Appunti 2 Concili
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Appunti 2 Concili
Chi Ges?
Appunti sui concili da Nicea I a Costantinopoli III.
Aspetti della cristologia del Nuovo Testamento
Introduzione
Con levento della resurrezione ed apparizione del Risorto, gli Apostoli mossi
interiormente dallo Spirito vivente e operante in loro, compresero che il senso
del loro discepolato, la realt della propria nuova identit, era intimamente
legata dal senso della storia di Ges, allidentit di quel Ges che seguivano
come Maestro, Messia e Salvatore.
Con Cristo quale Risorto, per diveniva chiaro che non era pi possibile
guardare alla figura di Ges, attraverso occhi incapaci di vedere se non il
fenomeno storico chiuso in se stesso, se pensiamo al modo in cui gli Apostoli
vedevano a Ges, seppure creduto Messia unto ed inviato da Dio, ci rendiamo
conto di come il loro sguardo fosse costretto da una comprensione solo storica,
intra-mondana e immanente della realt, incapace cio di aprirsi totalmente a ci
che non poteva essere sperimentato coi sensi. Ora, per, era chiesta loro una
conversione totale del modo di concepire se stessi e la loro esperienza di Dio. In
altre parole, con un evento storico come quello della Resurrezione, che
contemporaneamente si inserisce nella metastoria, appariva chiaro che ormai
il criterio per conoscere il reale diveniva laccoglienza di verit che
trascendono i criteri umani, immanenti e razionali di comprensione e che
oltrepassa i limiti della materia e dello spazio.
In altre parole, la fede diveniva per gli apostoli il nuovo sguardo necessario
per comprendere lidentit ultima e definitiva di Ges, ma fede non intesa come
adesione a qualcosa di non evidente che sta di fronte, ma come adesione a
qualcosa entrando esistenzialmente in essa.
Chi dice la gente che io sia? A questa domanda gli apostoli dovranno
rispondere seguendo i nuovi criteri dati dallesperienza soprastorica e
soprannaturale della Resurrezione.
Ges e il Padre Abb
Con lo sguardo nuovo della fede nella Resurrezione e nella grazia dello
Spirito dato a pentecoste, gli Apostoli poterono ritornare al Ges storico,
allesperienza del loro stare-con-Lui, e finalmente cogliere pi profondamente
ci che prima non erano riusciti a cogliere. La particolarit e lesclusivit del
loro Maestro non risiedeva principalmente nella sua abilit di fare miracoli n
nelle sue abilit retoriche, non risiedeva nemmeno principalmente nel suo
atteggiamento caritatevole o misericordioso.
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1
Cfr J. N. D. KELLY, Il pensiero cristiano delle origini, 149.
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Origene
Fino ad Origene (+254) permaneva, a partire dagli Apologisti, e fino agli inizi
del III secolo, compreso in parte Tertulliano, la comune consapevolezza che il
Padre, unico e solo Dio, fosse allinizio da solo, sebbene avesse in modo
immanente a S la propria ragione, il proprio Logos, quasi cos come noi
abbiamo in noi la nostra ragione.
La reale processione del Logos, la generazione del Figlio, perci, si
realizzerebbe nel momento in cui il Padre volle creare. Per cui generazione e
incarnazione vengono strettamente legati.
Tale concezione solo lentamente si indebolisce, ma al tempo di Origene essa
rimane ancora ben salda, sebbene proprio con Lui si tracci la strada per un suo
superamento.
Per Origene di Alessandria, contemporaneo di Clemente e di Plotino,
principio unico di tutto il Padre, Egli solo Dio-in-s , poich
lunico ingenerato . Il Figlio perci un secondo Dio
, mentre il Padre interamente monade e, anzi, se cos possiamo
esprimerla enade (De princ.1,1). Il Padre cos il principio che trascende
tutto e da cui tutto deriva.
Origene affronta la questione del Monoteismo, insistendo sulla pienezza della
Divinit condensata nel Padre, il quale la sola sorgente della deit
(In Ioh. 2, 3, 20). Sia Figlio che Spirito sono Dio, ma la divinit che
essi posseggono, e che costituisce la loro essenza, scaturisce ed derivata
dallessere del Padre.
Ario e la crisi ariana
La vicenda di Ario rappresenta uno dei pi chiari esempi di cosa significhi
leggere la Scrittura, o approcciarsi alla novit della rivelazione, attraverso un
pregiudizio ideologico o filosofico-razionale che di fatto impedisce di fare di
Dio e della sua parola la fonte unica e primaria di ci che vero, il punto di
partenza unico della propria visione globale delle realt. Chi Dio? il Mondo?
Chi sono io? Chi dona le risposte a queste domande? Chi verifica le risposte
stesse? La rivelazione o la ragione filosofica? Chi annuncia le verit del tutto e
di ciascuna cosa? Siamo di fronte ad una questione di fede personale.
Quale la fede personale di Ario? Ario un presbitero a cui, ad Alessandria
intorno al 256, affidato il compito di interpretare le Scritture. Egli ha una sua
lettura personale della Scrittura, ma la sua metodologia include una
precomprensione filosofico-razionale (la filosofia medioplatonica ad
Alessandria in quel periodo la ragione, il modo di vedere la realt) che lo
condurr a leggere il testo in modo piegare il messaggio a favore di una visione
preesistente delle cose (visione platonica del mondo). Ario non ha la fede in una
verit rivelata da Dio alluomo in base a cui interpretare la realt, ma sembra
invece pi incline a credere una verit trovata e riflettuta dalluomo,
prospettiva dal basso, in base a cui interpretare e ricondurre il messaggio
cristiano.
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Occorre comprendere il motivo per cui Ario ritenga il Figlio estraneo al Padre
per lessenza. Dio Padre, per lAlessandrino lUno dei platonici, il solo ad
essere assolutamente trascendente sorgente originata di tutta la realt.
Verso lanno 320 egli scrive una lettera in cui descrive la sua concezione di
divinit-Padre:
conosciamo un unico Dio, che il solo increato (ghennetos) solo eterno, solo
senza principio, solo vero, [] immutabile e invariabile [] che ha generato
(ghennsanta) un figlio unigenito prima dei tempi finiti [] creatura perfetta di
Dio. Noi diciamo che per volere di Dio egli fu creato prima dei tempi e dei secoli e
dal Padre ricevette la vita, lesistenza e la gloria di cui lo rese partecipe il Padre.
Dio che causa di tutto, il solo senza principio, mentre i Figlio generato dal
Padre [] non esisteva prima di essere generato, [] il solo ad essere venuto
allesistenza per opera diretta del Padre [] ma egli (il Padre) come monade e
principio di tutto Dio prima di tutti3.
2
Tala, in Athanas. De syn. 15, citato in A. GRILLMEIER, Ges il Cristo nella fede della Chiesa, I/1, 466.
3
Professione di fede di Ario, citato in A. GRILLMEIER, Ges il Cristo nella fede della Chiesa, I/1, 468.
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Alcuni punti:
a) si elimina lequivocit del termine gennetos generato che veniva utilizzato
come sinonimo di genetos creato. Il Figlio detto generato, ma non creato.
b) In particolare detto generato dalla sostanza del Padre. La sostanza divina
del Padre non materiale, ma spirituale questo esclude che si possa interpretare
tale generazione materialisticamente come scissione o separazione della natura,
cos come accusavano gli ariani. La generazione del Figlio come Dio vero non
subisce limitazioni spazio-temporali non subisce limitazioni di legge naturale,
al di sopra di esse.
c) Inoltre, fino ad allora la generazione del Figlio era ritenuta come un atto
della volont del Padre. In questo modo la si rendeva accidentale, non necessaria
al Padre stesso e alla natura divina del Padre. Invece, poich il Padre non pi
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4
Contr. Ar. III, 66, citato in L.F. LADARIA, il Dio vivo e vero, 232.
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la vita, lessere, la sua divinit da unaltra persona senza essere meno Dio di Lei.
Questo una novit sconvolgente per la ragione umana di tutti i tempi, la vera
libert della verit che sorpassa le convenzioni umane. Essere un essere assoluto
di potenza vita e amore, ma ordinato ad un altro in tutto. Essere il tutto, ma
ricevendo il tutto da un altro. Dio vero da Dio vero, senza limitazioni.
Avere Dio Padre come sorgente e fonte eterna (generazione eterna) della
propria esistenza, vita, del proprio essere (essenza) non vuol dire essere minore
di lui in senso ontologico, ma essere Dio pieno secondo questo modo proprio di
esistere, di essere, secondo questo ordine. Non possibile pensare alla persona
del Figlio e alla sua divinit indipendentemente dal suo essere dal-Padre.
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Introduzione
Con il Concilio di Nicea si vide compiuto uno dei pi importanti atti
interpretativi dellevento Cristo. Uninterpretazione ufficiale e solenne del
Kerygma e delle Scritture realizzata da parte della Chiesa.
San Paolo affermava riguardo a Cristo che in lui che abita corporalmente
tutta la pienezza della divinit (Col 2, 9), questa pienezza di divinit Nicea la
considera senza diminuzioni o sconti, si tratta di una divinit uguale e
numericamente identica a quella di Dio Padre, ci ci dice, conseguentemente,
che anche la relazione di Ges con Dio, che le Scritture rivela essere una
relazione di figliolanza, viene interpretata in modo tale da non concedere spazio
a fraintendimenti: Dio ha un Figlio e uno Spirito consustanziale a s senza con
questo perdere la propria pienezza e soprattutto senza diminuire la propria
essenza nella condivisione di essa, senza venir meno nella propria trascendenza.
In questi concili viene mostrata in modo chiaro e definitivo lassoluta e
imparagonabile novit della fede cristiana cos come si data nella storia e cos
come narrata nelle Scritture.
Dunque, con il Simbolo di Nicea viene sigillata in maniera inequivocabile
laffermazione della presenza reale di Dio in Ges Cristo, in Lui realmente Dio e
luomo entrano in diretto contatto. Ma sar proprio su questo punto, sul modo di
comprendere la natura di tale contatto tra Dio e luomo in Ges che andranno
infervorendosi le nuove dispute che saranno destinate a perdurare fino al VII
secolo.
La questione sar: in che misura davvero il Dio da Dio, immutabile e
totalmente trascendente pu entrare in contatto con lumanit caduca materiale e
mutabile? Qual lintensit di tale contatto che addirittura ha permesso di
identificare colui che Nicea ha affermato essere vero Dio con colui che nelle
Scritture viene descritto come un essere pienamente umano sofferente,
sanguinante e addirittura crocifisso. Un uomo che le Scritture attestano essere
stato soggetto alla crescita nella sapienza (Cfr Lc 2,52), ma anche a sofferenza
interiore, tristezza, pianto, angoscia, meraviglia e soprattutto ignoranza.
Ora, chiaro che dopo Nicea non poteva pi venire ridotto lo spessore della
divinit del Verbo per spiegare e salvaguardare la trascendenza e limmutabilit
della Deit. Per cui lasse dinteresse e di indagine si andava naturalmente
spostando sullaltra realt affermata e manifestata storicamente in Ges
ovverosia la sua umanit.
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Verso Efeso
Concilio di Efeso
Verso Calcedonia
5
Cfr A. GRILLMEIER, 925-952.
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alcun fondamento sui testi Scritturistici. La figura di Ges che presentata dai
vangeli definiscono un unico Soggetto veramente divino e veramente umano.
Rispetto a Efeso i termini Dio e uomo perfetto sono cambiati allimpersonale
divinit ed umanit, seguendo il suggerimento di Cirillo (Latentur) per evitare di
confondere due persone diverse.
La seconda parte quella che apporta le novit pi importanti.
Non si utilizza lex due nature per evitare di dare credito ad Eutiche e che
quindi lascerebbe credere che dalle due nature risultasse un tertium quid, non
consustanziale al Padre n a noi. Ci si limita a parlare di in due nature.
Anche dopo lunione la differenza rimane ed riconoscibile, (da conoscersi
in due nature). Se ci fosse stata confusione delle nature, non si sarebbe potuta
discernere cosa in Cristo apparteneva alle propriet di una e dellaltra natura.
Invece ci possibile farlo anche dopo lunione, questo vuol dire che la
differenza rimane. Filippesi affermava conosciuto/trovato simile agli uomini.
Le prime due note sono contro Eutiche ed escludono: monofisismo,
mescolanza degli elementi, tertium quid, assorbimento.
La confusione, vuole escludere ununione per commistione. Essa da origine
certo ad ununita vera e ontologica, ad ununit che da origine ad ununica
natura. Ma il mix degli elementi, come ad esempio avviene con lacqua e la
farina da origine ad una natura che ontologicamente differente sia dallacqua
che dalla farina. Una materia che non homoousios n con luna n con laltra.
Anselmo fa lesempio del mulo: non cavallo, non asino.
In Cristo, ci che divino e ci che umano, le nature, rimane perfettamente
integro, distinte, riconoscibili: non confuse. Ci che Dio rimane Dio e ci che
uomo rimane uomo. Perch non c mutamento. La differenza nella vita di
Cristo era evidente e riscontrabile: conosciuto.
Le altre due note sono espresse contro il nestorianesimo. Esse servono a
controbilanciare le prime due. Se vero che con lunione non avviene
commistione, altrettanto vero che esse non possono essere intese come divise e
separate. Le due nature non sussistono in s indipendentemente luna dallaltra.
Sono distinte, nel senso che non c mutamento, che permangono nella loro
perfezione ontologica, ma non esistono separate o divise. Per sempre unite, dal
primo istante della creazione dellumanit, per leternit. Lunione
irreversibile.
La seconda una formula che viene direttamente dalla lettera di Leone, che
riprendeva a sua volta Tertulliano. Le nature non subiscono alcun mutamento o
alterazione dallunione. Le propriet di entrambe rimangono intatte nella loro
intimit ontologica e le loro propriet e caratteristiche intatte appartengono
perfettamente allunico Cristo.
Le propriet di una e dellaltra, non risentono in s dellunione.
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Verso il costantinopolitano II
C. 4: Se qualcuno dice che lunione (hensis) del Verbo di Dio con/verso (pros)
luomo avvenuto secondo la grazia (charis) o secondo loperazione (energeia) o
secondo luguaglianza di onore (isotimia) o secondo lautorit (authentia) o
referenza (anaphora) o relazione (schesis) o virt (dynamis) o ancora secondo il
compiacimento (eudokia), quasi che il Verbo di Dio si sia compiaciuto delluomo
che avrebbe avuto di lui una bella e buona stima, come dice Teodoro nella sua
follia; ovvero secondo lomonimia (homnymia) per cui i Nestoriani, chiamando il
Dio Verbo Ges e Cristo, e denominando separatamente luomo Cristo e Figlio,
parlando evidentemente di due persone, fingono di parlare di una sola persona
(prospon) e di un solo Cristo, soltanto per ragioni di nome, donore, di dignit e di
adorazione; se non confessa, invece, che lunione (hensis) del Verbo di Dio
con/verso (pros) la carne animata da unanima razionale e intelligente sia
avvenuta secondo la composizione (kata synthesin), cio (goun) secondo
lipostasi (kathhypostasin) [], e di conseguenza [non confessa] una sola
ipostasi in lui, vale a dire il Signore Ges Cristo, uno della santa Trinit, costui
sia anatema.
Infatti lunione (hensis) concepita in molti modi: gli uni, seguendo lempiet di
Apollinare e di Eutiche, e ammettendo lannullamento degli elementi che
concorrono, parlano di ununione secondo la confusione/mescolanza (kata
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synchysin); gli altri, seguendo le idee di Teodoro e di Nestorio, sono favorevoli alla
separazione (diairesis) e parlano di ununione di relazione (hensis schetiks). La
santa Chiesa di Dio rigettando lempiet delluna e dellaltra eresia confessa
lunione del Verbo di Dio con/verso (pros) la carne secondo la composizione
(kata synthesin), ossia (hoper esti) secondo lipostasi (kathhypostasin).
Questunione secondo la composizione (kata synthesin) non solo conserva, nel
mistero di Cristo senza confusione (asynchyts) gli elementi che concorrono,
ma non ammette la loro divisione (diairesis) (DH 421-432).
La volont umana, nellagonia, non avrebbe potuto non opporsi alla morte,
essa sarebbe stata contraria e avrebbe resistito alla volont divina. Innanzi ad un
unico oggetto, il Soggetto avrebbe allo stesso tempo avuto due volont
contrarie.
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Cfr B. SESBO, Storia dei Dogmi, I, 393-395.
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Nello stesso modo proclamiamo in lui [] due volont o voleri (thelsis toi
thelma) naturali e due operazioni (energeia) naturali, senza divisione
(adiarets), senza mutamento (atrepts), senza separazione (amerists) o
confusione (asynchyts). Le due volont (thelma) naturali non sono in
contrasto (hypenantia) fra loro (non sia mai detto!), come affermano gli empi
eretici, ma la sua volont (thelma) umana (anthrpinos) segue, senza
opposizione (antipiptos) o riluttanza (antipalaios), o meglio, sottoposta
(hypotassein) alla sua volont (thelma) divina e onnipotente (pansthenos),
secondo il sapientissimo Atanasio7. Come, infatti, la sua carne detta la carne del
Verbo di Dio, e lo realmente, cos la volont (thelma) naturale (physikos) della
sua carne [Atanasio] detta ed volont (thelma) propria (idios) del Verbo di
Dio, secondo quanto egli stesso afferma: Sono disceso dal cielo non per fare la mia
volont (thelma), ma la volont (thelma) di colui che mi ha mandato (Gv 6,38).
Egli afferma essere sua (idios) la volont (thelma) della sua carne, poich
anche la carne diventata sua (idios). Come, infatti, la sua carne tutta santa,
immacolata e animata, sebbene deificata (theo), non stata cancellata, ma
rimasta nel proprio limite (oros) e nella propria ragione di essere (logos), cos la
sua volont (thelma) umana, anche se deificata, non fu annullata, ma piuttosto
salvata (soz), secondo quanto dice Gregorio il teologo: Perch il suo volere
(thelein) di colui che si considera in quanto Salvatore non contrario
(hypenantios) a Dio, essendo totalmente divinizzato (theten holon)8.
Noi glorifichiamo (doxaz) nello stesso Signore nostro Ges Cristo, nostro vero
Dio, due operazioni (energeia) naturali (physikos), senza divisione (adiarets),
senza mutamento (atrepts), senza separazione (amerists) o confusione
(asynchyts), cio (toutesti) unoperazione (energeia) divina e unoperazione
(energeia) umana, secondo quanto afferma molto chiaramente Leone, lispirato da
Dio: Ciascuna natura (morph) agisce in comunione (koinnia) con laltra secondo
ci che le proprio; il Verbo opera ci che proprio del Verbo, il corpo (sma;
[Leone diceva carne]) compie ci che proprio del corpo9. Non attribuiremo,
certamente, una sola naturale operazione (energeia) a Dio e alla creatura, per evitare
di elevare la creatura fino alla sostanza (ousia) divina o di abbassare la sublimit
della natura (physis) divina al livello proprio agli esseri generati. Riconosciamo che
i miracoli (ta thaumata) come le sofferenze (ta path) sono di uno solo e dello
stesso secondo le differenti nature (physis) di cui composto e in cui ha il suo
essere, come disse leminentissimo Cirillo.
Conservando totalmente ci che senza confusione (asynchyts) n divisione
(adiarets), noi proclamiamo il tutto in una frase concisa: credendo che luno della
Santa Trinit , dopo lincarnazione (sarksis), il Signore nostro Ges Cristo, nostro
vero Dio, noi diciamo che due sono le sue nature che sirradiano (dialamp) nella
sua unica ipostasi, nella quale, lungo tutta la sua esistenza secondo leconomia,
egli ha manifestato i suoi miracoli e le sue sofferenze, non in apparenza (phantasia)
ma in verit. La differenza (diaphora) delle nature in questa stessa e unica ipostasi
7
ATANASIO DI ALESSANDRIA, Nunc anima turbata est (Gv 12,27) (trattato perduto).
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GREGORIO DI NAZIANZO, Or. 30, 12.
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LEONE MAGNO, Tomus ad Flavianum.
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conosciuta (gnriz) dal fatto che ciascuna natura vuole (thelein) e opera
(energein) ci che le proprio (idios) in comunione (koinnia) con laltra. Per
questa ragione (logos) noi glorifichiamo (doxaz) due volont (thelma) e due
operazioni (energeia) naturali (physikos) che concorrono (syntrech) insieme alla
salvezza del genere umano.
Dunque, in Ges la volont umana non mai stata opposta alla volont di
Dio, ma sempre con essa in comunione mediante la sottomissione volontaria.
Questo concilio manifesta una verit su Cristo, ma proprio vero che la verit di
Cristo getta luce sulla verit delluomo, come afferma GS 22, per cui chi vuole
sapere chi luomo nella sua identit natura e creaturale deve guardare a Cristo
e lasciarsi illuminare da Lui:
In realt solamente nel mistero incarnato trova vera luce il mistero delluomo, (GS
22).
Con lultimo concilio lumanit di Cristo viene affermata piena e vera non
solo dal punto di vista della presenza in lui degli ingredienti ontologici: anima
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d.Emmanuele Rotundo