Scholem Gershom - Alchimia e Kabbalah-SE (2015)
Scholem Gershom - Alchimia e Kabbalah-SE (2015)
Scholem Gershom - Alchimia e Kabbalah-SE (2015)
GERSHOM SCHOLEM
ALCHIMIA E KABBALAH
«Da quando il mondo europeo, sul finire del
Medioevo, venne a contatto con la mistica e
la teosofia ebraica, ossia con la kabbalah, ha
coniugato, nel corso dei secoli, le più varie
rappresentazioni con il suo complesso pro
priamente costitutivo. Il nome di questa mi
steriosa disciplina, esaltata e ammirata dai
suoi primi diffusori cristiani, Giovanni Pico
della Mirandola e Reuchlin, come la custo
de della più antica e della più alta saggezza
misterica dell'umanità, divenne una parola
d'ordine in tutti i circoli interessati alla teo
sofia e all'occultismo nell'epoca del Rina
scimento e in quella successiva del Baroc
co. Divenne una sorta di bandiera dietro la
quale -poiché non v'era da temere alcun
controllo da parte dei pochi autentici culto
ri della kabbalah -praticamente tutto pote
va venire offerto al pubblico: da contenuti
autenticamente ebraici a meditazioni solo
vagamente ebraizzanti di profondi mistici
cristiani, fino agli ultimi prodotti scaduti
della geomanzia e della cartomanzia. Il no
me kabbalah, con il brivido reverenziale che
immediatamente incuteva, comprendeva tut
to. Anche i più estranei elementi del folk
lore occidentale, anche le scienze del tempo
in qualche modo orientate verso l'occul
tismo, come l'astrologia, l'alchimia, la ma
gia naturale, divennero "kabbalah". E ancor
oggi essa è appesantita da questa zavorra,
giunta in certi casi a oscurare totalmente il
suo autentico contenuto, presso la commu
nis opinio, tra i profani come tra gli adepti
della teosofia, nell'uso linguistico di nume
rosi scrittori europei e persino di studiosi.
[ ...] Gran parte degli scritti sul cui fronte
spizio campeggia la parola kabbalah non ha
nulla, o pressoché nulla, a che vedere con
essa.
Risulta così decisivo distinguere quegli ele
menti che realmente appartengono storica
mente alla kabbalah o le si connettono da
quelli che sono stati confusi con essa attra
verso uno sviluppo prodottosi al di fuori del
l'ebraismo. Si pone dunque primariamente
·237·
GERSHOM SCHOLEM
ALCHIMIA E KABBALAH
SE
Titolo originale: Alchemie und Kabbala
© 2015 SE SRL
VIA SAN CALIMERO Il - 20122 MILANO
ISBN 978-88-6723-379-3
INDICE
ALCHIMIA E KABBALAH 9
Parte prima IJ
Parte seconda 57
Parte terza 89
ALCHIMIA E KABBALAH
L'ardimento giovanile e fors'anche la stoltezza fini
scono malgrado tutto per esser ricompensati. Circa cin
quant'anni fa, in uno dei miei primi lavori più impe
gnativi di ricerca sulla kabbalah, scrissi riguardo al te
ma 1 che ora, sul finire della mia attività di studioso, un
po' più erudito e fors'anche un po' più saggio, mi sono
proposto di riprendere ancora una volta e sviluppare.
In molte cose posso indubbiamente rifarmi a quel lavo
ro giovanile, ma la prospettiva generale, acquisita nel
corso degli anni, si discosta di non poco da quella che
mi guidava allora, per non parlare del molto materiale
nuovo ora a mia disposizione.
' Gershom Scholem, Alchemie und Kabbala. Ein Kapitel aus der Geschichte
der Mystik, in « Monatsschrift fiir Geschichte und Wissenschaft d es] uden·
tums>> (d'ora in poi MGWJ), 6o (1925), pp. IJ·JO e 95-110.
PARTE PRIMA
Da quando il mondo europeo, sul finire del Medioe
vo, venne a contatto con la mistica e la teosofia ebraica,
ossia con la kabbalah, ha coniugato, nel corso dei seco
li, le più varie rappresentazioni con il suo complesso
propriamente costitutivo. Il nome di questa misteriosa
disciplina, esaltata e ammirata dai suoi primi diffusori
cristiani, Giovanni Pico della Mirandola e Reuchlin,
come la custode della più antica e della più alta saggez
za misterica dell'umanità, divenne una parola d'ordine
in tutti i circoli interessati alla teosofia e all'occultismo
nell'epoca del Rinascimento e in quella successiva del
Barocco. Divenne una sorta di bandiera dietro la quale
- poiché non v'era da temere alcun controllo da parte
dei pochi autentici cultori della kabbalah- praticamen
te tutto poteva venire offerto al pubblico: da contenuti
autenticamente ebraici a meditazioni solo vagamente
ebraizzanti di profondi mistici cristiani, fino agli ultimi
prodotti scaduti della geomanzia e della cartomanzia. Il
nome kabbalah, con il brivido reverenziale che imme
diatamente incuteva, comprendeva tutto. Anche i più
estranei elementi del folklore occidentale, anche le
scienze del tempo in qualche modo orientate verso l'oc
cultismo, come l'astrologia, l'alchimia, la magia natura
le, divennero «kabbalah ». E ancor oggi essa è appe
santita da questa zavorra, giunta in certi casi a oscurare
totalmente il suo autentico contenuto, presso la com
munis opinio, tra i profani come tra gli adepti della tec
sofia, nell'uso linguistico di numerosi scrittori europei e
persino di studiosi. In particolare, ancora nel xrx seco
lo i teosofi francesi della scuola martinista (Eliphas Lé
vi, Papus e molti altri) e in questo secolo ciarlatani co
me Aleister Crowley e i suoi ammiratori in Inghilterra,
sono riusciti a confondere, per quanto umanamente
possibile, ogni genere di discipline occulte con la «san-
r6 SCHOLEM
' E. von Lippmann, Entstehung und Ausbreitung der Alchemie, voli. 1-11,
Berlin 1919-193 r; L. Thorndike, A History o/ Magie and Experimental Scien
ce, voli. 1-v, London 1923 sgg.
ALCHIMIA E KABBALAH I7
' Mary Anne Atwood, A Suggestive lnquiry into the Hermetic Mystery,
London 1850 (nuova edizione Belfast 1918); Ethan Allan Hitchcock, Re
marks upon Alchemy and the Alchemists, Boston 1857; Herbert Silberer,
Probleme der Mystik und ihrer Symbolik, Wien 1914 (trad. ingl. di S.E. Jel
liffe, Problems o/ Mysticism and its Symbolism, New York 1917).
' C. G. Jung, Psychologie und Alchemie, Ziirich 1 944; Die Psychologie der
Obertragung, erliiutert anhand einer alchemistichen Bilderserie, Ziirich 1946;
Mysterium Coniunctionis, Untersuchung uber die Trennung und Zusammen
setz.ung der seelischen Gegensiitz.e in der Alchemie, Ziirich 195 5-1956. Cfr.
anche Antoine Faivre, Mystische Alchemie und geistige Hermeneutik, in
«EranosJahrbuch>>, 42 (1973), pp. 323-356.
18 SCHOLEM
fin 1893, p. 273. Nel frattempo sono usciti i tre istruttivi articoli sull'alchi
mia nella ]ewish Encyclopedia, vol. I, pp. 328-332 (di M. Gaster), nella tede
sca Enzyclopaedia Judaica, vol. n (1928), coli. 137-159 (di B. Suler), e nell'in-
ALCHIMIA E KABBALAH 19
glese Encyclopedia ]udaica, vol. 2 ( 1971), coli. 542-549 (pure di Suler, ma rie
laborato redazionalmente), in cui è stato preso in considerazione materiale
fino ad allora sconosciuto, soprattutto con la descrizione di due grossi codi
ci miscellanei, quello di Gaster (ora al British Museum) e quello di Berlino,
che contengono esclusivamente traduzioni in ebraico di trattati arabi e in
parte anche latini.
' Su «Maria l'ebrea» vedi Lippmann, p. 46, il quale dichiara che si tratta
indubbiamente di un'ebrea, poiché le vengono attribuite le parole: «Non
toccare la pietra filosofale con le tue mani, perché tu non appartieni al no
stro popolo, non sei della stirpe di Abramo». Ciò naturalmente non vuoi dir
nulla, potrebbe essere una delle tecniche usuali della pseudepigrafia. La di
fesa di Robert Eisler di molte di queste finzioni è priva di fondamento; cfr. le
sue osservazioni in MGWJ, 69 (1925), p. 367.
' Cfr.]. Ruska, Tabula Smaragdina, Heidelberg 1926, p. 41, che cita anche
una fonte araba in cui Zosimo viene detto direttamente <d'ebreo>> . La pre
dilezione di molti autori alchimisti per gli ebrei come autorità pseudepigra
lìche non prova, come talvolta si è affermato, che a ciò dovesse corrisponde
re necessariamente un effettivo ruolo di rilievo degli ebrei nell'alchimia del
l'antichità.
'" Nel xm secolo Peter di Cornovaglia nella sua disputa contro l'ebreo Si
mone cita da un libro perduto di Petrus Alphonsi: <<est quidem liber apud
Judeos de quo Petrus Alphonsi in libro suo quem appellavi! Humanum pro
/icuum loquitur discipulo suo querenti ab eo que essent nomina angelorum
illorum que invocata valerent ad mutandum ea que ex elementis fiunt in alia
et metalla in alia, ita dicens: Hoc facillime potes scire si librum quem secre
ta secretorum appellant valeas invenire, quem sapientes Judei dicunt Se th fi
lio Adam Rasielem angelum revelasse, atque angelorum nomina et dei preci
pua scripta esse»; cfr. R. W. Hunt, Studies in Mediaeval History presented to
FA. Powicke (1948), p. I p.
20 SCHOLEM
" Sul significato del latino cortex come «papiro>> vedi R. Eisler in MGWJ,
70 (r9z6), p. 194, che cerca di sostenere l'autenticità del racconto, e la mia
risposta, ivi, p. zoz.
" Cfr. in proposito Eugenius Philalethes (Thomas Vaughan), Magia Ada
mica, trad. ted., Leipzig 1735, pp. 70-75, dove il racconto è riportato ampia
mente.
2° Così il soprannome' viene inteso da Carlo Alfonso N alli no, Abu Af/.ab
" L'autore lamenta che tra gli eruditi si trovino più malcostume e ingan
no che fra tutti gli stolti messi insieme. Perché molti di loro usano il loro sa
pere nel miraggio di riuscire a fabbricare l'oro, «ciò che essi chiamano la
"Grande Arte" , ma che mai riuscirà loro, perché è cosa impossibile>> ; così
M. Steinschneider, in «]eschurun>> (Kobak), IX, cit., p. 85 .
" Una bibliografia di tali«nomenclature delle selirot>> , come soleva chia
marle Steinschneider nei suoi scritti, ho fornito in «Kirjath Sepher>> , x
( 19? 4). pp. 498 -5 15·
2 Il primo autore ebreo a far notare la contraddizione tra cabalisti e
Vieni e vedi, qui [in Esodo 35, 5] l'oro viene prima e poi
l'argento, perché questo è il modo di calcolare dal basso al
l' alto [forse anche: nel mondo inferiore?] . Ma se egli [Mosè]
volesse contare secondo il modo di calcolare della merkavah
superiore, incomincerebbe da destra [cioè a partire dall' ar
gento] e soltanto dopo da sinistra. Perché? Perché è scritto
[Chaggaj 2, 8]: «Mio è l'argento e mio è l'oro» - prima l'ar
gento e poi l'oro.29 Nella merkavah inferiore, invece, si inco
mincia da sinistra e soltanto poi [segue] la destra, come è
scritto [Esodo 3 5, 5]: «oro, argento e rame» - l'oro prima e
poi l'argento.
" Nel mondo delle selìrot divine, che costituisce il mondo superiore,
questa è dunque la sequenza. Il versetto in Chaggaj 2, 8 è anche nel Bahir il
riferimento per l'argomentazione riguardante il simbolismo di oro e argen·
to. Nel manoscritto ebraico Amburgo 252 (nel catalogo di Steinschneider,
2 4), f. 23 b, il versetto conclude una ricetta alchemica giudeo-spagnola.
'" Così nel Se/er temunah alla lettera shin, Lw6w 1892, ff. 22a/b e 62a/b:
«ciò che in uno è proibito, è lecito nell'altro».
" Peli'a, Koretz 1784, f. 16c.
ALCHIMIA E KABBALAH
" Un altro tentativo di spiegazione della predilezione per l'oro nel nostro
mondo, secondo cui l'argento sarebbe troppo sottile e quindi accessibile in
una dimensione spirituale soltanto a pochi, mentre la folla cerca il più duro
e rozzo oro, si trova in Naftali Bacharach, 'Emeq ha-melekh, Amsterdam
I648, ff. 28 d· 29a. Ancora in un altro modo spiega questo rapporto uno dei
capi dei chassidim di Chabad, r. Baer ben Schneur Salman: l'argento sareb
be soltanto semplice grazia, mentre l'oro rappresenterebbe una profusione
di grazia e avrebbe dunque un rango superiore.
" Lo stesso anche in II, 2 36 b. Che i metalli«crescano» come piante corri
sponde non soltanto alle concezioni alessandrine (ad esempio in Silberer, p.
75), ma anche a teorie come ad esempio quelle sostenute dall'alchimista ara·
bo del XII secolo i cui scritti furono tradotti, o forse anche redatti, in latino con
il nome di Artephius. Secondo questo autore le piante crescono dall'acqua e
dalla terra, mentre i metalli nascono dallo zol fo e dal mercurio. Il calore del
sole penetra la terra e si unisce a questi elementi nella formazione dell'oro
(Encyclopedia Judaica, vol. 2, col. 544). È probabile che la notizia secondo cui
Artephius non sarebbe un arabo, ma un ebreo battezzato (ibidem, col. 547),
non sia vera. Su Artephius cfr. anche W ai te, pp. I II· II2.
" C fr.«}eschurun>> , IX, cit., p. 85.
30 SCHOLEM
'1 Ancora nel xvn secolo questo uso linguistico è familiare all'autore deJ.
l' Erh Metxare/. di cui tratteremo in seguito.
" Il ri ferimento a netxach e hod in A.
E. Waite, The Secret Tradition in Al·
chemy, p. 390, è, come molte altre cose in questo libro, errato.
" Il cabalista Josef di Hamadan, originario della Persia, ma che scriveva
in Spagna, intorno al I 300, ha usato questo passo dello Zohar nel suo scritto
sul tabernacolo, ms. British Museum, Margoliouth n. 464, f. 3 I b, e lo ha
34 SCHOLEM
Dal segreto del fuoco e dalla parte del nord nasce l'oro e
ad essi è unito, perché quando il calore naturale si avvicina al
freddo genera una natura la cui qualità è il giallo, e questo è
il segreto dell'oro. L'argento è unito al segreto dell'acqua e al
la parte del sud, perché quando l'acqua e il sole si congiun
gono nasce una natura bianca, che è il segreto dell'argento. Il
rame invece è rosso e fa nascere la natura del due [oro e ar
gento], perché coloro che conoscono l'« Opera» sono in gra
do di estrarre da esso la natura dell'argento e dell'oro.
messo in relazione con gli otto abiti del sommo sacerdote. Dagli otto abiti di
Dio, che corrispondono a quelli del sommo sacerdote, vengono gli otto me
talli. L'autore ne enumera però , come lo Zohar, soltanto sette, usando per
l'ottone e lo stagno perifrasi come:«un altro [in feriore?] tipo di oro» (c fr.
sopra, nota 39), e<< rame levigato» (da 2 Cronache 4, 1 6). Altri schemi della
relazione tra i metalli e i quattro punti cardinali si trovano in Jitzchaq di
Acri, Me'irat'enajim, Monaco Hebr. 17, f. 2 7 b, e, ancora in un'altra varian
te, nell'autore anonimo del Ma'arekhet ha-'elohnt, Ferrara I 558, f. 223 a.
" Similmente anche nel midrash a Cantico dei Cantici 3, I 7 e in Bamidbar
rabba, sezione I2 (nella traduzione tedesca di August Wiinsche, I885, p.
282).
ALCHIMIA E KABBALAH 35
" La meditazione che segue, con il suo simbolismo mistico dei colori, de
scrive evidentemente diversi stadi non dell'oro naturale, ma dell'oro mistico
nell'anima. Che essa abbia rappresentato per i commentatori dello Zohar un
vero rompicapo è una dimostrazione indiretta del fatto che a questi autori di
epoche più tarde, soprattutto i secoli XVI e XVII, l'interpretazione mistica
con il ricorso a simboli alchimistici, qui così inequivocabile, era general
mente estranea. Del resto un'omelia a ffine'sul tema dell'oro e dell'argento
-dove l'oro viene ri ferito alla sefirah superiore binah, forse addirittura alla
chokhmah, la sophia superiore-è compresa nello Sha'ar ha-razim, scritto tra
il 1280 e il 1290 a Toledo da Todros Abulafia, ms. Monaco Hebr. 209, f. 53b.
In questo libro vengono già usati alcuni passi dello Zohar.
" Timore e amore sono i più alti stadi dell'anima nel suo rapporto con
Dio; i cabalisti riferiscono questo timore di Dio del più alto grado alla sefi
rah binah, che sta più in alto della sefirah dell'amore, chesed. Nelle versioni
stampate manca la particella del genitivo (dechilu invece di dedechitu).
" Gawwan, ma qui forse, come spesso nello Zohar, semplicemente con il
significato di modo d'essere, stato, qualità. Il senso è: quell'oro che è ascrit
to allo stadio del rigore, come vuole il simbolismo classico della kabbalah,
non è affatto l'oro più alto, mistico, che corrisponde assai più al grado più
alto che si possa raggiungere sulla via della meditazione, quello del«timore
di Dio>> . Poiché nella kabbalah spagnola dello Zohar e negli scritti di Mo
she de Leon questo grado più alto viene trasferito nella sefirah binah, oltre
la quale la meditazione (nell'ebraico di Moshe de Leon hitbonenut) non
può andare, mentre l'amore è in chesed, la sefirah successiva a binah, ecco
risultare la tesi spiegata in questo testo sulla superiorità del vero oro sull'ar
gento.
" Qui forse entra in gioco l'idea della simcha shel mitzwah, della gioia in
sita nel compimento dei comandamenti. L'agire del timorato di Dio è gioio
so e genera gioia.
SCHOLEM
" L'uso del verbo ithaddar nel senso di<< diventare>> è assai frequente nel·
lo Zohar e corrisponde all'uso linguistico medioevale del corrispondente
verbo ebraico.
" Questo << perciò» si ri ferisce alla spiegazione che segue nel testo. Il sen
so è questo: l'uomo è costituito da sette membra principali (cfr. Bahir, §§ 55,
I I4 e I I6, e spesso nello Zohar), che corrispondono alle sette sefirot com
prese tra binah e jesod- così anche qui, nelle righe che abbiamo tralasciato,
appare il color bisso come simbolo di jesod -, oppure ai sette stadi che
l'uomo deve percorrere nelle sue meditazioni. Nella loro armonia nel corpo
dell'uomo primordiale o macroantropo tutte le parti sono d'oro, natural
mente di rango più o meno alto. Chi ristabilisce sistematicamente in sé la fi
gura spirituale primordiale dell'uomo trasmuta la sua anima - che nelle ri
spettive regioni è rappresentata dal <<rame», dall'<< argento>> e così via- in
oro quando giunge al grado più alto, la testa, ossia la regione della binah, del
timore di Dio, come abbiamo visto in precedenza, a partire dalla quale tutte
le singole parti ricevono, secondo la visione mistica, il loro vero luogo.
"Evidentemente Moshe de Leon aveva in mente questo passo dello
Zohar quando, nello Sheqel ha-qodesh, p. 46, scriveva: <<Essi [i saggi, intesi
come i saggi dello Zohar, i cui insegnamenti Moshe de Leon cercava di
dif fondere anche attraverso i suoi scritti in ebraico come antica saggezza dei
maestri della mishnah] dicono che il più prezioso fra tutti i tipi di oro è l'oro
chiuso, perché è un oro che è chiuso all'occhio e più in generale è chiuso a
tutto».
60 Anche questa conclusione esprime chiaramente che il discorso non
verte sui metalli naturali. L'intero passo, che è di ardua comprensione, può
dare un'idea di quali di fficoltà si presentino nella traduzione e nella spiega
zione del senso dei passi propriamente cabalistici dello Zohar, se non ci si
vuole discostare dal senso preciso del testo. Nessuna meraviglia che nella
traduzione francese di de Pauly proprio questi passi siano pieni di errori.
ALCHIMIA E KABBALAH 39
'"' Grazie all'opera di Ruska e agli studi su questo testo in Martin Plessner,
Vorsokratische Philosophie und griechische Alchemie in arabisch-lateinischer
Oberlie/erung, Wiesbaden 1975, la ricerca sulla Turba poggia su fondamenta
completamente nuove.
" C fr. A.E. Waite, The Doctrine and Literature o/ the Kabalah, London
1902, p. 460. L'uso zoharitico della parola 'idra è stato compiutamente ana
lizzato da Jehuda Liebes nella sua dissertazione presentata a Gerusalemme
nel 1977,« Studi sulla lessicogralìa dello Zohan> (in ebraico).
"'"
1, 48a, 52a, 62b, 73a, 109b, tt8b, t6tb, 193a, 228a; II, 24b, 104a,
148 b, 149 b, 203 a, 224b, 236a -b, 2 75 a; m, 5' a, 84b. Così anche in Zohar
Chadash a Cantico dei Cantici (Warszawa 1885, identico nella paginatura al
l'edizione di Ruben Margulies pubblicata a Gerusalemme nel 1953), 58b,
66b. Il significato originario di hittukha come<< fusione>> è ancora chiaro in
passi come II, 167, << Lo scarto [del metallo] nasce dalla fusione>>; c fr. in
proposito anche K. Preis, Die Medizin im Zohar, in MGWJ, 72 ( 1928), p. 170,
così come la voce«sospita>> nel sopracitato lavoro di]. Liebes, pp. 336-338.
SCHOLEM
dalle scorie della forza soverchia di Isacco », cioè dalla qualità del rigore,
che è rappresentata da !sacco. Di «scorie del rigore» come origine dell'«al-
tra parte» parla anche I, 74b. ,
" In 11, 224b e 236b i due concetti sono spiegati uno con l'altro.E note
vole il fatto che, a parte due passi incomprensibili contenenti all'apparenza
formule mistiche, 1, 30a e Tiqqunim I 32 b, questa parola ricorra sempre in
connessione con l'oro. Non c'è una sospita dell'argento o del rame nello
Zohar. Forse c'era un termine alchimistico fisso per designare le scorie del
l'oro? 1, II 8 sentenzia: <<nel luogo dove l'oro ha la sua dimora non si evoca
no le scorie (sospita) >>, riferendosi a lsacco [il rigore] e Ismaele.
"Eisler, in MGWJ, 69 ( I925), p. 365. Dai dizionari greciEisler poteva pro
vare l'uso della parola crUOOYJ'IjJLç soltanto nei geoponici bizantini, ma non
ne ?,li scritti alchimistici.
' Nella mia nota al saggio diEisler, ivi, pp. 3 7I-3 72.
" Cfr. ]. Levy, Worterbuch zu Talmud und Midrasch, 11, p. 370.
ALCHIMIA E KABBALAH 43
listi del XVI e XVII secolo sui metalli, che usano motivi
alchimistici, rappresentano un passo indietro. Una pa
noramica di tali affermazioni mostra in modo chiaro ta
le arretramento. Il titolo fittizio di una sedicente opera
del Gaon Saadja, La pietra dei filosofi, nel commento al
Se/er ]etzirah (al cap. I, r) di Moshe Botarel, che era na
tivo della Spagna e scriveva in Provenza, prova comun
que soltanto che questo autore al confine tra kabbalah
e filosofia conosceva tali concetti dell'alchimia, da fonti
orali o scritte. (Botarel è famoso per la sua inestinguibi
le propensione a inventare titoli e citazioni di libri ine
sistenti. ) Intorno al r 5 30 Meir ben Gabaj, che viveva in
Turchia o in Egitto, usa un paragone che fa ricorso al
simbolismo dei metalli - l'argento e il piombo - per
spiegare i due impulsi, quello buono e quello malvagio,
nell'uomo. 78 Di trasmutazione dei metalli egli non par
la. Inattendibile sembra l'affermazione di Gi.idemann
che il fondatore della setta russa dei giudaizzanti,
l'ebreo Zacharias arrivato a Novgorod nel 1470 con il
principe di Kiev Michail, fosse stato <<uomo assai ricer
cato per le sue presunte conoscenze nella kabbalah e
nell'alchimia».79 Non ho potuto controllare le fonti di
Gi.idemann. Naturalmente nel xv secolo si fa spesso
menzione di alchimisti ebrei. Le arti alchimistiche di
David Raby, ebreo di Weiden, «tratte dalla lingua
ebraica» verranno menzionate in numerose miscella
nee di kabbalah pratica.80 Si tratta notoriamente di un
certo rabbi David di Vienna. Nel 1420 un alchimista
ebreo, Salomon Teublin, era entrato al servizio del lan
gravio di Leuchtenberg. 81 Di un loro contatto con la
kabbalah però non si parla. Salomon Trismosin, il mae
stro di Paracelso, riferisce nel suo racconto sulle pere
grinazioni alla ricerca della pietra filosofale di aver in-
" Cfr. Splendor Salir, Alchemica! Treatises o/ Solomon Trismosin, ed. Kc
gan Pau], London s.d. ( 1900 ca.), p. 83.
" Fritz Baer, Die ]uden im Christlichen Spanien, parte 1, tomo 11, Berlin
19J6, p. 513·
ALCHIMIA E KABBALAH 49
"' Cfr. l'edizione incompleta del Galle Razajja', Mohilew 1812, ff. 28 d -
29a. È possibile che le presunte fonti «caldaiche» della narrazione nello
Zohar abbiano un qualche rapporto con quelle pseudonabatee del Libro del
la palma di cui ho curato l'edizione. In entrambi i casi si tratta dell'allesti
mento di macchine-oracolo in forma di uccello sotto l'effetto di concezioni
astrologico-alchimistiche.
SCHOLEM
" Un altro passo che fa riferimento al mistero dei colori nel loro rappor·
to con i metalli e alla falsificazione del ferro da parte dei «filosofi», cioè de·
gli alchimisti, si trova in ibn Lavi anche al f. 298 b.
,. Nel commento allo Zohar di Azulaj, 'Or ha-chamma, vol. IV, Przemysl
1898, f. 47a. Ma già in annotazioni del XIV secolo, conservate nel manoscrit·
ALCHIMIA E KABBALAH p
" Il lungo brano si trova ne! Se/er ha-liqqutim, attribuito a Vita!, Jerusa
lem I9IJ, f_ 8 9b, ma anche alla fine del compendio della kabbalah, scritto
intorno al 16jo, Chesed le-Avraham di Avraham Azulaj, da un manoscritto
di Vita! su Salmi 84, 7·
" Secondo Vita! anche le forze delle <<bucce», qelipot, nei mondo della
jetzirah e in quello della 'assijah, sono assegnate ai materiali a partire dall'ar
gento, mentre l'oro corrisponde alla << buccia>> del mondo della beri'ah; cfr.
Ch. Vita!, in Arba' me'ot sheqel kesef, Krak6w 1886, f. 9 c/d.
"" Cfr. anche la simbologia corrispondente nell' Esh Metzaref, di cui ci oc
cuperemo più avanti. Il passo in C.G. Jung, Mysterium Coniunctionis, 11, p.
53· Altrimenti nel libro di Jung il mercurio appare nell'aspetto femminile,
non in quello fallico, di Mercurio.
97 Nel manoscritto British Museum (Margoliouth n. 1047), f_ 231.
54 SCHOLEM
" Sui quattro mondi nella concezione della kabbalah tardiva, vedi il mio
Kobboloh (in inglese), Jerusalem I974• p. I I9.
., Una traduzione integrale di questo lungo passo sarebbe opportuna.
'"' Su Delmedigo, vedi Abraham Geiger, Biogrophie ]ose/Solomo del Me
digo's, Ber!in I 840, che giustamente ha messo in luce la contraddizione in
terna nel suo atteggiamento riguardo alla kabbalah.
ALCHIMIA E KABBALAH 55
101
L'autore spiega le cause del fallimento di quell'esperimento con rifles
sioni di natura demonologica; ms. Gaster I05 5 (ora al British Museum), ff.
42b-43a. Dall'epoca della distruzione del tempio il mondo è infatti caduto
nel disordine e anche i nessi naturali sono stati turbati dalla signoria delle
forze demoniache.
102
Altre notizie suJaaqov Katan dai manoscritti di Toledano, inJosef ben
Najim, Malkhe rabbanan (sui rabbini del Marocco), Jerusalem I93I, f. 64a.
Anche il manoscritto, contenente testi alchimistici tradotti in ebraico so
prattutto da originali arabi, descritto da Gaster nel suo articolo <<Alchemy >>
nella Jewish Encyclopedia, vol. I, pp. 328 sgg., proviene dal Marocco, e risa
le al I 690 circa.
'"' Non conosco questo racconto direttamente, ma soltanto dallo scritto,
assai incompleto, di Salomon Rubin sull'alchimia 'Even ha-chakhamim,
Wien I874, pp. 9I-92 (in appendice al sesto volume del periodico << Ha-sha-
SCHOLEM
' Anche senza fare riferimento alcuno alla kabbalah, l'autore provenzale
Kalonymus ben Kalonymus (xm secolo) celebra coloro che abbiano cono·
scenze, tra l'altro, di alchimia; vedi la traduzione tedesca di Julius Lands·
berger delle 'lggeret ba'ale chajim, Darmstadt 1882, p. 265.
' Il primo a evidenziare che queste citazioni sono false è stato Steinsch
neider nel suo catalogo dei libri ebraici della Bodleiana, col. 1248. Cfr. an·
che J.N. Epstein nella rivista ebraica «Hamaggid>> (1902), pp. 360 e 384.
Victor Aptowitzer in MGWJ, p ( 1908), p. 315 definisce l'autore di questo
scritto un lestofante, la qual cosa potrebbe non esser molto lontana dal vero.
6o SCHOLEM
Ciò è come nel caso dei ricchi della casa di marqo'aja [let
teralmente: «la casa degli stracci! »], che conoscevano a me
nadito la natura dei succhi dei vari tipi d'oro e sapevano co
me sbucciare l'argento dalle scorie.
' Il testo ebraico della lettera è stato pubblicato da Eliezer Ashkenazi (dal
Cod. Parigi 897) nel volume collettaneo Divre chakhamim, ed. Metz I 849,
pp. 63-75. Il nostro brano è a p. 68. Avraham Chamoj lo ha riportato senza
citazione delle fonti in uno dei suoi volumi; cfr. Nifla'im ma'assekha (I 88I),
f. 24b. Cfr. in proposito anche Immanuel Loew, Die Flora der Juden, vol. IV,
p. 402. Le molte citazioni false, che Provenza( i trae dal Talmud palestinese,
imitano lo specifico aramaico di questa opera con una grande quantità di er·
rori. La paradossale ironia nella frase <<i ricchi della famiglia degli straccio
ni >> è voluta. Il termine leva' nel senso di <<natura», in uso soltanto a partire
dal Medioevo, tradisce il falsario. Evidentemente l'autore conosceva anche
le credenze sulle piante capaci di trasmutare i metalli.
< Divre chakhamim, p. 70.
ALCHIMIA E KABBALAH 61
' «Studia ora da che cosa sei, l Così vedrai che cosa sei, l Che cosa studi,
impari e sei, l Ciò è appunto da che cosa sei, l Tutto ciò che è al di fuori di
noi, l È anche in noi, Amen>> .
SCHOLEM
noi, e per l'intero lavoro, dall'inizio alla fine, sono state im
piegate quarantun settimane. Augusto.6
' Cfr. per queste citazioni le fonti in K. Sudhoff, Versuch einer Kritik der
Echtheit der Paracelsischen Schrz/ten, vol. n (I 894), p. 7I5, così come Wiii
Erich Peuckert, Pansophie, ein Versuch zur Geschichte der wei/Sen und
schwarzen Magie, Stuttgart I936, p. p8. Sul manoscritto di Dresda si riferi
sce in un articolo pubblicato nella «AIIgemeine Zeitung des Judentums >>,
45 (I88!), p. 262. Sul principe elettore Augusto I e i suoi alchimisti di corte,
vedi Karl Kiesewetter, Die Geheimwissenscha/ten, Leipzig 1895. pp. I02-
I I2. Nella seconda edizione di questo libro, uscita nel I909, che contraria
mente a quanto assicura l'editore R. Blum è completamente diversa dalla
prima, tutte le citazioni riportate non sono più presenti.
7 Secondo Kiesewetter, p. 96 (che attingeva sicuramente da Schmieder,
Geschichte der Alchemie, I8J2), de Nelle, che prima nelle fonti veniva defini
to espressamente come rabbi e come ebreo, doveva essersi fatto battezzare a
Praga. Per incarico dell'imprenditore, che faceva trascrivere in un in folio
latino tutti gli esperimenti e i procedimenti alchimistici fatti a corte, de Nel
le (qui sempre de Delle) doveva porre in rima tutte le storie degli adepti, che
venivano aggiunte alla descrizione principale degli esperimenti. Kiesewetter
cita, da Johann Conrad Creiling, Edelgeborene Jungfrau Alchymia, Tiibin
gen I730 (p. Ioo), i versi composti da de Nelle sull'avventurosa carriera del
l'alchimista inglese Edward Kelley alla corte di Rodolfo II, dove morì, dopo
un tentativo di fuga dal carcere in cui era stato rinchiuso, nel I595· Il fatto
che Kiesewetter parli sempre di de Nelle, anche per il periodo in cui egli vis
se alla corte di Rodolfo II, usando il suo nome ebraico Mordechaj, difficil
mente si concilia con la notizia del suo battesimo. All'epoca, al momento del
battesimo i neofiti prendevano sempre un nuovo nome, un nome cristiano.
Non trovo un modo di spiegare questa contraddizione.
' De auro tres dialogi. Non avendo potuto vedere personalmente questo
libro, uso le citazioni che si trovano in Lynn Thorndike, A History o/ Magie
and Experimental Science, vol. v (I94I), p. 645.
ALCHIMIA E KABBALAH
12
Cfr. MGWJ, 38 ( 1894), p. 42 e l'autobiografia di Modena, Cha;j'e ]ehuda,
Kyiv 1911, p. 12.
" È quanto afferma Io stesso Modena nella sua autobiografia, p. 30 (anno
1603) e p. 34 (anno 1614). Una lettera di Modena ad Avraham Cammeo sul-
ALCHIMIA E KABBALAH
la magia, scritta nel 1605, è stata pubblicata in Ludwig Blau, Leo Modenas
Brie/e und Schri/tstucke (1907), pp. 83-84.
" Nemmeno M. Gaster è a conoscenza di questo testo nel suo articolo
« Alchemy »
per la prima Jewish Encyclopedia.
66 SCHOLEM
usa il verbo in questa accezione. Aloys Wiener (di Sonnenfels) nelle parti in
ebraico del suo Splendor Lucis, Wien 1744, usa il verbo shinnah per « egli
trasmutÒ>> (ad es. p. 1 07). Allo stesso modo Knorr ha usato alterare nel fron
tespizio della sua opera e nella spiegazione in versi.
'" La lezione con la consonante resh, che è antica e si trova anche nel ma
noscritto talmudico Monaco Hebr. 95, è erronea: essa è dovuta a un'altera
zione dell'originale consonante da/et, che è graficamente molto simile. La
forma corretta sarebbe aspedikha.
ALCHIMIA E KABBALAH
21
Qui dunque il piombo sembra essere usato come uno dei simboli per la
prima materia.
" Lo stridere compare come simbolo del rigore già nel Bahir, § 28 , in un
simbolismo delle vocali. Qui viene applicato al cosiddetto « grido dello sta
gno », che ricorre anche nel libro di alchimia menzionato nel primo capito
lo, lo 'Em ha-melekh, f. 3 b.
SCHOLEM
37, 22 è riferito anche al Nord, non tanto a causa del suo co
lore, quanto piuttosto del suo calore e del suo zolfo. A Tif'e
ret è riferito il ferro, che sulla base di Salmi 2, I 2 è detto an
che ze'ir 'anpin (l'intransigente).23 Netzach e Hod sono il
luogo dell'androgino rame, così come anche le due colonne
nel tempio di Salomone vengono riferite a questi due modi e
di fatto secondo r Re 7, I 5 erano di bronzo. Jesod è l'argento
vivo; a questa sefirah è dovuto il soprannome chaj, «viven
te», in modo particolare.24 A Malkhut, infine, viene riferita la
«medicina dei metalli» [cfr. in proposito oltre], per moltissi
mi motivi, ad esempio perché rappresenta le due nature at
traverso la metamorfosi dell'oro o dell'argento, della parte
destra o della sinistra, del giudizio o della misericordia. Di
tutto ciò è trattato in un altro luogo [di questo libro?] più
profusamente. Così ti ho trasmesso la chiave per aprire gran
parte delle porte che sono chiuse, e ho aperto la porta ai più
riposti santuari della natura.25 Se però qualcuno volesse ri
partire diversamente questo ordinamento, non mi troverei
affatto in contraddizione con lui, perché tutto mira comun
que solo a Uno. Si potrebbe dire che le tre [sefirot] superiori
sono l'acqua sorgiva delle coste metalliche. L'«acqua spes
sa» [la prima materia] è Keter, il sale Chokhmah, lo zolfo Bi
nah, e le sette [sefirot] inferiori rappresentano i sette metalli,
cioè: Gedulah [Chesed] e Gevurah, argento e oro; Tif'eret,
ferro; Netzach e Hod, stagno e rame; Jesod, piombo e
Malkhut sarebbe [in tale sistema] il femminile dei metalli e la
«luna dei saggi», e parimenti il campo in cui viene gettata la
semente dei minerali segreti e, lo si comprende, l'acqua au
rea, così come questo nome appare di fatto in Genesi 36, 39·
Ma sappi, figlio mio, che qui tali misteri sono nascosti, che
26
Cfr. sopra, nota 96, a p. 5 3 .
27 Cfr. Silberer, p. 7 5 . Questo termine viene usato nella letteratura ebraica
già nel xv secolo da Shimon b en Tzemach Duran, nel suo Magen avot, Li
vorno 178 5 , f. 1o a. Un altro simbolismo impiegato dall'Esh Metzare/ per
malkhut è il « Mar Rosso >>, da cui viene ricavato il sale filosofale, sal sapien
tiae, e che è percorso dalle navi di Salomone che trasportano l 'oro (in Knorr,
I, p. 346). Ma la « medicina dei metalli >> potrebbe ugualmente significare la
prima materia, che infatti costituisce il materiale da cui si ricavano le tinture
necessarie per guarire i metalli, cioè per farne metalli nobili. (L'espressione
« pietra dei sapienti >> non compare mai nei compendi di Knorr.) In questo
passo l'autore definisce come << mistero >> il fatto che la medicina dei metalli
rappresenti la sfera più bassa, mentre i) piombo- considerato in genere co
me il più vile d ei metalli- rappresenta chokhmah, la sefirah più alta dopo ke
ter. Ciò potrebbe essere in conn essione con la già menzionata sequenza ca
povolta, come in uno specchio, nel nostro mondo rispetto al mondo supe
riore. Ma è difficile fissare qui una chiara gerarchia dei metalli corrispon
dente all'ordine delle sefirot, e tutti gli elementi si combinano piuttosto alla
rinfusa.
SCHOLEM
" Particolarmente nelle opere del teosofo inglese Thomas Vaughan, che
scriveva sotto lo pseudonimo di Eugenius Philalethes, si trovano lunghe de
scrizioni sull'equiparazione della prima materia con il caos e con il mercu·
rio, così come con l'« acqua spessa », ad esempio nella Magia Adamica del
1650 e nel Lumen de Lumine del 16p. Non ho potuto stabilire se queste
simbologie si trovino già nel libro dell'alchimista tedesco H einrich Khun·
rath sul caos ilico, pubblicato nel 1 5 97. Un altro concetto dell' Esh Metzare/
che sicuramente non deriva da fonti ebraiche, ma che è del tutto estraneo
anche alla concezione di Pico della Mirandola, è quello di kabbala naturalis
(in Knorr, 1, p. 441), che si trova invece anche nella Magia Adamica di Vau·
ghan. Suppongo che questo concetto abbia origine in Paracelso, dai cui
scritti l'autore ebreo dell'Esh Metzare/ potrebbe aver mutuato anche il con·
cetto del leone verde ( per cui egli usa il termine ebraico gur, cioè « giovane
leone>>), un concetto comune tra gli alchimisti del XVI e xvn secolo, per de·
finire la« materia della medicina dei metalli >>, cioè la prima materia.
ALCHIMIA E KABBALAH 73
" Nello Zohar, I, 1 4 5 b si dice che rabbi Jochan an ben Zakkai avesse dato
di questo versetto ben 300 interpretazioni cabalistiche; lo stesso si dice an
che nel midrash ha-ne'elam, in Zohar Chadash, ff_ 6 d -7 a. Una simile inter
pretazione mistica si trova nella 'Idra rabba, in Zohar, m, 1 3 5 b e 142a, e
proprio questa interpretazione ha avuto un grande ruolo n ella storia della
kabbalah. Il versetto di Genesi ha ispirato con la palese irrilevanza di quella
osservazione le speculazioni dei mistici. Nell'articolo <<Aichemy>> deii Ency
'
clopaedia ]udaica, vol. 2, col. 543, B. Suler avanza l'ipotesi- a mio parere as
sai inverosimile- che il nome di M eetabel forse ricordasse agli alchimisti la
parola greca metabolé per << trasmutazione >>.
10
Questa spiegazion e del nome si è sviluppata a partire da un passo del
midrash Bereshit rabba a Genesi 36, 39 (ed. Theodor, pp. 999-Iooo, par. 8 3 §
4) così come da un passo parallelo nel Targum ]erushalmi, 1, che segue però
una tendenza ancora diversa. << Che mai significano per me oro e argento!>>
avrebbe esclamato il padre divenuto ricco. Ma n el secondo Targum ]erushal
mi troviamo già che Matred, il padre di Meetabel, era un orafo, poi divenu
to ricco ecc. Ch e M atred addirittura fosse il primo orefice al mondo lo dice
nel XIII secolo, senza fare riferimento al secondo nome di Me-zahav, il com
pilatore yemenita del Midrash ha-gadol (ed. Margulies,J erusalem 1 947), 1, p.
6 1 5 . Da questa fonte Natanel ibn Jeshaja, che pure scriveva n ello Yemen,
nell'anno 1 3 27, ha poi sviluppato l'ipotesi che Matred fosse un alchimista;
cfr. il suo scritto arabo Nur a'{.-'{.Ulam (Luce nella tenebra), ed. Josef Kafi):l,
Jerusalem 1 9 5 7, p. r 56. Uno sviluppo affine di questo motivo, riferito però
all'altro nome del padre, Me-zahav, è presupposto n ell'osservazione di
Avraham ibn Ezra. Intorno al 1400 l'interpretazione alchimistica d el nome
come riferito all'« acqua aurea>> era ormai conosciuta anche in Europa, come
dimostra il Melekhet-Me-ha-zahav, il testo, << che rasenta l'alchimia>> , descrit
to da M. Steinschneider n el suo Verzeichnis der hebriiischen Handschri/ten zu
Ber/in, 1, Berlin 1 878, p. 46. L'affermazione di B. Suler ( 1 928) cheAvraham
ibn Ezra interpreti in senso alchimistico il passo di Esodo 3 2, 20 sul vitello
d'oro ridotto in polvere si fonda in realtà su un equivoco.
74 SCHOLEM
" Cfr. il citato resoconto di Leone Modena nella sua autobiografia. Con·
siderando il grande amore di Leone Modena per il figlio, ci si aspetterebbe
che egli menzionasse i manoscritti da lui lasciati, anche se erano testi di na
tura alchimistica. Ciò invece non avviene. D'altra parte, esiste una certa affi
nità tra la descrizione di Modena dell'esperimento alchimistico del figlio e la
ricetta alchemica contenuta nell'Esh Metzare/in cui appare anche l'arsenico.
Non ho potuto verificare se l'avvelenamento da arsenico possa davvero pro
vocare un'emorragia cerebrale, come racconta Modena.
" In Knorr, I, p. 303, dove questo passo dello Zohar, l'unico- a parte il
generico accenno in I, p. J O I -che ho riscontrato in questi frammenti, è ci
tato integralmente dal cap. I I dell'Esh Metzare/. Un ulteriore limite da con
siderare per la datazione è probabilmente l'uso di citazioni dal latino Pseu
do-Avicenna, pubblicato a Basilea nel I po. È invece inesatto che, come af-
SCHOLEM
Numero Sefirah
righe relativa
Metallo Sefirah
quadrato al metallo
magzco in Vita!
Saturno 3 piombo chokhmah hod
Giove 4 stagno binah e netzach netzach
Marte 5 ferro tif' eret malkhut
Sole 6 oro gevurah e tif'eret gevurah
Venere 7 rame ho d tif'eret
Mercurio 8 mercuno jesod jesod
Luna 9 argento chesed chesed
" CosìJakob Zwi Jolles, nel suo lessico del simbolismo cabalistico Kehillat
Ja'aqov, Lw6w 1 870, s. v. « Shabtai >>, interpretava i due p assi in Tiqqun, 70,
ff. 121 b e 132b su Saturno.
" Sui quadrati magici e la provenienza araba di questo sistema diffusosi
poi anche in Occidente, cfr. Aby Warburg, Gesammelte Schrz/ten, vol. II
(1932), p. p8, così come il grande lavoro di Wilhelm Ahrens in « lslam >>, VII
(I9I6), pp. 1 8 6-240, specialmente pp. 197-203, e più recentemente i prezio
si materiali dell'edizione facsimile, annotata e pubblicata da Karl A.
Nowotny a Graz nel 1967, dell'editio 1 5 3 3 , soprattutto pp. 430-433 e 906-
908. La connessione tra i metalli e i pianeti è antica e gli arabi l'hanno tratta
da fonti greche e siriache. Nel suo meritorio lavoro Hebriiische Amulette mit
magischen Zahlenquadraten, Berlin 1 9 1 6, Ahrens non fa alcun cenno ai qua
drati nell'opera di Knorr. Ritengo che la maggior parte degli amuleti citati
da Ahrens abbiano origini non ebraiche, non malgrado, ma anzi proprio a
causa dei numeri ebraici, usati perlopiù in modo visibilmente maldestro e
pedissequo. Soprattutto dalle rappresentazioni mitologiche sul rovescio, as
sai rare in quelli ebraici, si può inoltre dedurre che amuleti del genere sono
nati, senza nessun modello ebraico, nell'ambiente degli adepti della magia
naturale della scuola di Agrippa, che conoscevano tutti quantomeno l'alfa
beto ebraico. Certamente anche in scritti ebraici si trovavano descrizioni di
immagini mitologiche dei pianeti prese da fonti non ebraiche, come ad
esempio nel Sefer ha-Levana (Libro della luna), tradotto dall' arabo in ingle
se e pubblicato da Greenup a Londra nel 1912, o nell'ebraico Saggezza dei
caldei, pubblicato da Gaster nel suo Studies and Texts, vol. 111 (19 2 5 - 1928),
pp. 104· 1 08, ma senza alcun riferimento ai quadrati magici numerici. Amu
leti di indubbia, dimostrabile origine ebraica, che rispondano ai requisiti de
scritti da Agrippa o dall'Erh Metzare/, non ne ho mai visti. Nel ricco mate-
So SCHOLEM
degna di fede.44 Non si può dire con certezza dove sia fi
nita la copia di Knorr; nel suo lascito, di cui un solo re
perto importante fu dato all'amico Franciscus Mercu
rius Van Helmont, il libro non è conservato. Gli autori
che hanno scritto dopo Knorr lo conoscono soltanto
dalla Kabbala Denudata. Per gli appassionati di alchimia
che non potevano procurarsi il costoso Opus Magnum
di Knorr nell'originale latino, o forse non erano in gra
do di leggerlo, un anonimo, che si definiva « a lover of
Philaletes », realizzò in un libro a parte una traduzione
inglese dei frammenti riportati nell 'opera di Knorr: A
Short Enquiry Concerning The Hermetick Art. Address'd
to the Studious Therein. .. To which is Annexed, A Col
lection /rom Kabbala Denudata; and Translation o/ the
Chymical-Cabbalistic Treatise, Intituled Aesch Mezareph;
or, Puri/ying Fire. Questo libro fu pubblicato a Londra
nel 1714· Contiene sia il testo latino dei frammenti sia la
loro traduzione inglese.45 In una copia conservata alla
Jewish National Library di Gerusalemme, il proprieta
rio del libro, Daniel ben Josef Cohen de Azevedo, mem
bro della comunità ebraica portoghese di Londra, ha af
fermato di aver personalmente ricevuto il volume dal
l'autore, Robert Kellum.46 Una ristampa di questa edi
zione fu pubblicata, con alcune correzioni e arricchita
di note, dal noto occultista inglese Wynn Westcott con
lo pseudonimo « Sapere Aude ».47
" Westcott nel libro del 1 894, citato sotto, alla nota 47 in questa pagina.
" Ian MacPhail, Alchemy and the Occult (Catalogo della Pau! Mellon
Collection della Yale University Library), vol. II, New Haven 1968, p. 5 14.
" In margine all'esemplare il proprietario ha fatto annotazioni in parte in
spagnolo e in parte in ebraico; in una di esse, a p. 47, menziona il nome del
l'autore. Infatti, riferendosi a un'osservazione dell'anonimo autore nell'in
troduzione, in cui egli riferisce come uno dei maestri, versato nel sapere rab
binico, gli avrebbe detto che cosa significa e che cosa non significa il nome
ebraico jona per « colomba >>, il proprietario del libro annota, in ebraico:
« Io, Daniel Cohen, figlio di rabbi R. Josef de Azevedo, ho detto questo al
l'autore nell'anno 1714, e il nome dell'autore è Robert Kellum ».
" L'opera è stata pubblicata come vol. IV della Collectanea Hermetica.
Nella prefazione si legge: « L'Aesch Mezareph è quasi completamente alche
mico nei suoi insegnamenti ed è più indicativo che esaustivo nelle sue spie
gazioni. Lo caratterizza il metodo allegorico di insegnamento e le similitudi
ni devono essere recepite con attenzione altrimenti risulteranno confuse. I
processi alchemici sono esposti ma non in modo tale da poter essere portati
SCHOLEM
" Ho cercato nel libro di Max Grunwald, Hamburgs deutsche ]uden bis
IBII, Hamburg 1904, che si basa sulle tombe dei vecchi cimiteri ebraici, so
prattutto quello di Ottensen .
" Su di lui cfr. H. Adler in << Trans.actions of the J ewish Historical Society
of England », v (1908), pp. 148-173, così come Ceci) Roth, Essays and Por
traits in Anglo-]ewish History ( 1 962), pp. 1 J9 - 1 64.
" I manoscritti sono conservati nella raccolta Adler del Jewish Theological
Seminary di New York e nella biblioteca del Bet-Din (l'ex Bet Hamidrash) di
Londra. Cfr. A. Neubauer, Catalogue of the Hebrew Manuscripts in the Jews'
College, London-Oxford 1 886, n. 1 27- I J O, p. J7.
" Cfr. il saggio di Arthur Chiels in Studies in ]ewish Bibliography, History
an d Literature, in honour o/ Edward Kiev, New York 1971, pp. 8 5 - 89.
ALCHIMIA E KABBALAH
" Cfr. Ch.J.D. Azulaj, Mo'aga! tov ha shalem , Jerus alem I 934. p. I 24.
-
" Jakob Frank aveva allestito un laboratorio di questo tipo, come confer
ma la documentazione presentata nel secondo volume del lavoro di Alexan
der Kraushar, Frank i Frankfci polscy, Krak6w I895, p. 73· In molti paragra
fi del libro contenente gli insegnamenti di Frank, conservato in un mano
scritto polacco dal titolo Libro delle parole del Signore, Frank parla di alchi
mia, ad esempio nel § 2 54: <di mondo intero desidera e cerca di fare l'oro;
così io desidero trasmutare voi in oro puro >>. Altri accenni anche nei para
grafi I O I 3 , I 698 e I 790 (sugli effetti dell'acqua aurea, che attraverso la sa
pienza dell'alchimia conferisce potere e vita). Anche di Wolf Eibeschiitz, fi
glio di rabbi Jonatan Eibeschiitz, che parteggiava per i sabbatiani e i franki
sti, Jakob Emden riferisce che già in giovane età, nel I 76 I, trovandosi ad Al
tona praticava l'alchimia; cfr. J. Emden, Hit'avequt, Lw6w I 8 7o, f. 20. Avreb
be trasmutato il rame in oro; comunque sia, era notoriamente molto ricco.
'" Su Dobruska ho pubblicato un'ampia ricerca, The Career o/ a Frankist:
Moses Dobruika and bis Metamorphoses (in ebraico), nella rivista trimestrale
di Gerusalemme « Zion », 3 5 ( I97o), pp. 127- I 8 I , la cui versione francese,
corretta e ampliata, Du Frankisme au Jacobinisme: La vie de Moses Dobruika,
è stata pubblicata dalle parigine Éditions du Seui!.
''' Su Hirschfeld vedi il mio saggio in Yearbook o/ the Leo Baeck Institute,
vol. VII, London I 962, pp. 247-278. Sulla base di nuovi studi, ho in prepara
zione una più ampia monografia su questo personaggio.
88 SCHOLEM
"' Cfr. Jakob Katz, Jews an d Freemasons, Cambridge 1 970, pp. 26· 5 3 .
''' Dal lascito d i Isaak Daniel Itzig, uno sconosciuto che s i celava sotto il
nome di Frater a Scrutato nel I SoJ, a Berlino, ha pubblicato gran parte di
questi scritti, in cui è chiaramente presente la combinazione di alchimia,
teosofia e kabbalah.
PARTE TERZA
A conclusione di questo mio studio, vorrei tornare
all'interrogativo posto all'inizio, ossia come alchimia e
kabbalah siano potute divenire concetti in grande mi
sura sinonimici tra i teosofi e gli alchimisti cristiani eu
ropei, e come questo processo di identificazione dei
due ambiti sia rispecchiato nei testi.
Per la comprensione di questo passaggio dalla kabba
lah all'alchimia, così come si verificò dopo il 1 5 oo, e so
prattutto a partire dal 1 6oo, mi sembrano importanti due
elementi, che contribuirono in modo essenziale a questo
cambiamento di significato, piuttosto discutibile, come
già abbiamo detto. Tralascio, peraltro senza sottovalu
tarlo, il terzo elemento che ha influito su tale passaggio,
ossia la ciarlataneria. Per essa valgono le parole di Kopp
su tante categorie di scritti alchimistico-cabalistici:
' Cfr. }. L. Blau, The Christian lnterpretation o/ the Cabala in the Renais
sance, New York 1 944, pp. 89-98, 1 2 1 - 1 44·
ALCHIMIA E KABBALAH 95
tanto nel 1 978 all'Aia. Allo stesso ambito appartiene il suo De lgne Magorum,
pubblicato postumo nel 1 6o8 a Strasburgo.
' Queste incisioni in rame erano già apparse separatamente nel I 602. La
prima edizione del De lgne Magorum menzionata alla nota precedente con
teneva come seconda appendice anche un anonimo Bericht eines Cabalisten
iiber die 4 Figuren des gro./Sen Amphitheatri Khunradi. Non ho mai visto que
sto scritto.
' Ho pubblicato questo scritto polemico di Tzemach in « Kirjath Sepher »,
XXVII ( I 9 j l ) , p. 1 08.
10 M. Ruland, Lexicon Alchemiae, Frankfurt am Main 1 6 1 2 , pp. 295 sgg.
ALCHIMIA E KABBALAH 97
" Cfr. in proposito il mio volume Judaica, III, Frankfurt am Main 1973,
pp. 2 5 1 -252. L'interpretazione di Jaaqov Kohen delle lettere dell'alfabeto
ebraico è stata a suo tempo da me pubblicata in Madda'e ha-jahadut, vol. II,
Jerusalem 1927; in particolare, il passo sulle due ligure dell aie/ si trova alle
'
pp. 201-202. Reuchlin l'ha usato, peraltro senza identificare la sua fonte, nel
De arte cabalistica, f. LXI! V (nella traduzione francese di E Secret, pubblica
ta nel 1 973, p. 249).
17 Nella traduzione tedesca di Magia Adamica, Leipzig 1 7 5 3 , p. 70.
IOO SCHOLEM
" Cfr. W.-E. Peuckert, Pansophie, p. 245, dove i disegni del pentacolo e
dell' esagramma sono tracciati nel doppio circolo; di essi Paracelso dice che
questi caratteri presso alcuni ebrei sono « tenuti gelosamente segreti. Perché
essi eseguono tutto, vincono tutti i malefici, hanno potere contro il diavolo e
valgono più di tutte le figure, pentacoli, sigilli di Salomone, perché in essi è
al nome dell'Altissimo che si fa ricorso >>. La contraddizione tra questa frase
e i due disegni riprodotti nel testo è palese. Che essi in realtà non siano af
fatto di origine ebraica, ma cristiana, è reso evidente dalle iscrizioni. Nel
pentacolo è scritta non solo la designazione greca (in caratteri latini) del no
me di Dio, te-tra-gram-ma-ton, ma anche il nome Gesù nella consueta antica
grafia, ]hsus, mentre l'esagramma reca in latino i due nomi Adonai e ]eova
tutto ciò sarebbe assolutamente impossibile per gli ebrei. Sul fatto che si
tratti di una aggiunta più tarda, vedi ibidem, p. 508.
" Cfr. il mio volume ]udaica, 1 , Frankfurt am Main 1 964, pp. 75 - 1 1 8.
ALCHIMIA E KABBALAH 101
20
Nel 1 909, questo libro era segnalato nel Catalogo 5 3 9 (Judaica e He·
braica) dell'antiquariato Josef Baer & Co. di Francoforte al numero 8 1 7.
Non mi è stato sin qui possibile rintracciarne un esemplare.
1 02 SCHOLEM
" Il passo in Bohme si trova nelle Theosophische Fragen ... von gottlicher
0//enbarung, nella terza parte, § 34, nell'edizione di Schiebler del 1 864, vol.
6, p. 602.
ALCHIMIA E KABBALAH 1 03
22
Così Erich Trunz nella HamburgerAusgabe delle opere di Goethe ( 195 5 ) ,
vol. 9. p . 7 1 7; i n questa sede n e seguo l'eccellente ricapitolazione, d a me con·
trollata sui testi.
104 SCHOLEM
egli fosse il più notevole cabalista della comunità, come scrive Benz. La co
munità, che visse un periodo di grande inquietudine per gli elementi sabba
tiani che intorno al 1 720 si agitavano in essa e nella vicina Mannheim, e che
in generale aveva un atteggiamento assai circospetto nei confronti delle ten
denze cabalistiche, accolse comunque un gran numero di cabalisti, primo
fra tutti David Grunhut (morto nel 1 723), che sulla sua pietra tombale viene
designato espressamente come tale (Horovitz, p. 1 87).
" I lavori di Hiiussermann, Pictura Docens e Theologia Emblematica, so
no stati pubblicati nei « Bliitter fur Wurttembergische Kirchengeschichte >>,
66/67 ( 1966- 1 967), pp. 6 5 - 1 5 3 , 68/69 ( 1968- 1 969), pp. 207-3 46, e ( 1 972), pp.
7 1 - 1 1 2 . Essi sono tra i migliori a disposizione sulla kabbalah cristiana del
xvn e xvm secolo.
FINITO DI STAMPARE
NEL MESE DI MAGGIO 2016
DA GECA SRL - SAN GIULIANO MILANESE