Sintesis de Pie Ninot

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Teologia

Appunti delle lezioniFondamentale: la credibilità della rivelazione


2008-2009
cristiana

Introduzione
Il corso comprende 10 temi, divisi in due parti. All’esame si porta a piacere una tesi della prima
parte e una della seconda (4 min.), dopo il professore chiede qualsiasi altra tesi.
Libro base: La Teologia fondamentale, S. Pie-Ninot, Queriniana.
Complementi: Dizionario di Teologia Fondamentale (DTF - Latourelle-Fisichella).
Corso di Teologia Fondamentale, ( CTF - Max Seckler).
La parola definitiva di Dio, Verweyen, Queriniana.
L’idea della fede, P. Sequeri.
Programma:
1. Introduzione: identità e compito della Fondamentale. Quando comincia come disciplina?
Resoconto geografico delle scuole e degli orientamenti attuali.
Parte epistemologica
2. Conosci te stesso: questione antropologica; come l’uomo è aperto, quale capacità ha l’uomo
di ascoltare una possibile rivelazione di Dio.
3. Fede: come forma di conoscenza, una fede che ha “degli occhi”.
4. Fede e Ragione: la ragione non solo nell’aspetto teoretico, ma anche come vissuto; la fede è
un atto umano? La fede, anche se è un dono di Dio, è vissuta nell’uomo. Da questa tesi esce
il tema fondamentale del corso: la credibilità, intesa come proposta di senso e non come
argomentazione (se la fede si potesse dimostrare non sarebbe più un dono di Dio).
5. La Rivelazione: la categoria filosofica dell’universale concreto. Se la ragione umana ha
delle categorie possibili per spiegare come Dio (l’universale) si fa concreto. Il problema non
è credere in Dio, ma che Cristo è Dio. È possibile che una persona umana abbia una valenza
universale?
Proposta sistematica
La cristologia fondamentale: tesi 6, 7 e 8. La credibilità di Cristo.
L’ecclesiologia fondamentale: tesi 9 e 10. La credibilità della Chiesa.

Tesi 1: Identità e compito della Teologia Fondamentale

All’inizio del cristianesimo, la teologia si fa soprattutto a partire dalla lectio divina, cioè dalla
lettura della Scrittura, lo vediamo in particolare nei Padri. C’è dunque una teologia che nasce dal
commento della Scrittura, ma anche uno che viene dal commento alla liturgia, o meglio ai
sacramenti, una catechesi che possiamo dire del Credo.
Quello che emerge è che nel primo millennio non c’era una teologia sistematica. C’è un momento
importante nell’XI secolo che segna la svolta nella teologia, S. Anselmo come precursore (fides
quaerens intellectum), ma soprattutto con la “scolastica”, con Alberto Magno e S. Tommaso, per i
domenicani, e S. Bonaventura, per i francescani. La teologia non è più nella cattedrale, come
commento, ma cominciamo a sorgere le scuole, le università. Tali università cominciano a fare un
sistema delle varie discipline.
Accade che i domenicani, attenti alla predicazione, chiedono a S. Tommaso di andare all’università
di Parigi. Cosa fa Tommaso quando arriva a Parigi? Egli comincia a spiegare la Teologia e per gli
studenti scrive la Summa Theologiae.
Nella prima quaestio Tommaso afferma che la teologia è scienza: è vero che dal punto di vista del
contenuto è diversa, solo con la fede possiamo attingere a Dio, nonostante ciò possiamo applicare
ad essa un metodo scientifico, per questo può stare in una università.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Il metodo scientifico ha un aspetto fondamentale: studiare le cause e le conseguenze.

Fare scuola è differente dal fare catechesi, non si dà un voto sulla moralità della persona, ma sulla
scienza sì. Questo mette in evidenza anche il fatto che la teologia non è tutto per la fede, è
altrettanto importante il vissuto ecclesiale.
Dunque, per capirci, quando parliamo di Teologia la intendiamo come scienza, come da Tommaso
in poi.

Nella Summa, Tommaso non mette un trattato di Rivelazione, né di ecclesiologia, cioè, non è
presente una trattazione della Teologia Fondamentale. Quando comincia, dunque la disciplina che
chiamiamo in questo modo? Evidentemente non in questo momento perché non c’era bisogno.
Dobbiamo fare riferimento a due momenti:
 secolo XVI: La Riforma luterana; cosa era accaduto? Nel XIII sec era nata la scolastica, ma
questa, disgraziatamente era stata riletta in una forma nominalistica 1; Lutero rifiuta questa
impostazione, egli accusa che in questo modo la Chiesa non è evangelica; questo porta una
grande difficoltà nella teologia cattolica, che comincia a fare un trattato di introduzione: De
vera ecclesia, trattato aplogetico molto polemico. Lutero diceva che la vera Chiesa evangelica
deve annunciare il puro vangelo; il trattato cattolico parla delle 4 note basandosi sul credo Nic-
Cost, con sillogismi molto chiari. Il concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen
Gentium comincia affermando che la Chiesa è un mistero, si lascia l’apologetica.
 Nel XVIII secolo abbiamo la grande rottura del pensiero attraverso l’illuminismo. Cosa dice
Kant sull’illuminismo? È l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità dovuto a se stesso.
Illuminismo significa avere luce. Uno deve pensare prima di obbedire, per questo il motto
dell’illuminismo è “sapere aude”, cioè “abbi il coraggio di sapere”. Kant afferma che è tanto
comodo essere “minorenni”, cioè che ci sia un altro che pensi per me, ma bisogna pensare. Per
questo arriva a scrivere “La religione entro i limiti della sola ragione”.

Stiamo affrontando il contesto in cui nasce l’apologetica, cioè dell’illuminismo.


Kant scrive La Religione entro i limiti della sola ragione, con l’intento di fondare una religione
naturale nella quale ci sarà una comunità etica e una chiesa “invisibile”. Questa affermazione
capovolge la teologia manualistica o scolastica. A Tubinga nasce la prima risposta all’illuminismo,
l’apologetica come dimostrazione scientifica della divinità di del cristianesimo.
Drey fa un’apologetica dialogata, pertanto il modello della disciplina nuova è il dialogo, studiando
tutti i punti che escono dalla dottrina kantiana.
Probabilmente la prima cattedra di Teologia Fondamentale fu a Praga, ma ciò che importa è la
consapevolezza in ambito teologico della nascita di una nuova disciplina. Il contesto culturale
pretende che tutto venga dimostrato scientificamente, per questo la teologia va verso questa
direzione.
Anche a Roma nasce (1840) questa disciplina nel Collegio Romano (futura Gregoriana) con p.
Perrone che comincia le sue lezioni con i fondamenti; la risposta non è dialogale come quella di
Drey ma più dura, polemica, contro il razionalismo kantiano, dovuta anche alla diversità del
contesto (Drey in ambiente più “ecumenico”, a Roma tutti sono cattolici).
Dunque abbiamo due orientamenti: una più dialogale e una più apologetica.

1
Nominalismo: dare importanza alle parole, una forma contenutistica; il N. ha spostato l’attenzione sulle parole: sei
ortodosso se sai dire bene le parole, escludendo il vissuto.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

IL CONCILIO VATICANO I
Nel Concilio Vaticano I (1870) questa disciplina ha un’importanza fondamentale. Il CV I ha due
punti importanti: la rivelazione e l’ecclesiologia. Per la nostra materia ciò che ci interessa è la Dei
Filius.
Il CV I ebbe una certa sfortuna dal punto di vista della ricezione. La conclusione fu tragica con
l’arrivo dei garibaldini a Roma; di fatto non ci fu una vera e propria conclusione, ma una
interruzione. Oggi c’è un recupero di questo concilio. Per capire bene il Vaticano I bisogna leggere
bene gli atti, ma questi furono pubblicati solo 50/60 anni dopo. Questa conoscenza degli atti ha dato
una nuova visione del concilio. Esempio: la Lumen Gentium al cap. 3 parla della gerarchia, per nove
volte non cita il CV I, bensì gli atti del concilio, questo dimostra la difficoltà di comprendere bene il
concilio stesso.
Cosa dice la Dei Filius? Come questa ha portato alla formazione della Teologia Fondamentale?
 C’è un doppio ordine di conoscenza: naturale e soprannaturale. L’ordine naturale è capace di
conoscere Dio, ma non basta, c’è un ordine soprannaturale che viene grazie alla rivelazione e
che ha per oggetto i mysteria. La parola rivelazione è un termine nuovo che emerge proprio in
risposta all’illuminismo, prima del secolo XIX era usato solo come aggettivo. È chiaro che qui
parliamo di rivelazione soprannaturale. Il Concilio di Trento non parla di rivelazione ma di
Vangelo, perché Lutero pretendeva una Chiesa evangelica. Dunque Kant va bene, si colloca nel
primo ordine, ma non basta, anzi, la rivelazione dà anche forza alla conoscenza naturale.
 La rivelazione si accoglie per mezzo della fede, dono di Dio; perché uno ha la fede? Perché
abbiamo il dono di dire di sì a Dio? La fede cristiana ha per base l’autorità di Dio, il motivo di
fede è: «Perché Dio l’ha detto». Questo aspetto sottolinea la gratuità della fede. Il motivo è,
perciò, soprannaturale, cosa che un illuminista non accetterebbe, per questo c’è un secondo
momento: questa fede è anche ragionevole. Credere non è senza ragione. Dunque, l’uomo
quando crede fa un atto umano, non fa un atto cieco ma coerente con la ragione. La fede aiuta al
sapere aude.
 Come avviene la coerenza della ragione?
 La ragione cerca delle analogie: cercare delle parole per spiegare («Dio è Padre» è
un’analogia).
 Connessione tra i diversi misteri.
 La connessione con il senso ultimo. La ragione cerca di capire il senso antropologico
delle affermazioni teologiche.

Come si è successivamente articolata la Teologia Fondamentale a partire da tutti questi elementi?


La parola chiave di questa nuova disciplina è la credibilità, cioè mostrare che il contenuto della
rivelazione è degno di fede, vale la pena credere.
La credibilità ha tre prospettive:
 mostrare la vera religione – De vera religione  uomo
 mostrare il vero cristianesimo – De vero christianesimo  Cristo
 mostrare la vera chiesa – De vera ecclesia  Chiesa

DAL VATICANO I AL VATICANO II


Nel mondo teologico comincia tutto un movimento di rinnovamento. Quali sono i presupposti di
questo rinnovamento?
 A partire dagli anni trenta comincia il rinnovo del tomismo:
 STORICO: tornare al tomismo storico, non facendo riferimento alla neoscolastica; 
Congar

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Appunti delle lezioni 2008-2009

 TRASCENDENTALE: rilettura di Tommaso attraverso l’illuminismo (categorie kantiane)


 Marechal, Rahner: Tommaso può rispondere alle questioni sollevate
dall’illuminismo;
 NEO-TOMISMO: Maritain, Gilson.
 Nouvelle Theologie: De Lubac  un tentativo di fare una teologia per il XX secolo, tenendo
presente il fine pastorale;
 Pensiero personalista: ha come origine diversi pensatori ebrei (Buber), qui in Gregoriana p.
Alfaro; il personalismo ha fatto vedere come la fede è un incontro personale; il cristianesimo
non è una ideologia, è una persona;
 La nuova esegesi: fino al 1943 (Divino affilante Spiritu) non era permesso tradurre la Bibbia
nelle lingue correnti; nel 1955 abbiamo la prima versione della Bibbia di Gerusalemme;

IL CONCILIO VATICANO II
Apparentemente il CV II non parla di Teologia Fondamentale, il fatto è che i Padri conciliari sono
stanchi dell’apologetica, il Concilio produce un documento: la Dei Verbum. Che fare? Bisogna
ancora insegnare la Teologia Fondamentale nelle università? Apparve una disciplina dogmatica:
«Rivelazione e Fede», senza entrare nell’argomento della credibilità.
Nel 1979 il papa dice che bisogna fare Teologia Fondamentale anche in relazione all’ecumenismo.
Negli anni ’90, dopo un grande congresso fatto in Gregoriana, sulla Teologia Fondamentale appare
chiaro che c’è una nuova disciplina, perché il tema della credibilità risulta fondamentale per la
pastorale. Escono allora il DTF (1990) e il CTF (1988-90). C’è un’attenzione al tema antropologico,
che è espresso appunto dalla parola «credibilità».
Impostazione delle due scuole:
 DTF – Gregoriana  credibilità
 CTF – Tubinga  i fondamenti della Teologia

Quando parliamo di credibilità la intendiamo mostrativa e non dimostrativa.

La DV mette al centro della vita della Chiesa la Parola di Dio («Dei verbum religiose audiens»).
La DV mette in evidenza anche la Tradizione e il Magistero che ha la funzione di interpretare
autenticamente la Parola di Dio, non stando sopra ad essa ma al suo servizio. «Autentico» indica
che ha l’autorità che gli viene da Cristo.

Quello che è importante per il nostro corso è che i padri conciliari nella Optatam totius non parlano
di apologetica. Questo ha portato un “disastro” non si sapeva che fare di questa disciplina.

Nella costituzione apostolica Sapientia Christiana dove si stabilisce la norma degli studi teologici,
qui si parla di Teologia Fondamentale.
Quale modello assumere per la TF? Varie proposte:
 APOLOGETICA CLASSICA (che vuole dimostrare)
 LA DOGMATICA DELLA RIVELAZIONE E DELLA FEDE (senza la dimensione della risposta)
→Latourelle: La Teologia della rivelazione
 L’APOLOGETICA DELL’IMMANENZA E DELL’UDITORE (antropologica) → Blondel
 LA TEOLOGIA FONDAMENTALE PRATICA → J. B. Metz

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Con la SapCh ci si accorge della necessità di non fermarsi alla dogmatica, ma affrontare il problema
della credibilità (nuova apologetica → mostrare). Quale l’elemento chiave che porta a questo
cambiamento? Il “giro antropologico”: la grande novità degli anni ’50-’60 è l’attenzione all’uomo
moderno, vedere se la persona ha la capacità di ricevere la rivelazione; questo implica una
dimensione pastorale.

Siamo in una nuova immagine della Fondamentale. Importante fu un congresso tenuto in


Gregoriana sulla TF nel 1995. Il congresso mise in rilievo tre questioni:
1. Nuova interpretazione della Dei Filius.
2. La coscienza della convergenza; c’erano due orientamenti: quello della Gregoriana (→
credibilità – non come riflessione filosofica) e quello tedesco (→ fondamenti della teologia);
nella scuola tedesca c’è un orientamento classico sulla verità (Seckler) e quello nuovo della
scuola di Friburgo sul senso (Verweyen); per quanto riguarda la credibilità abbiamo
l’orientamento latinoamericano e quello di Milano con Sequeri e la sua scuola, tra credibilità
e fondamenti. C’è, infine, anche un orientamento che cerca di fare un’apologetica pre-
teologica (un po’ sorprendente – si può fare? Come possiamo parlare come se non fossimo
credenti? La fede non è come un cassetto che chiudo e metto da parte, fa parte della vita!).
3. La differenza tra Teologia Fondamentale e Teologia Dogmatica; 1) la TF è una disciplina ma
anche una dimensione di tutta la teologia, soprattutto antropologica (Rahner); 2) che
differenza tra le due discipline? La dogmatica argomenta per mostrare che quanto si crede è
conforme alla fede della Chiesa; anche la fondamentale argomenta, ma per mostrare che
quanto si crede è credibile per l’uomo e per la storia.

Il papa fece un discorso che portò alla Fides et Ratio che uscì nel 1998.

LA FIDES ET RATIO
N. 67 afferma che la TF è una disciplina che dovrà farsi carico di giustificare ed esplicitare le
relazioni tra fede e riflessione filosofica. La credibilità è la forma di relazione tre fede e filosofia,
questo porta alla verità e alla pienezza di senso.
Questo numero esprime tutti gli orientamenti sulla fondamentali emersi nle congresso del ’95:
credibilità, verità e senso.
La struttura della FR:
 Introduzione: conosci te stesso
 Cap. 1: La rivelazione della Sapienza di Dio
 Cap. 2: Credo ut intelligam
 Cap. 3: Intelligo ut credam
 Cap. 4: Fede e ragione
 Cap. 5: Magistero
 Cap. 6: Rapporto tra teologia e filosofia
 Cap. 7: Esigenze attuali

La struttura della FR può essere preso come schema della TF.


«Conosci te stesso» significa che bisogna partire dall’uomo, va alla rivelazione e alla fede per
ritornare all’uomo.
Cosa ritenere dal punto di vista magisteriale?2
I nn. 85 e 102 sono i testi fondamentali per capire il magistero del papa. N. 85: «Voglio esprimere
con forza…», sta impegnando il suo ministero petrino, «la convinzione che l’uomo è capace di

2
Criteri per discernere il magistero ordinario: 1) natura del documento, 2) ripetizione, 3) lo stile e il tono (forma di
esprimersi).

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Appunti delle lezioni 2008-2009

giungere ad una visione unitaria e organica del sapere», è una grande professione di fede nella
ragione dell’uomo, è una visione ottimista sull’uomo.
n. 102: la Chiesa deve «…portare gli uomini alla scoperta della loro capacità di conoscere il vero e
il loro anelito verso un senso ultimo e definitivo della loro esistenza».
Come possiamo definire la TF?

Sintesi:
LA TEOLOGIA FONDAMENTALE CONSISTE NEL FONDARE E GIUSTIFICARE LA RIVELAZIONE
CRISTIANA COME PROPOSTA SENSATA (E NON DIMOSTRAZIONE) TEOLOGICA, STORICA E
ANTROPOLOGICA.

L’aspetto storico e antropologico è lo specifico della fondamentale, è dove si trova il dialogo con
l’umanità; la storia è necessaria per non cadere in un soggettivismo.

I PARTE: EPISTEMOLOGICA
Noi partiamo dalla fede, stiamo facendo teologia! Ma la fede non è soltanto una virtù teologale, è
anche una conoscenza. In questa parte tratteremo gli elementi della fede da un punto di vista
epistemologico.
Il punto di partenza della nostra riflessione è l’uomo, sulla scia del rinnovamento della TF,
riprendendo quello che Rahner chiama “giro antropologico”.
Inoltre dobbiamo tener presente che per la fede il primato ontologico è la rivelazione, quello che ha
il senso ultimo. Qual è il primato epistemologico? Cioè, da dove partiamo? Premesso che il primato
ontologico rimane la rivelazione, si deve anche cominciare a parlare della rivelazione? Rahner dirà
che è il punto di partenza pratico è l’uomo, Balthasar, anche la rivelazione.

Quando esce la FR c’è una sorpresa: «Conosci te stesso», il primato epistemologico è quello

Tesi 2: Conosci te stesso


dell’uomo!

1. Sia in Oriente che in Occidente, è possibile ravvisare un cammino che, nel corso dei secoli, ha portato
l'umanità a incontrarsi progressivamente con la verità e a confrontarsi con essa. E un cammino che s'è svolto
— né poteva essere altrimenti — entro l'orizzonte dell'autocoscienza personale: più l'uomo conosce la realtà
e il mondo e più conosce se stesso nella sua unicità, mentre gli  diventa sempre più impellente la domanda sul
senso delle cose e della sua stessa esistenza.
Quanto viene a porsi come oggetto della nostra conoscenza diventa per ciò stesso parte della nostra vita. Il
monito  “Conosci te stesso”  era scolpito sull'architrave del tempio di Delfi,  a testimonianza di una verità
basilare che deve essere assunta come regola minima da ogni uomo desideroso di distinguersi, in mezzo a
tutto il creato, qualificandosi come «uomo» appunto in quanto «conoscitore di se stesso».
Un semplice sguardo alla storia antica, d'altronde, mostra con chiarezza come in diverse parti della terra,
segnate da culture differenti, sorgano nello stesso tempo le domande di fondo che caratterizzano il percorso
dell'esistenza umana: chi sono? da dove vengo e dove vado? perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo
questa vita?  Questi interrogativi sono presenti negli scritti sacri di Israele, ma compaiono anche nei Veda
non meno che negli Avesta; li troviamo negli scritti di Confucio e Lao­Tze come pure nella predicazione dei
Tirthankara e di Buddha; sono ancora essi ad affiorare nei poemi di Omero e nelle tragedie di Euripide e
Sofocle come pure nei trattati filosofici di Platone ed Aristotele.  Sono domande che hanno la loro comune

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Appunti delle lezioni 2008-2009

scaturigine nella richiesta di senso che da sempre urge nel cuore dell'uomo: dalla risposta a tali domande,
infatti, dipende l'orientamento da imprimere all'esistenza.

Ma questo lo dice il papa? Sì perché vuole entrare in dialogo con l’uomo che ha dentro di sé la
domanda di senso, se uno, almeno implicitamente, non si fa questa domanda non può comprendere
la rivelazione. La rivelazione porta luce alla ricerca di senso. È interessante perché questo tema non
è nuovo. Il CCC è del 1992 e già nel primo capitolo, ancor prima di affrontare il Credo della fede,
fa un piccolo trattato di antropologia: homo capax Dei (nn. 27-49).
La parola salvezza ha senso per chi ha la coscienza di dover essere salvato, di chi aspetta il
salvatore, se uno non ha le aspettative tutta la rivelazione perde di significato.
Dove si trova il punto di partenza del Conosci te stesso?
In Rm 10,17 Paolo spiega da dove viene la fede: «la parola è vicino a te… se professerai con la
bocca… e crederai nel tuo cuore… Dice infatti la Scrittura: Chiunque crederà in lui non rimarrà
confuso. […] e chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato. Ma come avrebbero potuto
invocare uno nel quale non credettero? Come avrebbero potuto credere in uno che non udirono?
Come potrebbero aver udito senza uno che annuncia? Come avrebbero potuto annunciare se non
fossero stati inviati? […] Ma non tutti obbedirono al buon annuncio […] Ora la fede dipende dalla
predicazione, la predicazione si realizza per mezzo della parola di Cristo»

È importante l’ascolto → fides ex auditu → l’orecchio umano ha la capacità di ascoltare una parola
che è di un Altro? Questo è il problema antropologico.
Il primato è della Parola di Dio!

Ritorniamo al «Conosci te stesso». Il detto è da ricondurre a Socrate, con l’intento di significare che
la prima cosa che devi tenere presente è la tua ignoranza: il sapere di non sapere; in altre parole:
«Sappi che non sei Dio!».
Quando i cristiani cominciano a parlare del «Conosci te stesso», affermano che questo si trova
prima di Socrate nei testi dell’AT (Ct 1,8) → se non conosci non puoi amare. Teologi come
Agostino e Bernardo dicono che la novità cristiana dà più ottimismo all’oracolo: cosa devi
conoscere? Che sei immagine di Dio. Il detto socratico è “negativo”: sai che non sei Dio.
Questo porta Gilson a parlare di “socratismo” cristiano del medioevo: c’è un’origine pagana del
«Conosci te stesso» che conosce uno sviluppo grazie al cristianesimo.
Pascal dice una cosa interessante: «l’uomo è una canna pensante». Una canna è qualcosa di fragile.
Che differenza tra l’uomo e l’albero? Tutti e due non sono niente, ma solo l’uomo può dirlo. Questo
sottolinea l’importanza dell’autocoscienza.
Nietszche dice che il superuomo non può dire «Conosci te stesso» questo porta al pessimismo.

Il CVII nella GS n.10 fa un accenno alla domanda su cos’è l’uomo, ma soprattutto Palo VI fa una
sintesi elevata su questo argomento: la sapienza antica diceva «Conosci te stesso» e questa sapienza
rimaneva a livello di interrogazione, il Natale è la risposta alla domanda: l’uomo è immagine e
somiglianza di Dio.

Il problema del male è direttamente collegata al «Conosci te stesso». Il male non è la limitazione, fa
parte dello stesso mistero della persona umana, legata alla sua coscienza: non sempre ci
comportiamo in modo onesto (??). Non c’è l’equazione male fisico = male morale.

[Facciamo in parentesi una piccola riflessione. La scena del dialogo di Gesù con i due ladroni:
abbiamo tre forme di accettare il male: 1) il ladro arrabbiato con Gesù non accetta il suo male e
questo lo porta fuori dal paradiso; 2) il ladro che riconosce le colpe commesse fa un grido di
speranza: ricordati di me quando sarai in paradiso, ed entrerà in paradiso; 3) l’innocente, Cristo:
prende su di sé il male degli altri e li salva. Questi tre modelli ci aiutano a vedere il male. È vero

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Appunti delle lezioni 2008-2009

che il vero controsenso della vita è il male. Non c’è soluzione ma soltanto accoglienza del mistero.
Il male non è un problema che tentiamo di risolvere teoreticamente, è un mistero (antropologico).]

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Dal «Conosci te stesso» al «homo capax Dei»


Il «Conosci te stesso» ci porta ad una riflessione sull’uomo «capax Dei». Agostino dice che l’uomo
è capace di Dio Trinità, perché l’uomo è cuore, anima e verbo, e Dio risponde alle tre domande che
nascono da questa tripartizione dell’uomo.
Il CCC afferma che il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo (nn. 27-30). E conclude
dicendo che l’uomo per natura è un essere religioso, che cerca di legarsi alla trascendenza.
A partire dalla scolastica il «capax Dei» è spiegato in due sensi:
 Potentia oboedentialis: potenza è capacità, di cosa? Di obbedienza, nel senso di accoglienza,
quindi si tratta di capacità di accogliere; → Tommaso.
 Desiderium naturale: (di veder Dio) tutti gli uomini credono in qualcosa di superiore, anche
se non sempre parla di Dio, vuol dire che nel cuore della persona umana c’è un desiderio di
trovare la pienezza, l’assoluto, l’infinito... per questo la persona non è passiva di fronte a
Dio, ma attiva, sempre in ricerca di Dio.

Dice Tommaso che l’uomo è un movimento aperto verso il futuro. La gente oggi ha paura di
pensare perché non sa dove si arriva.

Cerchiamo di approfondire l’aspetto antropologico del «Conosci te stesso» attraverso le figure di


alcuni filosofi.

MOURICE BLONDEL
Blondel è importante perché cerca di mostrare come la fede non sia qualcosa di esterno alla ragione
umana, mentre tutto il mondo accademico pensava il contrario. Blondel è il primo grande autore
moderno che ha tentato quella che si chiama “apologetica dell’immanenza”, cioè una risposta che
parte dalla persona, cioè dall’antropologia: la fede risponde alle domande più profonde dell’essere
umano.
Blondel intitola la sua tesi di laurea «Actión» e inizia dicendo: «La vita umana ha o non ha un senso
e l’uomo ha un destino? …» (stesso problema dell’oracolo delfico). La risposta di Blondel parte
dall’analisi dell’azione: quando l’uomo agisce lo fa sempre riferito ad un senso, anche se non è
consapevole.
Blondel usa l’immagine della dinamica delle onde provocata da un sasso che cade in uno specchio
d’acqua, tale dinamica è infinita, le diverse onde rappresentano l’azione umana.
 1a onda: l’uomo e l’universo materiale  l’azione umana vuole armonizzare la relazione tra
l’uomo e l’universo materiale;
 2a onda: l’uomo e la sua vita interiore
 3a onda: la realizzazione della vita personale nell’amore per gli altri
 4a onda: l’amore si trasforma in fonte di vita familiare
 5a onda: alimenta la vita comunitaria
 6a onda: aspira alla realizzazione di una comunità universale
 7a onda: l’azione non si lascia chiudere dentro gli orizzonti del tempo e del mondo, ma
realizza valori morali;
 8a onda: l’azione aspira a superare lo spazio e il tempo
 9a onda: da quest’ultima aspirazione nasce la dimensione religiosa dell’azione

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Appunti delle lezioni 2008-2009

KARL RAHNER
La conoscenza trascendentale (implicita) è una categoria epistemologica, che trascende la
conoscenza categoriale (esplicita). La conoscenza trascendentale, o implicita è una conoscenza
vissuta.
La teologia di Rahner è detta trascendentale nel senso kantiano.
«Uditori della parola» di Rahner è il testo fondamentale per la nostra materia, dove egli riflette sul
fatto che l’uomo è capace (aspetto trascendentale) di ascoltare una parola non sua, cioè non umana,
ma di Dio, una parola trascendente; per tanto questo libro è un’antropologia dell’uomo aperto
all’assoluto  la parola di Dio non è una cosa strana per l’uomo, la persona umana ha una
disponibilità ad ascoltare la parola di Dio.
Dove si deve ascoltare questa parola? Non in una illuminazione particolare, o privata, non in una
rivelazione personale, l’uomo è capace di ascoltare una “parola” cercandola nella storia →
importanza della storicità, il che implica la reperibilità di tale parola. Pertanto bisogna cercare tutte
quelle realtà della storia che formano una rivelazione, si è davanti ad un ritorno alla realtà.
Nel libro “Uditori della parola” Rahner divide il suo discorso in tre tesi:
1. L’UOMO È SPIRITO: nella sua forma di conoscenza, l’uomo può penetrare la realtà; questo
vuol dire che l’uomo ha capacità di domandarsi, pertanto quando conosce si apre, non
rimane chiuso, ma apre progressivamente la sua capacità di conoscenza  a partire da
questo si può arrivare a Dio, come risposta all’ultimo perché (ultimo di una catena); allora
solo se l’uomo ha una capacità infinita di aprirsi può ascoltare una parola infinita, ossia, solo
se la sua antropologia ha un orizzonte infinito, egli può accogliere questa parola; la parola di
Dio parla all’orizzonte infinito della persona umana, se così non fosse sarebbe soltanto una
parola umana.
2. L’UOMO È LIBERO: anche se l’uomo è antropologicamente e ontologicamente aperto, può
chiudersi alla trascendenza; l’uomo libero ascolta la parola di Dio non chiudendosi
all’orizzonte assoluto, così facendo non toglie in anticipo a Dio la possibilità di dirci quello
che ci vuole dire liberamente (la Rivelazione); l’apertura dell’uomo all’assoluto di Dio si dà
in ogni affermazione e accettazione della propria esistenza  l’atteggiamento verso se
stessi implica un atteggiamento verso Dio;
3. LA STORICITÀ UMANA DI UNA POSSIBILE RIVELAZIONE : l’uomo come spirito nel mondo è
spirito incarnato  ogni volta che conosce lo fa attraverso i sensi per questo ogni volta che
conosce lo fa orientandosi verso ciò che è storico, questo fatto è costitutivo dell’uomo; per
questo motivo l’uomo è l’essere che deve ascoltare la Rivelazione nella storia  per questo
la Rivelazione, se ha luogo, deve verificarsi nella storia come forma di parola (la più alta
forma di rivelazione).
Concludendo su Rahner si può dire che egli pone l’apertura trascendentale dell’uomo verso Dio in
tre stadi:
1. Passaggio dall’ordine dei fenomeni all’essere in sé
2. Passaggio dall’essere in sé all’essere infinito e illimitato
3. Passaggio dall’essere infinito e illimitato all’Essere-Dio
Ciò che emerge allora che per l’uomo Dio è l’essere-verso-cui tende la sua natura, ma pur sempre
rimane un mistero.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

H.U. VON BALTHASAR


Il libro che ci interessa per il nostro corso è Solo l’amore è credibile. Balthasar per mostrare come
solo la via amoris è la credibile descrive due possibili vie, proponendo la via dell’amore come terza.
1. LA VIA COSMOLOGICA: presupposto fondamentale di questa via è l’identità tra teologia e
filosofia insieme all’interpretazione razionalistica di ogni religione positiva; il cristianesimo
è la conclusione del fenomeno della rivelazione in generale  rischio di un riduzionismo
estrinsecista.
2. LA VIA ANTROPOLOGICA: il passaggio dalla cosmologia all’antropologia lo si deve a Kant e
viene formulato da K. Barth e R. Bultmann  si parte dalle aspirazioni dell’uomo ma si
rischia di cadere in un immanentismo.
3. LA VIA DELL’AMORE: è quella, come detto, proposta da Balthasar che vuole evitare i due
rischi sopra indicati attraverso un atteggiamento nuovo: l’estetica. In questo nuovo
approccio si devono tener ben presenti due categorie: quella dell’estasi e quella della
percezione. La percezione ruota attorno alla domanda su come l’uomo possa entrare in
contatto con Dio e come possa percepire la sua azione salvifica. L’estasi rappresenta il
superamento di se stessi attraverso l’amore. Mentre la seconda è propria della dogmatica, la
dottrina della percezione è propria della Teologia Fondamentale, che comprende l’estetica in
senso kantiano, come dottrina della percezione della forma. Da questa premessa Balthasar
deduce che solo l’amore è credibile e degno di amore, perché solo ciò che è contemplato
come bello può essere oggetto di amore. Ricollegandosi ad Agostino e Pascal, egli scopre
che il cor inquietum non capisce se stesso se prima non ha percepito l’amore del cuore
divino trafitto per noi sulla croce.

JUAN ALFARO
Tema centrale della riflessione di Alfaro è la categoria di «apertura», come ciò che caratterizza e
permette all’uomo di essere interpellato dalla grazia, interiormente o ex auditu mediante l’ascolto di
una parola profetica o di una predicazione della Chiesa. Perché si possa passare dal problema
dell’uomo a quello di Dio, per Alfaro è necessario che ci siano le seguenti condizioni:
1. che nell’esperienza esistenziale emergano i “segni di trascendenza”, ovvero indizi che
vadano oltre il confine “uomo-mondo-storia”;
2. che la riflessione (filosofico-trascendentale) riesca a mostrare la trascendenza di questi
segni, ossia mostrando che solo ponendo il problema del trascendente si comprende il
vissuto dell’esistenza umana.
A partire dalle relazioni fondamentali dell’uomo (con il mondo, con gli altri, con la morte e con la
storia) si giunge all’affermazione di Dio come realtà fondante, amore originario, speranza ultima,
futuro assoluto, questi aspetti sono l’espressione dell’apertura dell’uomo a Dio, come colui che
deve essere accolto come Grazia assoluta che si autorivela.
J.B. METZ […]
H. VERWEYEN […]

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Tesi 2: Conosci te stesso.

Appunti delle lezioni 2008-2009

Tesi 3: L’ oboeditio fidei nell’AT e NT; fede e ragione nel


medioevo: Agostino, Anselmo e Tommaso; nominalismo;
riforma; fideismo e razionalismo; Vaticano I e II; rinnovo
nel s. XX.
NOZIONE BIBLICA
«Oboeditio» viene dal greco hypo-akuo che indica accoglienza.
«Amen» non significa tanto «così sia», quanto «essere fermi», l’espressione «Amen, amen» in Gv si
traduce con «In verità, in verità», indica che ciò che dice Gesù è una verità sulla quale fondarsi.
Nella Bibbia troviamo per la prima volta «amen» in Gn 15,1-6:
1Dopo tali fatti, questa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visione: «Non temere, Abram.
Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». 2Rispose Abram: «Mio Signore
Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Eliezer di Damasco».
3Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede».
4Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non costui sarà il tuo erede, ma uno nato da

te sarà il tuo erede». 5Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se
riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». 6Egli credette al Signore, che
glielo accreditò come giustizia.
Abramo credette che Dio gli avrebbe dato dei figli: si radicò su questa parola.
Vediamo anche Es 4,1-5.31:
1
Mosè rispose: «Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è
apparso il Signore!». 2Il Signore gli disse: «Che hai in mano?». Rispose: «Un bastone».
3
Riprese: «Gettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale
Mosè si mise a fuggire. 4Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!».
Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. 5«Questo perché credano
che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di
Giacobbe».
31
Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva
visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.
Ma il testo dove più si parla di fede è il deutero-Isaia, ovvero i capitoli 40-55, ma anche il capitolo 7
(l’Emanuel-Dio con noi), soprattutto Is 7,9: «Se non crederete non capirete» è il “locus classicus”
medioevale per parlare del ruolo della ragione teologica.
Mentre Eb 11,1: «la fede è fondamento (substantia/upo,stasij) di realtà che si sperano e prova
(argumentum/elegko,j) di realtà che non si vedono»; è il “locus classicus” tradizionale sulla
definizione della fede.
Nel Sal 92,5 leggiamo: «Degni di fede sono i tuoi insegnamenti», il latino dice “credibilia”: è la
prima volta che in latino si usa questo termine.
La fede non è soltanto ciò che facciamo verso Dio, cioè, non ha solo l’aspetto soggettivo, ma anche
oggettivo, è anche il contenuto di ciò che crediamo (il Credo). In termine tecnici si differenzia la
fides qua (creditur), quella soggettiva (la fede attraverso la quale si crede), dalla fides quae
(creditur), quella oggettiva (la fede che si crede).
Nell’AT il centro della fides quae è l’Esodo (ma l’esilio è un nuovo esodo – per questo la maggior
parte dei libri dell’AT sono stati scritti durante l’esilio).

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Ci sono tre aspetti della fede che emergono nelle Scritture:


 Dimensione di fiducia (→AT)
 Conoscenza progressiva del contenuto (→NT)
 Speranza/ la fede è un cammino verso (→AT/NT)

Eb 11,1
1La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono. 2Per mezzo di questa
fede gli antichi ricevettero buona testimonianza.
Tommaso di che questa è una definizione adeguata della fede. L’unico problema del testo è che non
parla del contenuto della fede, parla solo della fides qua; l’aspetto positivo è che sottolinea il fatto
che la fede non è un’opinione. Per la comunità linguistica la fede è un’opinione, ma nel contesto
biblico non è così.
Il documento della PCB del ’93 dice che l’interpretazione della Bibbia non consiste solo nel fare
l’esegesi del testo, ma anche vedere gli effetti che ha prodotto questo testo nella storia (Storia degli
effetti).

FIDES ECCLESIAE  IL MAGISTERO


Abbiamo una sola fede, ma possiamo fare diverse teologie. Il tema della fede è poco presente prima
del CV I.
TRENTO:  mostrare la relazione tra fede e giustificazione: fides humanae (est) salutis initium
(DH 1532)
VATICANO I:  relazione tra fede e ragione
 MOTIVO DELLA FEDE: “crediamo... a causa dell’autorità di Dio stesso il quale non può né
ingannarsi né ingannare” (DH 3008);
 LA FEDE è “plenum revelanti Deo intellectus et voluntatis obsequium” - obsequium è
dono/omaggio/sottomissione delle facoltà tradizionali intelletto/volontà ed è RATIONI
CONSENTANEUM (conforme alla ragione - DH 3008s.): libero/non costringente (DH 3035);
anche se gratuita la fede è coerente con la ragione, non è frutto della ragione ma non è
incoerente con essa;
 I “SEGNI ESTERNI”: normalmente necessari perché la fede “non sia un movimento cieco
dello spirito” (non motus animi caecus: DH 3010); non è la fede un fatto solo interiore;
 SULL’ESPRESSIONI: “conoscere con certezza” (certo cognosci), “provare efficacemente”
(rite probari: DH 3034) e “la retta ragione dimostra i fondamenti della fede” (ratio fidei
fundamenta demonstret: DH 3019), lette come stanno nel testo sembra che aprano ad una
possibile dimostrazione dell’esistenza di Dio; gli atti del concilio spiegano che si tratta di
una prova o dimostrazione solo “in qualche senso”, giacché non è costringente ma che può
arrivare ad una “certezza morale”: esistono ragioni moralmente certe che lo consigliano.
C’è una via di mezzo tra l’evidenza e l’opinione: la vita ci chiede un’opzione fondamentale
che non è evidenzia né opinione, che tipo di certezza è legata all’opzione fondamentale?
Che motivo addurre a tale scelta perché non sia un’opinione, perché sia ragionevole?
Chiamiamo questo tipo di certezza morale o personale: non posso dimostrare a nessuno la
mia scelta fondamentale, ma nessuno può dimostrarmi che la scelta è errata.
Il linguaggio del CV I è un po’ duro per questo si è avuto difficoltà nell’accogliere il concilio,
questo perché non si conoscevano gli atti, questi hanno dati una lettura diversa dei documenti.
La novità è rappresentata dal CV II.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

VATICANO II:  relazione tra fede e ragione


 DEFINIZIONE DI FEDE: DV 5: alla definizione del CVI – piena sottomissione dell’intelligenza
– aggiunge la formula biblica: «obbedienza della fede» (Rom 1,5) e «se totum libere
committit (abbandona liberamente tutto se stesso)»; la persona umana non è solo intelletto e
volontà, ma anche sentimenti, affetti, il suo vissuto; perciò, quando si dice «tutto» si dice più
dell’intelletto e della volontà; per ottenere la fede, la grazia di Dio «muove il cuore [il cuore
è il centro dell’esistenza di una persona] per orientarlo verso Dio [conversione] e apre gli
occhi della mente, la fede è una nuova luce del cuore che porta verso Dio». La grazia opera
in modo che l’intelligenza della fede sia sempre più profonda.
 RIVELAZIONE NATURALE: primato della Rivelazione cristiana sulla creazione ‘naturale’, che è
inclusa nella prima:
*DV 3: primato della creatio in Christo (Gv 1,3, prima che Rom 1,19s.);
*DV 6: cambio d’ordine del testo del Vat.I: DH 3005: prima di DH 3004.

Il CV I aveva la preoccupazione di dialogare con l’illuminismo che dava molta importanza alla
ragione, affermando che la ragione umana, malgrado tutto ha una certa capacità di conoscere Dio3.
Il CV II è cosciente che questo è importante ma va oltre: prima di parlare di questo fa riferimento a
Gv 1,3: «tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste»,
per dire che già tutta la creazione è cristologica, cioè ha un riferimento a Cristo; questo mette in
rilievo un fatto molto importante: il primato della creazione in Cristo, infatti, non c’è prima un
momento naturale, giacchè, tutto è stato fatto per mezzo del Verbo.

FIDES ET RATIO:  ovviamente sul rapporto tra fede e ragione


 cap. II: Credo ut intelligam; cap III: Intelligo ut credam:
 espressioni radicate in AGOSTINO e formulate d’ANSELMO…
 cap.VI: “Interazione tra teologia e filosofia”: ‘circolarità’ (nº 73)
 paralellismo tra conosci te stesso (Intr.) e intelligo ut credam (cap.III).
Cf. Tommaso: “quia vero naturalis ratio per creaturas in Dei cognitionem ascendit: fidei vero
cognitio a Deo in nos, et converso, divina revelatione descendit; est autem eadem via ascensus et
descensus (CG IV,1)” [testo citato in, FR nº 60 ???????]. Non sono due vie diverse ma un’unica via
percorsa nei due versi.

SINTESI DELLA TESI 3 ATTRAVERSO S. TOMMASO


Le virtù teologali (fede-speranza-carità) hanno come centro, come motivo e come fine Dio, le virtù
cardinali (prudenza-giustizia-fortezza-temperanza) non hanno come centro e come fine Dio, sono
virtù umane motivate cristianamente.
Pertanto come possiamo parlare della fede come forma di conoscenza?
S. Tommaso: «Credere Deo est credere vera esse quae loquitur; credere Deum, credere quia ipse
est Deus; credere in Deum, diligere illum»

3
«Poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del
mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute…»
(Rm 1,19s)

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Carattere teocentrico (Dio al Fides quae creditur;


→Deum4
Centro Credere centro) della rivelazione e della sottolinea l’aspetto conoscitivo
(Christum)
fede della fede (contenuto della fede)
Carattere teologico della Fides qua creditur;
→Deo5 rivelazione e della fede: Dio manifesta l’aspetto formale: il
Motivo Credere
(Christo) come motivo e fondamento della motivo per cui si crede
teologia (sottomissione e fiducia)
Carattere teo-teleologico
Fides viatorum;
(escatologico) della rivelazione
→in Deum6 esplicita l’itinerario della fede
Fine Credere e della fede: Dio come termine e
(in Christo) come cammino (comunione)
fine della rivelazione e della
verso la pienezza
fede

La terza dimensione della fede mostra che essa, costitutivamente è dei “camminanti”, implica, cioè
un processo verso un fine.
Ma qual è il centro della rivelazione? Il mistero più importante della fede della Chiesa? C’è una
gerarchia dei misteri rivelati. Abbiamo il mistero della Trinità (il cui centro è Dio),
dell’incarnazione (il cui centro è Cristo) e dell’uomo deificato (il cui centro è la Chiesa): il mistero
centrale è quello dell’incarnazione per mezzo del quale la Trinità si rivela e per mezzo del quale
l’uomo è divinizzato.
In Gv tutta la teologia del Logos è tesa verso il motivo per credere: Dio non è rimasto come mistero
nascosto ma si è fatto carne.
Noi siamo figli adottivi di Dio e siamo in cammino per arrivare a Dio (→ S. Paolo)

Tesi 4: L’atto di credere come synthesis fidei

È il momento analitico della teologia. Questa parte è anche detta la crux teologorum perché
nasconde il pericolo di cadere o nel fideismo (vista come unica forma di salvare la gratuità di Dio) o
nel razionalismo. Come si può arrangiare il dono di Dio senza perdere la sua gratuità (che non vuol
dire superfluo).

Dono di Dio  (DV 5) «[lo Spirito] muove il cuore (conversione) e apre gli occhi della mente»
(funzione epistemologica)»
l’uomo si abbandona totalmente e liberamente

Se si assolutizza il primo aspetto si cade nel “fideismo” (caratteristico del protestantesimo)

Ragione (storica-antropologica)  (DV 5)



Se si assolutizza il secondo aspetto si cade nel “razionalismo”

 dobbiamo fare una sintesi tra dono e ragione

4
Credere in Dio.
5
Credere a Dio.
6
Credere “verso” Dio.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

1. LA RIVELAZIONE CREDUTA PER IL DONO DI DIO

Ef 1,18 :«Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale
speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi »
 si può, secondo Paolo, giungere ad una conoscenza più profonda: il dono di Dio apre gli
occhi del cuore (ovfqalmou.j th/j kardi,aj - centro della persona -) in modo da
aprirci alla speranza.

I discepoli di Emmaus

Lc 24:13 Due di loro se ne andavano in quello stesso giorno a un villaggio di nome Emmaus, distante da
Gerusalemme sessanta stadi; 14 e parlavano tra di loro di tutte le cose che erano accadute. 15 Mentre
discorrevano e discutevano insieme, Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro. 16 Ma i
loro occhi erano impediti a tal punto che non lo riconoscevano ( oi` de. ovfqalmoi. auvtw/n
evkratou/nto tou/ mh. evpignw/nai auvto,n). […] 30 Quando fu a tavola con loro prese il
pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero; ma egli
scomparve alla loro vista (auvtw/n de. dihnoi,cqhsan oi` ovfqalmoi. kai. evpe,gnwsan
auvto,n\ kai. auvto.j a;fantoj evge,neto avpV auvtw/n)…

Luca cerca di rispondere alla domanda: come facciamo a riconoscere Gesù se non lo conosciamo
personalmente?  proprio come è accaduto ai discepoli di Emmaus, egli ci sta dando le
condizioni per riconoscere Gesù anche se uno non lo vede.

Lc 24:27 kai.
avrxa,menoj avpo. Mwu?se,wj kai. avpo. pa,ntwn tw/n profhtw/n
diermh,neusen auvtoi/j evn pa,saij tai/j grafai/j ta. peri. e`autou/Å
E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò (fece un’ermeneutica) loro quanto lo riguardava
in tutte le Scritture.
Luca ci sta dicendo che è Cristo che fa l’ermeneutica della Scrittura. Di fronte alla non-speranza la
parola di Gesù illumina i loro cuori e fa sì che possono sperare.
Dopo la resurrezione quando Gesù appare a Tommaso dice: «beati coloro che crederanno pur non
avendo visto» Gv 20,29, è un discorso parallelo a quello di Emmaus.
S. Tommaso parla di fides oculata.
Gv 6:44 Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato; e io lo risusciterò
nell' ultimo giorno. 45 È scritto nei profeti: "Saranno tutti istruiti da Dio". Ogni uomo che ha udito
il Padre e ha imparato da lui, viene a me.
 il dono della fede è gratuito, il che non significa superfluo.

2. LA RIVELAZIONE CONOSCIUTA PER LA RAGIONE STORICO-ANTROPOLOGICA


a. I preambula fidei
Se la causa della fede è il dono di Dio, la ragione può essere causa? No, altrimenti non sarebbe
chiaro il ruolo epistemologico del dono come causa. La ragione ha come ruolo epistemologico
quello di condizione. [Esempio: causa  il seme; condizione  il terreno preparato].
Dunque se non siamo preparati a ricevere il dono della fede, questa non nasce in noi. Il nostro
compito è preparare il “luogo” dove la fede può vivere, crescere, approfondire.
In che modo la ragione è condizione? In latino si parla di preambula fidei, cioè la via preparatoria
alla fede che crea le condizioni di possibilità della fede; la FR parla di 4 condizioni di possibilità:

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Appunti delle lezioni 2008-2009

1. La conoscenza naturale di Dio (se uno non ha una apertura alla trascendenza mai crederà in
Dio; il CV I dice che ha la capacità di conoscere l’assoluto)
2. Possibilità della Rivelazione (se neghiamo la possibilità che Dio si faccia presente nella
storia è inutile fare teologia)
3. Capacità del linguaggio umano di parlare di Dio (attraverso l’analogia, cioè un uso
simbolico del linguaggio)
4. Le domande per il senso (se uno non si fa le domande sul senso della propria esistenza, della
morte, della sofferenza, ecc. non può capire il mistero di Gesù)

b. Ratio fidei
Come funziona la ragione?  Dei Filius del Concilio Vaticano I:
«Quando la ragione illuminata dalla fede, cerca assiduamente (cum sedulo), piamente
(pie) e nei limiti del dovuto (sobrie), con l’aiuto di Dio consegue una certa conoscenza
molto feconda dei misteri sia per analogia con ciò che conosce naturalmente, sia per
il nesso degli stessi misteri fra loro e col fine ultimo dell’uomo» (DH 3016).
I preambula fidei e la ratio fidei sono molto simili, ma la differenza sta nel momento: prima della
fede o insieme alla fede.
Come abbiamo già accennato si impone la necessità di fare sintesi, questo perché la fede fa parte del
vissuto della persona.

3. VERSO UNA SINTESI

FR cap 6  come si fa questa sintesi? Al n.73 l’enciclica spiega cos’è Parola


questa interazione: attraverso la circolarità. Per la teologia il punto di di Dio Ragione
partenza è la parola di Dio rivelata nella storia (dono), quello di arrivo è
la ragione, per ritornare alla Parola.

CARD. NEWMAN - (ILLATIVE SENSE)


Scrive «Grammatica dell’assenso» nel quale si sofferma
sull’aspetto concettuale dell’assenso alla rivelazione: Indizio
1 Indizio
Indizio
 assenso positivistico  di tipo nozionale 5
2

 assenso reale  è quello della vita normale, senza una


riflessione (Andiamo al cinema? Sì) Indizio
6
Indizio
3

Nella nostra vita il secondo tipo è molto più frequente.


Sintesi tra dono e ragione: come un buon detective da GESU’
CRISTO Indizio
Indizio
diversi indizi, o sintomi, o segni, che la ragione analizza, il 7
4

senso “illativo” (illative sense) li raggruppa dandogli un


significato; questo è il ruolo della fede, il credente, Indizio
Indizio
9
potremmo dire, è un buon detective che riesce a vedere il 8

senso che altri non vedono. ECC.


Indizio
10

Nessuno ha visto Gesù Risorto ma il NT mostra delle tracce


che ci predispongono a credere che la risurrezione è
possibile già in questo mondo.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

P.ROUSSELOT - LES YEUX DE LA FOI (GLI OCCHI DELLA FEDE)


● Parte da AGOSTINO: Habet namque fides oculos suos
● Situa la conoscenza della credibilità nello stesso atto di fede; la stessa fede apre gli occhi della
conoscenza  la fede è nello stesso tempo assenso di fede e conoscenza di credibilità.
 volontà e conoscenza sono unite dal dono di Dio del lumen fidei.
Ciò che emerge è un po’ di sfiducia nella ragione: il primato è della fede come luce, la ragione è
secondaria, perciò non si può cominciare con il «Conosci te stesso». È la luce della fede che fa
riconoscere i segni, senza la fede non è possibile fare un discorso sui segni che sia conclusivo.
K. RAHNER - L’AFFINITÀ TRA RIVELAZIONE E REALIZZAZIONE
Esperienza interiore dell’uomo e messaggio esterno si incontrano e laddove esse si comprendono
l’una in seno all’altra si verifica l’incontro con Gesù Cristo  la trascendentalità ha bisogno
dell’ascolto e la rivelazione (il contenuto della fede) diventa comprensibile e credibile solo se si
“sintonizza” con l’esperienza trascendentale dell’uomo.
P.ALFARO E M. SECKLER – L’OPZIONE FONDAMENTALE DELL’ATTO DI CREDERE
La fede è un atteggiamento personale, fondamentale e totale, che, nella libertà, dà all’esistenza
personale un nuovo indirizzo  l’esistenza cristiana si realizza nella sincerità radicale dell’opzione
fondamentale in risposta all’atto salvifico di Cristo (ALFARO).
La fede è un atto della persona la cui certezza viene dalla contemplazione di colui nel quale si crede
e non dall’evidenza di una conoscenza non personale (SECKLER).

4. CONCLUSIONE
In questa forma di fare sintesi, fino a dove può arrivare la ragione umana? Al massimo ad una
convergenza di senso; dando il proprio assenso alla fede, i segni mostrano pieno senso e fanno sì
che credere non sia assurdo. Per questo motivo abbiamo detto che il risultato a cui giungiamo non è
una evidenza logica, ma una certezza morale. Per mostrare la credibilità della fede possiamo
riflettere solo sulle condizioni umane.
La credibilità è una proposta di senso, non una dimostrazione; come si articola questo senso?
Proposta di senso (FR 14):
 TEOLOGICA  la rivelazione (parte dogmatica)
 STORICA  immette nella storia un elemento: come Dio-Padre, Gesù-Salvatore o la Chiesa-
Popolo di Dio manifestano il loro senso nella storia attuando e essendo presenti in maniera
accertabile in essa?
 ANTROPOLOGICA  da cui l’uomo non può prescindere: come l’uomo resta interpellato e
può accogliere come senso ultimo e definitivo questa rivelazione di Dio-Padre, di Gesù-
Salvatore e della Chiesa-Popolo di Dio?

La parte storico-antropologica è lo specifico della fondamentale, come diceva Rahner, ogni aspetto
della teologia ha un risveglio “fondamentale”.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Tesi 5: L’universale concreto, categoria fondamentale della


Rivelazione

Come è possibile che l’Assoluto si sia fatto concreto? È possibile che una persona concreta diventi
importante per la salvezza universale? Questi sono gli interrogativi che cerchiamo di affrontare in
questa tesi.
La Dominus Iesus al n. 15 e la FR al n. 11 sono concordi  il tutto si nasconde in un frammento,
l’eterno entra nel tempo.
La filosofia greca ha formulato la categoria dell’universale come: post rem (come astrazione dal
concreto) o ante rem (prima viene l’idea e poi l’oggetto  Platone); ma c’è anche un universale in
re, posso avere una idea universale solo vedendo le realtà concrete (Aristotele e Tommaso).
Dobbiamo porci le seguenti domande:
1. Perché l’economia della salvezza? (Cur oeconomia Revelationis?)
2. Perché Dio si è fatto uomo? (Cur Deus homo?)
3. Perché la Chiesa è sacramento universale di salvezza? (Cur ecclesia univeralem concretum
salutis?)
Lessing: È possibile provare una verità eterna a partire da un fatto storico?
Cristo è l’universale concreto personale, la Chiesa è universale concreto sacramentale.
1. PERCHÉ L’ECONOMIA DELLA SALVEZZA?

Ef 1,10 eivj oivkonomi,an tou/ plhrw,matoj tw/n kairw/n( avnakefalaiw,sasqai


(ricapitolare) ta. pa,nta evn tw/| Cristw/|( ta. evpi. toi/j ouvranoi/j kai. ta. evpi. th/j
gh/j evn auvtw/|Å
[per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle
del cielo come quelle della terra]
Tommaso si chiede: cosa apporta conoscere la storia della salvezza per una persona?  rapidità,
accesso universale e certezza.
L’urgenza evangelizzatrice non è un tema statistico (più siamo meglio è), ma è un fatto di contenuti:
arrivare alla pienezza che solo si trova in Cristo, lui che è la ricapitolazione di tutto.
Ma se è così, si chiedono i Padri, perché ha tardato tanto l’incarnazione? Mancava una
preparazione, quello che era nuova bisognava prepararlo (Tertulliano), tutto ciò che accade prima è
una maturazione dell’umanità per meglio accogliere il messaggio evangelico. Cosa sarà allora di
coloro che sono morti con Cristo? La Chiesa, dicono i Padri, non comincia dalla Pentecoste, ma da
Abele il Giusto (LG 2)7.

7
Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, «dal giusto Abele fino all’ultimo eletto»,
saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

2. PERCHÉ DIO SI È FATTO UOMO? (CUR DEUS HOMO?)


a. Pro-esistenza di Gesù
S. Anselmo spiegava la cristologia partendo proprio da questa domanda, che segna anche l’inizio
della scolastica. La risposta è «per la nostra salvezza» (Nicea).
Partendo dal NT, una domanda che si impone è quale sia l’atteggiamento di Gesù, come possiamo
descrivere il suo modo di comportarsi. Quello che si vede è che Gesù ha sempre un atteggiamento
per gli altri, tutto ciò che fa è un servizio. Questo concetto si riassume nell’espressione «pro-
esistenza di Gesù», cioè una esistenza verso gli altri.
Is 53  testo che parla del servo di Jahvé, che spende la sua vita per gli altri. Questo testo insieme
al Sal 22 sono il sottostrato del racconto della passione. Quando Gesù è morto, i suoi discepoli
pregavano questi testi.
Le spiegazioni sull’incarnazione di Gesù sono generalmente due:
I. a causa del peccato (Agostino)
II. perché tutti siamo figli (scuola francescana)
La seconda proposta sottolinea il carattere gratuito della salvezza mettendo al centro la filiazione
divina in Cristo.
Duns Scoto: quia vult condiligentes (amare con Cristo), ma è anche vero che nell’Exultet si canta
“felix culpa” sulla scia di Agostino.
Il tema del Cur Deo homo? è anche al centro della sfida contemporanea sul pluralismo religioso.
Come dialogare con quelle religioni che non hanno un Universale Concreto Personale (UCP)? Ci
riferiamo alle religioni non cristiane. Come si può presentare l’UCP? È possibile dialogare con le
altre religioni senza parlare di ciò che è il centro del cristianesimo?

b. Commissione Teologica Internazionale (1996)


Tre modelli di universale concretum:
 esclusivista ecclesiocentrico (al di fuori della Chiesa non c’è salvezza);
 inclusivista cristocentrico (tutto ciò che è buono nel mondo fa riferimento a Cristo
anche senza saperlo);  Vaticano II
 pluralista teocentrica (la salvezza si trova dappertutto e non fa riferimento a Cristo,
ma a Dio);  cosa accade se uno prescinde da Cristo? Non possiamo farlo.
È possibile che la persona umana trovi una parola ultima nella storia?
La crisi della teologia oggi sta nella mancanza nella post-modernità di una filosofia globale con cui
parlare; oggi nessuno crede che ci sia una parola ultima, questo apre al pluralismo, nessuna filosofia
è consistente.

LG 16: Preparazione evangelica CRISTO – UCP LG 17: missionarietà  esplicitare


Ecclesia ab Abel Cristo, pienezza dell’uomo:
- pienezza - sanare e guarire
GS 22: ricercatori di Dio
- ricapitolazione - dare forza (elevans)
- pro-esistenza - pienezza totale

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Appunti delle lezioni 2008-2009

c. Proposta teologica: l’assolutezza-relazionale di Gesù, il Cristo


Nella Redemptoris missio al n. 5 il papa parla della centralità di Cristo, ma dice anche che ci sono
mediazioni partecipate, anche se Cristo è l’unico mediatore. Cosa vuol dire il papa con questo?
Nel 2000 la Congregazione per la Fede nella Dominus Iesus invita a studiare cosa sono queste
mediazioni partecipate. Si può dire che nei libri sacri di altre religioni ci sono mediazioni
partecipate? Se la mediazione partecipata non fa problemi quando parliamo della Vergine Maria o
dei santi, è evidente che il discorso si fa delicato quando, ad esempio, prendiamo in considerazione
il Corano o i Veda.
3. PERCHÉ LA CHIESA È SACRAMENTO UNIVERSALE DI SALVEZZA?
a. Punto di partenza
La Chiesa è una complessa realtà (complexa realitas); così come «la natura umana assunta serve
(inservit: LG 8) al Verbo, l’organismo sociale ecclesiale serve (inservit: LG 8) allo Spirito di
Cristo»; è questo che fa diventare la Chiesa sacramento.
[Parentesi - Prima del Vaticano II la Chiesa era vista come “società”, nella sua visibilità, il concilio
ha un intento più pastorale: «solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell’uomo» (GS 22), per questo è necessario annunciare Cristo! «Con l’incarnazione il Figlio di Dio
si è unito in un certo modo ad ogni uomo… E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per
tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è
morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò
dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio
conosce, al mistero pasquale» (GS 22).  la maturità della persona è nella piena conoscenza di
Cristo8.]
La Chiesa è “sacramento”  LG 1: «Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato
nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr.
Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E
siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento
dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano, continuando il tema dei precedenti
Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura
e la propria missione universale». Questo vuol dire che la Chiesa non sempre fa segni chiari, perciò
si deve analizzarli con la fede.
Il sacramento è segno e strumento (segno efficace) perchè significando causat (Tommaso): è
‘segno’ significativo-manifestativo ed è ‘strumento’ causale-comunicativo. Segno di che cosa?
Della «intima unione con Dio -filiazione- e dell’unità di tutto il genere umano -fraternità-» (LG 1).
Come si fa tutto questo? La visione che il CV II ha dato della Chiesa è concentrica: tutti siamo
orientati verso la Chiesa, intesa come comunione piena; essere cattolico significa essere nella
comunione piena; chi appartiene alla Chiesa? Colui che professa la fede, celebra i sacramenti e sta
in comunione ecclesiale.

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Cfr. Ef 4,13: «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo
perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo».

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II PARTE:
LA PROPOSTA SISTEMATICA

Cristo nella Chiesa: segno e testimonianza di credibilità (Cfr. DV 2-4; LG 1)

Tesi 6: L’accesso alla memoria Iesu

Come noi abbiamo accesso alla memoria di Gesù? Abbiamo una testimonianza di fede di un evento
storico, come accediamo ad esso?

RICERCA STORICA E TESTIMONIANZA DI FEDE


La domanda che ci dobbiamo porre è quale differenza ci sia tra un ricercatore credente e uno non
credente, che relazione c’è tra testimonianza di fede e evento storico.
Pietro dice: Questo Gesù Dio lo ha risuscitato, di questo siamo testimoni  c’è un evento storico e
una testimonianza di fede.
Il fondamento ultimo della fede è il dono di Dio; la ricerca storica ha il compito di vedere se è
credibile.
La storia non è il fondamento né la prova della fede; d’altra parte la storia è indispensabile
condizione di possibilità della fede (attenzione, condizione e non causa!). Il ricercatore credente può
giungere a conclusioni che il ricercatore agnostico non può cogliere, l’importante è che quest’ultimo
non sia nelle condizioni di poter criticare la forma del primo.

 La ricerca del Gesù storico è centrale


Dobbiamo cercare un’analisi della storia mostrando che non sia in contraddizione con la fede, non
si tratta di dimostrare, ma, come sempre, di mostrare la credibilità.

LA STORICITÀ DEI VANGELI


I vangeli non sono un documento storico, non hanno questa finalità, d’altra parte sono i documenti
che maggiormente ci parlano di Gesù. Possiamo chiederci se nei vangeli ci siano elementi storici.
Quale verità storica dà la Bibbia?
Questo tema fu al centro di una grande discussione al momento del CV II. La PCB, su richiesta di
Giovanni XXIII, nel ’64 fece un documento su questo argomento ripreso successivamente nella DV
19: ci sono tre tappe nella testimonianza:
1) GESÙ
2) GLI APOSTOLI
3) GLI EVANGELISTI
Siamo dunque davanti ad un processo complesso.
«La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande
costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la
storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita

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Appunti delle lezioni 2008-2009

tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza,
fino al giorno in cui fu assunto in cielo» (DV 19).
Emerge dunque il dato storico riguarda le opere e le parole di Gesù.
«Gli apostoli poi, dopo l’Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori
ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza delle
cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo [la Pasqua] e illuminati
dallo Spirito di verità, godevano».
Quello che accade non sono i fatti bruti di Gesù, c’è una nuova comprensione, non è un fatto
meramente cronologico, ma c’è un’ermeneutica, per questo gli apostoli possono raccontare gli
eventi alla luce della Pasqua.
«E gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le
molte che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto
di altre, o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese,
conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da
riferire su Gesù cose vere e sincere. Essi infatti, attingendo sia ai propri
ricordi sia alla testimonianza di coloro i quali “fin dal principio furono testimoni
oculari e ministri della parola”, scrissero con l’intenzione di farci conoscere la
“verità” (cfr. Lc 1,2-4) degli insegnamenti che abbiamo ricevuto».
Gli evangelisti selezionano gli eventi, facendone una sintesi, adattandoli alla realtà della Chiesa,
mantenendone la forma kerygmatica, al fine di riferire cose vere e autentiche su Gesù. Si noti che il
concilio non dice “cose storiche”, ma vere e sincere  gli evangelisti hanno scritto ciò che Gesù
voleva dire veramente e sinceramente, ossia l’intenzione di Gesù.
L’INDAGINE STORICA SU GESÙ DI NAZARETH: LE TRE TAPPE
1. PRIMA TAPPA: LA «OLD (FIRST) QUEST» (1778-1906) – L’opposizione tra Gesù storico e
dogma cristologico
La ricerca storica su Gesù, la cosiddetta Old Quest, offre una serie di intuizioni che si ritrovano
nelle ricerche successive, soprattutto la metodologia storico-critica e l’ambientazione giudaica del
Gesù storico. La OQ entra in crisi nel XVIII secolo, perché non si trova nel dato storico la
definizione del dogma cristologico.
2. LA «NO QUEST» (1921 - 1953) – La grande distanza tra la Chiesa e il Gesù storico
A partire dal XX secolo si verifica una spaccatura tra vangeli e storia, Bultman scrive un libro sui
sinottici dicendo che non è interessante la storia, quel che si deve fare è teologia dei vangeli. La
storia, dal punto di vista protestante, non porta alla fede, dunque non ce ne dobbiamo interessare;
non è importante la vita di Gesù, ma il suo messaggio.
3. SECONDA TAPPA: LA «NEW QUEST» (1953-1985) – La rinnovata continuità tra il Gesù
storico e il Cristo del kerygma
Käsemann (con Jeremias) critica la posizione di Bultman, ritornando alla ricerca di Gesù (New
Quest), affermando che bisogna trovare un criterio di autenticità per la ricerca storica. È vero che i
vangeli non sono storia critica in senso moderno, ma comunque rappresentano una memoria del
Gesù terreno utile per stabilire la connessione tra il Gesù storico e il Cristo della fede.
In quegli anni il criterio per garantire la storicità era il criterio della differenza: siamo al sicuro solo
in un caso, ossia quando troviamo una tradizione che non può essere dedotta dal giudaismo né
attribuita al cristianesimo primitivo  qualcosa di nuovo è avvenuto; es. per il termine “abbà”

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Appunti delle lezioni 2008-2009

nell’AT non c’è una sola volta in cui viene usato  dunque nessuno avrebbe potuto inventare l’uso
di questo termine riferito a Dio; tutto quello che è inaspettato è garanzia di storicità.

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4. TERZA TAPPA: LA «THIRD QUEST» (1985/1988 – 20..) – La rinnovata continuità tra Gesù di
Nazaret e i Vangeli

Si caratterizza per quattro elementi:


I. Decisa localizzazione di Gesù nell’ambiente giudaico
II. Studio del motivo per cui Gesù fu crocifisso
III. La questione dell’integrazione della dimensione politica con quella teologica
IV. Pone in rilievo la realizzazione congiunta della ricerca su Gesù da parte di esperti con metodi
e prospettive differenti
Legando il kerygma cristiano con il suo contesto storico si rende il keygma stesso più accessibile a
tutti, non credenti compresi.
All’interno di questa tappa possiamo individuare due tendenze:
I. Quella “radicale” del Jesus Seminar, che tende ad una visione poco fondamentalista e
scettica sul significato di Gesù, visto come un saggio totalmente “secolarizzato” essendogli
tolta la dimensione escatologica. L’orientamento del Jesus Seminar, pur essendo
all’avanguardia riguardo la ricerca storica, porta con sé la precomprensione storico-
filosofica secondo la quale sarebbe impossibile un intervento di Dio nella storia.
II. Una tendenza più “moderata” è quella legata alla posizione di J.E. Sanders, iniziatore della
Third Quest, che insiste sull’intima relazione tra Gesù e giudaismo e sul criterio di
“coerenza storica” per rispondere alla questione su come fu possibile che Gesù vivesse
totalmente all’interno del giudaismo dando allo stesso tempo origine ad un movimento che
si sarebbe staccato dal giudaismo? Sempre in questa tendenza più moderata troviamo il
cattolico J.P Meier (Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, 1991) e il luterano G.
Theissen. Meier propone di ampliare i criteri classici di ricerca (discontinuità, testimonianza
molteplice e coerenza) con quelli di difficoltà, rifiuto ed esecuzione, che egli usa per non
concludere su un Gesù isolato dal contesto ebraico e dalla comunità cristiana (capita come
istituzionalizzazione). Theissen rappresenta una novità, scostandosi dal criterio classico di
dissomiglianza e discontinuità egli parla di plausibilità storica.
Concludendo sulla Third Quest si può dire che essa non abbia una finalità teologica, ma piuttosto
una triplice finalità:
 storico-sociale  Gesù è colui che concentra su di sé le tensioni della società giudaica del
tempo; in quest’ottica c’è continuità tra il tempo pre-pasquale e quello post-pasquale, infatti
gli apostoli e i primi cristiani prolungano lo stile di predicazione e di vita di Gesù.
 sottolineare l’inserzione di Gesù nel giudaismo e la sua creazione di un movimento di
rinnovamento giudaico, predicando la venuta del regno di Dio e il ristabilimento del vero
Israele.
 Mettere in rilievo il valore e la maggiore affidabilità dei Vangeli (e, nel caso del Jesus
Seminar, anche degli apocrifi)

CRITERI DI AUTENTICITÀ
CRITERIO GLOBALE:  plausibilità storica e la coerenza di Gesù
La plausibilità storica di Gesù risulta dal fatto che egli è concepibile esclusivamente in un
determinato contesto storico (mondo giudaico, dominazione romana, aspettative messianiche del
popolo,…) e che può essere riconosciuto dai suoi effetti attraverso le fonti che ne danno
testimonianza (NT e il cristianesimo nascente).

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Appunti delle lezioni 2008-2009

CRITERI DERIVATI:
a. Il c. di dissomiglianza:
Un dato evangelico si può considerare autentico se non è riconducibile alle concezioni del
giudaismo o a quelle della chiesa primitiva.
b. Il c. di attestazione molteplice
La certezza viene dalla confluenza e chiara indipendenza delle fonti che l’attestano.

Possiamo concludere che i criteri di storicità danno maggiore credibilità ai vangeli come fonte di
conoscenza di Gesù; da qui può partire tutta la riflessione cristologia. Vediamo allora cosa possiamo
dire sul Gesù storico a partire dai vangeli.
DATI FONDAMENTALI:
CRONOLOGIA:
- anno di nascita: tra il 7 e il 4 a.C.
- morte: 30 d.C sotto Ponzio Pilato
1. NAZARENO: nasce a Nazareth, fatto fondamentale per la sua missione, infatti i galilei erano
considerati pagani dagli ebrei ortodossi (Natanaele: «Può forse venire qualcosa di buono da
Nazaerth?»).
2. BATTEZZATO: da Giovanni Battista  inizialmente problematico da affermare perché
sembrerebbe dire che Giovanni è più grande.
3. PROCLAMAZIONE DEL REGNO DI DIO: il Regno di Dio (RdD) è un concetto simbolico che
riflette la tensione del già e non ancora;
4. GESÙ CONVOCÒ DEI DISCEPOLI: Gesù fu chiamato «rabbì»  la convocazione dei Dodici e la
predicazione del RdD mostrano con certezza che la speranza di Gesù era il ristabilimento di
Israel (i Dodici rimandano alle 12 tribù);
5. TAUMATURGO: attraverso le guarigioni e gli esorcismi, così era conosciuto al tempo (cfr. Flavio
Giuseppe);
6. VICINANZA CON DIO: rivelata dall’espressione «Abbà», che proviene dal linguaggio familiare ed
esprime i sentimenti di abbandono, fiducia e vicinanza del figlio rispetto al padre;
7. RELAZIONE CRITICA CON IL TEMPIO: la critica includeva i sacerdoti e tale controversia è anche
testimoniata da Flavio Giuseppe, che testimonia che Pilato condannò Gesù sulla denuncia «del
primo dei loro uomini» che, confrontando con il vangelo, risulta essere il sommo sacerdote;
8. CENA DI COMMIATO CON I DISCEPOLI: è discusso il fatto che si tratti della cena pasquale
(ebraica); è una cena di commiato con una dimensione escatologica: Gesù consegna questa cena
come memoriale; abbiamo parole certe come: «Questo è il mio corpo»; i segni usati da Gesù
fanno riferimento alla tradizione giudaica: sangue di Gesù/sangue dell’agnello, pane/manna, …
9. LA CROCE: fatto storicamente indiscusso, così come la motivazione: INRI scritto in 3 lingue. 
“Regno” non di questo mondo!
10. DOPO LA MORTE GESÙ È STATO CONSIDERATO VINCITORE DELLA MORTE: è un fatto che molti
abbiano testimoniato la resurrezione di Gesù! (il valore di questa testimonianza è una questione
che tratteremo successivamente);
11. I DISCEPOLI CONTINUARONO IL MOVIMENTO DI RIFORMA INIZIATO DA GESÙ: inizialmente
conosciuti come setta o fazione dei Nazareni continuarono come forma di movimento orientata

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Appunti delle lezioni 2008-2009

verso la risurrezione di Israele, solo più tardi furono chiamati cristiani (ad Antiochia); Hanno
anche iniziato a chiamarsi: Chiesa – ekklesia tou theou.
 Cf. l’assemblea del popolo al Sinai.  Ekklesia indica continuità con l’alleanza del Sinai!!

VERSO IL MISTERO DI GESÙ


“Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?”
Un ebreo dalla vita “strana e marginale” [cf. J.P.Meier!]: nella storia generale ne fanno menzione
soltanto l’ebreo Flavio Giuseppe e il romano Tacito; crocifisso (“una maledizione” secondo, Dt
21,23); visse l’auto-emarginazione: itinerante disoccupato senza casa; con celibato volontario;
povero “laico”; con interventi e gesti critici… nella scia di un profeta del Regno di Dio (cf. Mc
6,14-16), che per la sua autorità e “immediatezza” [Unmittelbarkeit; Ultimacy; Prétension
d’autorité; Great Authority; soprattutto Anspruch: la “pretesa”] si manifesta come escatologico,
giacché annuncia la restaurazione piena d’Israele (Lc 13,34) e promuove un movimento interno di
rinnovamento giudaico (Mt 5,17-20).
Profeta che nella sua passione si riallaccia alla tradizione del “giusto perseguitato e sofferente” del
quarto cantico del Servo di Yahveh di Is 53, del dittico sul giusto di Sap 2-5, e dei Salmi
21.27.30.31,6.40s.69.71…(la passio iusti dell’AT). Infatti la morte di Gesù come Re dei Giudei è
l’inevitabile risultato della sua attività di profeta e della sua proclamazione del Regno di Dio. Per
questo il titulus crucis: “Gesù di Nazareth, re dei giudei” [=Mt/Mc/Lc/Gv], è la chiave
d’interpretazione storica di Gesù giacchè esprime la sua “immagine globale” (Gesamtbild:
H.Schürmann, G.Theissen), d’accordo con il criterio globale di plausibiltà storica e diventa “l’idea
regolativa” di tutta la sua vicenda storica.

Si ha una CRISTOLOGIA GERMINALE.

● Gesù è il Messia, ma “non di questo mondo”


● Gesù ha grande “pretesa” (Ultimacy, “autorità”, exousia)
Cf. VON BALTHASARsintesi cristologica: POVERTÀ, PRETESA, OBBEDIENZA
● Titoli di Gesù
- Figlio dell’uomo
- Figlio di Dio
- Messia/Cristo
- Signore (nell’AT indicava solo Dio!)

● Testi importanti:
Mt 16:13 - Giunto poi Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, si mise ad
interrogare i suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell' uomo?».
14 Essi risposero: «Chi dice che sia Giovanni il Battista, chi Elia, chi Geremia
o uno dei profeti». 15 Dice loro: «Ma voi chi dite che io sia?». 16 Prese la
parola Simon Pietro e disse: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17
Rispose Gesù: «Beato sei tu, Simone figlio di Giona, poiché né la carne né il
sangue te l' hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.
At 4:11 - Egli è la pietra respinta da voi costruttori, che è divenuta la testata
d' angolo. In nessun altro c’è salvezza. 12 Nessun altro nome infatti sotto
il cielo è stato concesso agli uomini, per il quale siamo destinati a salvarci».

 Compresione di Cristo come universale concreto di salvezza.

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CONCLUSIONE: QUAL È L’UTILITÀ DEL GESÙ STORICO PER I CREDENTI?

Se ci si interroga solo sull’oggetto diretto della fede cristiana non c’è utilità: è Gesù, il Cristo, il
crocifisso, colui che è risorto ed è presente oggi nella sua Chiesa. E quest’ultimo è accessibile a tutti
i credenti, inclusi quelli che non studieranno mai teologia! Però, anche se la ricerca sul Gesù storico
non è l’oggetto diretto e l’essenza della fede, deve essere parte integrante della moderna teologia
come “condizione de possibilità”. Infatti il Gesù storico è un’arma contro ogni riduzione della fede
cristiana ad una ideologia fuori della storia, giacché si rifiuta di essere afferrato o rinchiuso in una
sola scuola di pensiero, sia di destra che de sinistra, e spinge i teologi a procedere per nuove vie per
avvicinarsi alla costante e sorprendente novità del Gesù storico; perciò “il Gesù storico rimane uno
stimolo costante per il rinnovamento teologico” [cf. J.P.Meier, Un ebreo marginale 1, c. VII;
‘Gesù’: Nuovo Gran.Com.Bibl.:78:8-10].

Il metodo storico-critico, coadiuvato dai nuovi dati e dai nuovi metodi, è necessario (come
condizione di possibilità!) ma non sufficiente, perché sceglie e ripulisce i tasselli di un mosaico, che
però non costruisce. I tasselli occorre metterli insieme sia pure in modo ipotetico, ma coerente,
mediante un’ermeneutica globale.

Ora, il mosaico da ricostruire non è né il Gesù storico della “Old Quest”, creato in contrasto col
dogma, né il Gesù storico della “New Quest”, configurato in contrasto col giudaismo, e neppure il
Gesù storico della “Third Quest”, che per un verso viene identificato troppo col mondo giudaico e
per altro verso mantiene dei residui del positivismo storico. Il Gesù storico è quello vero, reale,
vissuto all’interno di Israele e del giudaismo variegato del suo tempo, che spiega le diverse reazioni
alla sua persona e al suo ministero, ma che ne rimane al disopra, spezzandone i legami troppo stretti
così da costituire la premessa della “nuova alleanza”, la nuova comunità composta da ebrei e
gentili. Il valore storico globale dei vangeli e del Gesù ivi narrato ed annunciato, affermato dalla
DV 19 e molto caratteristico della ‘terza ricerca’ su Gesù, ingloba sia la vicenda storica,
ipoteticamente ricostruita, sia il suo influsso storico sulla percezione e la vita delle persone, che
l’hanno incontrato ed hanno creduto in lui, ed hanno dato origine ad una comunità ‘a lui così fedele
da cambiare il corso della storia’ [cf. G. Segalla, “La verità storica dei Vangeli e la ‘terza ricerca’ su
Gesù”: Laterarum 61 (1995) 498-500].

Tesi 7: Cristologia fondamentale. Il testimonium Paschae

LA TESTIMONIANZA PASQUALE
Pietro confessa la vittoria definitiva di Gesù sopra la morte per mezzo della risurrezione (to.n de.
avrchgo.n th/j zwh/j avpektei,nate o]n o` qeo.j h;geiren evk nekrw/n( ou-
h`mei/j ma,rture,j evsmen - Questo Gesù Dio l' ha risuscitato e noi tutti ne siamo
testimoni).
Paolo dice che se Cristo non è risorto la nostra predicazione è vana e vana è la vostra fede e noi
siamo falsi testimoni.
DV 4: dice che la risurrezione di Cristo porta a compimento, alla sua pienezza, la Rivelazione,
perché Cristo è l’unico che ha potuto vincere la morte, questo fa di Cristo un uomo decisivo, infatti
secondo l’AT l’unico che può vincere la morte è Dio, non solo, dunque Dio ha risuscitato Gesù, ma
anche Gesù Cristo è risorto e manifesta la sua divinità. La grande rivelazione che Gesù fa è che la
persona umana può vincere la morte nella fede in lui, la morte non è la parola definitiva.

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Che esperienza si può avere della risurrezione?


La risurrezione di Gesù è oggetto della fede e per questo raggiungibile solo attraverso la fede; i
segni della risurrezione sono però raggiungibili mediante la ricerca storica, essi sono condizione di
possibilità per la fede nella risurrezione.
Il Gesù della storia è aperto all’indagine storica, ma il Cristo risorto no.
La PCB dice nel documento del 1983: «la risurrezione di Gesù sfugge per sua natura ad una
constatazione solo empirica, infatti essa introduce Gesù nel mondo che viene [diversa dalla
risurrezione di Lazzaro] la sua realtà può essere dedotta come vera dalle apparizioni del Cristo
glorioso ad alcuni testimoni e corroborata dal fatto della tomba vuota [nel NT non c’è nessuna
narrazione della risurrezione di Gesù, si danno solo dei segni non conclusivi] ma non si deve
semplificare, uno storico non può dimostrarla come un fatto accessibile a chiunque».
Pertanto la risurrezione non è un fatto in senso positivistico, per questi alcuni dicono che è un fatto
meta-storico, perché è un passo dalla storia all’escatologia, va più in là della storia (la risurrezione
di Lazzaro invece è storica, dalla storia alla storia), perché dopo la risurrezione Gesù non può
morire più, è nell’eternità, ma questa vita piena sfugge alla nostra comprensione, tutto quello che
possiamo dire è più negativo che positivo.
La risurrezione è un evento escatologico ma radicato nella storia, perché accaduto ad un uomo;
questa sua iscrizione nella storia è testimoniata dai segni che essa comporta (la fuga e il
raggruppamento dei discepoli, la conversione di Paolo, la crescita della Chiesa).
I vangeli devono essere letti alla luce di quanto detto.

UN PO’ DI STORIA
I tappa: «Old paschal quest»
Visione della pasqua soggettiva: la Pasqua è un’esperienza soggettiva degli apostoli, non c’è nessun
dato, è reale solo nelle persone che hanno avuto questa esperienza.
La «No paschal quest»
È la posizione di Bultman: non ha importanza quello che è successo ma quello che vivo, non
interessa come è successo, l’evento escatologico non si può capire con gli occhi della storia, ma
solo con quelli della fede.
II tappa:«New paschal quest»
Segna il passaggio da una considerazione apologetica (la risurrezione come fatto storico) al primato
teologico (la resurrezione come mistero di fede). Questo è l’orientamento a partire dal simposio del
1970 sulla risurrezione, che portò una nuova visione esegetica sulla risurrezione. Il simposio da una
parte diede ragione all’esperienza soggettiva, ma questo non basta, essi dicono che la parola ‘storia’
è più ampia, per questo si fa la distinzione tra Gesù storico e Gesù reale.
III tappa: «Third paschal quest»
- Verweyen dice che la proesistenza di Gesù basta ad affermare la realtà dell’evento pasquale.
- C’è poi un orientamento (Lüdemann) con una prospettiva esclusivamente ‘psicogena’ (generata
dalla psicologia): i discepoli nella condizione di profonda delusione non possono credere alla
fine di tutto ciò in cui hanno creduto. Questo orientamento ha il suo peso, soprattutto oggi che la
psicologia ha molta importanza.
- La linea del Jesus seminar parla di un uso simbolico della parola risurrezione.
- L’orientamento di Dufour e altri sottolineano l’importanza storica.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

- Rahner sottolinea la valenza antropologica della risurrezione.


- Finalmente si ha l’orientamento che sottolinea l’importanza della testimonianza come via
d’accesso alla risurrezione.
Ci sono sempre due rischi: la risurrezione è come quella di Lazzaro o puramente spirituale.

I DIVERSI LINGUAGGI DELLA RISURREZIONE DI GESÙ


Ci sono due tipi di linguaggio: quello della risurrezione (più comune) e quello di esaltazione o di
glorificazione (sta nel cielo, siede alla destra del Padre).
IL LINGUAGGIO DELLA RISURREZIONE: Risuscitare in greco è evgei,rw e avni,sthmi  Cristo si è
“svegliato”, “ridestato” dalla morte. Tale linguaggio sottolinea l’identità di colui che morì e che poi
risuscitò.
IL LINGUAGGIO DELL’ESALTAZIONE/ELEVAZIONE: sottolinea la novità, Gesù è lo stesso che è morto e
risorto, ma è entrato in una nuova situazione.  lo svantaggio di questo linguaggio è quello di
portare ad una interpretazione troppo spiritualista della risurrezione. Cosa accade con il corpo? Il
corpo (so,ma) è la persona, è il luogo dell’io, quale allora la novità della risurrezione? Nella vita
terrena la persona appare come psichica, e così il suo corpo, mentre nel cielo è spirituale
(spermatikón). La nostra immaginazione non sa arrangiare tutto questo, i discepoli per dire che sta
in una nuova vita, ma allo stesso tempo è il medesimo, malgrado attraversi le porte e non venga da
subito riconosciuto, dicono che non è un fantasma. La resurrezione è allora un evento paradossale, è
un evento che coinvolge tutto l’uomo Gesù e, a Dio piacendo, accadrà anche a noi, un giorno
saremo nella novità di una persona spirituale.

Di fronte alla morte di Gesù tutti gli apostoli fuggono e vanno in Galilea, ma cosa accade dopo? Il
ritorno rapidissimo a Gerusalemme, questo è un fatto sorprendente. A questo punto i discepoli
iniziano ad annunziare il kerygma, cioè che Gesù ha vinto la morte e successivamente inizia la loro
missione con la nascita delle comunità ecclesiali.

Questo ritorno rapidissimo è molto importante dal punto di vista sociologico. Dal punto di vista
storico-critico stiamo seguendo dei fatti. La domanda che ci si deve porre è: Cosa è accaduto? È
successo “qualcosa” che ha determinato questo cambiamento (dalla fuga al repentino ritorno),
questo è il nucleo storico che credenti e non credenti devono ammettere.  Questo “qualcosa” ha
reso possibile la fede pasquale. Attenzione non stiamo parlando di una dimostrazione della
resurrezione di Cristo, stiamo facendo uno studio fenomenologico della genesi della fede pasquale,
di ciò che ha motivato gli apostoli ad annunciare il kerygma.

Abbiamo, dunque, solo dei segni della risurrezione:


1) il sepolcro vuoto: il fatto che è detto che fu trovato dalle donne deve essere vero, se
fosse inventato, infatti, per essere plausibile, visto il contesto storico, si sarebbe detto
che furono degli uomini a trovarlo;
2) apparizioni o cristofanie (incontri misteriosi) che comportano tre momenti:
a) iniziativa di Cristo;
b) riconoscimento, che va sempre legato alla comensalità (realtà comunitaria)
- per questo l’eucaristia è il centro della vita comunitaria - ;
c) missione: annunziare che Cristo è risorto.

La comunità conferma che l’esperienza della risurrezione non è una immaginazione ma un fatto
reale  la Chiesa è il grande segno della risurrezione.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Solo per fede possiamo dire che questo “qualcosa”, che è il nucleo storico fondamentale, è la
risurrezione, ma lo facciamo a partire dai segni che la rendono credibile.

LA «FIDES OCULATA»
Analisi del testo dei discepoli di Emmaus Lc 24,13-35

13 In quel medesimo giorno, due dei discepoli si trovavano in cammino


verso un villaggio, detto Emmaus, distante circa sette miglia da
Gerusalemme, 14 e discorrevano fra loro di tutto quello che era accaduto.
15 Mentre discorrevano e discutevano, Gesù si avvicinò e si mise a
camminare con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti dal
riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che discorsi sono questi che vi
scambiate l' un l' altro, cammin facendo?». Si fermarono, tristi. 18 Uno di
loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così straniero in Gerusalemme
da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò: «Che
cosa?». Gli risposero: «Il caso di Gesù, il Nazareno, che era un profeta
potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i
gran sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per essere condannato
a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui quello che
avrebbe liberato Israele. Ma siamo già al terzo giorno da quando sono
accaduti questi fatti. 22 Tuttavia alcune donne tra noi ci hanno sconvolti.
Esse si sono recate di buon mattino al sepolcro, 23 ma non hanno trovato
il suo corpo. Sono tornate a dirci di aver avuto una visione di angeli, i quali
affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e
hanno trovato tutto come avevano detto le donne, ma lui non l' hanno
visto». 25 Allora egli disse loro: «O stolti e tardi di cuore a credere a quello
che hanno detto i profeti! 26 Non doveva forse il Cristo patire tutto questo
ed entrare nella sua gloria?». 27 E cominciando da Mosè e da tutti i
profeti, spiegò loro quanto lo riguardava in tutte le Scritture. 28 Quando
furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece finta di proseguire. 29
Ma essi lo costrinsero a fermarsi, dicendo: «Resta con noi, perché si fa
sera ed il sole ormai tramonta». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Or
avvenne che mentre si trovava a tavola con loro prese il pane, pronunciò
la benedizione, lo spezzò e lo distribuì loro. 31 Allora si aprirono i loro
occhi e lo riconobbero. Ma egli disparve ai loro sguardi. 32 Si
dissero allora l' un l' altro: «Non ardeva forse il nostro cuore quando egli,
lungo la via, ci parlava e ci spiegava le Scritture?». 33 Quindi si alzarono e
ritornarono subito a Gerusalemme, dove trovarono gli Undici riuniti e
quelli che erano con loro. 34 Costoro dicevano: «Il Signore è veramente
risorto ed è apparso a Simone». 35 Ed essi raccontarono ciò che era
accaduto lungo il cammino e come l' avevano riconosciuto allo spezzare
del pane.

Gerusalemme

v. 16 ≠ occhi = v. 31
 Frazione del pane
 Scrittura
zh/n
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Appunti delle lezioni 2008-2009

Tommaso d’Aquino dice che ciò che hanno avuto i discepoli di Emmaus e gli apostoli fu una
oculata fides, ovvero un vedere credente. La fides oculata è quella che ci aiuta a capire il
“qualcosa”. La fede non è cieca ma ha degli occhi che ci fanno vedere i segni della risurrezione, il
vedere credente è quello che ci dà l’accesso al testimonium Paschae.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

ORIZZONTI TEOLOGICI ATTUALI


LA FENOMENOLOGIA DELLA LIBERTÀ
Un orizzonte che può aiutare antropologicamente a capire la risurrezione è la fenomenologia della
libertà: tutti abbiamo nel nostro cuore l’ansia di superare la morte  si può arrivare alla libertà se
c’è la morte? L’ansia di libertà piena sembra scontrarsi contro il problema della morte. La
risurrezione è il centro della risposa a questa grande domanda.
LA FENOMENOLOGIA DELL’AMORE
Un altro orizzonte ce lo offre Ratzinger: l’amore. La pretesa di amore dell’uomo è un anelito verso
l’infinito che mai riesce a raggiungere, la risurrezione allora è la superiorità effettiva dell’amore
sulla morte.
LA FENOMENOLOGIA DELLA SPERANZA
Un altro orizzonte è dato dalla speranza. È innato nell’uomo la speranza di giustizia; nel mondo si
riscontra l’ingiustizia (perché i poveri? perché la sofferenza senza colpa?), non si può accettare che
il mondo finisca in questo modo.
Sulla scia della speranza c’è la posizione di Boff: nel Cristo si realizza la meta verso il quale è
incamminato l’uomo e tutto il cosmo, meta che è piena realizzazione della vita.

LE DIECI TESI TEOLOGICO-FONDAMENTALI SULLA RESURREZIONE DI GESÙ


- I TESI: la testimonianza pasquale di Pietro (At 2,32)  articolazione tra fede e storia;
- II TESI: la testimonianza pasquale è una rivelazione di Dio  la risurrezione non è una
deduzione storica, ma è rivelazione;
- III TESI: la testimonianza pasquale ha la sua radice nella fides oculata  la fede dà nuovi
occhi, la rivelazione dà una fede capace di vedere nei segni la risurrezione di Cristo;
- IV TESI: la testimonianza pasquale trasmette dei fatti accessibili alla storia (le donne come primi
testimoni, l’espansione della Chiesa, la conversione di Paolo, il sepolcro vuoto, ecc.); l’indagine
storico-critico si ferma ad analizzare questi fatti, c’è qualcosa al quale i segni fanno riferimento,
questo è il nucleo della rivelazione, l’accesso alla risurrezione avviene tramite la fede;
- V TESI: nucleo storico  presenza personale e reale di Gesù
- VI TESI: risorgere, risvegliare, innalzare sono verbi usati come immagine di una realtà futura
che ci attende  resurrezione corporale, intesa come resurrezione dell’io  la persona non
muore con la morte; con queste metafore il NT esprime qualcosa di inaudito, ciò che nell’AT era
solo una speranza (vedi i fratelli Maccabei) diventa con Cristo una realtà;
- VII TESI: se uno non credesse che Dio può rivelarsi e lasciare tracce storiche della sua azione
non sarebbe possibile credere nella risurrezione; in altre parole, condizione di possibilità di
accesso alla risurrezione è il fatto che Dio si sia rivelato e abbia lasciato dei segni;
- VIII TESI: la testimonianza degli apostoli è la mediazione per arrivare alla trasmissione della
fede pasquale; la testimonianza degli apostoli, nel suo carattere impegnativa delle persone, è
affidabile;
- IX TESI: i segni sono accessibili all’indagine storico critica e mostrano la veridicità di ciò che
testimoniano, come plausibile spiegazione;

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Appunti delle lezioni 2008-2009

- X TESI: in conclusione la teologia fondamentale, nel riflettere in quale modo la risurrezione


accredita la fede cristiana, vuole mostrare la connessione della testimonianza pasquale con una
serie di segni che si sono verificati nella storia;

Tesi 8: Cristologia fondamentale. Il mysterium Christi

1. E VOI CHI DITE CHE IO SIA?


A partire dall’iniziale autocomprensione del mistero personale di Gesù con la sua ‘autorità
messianica, i Vangeli rispondono alla domanda e voi chi dite che io sia? (Mc 8,29), specialmente
con l’uso dei titoli che ci portano non soltanto a una cristologia implicita ma anche ad una
cristologia germinale’.
Il titolo MESSIA che esprime la sua “immagine globale”ancorata nel titulus crucis (Mc 15,26; Mt
27,37;Lc 23,38;Gv 19,19) si manifesta soprattutto nella confessione di Pietro (Mc 8,29-33; Mt
16,15-23; Lc 9, 20-22; anche, Gv 6, 67s.); nella domanda del sommo sacerdote (Mc 14,61-62; Mt
26,63-64; Lc 22,67-70); nella primitiva confessione cristiana (Rm 1,3-4, che può risalire a prima del
40 d.C.).
FIGLIO DELL’UOMO: “l’espressione quotidiana che designava l’essere umano semplicemente, o
qualsiasi essere umano, fu rivalutata da Gesù in senso ‘messianico’. Solo per questo poté diventare
l’autodenominazione caratteristica di Gesù” (G. Theissen)  dopo i sinottici questo titolo
scompare, Giovanni usa solo Figlio (che diverrà poi Figlio di Dio), Paolo userà invece il titolo di
Salvatore.
FIGLIO: tre testi rendono verosimile l’uso di questo titolo (Mc 12, 1-12;13,32 – parabola dei
vignaioli omicidi; Mt 11,27=Lc 10,22 – nessuno conosce il Padre se non il Figlio); in più,
l’esperienza di filiazione sorge dalla relazione di Gesù con Dio, Padre-Abbà (Mc 14,36…).
SIGNORE: dal trattamento di cortesia (Mc 7,28…) al titolo di maestà e del risorto (At 1,6; 2,36…).
Pietro davanti al Sinedrio sottolinea il senso soteriologico di tale titolo giacché: “In nessun altro
c’è salvezza” (At 4,12; cf. 1Tm 2,4s.).

2. MYSTRIUM CHRISTI NEL QUALE TROVA SPIEGAZIONE IL MISTERO DELL’UOMO


GS 22: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il
mistero dell’uomo».
La fede cristiana è più di una filantropia, parte da Cristo nel quale si trova la pienezza dell’umanità,
perciò i cristiani devono avere attenzione per tutto ciò che è umano.
Punti essenziali di GS 22:
1. ricapitolazione del mistero dell’uomo nel mistero di Cristo (per questo diceva Paolo VI che
la Chiesa è dottoressa in umanità);
2. l’incarnazione: il Figlio di Dio si è incarnato in ogni modo, con l’incarnazione tutta
l’umanità riceve la capacità di diventare figlio di Dio;
3. mistero pasquale;
4. volontà salvifica universale: ciò vale per tutti gli uomini di buona volontà nei quali lavora
nascostamente la grazia divina  «E ciò vale non solamente per i cristiani, ma
anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora
invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione
ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò
dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire
associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale».

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Appunti delle lezioni 2008-2009

5. l’enigma della morte

Cristo: chiave, centro e fine, Alfa e Omega


Per GS Gesù Cristo è la risposta definitiva della Chiesa alla domanda sulla piena realizzazione
dell’umanità. Infatti il mistero dell’uomo si rivela attraverso la Rivelazione del mistero di
Cristo: “in mysterio Verbi incarnati mysterium hominis vere clarescit; …hominem ipsi homini
plene manifestat;…hominis mysterium per Revelationem cristianam credentibus illuscecit. Per
Christum et in Christo illuminatur aenigma doloris et mortis…”. Tutti questi testi mettono in rilievo
che il mistero del Cristo dona valore e significato pieno al mistero dell’uomo.

3. L’ACCESSO ANTROPOLOGICO AL MYSTERIUM CHRISTI: LA RICERCA TEOLOGICA


RECENTE
Nella Cristologia fondamentale odierna la dimensione antropologica è decisiva come d’altra parte in
tutta la teologia contemporanea. L’impostazione teologico-fondamentale si esplicita anche
nell’ambito della comprensione della credibilità che include non soltanto il senso teologico ma
anche il significato storico, per agganciarsi al suo carattere antropologico e per tanto significativo
per l’uomo. Ed è in questo ultimo punto che si sofferma questo nostro terzo tema cristologico da
leggersi nell’insieme di tutta la Cristologia fondamentale. Non senza ragione si parla della “svolta
antropologica” della teologia contemporanea (J.Maréchal, K.Rahner, B.Lonergan, J.Alfaro,
J.B.Metz, G.Pattaro, H.Verweyen, S.Pié-Ninot…) a partire dalla nota formulazione di K. Rahner:
“l’antropologia è il ‘luogo’che include tutta la teologia”. L’orientamento è confermato nella FR che
inizia con l’adagio : “conosci te stesso”. Infatti il soggetto, sempre già esistenzialmente vivente
nella grazia di Dio, e l’oggetto storico che è la Rivelazione esplicitata da Dio in Cristo, stanno in un
rapporto unico e specifico. Per questo l’antropologia teologica deve avere come criterio la
cristologia, poiché la Cristologia appare la sintesi più completa dell’antropologia teologica, giacché
se l’uomo è libero uditore della parola di Dio, nell’ Uomo-Dio, Gesù Cristo, colui che parla e colui a
cui è rivolta la parola si identificano.

1 - CRISTO: CHIAVE DELL’“ENIGMA” UMANO: la chiave antropologico-esistenziale è stata


sviluppata in forma specifica da R.Latourelle il quale analizzando B.Pascal, M.Blondel e P.Teilhard
de Chardin, conclude che Cristo è la chiave dell’enigma umano, giacché egli si manifesta come la
pienezza dell’uomo, perché lo mette in intima armonia e si presenta come “credibile”. In questo
orientamento ci si chiede “se è vero che Cristo è mediatore del senso, unico esegeta dell’uomo e dei
suoi problemi; se infine la luce che egli proietta è così penetrante, allora si pone il problema della
sua identità: egli, dunque, sarà, come dichiara di essere, Figlio del Padre, Dio-tra-noi, senso di Dio e
dell’uomo, dono del senso, poiché è in se stesso Parola di Dio” .
2 - La cristologia ‘anonima’ che cerca: in chiave antropologico-trascendentale K.Rahner propone
possibili vie di accesso per comprendere il mistero umano-divino di Gesù nell’ambito di una più
grande unità fra cristologia teologico-fondamentale e cristologia dogmatica. In questo senso indica
tre appelli esistenziali: l’amore del prossimo, l’esperienza della morte e la speranza nel futuro
assoluto. Queste tre vie o appelli evidenziano il fatto che “l’uomo nella sua esistenza, quando
l’accetta decisamente, esercita già qualcosa come una cristologia che cerca e questi tre appelli non
mirano ad altro che a chiarificare un po’ questa cristologia anonima”, che trova in Gesù il Cristo la
sua “risposta” esplicita e gratuita che dá pieno senso alla propria esistenza umana presente in questi
tre appelli esistenziali. Infatti chi ha trovato nella vita, nella morte e nella risurrezione di Gesù la
risposta a questi tre appelli, ha trovato anche una via di accesso alla comprensione della Cristologia.
Questa afferma, dunque, che in Gesù Dio si è vittoriosamente e irreversibilmente proposto

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Appunti delle lezioni 2008-2009

all’uomo quale risposta beatificante alla triplice domanda che l’uomo non solo eventualmente si
pone, ma che è in fondo egli stesso.

Tesi 9: L’ecclesialità della Rivelazione come viva vox


Evangelii in Ecclesia et per ipsam in mundo (DV 8) e il
‘Credo Apostolico’ (ST II-II,q.1 a.9; CEC nº750)

[introduzione storica]
Con il De Vera Ecclesia9 (XVI sec) cominciano a sorgere dei trattati per dimostrare la vera Chiesa
(direzione apologetica), attraverso la via storica, per dimostrare che la Chiesa cattolica era in
continuità con la Chiesa degli apostoli; vista la lunghezza dell’argomento si optò per una via del
primato (successione petrina); queste due vie sono evidentemente di carattere polemico con i
protestanti, per questo si coniò la via delle note , che è la più teologica  Lutero dice che la vera
Chiesa è dove c’è l’annuncio puro del Vangelo e l’amministrazione dei sacramenti (ridotti al
battesimo ed eucaristia), i cattolici si ritrovano nelle quattro note del Credo: una, santa, cattolica e
apostolica, facendo uso di un sillogismo molto semplice che si fonda sul mandato di Gesù. A partire
dal secolo XIX, spinti dalle scienze sperimentali, i teologi cercano una via empirica, che è quella
che adotterà il CV I, significa partire dall’esperienza: come mai la Chiesa esiste ancora dopo venti
secoli? Il CV II dice innanzitutto che la Chiesa è un mistero (come la Trinità, Cristo e i sacramenti)
e come questi va trattata, cioè con un approccio dogmatico  nasce l’ecclesiologia dogmatica.
Di fronte all’ecclesiologia dogmatica scompare l’ecclesiologia fondamentale. Cerchiamo di
riprendere l’aspetto fondamentale.
DV 8 dice: «Così Dio, il quale ha parlato in passato non cessa di parlare con la
sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce
dell’Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo, introduce
i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la
sua ricchezza (cfr. Col 3,16)». Chiesa&Rivelazione
Nel Credo Apostolico professiamo di credere la Chiesa e non nella Chiesa, al pari delle tre persone
divine  La fede ha un carattere “ecclesiale mediato”, perché? Cioè,perché dobbiamo basarci sulla
Chiesa per credere? L’unico segno della rivelazione cristiana è Cristo-nella-Chiesa (DV 8). A questo
punto della riflessione ci si deve domandare fino a che punto la fede e la credibilità dipendono dalla
testimonianza della Chiesa. Nell’orientamento apologetico classico, spesso ci si è limitati a
considerare la fides quae, lasciando la Chiesa come qualcosa di estrinseco alla rivelazione, mentre il
CVII insiste molto sul valore sacramentale
 “La Chiesa fa parte (della rivelazione) come ‘via strumentale’ (instrumental way) dell’oggetto
formale o motivo della fede (il Dio rivelante)” (A.Dulles).
 “La Chiesa deve essere vista come il modo e l’ambito comunitario-sacramentale nel quale si
professa, si celebra e si testimonia la fede cristiana recuperando così il credere la Chiesa come un
credere ecclesialmente” (S.Pié-Ninot, Credere la Chiesa)!

La Chiesa radicata in Gesù di Nazareth, “fondatore”, origine e fondamento


La Chiesa ha origine nel disegno salvifico trinitario (Cipriano: Ecclesia de Trinitate)  LG 2-4:
“prefigurata (origine), preparata (AT), istituita (NT), manifestata (dallo Spirito Santo a pentecoste),
consumata (fine dei tempi)” (in questo senso si può dire “Ecclesia ab Abel” = universalis: LG 2).
9
Ecclesia dal greco kaleo  comunità convocata.

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Appunti delle lezioni 2008-2009

 La Chiesa è segno del Regno di Dio che arriverà alla pienezza alla fine dei tempi, non c’è
equivalenza ma relazione; il suo inizio è “simboleggiato dal sangue e dall’acqua che uscirono dal
costato aperto di Gesù” (cf. Gv 19,34) (LG 3)
 nella Chiesa inabita lo Spirito (Spiritus in Ecclesia) che la santifica (LG 4);
 la Chiesa è “germe e inizio” del Regno di Dio (LG 5).
FONDAZIONE DELLA CHIESA (LG 5): non un momento, ma processuale, non un solo atto ma 10!
Comissione Teologica Internazionale (CTI): In hac realtione - 1985
Tappe del “processo fondante concreto” della Chiesa:
1) le promesse dell’AT sul popolo di Dio, che la predicazione di Gesù presuppone e che conservano
la loro forza salvifiche; [Gesù non fa un cambiamento ma un approfondimento dell’AT; la Chiesa
è prefigurata da Eva che esce dal costato di Adamo  lettura simbolica dei Padri]
2) la chiamata universale di Gesù alla conversione e alla fede;
3) la vocazione e l’istituzione dei Dodici come segno del futuro “ristabilimento dell’intero Israele”;
[i Dodici sono un simbolo di Israele che sottolinea che ci sarà un nuovo popolo di Israele in
continuità ma anche nella novità];
4) l’imposizione del nome a Simon Pietro, il suo posto preminente nella cerchia dei discepoli e la
sua missione; [frutto di una confessione messianica di Gesù Figlio di Dio]
5) il rifiuto fatto a Gesù da parte d’Israele e la rottura tra popolo giudaico e discepoli di Gesù;
6) il fatto [storico] che Gesù, nell’istituire la Cena e nell’affrontare la sua passione e morte, persiste
nel predicare il Regno universale di Dio consistente nel dono della vita a tutti;
7) la restaurazione, grazie alla risurrezione del Signore della comunità infranta, tra Gesù e suoi
discepoli e l’introduzione dopo Pasqua della vita propriamente ecclesiale [proprie ecclesialem];
8) l’invio dello Spirito che fa della Chiesa una vera “creatura di Dio” (Pentecoste);
9) la missione verso i pagani e il costituirsi della Chiesa dei pagani;
10) la rottura definitiva tra il “vero Israele” e il giudaismo.

La CTI dice che nessuna di queste 10 tappe può costituire il tutto, ma che esse, unite tra loro,
mostrano come la Chiesa debba essere compresa come un divenire storico.
GESÙ FONDATORE DELLA CHIESA (ECCLESIOLOGIA IMPLICITA)
Alcuni cominciarono a domandarsi se Cristo volesse fondare la Chiesa.
CTI: 1986 su Cristo e la Chiesa  Gesù ha voluto fondare la Chiesa. La Commissione afferma che
la Chiesa viene fondata nell’ “ecclesiologia implicita di Gesù”, come espressione della sua
intenzione, che comportava “la fondazione della sua Chiesa, vale a dire, la convocazione di tutti gli
uomini nella famiglia di Dio”. Gesù voleva la Chiesa, ma non nel senso esplicito (“Adesso ci
riuniamo e facciamo la Chiesa”), egli ha compiuto atti concreti la cui sola interpretazione, se presi
nel loro insieme, è la fondazione, la preparazione della Chiesa, che verrà definitivamente costituita
con la Pasqua. Per questo si dice che è una ecclesiologia implicita  volontà di costituire una
comunità che fosse segno del Regno di Dio (un regno senza un popolo è poco credibile).
Alcuni autori (Käsemann) parlano di due ecclesiologie: carismatica e istituzionale; più che
ecclesiologia sarebbe meglio parlare di tappe. Secondo questi autori (protestanti) la Chiesa
istituzionale è vista come una “perversione”, il canone della vera Chiesa è quello carismatico.
All’interno dello stesso ambito protestante nascono delle critiche a Käsemann, Theissen dice che
qualsiasi movimento carismatico, prima o poi deve istituzionalizzarsi.
La Chiesa apostolica è norma e fondamento della Chiesa di tutti i tempi; tre tappe:

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Appunti delle lezioni 2008-2009

1) la Chiesa propriamente apostolica (tra gli anni 30-65): segnata dai grandi apostoli (Giacomo,
Pietro e Paolo);
2) la sub-apostolica (anni 66-100): che si copre sotto il nome degli apostoli scomparsi;
3) la post-apostolica (a. 100-145/150) fino a 2Pt.
La Chiesa come istituzione:
a) costruzione ([1 e 2Ts;] 1 e 2Cor; Rom; Gal)  grandi figure carismatiche: Paolo, Pietro,
Giacomo – non c’è una struttura, la struttura è l’apostolo stesso;
b) stabilizzazione (Col; Ef; [Fil;]);
c) protezione (1 e 2 Tim; Tt).

Prospettive del Vaticano II: la ‘sacramentalità’ della Chiesa comunione;


466-480//472-486
Sacramentalità (visibilis et invisibilis…una complexa realitas: LG 8): “la Chiesa è in Cristo
come sacramento [non come una società, ma come un mistero che va visto con gli occhi della
fede], cioè segno [esternamente si vede un comunità, che, però, sta a significare un realtà
invisibile] e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere
umano” (LG 1). La Chiesa è complessa in sé, umana nella sua visibilità, divina nella sua
invisibilità.
“Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all’umana famiglia, nel tempo
del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è ‘l’universale
sacramento di salvezza’” (GS 45).
Tre aspetti ricordati dal papa Innocenzo III (DH 783) e Tommaso d’Aquino sui sacramenti:
a) il segno esterno (sacramentum/signum tantum): la Chiesa come “società” (LG 8);
b) il segno interiore (res et sacramentum): la Chiesa come “comunità di fede, speranza e
amore” (LG 8); [ dimensione ecclesiale del sacramento]
c) la realtà ultima (res tantum): la Chiesa :“l’unione intima con Dio e l’unità di tutto il
genere umano” (LG 1) [filiazione con Dio e la fratellanza di tutto il genere umano].
Si capisce allora il problema di non fermarsi al solo segno visibile, si sarebbe tentati di togliere
(vedi Lutero) l’aspetto umano, ma questo è il mezzo indispensabile per essere sacramento e per
giungere alla grazia.
Chi è cattolico? Cattolico è colui che è conforme alla professione di fede, celebra i sacramenti ed è
in comunione con i vescovi e il papa (LG 14)  ma questo non basta, sarebbe solo un aspetto
esteriore; questo era tipico di una ecclesiologia “societaria”, è necessario l’esercizio della carità:
“All’unità cattolica del popolo di Dio che prefigura e promuove la pace
universale sono chiamati tutti gli uomini; ad essa in vari modi appartengono,
oppure ad essa sono ordinati (ordinantur) sia i fedeli cattolici, sia gli altri
credenti in Cristo, e sia infine tutti gli uomini che la grazia chiama alla
salvezza” (LG 13; cf. LG 16); “sono incorporati pienamente (plene) alla chiesa
coloro che, avendo lo Spirito di Cristo… sono congiunti mediante i vincoli
(vincula) della professione di fede [symbolicum], dei sacramenti [liturgicum],
del governo ecclesiastico o comunione [hierarchicum communionis]… Non si
salva però, anche se incorporato alla chiesa, colui che non persevera nella
carità, e rimane nella chiesa soltanto col corpo ma non col cuore” (LG 14).

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Appunti delle lezioni 2008-2009

Tesi 10: La credibilità della Chiesa: paradosso e mistero

È credibile la Chiesa? Non è una questione semplice. Dalla Chiesa motivo di credibilità (CVI) a
sacramento (CVII): l’istituzione ecclesiale a servizio di Cristo.
Il centro della credibilità della Chiesa sta nella testimonianza (martirio).

1 - LA CHIESA: “VIA EMPIRICA” MOTIVO DI CREDIBILITÀ: DAL VATICANO I AL


VATICANO II
VATICANO I:
“La Chiesa per se stessa [Ecclesia per se ipsa] è motivo di credibilità [motivum credibilitatis] e
testimonianza [testimonium] della sua missione:come segno elevato tra le nazioni [signum
levatum in nationes] (cf. Is 11,12)” (DH 3013s.).
«Per se stessa»: si tratta di vedere la Chiesa nella sua realtà attuale, senza riferirsi alla missione
Cristo, né alla sua fondazione da parte di Cristo  si guarda all’unità e alla stabilità della Chiesa e
alla sua vita attiva, alla santità e alla fecondità.
«Motivo di credibilità»: si parlando di una credibilità evidente legata alla certezza morale;
«Segno elevato tra le nazioni»: è un riferimento biblico ad Israele (Is 11,12)  la vita della Chiesa
è degna di ammirazione.
VATICANO II:
Il CVII non parla mai strettamente della Chiesa come motivo di credibilità, ma usa le seguenti
espressioni per riflettere sul posto che ha la Chiesa nell’atto del credere.
a) la Chiesa come sacramento/mistero (LG 1;8;48): la sacramentalità riferisce chiaramente la
Chiesa a Cristo, è sacramento di Cristo come comunità di fede, speranza e amore; inoltre la
Chiesa è sacramento universale di salvezza, cioè mediatrice della salvezza alla quale si accede
per mezzo della fede;
b) l’analogia della Chiesa con Cristo (LG 8): mantenendo le dovute differenze, il mistero della
Chiesa è paragonato al mistero del Verbo incarnato  come la natura umana assunta serve al
Verbo divino, così l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito vivificante di Cristo per far
crescere il suo corpo;
c) la contro-testimonianza dei credenti: una delle cause dell’ateismo (GS 19): solo il carattere
mediato della fede può farci comprendere la gravità di questa affermazione;
d) la Chiesa segno [in mezzo ai popoli] (SC 2; LG 50; AG 36; UR 2).

2 - LA NUOVA VIA EMPIRICA: LA TESTIMONIANZA “CONDIZIONE DI POSSIBILITÀ


CONCRETA” DELLA FEDE: «LA CHIESA SI RENDE PIÙ CREDIBILE SE DÀ
TESTIMONIANZA CON LA PROPRIA VITA” [SINODO 1985]» ( TEMA CENTRALE)

CONCILIO VATICANO II
Lo sforzo della personalizzazione teologica del Vaticano II emerge con un termine nuovo:
testimonianza (testimonianza, testimoniare, testimoni: 133x) con espressioni come ‘vita cristiana’,
‘fedeltà al Vangelo’, ‘condotta perfetta’, ‘esempio della vita’, ecc., si mette in rilievo la vocazione
generale alla santità (cf. LG cap.V), che più abitualmente il Concilio traduce in chiave di

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Appunti delle lezioni 2008-2009

testimonianza, per evocare un impegno di tutta la vita e di tutta la persona in una scia più
interpersonale e interpellante; cf. il decalogo di AG 11:

Ma perché essi possano dare utilmente questa testimonianza, debbono:


1 - stringere rapporti di stima e di amore con questi uomini,
2 - riconoscersi come membra di quel gruppo umano in mezzo a cui vivono,
3 - e prender parte, attraverso il complesso delle relazioni e degli affari
dell’umana esistenza, alla vita culturale e sociale.
4 - Così debbono conoscere bene le tradizioni nazionali e religiose degli altri,
5 - lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano
nascosti;
6 - debbono seguire attentamente la trasformazione profonda che si verifica in
mezzo ai popoli,
7 - e sforzarsi perché gli uomini di oggi, troppo presi da interessi scientifici e
tecnologici, non perdano il contatto con le realtà divine, ma anzi si aprano ed
intensamente anelino a quella verità e carità rivelata da Dio.
8 - Come Cristo stesso penetrò nel cuore degli uomini per portarli attraverso un
contatto veramente umano alla luce divina, così i suoi discepoli, animati
intimamente dallo Spirito di Cristo, debbono conoscere gli uomini in mezzo ai
quali vivono
9 - ed improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo,
affinché questi apprendano quali ricchezze Dio nella sua munificenza ha dato ai
popoli;
10 - ed insieme devono tentare di illuminare queste ricchezze alla luce del
Vangelo, di liberarle e di ricondurle sotto l’autorità di Dio salvatore.

Evangelii Nuntiandi10 (Paolo VI, 1975): “L’evangelizzazione deve essere anzitutto proclamata
mediante la testimonianza…Tuttavia ciò resta sempre insufficiente, perché anche la più bella
testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata - ciò che Pietro
chiamava “dare le ragioni della propria speranza” (1Pe 3,15) - esplicitata da un annuncio chiaro e
inequivocabile del Signore Gesù. La buona novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà
dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita. Non c’è vera evangelizzazione se il
nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, figlio di Dio, non
sono proclamati. Come fare affinché esso si faccia sentire e arrivi a tutti quelli che devono
ascoltarlo? Questo annuncio - kerygma, predicazione o catechesi - occupa un tale posto
nell’evangelizzazione che ne è divenuto spesso sinonimo. Esso tuttavia non ne è che un aspetto.”
(ns. 21-22). Per la Chiesa cattolica, la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza, “l’uomo
contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e se ascolta i maestri è perché sono
tesimoni” (nº 41). [la testimonianza - segno di questa evangelizzazione - implica la presenza, la
partecipazione e la solidarietà]
Sinodo sul Concilio (1985): “La Chiesa si rende più credibile se dà testimonianza con la propria
vita... [il sinodo stesso si rende conto del problema della credibilità della Chiesa].
L’evangelizzazione avviene mediante testimoni. Il testimone rende la sua testimonianza non solo
con le parole, ma anche con la propria vita. Non dobbiamo dimenticare che testimonianza in greco
si dice martyria” (II-2b).
Fides et ratio (1998): “Il martire è il più genuino testimone della verità sull’esistenza” (nº 32).
10
Importante perché mette l’accento sull’evangelizzazione, mentre il concilio non ne parlava perché sembrava un
concetto protestante, si parlava piuttosto di missione. Questa maturazione caratterizza la missione (concetto generico)
come annuncio del Vangelo.

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La via della testimonianza è il nocciolo della teologia fondamentale attuale. La testimonianza però
spesso è stata vista come un fatto legato alla morale o al mondo giuridico  la testimonianza come
conseguenza della morale. Di fronte a questa situazione si deve vedere se la testimonianza ha un
suo statuto, una dimensione personale costitutiva, non solo fenomenologica ma anche metafisica.

VERSO UNA ‘METAFISICA’ DELLA TESTIMONIANZA (P. RICOEUR)


La testimonianza consegna qualcosa (il da dove: ciò che viene testimoniato) e suscita la decisione
nel destinatario (il verso dove: i destinatari) è quando è realizzata in forma veramente etica, e non
soltanto storica o giuridica, auto-coinvolge il testimone, il quale deve essere fedele a quanto
testimonia e deve interpellare chi lo osserva sinceramente; qui appare il carattere paradossale della
testimonianza come espressione viva e dinamica di un vissuto!
Ricoeur afferma che ci sono tre sensi della testimonianza:
1. empirico-storico: ho visto questo ieri mattina.
2. giuridico-forense: quando si domanda al testimone la verità su un fatto.
3. etico-antropologico: (novità) il soggetto si impegna, non solo formalmente  la
testimonianza, se vera, impegna il mio vissuto etico; la massima testimonianza è il martirio,
mi auto-impegno in quello che dico, sono disposto anche a morire pur di non cambiare la
mia testimonianza. Qualsiasi testimonianza ha una dimensione metafisica, perché se uno lo
fa eticamente, in nome della verità, impegna se stesso, in questa prospettiva, la
testimonianza diventa qualcosa che dà senso alla propria vita.
In questo senso si capisce il valore della testimonianza pasquale, per via di essa gli apostoli sono
trasformati. La testimonianza diventa punto di riferimento ecclesiologico; se non abbiamo una
dimensione di testimonianza non siamo credibili.
Evidentemente uno può dare una falsa testimonianza, ci vuole discernimento e questo si trova nella
dimensione comunitaria. Perciò uno che testimonia deve avere una dimensione comunitaria,
ecclesiale, cioè essere collegato ad una comunità ecclesiale.

3 - VERSO IL DISCERNIMENTO DELLA TESTIMONIANZA ECCLESIALE: DAL


PARADOSSO… AL MISTERO
La percezione della testimonianza non è semplice, è un paradosso perché porta con se la dimensione
paradossale dell’uomo (cfr. De Lubac, Paradosso e mistero della Chiesa, 1968  per scoprire il
mistero partiamo da un paradosso, sia con Dio, sia con Cristo, sia con la Chiesa).
La credibilità non è legata ad una visione della Chiesa angelica, non ci si può nascondere di fronte
al peccato, fa parte della paradossalità della Chiesa (von Balthasar: casta meretrix).
Il paradosso ha la funzione d’attirare l’attenzione e suscitare interrogativi davanti all’enigma
(conseguenza del paradosso) che è la Chiesa.
Il fenomeno Chiesa (sociologico/giuridico/istituzionale/culturale/globale…) fa problema ed esige
una spiegazione, una ragione sufficiente, proporzionata e ragionevole (è possibile dare una
spiegazione della credibilità della Chiesa, malgrado sia difficile?). Quale può essere la chiave di
questo enigma? Ecco brevi spunti:
1. se si ammette che la storicità è un elemento costitutivo dell’uomo, già ne segue che la storia
è il luogo della eventuale manifestazione di Dio;
2. per questo l’uomo deve interrogare la storia per scoprire il tempo e il luogo dove la salvezza,
forse, ha toccato la storia umana;

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Appunti delle lezioni 2008-2009

3. inoltre, se si ammette che l’uomo è essenzialmente persona e società, ci si deve attendere


che vi sia una grandezza privilegiata, una istituzione sociale nella quale la salvezza in
qualche modo si concentri e si dia in pienezza;
4. ma si deve anche attendere di trovare in tale istituzione tutte le tracce di infermità inevitabili
in una istituzione fatta di persone umane;
5. la conclusione: infatti, la Chiesa, con tutto ciò che è e con tutto ciò che dice, sembra (è una
proposta e non una dimostrazione) precisamente essere questa istituzione privilegiata.
Insomma, si tratta di una proposta e via di spiegazione nella scia della credibilità, forse non
incoerente o assurda se si ammette che può giovare a interpretare il paradosso dell’enigma che è il
fenomeno-Chiesa. Si tratta per tanto di una via di intelligibilità come ermeneutica della
testimonianza, che prende come punto di partenza non gli attributi assoluti e gloriosi della Chiesa,
ma i paradossi vitali di cui è costituita. Come sempre questa via d’approccio non ci conduce
all’evidenza, ma ad una certezza morale (personale), sufficiente però a motivare una decisione
prudente. Per aprirsi però alla possibile presenza del Mistero-Chiesa che si nasconde nella storicità
del Fenomeno-paradosso-Chiesa e nella fragilità della sua istituzione, occorre lasciarsi guidare dallo
Spirito....
La testimonianza di vita (paradossale) perché sia di vita cristiana deve aver come testimonianza
fondante quella apostolica, che troviamo nella Parola di Dio proclamata nella Chiesa, avendo come
mediazione la testimonianza dello Spirito, che fa sì che la testimonianza apostolica non sia un fatto
di 2000 anni fa, ma attuale.

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