Tesina Lett. 1 Finale PDF
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Bellini” Caltanissetta
Anno Accademico 2019/2020
Uno strumento affine al memet era l’aulos dell’antica Grecia. Ancora oggi possiamo
trovare in alcuni paesi del Medio Oriente degli strumenti col medesimo
funzionamento: lo zummarah, il masurah, e l’arghul. In Italia le launeddas sarde (in
uso sin dal 900-500 a.C sino ad oggi nella tradizione popolare). Ricordiamo anche il
pigcorn scozzese, il pungi indiano (usato per incantare i serperenti) e la tibia romana.
Lo chalumeau
Per ciò che riguarda il più vicino antenato del clarinetto dobbiamo spostarci intorno
al XVII secolo. Chalumeau deriva dal latino calamus, diminuitivo di calamellus con il
significato di canna.
La famiglia degli chalumeaux era composta da soprano, contralto, tenore e basso per
lo più costruiti in bosso, un legno molto leggero ma altrettanto robusto.
Fra gli artigiani più esperti di chalumeax troviamo i Denner padre (Johann Crishtope)
e figlio (Jacob). Il bocchino di questi strumenti era rivolto con l’ancia verso l’alto e
l’estensione di poco più di un’ottava rappresentava un limite che lo rese obsoleto
dopo la diffusione del neonato clarinetto.
La prima traccia del repertorio per chalumeau si trova nel “The fourth Complete Book
for the Mock Trumpet” (tromba finta, buffa) (del 1706-1708 ca.). Vi sono poi due
volumi di anonimi “Air au deux chalumeaux…”. La produzione principale per
chalumeau si concentrò principalmente in Germania e a Vienna dove tra il 1700 e il
1770 si sviluppò un’importante tradizione di questo strumento che coesistette col
clarinetto, strumento ormai definito per merito di compositori come Fux, Ariosti,
Bonno, Bononcini, Caldara, Conti, Porsile e Reuter. Inizialmente le parti per
chalumeau potevano essere suonate in alternativa all’oboe.
Nell’Alceste e nell’Orfeo di Gluck lo chalumeau ha un importante collocazione; ci sono
inoltre divertimenti di Dittersdorf, composizioni di Gassmann, Pichl, Hoffmeister
autore di un concerto per chalumeau soprano e orchestra e un brano per due
chalumeaux o fluti, cinque trombe e timpani.
La prima prova riguardante la nascita del clarinetto è contenuta su una storia sui
matematici e gli artisti di Norimberga di Dopplemayr, nel quale attribuisce a Johann
Cristoph Denner l’invenzione alla fine del XVII secolo del clarinetto, frutto del
perfezionamento dello chalumeau. Secondo alcuni studiosi l’invenzione vera e
propria è da attribuire al figlio Jacob. Gli strumenti dei Denner giunti a noi sono: uno
chalumeau tenore e un clarinetto a tre chiavi, attribuiti al padre, e tre clarinetti a due
chiavi del figlio Jacob.
-l’ancia era rivolta verso il labbro superiore e aveva l’estremità quasi quadrata.
Questi clarinetti (in Do e in Re) avevano, come lo chalumeau, due chiavi, una per il La
e una che, oltre a fungere da portavoce, produceva il Si se azionata insieme a quella
del La. Il bocchino fu separato dal barilotto.
Il timbro dei primi clarinetti era squillante e penetrante, pertanto i compositori gli
riservavano parti nello stile “a fanfara” (cfr. Overture per due cl. in Re e corno da
caccia di G.F. Handel).
Nei sei concerti di J.M. Molter per clarinetto in Re e archi si predilige il registro medio-
acuto. Con la nascita del clarinetto il termine “chalumeau” definisce il registro grave
(medio=clarinetto, acuto=clarino). Dal terzo decennio del 1700 i pezzi passarono da
tre a cinque, la leggerezza dello strumento con poche chiavi ne rendeva superfluo il
sostegno (poggiadito). I due pezzi centrali costituivano il corps de rechange (corpo di
mezzo o di ricambio) attraverso il quale era possibile ottenere uno strumento da Sib
a La o da Sib a Do a seconda delle esigenze. Il corista (La) di Denner era 415Hz.
In seguito Jacob Denner aggiunse la terza chiave per il Mi grave (Si col portavoce) che,
fino alla metà del 1700, si poteva raggiungere col pollice sia della mano destra che
della sinistra, in seguito fu allungata in modo da essere azionata col mignolo della
mano sx.
Il virtuoso boemo Joseph Beer e il compositore Carl Stamitz rappresentano uno dei
primi binomi eccellenti che hanno portato fortuna al nostro strumento; proprio
Stamitz gli dedicò la maggior parte dei suoi undici concerti, scritti fra il 1770 e il 1772.
Beer avrebbe aggiunto allo strumento altre due chiavi: quella Fa#-Do# e quella Sol#-
Re#; altri affermano che ha introdurle fu Bartold Fritz (anche Lefèvre nel suo metodo).
Beer stabilì i parametri per la nascita della scuola francese imperniata sul virtuosismo
opposta a quella tedesca di Tausch che curava maggiormente il timbro, tanto che
Mozart si innamorò del timbro sentendo Jacob (padre) e Franz (figlio) Tausch suonare
a Mannheim.
I primi bocchini erano alquanto larghi, ma dalla seconda metà del Settecento
diventarono addirittura più stretti di quelli attuali. In generale avevano un’apertura
lunga e stretta, simile ai bocchini tedeschi attuali. I pezzi che componevano lo
strumento avevano ghiere di osso, ebano, avorio o metallo e gli innesti erano ricoperti
di filo di cotone, che doveva essere cambiato a seconda delle variazioni di umidità. Le
chiavi erano generalmente in ottone, con una parte terminale a forma di paletta, di
solito quadrata e in qualche caso rotonda, dove veniva sistemato con della ceralacca
il cuscinetto di cuoio o di pelle (vescica di pesce). Non c’erano le attuali colonnine e
viti per tenere insieme le chiavi, ma perni da incastrare in apposite protuberanze del
bosso.
“Ah se solo avessimo anche noi i clarinetti! Non puoi immaginare l’effetto
straordinario di una sinfonia con flauti, oboi e clarinetti!” (3 dicembre 1778, al padre).
Il secondo binomio importante per la storia del nostro strumento è quello fra Stadler
e Mozart. Stadler fu infatti il dedicatario di una serie di capolavori assoluti, ultimo il
concerto KV622. Anton Stadler (1753-1812) era, col fratello Johann, a servizio
nell’ottetto fondato dall’imperatore Giuseppe II a partire dal 1781; le cronache
dell’epoca lo descrivono come un musicista sensibile, dal suono raffinato e capace di
sottili sfumature. Il quintetto K452 per pf, oboe, clarinetto, corno e fagotto è un opera
in cui Mozart sembra impegnato ad esaltare le qualità di Stadler. Altro capolavoro è il
“Kegelstatt Trio” per clarinetto, pf. e viola del 1786, denominato “trio dei birilli”
perché pare sia stato scritto mentre l’autore giocava a birilli. La dedicataria del trio fu
la figlia del botanico N.J. von Jacquin, Francesca, che aveva fratelli musicisti di talento
per i quali Mozart scrisse, nel 1783, cinque notturni, K346, K436, K437, K438, K439 e,
nel 1788, il K549 ( per terzetto vocale e uno strumentale, 3 corni di bassetto o due
clarinetti e un corno di bassetto). In alcune lettere si legge che i manoscritti originali
del quintetto, del concerto e di alcuni inediti per corno di bassetto erano nelle mani
di Stadler e che, essendo stati oggetto di furto, non potevano essere restituiti. Altre
fonti riferiscono che Stadler stesso li impegnò per 73 ducati, ma non sapremo mai
cosa accadde veramente. L’arrivo a Vienna di altri due specialisti di questo strumento,
Anton David e Vincent Spring, diede a Mozart l’input per iniziare una vasta produzione
di opere per clarinetto, 13, composte fra il 1783 e il 1785: notturni con le voci,
divertimenti per 3 corni di bassetto, adagi canonici con 3 cdb e clar, 2 cdb e fagotto,
3 cdb e 2 clarinetti.
Il corno di bassetto nacque nel 1770 per opera di M. Mayrhofer di Passau, il termine
bassetto era riferito al registro e quello di corno alla forma arrotondata, a falce, dei
primi strumenti. Tale forma si modificò gradualmente, assumendo un’angolatura
pronunciata tra il pezzo superiore e quello inferiore, che aveva una specie di scatola
per raggiungere l’estensione grave verso il Re e il Do. Questo strumento aveva un
timbro delicato, nasale, nostalgico. Quando Mozart, nel 1784, si unì a una loggia
massonica, questo strumento divenne il più adatto per le cerimonie organizzate in
quell’ambito, come nella k477/479a dove Mozart inserì inizialmente un corno di
bassetto, in seguito ne aggiunse altri due. La combinazione del trio di corni di bassetto
ebbe un certo successo e fu utilizzata da diversi compositori, affiancandogli talvolta
anche un fagotto e/o uno o due clarinetti. L’ultimo capolavoro incompiuto di Mozart,
il Requiem K626, ha due corni di bassetto con parti solistiche per entrambi.
Il sistema Bohm
Nel 1843 venne presentato a Parigi il clarinetto sistema Bohm o clarinetto ad anneaux
mobiles, caratterizzato dalla presenza di tre anelli nel pezzo inferiore, frutto della
collaborazione tra Hyacinthe Klosè, clarinettista, e Louis Auguste Buffet. Gli anelli
mobili vennero applicati per la prima volta dal flautista tedesco Theobald Bohm nel
1830. H.E. Klosè, clarinettista della banda reale e allievo di Friederich Beer, di cui
rilevò la cattedra al Conservatorio di Parigi, diede preziosi consigli a Buffet, il quale
accolse con entusiasmo anche la proposta di applicare gli anelli mobili sperimentati
sul flauto. Il clarinetto Bohm di Klosè aveva e ha 17 chiavi, 6 anelli e 24 fori. Nel 1845
la ditta Buffet Crampon aggiunse il Mib grave mediante l’allungamento del corpo dello
strumento. Da ricordare è un clarinetto a 24 chiavi con il Mib grave costruito dal
celebre artigiano belga Adolphe Sax presentato nel 1835.
Richard Muhlfeld (1856-1907) iniziò la sua carriera come violinista nel 1873,
nell’orchestra di Meiningen, ma, dovendo svolgere il servizio militare, imparò da
autodidatta a suonare il clarinetto (dal 1876 al 1879). Così diventò clarinettista a tutti
gli effetti, suonò al festival di Bayreuth e venne invitato come solista dall’orchestra di
Meiningen dovre prese il posto di primo clarinetto lasciato da W.Reif, il quale gli
dedicò un concerto. F. Steinbach invitò Brahms ad un concerto di Muhlfeld nel marzo
del 1891. Lo stesso Brahms lo soprannominò “l’usignolo dell’orchestra”, “Fraulein
Klarinette”, signorina clarinetto, e scrisse a Clara Schumann di non aver mai sentito
uno strumentista a fiato suonare tanto bene. Muhlfeld rappresentò per Brahms un
nuovo stimolo compositivo in un periodo in cui questo venne a mancare, nacquero
così il Trio op.114 per violoncello clarinetto e pianoforte, il Quintetto op.115 per
clarinetto e archi e le due Sonate op.120. Alcune fonti riferiscono che Muhlfeld
possedeva una tecnica sicura, un suono ricco di armonici e faceva spesso uso del
vibrato, più del primo violino, il celebre Joachim, forse per i suoi trascorsi violinistici.
Muhlfeld eseguiva le sei battute prima della ripresa del movimento lento del
Quintetto con il clarinetto in Sib, cosicché gli arpeggi scritti nella tonalità di Fa# minore
diventavano di Fa minore e quindi più semplici. Altri definirono il suo suono pesante
nelle articolazioni, addirittura comico pur con grande senso del fraseggio; Liszt
affermò che era “come mordere una pesca matura”. Nonostante pareri controversi
molti compositori contemporanei scrissero per lui.
Carl Bärmann
Compositore di Monaco di Baviera, fu avviato da bambino allo studio del clarinetto e
del corno di bassetto dal padre. Suonò occasionalmente nell’orchestra di corte di
Monaco quando aveva 14 anni e fu nominato secondo clarinettista nel 1832.
Successivamente nel 1834 divenne clarinettista principale e mantenne questa
posizione fino al suo ritiro nel 1880.
Composizioni:
88 numeri d’opera tra cui 3 concerti, 2 konsertstuke, 2 Duo concertanti, Fantasie e
musica da camera
“Fantasia brillante” op.7 per clarinetto e pianoforte;
“Duo concertante” op.33, per due clarinetti e pianoforte: scritto nella forma standard
del concerto, costruito da un unico movimento lungo suddiviso in tre sezioni.
Stamitz
Carl Stamitz nato a Mannheim nel 1745, fu un grande violinista, compositore ed
esponente del classicismo, figlio di Johann Stamitz (anch’egli compositore e virtuoso
del violino), il quale lo educò, prima della sua scomparsa prematura, alla musica.
Successivamente ebbe come insegnanti Christian Cannabich e Franz Xaver Richter.
Viaggiò molto in Francia (Parigi, Versailles) e si trasferì alla corte di Guglielmo
d'Orange al quale dedicò 28 concerti. Negli anni seguenti Stamitz compì numerosi
viaggi all'estero che lo portarono a Strasburgo, Londra, Pietroburgo, Augusta,
Norimberga, Kassel, Lubecca, Magdeburgo e Jena.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorse come Maestro della Cappella e insegnante all’
università di Mannheim e nel 1801 morì e tutti i suoi beni vennero messi all’asta per
saldare i suoi debiti.
Di grande importanza è la sua produzione orchestrale che affonda le sue radici nella
tradizione dell’orchestra di Mannheim la quale conferì alle sue opere uno stile unico,
lirico e fiorito di appoggiature che rendevano cantabili le sue melodie.
Egli adottò una struttura a 3 movimenti ma in 4 sinfonie usò un quarto tempo e in
otto solo due. Fu molto apprezzato nei suoi secondi movimenti, per la cantabilità
ottenuta dall’ uso di abbellimenti e dal modo minore di essi. Inoltre il primo ed il terzo
movimento hanno una struttura binaria
Stamitz scrisse molte sinfonie, sinfonie concertanti e molti concerti per strumenti a
fiato soprattutto per clarinetto, duetti, trii e quartetti.
Opere per clarinetto:
• 11 Concerti per clarinetto e orchestra
• Concerto per clarinetto, fagotto e orchestra
• 7 Quartetti per clarinetto e trio d'archi
• Quartetto per clarinetto, corno, viola e violoncello
• Concerto per 2 clarinetti e orchestra
• Concerto per clarinetto, violino e orchestra
Danzi
Franz Ignaz Danzi nato il 15 giugno 1763, a Schwetzingen, è stato un
compositore, violoncellista e direttore d'orchestra tedesco. Cresciuto a Mannheim, il
giovane Franz studiò musica con il padre Innocenzo (violoncellista italiano) e con
l'abate Georg Joseph Vogler i quali lo prepararono ad entrare nella celebre orchestra
del principe elettore di Baviera Karl Theodor. Inoltre dopo essersi sposato con una
cantante d’ opera, viaggiò molto ad anche in Italia.
Da giovane conobbe Mozart, fu contemporaneo di Beethoven e mentore di Karl
Maria von Weber. Oggi è ricordato soprattutto per i quintetti per fiati
Scrisse quartetti e quintetti per archi, varie composizioni di musica da camera
ma anche sinfonie e concerti.
Georg Philipp Telemann (1681 –1767) Concerto per due chalumeaux e archi,
suite per chalumeau e basso continuo, sinfonia concertante, Concerto for 2
Chalumeaux and 2 fagotti, inserì (tra i primi) il clarinetto in almeno 5 delle sue cantate
(cl. in Do e Re), Carillon per due chalumeaux
Georg Friedrich Händel (1685–1759): Aria per due chalumeaux nel Riccardo I,
Overture per due clarinetti in Re e corno da caccia (1748)
Carl Philip Emanuel Bach (1714-1788): Sei sonate per clarinetto (registro acuto),
fagotto e clavicembalo, Sei Sonate per due flauti, due clarinetti, fagotto, due corni,
Sei Sonate per due flauti, due clarinetti, due fagotti, due corni.
Johann Christian Bach (1735-1782): lo usò nell’opera Orione (1763), nei Quattro
Quintetti, e nelle Sinfonie per fiati per due clarinetti due corni e fagotto.
Joseph Beer (1744 -1812) tre concerti per due clarinetti, variazioni e duetti, 6
concerti per clarinetto e orchestra, sonata per clarinetto e fagotto, 6 duetti, aria con
variazioni per clarinetto solo, 7 quartetti per cl. e trio d’archi, concerto per cl. violino
e orchestra, aiutò Carl Stamitz nella stesura del Clarinet Concerto No.6 in E-flat major
Karl Philipp Stamitz (1745 – 1801): 11 concerti per clarinetto, concerto per corno
di bassetto, Concerto per clarinetto e violino in Sib maggiore, concerto per clarinetto
e 3 corni e orchestra, quartetto per due clarinetti e due corni, concerto per clarinetto
fagotto e orchestra, 2 partite per 2 oboi, 2 clar, 2 fag, 2 corni, Concerto per due
clarinetti e orchestra, Quartetto op.8 in mib per clarinetto, oboe, fagotto e corno
Michel Yost (1754 –1786) 15 concerti per clarinetto e orchestra, Duo Concertante
per 2 clarinetti,12 Grandi soli o Studi, Airs variés, duetti per 2 cl., duetti per clarinetto
e violino, 3 trii per flauto, clarinetto e fagotto, 3 trii per 2 clarinetti e violoncello, 3 trii
per clarinetto, violino e violoncello, Airs variés per clarinetto, viola e violoncello, 11
quartetti.
Franz Krommer (1759 –1831) Clarinet Concerto No.1, Op.36, clarinet concerto 2
op.86, Clarinet Quartet Op.82 e 83, Clarinet Quintet Op.95, due concerti per due
Clarinetti Op.35 e Op.91, due Sinfonie Concertanti per flauto clarinetto violino e
orchestra, quartetto op.69, quintetto op.95.
Franz Tausch (1762 –1817) 2 concerti per clarinetto op.26 e 27, 2 concerti per due
clarinetti e musica da camera, 3 duetti per clarinetto e fagotto op.21. (quartine sotto
forma di appoggiatura), 12 morceaux
Mozart vedi sopra, Allegro in sib per clarinetto e quartetto d’archi incomopleto,
completato da Robert Lewin k516c, Serenata KV375 per otto fiati, Serenata in do
minore KV388, divertimento in mib e in sib KV196, serenata per 13 strumenti, dodici
duetti per corno di bassetto KV487, adagio canonico per due corni di bassetto e
fagotto KV410, cinque divertimenti KV439, quintetto KV452 per fiati e pianoforte
Bernhard Henrik Crusell (1775 –1838) Concerto per clarinetto n.1 in mi bemolle
maggiore op.1, Concerto per clarinetto n.2 in fa minore op.5 (il più famoso), Concerto
per clarinetto n.3 in si bemolle maggiore op.11, Sinfonia concertante per clarinetto,
corno, fagotto e orchestra in si bemolle maggiore op.3 (1808), Introduzione e aria
svedese per clarinetto e orchestra, 3 quartetti per clarinetto e archi, diversi clarinet
duo.
Ivan Müller, (1786– 1854) 7 concerti per clarinetto, sinfonia concertante per 2
clarinetti e orchestra, 2 concertini, varie composizioni per clarinetto e pianoforte,
spesso su temi d’opera, trii quartetti e musica per corno di bassetto, metodo per il
nuovo clarinetto e clarinetto alto.