Autismo e Psicomotricità
Autismo e Psicomotricità
Autismo e Psicomotricità
La riabilitazione è un processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una
persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale,
con la minore restrizione possibile delle sue scelte operative.
Il processo riabilitativo riguarda, oltre che aspetti strettamente clinici, anche aspetti psicologici e sociali.
(Linee guida sulla riabilitazione, 1998)
Poichè il bambino, nel nostro caso, sta affrontando nello stesso momento sia le conseguenze di un evento
patogeno sia la normale complessità dello sviluppo dell’essere umano, preferiamo parlare di un processo
abilitativo che diventa una vera sfida evolutiva, che, come nel caso dei soggetti affetti da DSA, copre l’intero
ciclo di vita.
Il libro nasce dal lavoro di un gruppo di professionisti che da molti anni si interroga sull’efficacia delle
procedure e sul senso del proprio intervento a favore di bambini adolescenti affetti da DSA e delle loro
famiglie. Il prodotto di questa riflessione clinica si è tradotto in un modello di intervento, OPeN, che viene
presentato non come un nuovo metodo di trattamento, bensì come un dispositivo di procedure orientato a
creare, nell’ambito di un servizio di riabilitazione dell’età evolutiva, un posizionamento attivo in tutti i
soggetti coinvolti nel processo di accompagnamento di cura.
Il concetto di posizionamento attivo è la base per rendere reale di efficace un lavoro di rete che resta
l’unico strumento valido per garantire un’efficace ed efficiente gestione delle risorse umane e materiali
disponibili per l’intervento.
Il modello nella prima fase di implementazione si riferisce all’intervento abilitativo precoce con bambini dai
18-24 mesi ai 4-5 anni, con particolare riferimento alla fase iniziale del trattamento.
Nella fase di avvio il modello non è centrato sull’insegnamento di abilità, modalità che sarà presente nelle
fasi successive dell’intervento, ma sulla progressiva co-costruzione di esperienze dialogiche di senso
condiviso atte a innestare e consolidare nel bambino aree di competenze di efficacia.
CAPITOLO 1
Il termine autismo infantile si riferisce, in altre parole, a un’alterazione del comportamento la cui
caratteristica principale risulta essere l’incapacità di entrare in relazione con l’altro.
Classificazione
ICDC 10 , 1992
- Autismo infantile
sindrome definita da: a) presenza di una compromissione dello sviluppo che si manifesta prima dei
tre anni; b) un tipo caratteristico di funzionamento anormale nelle aree dell’interazione sociale,
della comunicazione e del comportamento, che è limitato, stereotipato e ripetitivo.
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- Autismo atipico
- Sindrome di Rett
- Sindrome disintegrtiva dell’infanzia di altro tipo
- Sindrome iperattiva associata a RM e movimenti stereotipati
- Sindrome di Asperger
- Altre sindromi da alterazioni dello sviluppo psicologico
- Sindrome non specificata da globale alterazione dello sviluppo psicologico
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Per la diagnosi di autismo si richiede un totale di almeno sei item, almeno due elementi della prima
categoria, almeno uno della seconda e almeno uno della terza.
DSM V, 2013
L’autismo viene interpretato come uno spettro con gradiente di severità:
severo, equivalente di Autismo alla Kanner
medio, equivalente del Disturbo Pervasivo Non Altrimenti Specificato
lieve, equivalente di Sindrome di Asperger o Autismo ad Alto Funzionamento
Non c’è più una cesura netta, ma il paziente riceve una diagnosi di disturbo dello spettro autistico a cui si
aggiunge una descrizione dettagliata di come si declini su quella persona il suo autismo.
CRITERI DIAGNOSTICI
Per elaborare la diagnosi di Disturbo Dello Spettro Autistico nel DSM V devono essere soddisfatti i criteri A,
B, C e D:
A. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in diversi contesti, non
spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo, e manifestato da tutti e 3 i seguenti punti:
1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva
2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale
3. Deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni, appropriate al livello di sviluppo (non comprese
quelle con i genitori e caregiver).
B. Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive come manifestato da almeno 2 dei
seguenti punti:
1. Linguaggio e/o movimenti e/o uso di oggetti stereotipato e/o ripetitivo
2. Eccessiva aderenza alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati e/o eccessiva
resistenza ai cambiamenti
3. Fissazione in interessi altamente ristretti con intensità o attenzione anormale
4. Iper-reattività e/o ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali rispetto a certi aspetti
dell’ambiente
C. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente
manifesti finché la domanda sociale non eccede il limite delle capacità).
Quadro clinico
1. Durante il primo anno di vita la compromissione dell’interazione sociale è tipicamente espressa dal
deficit del canale di scambio privilegiato in tale periodo, vale a dire lo sguardo reciproco; va però precisato
che tale competenza non è mai completamente assente e può essere evocata in alcune circostanze.
Frequenti sono le anomalie a carico dell’organizzazione tonico-posturale, che si traducono in una difficoltà
a tenere in braccio il bambino; generalmente è presente un’insofferenza per il contatto fisico è una
difficoltà di adattare la propria postura all’altro.
Possiamo definire questa caratteristica come un disturbo del dialogo tonico.
Diversi studi hanno analizzato l’emissione dei primi segnali comunicativi di disagio e, in particolare, il pianto
in quanto segnale comunicativo precoce con funzione di preadattamento sociale. Ulteriori ricerche hanno
rilevato la presenza di alterazioni sia morfologiche e strutturali del pianto. In particolare, si è riscontrata una
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percezione diversa del pianto, una modalità di espressione del disagio prevalentemente manifestata
attraverso le stereotipie e meno con il pianto, e che lo stesso, quando presente, è caratterizzato da grida e
associato stereotipie molto frequenti, infine sono le anomalie delle espressioni facciali che regolano
l’interazione sociale, anomalie che possono essere di carattere quantitativo o qualitativo.
I genitori riferiscono inoltre con frequenza alterazione del ritmo sonno-veglia a testimonianza di un
disturbo del sistema di regolazione.
L’azione con gli oggetti sacri si caratterizza per essere spesso ripetitiva i bambini manifestano disagio
quando nell’attività si innestano elementi imprevedibili.
2. In merito alla compromissione della comunicazione l’alterata acquisizione delle competenze linguistiche
rappresenta forse il segnale che maggiormente determina nei genitori la consapevolezza di un’atipia dello
sviluppo.
Con il passare degli anni, mentre alcuni bambini non riescono ad acquisire alcune espressioni verbale, altri
presentano un progressivo sviluppo del linguaggio che risulta spesso inadeguato.
Anche la componente non verbale (gesti, mimica e postura) e la comprensione risultano alterate.
Si tratta di difficoltà riconducibili al disturbo di una particolare area del linguaggio, la pragmatica, che
riguarda la capacità di definire le relazioni fra linguaggio propriamente detto e chi lo usa in rapporto agli
scopi, ai bisogni, alle intenzioni e i ruoli di chi partecipa alla conversazione.
Osterling e Dawson, analizzando video amatoriali di bambini di circa 12 mesi, successivamente diagnosticati
come autistici, hanno evidenziato come segni predittivi del disturbo: l’assenza di gesti di indicazione, la
mancata risposta al proprio nome e la minore quantità di sguardi rivolta agli adulti.
3. La terza area riguarda le modalità di comportamento, che sono caratterizzate da attività interessi
ristretti, ripetitivi e stereotipati. Vengono inclusi in questo gruppo di disturbi tutti quei movimenti, quei
gesti e barra o quelle azioni che, per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto, assume la
caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri, quali: dedizione assorbente a uno o più interessi ristretti e
stereotipati, dipendenza da abitudini o rituali specifici, manierismi motori stereotipati e ripetitivi.
Nell’osservazione clinica si riscontra un’estrema variabilità di comportamenti atipici, che possono essere
diretti verso oggetti (strappare la carta, farsi dare una penna, far ruotare un cerchio) o parti del corpo
(osservazione delle mani, automanipolazioni ripetitive).
Spesso si rilevano delle vere e proprie preferenze percettive.
Un altro aspetto che si riscontra frequentemente è il bisogno di immutabilità, riferito dai genitori come
espressione di un carattere abitudinario.
L’iperattività è un altro sintomo frequentemente associato: i bambini autistici, infatti, presentano molto
spesso labilità attentive e comportamenti ipercinetici; in alcuni casi si rilevano condotte auto ed etero
aggressive.
Nella manifestazione clinica va considerata la stazione l’associazione dei DS a con il ritardo mentale, che è
presente circa del 70% dei casi. Anche l’epilessia può riscontrarsi con una certa frequenza e talvolta può
insorgere in epoca adolescenziale.
Ipotesi interpretative:
Kanner e Spitz: ipotesi di tipo psicogenetista. L'autismo rappresentava uno sviluppo patologico della
relazione oggettuale e dell’apparato psichico, determinato da carenze di interazione,
sintonizzazione, rispecchiamento e contenimento dell’ambiente di cura.
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Teoria socioaffettiva: alla base dell'autismo vi è un'alterazione dei sistemi innati che sottostanno all'
empatia. Autismo come incapacità di interagire con l'altro punto viene confermata da basi
neurofisiologiche quali i neuroni a specchio.
Teroria della mente: incapacità di comprendere e riconoscere gli Stati mentali altrui. Valutabile con
il test degli smarties.
Teoria delle funzioni esecutive: trova conferma nelle alterazioni di maturazione dei circuiti fronto-
limbici cerebellari. Le funzioni esecutive vengono intese come abilità determinanti nell’esecuzione
e nella pianificazione di comportamenti per risolvere problemi. Le funzioni esecutive si basano sulla
capacità di non ancorarsi rigidamente ai singoli dati percettivi provenienti dal contesto, sul
controllo e l'inibizione di risposte impulsive, sull’attenzione flessibile agli stimoli e sull’analisi delle
informazioni di ritorno. Un deficit a questo livello porta ad un difetto nell’alterazione e ad un
comportamento iperattivo.
Teoria del deficit di coerenza centrale: incapacità del bambino di cogliere e analizzare lo stimolo nel
complesso. Il bambino si sofferma eccessivamente su uno o più particolari senza riuscire a passare
al quadro generale. Questo modello pone anche l'attenzione sulle basi di alcune spiccate capacità
isolate.
CAPITOLO 2
METODO OPeN
Non è un nuovo metodo di trattamento ma una metodologia di intervento che si fonda su alcuni principi:
1. Integrazione di professionisti e persone che accompagnano il bambino nel suo processo di crescita.
2. Costruire un’alleanza riabilitativa alimentata dal dialogo continuo e dalla collaborazione reciproca
di tutti i soggetti coinvolti
3. Approccio altamente individualizzato che risponda alle caratteristiche e alle esigenze individuali di
ciascun bambino con DSA
L’approccio integrato rappresenta un lavoro di equipe il cui fine è generare autonomia nel bambino e nelle
persone che operano nel suo ambiente di vita.
Setting psicomotorio
Secondo il parere degli esperti, è consigliabile adattare l’ambiente comunicativo, sociale e fisico di bambini
con DSA. Questo è possibile fornendo suggerimenti visivi, riducendo le interazioni sociali complesse,
seguendo una routine, un programma prevedibile e minimizzando le stimolazioni sensoriali disturbanti.
Il setting riveste molta importanza nel fornire suggerimenti visivi e seguire un programma e una routine
prevedibili; basti pensare all’importanza che riveste la costruzione del setting e l’organizzazione della
seduta che si basano sui principi di regolarità, prevedibilità e coerenza.
Il setting psicomotorio individuo e struttura due luoghi distinti nel medesimo spazio d’azione della seduta.
1. Il primo è connotato da materiale poco strutturato (materassi, cuscini, spalliera, corde), che
consente facilita l’accesso del bambino esperienze di attivazione interazione con l’adulto sul piano
corporeo di tipo sensoriale, cinestetico, motorio, alla base dello sviluppo di schemi senso-motori e
interattivi.
2. Il secondo, corrispondente a una successiva fase della seduta sul piano temporale, è organizzato in
modo differente (solitamente da armadio, tavoli e sedie) e definisce l’incontro del bambino con
oggetti, immagini in genere attività di decentramento al servizio dell’organizzazione funzionale,
simbolica, prassica e comunicativa del bambino. In questo caso, la situazione sostiene una
connotazione tonico-posturale che progressivamente permette al bambino e al terapista di
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circoscrivere lo spazio di condivisione, focalizzare un obiettivo comune, attivare precisi codici di
scambio.
Individuato il profilo interattivo si procede fissando gli obiettivi evolutivi dell’intervento terapeutico, per il
cui raggiungimento ci avvaliamo dell’attivazione delle seguenti aree di gioco:
1. Giochi di attivazione sociale
2. Giochi di esplorazione e uso sociale dell’oggetto
3. Giochi senso motori a valenza rappresentativa.
Una volta costituitosi un numero adeguato di configurazioni interattive stabili (cis), attraverso la routine e la
stabilità del setting, è possibile che il bambino acceda a un maggiore grado di complessità comunicativa a
tal punto da integrare nel suo comportamento schemi ad attivi sempre più adeguati.
L'attivazione di CIS costituisce un momento estremamente delicato del trattamento perché rischia di
condizionare tutto il progetto riabilitativo precoce. Le CIS nascono da una da una dinamica che il TNPE deve
attivare a partire da esperienze di efficacia e di piacere che possano derivare solo da un’attenta valutazione
e osservazione delle caratteristiche espressive del bambino e dei suoi punti di forza.
L'obiettivo di questo processo osservativo è di distinguere indici atipici nel comportamento del bambino, a
selezionarli e a separarli dalle caratteristiche evolutive, espressive e temperamentali che saranno il tessuto
della nascita delle CIS. Gli indici atipici del bambino verranno affrontati durante il trattamento quando il
bambino inizierà a esprimere segnali di una collaborazione.
Racco costruzione di configurazioni interattive stabili si delinea come pattern di scambio che caratterizza
che caratterizzerà le interazioni tra il bambino e l'adulto.
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CIS: relazione costituita tra terapista e bambino, stabile e che permetta di descrivere il profilo interattivo.
Permette l’instaurarsi di una relazione e sono fondamentali nei bambini con DSA, caratterizzati da una
fluttuazione dell’intersoggettività e cioè di quella particolare sincronia tra le espressioni facciali vocali e
gestuali dei lattanti e delle loro madri.
Le CIS rappresentano il nucleo centrale di esperienze solide ed efficaci, che proiettano il bambino verso
modalità sempre più elaborati e integrate di approfondimento.
Le evidenze scientifiche dimostrano l'importanza della sollecitazione dell’area comunicativo sociale in
quanto essa può ridurre gli effetti comune cumulativi a valle delle disfunzioni dell'intersoggettività e
favorire la maturazione biologica del cervello e sociale.
È fondamentale partire dall’iniziativa spontanea di gioco del bambino affinché si possa accedere meglio
all'intersoggettività del bambino partendo dalle sue preferenze rispetto a materiali, a giochi, a modalità di
gioco e modalità espressive poter costruire quello che è un’interazione reciproca col bambino stesso;
quindi trovare un canale per poter entrare in interazione col bambino.
Il corpo come mediatore dell’intervento: il corpo è il contenitore dell'intersoggettività e sappiamo che
nell’autismo i bambini hanno un'alterazione fluttuante di alcune componenti relative a quest’ultima e che
questa si esprime tramite il corpo attraverso segnali corporei come, ad esempio: il dialogo tonico,
l’orientamento posturale, la mimica, la gestualità nonché il movimento che avviene attraverso il corpo. Il
movimento dà accesso alla conoscenza e all’esperienza quindi anche alla strutturazione dei vari processi
evolutivi di ogni tipo, non solo dal punto di vista affettivo relazionale ma anche delle altre aree dello
sviluppo.
All’interno di ogni area di gioco, alla fase osservative-valutativa segue la fase di individuazione degli
obiettivi, resi condivisibili e verificabili attraverso l’uso integrato della Scheda di Osservazione
Neuropsicomotoria e l’ICF-CY.
Tutto il processo che conduce al determinarsi di ogni configurazione interattiva stabile risulta
fondamentale, in quanto essa funge sempre da vettore per l’attivazione delle aree di gioco.
L’intervento prevede, infine, un’articolazione per fasi in cui distinguiamo:
Metodologie orientate allo sviluppo e al potenziamento delle competenze interattivo-sociali
e comunicativo-linguistiche;
Metodologie orientate allo sviluppo e al potenziamento delle competenze simboliche e
cognitive;
Intervento mediato dai genitori;
Sviluppo di programmi psico-pedagogici;
Progetti per lo sviluppo delle autonomie personali e sociali;
Proposte finalizzate a favorire la condivisione di attività all’interno di piccoli gruppi.
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CAPITOLO 3
Particolare attenzione è data alla fase dell'osservazione neuropsicomotoria; una metodologia osservativa in
cui si modificano le condizioni naturali, per favorire la comparsa di determinazione di determinate azioni,
che si avvale del ruolo di supporto dell'adulto nelle attività condivise dal bambino. Tale stile osservativo non
può prescindere dalla continua regolazione interpersonale, vale a dire dal processo di mutuo continuo
aggiustamento del partner di un'interazione. Questa specifica strategia di osservazione, e più in generale di
intervento, sostiene l'azione spontanea del bambino e il gioco nelle sue diverse forme in quanto vettori
principali del processo di sviluppo la fase dell'osservazione, inoltre, rappresenta il momento di costruzione
dell’alleanza terapeutica con il bambino e la famiglia, attraverso i momenti di restituzione al fine di poter:
1. Scegliere per ogni bambino e per la sua famiglia un setting adeguato a sostenere il potenziale di
sviluppo;
2. selezionare oggetti materiale strumenti in termini di una costante facilitazione dei processi adattivi,
esplorativi e di iniziativa del bambino;
3. utilizzare una scansione temporale del trattamento che identifichi in un tempo adeguato le costanti
atipiche nel comportamento del bambino, i suoi comportamenti tossici, le variabili che permettono
di interfacciarsi con queste condizioni patologiche in senso trasformativo.
Essa, inoltre, si configura anche quale contributo al processo diagnostico. un altro principio fondante è
rappresentato dalla specifica attitudine, tipica della cultura psicomotoria, a privilegiare l'interazione
mediata dall’esperienza del corpo come condizione primaria per l'integrazione delle relazioni interpersonali
e delle funzioni mentali, così da prevedere, durante intervento, facilitazione costanti e stabili, finalizzate a
promuovere processi di regolazione, continuità e integrazione. Progressivamente, attraverso la
sintonizzazione dell'adulto sugli indici espressivi del bambino, è possibile individuare lo specifico profilo
interattivo di quest'ultimo, vale a dire la sintesi tra le competenze funzionali, stile relazionale e aspetti
temperamentali
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La scheda di osservazione neuropsicomotoria si riferisce prevalentemente a un’utenza composta da
bambini con diagnosi di ritardo mentale, disturbi dello spettro autistico, disturbi della comunicazione,
paralisi cerebrali infantili.
La scheda è suddivisa in aree essa, infatti, permette di individuare i punti di forza, le aree di competenze
emergenti e anche le aree maggiormente deficitarie; l’ambito funzionale maggiormente coinvolto, inoltre,
può indicarci la direzione di uno specifico approfondimento. Quest'ultimo prevede integrazione del lavoro
osservativo valutativo del neuropsicomotricista con gli apporti dell’equipe, si avvale di strumenti
standardizzati e questionari per genitori.
All'interno delle aree sono individuati degli eventi osservabili nel setting neuro psicomotorio; essi sono
sintetizzati sotto forma di item con relativo punteggio e si suddividono in tre tipologie:
1. Indicatori dei processi evolutivi ad esempio imitazione
2. Item la cui comparsa è riconducibile a precise fasi dello sviluppo del bambino e che una volta
acquisite non subisca una significativa variazione ad esempio la pinza superiore
3. Competenze o abilità che emergono in una determinata fase dello sviluppo e sono caratterizzate da
una progressiva evoluzione ad esempio la competenza narrativa.
Al fine di rendere i risultati condivisibili, si è reso necessario raccogliere dati di riferimento riguardanti lo
sviluppo tipico del bambino, sintetizzati all'interno di tabelle.
La concezione della crescita del bambino propria del neuropsicomotricista comprende la complessità
intrinseca dei processi interattivi e guarda alle competenze non in termini esclusivi di presenza/assenza.
L'attribuzione del punteggio, quindi, è una procedura complessa che deve tenere conto di tutto ciò e
considerare la scheda non come un test di sviluppo ma piuttosto come uno strumento per registrare il
processo osservativo, orientare l’intervento, facilitando l'individuazione degli obiettivi e valutandone
l'efficacia. In altre parole, si configura come uno strumento di orientamento, valutazione e verifica
dell'intervento e non del bambino.
Ad ogni item si attribuisce un punteggio da zero a quattro, è inoltre prevista la possibilità di attribuire la
sigla (NV) non valutabile ai fenomeni non riscontrabili in riferimento all'età del bambino.
In età evolutiva e fondamentale prendere atto non solo dell’acquisizione o meno di una competenza, ma
anche della possibilità e della modalità con cui l'acquisizione raggiunta si esprime in relazione col mondo
esterno.
Dimensioni quali modulazione tonica, orientamento pastorale, accettazione del contatto, manifestazioni
emotive, temperamentali e comportamentali rappresentano dei veri e propri organizzazione dei fenomeni
di co-regolazione interpersonali. Risultano perciò indispensabili il riconoscimento la descrizione qualitativa
di tale espressività psicomotoria del bambino, che consente l'attivazione di meccanismi di aggiustamento
da parte del terapista, fondamentali per la costruzione della relazione terapeutica.
In questa scheda è possibile annotare l'adeguatezza (A) e l'adeguatezza (NA) specificandone nelle note le
caratteristiche espressive.
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La sezione delle atipie comportamentali intende rilevare in termini di assenza, presenza e frequenza le
manifestazioni atipiche quali stereotipie, gergolalie, interessi atipici e comportamenti ripetitivi. La priorità
dell’intervento è in ogni caso sostenere l'azione spontanea del bambino, il senso di efficacia all'interno della
configurazione interattiva, il gioco nei suoi diversi livelli, in quanto vettori fondamentali del processo di
sviluppo. Tale considerazione rappresenta il fulcro dell'intervento terapeutico, che prevede esperienze di
condivisione e di scambio
interpersonale, all'interno di cornici
ludiche adattate al suo livello di
sviluppo.
La scheda si è rivelata come un vero
e proprio organizzatore, che ha
come punto di forza di integrazione
e l'interdipendenza della procedura
osservativa valutativa con
l'individuazione degli obiettivi
terapeutici.
CAPITOLO 7
Lo scopo di base è sollecitare la costruzione di un sistema che permetta di cogliere l'espressività motoria del
bambino, di individuarne le caratteristiche comportamentali, di facilitare il percorso di crescita e di
maturazione psicologica, non prescindendo dalle risonanze tecniche emozionali che il bambino evoca in
noi. Il corpo risulta necessario per far passare il sapere tecnico attraverso il filtro delle proprie risorse
soggettive.
Siegel: il suo modello definito neurobiologia interpersonale spinge a definire un’importante esperienza a
carattere soggettivo, la mindfullness, descrivendo in particolare un aspetto molto utile nel nostro modello
di intervento, che riguarda la capacità di conoscenza implicita delle menti. Egli la considera la parte
dell'attitudine a preservare uno stato di buona consapevolezza mentre si attraversa il fluttuante succedersi
di momenti legati a esperienze sensoriali, relazionali e non.
Siegel si concentra sulla disamina di alcune funzioni correlate dell'attività delle aree mediali della corteccia
prefrontale che ci sembrano interessare sia competenza del TNPEE sia aree da attivare nel bambino
all'interno del processo terapeutico.
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Ricordiamo funzioni come:
la regolazione corporea
La comunicazione sintonizzata
L'equilibrio emotivo
La flessibilità di risposta
L' empatia
L' insight Inteso come consapevolezza
L' intuizione
L'azione, che costituisce motorie prima motori e poi simboliche, è già una rappresentazione orientata al
futuro. Intendiamo dunque scegliere, come fulcro dello sviluppo del bambino e dell’individuo in generale, le
sue azioni, con il loro valore espressivo ed attivo, costruendo su di esse tutto l'impianto teorico di
riferimento. L'immagine che ne scaturisce è quella di un processo formativo centrato sullo studio delle
modalità tipiche con cui il bambino costruisce e fornisce una sua interpretazione del mondo attraverso
azioni.
L' attitudine del TNPEE risiede nella capacità di utilizzare un canale di ascolto complesso, che attraverso il
sistema di amplificazione sensoriale permette all' operatore di cogliere sfumature, stabilire connessioni e
dare significato all'insieme senza perdere di vista il particolare. Si tratta di uno stato di attenzione senza
tensione; uno stato somato-psichico paragonabile a quello che permette il processo di sintonizzazione tra la
madre e il proprio figlio. L'unità di misura della sintonizzazione e lo stabilirsi di configurazioni interattive, in
cui le funzioni corporee, affettive cognitive si esprimono contemporaneamente.
La formazione diviene un processo di sviluppo e di ricerca che, a partire da una dimensione corporea,
assume quelle caratteristiche autobiografiche che organizzano e strutturano il campo intersoggettivo,
attraverso l'incontro con l'altro e con il corpo dell'altro.
Il corpo non rappresenta solo una finestra sul mondo, ma fa molto di più: dà forma e struttura al mondo
che incontra mediante un percorso formativo che implica dei costanti passaggi attraverso le tre dimensioni
descritte (personale, teorica e pratica) l'adulto che incontra la sofferenza del bambino sa che non sarà
sufficiente occuparsi del corpo e con il corpo ma che dovrà parlargli dal suo corpo. Accogliere, comprendere
e rispondere alle manifestazioni di sofferenza del bambino, condurlo verso un progressivo stato di
benessere e disponibilità resta un compito delicatissimo, un'azione che richiede competenze altamente
specializzate e un sistema di attitudine che può nascere solo in un contesto formativo in cui sono i legami
tra le varie aree a creare il significato.
La specificità del l'ottica neuropsicomotoria nel trattamento precoce dei DSA e degli altri disturbi di sviluppo
è quella di rispondere al bambino che si presenta con la sua globale espressività, non con un intervento
globale aspecifico e non valutabile in termini di efficacia, ma attraverso la globalità dell’adulto, che si
specifica di volta in volta in azioni e interventi collocati nell’area di sviluppo potenziale del bambino. Questa
specificità si realizza attraverso un progetto organizzato per fasi coerenti con le variabili espressive ed
evolutive del quadro clinico, al cui interno l'operatore sia capace di descrivere l'applicazione dei propri
modelli di riferimento, attuare procedure di osservazione/valutazione rigorose, individuare gli obiettivi,
esplicitare le strategie e verificare l'efficacia dell’intervento.
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