Manifesto Ventotene
Manifesto Ventotene
Manifesto Ventotene
MANIFESTO DI VENTOTENE
E PROGETTO DI TRATTATO
CHE ISTITUISCE L’UNIONE
EUROPEA: PER RILANCIARE
L’EUROPA FEDERALE
MANIFESTO DI VENTOTENE
E PROGETTO DI TRATTATO
CHE ISTITUISCE L’UNIONE
EUROPEA: PER RILANCIARE
L’EUROPA FEDERALE
5 Prefazione.
Prefazione. Una questione didei
Per un’Europa metodo
popoli e delle persone:
Giorgio Anselmi
ripartiamo dallo spirito di Ventotene
Nicola Zingaretti
17 Nota editoriale
3
Con la collaborazione di:
Giorgio Anselmi1
1
Presidente dell’Istituto di Studi Federalisti “Altiero Spinelli”
Questo quaderno viene proposto dal servizio Europe Direct
Venezia Veneto della Città di Venezia ai giovani del territorio.
Essi troveranno nei testi qui riproposti non solo le motivazioni
di una grande impresa politica, quale è il tentativo di unificare il
Vecchio Continente, ma anche le soluzioni a quella che già nel
1941 Colorni, Rossi e Spinelli definivano “la crisi della civiltà
moderna”. Una crisi che le giovani generazioni percepiscono
forse con maggiore intensità proprio perché, pur in un mondo
sempre più globalizzato ed interdipendente, lo Stato nazionale
continua a ritenersi, per dirla di nuovo col Manifesto, «un’entità
divina, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza
ed al proprio sviluppo, senza curarsi del danno che gli altri pos-
sano risentirne.»
Completano il volume un’utile cronologia delle tappe del pro-
cesso di integrazione europea, aggiornata fino al dicembre 2014,
ed una bibliografia di Altiero Spinelli.
6
Introduzione
1
Già Presidente del Movimento Federalista Europeo e dell’Istituto di Studi Fede-
ralisti Altiero Spinelli.
Stato nazionale, che permette di dare una interpretazione chiara e
unitaria dei problemi della nostra epoca. La gigantesca onda d’urto
che emanava dalla seconda fase del processo di industrializza-
zione tendeva ad allargare le relazioni di produzione e di scambio
al di là dei confini degli Stati nazionali. È una tendenza che non
incontrava ostacoli negli sterminati spazi dell’Unione Sovietica e
degli Stati Uniti, mentre era frenata dalla divisione politica del-
l’Europa e dall’antagonismo tra gli Stati nazionali. L’imperialismo
europeo della Germania nell’epoca delle guerre mondiali era, per
usare una felice formula di Luigi Einaudi, “l’espressione negativa
del bisogno di unità dell’Europa”. Sconfitta la Germania, l’unifi-
cazione europea nel secondo dopoguerra si affermò con la coope-
razione tra gli Stati e la costruzione di istituzioni soprannazionali.
In questa fase della storia tendono a formarsi Stati che raggrup-
pano i popoli e gli Stati di intere regioni del mondo e assumono
una struttura multinazionale e federale.
Il secondo elemento è la Federazione europea, intesa come
mezzo per superare l’anarchia internazionale, sconfiggere il na-
zionalismo e assicurare la pace. Sulla base dell’esperienza del fe-
deralismo americano, Spinelli definì l’unità europea come un
obiettivo di carattere costituzionale. Le vicende che portarono
alla formazione degli Stati Uniti d’America illustrano chiara-
mente che la sovranità degli Stati era il fattore della divisione
dell’America del nord e che l’unità fu conseguita quando un po-
tere limitato ma reale fu attribuito al governo federale. Questa
concezione costituzionale dell’unità europea consentì a Spinelli
di denunciare i limiti delle soluzioni di carattere internazionale:
non solo la cooperazione tra gli Stati, ma anche le organizzazioni
internazionali, come la Società delle Nazioni e l’ONU.
Con il Manifesto di Ventotene ha cominciato ad affermarsi
una nuova visione della politica – il federalismo soprannazionale –,
che rappresenta un’autentica alternativa a quello che ancora oggi
è considerato come l’ordine naturale delle cose: il paradigma
stato-centrico. Il Manifesto di Ventotene segna il superamento
della vecchia visione del mondo, secondo la quale lo Stato na-
zionale è il centro dell’universo politico e il mondo intero ruota
attorno ad esso.
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Nell’epoca della crisi dello Stato nazionale, dell’unificazione
europea e della globalizzazione il fronte principale dello scontro
tra le forze del progresso e quelle della conservazione si è spo-
stato a livello internazionale. Per esprimere questo concetto con
le parole del Manifesto di Ventotene, “La linea di divisione tra
partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai non
lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del
maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostan-
ziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come
fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del po-
tere politico nazionale – e che faranno, sia pure involontaria-
mente, il gioco delle forze reazionarie, lasciando solidificare la
lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e
risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come com-
pito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che
indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche
conquistato il potere nazionale, lo adopreranno in primissima
linea come strumento per realizzare l’unità internazionale”. Chi
sceglie l’impegno politico nazionale, anche se si propone di rea-
lizzare più democrazia o più socialismo, si pone sul terreno della
conservazione, perché la sua azione politica legittima e conso-
lida gli Stati nazionali. Mentre i seguaci delle ideologie del pas-
sato spendono le loro energie nel miglioramento degli Stati na-
zionali, solo il punto di vista federalista considera prioritario l’o-
biettivo internazionale. Di conseguenza, l’obiettivo da perse-
guire innanzi tutto da parte di chi vuole promuovere il progresso
è l’impegno per superare la divisione dell’Europa (e del mondo)
in Stati sovrani. L’epoca soprannazionale della storia fa emer-
gere una nuova linea di divisione tra le forze politiche e sociali:
quella tra nazionalismo e federalismo.
* * *
9
guerra la costruzione dell’unità europea è diventata la linea di
fondo della politica estera degli Stati dell’Europa occidentale,
anche se i governi e i partiti, obbedendo alla legge bronzea della
conservazione del potere, hanno cercato di resistere all’impera-
tivo di trasferire una parte del loro potere a livello europeo. In
definitiva, alla luce di quanto è avvenuto dopo la seconda guerra
mondiale, non si può dire che l’idea dell’attualità della Federa-
zione europea fosse sbagliata. Semplicemente la sua realizza-
zione è stata graduale e tuttora il processo resta incompiuto.
La crisi dello Stato nazionale e il suo superamento attraverso
la costruzione dell’unità europea sono processi di lungo periodo.
La loro natura è tale che durano più a lungo del corso della vita
di un uomo. Tuttavia, a oltre cento anni dalla nascita di Spinelli
e a 65 anni dalla fondazione della CECA, possiamo affermare
che una notevole parte del disegno di Spinelli si è realizzata. La
Commissione Europea, il Parlamento Europeo, la Corte Europea
di Giustizia, la Banca Centrale Europea regolano ciò che un
tempo erano considerati affari interni degli Stati. Il poderoso svi-
luppo dell’unificazione europea ha eroso progressivamente la
sovranità degli Stati, promosso la costruzione di istituzioni so-
prannazionali e alimentato il rafforzamento delle competenze
economiche, monetarie, sociali e ambientali di quelle istituzioni.
Il gradualismo e il funzionalismo di Monnet si sono rivelati
certamente un’intuizione fondamentale nel promuovere la tran-
sizione dell’Europa dalla divisione all’unità. La visione di
Monnet si fonda su una solida concezione del ruolo delle istitu-
zioni nella storia. C’è una frase che egli amava citare: “Il cam-
mino di ogni uomo ricomincia da zero, solo le istituzioni diven-
tano più sagge”. E infatti il modello istituzionale delle Comunità
europee che egli inventò, pur includendo un organo intergover-
nativo dotato di grandissimi poteri (il Consiglio dei ministri),
prefigura gli organi di un emergente organizzazione federale. La
Commissione prefigura il governo federale, il Parlamento la Ca-
mera dei popoli, il Consiglio la Camera degli Stati, la Corte di
Giustizia il potere giudiziario.
Keynes scrisse che il lavoro di Monnet nella direzione del co-
mitato interalleato per gli approvvigionamenti di guerra consentì
10
di abbreviare di un anno la seconda guerra mondiale. È un risul-
tato che farebbe la gloria di un uomo di Stato. Invece Monnet ha
ottenuto un risultato così rilevante agendo da solo con l’aiuto di
pochi collaboratori. La stessa considerazione vale per l’iniziativa
che ha portato alla fondazione della CECA. Faccio questa osser-
vazione per sottolineare che continua a esistere un ruolo storico
delle grandi personalità che non esercitano direttamente il po-
tere. Ed esiste perché chi non obbedisce alla ragion di Stato del
proprio paese può vedere problemi e soluzioni che sfuggono a
chi esercita il potere.
Lo stesso discorso vale per Spinelli e per il Movimento fede-
ralista, come emergerà subito dopo l’episodio della CECA, in
occasione delle vicende che porteranno al tentativo di istituire
una Comunità Europea di Difesa (CED) e di porre l’esercito eu-
ropeo, in corso di progettazione tra il 1951 e il 1954, sotto il con-
trollo di un governo europeo. Un paragone tra la visione federa-
lista di Monnet e di Spinelli mi sembra utile, perché contribuisce
a chiarire meglio la stessa posizione di Monnet. Infatti, mentre
organizzazioni economiche come la CECA hanno consentito di
approfondire la cooperazione tra gli Stati senza mettere in di-
scussione in modo significativo le sovranità nazionali, la costru-
zione dell’esercito europeo ha posto in modo ineludibile la que-
stione costituzionale del governo europeo. Infatti l’iniziativa co-
stituzionale di Spinelli si innestava sulla contraddizione aperta
dalla proposta dei governi di istituire un esercito senza Stato, che
avrebbe lasciato senza esercito i sei Stati membri della CED.
Con il concorso di De Gasperi, di cui guadagnò il consenso,
Spinelli riuscì a ottenere che all’Assemblea parlamentare della
CECA (che assunse il nome di Assemblea ad hoc) fosse affidato
il mandato di elaborare la costituzione della Comunità Politica
Europea, l’organismo politico a base democratica cui sarebbe
stato conferito il potere di esercitare il controllo sull’esercito eu-
ropeo. Benché il progetto elaborato dall’Assemblea ad hoc com-
binasse elementi di natura federale con istituzioni di carattere in-
tergovernativo, la struttura della Comunità Politica Europea
aveva forti potenzialità evolutive in senso federale. L’elezione di-
retta della Camera dei popoli avrebbe creato un centro di potere
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interessato a completare la democratizzazione della Comunità e a
estenderne i poteri dal settore militare a quello economico e mo-
netario. Ma il processo di ratifica del progetto di trattato fu bru-
scamente interrotto il 30 agosto 1954, quando l’Assemblea na-
zionale francese lo respinse sebbene quattro dei sei membri della
Comunità Europea l’avessero già approvato. Dopo la morte di
Stalin, la situazione internazionale era cambiata: l’esigenza di un
sistema difensivo europeo appariva meno imperiosa. Così fallì il
primo tentativo di fondare la Federazione europea.
Il secondo tentativo compiuto da Spinelli di dare un’unità co-
stituzionale all’Europa – il Progetto di Trattato di Unione eu-
ropea, approvato dal Parlamento europeo il 14 febbraio del 1984 –
ha forti analogie con il primo. Anche questa volta Spinelli si
trovò al posto giusto – nel Parlamento europeo, dove era stato
eletto nel 1979, quando si tenne la prima elezione a suffragio
universale – per potere esercitare la sua iniziativa costituente.
Egli ispirò la sua iniziativa in seno al Parlamento europeo a un’a-
zione trasversale, diretta a creare un grande schieramento uni-
tario, il solo che consentisse di promuovere un progetto di natura
costituente. La formula organizzativa che egli suggerì di adottare
fu quella dell’intergruppo, che consentì di evitare qualsiasi
forma di concorrenza con i gruppi politici dei partiti e di rima-
nere aperto all’adesione di qualsiasi membro dell’assemblea. Il
contesto nel quale maturò la sua iniziativa era la contraddizione
di un Parlamento europeo eletto a suffragio universale dotato di
soli poteri consultivi, che ha permesso di avviare la lotta per at-
tribuire al popolo sovrano, attraverso la sua rappresentanza par-
lamentare, il potere di fare le leggi e di controllare l’esecutivo.
La contraddizione aveva carattere strutturale e quindi l’azione
per superarla non poteva che avere natura costituzionale, anche
se il progetto di Spinelli non era una perfetta costituzione fede-
rale. Il progetto conteneva gli elementi che avrebbero promosso
l’evoluzione in senso federale delle istituzioni europee: si am-
pliavano le competenze della Comunità nella direzione dell’U-
nione economica e monetaria e dell’Unione politica, si toglieva
al Consiglio dei ministri il monopolio del potere legislativo e del
potere esecutivo, trasformando quest’ultimo in una Camera degli
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Stati che condivideva con il Parlamento europeo il potere legi-
slativo e si attribuiva alla Commissione il ruolo di governo eu-
ropeo responsabile di fronte al Parlamento. Questo tentativo fallì
a causa dell’opposizione del Regno Unito, che era disponibile ad
accettare soltanto un obiettivo più limitato: il completamento del
mercato interno entro il 1992, che fu deciso con l’approvazione
dell’Atto Unico Europeo (1986).
* * *
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Il modello della Convenzione costituzionale di Filadelfia era il
punto di riferimento costante delle sue riflessioni. Su questa base
Spinelli specificò le caratteristiche del metodo costituente, la sola
procedura possibile per completare la costruzione di un potere de-
mocratico europeo. Da una parte, un’assemblea costituente eu-
ropea rappresentativa dei popoli e delle forze politiche d’Europa è
il solo organo titolato ad agire con la legittimazione derivante dal
voto ed è quindi provvista dell’autorità necessaria a redigere e a
proporre una Costituzione. D’altra parte, in un’assemblea demo-
cratica le decisioni sono prese pubblicamente, con voto a maggio-
ranza e con procedure che permettono di identificare le responsa-
bilità e di giungere a decisioni democratiche ed efficaci. Esatta-
mente il contrario del metodo diplomatico, che si basa sul prin-
cipio delle decisioni prese in segreto e all’unanimità, richiede che
la sovranità nazionale non subisca limitazioni e comporta com-
promessi che devono tenere conto degli interessi di tutti gli Stati.
Quando si presentarono le due occasioni sopra ricordate per
mettere in atto la strategia costituente, Spinelli individuò negli
organi parlamentari rispettivamente della CECA e della Comu-
nità Economica Europea (CEE) le istituzioni alle quali attribuire
il mandato costituente. In entrambi i casi fu un organo parla-
mentare che redasse i documenti costituzionali e in entrambi i
casi il progetto fu sconfitto da un solo governo, rispettivamente
la Francia e la Gran Bretagna. Ciò pone il problema, tuttora irri-
solto, di superare il principio della ratifica all’unanimità dei do-
cumenti di revisione istituzionale.
La Convenzione convocata a Laeken nel 2001 per redigere la
Costituzione europea rappresenta la più recente incarnazione della
strategia costituente di Spinelli. Essa rappresenta nello stesso
tempo un’innovazione, poiché la procedura costituzionale europea
si fondava su un potere di co-decisione che associava istituzioni na-
zionali ed europee e organi parlamentari e di governo di entrambi i
livelli. Da una parte i governi hanno riconosciuto un aspetto fon-
damentale dell’approccio di Spinelli, cioè che è irrealistico affidare
a una conferenza intergovernativa il compito di redigere una Costi-
tuzione. I rappresentanti del popolo sono un soggetto indispensa-
bile per portare a termine quel compito. Nello stesso tempo però,
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occorre riconoscere che il tentativo di eliminare l’influenza dei go-
verni nazionali dalla redazione e dalla ratifica delle riforme istitu-
zionali è un pio desiderio ed è destinato a fallire. Una Costituzione
federale è un patto tra Stati e cittadini. Ciò significa che i governi e
i parlamenti, le istituzioni nazionali e quelle europee sono parti in-
dispensabili del processo costituzionale.
Il limite che si deve denunciare nella procedura di revisione
costituzionale regolata dall’art. 48 del Trattato di Lisbona sta nel
fatto che la conferenza intergovernativa, che decide all’unani-
mità, ha l’ultima parola in fatto di ratifica. Questa norma co-
stringe l’Unione europea a procedere alla velocità del più lento
dei 28 Stati membri.
È questo il principale problema che una nuova Convenzione
dovrà affrontare e risolvere. Una doppia maggioranza di Stati e di
cittadini dovrà essere considerata sufficiente ad approvare gli
emendamenti ai trattati. L’adozione di questo principio segnerebbe
il passaggio a una Costituzione federale. È da ricordare che la Co-
stituzione degli Stati Uniti entrò in vigore quando fu ratificata da
nove Stati su tredici. In seguito tutti gli altri Stati si unirono al
primo nucleo e questo si estese fino a includere cinquanta Stati.
Se Spinelli fosse tra noi, di fronte alla decisione dei governi
di abbandonare la Costituzione europea e di ritornare al metodo
dei trattati internazionali (come mostrano non solo il Trattato di
Lisbona, ma anche, i trattati che regolano il Fiscal Compact e il
Meccanismo Europeo di Stabilità) direbbe: “Non importa, an-
diamo avanti”. Sono queste le parole che, secondo Max Weber
– mi riferisco alla famosa conferenza sulla politica come profes-
sione – esprimono la fermezza del leader politico di fronte al
naufragio delle sue speranze. Secondo Spinelli, la forza dell’uni-
ficazione europea stava nella sua “capacità di risorgere dalle sue
sconfitte”, come ha scritto nelle memorie. Possiamo quindi im-
maginare che oggi Spinelli, di fronte alla contraddizione di una
moneta unica senza politiche fiscali e di bilancio europee e al-
l’incapacità dell’Europa di parlare con una sola voce, chiede-
rebbe la convocazione di una Convenzione costituente. Questo è
l’insegnamento che si può trarre dalla storia: che la caduta della
Comunità Europea di Difesa nel 1954 fornì le premesse per isti-
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tuire la Comunità Economica Europea, che il rifiuto del Trattato
di Unione e la sua sostituzione con l’Atto Unico Europeo nel
1985 crearono le condizioni per l’Unione monetaria. Così il Trat-
tato di Lisbona, che ha sostituito la Costituzione europea, per
quanto inadeguato, rappresenta tuttavia un passo avanti che può
generare aspettative e suscitare energie che possono costringere
i governi a considerare soluzioni più avanzate per quanto ri-
guarda il governo dell’economia europea, l’unificazione della
politica estera e di sicurezza e il voto a maggioranza nelle deci-
sioni relative alla revisione dei trattati.
* * *
16
Nota editoriale
17
Le aggressioni coloniali e quelle effettuate in Europa da al-
cuni Stati che avevano affermato il proprio inaccettabile “di-
ritto” a uno “spazio vitale”, invadendo, con la prepotenza delle
armi, altri Stati, evidenziavano l’impossibilità di dirimere le
controversie internazionali in base al diritto vigente che non
prevedeva la limitazione della sovranità assoluta degli Stati na-
zionali.
Anche riferendosi all’esperienza della Federazione degli
Stati Uniti d’America, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero
Spinelli affermarono, per l’Europa, l’esigenza politica e istitu-
zionale di un ordinamento federale fra gli Stati che lo volessero,
al fine di evitare periodici conflitti bellici e concorrere a un or-
dinamento internazionale capace di organizzare e rendere dura-
tura la pace.
In conseguenza di quei ragionamenti, nacque “Per un’Eu-
ropa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, scritto, nell’estate
1941 in Ventotene. Eugenio Colorni nel 1944 ne curò la reda-
zione in tre capitoli: il primo (“La crisi della civiltà moderna”)
e il secondo (“Compiti del dopoguerra. L’unità europea”) inte-
ramente elaborati da Spinelli, come anche la seconda parte del
terzo (“Compiti del dopoguerra. La riforma della società”),
mentre la prima parte di quest’ultimo è stata definita da Rossi.
Il “progetto”, denominato Manifesto di Ventotene, fu diffuso
negli ambienti antifascisti da Ada Rossi, moglie di Ernesto, da
Ursula Hirschmann, moglie di Colorni (dopo la morte di questi,
colpito dal piombo fascista il 28 maggio 1944, diverrà moglie di
Altiero Spinelli) e da Fiorella e Gigliola Spinelli, sorelle di Al-
tiero.
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dente Jean Monnet, giunta a scadenza nel 2002) e dopo i Trat-
tati di Roma (25 marzo 1957) che istituirono la Comunità Eco-
nomica Europea e la Comunità Europea per l’Energia Atomica
(quest’ultima osteggiata nella prima metà degli anni sessanta
dal Generale Charles de Gaulle, Presidente della Quinta Re-
pubblica Francese, che non volle rinunciare alla fragile gran-
deur della Francia fondata sulla force de frappe atomica), il
Parlamento Europeo, eletto dai cittadini europei anche in con-
seguenza di tenaci battaglie politiche delle organizzazioni fede-
raliste e dei poteri regionali e locali europei, fu l’organo istitu-
zionale ove si svilupparono iniziative per il superamento del-
l’assetto intergovernativo della Comunità Europea (in partico-
lare per un bilancio europeo autonomo dai contributi degli Stati
nazionali e per il “Progetto di Trattato che istituisce l’Unione
Europea”).
Altiero Spinelli svolse un ruolo determinante nel Parlamento
Europeo, trascinando la maggioranza delle forze politiche,
anche attraverso la costituzione di un centro di elaborazione di
proposte politiche (il “club del coccodrillo”), all’approvazione
(14 settembre 1983) di un documento subito tradotto nel “Pro-
getto di Trattato”, anch’esso approvato a larga maggioranza
(237 voti a favore, 31 contrari e 43 astensioni) dal Parlamento
medesimo il 14 febbraio 1984.
Il “Progetto” venne osteggiato da alcuni Governi europei.
Tuttavia, dopo il summit dei Capi di Stato e di Governo della Co-
munità Europea svoltosi a Milano il 28-29 giugno 1985, l’Atto
Unico (Lussemburgo-Aja, 17-28 febbraio 1986), definito da Al-
tiero Spinelli un “topolino partorito dalla montagna”, portò al
Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) che istituì l’Unione Eu-
ropea.
Altiero Spinelli morì il 23 maggio 1986. Non ebbe la possibi-
lità di apprezzare quanto avvenuto sotto la spinta della sua
azione riformatrice e di contribuire al superamento delle con-
traddizioni e insufficienze che caratterizzano i Trattati di Maa-
stricht, di Amsterdam (2 ottobre 1997), di Nizza (26 febbraio
2001) e di Lisbona (in vigore dal 1° dicembre 2009). Quest’ul-
timo contiene alcuni articoli ai quali riferirsi per azioni di citta-
19
dini e di Governi volte a superare gli indugi, le reticenze e la
mancanza di volontà politica del Consiglio Europeo e della
Commissione, in direzione di una Unione Europea con caratte-
ristiche soprannazionali.
Il “Progetto di Trattato che istituisce l’Unione Europea” co-
stituisce, ancora, un riferimento utile per spronare il Parlamento
Europeo a svolgere il ruolo costituente per un assetto federale
dell’Unione Europea che possa concorrere strutturalmente al
superamento dell’attuale crisi, politica e istituzionale prima che
economica e sociale. (g.p.)
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La costruzione dell’Unione europea
dal Manifesto di Ventotene al Trattato di Lisbona
Una possibile cronologia
Gabriele Panizzi 1
65
11. 10 giugno 1940. L’Italia fascista entra in guerra.
66
Con legge 20 luglio 2000, n. 211, in Italia, il 27 gennaio
sarà stabilito “Giorno della Memoria”, in ricordo dello
sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei de-
portati nei campi di stermino nazisti.
67
33. 10 dicembre 1948. Parigi. ONU. Dichiarazione universale
dei diritti umani.
68
44. 19 agosto 1954. Muore Alcide De Gasperi.
55. 15-17 ottobre 1964. Roma. VII Stati generali del CC(R)E.
Umberto Serafini e il Fronte democratico europeo.
69
56. 8 aprile 1965. Bruxelles. Trattato di fusione degli organi
delle tre Comunità: un Consiglio, una Commissione. In vi-
gore dal 1° luglio 1967.
70
68. 15 ottobre 1985. Consiglio d’Europa. Carta europea del-
l’autonomia locale.
71
78. dicembre 1993. LIBRO BIANCO della Commissione delle
Comunità Europee: “Crescita, competitività, occupa-
zione. LE SFIDE E LE VIE DA PERCORRERE PER EN-
TRARE NEL XXI SECOLO”.
72
89. 1° maggio 2004. Quinto allargamento. Unione Europea.
Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repub-
blica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria.
73
98. 20 novembre 2007. Il Parlamento Europeo approva l’in-
gresso di altri nove Paesi nell’area Schengen. Estonia, Let-
tonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovac-
chia, Slovenia e Ungheria si aggiungeranno agli altri 15
Paesi che già ne fanno parte, a partire dal 21 dicembre
2007.
74
Catherine Ashton come Alto rappresentante dell’Unione
Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
75
I libri di Altiero Spinelli
76
européens. Projet, Paris, Société européenne d’études et
d’information, 1957; nuova edizione a cura di J.-F. Billion e
J.-L. Prevel, Gardonne, 2012
Che fare per l’Europa? (Atti dell’XI Convegno degli amici del
“Mondo”), a cura di A. Spinelli, Milano, Comunità, 1963
77
Discorsi al Parlamento europeo, 1976-1986, a cura di Pier Virgi-
lio Dastoli, Bologna, Il Mulino, 1987; Discours au Parlement
européen, 1976-1986, Bruxelles, Parlement Européen, 1986;
Speeches in European Parliament, 1976-1986, Roma, CSF, 1987
78
I Quaderni di Ventotene
ITALIANO
1. A. Spinelli, E. Rossi. Il Manifesto di Ventotene, 1988, 1991
2. L. Levi, G. Montani, F. Rossolillo. Tre introduzioni al fe-
deralismo, 1989
3. M. Albertini, F. Rossolillo, G. Vigo, S. Woodard, Vento-
tene, il federalismo e la politica, 1995
4. M. Albertini, S. Pistone, Il federalismo, la ragion di stato
e la pace, 2001
5. G. Montani, Ecologia e federalismo. La politica, la natura
e il futuro della specie umana, 2004
6. Atti della celebrazione del ventesimo anniversario della
scomparsa di Altiero Spinelli (1986-2006), 2007
7. D. Grace, G. Montani, J. Pinder. Cambiamento climatico
e federalismo, 2008
8. D. Moro, S. Vannuccini. Il governo di un’economia fede-
rale sovranazionale e le sue istituzioni nell’esperienza
europea (Antologia di contributi), 2011
9. Manifesto di Ventotene e Progetto di Trattato che istituisce
l’Unione Europea: per rilanciare l’Europa federale, 2014
FRANCESE
1. A. Spinelli, E. Rossi, Le Manifeste de Ventotene, 1988
2. L. Levi, G. Montani, F. Rossolillo. Trois introductions au
fédéralisme, 1989
3. M. Albertini, F. Rossolillo, G. Vigo, S. Woodard, Ventotene,
le fédéralisme et la politique, 1995
4. M. Albertini, S. Pistone, Le fédéralisme, la raison d’État
et la paix, 2001
79
INGLESE
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