
11 = [ 11 ( 22 + 33 )] (7.31)
E
1
22 = [ 22 ( 11 + 33 )]
E
1
33 = [ 33 ( 22 + 11 )]
E
12 13 23
12 = , 13 = , 23 =
Direzioni principali
Il tensore di deformazione e il tensore di sforzo ottenuto da questo tramite un
legame isotropo hanno le stesse direzioni principali. Per questo motivo in un
materiale isotropo sufficiente determinare le direzioni principali della tensione
per avere anche quelle della deformazione.
Per verificare laffermazione precedente si pu notare che se si assume come
riferimento quello delle direzioni principali di defromazione il tensore E ha la
seguente espressione:
I
E = II (7.32)
III
il corrispondente tensore di sforzo ottenuto dalle (7.29) :
2I +
T = 2II + (7.33)
2III +
che essendo ancora diagonale anchesso nel suo riferimento principale.
132 CAPITOLO 7. IL LEGAME COSTITUTIVO
Capitolo 8
Il problema dellequilibrio
elastico
Dopo essersi dotati dei tre modelli fondamentali: cinematico, statico e costi-
tuivo, per la determinazione dei campi di spostamento, deformazione, tensione
e reazioni vincolari, occorre assemblare tutte le informazioni e legarle ai dati
costituiti da
133
134 CAPITOLO 8. IL PROBLEMA DELLEQUILIBRIO ELASTICO
dei vettori tensione agenti sui piani cordinati. Nella configurazione deformata, i
piani paralleli ai piani coordinati provengono da piani non paralleli, di norma, a
quelli coordinati e, inoltre, non ortogonali luno rispetto allaltro. In altre parole
quello che in configurazione deformata un cubetto elementare con i lati paral-
leli agli assi, nella configurazione iniziale non n un cubetto n ha i lati paralleli
agli assi. Per questo motivo lespressione dellenergia di deformazione, nel caso di
grandi spostamenti, deve essere modificata portando in conto le trasformazioni
che intervengono tra la geometria deformata e quella indeformata. Da tutto ci
nascono delle complicazioni non soltanto formali, per affrontare le quali occorre
dotarsi di strumenti che esulano dallo scopo delle dispense e del corso. Oltre
a quanto appena detto si deve ricordare che la variazione di deformazione E
presente nellequazione dei lavori virtuali la parte simmetrica del gradiente
della variazione di spostamento u. Essa interpretata come una variazione
della deformazione E, dove questultima la misura della deformazione solo se
la configurazione B prossima alla configurazione deformata.
Nel caso di spostamenti infinitesimi si pu confondere la configurazione in-
iziale con quella finale e considerare la tensione definita sul riferimento iniziale,
inoltre si pu assumere la deformazione come espressa tramite E possibile cos
superare tutte le complicazioni su esposte.
div (T + T) + b = 0 (8.3)
(T + T) n = p (8.4)
Nei punti del contorno su cui applicato il carico, Bf , le forze esterne sono
assegnate per cui deve risultare
Tn=p
su Bf T n = 0 (8.5)
(T + T) n = p
136 CAPITOLO 8. IL PROBLEMA DELLEQUILIBRIO ELASTICO
1
(u) = b udV p udS + ET CEdV (8.8)
B B 2 B
1
c (b, p, T) = b udV p udS + TT C 1 TdV (8.9)
B B 2 B
1 1
w (ud ) = Td : Ed dV = (T1 T2 ) : (E1 E2 ) dV = 0 (8.10)
2 B 2 B
poich deve uguagliare il lavoro virtuale delle forze esterne per gli spostamenti
ud che risulta nullo per ipotesi.
In un materiale iperelastico lineare w una funzione quadratica definita
positiva per cui
(T1 T2 ) : (E1 E2 ) dV = (E1 E2 ) C (E1 E2 ) dV > 0, (E1 E2 ) = 0
B B
(8.11)
pertanto affinch sia valida la (8.10) deve essere (E1 E2 ) = 0, ci equivale al
fatto che le due soluzioni u1 e u2 differiscono per un moto rigido. Se quindi i
vincoli esterni escludono qualsiasi moto rigido le soluzioni sono uguali.
m
1 fi (x) + T fi (x)
E= u (x) + T u (x) = ai (8.14)
2 i=1
2
1
W = E : CEdx = (8.15)
2 B
m
m
% &
1 fj (x) + T fj (x) fi (x) + T fi (x)
= aj ai :C dx =
2 j=1 i=1 B 2 2
m
m
1
= aj ai kij (8.16)
2 j=1 i=1
I parametri i , costanti con il punto, possono essere portati fuori dagli in-
tegrali. Gli integrali, non contenendo pi incognite, si ricordi che le funzioni fi
sono preassegnate, sono risolti dando luogo a valori definiti.
La parte di che contiene i carichi esterni pu essere scritta come:
m
b udV t udS = ai b f i (x) dV t f i (x) dS = ai Fi
B B i=1 B B
(8.17)
Lespressione dellenergia potenziale totale diventa:
1
= aT Ka + aT F (8.18)
2
nella quale K una matrice contenete i kij gi introdotti nella (8.15) e F il
vettore contenente gli integrali delle fi presenti nel lavoro dei carichi esterni di
volume e di superficie presenti nella (8.17).
La stazionariet di si impone annullandone le derivate rispetto ad a
= Ka + F = 0 (8.19)
a
Questutima equazione unordinario sistema di equazioni lineari algebriche
di facilissima soluzione e che fornisce i parametri di spostamento della struttura.
A ritroso mediante lespressione (8.12) si pu ricostruire lintera approssimazione
del campo di spostamenti e lapprossimazione di deformazioni e tensioni.
Nel caso in cui lapprossimazione (8.12) fatta sullintero corpo il metodo
viene detto delle serie minimizzanti o di Ritz.
alla (8.19). Sotto opportune ipotesi sul tipo di funzioni fi , dette funzioni di
forma, si pu dimostrare che al diminuire della dimensione media degli elementi
la soluzione cos ottenuta converge alla soluzione esatta. Tale procedimento
noto come metodo degli Elementi Finiti.
Questultimo oggi, senza dubbio alcuno, il pi affermato metodo di analisi
non solo per i problemi strutturali ma probabilmente per tutti i problemi della
fisica e non solo.
div T + b = 0
il legame costitutivo lineare
T = 2E + I div u
Ci porta alla seguente equazione
div u + T u + I div u + b = 2 u + ( + ) ( u) + b = 0 (8.20)
Le = P l = E2 dV (8.25)
AL
= E (8.29)
1
= (8.30)
E
entrambe equivalenti, lenergia elastica data da
1 1
W = () dV = EA2 l (8.31)
2 2
3 Si deve intendere che le forze concentrate siano ammissibili per la struttura. Nel caso di
un corpo continuo di Cauchy la forza concentrata pu essere solo interpretata come limite
finito di una distribuzione di forze in una porzione del corpo che tenda a zero.
142 CAPITOLO 8. IL PROBLEMA DELLEQUILIBRIO ELASTICO
e allenergia complementare:
1 1 2
Wc = f x (f ) dV = A l (8.32)
2 2 E
Le energie e c si possono mettere nella forma:
1
= f x + EA2 l (8.33)
2
e
1 2
c = fx + A l (8.34)
2 E
Nella biella, chiamando x lallungamento della biella e f la forza applicata
alla estremit, :
x f
= , = (8.35)
l A
da cui, sostituendo nelle espressioni delle energie,
1 x2
= f x + EA (8.36)
2 l
e
1 f2
c = f x + l (8.37)
2 EA
derivando rispetto a x e a f le due relazioni e uguagliando a zero si ha
EA
f= x (8.38)
l
e
f
x= l (8.39)
EA
che sono le due relazioni che legano forza e spostamento nella biella.
FP
P
uP(P) uP(Q)
FQ
Q
uQ(P) uQ(Q)
Figura 8.1:
T1 : E2 dV = CE1 : E2 dV (8.41)
B B
In questo modo si riconosce che i primi membri della (8.40) sono uguali per
cui
b1 u2 dV + p1 u2 dS = b2 u1 dV + p2 u1 dS (8.43)
B B B B
r12
r1 r2 r1 r3
(3 4) + r2 r2 r2 f1
1 r22
u (x x0 ) = r1 r2
(3 4) + r2 r3
f2
8 (1 ) r r2 r2 r2
r32 f3
r1 r3 r2 r3
r2 r2 (3 4) + r2
(8.45)
dove x il punto generico in cui calcolare lo spostamento, x0 il punto in
cui applicata la forza f = (f1 , f2 , f3 ), r il modulo del vettore x x0 =
(r1 , r2 , r3 ). Lunica forza presente nel volume una forza concentrata nel punto
x0 il contorno del corpo infinitamente distante e non influisce sullequilibrio se
non per una condizione da imporre di decadimento degli effetti con la distanza
dal punto di applicazione della forza per cui risulta, allinfinito nullo sia lo
spostamento che la tensione.
Si consideri una struttura costituita da un corpo finito B caricata da forze
di volume, da forze di superficie e vincolata.
Si ritagli dallo spazio in cui agisce la forza concentrata un dominio della
stessa forma di B e lo si carichi con i vettori tensione, t (x x0 ), agenti sul
suo contorno per ripristinarne lequilibrio.
Applicando il teorema di Betti tra i due solidi si ottiene la seguente equazione:
1u (x0 )+ t (x x0 )u (x) dS = u (x x0 )p (x) dS+ u (x x0 )b (x) dV
B B B
(8.46)
Lequazione (8.46), detta Identit di Somigliana, esprime lo spostamento di
un punto interno alla struttura in indagine, u (x0 ), in funzione della soluzione di
Kelvin, nota, dei campi di spostamento e di forze superficiali del corpo in esame
in parte noti ed in parte incogniti e dei carichi di volume, noti. Al variare del
punto di applicazione della forza concentrata nellinterno del corpo ritagliato,
di forma B, si ottiene lintero campo di spostamento nei punti interni di B.
8.2. FORMULAZIONE DIFFERENZIALE DELLEQUILIBRIO ELASTICO LINEARE145
Nel caso in cui si conoscessero le azioni sul contorno del corpo e tutti
gli spostamenti dei punti del contorno si potrebbe determinare univocamente
lintero campo di spostamento in tutto il corpo e quindi anche le deformazioni
e le tensioni. Questaspetto evidenziato dallidentit di Somigliana permette di
affermare che la conoscenza dei campi di spostamento e di forze al contorno
permette di individuare compiutamente tutto quanto accade in un solido elas-
tico. Da un punto di vista concettuale, ci permette di affermare che tutto e
solo quello che si riesce a misurare tramite losservazione dallesterno permette
di conoscere lintero stato di una struttura elastica.
Lidentita di Somigliana pu essere adoperata anche per determinare i campi
al contorno. Per ottenere questo risultato, infatti, si determina il limite della
(8.46) facendo tendere x0 al contorno del corpo, lidentit si trasforma in unequazione
integrale di contorno nei soli campi di forze e spostamenti al contorno, nota la
quale, attraverso lidentita di Somigiana (8.46) si pu conoscere lintero sposta-
mento del corpo.
La procedura pi articolata di come, semplicemente, esposto, ma offre
innegabili vantaggi in molti casi di analisi strutturale. Essa ha dato origine al
Metodo degli Elementi di Contorno
146 CAPITOLO 8. IL PROBLEMA DELLEQUILIBRIO ELASTICO
Capitolo 9
Travature elastiche
147
148 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
de de
-p -p
p p
-p 10 2<10 3=0 3=0 2<10 10 -p
possibili.
Una volta noti i carichi particolari si pu estendere il risultato in termini
di tensioni a tutti i carichi equivalenti, a meno di una perturbazione intorno
alleffettiva zona di applicazione.
Lo studio di De Saint Venant si limitato agli stati tensionali che abbiano
una preassegnata forma e cio tali che:
x = 0
y = 0 (9.1)
xy = 0
x = z = z
E
y = z = z
E
z
z =
E
xz
xz = (9.2)
yz
yz =
xy = 0
xz
=0
z
yz
div T = 0 =0 (9.3)
z
xz yz z z
+ + = 0 div z =
x y z z
Equilibrio ai limiti
0
Base
1 0 z0 =0 0, 2 caricata da una distribuzione di forze superficiali p =
px , py , pz , la normale uscente n = {0, 0, 1}
xz = p0x
xz = p0x
z = p0z
1 2
Base z = l, caricata da pl = plx , ply , plz , la normale uscente n =
{0, 0, 1}
xz = plx
xz = plx
z = plz
0=0
0=0
xz nx + xz ny = 0, z n
pz < 0
z
z = pz < 0
n
z = -pz < 0
pz > 0
Figura 9.2:
Lo spostamento della trave consista in una rotazione delle sezioni rette intorno
ad un asse, asse neutro, appartenente al piano della sezione. Tale asse sia la
traccia di un piano, piano neutro, parallelo allasse della trave nella sua config-
urazione indeformata. A deformazione avvenuta il piano neuto si deforma in
una superficie cilindrica. Lasse della trave si deforma in una curva piana, che si
mantiene ortogonale alle sezioni rette deformate e appartiene al piano perpen-
dicolare al piano neutro e parallelo allasse della trave detto piano di flessione.
Ne consegue che lo scorrimento tra una qualunque direzione appartenente
al
piano di una sezione e lasse della trave nullo, pertanto z = zx , zy = 0.
La deformazione z lineare nella sezione retta.
Nella generica sezione si fissi il riferimento con asse x coincidente con lasse
neutro n, lasse y ortogonale ad n e coincidente con la traccia del piano di
flessione detta asse di flessione, y = f.
La curva dasse deformata sia rappresentata da una funzione v (z), essa pre-
senta una curvatura pari alla variazione di rotazione tra due sezioni rette della
trave rispetto allascissa curvilinea. Si faccia riferimento alla figura 9.3:
La funzione spostamento dei punti dellasse della trave individuata dalla
dv
tangente in ogni punto che ha angolo di inclinazione1 pari a = arctan
dz
e dalla curvatura, reciproco del raggio di curvatura R, espressa dalla seguente
equazione:
1 Si noti come, per la scelta degli assi effettuata, a spostamento, v, crescente corrisponda
angolo, , orario.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 151
dz
dv
ds
y
w=y
Figura 9.3:
dv dv
d arctan d arctan
1 d dz dz dz
= = = (9.5)
R ds ds dz ds
Si ricordi che lelemento differenziale di ascissa curvilinea :
ds = dz 2 + dv2 (9.6)
da cui, dividendo per dz, si ha:
$ 2
ds dv
= 1+ (9.7)
dz dz
Combinando le (9.5) e (9.7) si pu esprimere la curvatura in funzione dello
spostamento dellasse della trave:
dv d2 v d2 v
d arctan 2 2
1 dz dz dz 1 dz
= = 2 dv 2 = % 2 & 32
(9.8)
R dz ds dv
1+ 1 + dz dv
dz 1+
dz
1 dv d2 v
= 2 (9.9)
R dz dz
Osservando la figura si pu notare ancora che lo spostamento orizzontale, w,
di un punto che non appartiene allasse della trave, se piccolo, si pu valutare a
partire dallangolo di rotazione della sezione retta ponendosi:
w = (z) y (9.10)
da cui si pu ricavare:
w d (z)
z = = y (9.11)
z dz
Lespressione della curvatura si pu interpretare, da un punto di vista squisi-
tamente meccanico ricordando il modello di Eulero Bernoulli 3.22.
Il caso pi semplice da studiare quello che corrisponde ad una deformata a
curvatura costante lungo z. In questo caso la deformazione z risulta costante
anchessa rispetto a z e variabile linearmente con y.
d z
= = c z = cy (9.12)
dz y
z = Ez = Ecy (9.13)
p0z = Ecy
(9.14)
pLz = Ecy
Queste distribuzioni di forze superficiali sulle basi della trave hanno risultanti
pari, rispettivamente:
Sulla base z = 0:
# #
Fz0 = # A p0z dxdy = Ec #A ydxdy = EcSx
M0x = A 0
# pz ydxdy = Ec# A y 2 dxdy = EcIx (9.15)
0 0
My = A pz xdxdy = Ec A yxdxdy = EcIxy
Sulla base z = L:
# #
FzL = # A pL
z dxdy = Ec #A ydxdy = EcSx
2
ML L
x =# A pz ydxdy = Ec #A y dxdy = EcIx (9.16)
L L
My = A pz xdxdy = Ec A yxdxdy = EcIxy
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 153
x
x=n Mx
z
y M My
m
y s
Figura 9.4:
dx = y
dy = x
pertanto
Ixy = dx dy dxdy = xydxdy
A A
154 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
Flessione retta
Sulla trave agisca un momento Mx , di direzione m = x e coincidente con uno
degli assi principali di inerzia della sezione.
Lassenza di sforzo normale implica che la prima delle (9.16) divenga:
EcSx = 0 (9.18)
valida per ogni valore e orientazione di M, da cui si deduce che lasse neutro
n deve passare per il baricentro della sezione. Il fatto che M agisca secondo
un asse principale dinerzia implica che lasse neutro sia anchesso principale e
coincida con m.
Tramite le caratteristiche interne si pu determinare la costante c pari a
Mx
c= (9.19)
EIx
che sostituita nella (9.13) consente di determinare la tensione normale in pre-
senza di flessione retta secondo lasse x:
Mx
z = Ecy = y (9.20)
Ix
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 155
z Mx
z = = y
E EIx (9.21)
Mx
x = y = z = y
EIx
Questa permette di riconoscere che le trasformate dei segmenti con y =
Mx
costante, nel piano della sezione, sono curve di curvatura y.
EIx
La curvatura nel piano di flessione espressa da:
1 Mx
= = v (z) (9.22)
R EIx
Lequazione (9.22) lequazione che determina la deformazione della trave
in termini generalizzati, v , in funzione della tensione generalizzata Mx .
Per avere conferma del fatto che v e M sono gli enti deformazione e ten-
sione generalizzati si pu esplicitare il potenziale elastico della trave inflessa
e verificare che nella sua scrittura compare esplicitamente il prodotto dei due
enti, inoltre si pu fare vedere che il potenziale elastico per unit di lunghezza
dipende, tramite una costante elastica, dal quadrato della deformazione gener-
alizzata.
Il potenziale elastico nel corpo solido tridimensionale, specializzato al caso
di trave inflessa, :
1
w = E2z (9.23)
2
Per cui lenergia di deformazione del cilindro trave :
1 2 1 Mx2 2
W = E z dxdy dz = E y dxdy dz
2 L A 2 L E 2 Ix2 A
1 Mx2 1 Mx 1
= dz = Mx dz = EIx v 2 dz (9.24)
2 L EIx 2 L EIx 2 L
= - dv
dz
P
Q
Mx
= - dv
dz
z
VISTA DEL PIANO X-Y A Z=L
SEZIONE RETTA E DIAGRAMMA DELLE TENSIONI
P +
v=vf Q
Mx Mx
z y=f
x=n
x=n y=f
Figura 9.5: Flessione retta, la trave sollecitata da una coppia con vettore
momento lungo lasse principale dinerzia x. Il piano di flessione il piano y z;
il diagramma delle tensioni rappresentato nel piano della sezione retta, esso
variabile linearmente con y.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 157
Flessione deviata
Chiamiamo flessione deviata il caso in cui il momento non agisca secondo un asse
principale dinerzia. In questo caso possibile scegliere il riferimento baricen-
trico e coincidente con il riferimento principale dinerzia della sezione. Quindi si
decompone il momentro agente secondo due assi principali dinerzia. Nel caso
di materiale elastico lineare ed isotropo che stiamo considerando possibile
invocare il principio di sovrapposizione degli effetti nel senso che possibile am-
mettere che leffetto del momento, somma delle sue componenti, coincida con la
somma degli effetti prodotti dalle due componenti del momento separatamente.
In questo caso si pu valutare la tensione normale effettuando la somma:
Mx My
z = y x (9.25)
Ix Iy
dove il segno al secondo contributo legato al fatto che un momento My
positivo comprime i punti con x positiva.
Lequazione dellasse neutro risulta:
Mx My
y x=0 (9.26)
Ix Iy
dalla quale si pu valutare langolo formato con lasse x
y Mx Iy
tan = = (9.27)
x Ix My
Si vede che langolo non coincide con langolo formato dallasse del
momento con lasse x, infatti lequazione dellasse m
My x Mx y = 0 (9.28)
per cui
My
tan 3
mx = tan = (9.29)
Mx
Lasse di sollecitazione s perpendicolare allasse momento, i suoi punti
soddisfano lequazione:
158 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
(x, y) s Mx x + My y = 0 (9.30)
My Mx
y+ x=0 (9.31)
Iy Ix
Lasse neutro e lasse di sollecitazione costituiscono una coppia di assi coni-
ugati rispetto allellisse dinerzia della sezione di equazione:
x2 y2
2
+ 2 =1 (9.32)
y x
dove 2y e 2x , raggi dinerzia intorno agli assi y e x, sono i raggi dellellisse distesi
sugli assi x e y rispettivamente in accordo con la (3.65).
Attraverso le formule (9.17), particolarizzate nel riferimento n e f , la tensione
normale si pu esprimere nel seguente modo
Mn
z = dn (9.33)
In
dove per evitare confusione si esplicitata la dipendenza dalla componente del
momento lungo lasse n, Mn , del momento dinerzia intorno ad n, In, e delle
distanze da n, dn .
Nella figura 9.6 riportata una sezione di una trave sollecitata dal momento
flettente M ; perpendicolarmente al momento flettente, passante per il baricentro
della sezione si individua lasse di sollecitazione s. Lasse s coniugato allasse
neutro nellantipolarit governata dallellisse dinerzia. Lasse n si determina
come luogo degli antipoli delle rette del fascio parallelo a s. La retta s paral-
lela ad s, passante per uno degli estremi di un diametro principale dellellisse
dinerzia in P , ha lantipolo nellintersezione dellantipolare di P e dellantipolare
di Q. Lantipolare di P parallela al diametro principale orizzontale e passa per
il punto P simmetrico di P . Lantipolare di Q parallela al diametro verticale
(Q appartiene al diametro orizzontale) e dista dal baricentro della quantit d
tale che
|xQ | xQ = 2x
per cui si pu costruire il triangolo retangolo che ha altezza pari a x e un cateto
che si proietta su xQ . Lipotenusa del triangolo ha dimensione |xQ | + xQ da cui
si determina xQ .
Il diagramma delle tensioni rappresentato dalla funzione lineare nella dis-
tanza dallasse neutro dn misurata lungo lasse f; questo somma dei due dia-
grammi ottenibili considerando separatamente leffetto delle due flessioni rette
prodotte da Mx e My .
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 159
Area: 2282.0000
Perimeter:
Bounding box:
645.3982
X: -40.0000 -- 40.0000 + My
x
Y: -90.0000 -- 90.0000 Iy
Centroid: X: 0.0000
Y: 0.0000
Moments of inertia: X: 11039282.5590
-
Y: 556615.6520
Product of inertia: XY: 0.0000
Radii of gyration: X: 69.5525
Y: 15.6178
Principal moments and X-Y directions about centroid:
I: 556615.6520 along [0.0000 -1.0000] Mx
J: 11039282.5590 along [1.0000 0.0000]
P - Ix y
x Mx Q' Q
My f
M s'
s +
P'
n y
+
Mn
In dn = Mx My
Ix y - Iy x
Figura 9.6: Flessione deviata, lasse del momento individua lasse di sol-
lecitazione s, questo coniugato allasse neutro. Il diagramma delle tensioni
z somma dei due diagrammi dovuti a Mx e My .
160 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
Mx = N ey
My = Nex
z
N
x=
My
Mx s
ey
C G
ex
n
y=
z > 0
z = N/A
z < 0
Figura 9.7: Sezione tensoinflessa con il diagramma delle z riportato nel piano
della sezione
2
1 1 1 N Mn
W = z z dAdz = + dn dAdz =
2 L A 2 E A In
% 2 L A 2 &
1 1 N Mn N Mn
= + dn + 2 dn dAdz =
2 L AE A In A In
1 N2 1 Mn2 2 1 N Mn
= dz + dz dn dA + dz dn dA =
2 L EA 2 L EIn2 A 2 L EA In A
N 2 L Mn2 L
= + +0 (9.37)
2EA 2EIn
1 # N Mn #
Il termine di lavoro di scambio dz A dn dA nullo perch pro-
2 L EA In
porzionale al momento statico rispetto allasse n baricentrico.
Si pu vedere che la scrittura delle equazioni di congruenza equivale alla
applicazione del principio di stazionariet dellenergia complementare totale,
infatti gli sforzi interni sulla struttura dipendono linearmente dalla reazione iper-
statica RB , le variazioni di sforzo in equilibrio con i carichi esterni corrisponde
al diagramma dei momenti che si ottiene al variare della reazione iperstatica RB
(Figura 3.26).
M (RB ) = M0 + RB M
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 163
dove M0 il momento sulla struttura resa isostatica prodotto dal carico esterno
e M il momento flettente prodotto da una forza RB = 1 applicata in B
(Figura 3.27).
Lenergia complementare totale si pu scrivere in funzione di M (RB ) ri-
cordando lespressione (9.24) e che per la linearit del legame elastico risulta
w = wc :
L 2
1 (M0 + RB M )
c = dz RB vB
2 0 EI
La stazionariet di c si impone uguagliando a zero la derivata rispetto a
RB di c :
L
dc 1 2M (M0 + RB M )
= dz vB = 0 (9.38)
dRB 2 0 EI
Poich vB lo spostamento del punto vincolato esso prescritto ed in par-
ticolare nellesempio trattato nullo. Lequazione precedente si traduce nella
equazione:
L
L
L
M (M0 + RB M ) M M0 M 2
dz = 0, = dz + RB dz = 0 (9.39)
0 EI 0 EI 0 EI
I due integrali a primo membro nella seconda equazione hanno una interpre-
tazione fisica:
Il primo integrale il prodotto scalare di una sollecitazione M per la cur-
M0
vatura e pu essere interpretato come il lavoro virtuale di M per la cur-
EI
M0
vatura virtuale 3 , per il principio dei lavori virtuali esso uguaglia il lavoro
EI
esterno compiuto dalle forze in equilibrio con M per gli spostamenti congruenti
M0 M0
con . M in equilibrio con RB = 1, la curvatura congruente con
EI EI
la deformata prodotta dal carico esterno sulla struttura 3.26. Si pu affermare
quindi che:
L
M M0
1 vF (B) = dz
0 EI
In maniera analoga si ragiona sul secondo integrale e si riconosce il lavoro
virtuale interno che le forze nello schema isostatico caricato dalla sola reazione
RB = 1, in equilibrio con M , compiono per uno spostamento virtuale pari a
M
quello prodotto dalla stessa RB = 1, congruente con la curvatura .
EI
L 2
M
1 vRB =1 (B) = dz
0 EI
3 La virtualit risiede nel fatto che la curvatura deriva da uno spostamento infinitesimo e
L
L
M1 M0 M12
1 vF (B) + RB 1 vRB =1 (B) = dz + RB dz = 0 (9.40)
0 EI 0 EI
s2 s3
v0 (s) = v1 1 s + v (0) + v (0) (9.41)
2 6
dove si sono indicati con v1 e 1 lo spostamento e la rotazione del primo estremo
della trave.
Esprimendo la condizione che allascissa s = L lo spostamento e la rotazione
assumano i valori v2 e 2 rispettivamente si pu ricavare:
41 + 22 6 (v2 v1 )
v (0) =
L L2
6 (2 + 1 ) 12 (v2 v1 )
v (0) =
L2 L3
Sostituendo queste ultime nella (9.41) otteniamo la seguente espressione:
- s 2 s 3 . - s 2 s 3 .
0 s
v (s) = 1 3 +2 v1 + L 2 + 1 +
L L L L L
- 2 s 3 . - s 2 s 3 .
s
3 2 v2 + L + 2 (9.42)
L L L L
Nella equazione precedente evidente che lo spostamento dipende linear-
mente dai valori nodali di spostamento e rotazione e varia lungo lasse della
trave attraverso le quattro funzioni polinomiali in s che sono dette funzioni di
forma dello spostamento.
La deformata di una generica trave si pu comporre della deformata v 0 (s) e
di una deformata particolare dovuta ai carichi. Per non alterare la dipendenza
dagli spostamenti dei nodi dalla sola parte omogenea v 0 (s), si pu scegliere
come integrale particolare la deformata della trave a nodi bloccati (incastrata).
Essa dipende dal carico applicato lungo lasse della trave e nel caso che questo
sia uniforme data da:
qL2 s2 qL s3 q s4
v (s) = + (9.43)
12EI 2 2EI 6 EI 24
Si pu notare che la deformata (9.42) si compone di quattro contributi og-
nuno dei quali corrispondente ad un solo spostamento nodale non nullo. In
definitiva la deformata di una trave la combinazione lineare di quattro defor-
mate di tipo nodale pi una deformata, a nodi incastrati, funzione del carico
esterno applicato. Al variare del vettor d = (v1 , 1 , v2 , 2 ) in 4 si ottengono
tutte le possibili deformate.
166 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
Chiamiamo F il vettore delle funzioni di forma cos che sia possibile es-
primere
- . - . - . - .
v1
d2 F 6 12s 4 6s 6 12s 2 6s 1
o
= d = Bd = 2+ 3 , , 2 3 ,
v2
ds2 L L L L2 L L L L2
2
(9.45)
e la derivata seconda di v (s) pari a
d2 v (s) qL2 qL q s2
= = s + (9.46)
ds2 12EI 2EI EI 2
Mediante le espressioni fin qui ricavate si voglia esprimere lenergia di defor-
mazione flessionale della trave.
L
L
1 2 1
W = EI [v (s)] ds = EI (o )2 + ( )2 + 2o ds
2 0 2 0
L
1 2 1
= EI (B d) (B d) + ( ) + 2 (B d) ds = dT EIBT Bdsd+
2 0 2
L
1
+ qv (s) ds + 0
2 0
1 1
= dT Kd+ qv (s) ds q v0 (s) + v (s) ds dT F (9.49)
2 2
1 T T 1
= d Kd d qFds qv (s) ds dT F (9.50)
2 2
in principio che gli spostamenti della struttura siano costituiti dal solo termine
v0 (s).
Lequazione (9.51) esprime lequilibrio tra eventuali forze applicate ai nodi
della trave e le azioni interne e dei carichi. Nellottenere la (9.51) si tenuto
conto del fatto che i termini in v (s) non dipendono dai parametri della config-
urazione d.
Congruenza globale Finora non si tenuto conto del fatto che la struttura
globalmente congruente nel senso che gli spostamenti di estremit di due o
pi travi connesse tra di loro non sono indipendenti. Infatti se in un nodo
concorrono pi aste rigidamente collegate le rotazioni nodali devono coincidere
e gli spostamenti nodali essere tali che le componenti trasversali per le singole
travi devono rispettare la cinematica consentita dalle altre, ad esempio in un
nodo con aste perpendicolari lo spostamento trasversale delluna deve essere
coincidente con lo spostamento assiale dellaltra e viceversa.
La congruenza globale fa s che non tutte le componenti dei de siano dis-
tinte ed indipendenti sicch le equazioni (9.54) contengono meno incognite ef-
fettive della dimensione 4n che rappresenta la dimensione dellunione dei de .
Effettuando il cambio di variabili per passare dallo spazio dei de a quello delle
incognite indipendenti a si deve riordinare il sistema (9.54).
Questa operazione coincide con lo scrivere esplicitamente lequilibrio di ogni
nodo strutturale nella direzione dello spostamento soggetto alle azioni trasmesse
dalle travi che vi concorrono. Infatti si pu riconoscere che, per ogni trave
concorrente in un nodo, il generico termine del prodotto
rappresenta la forza esplicata dal nodo sulla trave per effetto di uno sposta-
mento nodale j esimo, il corrispondente Fe0i la reazione nodale al carico
applicato, infine il termine Fei leventuale forza (o coppia) applicata diret-
tamente sul nodo. Per ogni nodo, in conclusione, lequazione (9.54) equivale
ad una equazione di equilibrio in cui si uguaglia la somma delle azioni nodali
esercitate sulle travi con il carico eventualmente applicato al nodo stesso (che
in particolare pu essere nullo).
Per i sistemi di travi, travature, la scrittura diretta delle equazioni di equi-
librio nodale abbastanza agevole se si in grado di determinare la deformata
strutturale complessiva piuttosto che le singole deformate componenti. Questa
deve essere individuata in maniera qualitativa al fine di riconoscere i singoli
contributi delle aste componenti la struttura. Allo scopo di chiarire il ragiona-
mento si faccia riferimento alla struttura di figura 9.8. Essa costituita da una
struttura intelaiata con 7 travi concorrenti in due nodi interni e incastrate in
tutti i nodi esterni. Il sistema 15 volte iperstatico. Si vede che considerando
le sole deformate flessionali gli unici nodi a subire spostamenti sono i due nodi
B e C. Gli spostamenti possibili sono le sole rotazioni B e C . Per effetto
delle rotazioni dei nodi le deformate complessive della struttura sono le due raf-
figurate. Ognuna delle travi componenti la struttura, per effetto delle singole
rotazioni nodali denuncia un sistema di reazioni di estremit che si trasmettono
per reazione ai nodi strutturali. Occorre precisare che le deformate strutturali
disegnate sono impossibili senza che si imponga nei punti nodali una condizione
di vincolo. Questo fatto, da un punto di vista formale, equivalente alla im-
posizione dallesterno di vincoli che cedano delle quantit arbitrarie B e C
esercitando nel contempo una reazione vincolare che equilibri le azioni espli-
cate dalle travi per effetto dei cedimenti stessi. Alle azioni che le travi eserci-
tano sui nodi si sovrappongono le azioni che sui nodi vengono trasmesse dalle
travi per effetto dei carichi impressi a nodi bloccati (anche qui si prevede che
dallesterno vincoli impediscano la rotazione nodale). A concludere il ragiona-
mento si considera che nessun vincolo applicato realmente ai nodi strutturali
per cui la somma delle azioni ivi trasmesse da tutte le aste concorrenti nulla.
Le due equazioni che cos si ottengono sono lineari ed algebriche negli sposta-
menti nodali, noti i quali la deformazione della struttura resta compiutamente
determinata. Dalla deformata complessiva si possono poi estrarre le deformate
locali tramite le quali determinare le sollecitazioni in ogni trave.
Le singole travi concorrenti in un nodo si deformano come travi incastrate
con un cedimento angolare imposto nel nodo. La prima configurazione inflessa
di figura 9.8 relativa al cediemento di modulo B . Le coppie reattive applicate
alle travi si ricavano dalla soluzione dello schema di figura 9.9
Nella figura rappresentata una trave tipica alla quale assegnato un cedi-
mento angolare di valore noto j in un estremo. Lo schema isostatico riportato
in figura. Ad esso si associano le due equazioni di congruenza nei nodi:
i = 0
j =
j
170 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
E G
A B C D
H J
E G E G E G
A B C D A B C D A B C D
H J H J H J
B C B C
i j
j
Xi Xj
Figura 9.9:
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 171
Xi Lij Xj Lij
=0
3EI 6EI
Xi Lij Xj Lij
+ =
j
6EI 3EI
la cui soluzione
2EI
Xi =
(9.56)
Lij j
4EI
Xj =
(9.57)
Lij j
4EIAB 4EIHB 4EICB 4EIEB 2EI F LAB qL2
+ + + B + C + + BC = 0
LAB LHB LCB LEB LBC 16 12
Nodo C
2EI 4EICB 4EICG 4EICD 4EICJ qL2BC
+ + + + C + + M=0
LBC B LAC LCG LCD LCJ 12
Si noti che la somma delle reazioni in ogni nodo corrispondenti alla generica
deformata nodale forniscono la colonna della matrice del sistema di equazioni
e la somma delle azioni sui nodi nello schema a nodi bloccati, pi i carichi
direttamente applicati ai nodi, forniscono lopposto dei termini noti
% &
u (x, y) = y
v (x, y) = x (9.58)
w (x, y)
Le componenti in piano sono funzione della rotazione rigida della sezione, la
componente fuori piano pu essere una qualsiasi funzione dei punti della sezione
stessa che rappresenta la funzione ingobbimento della sezione. La funzione in-
gobbimento arbitraria e va determinata dalle condizioni di equilibrio elastico
della struttura, la rotazione torsionale dipende anchessa dallequilibrio mec-
canico della struttura ed funzione di z. Se infatti non dipendesse da z la
trave subirebbe una rotazione rigida globale intorno allasse z, a causa della
variabilit di la deformazione torsionale una deformazione in senso proprio.
La pi semplice variabilit di compatibile con una deformazione quella
lineare in z; detta la derivata d
dz lespressione degli spostamenti da torsione
assume la forma:
u (x, y) = zy
v (x, y) = zx (9.59)
w (x, y) = (x, y)
La componente dello spostamento fuori del piano della sezione si esprime
mediante il prodotto tra la funzione di ingobbimento (x, y) e la rotazione
torsionale specifica cos da mettere in evidenza il contributo di questultima
allingobbimento.
Il campo di spostamenti definito dalla (9.59) da luogo alle seguenti defor-
mazioni e tensioni:
z = 0
z = 0
u w (x, y)
(x, y)
xz = + = y xz = y
z x x x
v w (x, y)
(x, y)
yx = + = +x yx = +x
z y y y
(9.60)
Come era prevedibile per lindipendenza di w da z la deformazione normale
e la tensione normale sono nulle, le tensioni non nulle sono le sole tensioni
tangenziali.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 173
dy dx y
-d x
n ds dy
Figura 9.10:
2 (x, y) = 0 (9.61)
a questa si deve aggiungere la condizione al contorno che la tensione tangenziale
sia tangente al bordo della sezione retta, cio:
xz nx + yx ny = 0 (9.62)
Osservando la figura (9.10) si nota che la normale al contorno della sezione
ha componenti:
dy
nx =
ds (9.63)
dx
ny =
ds
per cui la (9.62) diviene:
infatti
6 6
(x, y)
ds = (x, y)nds = (x, y) dS = 2 (x, y) dS = 0
A n A A A
(9.66)
che per la (9.64) risulta certamente soddisfatta:
6 6
(x, y)
ds = ydy + xdx = 0 (9.67)
A n A
2 2
poich ydy + xdx il differenziale esatto della funzione x2 + y2 + c.
Le caratteristiche della sollecitazione derivanti dallo stato tensionale de-
scritto sono:
#
#
(x, y)
Tx = A zx dS = A y dS
x
# # (x, y)
Ty = A zy dS = A + x dS
y - .
#
# (x, y) (x, y)
Mz = A ( zy x zx y) dS = A +x x y y dS =
- y . x
# (x, y) (x, y)
A x+ y dS + Ix + Iy
y x
(9.68)
Si consideri la funzione vettoriale
(x, y) (x, y)
x z = x xy, x + x2 (9.69)
x y
la cui divergenza coincide con la componente zx in virt dellarmonicit della
funzione ingobbimento, infatti:
- .
(x, y) (x, y) 2
x z = x xy + x+x =
- 2 x x y y
.
2
(x, y) (x, y) (x, y)
= 2
x+ y+ x = (9.70)
- x x . y 2
(x, y)
= y + x2 (x, y) = zx
x
pertanto
(x, y)
Tx = y dS = x z dS = x z ndS = 0 (9.71)
A x A A
(x, y) 2 (x, y)
y z = yy , y + yx (9.72)
x y
la cui divergenza
x z = zy (9.73)
per dimostrare che risulta Ty = 0.
Lunica caratteristica di sollecitazione diversa da zero quindi il momento
torcente.4
La somma dei due momenti di inerzia I0 = Ix + Iy il momento dinerzia
intorno allasse z della sezione retta detto momento dinerzia polare. Si conviene
chiamare fattore di torsione q la quantit
I0
q=- . (9.74)
# (x, y) (x, y)
A
x+ y dS + Ix + Iy
y x
in modo che lultima delle (9.68) si semplifica in:
Mz
Mz = I0 = q (9.75)
q I0
Attravreso questultima relazione si riconosce che la rotazione torsionale
specifica dipende dal momento torcente intorno a z e da quantit legate alla
geometria della sezione come la funzione di ingobbimento e il momento dinerzia
polare.
La quantit
I0
Kt = (9.76)
q
detta rigidezza torsionale ; essa rappresenta la coppia torcente che induce
la rotazione torsionale specifica unitaria, Kt = Mz . La determinazione della
funzione e del coefficiente q pu essere perseguita in maniera diretta, ovvero
possibile affrontare la quadratura dellequazione (9.61) per via numerica. Per
un approfondimento si rimanda ai testi specialistici5 . Se la sezione della trave
circolare o a corona circolare allora la funzione ingobbimento risulta nulla
4 Si noti che le componenti del taglio sono nulle se lingobbimento armonico, ci legato
al fatto che sia nulla la tensione normale z da cui deriva la semplificazione dellequazione di
equilibrio elastico. In presenza di spostamento assiale, w, variabile con z con legge lineare, ad
esempio w = kz (x, y), risulta:
2w
2 w + ( + ) =0
z 2
da cui
2 (x, y) + k (x, y) = 0
la funzione ingobbimento non risulta pi armonica nella sezione e non si pu pi affermare
che il taglio sia nullo.
5 In particolare una trattazione chiarificatrice e completa si trova sul volume L.Nunziante
Mn = Tf (L z) (9.78)
e quindi
Tf (L z)
z = f (9.79)
In
Si noti che nelle espressioni della tensione compare la sola componente del
taglio lungo lasse di flessione.
Lequazione di equilibrio lungo lasse z (9.3):
xz yz z z
+ + = 0 div z = (9.80)
x y z z
che si esplicita in
Tf (L z) Tf
div z = f = f (9.81)
z In In
A questo punto, piuttosto che determinare completamente la soluzione dellequazione
precedente si ricerca una soluzione in media, questa dovuta a Jourawsky
(1856).
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 177
z A+ z+d z
zn
z z+d z
A-
m l
Figura 9.11:
che si semplifica in
z+dz
z
dzdS + mz dzds = 0 (9.83)
A+ z z
e ancora, poich zm non dipende da z come si vede dalle prime due delle (9.3),
T
fdS + zm ds = 0 (9.84)
In A+
T Sx
mz = (9.85)
In
Lequazione (9.85) fornisce il valor medio della componente della tensione
tangenziale lungo una certa curva interna alla sezione. Alla stessa equazione
si giunge applicando il teorema della divergenza allequazione (9.81)
178 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
Ty
ydS = div z dS = z mds (9.86)
A+ In A+ A+
esiste un punto , interno allintervallo (a, b), nel quale la funzione assume il valore medio
integrale per cui
b
f (x) dx = f () (b a)
a
Il valore f (), assunto effettivamente dalla funzione ne pu costituire una stima.
b
a f(x)dx
Se linsieme di integrazione non un intervallo, il valore (ba)
potrebbe non essere mai
attinto dalla funzione e non ne costituirebbe una stima.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 179
Centro di taglio
La distribuzione di tensioni tangenziali che si ottiene applicando la formula di
Jourawsky ha come risultante una forza equivalente alla sollecitazione di taglio
T ma applicata ad un punto della sezione retta che non appartiene, di norma,
alla retta di azione di T .
Per questo motivo non si pu dire che alla forza T estena corrisponda la
distribuzione di tensioni derivanti dalla (9.85). La legge di variazione della ten-
sione nei punti della sezione dipende dalla variazione del momento statico Sn
introdotto e dalla variazione dello spessore . Per questo motivo essa dipende
soltanto da propriet geometriche della sezione. Leffettiva intensit della sol-
lecitazione ed il momento di inerzia In intervengono nella determinazione del
fattore amplificativo del modulo della zm . La retta dazione della sollecitazione
individuando lasse di sollecitazione della sezione, implica una direzione dellasse
neutro. Si pu immaginare una corrispondenza che ad ogni asse di sollecitazione
associa un asse neutro. Questa corrispondenza il coniugio tra rette governato
dallellisse dinerzia della sezione.
In definitiva si pu pensare alla seguente successione di operazioni per la
definizione della corrispondenza tra sollecitazione e risultante delle tensioni tan-
genziali: dalla retta di azione, s, della sollecitazione T si individua la coniugata
baricentrica n, con riferimento a n si determina la legge di variazione di zm
nella sezione. Da questa si determina la risultante delle zm avente una asseg-
nata retta dazione, s, che sar parallela a s. La direzione di questa risultante
dipende dalla sola risultante della forza di taglio. Ad ogni asse neutro n si as-
socia, quindi, una retta s che gode della seguente propriet, se la forza di taglio
ha per retta di azione s, la distribuzione di tensioni tangenziali espresse dalla
(9.85) equivale esattamente alla forza di taglio. Al variare della retta n tra le
rette del fascio proprio di centro il baricentro G della sezione, la retta s descrive
un fascio di rette proprie con centro C (figura 9.12). Il punto C chiamato
centro di taglio della sezione. Per quanto detto sopra se la forza di taglio passa
per il centro di taglio essa provoca la distribuzione di tensioni tangenziali che
deriva dalla (9.85). Se la forza di taglio non passa per il centro di taglio sempre
possibile ricondurla ad una forza per C pi una coppia nella sezione retta pari
a T dC dove dC la distanza tra la retta di azione di T e il centro di taglio.
In tal modo la distribuzione di tensioni tangenziali prodotte da T somma di
un campo derivato dalla (9.85) equivalente alla forza T passante per C e di un
campo equivalente alla coppia torcente Mt = T dC che si pu valutare con le
relazioni derivanti dalla torsione.
E interessante notare che la distribuzione di tensioni derivanti dalla coppia
Mt solenoidale quindi a divergenza nulla; essa costituisce la parte generale
dellintegrale dellequazione di equilibrio:
180 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
s1
s2
n1 s1
C G
n2
dC
Figura 9.12:
z
div z =
z
Tf Sn
infatti dette = In e quelle in equilibrio con Mt risulta
z
div z = div ( z + z ) = div z + div z = div z =
z
zx
=0
z
zy
=0
z
z
div z =
z
nelle quali si assume che lo stato di tensione normale z sia dato inquanto
dipendente dal momento flettente intorno allasse neutro, preso coincidente con
x.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 181
Mx Ty (L z)
z = y= y
Ix Ix
Poich si intende analizzare lo stato tensionale e la conseguente deformazione
senza partire dalla definizione del campo di spostamenti necessario imporre
esplicitamente che il campo di deformazione rispetti le equazioni di congruenza
interna (9.4).
Le ultime quattro equazioni sono identicamente soddisfatte per le z della
flessione, lineari sia nel piano della sezione sia lungo z, e per le tensioni tangen-
ziali costanti lungo z per lequilibrio.
Le prime due equazioni di congruenza sono:
2 z xz yz
2 =
yz x y x
2
z zy xz
2 =
xz y x y
nella quale sostituendo lespressione delle deformazioni da flessione si ha
Ty 1 zy zx
2 =
EIx x
x y (9.87)
1 zy zx
0=
y x y
Il termine tra parentesi tonde la componente lungo z del rotore del vettore
piano z pari a:
- . - .
rot z = y z , x z , x = 0, 0, zy zx
y
zy 0 zx zy
0 zx x y
(9.88)
Le (9.87) assicurano che rot z una funzione della sola x pari a:
- .
Ty
rot z = 0, 0, x+h (9.89)
(1 + ) Ix
Il rotore di ha componente solo lungo lasse z che si pu considerare somma
Ty
di due aliquote Rc = h costante e R0 (x) = x a media nulla, dipen-
(1 + ) Ix
dente da Ty infatti rispetto ad un asse baricentrico il momento statico e nullo e
quindi
1 1 Ty 1 Ty
R0 (x) dxdy = xdxdy = xdxdy =
A A A A (1 + ) Ix A (1 + ) Ix A
1 Ty
= Sy = 0 (9.90)
A (1 + ) Ix
182 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
- .
zy
rot z = rot z = 0, 0, zx =
x y
-
.
v w u w
= 0, 0, + + = (9.91)
x z y y z x
- .
2v 2 u rot u
= 0, 0, =
zx zy z
Torsione
div z = 0
(9.92)
rot z = 2
Taglio
Ty
div z = y
Ix (9.93)
rot z = 0
D
L
C
A M
B
h
P
Figura 9.13:
1 AB 2 CD = 0 (9.94)
7 Da un punto di vista pratico occorre controllare, per, che lo spessore della sezione non
sia eccessivamente piccolo; potrebbe configurarsi il caso in cui, a causa dello spessore ec-
cessivamente ridotto, la sezione denunci una deformazione eccessiva che le faccia modificare
significativamente la forma. In questi casi la trattazione della trave cade in difetto e la strut-
tura deve esserere considerata come un corpo a due dimensioni, i.e. un guscio o un tubo
sottile, in pratica per evitare questo problema ed impedire linsorgere di fenomeni di instbilit
locale della struttura si realizzano dei diaframmi di irrigidimento ad intervalli regolari in modo
che essi non interferiscano con il comporatmento a trave della struttura pur preservandone la
forma.
184 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
in cui il segno tiene conto del fatto che la assunta positiva se concorde con
lascissa curvilinea sulla linea media e quindi tensioni concordi producono flussi
discordi8 .
La corda CD pu essere lasciata variabile lungo la linea media della sezione
per cui si pu ricavare lespressione della tensione media allascissa s lungo la
linea media in funzione del valore in AB
AB
(s) = 1 (9.95)
(s)
Il momento delle intorno ad un polo qualsiasi del piano9 dato dalla
quantit: 6
Mz = (s) (s) hds = 2 (s) (s) Am (9.96)
#
infatti il prodotto (s) (s) costante e lintegrale hds la somma del doppio
delle aree dei triangoli elementari LM P .
Lespressione della generica tensione tangenziale risulta in conclusione pari
a
Mz
(s) = (9.97)
2 (s) Am
La formula cos ottenuta detta I formula di Bredt.
La rotazione torsionale specifica si pu calcolare attraverso unapplicazione
del teorema di Stokes che recita:
La circuitazione di un campo vettoriale lungo una curva chiusa uguale
al flusso del rotore di attraverso la superficie racchiusa da , in simboli
6
z sds = rot kdS (9.98)
Am
da cui
6
Mz 1
= ds (9.100)
4A2m (s)
La rigidezza torsionale della sezione anulare risulta, in conclusione, pari a
8 Ilsegno del flusso positivo se concorde con la normale uscente dallarea.
9 Il momento delle non dipende dal polo perch i vettori elementsari formano un
poligono chiuso e quindi a risultante nulla.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 185
dy
dy
x y
Am
Figura 9.14:
4A2m
kt = 7 (9.101)
1
(s)
ds
zx
rot z = = 2
y (9.102)
zx
div z = =0
x
186 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
da ci consegue che
zx = 2 y + c (9.103)
in cui c una costante di integrazione. Per motivi di simmetria strutturale la
tensione deve essere nulla nellorigine da cui segue che c = 0.
Il momento torcente si pu calcolare sommando i contributi dei singoli anelli
elementari. Larea media di ogni anello approssimata da
l 3
Mz = 8 l 2 y2 dy =
(9.106)
0 3
Figura 9.15:
G f1 F f2 E
f3 f2
c
f1
f2 D
C
d
f1 B
A
a b
Figura 9.16:
188 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
F ) f1 f2 + f3 = 0
(9.110)
C) f1 + f2 f3 = 0
Mz
Kt = (9.115)
In particolare se si vuole determinare la sola rigidezza torsionale si pu as-
segnare arbitrariamente un momento torcente unitario, determinare la rotazione
specifica il cui reciproco fornisce direttamente la Kt .
da cui si riconosce che la rigidezza torsionale complessiva pari alla somma delle
rigidezze torsionali dei singoli componenti.
Uguagiando le espressioni di ottenute dalle due equazioni precedenti si ha
M M
8 t = zi (9.118)
i Kti Kti
Questultima equazione consente di determinare le aliquote di momento tor-
cente che competono ai diversi elementi che compongono la sezione
Mt Kti
Mzi = 8 (9.119)
i Kti
1 25
A D E
15
2
B C
20
Figura 9.17:
(2) 25 23 200
Kt = = (9.121)
3 3
Il momento torcente assorbito dalla parte anulare :
36 000
540
Mz(1) =M 7 = M (9.122)
36 000 200 547
+
7 3
nella parte rettangolare si ha
200
7
Mz(2) =M 3 = M (9.123)
36 000 200 547
+
7 3
Le tensioni tangenziali massime nelle due parti si ottengono tramite le for-
mule viste in precedenza per le sezioni semplici sollecitate dai due momenti
torcenti calcolati qui sopra:
540 3 27
(1) = M = M = 2.468M 103
547 2 (15 20) 2 10 940 (9.124)
7 3 21
(2) = M = M = 3.839M 104
547 25 22 54 700
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 191
x=0
che nel riferimento principale diventa
192 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
T
y
Figura 9.18:
cos sin = 0
la sua coniugata, dalla (3.65), ha equazione
sin cos
+ 2 =0
2
In = I cos2 + I sin2
La tensione tangenziale su una generica corda AB si determina attraverso la
formula di Jourawsky.
Nel caso della figura 9.18 risulta:
Ix = Iy = 25275.4129cm4
Ixy = 15157.8281cm4
da cui
tan = 1 = =
4
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 193
e
I = 25275.4219 + 15157.82812 = 40433
I = 25275.4219 15157.82812 = 10118
da cui
40433
2 = = 408.41
99
10118
2 = = 102.2
99
e infine
408.41
= arctan = 1. 325 6
= (77 )
102.2
Il momento di inerzia intorno allasse neutro vale:
Tf (50 1 3.88)
= = 1. 629 7 102 Tf
11904 1
La tensione massima si ha dove la derivata di si annulla pertanto, poich
nel generico tratto sottile la tensione diretta secondo la linea media risulta:
d Tf
= = div = f
t dt In
ci avviene in corrispondenza dei punti in cui lasse neutro interseca la linea
media.
La distribuzione di quindi una distribuzione a parabola con massimo
nei punti di intersezione di n con la linea media e valore nel vertice riportato
in precedenza. E possibile costruire graficamente landamento delle tensioni
tangenziali lungo la linea media della sezione; infatti, assegnata arbitrariamente
una pendenza nel punto A (figura ??) si costruisce il valore nel punto C di in-
tersezione della linea media con lasse neutro. In C la tangente al diagramma
delle parallela alla linea AE, le due tangenti in A e in C si intersecano
sulla mezzeria del tratto AC, punto B, che permette di individuare la esatta
posizione della tangente in C. Si determina infine un ulteriore punto del dia-
gramma corrispondente al vaolre in E. Per fare ci si costruisce la tangente al
diagramma in E. Questa interseca la tangente per A nella mezzeria del tratto
AE, punto H, e interseca la tangente per C sulla mezzeria del tratto EC, punto
D, congiungendo questi punti si ottiene la cercata tangente in E e quindi il
valore della tensione in E. In tal modo si ottenuto landamento qualitativo
delle tensioni lungo la linea media. Questandamento pu essere letto in una
scala opportuna ricordando il valore calcolato per la in E.
Sul tratto orizzontale si possono ripetere i ragionamenti fatti a partire dalla
tangente in E, che nel tratto orizzontale si conserva con la stessa inclinazione
194 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
T
B Tf
y
f
H
C
D G x
E
n
che aveva nel tratto verticale infatti la pendenza del diagramma legata alla
sola distanza dallasse neutro pertanto a punti alla stessa distanza da n deve
corrispondere la stessa pendenza del diagramma. Si noti che unarea generica
del tratto verticale, per esempio quella al di sopra della retta per B presenta
momento statico, rispetto ad n, positivo inquanto il suo baricentro si trova dalla
parte delle f positive. La tensione tangenziale presenta, nel caso attuale in cui
la componente Tf negativa rispetto a f , un flusso positivo e quindi uscente
dallarea AB. Il diagramma nella parte orizzontale di sezione denuncia un cam-
biamento di segno della tensione tangenziale. Ci a conferma del fatto che le
tensioni debbono avere come risultante una forza equivalente a T . La risul-
tante delle nel tratto orizzontale risulta in definitiva pari a zero e il risultante
dellintera distribuzione di si riduce a quello delle nel tratto verticale. La
retta di applicazione della forza equivalente alle tensioni, seppure verticale, par-
allela cio alla sollecitazione assegnata, appare spostata rispetto a quella. Essa
passa per il centro di taglio della sezione, punto E. Le tensioni derivanti dalla
forza T si compongono delle determinate dette tensioni da taglio puro e da
una distribuzione di equivalenti alla coppia torcente
Mz = T d
in questo caso oraria, che occorre applicare per trasportare la risultante delle
nella effettiva posizione di T .
Queste tensioni di tipo solenoidale, si determinano mediante le formule della
torsione e danno origine alla distribuzione raffigurata
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 195
Centro di taglio
Per una sezione di forma qualsiasi la distribuzione di tensioni tangenziali ot-
tenute mediante la procedura descritta nel paragrafo precedente risulta indipen-
dente dalla effettiva posizione della forza tagliante.
Comunque si faccia variare la direzione del taglio applicato alla sezione, la
risultante delle tensioni da taglio puro descrive un fascio proprio di rette con
centro in un punto detto centro di taglio.
Ad ogni direzione di taglio corrisponde in maniera univoca un asse neutro
baricentrico e ad ogni asse neutro corrisponde una distribuzione di tensioni
Sn
tangenziali proporzionali alla legge di variazione del rapporto lungo la linea
media della sezione. A questo campo di tensioni si associ la risultante; essa avr
la direzione del taglio, coniugata a quella dellasse neutro, e conterr il centro
di taglio. La corrispondenza che ad ogni asse neutro associa la risultante delle
una corrispondenza tra due fasci propri di rette, il fascio degli assi neutri
con centro nel baricentro della sezione ed il fascio delle risultanti delle con
centro nel centro di taglio della sezione. Poich il centro di taglio il centro
Sn
delle distribuzioni di indipendente dalla sollecitazione e dipende soltanto
dalla geometria della sezione.
Per la sua determinazione basta individuare due qualsiasi distribuzioni di
tensioni tangenziali associate a due assi neutri diversi e determinare il punto di
incontro delle due rispettive riultanti.
Nel caso che la sezione sia dotata di assi di simmetria il centro di taglio
appartiene a questi assi. Nel caso in cui la sezione sia costituita da rettangoli
allungati concorrenti in un punto, come la sezione ad L vista in precedenza o
sezioni a T, a + e a X, il centro di taglio coincide con lintersezione dei rettangoli
poich questo il punto per cui passa la risultante di qualunque sistema di forze
diretto secondo i rettangoli stessi.
La determinazione del centro di taglio si effettua quindi mediante il seguente
procedimento:
Si assegna un asse neutro arbitrario n1 e si valuta la legge di variazione
Sn1
di . Se ne determina la risultante integrando, lungo lascissa media, le
componenti di tensione dirette secondo gli assi del riferimento. Si ottiene il
vettore risultante R1 che ha la direzione del taglio associato ad n1 . Si ripeta
il ragionamento assegnando un secondo asse neutro arbitrario, n2 , ad esso si
associa la risultante R2 determinata come in precedenza. Lintersezione della
direzione di R1 e della direzione di R2 il centro di taglio.
Consideriamo, a titolo di esempio la sezione a C in figura 9.20. Il baricentro
dista a3 dalla linea media dellanima. Assumiamo come asse neutro lasse x.
Lungo il tratto orizzontale AB, (ala superiore) il momento statico delle aree
A+ varia con legge lineare; in A vale zero e in B vale 2a2 . A meno di Ty /Ix
la in B vale:
2a2
(B) = = a2 (9.125)
2
196 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
a2 /6
a2
2 a2
2
a2 /3
B A B A
a/3 a/3
x=n CT E E
x
2 a
7
5/24 a
a
C D C D
a 2 /3 a
2
5/2 a
y y=n
Figura 9.20:
2a2
(C) = = a2 (9.126)
2
diretta secondo il verso di x.
Sul tratto verticale nei punti C e B la distribuzione di assume valori doppi
rispetto a quelli determinati nelle (9.125) e (9.126) poich lanima della sezione
ha spessore pari alla met delle due ali. In corrispondenza dellasse neutro il
momento statico vale:
a2 5
Sn (E) = 2a2 = a2 (9.127)
2 2
e la tensione
5
(E) = a2 (9.128)
2
La componente orizzontale del risultante pari alla somma delle aree dei
due diagrammi sulle ali della sezione, queste sono di modulo uguale pari a
(B) a a3
= (9.129)
2 2
e di segno opposto. La componente orizzontale fornisce quindi soltanto una
coppia antioraria di momento
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 197
a3
M= 2a = a4 (9.130)
2
ne segue che la risultante ha direzione verticale pari allintegrale del diagramma
sullanima del profilo.
Lintegrale pu essere calcolato attraverso una formula di quadratura nu-
merica, per esempio Simpson a tre punti, che fornisce il modulo della risultante:
- .
2a 2a 5 7
Ry = [2
(B) + 2
(C) + 4
(E)] = 2a2 + 2a2 + 4 a2 = a3 (9.131)
6 6 2 2
Ry d = a4 (9.132)
con d a sinistra dellanima e quindi:
a4 2
d= = a (9.133)
Ry 7
Si riconosce che il centro di taglio deve trovarsi dalla parte opposta al bari-
centro rispetto allanima del profilo, su di una retta parallela a y.
Verifichiamo che il centro di taglio sia il punto CT appartenente allasse di
simmetria orizzontale del profilo.
Si assegni come asse neutro lasse y. Il diagramma delle tensioni a meno
dei valori di taglio e momento di inerzia, rappresentato nella figura dove sono
indicati i valori notevoli della tensione .
In questo caso si vede che la componente lungo x della risultante pari alla
somma, nulla, delle aree del diagramma lineare sullanima. Queste ultime non
danno origine ad una coppia poich entrambi i campi negativo e positivo hanno
risultanti dirette secondo lanima del profilo. I due diagrammi parabolici sulle
ali del profilo sono uguali per cui il loro risultante ha la direzione dellasse x e
passa per il baricentro della sezione. Il centro di taglio appartiene quindi allasse
x di simmetria della sezione.
Sezioni pluriconnesse
La metodologia di determinazione delle tensioni tangenziali descritta nel para-
grafo precedente presuppone che la sezione della trave si decomponga in due
parti distinte mediante un taglio che individui una sola corda di spessore . Nel
caso di sezioni sottili pluriconnesse, ci non accade inquanto per separare una
sezione in due necessario operare un taglio che intercetta un numero di corde
pari al grado di connessione. In questo caso il valore medio della non pu
198 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
c d c
div c = = =0 (9.134)
t dt
di modo che le tensioni tangenziali complessive continuino a rispettare lequazione
di equilibrio
z
div = div ( a + c ) = div a = (9.135)
z
Per la determinazione delle a basta applicare il teorema di Stokes ad un
numero di curve chiuse appartenenti alla sezione pari al numero di connessioni
meno una. Un tale numero di curve esiste certamente in virt della connessione
della sezione stessa.
Individuate le curve chiuse sulle quali applicare il teorema di Stokes, la
circuitazione lungo le curve medie chiuse mi della tensione tangenziale comp-
lessiva pari al flusso del rotore di attrraverso larea racchiusa, questultimo
in virt della seconda delle (9.93) nullo per cui si avr:
6 6
t dt = ( a + c ) dt = (rot )z dA = 0 (9.136)
mi mi Ami
t d t
div = =
t dt
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 199
F
T 1.5 10 4
In
A B
A B
G G
x=n x=n H K
T 1.125 10 4
D C
In
T 1.5 10 4
y y In
T 3.0 10 4
c
In
A B A B
G G
x=n H K x=n
T 1.125 10 4
T 1.125 10 4 In D C
In T 3.0 10 4
y In
y
da cui risulta
6 6
T
a dt + c dt = 0 = c = 15 000
In
Si noti esplicitamente che nel punto di intersezione della sezione con lasse
di simmetria geometrico e di carico y (ricordando che il carico, taglio applicato,
interviene con la sua direzione e non con leffettiva retta dazione, si noti che la
direzione verticale del taglio la direzione rispetto alla quale la sezione simmet-
rica; la direzione orizzontale pur essendo di simmetria geometrica non lo per
il carico, diretto verso il basso e quindi non simmetrico rispetto allorizzontale)
le tensioni tangenziali, dirette ortogonalmente allasse di simmetria, sono nulle
per equilibrio.
Conoscendo a priori un punto nel quale = 0 si pu effettuare la sconnes-
sione della sezione in questo punto. Le conseguenti c devono essere nulle per
rispettare landamento antisimmetrico delle su sezioni simmetriche, e quindi
diventa superfluo esplicitare lequazione del rotore di .
Lequazione del rotore di rappresenta unequazione di congruenza degli
spostamenti assiali. Si noti che lo scorrimento tra lasse z e la linea media
della sezione fornito da
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 201
dt
A
A' dz dw
dt z
x dz
Figura 9.23:
t
zt =
dw = zt dt
L
: ;
1 1 1 L
2z | |2
W = : dV = ( z z + ) dAdz = + dAdz
2 V 2 0 A 2
0 A E
(9.138)
Nel caso generale, in presenza di taglio e torsione, flessione e sforzo assiale
occorre tener presente che la tensione normale esprimibile attraverso le espres-
sioni trovate nei paragrafi precedenti (9.34):
N Mx (z) My (z)
z = + y x (9.139)
A Ix Iy
dove nelle espressioni Mx (z) e My (z) sono comprese le aliquote di momento
flettente in presenza di taglio Ty (L z) e Tx (L z). Lintegrale delle sole
porge la seguente aliquota di energia di deformazione
: ;
1 L N2 Mx2 (z) My2 (z)
Wf = + + dz (9.140)
2 0 EA EIx EIy
che si ottiene ricordando che i momenti centrifugo e statico sono nulli per la
scelta del riferimento.
Lenergia Wf indicata talvolta con un abuso di locuzione come lenergia di
deformazione connessa allo sforzo normale e alla flessione anche se bene tenere
presente che la quota di momento flettente variabile collegata intimamente
alla presenza del taglio.
Per valutare lenergia di deformazione connessa alla torsione si pu ricor-
dare che in presenza di tensioni tangenziali a risultante coincidente con un solo
momento torcente la deformazione si riduce ad una rotazione rigida, variabile
linearmente con z, della sezione pi un ingobbimento, costante con z, della
sezione stessa.
Per il teorema di Clapeyron lenergia di deformazione si valuta come la met
del prodotto tra la coppia torcente e la rotazione relativa tra le due basi della
trave pari a (9.75):
1 1 M 2L
WMz = Mz = q z (9.141)
2 2 Io
Per il caso della sollecitazione da taglio si conviene di considerare la sol-
lecitazione composta da una forza passante per il centro di taglio e da una
coppia torcente pari al taglio per la distanza delasse di sollecitazione dal centro
di taglio.
La coppia torcente provoca una rotazione torsionale e da origine ad unenergia
di deformazione pari a
1 1 (T dCT )2 L
WMzT = T dCT = q (9.142)
2 2 Io
Nel caso in cui lasse di sollecitazione passi effettivamente per il centro di
taglio, la quantit precedente si annulla.
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 203
Tf Sn
zt = (9.143)
In
La componente parallela alla corda, zn , pu essere determinata nellipotesi
che la zt sia costante lungo la corda imponendo il rispetto della condizione al
contorno. La tensione tangenziale deve infatti essere parallela al contorno della
trave per cui immediato individuare la componente di zn nei due punti in cui
la corda intercetta il bordo della trave.(figura ??).
Lequazione di equilibrio alla traslazione lungo lasse z fornisce:
z
div z = (9.144)
z
questa derivata rispetto alla direzione dellasse neutro diventa:
2 zt 2 zn 2 zn
+ 2
= =0 (9.145)
nt n n2
nella quale la prima derivata nulla per lipotizzata indipendenza di zt dalla
direzione n; la derivata della tensione normale, inoltre, nulla rispetto a n
poich anche la tensione z costante in n.
La (9.145) assicura la linearit della legge di variazione della tensione par-
allela alla corda lungo la corda stessa pertanto possibile esprimere questa
variazione in funzione dei due valori estremi:
n n
zn = 2 1 1 , n [0, ] (9.146)
dove
1 = zt cot 1
2 = zt cot 2
In conclusione si ha
Tf Sn
zt =
In
Tf Sn n n
zn = cot 2 1 cot 1
In
n 2
1 L Tf2 Sn2 n
WT = 1+ cot 2 1 cot 1 dAdz (9.147)
2 0 In2 A 2
Lintegrale interno nella espressione dellenergia di deformazione dipende
soltanto dalla forma della sezione retta, per comodit di rappresentazione si
conviene di introdurre la quantit
n 2
1 Sn2 n
= 1+ cot 2 1 cot 1 dA (9.148)
A4n A 2
detta fattore di taglio, in questo modo la espressione di WT diventa
1 Tf2 L
WT = (9.149)
2 A
Mediante il teorema di Clapeyron si pu calcolare lo spostamento del centro
di taglio nel caso di solo taglio lungo lasse principale y:
1 1 L Mx2 (z) 1 Ty2 L
Ty v = dz + =
2 2 0 EIx 2 A
Ty2 L3 1 Ty2 L
= + (9.150)
6EIx 2 A
da cui
Ty L3 Ty L
v= + (9.151)
3EIx A
Il primo addendo nella (9.151) lo spostamento calcolato integrando la cur-
vatura lineare corrispondente al momento flettente inotto dal taglio; il secondo
termine lo spostamento che indotto dallo scorrimento tra le sezioni rette
prodotto dalle tensioni tangenziali. Con un abuso di locuzione questultimo
contributo si dice spostamento da taglio. E bene comunque ricordare che esso
non pu manifestarsi da solo ma soltanto in compagnia dellaliquota flession-
ale. Si riconosce dalla (9.151) che il fattore di taglio legato allo scorrimento
medio della sezione retta, infatti lespressione dello spostamento da taglio sug-
gerisce una deformata come quella riportata in figura 9.24, dove si evidenziato
Ty
il significato del termine A che rappresenta langolo di cui ruotano le sezioni
rette rispetto allasse della trave ipotizzando che questangolo sia costante nella
sezione retta e lungo z.
La determinazione del fattore di taglio per la sezione rettangolare immedi-
ato; infatti risultano 1 = 2 = 0, inoltre, rispetto allasse neutro baricentrico
:
2
b2 h2
Sn2 = y2 (9.152)
4 4
9.1. MODELLO DI DE SAINT VENANT 205
TyL3/3EIx
TyL/A
Ty
da cui
2
Sn2 1 h2
= y2 (9.153)
b2 4 4
dA = bdy e infine
h 2 2
144 2 b h y 2 dy = 6 = 1. 2
= 5 h 4 4 (9.154)
bh
5
2
206 CAPITOLO 9. TRAVATURE ELASTICHE
Capitolo 10
Stati limite
207
208 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
della struttura.
La relazione appena scritta consegue dallipotesi che la struttura sia soggetta
al carico q e che questo possa amplificarsi mediante un unico moltiplicatore.
Nella vita delle struture ci non sempre accade poich possibile che i carichi
abbiano storie non proporzionali. Per esempio se si considera una struttura
soggetta al proprio peso e a dei carichi derivanti dalluso, come per esem-
pio il carico portato da un viadotto costituito dai veicoli transitanti si vede
come laliquota di peso ha bassa probabilit di modificarsi nel corso della vita
dellopera e quindi deve intendersi pressoch invariabile, solamente laliquota
accidentale pu subire variazioni casuali da un valore nullo fino a valori anche
elevati che devono essere determinati mediante studi statistici sulla tipologia dei
carichi e sullaffollamento possibile. Di norma gli studi per la determinazione
delle soglie di carico da adottare sono consegnati nei regolamenti e nei protocolli
di progettazione definiti da enti normatori. Viene ad essere cos determinato il
valore del carico q da assegnare eventualmente differenziato nelle aliquote fisse
e variabili. Mediante il valore di q si valutano le tensioni ad esso associate.
I regolamenti fissano, inoltre, per i materiali strutturali i criteri per la deter-
minazione delle tensioni 0 da introdurre nellanalisi per cui il soddisfacimento
della relazione di verifica (10.1) permette di valutare il coefficiente di sicurezza
0
s=
che deve essere strettamente maggiore di uno. I regolamenti di progettazione
fissano tra laltro il valore minimo del coefficiente s.
Figura 10.1:
diremo, per, non influenzato dalle ipotesi fatte poich il nostro scopo quello
di definire un modello paradigmatico del comportamento del materiale, a com-
portamenti pi complessi si potr associare un modello pi complesso che sca-
turisce dalle stesse metodologie e dalle stesse regole.
Regime pluriassiale
Dal risultato delle prove monoassiali si individua il valore della tensione normale
che segna il limite elastico. Questo limite costituisce una soglia invalicabile per
lo stato tensionale, infatti se la tensione attinge il valore limite si presentano
due comportamenti tipici:
Incrudimento cinematico
0
Percorso
di carico
Dominio elastico
iniziale Percorso di
scarico e ricarico
Dominio elastico
finale
Incrudimento isotropo
0
Percorso
di carico
Dominio elastico
iniziale Percorso di
scarico e ricarico
Dominio elastico
finale
con buona sostanza i materiali dutili risultano isoresistenti e quelli fragili hanno resistenza per
trazione inferiore a quella per compressione.
212 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
nl
xy
n
xy
x
(x+ y)/2
y
Figura 10.4: Cerchio di Mohr per gli stati tensionali agenti su piani parallei a z.
Se z direzione principale, in particolare nulla, i punti del cerchio rappresentano
lintero vettore tensione tn
n = Tn n = ij ni nj
nl = Tn l = ij ni lj
dove i coseni direttori nj e li sono quelli della retta n e quelli di una qualsiasi
retta nel piano normale a n. Se n e l sono ortogonali i coseni direttori dipendono
soltanto dallangolo di con cui n inclinata rispetto allasse x del riferimento.
Si pu dimostrare che al variare di n e l tra le rette di un piano, , passante
per P la componente su del vettore tensione tn descrive una circonferenza
del piano , nl . Nulla pu dirsi della componente nm lungo una direzione m
ortogonale a . Se per la direzione m direzione principale di tensione la com-
ponente nm nulla per ogni n pertanto il vettore tensione completamente
rappresentato dal cerchio in questione che si chiama cerchio principale. Analoga-
mente se lo stato tensionale piano, risulta nm nulla identicamente e il cerchio
di Mohr descrive interamente lo stato tensionale. E possibile rappresentare su
di un piano di assi n e nl i cerchi principali di Mohr considerando che i punti
rappresentativi delle tensioni principali hanno nl nulla. Noto lo stato tension-
ale rispetto ad una coppia di assiortogonali del piano x ey si pu verificare
che il cerchio ha centro nel punto x + 2
y
, 0 e raggio r = x 2
y
+ 2xy , (fig.
10.4).
Nel caso in cui lasse z sia un asse principale di tensione, la rappresentazione
10.1. STATO LIMITE DEL MATERIALE 213
150 + 300
xc = = 75
2
yc = 0
Raggio
$ 2
300 + 150
r= + 752 = 237. 17
2
Nella figura sono riportati due volumetti elementari aventi un lato parallelo
a z e gli altri due lati nel piano x, y, il primo ha una faccia coincidente con la
giacitura di normale x sulla quale si esercita lo stato tensionale (x , xy ); laltro
ha una faccia coincidente con la giacitura sulla quale si esercita la massima
tensione tangenziale, a questa si accompagna la tensione normale c = 75. I
punti di coordinate (I , 0) e (II , 0) sono i punti relativi alle tensioni principali,
le giaciture e sono le due giaciture principali sulle quali si esercitano le
tensioni principali.
Il valore delle tensioni principali :
I = xc r = 75 237.17 = 162. 17
II = xc + r = 75 + 237.17 = 312. 17
214 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
nl
Traccia del piano con massima
max=237,17
c
xy=75
c
I c n
II
I
P
II
c=75 II
I
x=150 y=300
Figura 10.5:
I= II= III=z n
I=-162,17 II=312,17
III=600
0 0 0
T0 = 0 0 0
0 0 0
0
0 =
2
Il dominio elastico, De , definito come il luogo degli stati tensionali per i quali
si ha comportamento elastico, :
Nello spazio delle tensioni principali esso individuato dal prisma con sezione
ad esagono regolare riportato in figura 10.7 avente lasse coincidente con la retta
di equazioni I = II = III che costituisce lasse delle tensioni idrostatiche.
Dalla rappresentazione nello spazio delle tensioni principali si nota come stati
tensionali che differiscono per una componente idrostatica distano della stessa
quantit dal contorno del dominio elastico e quindi sono equivalenti rispetto
alla crisi. Si noti che uno stato tensionale puramente idrostatico non produce la
crisi, la retta I = II = III non interseca la superficie del dominio elastico,
questo fatto sperimentalmente verificato per molti materiali nei quali non
presente alcuna porosit. Per i materiali porosi, per i quali i criteri isotropi non
sono a rigore validi, si pu verificare che una compressione idrostatica produca
la crisi in virt del collasso dei pori. Nei materiali fragili si ha invece che la
trazione idrostatica pu produrre crisi mentre la tensione di crisi per compres-
sione idrostatica praticamente infinita.3
Nel caso di uno stato tensionale alla De Saint Venant il tensore di tensione
risulta:
0 0 zx
T= 0 0 zy
zx zy z
zy
I = 0, n = , 1, 0
zx
1 zx zy
II = z 2z + 4 2z , n = , ,1
2 II II
1 zx zy
III = z + 2z + 4 2z , n = , ,1
2 III III
II = 0
III = 0
II III = 0
Delle tre solamente la terza ha rilievo poich riguarda i quadranti con tensioni
di segno opposto. Gli stati elastici per Tresca, sono quelli in cui risulta:
2z + 4 2z < 0 (10.2)
La tensione a primo membro della (10.2) la tensione equivalente secondo
Tresca, intendendo con questa locuzione che tutti gli stati tensionali aventi lo
stesso valore della quantit 2z + 4 2z hanno lo stesso coefficiente di sicurezza
rispetto al limite elastico. Essi infatti differiscono di uno stato triassiale con
componente solo sulla retta idrostatica.
I II III
III
III
II
II
I
Figura 10.7: Prisma esagonale di Tresca e sua sezione sul piano I = 0. In nero
si evidenziata la sezione sul piano deviatorico normale alla retta idrostatica
1 2
J2 = + 2II + 2III 2I II 2I III 2III II
6 I
Uguagliando lespressione di J2 con quella relativa ad una prova monoassiale
si ottiene la seguente espressione del Dominio limite di von Mises:
1 2
De = T 2I + 2II + 2III 2I II 2I III 2III II < 20
10.1. STATO LIMITE DEL MATERIALE 219
III
Esagono di Tresca
II
0,
71
0
0.
87
0
Si ricordi che J2 proporzionale al modulo della tensione tangenziale in uno
stato da pura , inoltre si ricordi che la parte deviatorica del tensore di sforzo
priva di componente idrostatica ed associata a variazioni di volume nulle,
pertanto si ritrovano, anche nel caso di von Mises, le caratteristiche qualitative
dei criteri di crisi per materiali duttili isoresistenti. Lequazione del dominio
limite rappresentata nel piano delle tensioni principlai da un cilindro a base
circolare circoscritto allesagono di Tresca, pertanto il dominio di von Mises
esterno al dominio di Tresca. I due criteri coincidono nei sei punti di tangenza.
Il massimo scarto, nei casi biassiali come nella trave, si ha nei quadranti con
tensioni principali concordi.
La tensione equivalente di von Mises per gli stati tensionali alla De Saint
Venant :
eq = 2z + 3 2z
per cui uno stato tensionale di De Saint Venant elastico se
2z + 3 2z < 0 (10.3)
Si vede che la (10.3) meno cautelativa della (10.2) inquanto
2z + 3 2z < 2z + 4 2z
Il criterio di von Mises suscettibile di una interpretazione energetica, in-
fatti la quantit J2 proporzionale ad unaliquota del potenziale elastico. Il
220 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
singola tensione stato lo studioso italiano Beltrami che ipotizz la crisi per lattingimento
di un valore limite del potenziale elastico. Il criterio di Beltrami particolarmente inefficace
poich produce un risultato dipendente dalla parte idrostatica della tensione e restituisce
quindi un valore finito per la crisi in condizioni idrostatiche di trazione e di compressione.
Sperimentalmente si osservato, per, che per la compressione idrostatica, in tutti i materiali
omogenei non si pu raggiungere la crisi anche per valori elevatissimi della tensione.
10.1. STATO LIMITE DEL MATERIALE 221
Estrapolazione lineare
caso si ammette che si abbia crisi in un punto della struttura se, fra le infinite
giaciture per questo punto, almeno su di una sia violata la seguente relazione
tra tensione normale e tensione tangenziale risultante:
n n tan + c (10.4)
Questa espressione equivalente ad ammettere che nei punti interni del
materiale la compagine sia mantenuta da leggi di tipo attritivo. In altre parole
si modella il legame interno ad un materiale come un legame ad attrito nel
quale la rottura equivale allo scorrimento su particolari giaciture sulle quali la
tensione normale non sia pi tale da garantire un attrito sufficiente a vincere
la tensione tangenziale presente. La relazione (10.4) da luogo ad una curva
intrinseca che degenera in due rette come quella raffigurata nella figura 10.10.
Langolo la semiampiezza del cono tra le due rette ed detto angolo di attrito
interno del materiale lintercetta, c, dellasse delle con la curva, individua il
valore corrispondente alla resistenza a tensione tangenziale in assenza di tensione
normale e si dice coesione. E bene notare esplicitamente che la coesione
diversa dal raggio del cerchio di crisi per pura tensione tangenziale.
Nel caso di materiali duttili la curva di Mohr Caquot coincide con la bilatera
di Coulomb ed entrambe degenerano in una coppia di rette orizzontali dando
origine ad un comportamento puramente coesivo. In questo caso il cerchio di crisi
diventa indipendente dalla tensione normale. Il critero di Tresca corrisponde a
questo caso in cui il materiale si dice puramente coesivo con la coesione data
da:
0
c= (10.5)
2
222 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
Bilatera di Coulomb
Coesione
Cerchio per compressione monoassiale A
ng
ol
o
d'a
ttr
ito
avendo indicato, come sempre, con 0 la tensione di crisi per trazione monoas-
siale.
EA
Ni = (10.6)
Li
10.2. STATI LIMITE STRUTTURALI. 223
Fe = 2A0 (10.11)
N2 = 0 N2 + N2 = 2A0 (10.13)
Daltro canto, per motivi di simmetria le due aste laterali saranno sollecitate
da un incremento di sforzo normale pari a
Fa
N1 = N3 = (10.14)
2
La tensione complessiva nelle due aste ancora elastiche diviene
N1 + N1 0 Fa
1 = 3 = = + (10.15)
A 2 2A
uguagliando questultima espressione alla tensione limite 0 possiamo ricavare
il valore di Fa per il quale anche le aste laterali attingono il valore limite
Fa = A 0 (10.16)
224 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
Fc = Fe + Fa = 3A 0 (10.17)
Lesempio mostra un semplice caso in cui la sicurezza strutturale legata
ad una analisi pi approfondita del comportamento meccanico anche in am-
bito ultraelastico, lo scopo dellesempio mostrato comunque, in questa sede
di puntualizzare che le questioni relative alla sicurezza meritano un pi appro-
fondito esame che, per esula dai limiti del corso. Basti comunque osservare
che linsorgere di un comportamento anelastico caratterizzato dalla nascita di
deformazioni permenenti e che quindi non tornano a zero al cessare dei carichi.
Per questo motivo, consentire ai carichi su di una struttura di superare la soglia
di limite elastico implica di accettare che la struttura dopo ogni ciclo di carico
sia modificata rispetto alla sua configurazione originaria, e questo fatto, in linea
di principio da evitare se non nel caso di carichi del tutto straordinari per i
quali si pu ammettere che la struttura non risponda elasticamente. In questi
casi latteggiamento del progettista strutturale pu essere quello di consider-
are ammissibile un carico che plasticizzi la struttura solo se questo carico
cos improbabile, ma non impossibile, che qualora si presenti renda la struttura
inutilizzabile ma non la faccia crollare.
w = L (1 cos ) (10.20)
per cui il lavoro del carico esterno pari a
P = F L (1 cos ) (10.21)
226 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
v = L sin (10.22)
1
= W P = k (L sin )2 F L (1 cos ) (10.23)
2
Lequazione di equilibrio si ottiene derivando rispetto a e uguagliando
la derivata a zero:
d 1
k (L sin )2 F L (1 cos ) = (kL cos F ) L sin = 0 (10.24)
d 2
0.5
0
-2 -1 0 1 2
Angolo
-0.5
-1
1
W = k2 (10.25)
2
10.2. STATI LIMITE STRUTTURALI. 227
1
= k2 F L (1 cos ) (10.26)
2
lequazione di equilibrio
d 1 2
k F L (1 cos ) = 0 k F L sin = 0 (10.27)
d 2
= 0, F (10.28)
k
F = , = 0 (10.29)
L sin
il cui diagramma, nel campo degli angoli minori di 4 il seguente
228 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
1.08
1.06
1.04
1.02
1
-0.5 -0.25 0 0.25 0.5
1 1 2
W = ks2 = k [L(1 cos ) sin + L sin ] (10.31)
2 2
Lespressione di quindi
1 2
= k [L(1 cos ) sin + L sin ] F L (1 cos ) (10.32)
2
Ricavando lequazione di equilibrio per derivazione di si ha
d 1 2
k [L(1 cos ) sin + L sin ] F L (1 cos ) = 0 (10.33)
d 2
= 0, F (10.34)
1 2 2
+sin2 cos2 +2 sin cos sin +sin2
F = kL sin 2 sin cos 2 sin sin 1+cos , = 0
2
Il diagramma forza rotazione riportato in figura ??
y
1.25
0.75
0.5
0.25
con il ramo curvo del diagramma forza rotazione. In questo caso possono pre-
sentarsi due comportamenti differenti, se il ramo curvo che si diparte dal punto
di biforcazione crescente, si pu ipotizzare che allaumentare della forza sia
posibile iniziare a percorrerlo aumentando ulteriormente la forza in presenza di
spostamenti trasversali via via crescenti. In alternativa si pu presentare il caso
in cui la struttura resti rettilinea e si pu continuare sul ramo rettilineo. Se il
percorso di equilibrio biforcato decrescente accade che la struttura pu indi-
rizzarsi verso il ramo curvo soltanto a patto che il carico decresca, poich nessun
punto di equilibrio esiste, sul ramo biforcato, corrispondente a valori del carico
maggiori di quello di biforcazione. Un incremeto di carico si pu verificare solo
sul ramo rettilineo di equilibrio.
Fino ad ora non abbiamo potuto dare nessuna preferenza al fatto che la
struttura preferisca o meno di dirigersi sul percorso di equilibrio = 0 detto
fondamentale o sul ramo biforcato detto variato. Nel caso di un unico punto
di equilibrio la questione non si pone, ma in presenza di pi configurazioni
di equilibrio tutte contemporaneamente possibili importante determinare se
alcuni rami di equilibrio siano preferiti rispetto ad altri.
Si pu invocare il seguente principio:
Una configurazione di equilibrio stabile se in essa lenergia di potenziale
totale attinge un minimo proprio.
In questo modo si pu affermare che la configurazione di equilibrio stabile
sar seguita in preferenza. Infatti Una configurazione di equilibrio stabile se
applicando alla struttura in questa configurazione, una perturbazione di carico
questa si sposti su una configurazione prossima a quella inizialmente di equilib-
rio. Se viceversa per effetto della perturbazione la struttura si allontana dalla
configurazione di equilibrio precedente la configurazione detta instabile.
Negli esempi precedenti possiamo determinare se una configurazione stabile
o instabile valutando se lenergia di deformazione minima nelle varie configu-
razioni.
Esempio 1
Lenergia di deformazione minima se la sua derivata seconda positiva
pertanto:
d2 d
2
= [(kL cos F ) L sin ] = kL2 + 2L2 cos2 k L (cos ) F
d d
(10.35)
Sul percorso di equilibrio fondamentale si ha
d2
= Lk F > 0 F < kL (10.36)
d2 =0
cio stabile la parte di percorso fondamentale per carichi inferiori a quello di
biforcazione. Sul percorso variato in cui F = kL cos risulta:
d2
= kL2 sin2 < 0 = 0 (10.37)
d2 F =kL cos
10.2. STATI LIMITE STRUTTURALI. 231
d2 d
2
= [k F L sin ] = k L (cos ) F (10.38)
d d
Sul percorso di equilibrio fondamentale si ha
d2 k
= k LF > 0 F < (10.39)
d2 =0 L
cio stabile la parte di percorso fondamentale per carichi inferiori a quello di
biforcazione. Sul percorso variato in cui F = Lk sin risulta:
d2
= k (1 cot ) > 0 = 0 (10.40)
d2 F = k
L sin
d2 d
= {k [L (1 cos ) sin + L sin ] [L sin sin + L cos ] F L sin } =
d2 d
1 2 2 2
cos2 +2 sin cos sin +sin2
F = F = kL sin 2 sin cos 2 sin sin +sin
1+cos
2
(10.43)
risulta:
d2
=
d2 F =F
< 0 > 0
= kL2 cos2 sin2 + sin sin 3 cos sin + cos2 tan
2 > 0 < 0
(10.44)
per cui il perfcorso di equilibrio variato con < 0 stabile e quello con > 0
instabile.
232 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
3 5
sin = + + ... (10.45)
3! 5!
2 4
cos = 1 + + ... (10.46)
2! 4!
Si pu notare che assumere solo i primi termini della serie equivale a fare
lipotesi di piccoli spostamenti per cui il termine di lavoro dei carichi che per
ogniuno degli schemi analizzati
P = F L (1 cos ) (10.47)
si annulla identicamente.
In questo caso lunica soluzione possibile dellequazione di equilibrio diventa
quella = 0.
Se si conservano anche i termini fino alla seconda potenza di lo sviluppo del
seno continua a dare lespressione lineare, lo sviluppo del coseno, invece presenta
un termine di secondo grado che fa cambiare lespressione del potenziale dei
carichi esterni:
2
P = FL (10.48)
2
Se consideriamo lespressione dellenergia potenziale dellesempio 1 essa si
modifica come di seguito:
Esempio 1
1 2
= kL2 2 F L (10.49)
2 2
lequazione di equilibrio
d 2
= kL F L = 0 (10.50)
d
che ammette soluzione = 0 se kL2 F L = 0 e cio se
10.2. STATI LIMITE STRUTTURALI. 233
Fc = kL (10.51)
si ottenuto cos il punto in cui il ramo di equilibrio variato interseca lasse delle
F.
Analogamnte per gli altri due esempi si ha
Esempio 2
1 2
= k2 F L (10.52)
2 2
d
= (k F L) = 0 (10.53)
d
k
Fc = (10.54)
L
Esempio 3
2
1 2 2 2
= kL sin F L (10.55)
2 2 2
1 2 2 1
kL F L2 (10.56)
2 2
dove si sono trascurate le potenze di superiori alla seconda
d 2
= kL F L = 0 (10.57)
d
Fc = kL (10.58)
I valori Fc del carico corrispondente al punto di biforcazione sono detti carichi
critici e rappresentano un valore di soglia del carico anche nel caso in cui la
struttura permanga in campo elastico.
Il valore del carico critico dipende dalla risposta elastica della truttura e
dalla dimensione di questa.
Trave inflessa
Nel caso di una trave deformabile elasticamente, la determinazione delleventuale
biforcazione dellequilibrio deve essere fatta a partire dalle relazioni elastiche
della trave stessa.
Si consideri nulla la deformazione assiale per semplicit, e si consideri la
deformazione flessionale che eventualmente si accompagna alla presenza di una
forza assiale.
Per derivare le equazioni caratteristiche del fenomeno si pu procedere attra-
verso la definizione dellenergia potenziale totale del sistema come si fatto in
precedenza per le strutture con elementi elastici puntuali, ma appare pi chiaro
definire esplicitamente le equazioni di equilibrio del percorso variato.
234 CAPITOLO 10. STATI LIMITE
dV
qdz + dV = 0 = q (10.59)
dz
Lequilibrio alla rotazione
dM dv
Hdv V dz + dM = 0 V = +H (10.60)
dz dz
Le due equazioni precedenti si compendiano in un unica equazione di equi-
librio sostituendo la prima nella seconda:
d2 M d2 v
+ H = q (10.61)
dz 2 dz 2
Questultima analoga alla equazione (3.23) dove compare in aggiunta un
contributo della forza H.
10.2. STATI LIMITE STRUTTURALI. 235
d4 v d2 v
EIn H =q (10.62)
dz 4 dz 2
che esprime lequazione di equilibrio elastico di una configurazione inflessa in
presenza di forza assiale nellipotesi di spostamenti grandi, ma in un intorno
della configurazione indeformata. Per questo motivo questequazione non
in grado di fornire le configurazioni deformate ma soltanto informazioni circa
lequilibrio intorno alla configurazione iniziale di eventuali configurazioni inf-
lesse. In questo senso essa equivale alle equazioni che descrivono il punto di
biforcazione dellequilibrio che si sono descritte in precedenza con riferimento
a sistemoi discreti nei quali si fatta lapprossimazione al primo ordine. La
deduzione dellequazione di Eulero (10.62) dell equilibrio variato della trave si
pu perseguire anche minimizzando il funzioneale scritto per il sistema con-
tinuo, ma per questo si rimanda a testi specifici sullargomento (cfr.Washizu,
Variational methods in elasticity and plasticity).
La soluzioni per lequazione (10.62) nel caso omogeneo (cio senza carichi
trasversali), q = 0, sono:
v = C1 ez + C2 ez + C3 z + C4 (10.63)
H
dove C1 , C2 , C3 , C4 , sono costanti da determinare = EI .
Se H > 0, trazione, reale e lequazione omogenea, per qualsiasi condizione
ai limiti (che determina le costanti di integrazione), ammette solo soluzione
banale v = 0 identicamente.
Se H < 0 e immaginario, = i H EI = i. In questo caso lespressione
di v si pu modificare introducendo la rappresentazione di Eulero dei numeri
immaginari come di seguito:
v =0B+D =0
z=0 (10.66)
v = 0 2 B = 0
v = 0 A sin L + B cos L + CL + D = 0
z=L (10.67)
v = 0 2 A (sin L) 2 B (cos L) = 0
n2 2 EI
L = n F = (10.69)
L2
Per n = 1 si ottiene il minimo valore di F = Fc per cui possibile trovare
una configurazione inflessa. Esso rappresenta il carico di biforcazione per la
trave appoggiata analogo a quello ritrovato per i sistemi discreti.
Al variare delle condizioni di vincolo si ottengono diverse espressioni del
carico critico tutte della forma
2 EI
Fc = (10.70)
(kL)2
La quantit kL detta lunghezza libera di inflessione e corrisponde alla
semionda della deformata inflessa. Per i pi semplici schemi strutturali essa
assume il valore:
Trave incastrata e libera kL = 2L
Trave su due appoggi kL = L
Trave incastrata e appoggiata kL = 0.7L
Trave con doppio pendolo e appoggio kL = 2L.
Indice analitico
Accelerazione nello spazio, 27
centripeta, 17
tangenziale, 17 Ingobbimento, 172
Intensit della tensione tangenziale,
Braccio 111
di una forza, 8 Intensit dello scorrimento, 96
Invarianti
Caratteristiche della sollecitazione, della deformazione, 94
46
segno, 46 Lavoro
Cauchy di una forza, 6
ipotesi sulle coppie interne, 101
Centro di rotazione misura di deformazione
allineamento, 25 di Green, 85
Calcolo delle componenti di ro- Momento
tazione dal -, 21 Polo
Coppia, 12 invarianza, 9
Criterio moto
Tresca-De Saint Venant, 211 rototraslatorio, 18
deformazione
Rigidezza
pura, 91
torsionale, 175
Deviatore
Rotazione
di deformazione, 94
torsionale, 172
dilatazione lineare, 86
specifica, 172
Energia
potenziale totale, 134 scorrimento, 87
Equazione Sferico
di equilibrio stato di deformazione, 94
al ontorno, 107 Simmetria
interno, 107 del tensore di tensione, 108
delle tensioni tangenziali, 108
forza maggiore, 127
di massa o di volume, 101 minore, 126
Spostamento
Gradi di liberta, 27 rigido, 18
nel piano, 27 piano, 21
237
238 INDICE ANALITICO
Tensione interna, 45
Cauchy, 102
tensore
di deformazione
finita, 85
infinitesima, 85
Velocit
scalare, 17
Vincoli
per moti piani, 28
Doppi, 28
Semplici, 28
Tripli, 28
Vincolo, 27