Cap 2 Faralli
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Cap 2 Faralli
Primi cenni di una concezione giuspositivistica Per giuspositivismo o positivismo giuridico si intende Una
corrente di pensiero sviluppatasi nella seconda metà dell'800 e per gran parte dei 900. Tra i soffitti erano
diffuse le concezioni giusnaturalistiche, ma uno di essi, Tramasico, affermò che ogni governo poneva le leggi
seconda propri interessi e che il giusto per i sudditi è quello che è utile lui e se qualcuno le trasgredisce lo
punisce come violatore della legge della Giustizia. A che la o affermò che non c'è giusto per natura, ma solo
per legge. A Roma i Giuristi mescolano spesso affermazioni e giusnaturalistiche con quelle
giuspositivistiche: Ulpiano definisce il diritto ciò che piace al principe, definizione che espresse la riduzione
di ogni norma al volere di un sovrano. Attraverso il piano questa concezione arrivò nel Medioevo dove
Marsilio da Padova, afferma che legislatore, ovvero causa effettiva prima e propria della legge è il popolo,
ossia la collettività tutta o la parte più importante di esso, Che per sua scelta ordina di fare o omettere una
cosa riguardante gli atti civili umani con minaccia di punizione o supplizio terreno. In questa definizione si
coglie La prima affermazione dottrinale della sovranità popolare, che va Intesa alla luce della struttura
politica del tempo, dove In concreto il popolo che esercitava il potere era una parte, la valencior pars.
Positivismo filosofico e positivismo giuridico Positivismo filosofico e giuridico si differenziano fin dal
addizione, sebbene sempre in accomunate dal termine positivismo: in positivismo giuridico, positivismo fa
riferimento a positivo nel senso di ciò che è stato posto ho stabilito da un'autorità; in positivismo filosofico,
positivismo fa riferimento a positivo nel senso di concreto, reale, effettivo. Differenti sono anche le origini e
gli sviluppi di questi movimenti. Positivismo filosofico: è caratterizzato dal metodo che si fonda su fatti
positivi, conosciuti attraverso l'osservazione e l'esperimento. L'applicazione di questo metodo alle Scienze
Umane comportavo uno studio empirico. Spesso, i positivi si allontanarono dalle premesse metodologiche
e finirono col cadere nel determinismo storico e nelle evoluzionismo, trasformando la sociologia da
disciplina empirica a una sorta di metafisica delle scienze sociali. Positivismo giuridico: origini da ricercare in
alcuni orientamenti di pensiero giuridico del primo Ottocento che convergono nella concezione del diritto
come prodotto della volontà dello Stato e nell' elaborazione di un metodo di studio logico concettuale.
Alle origini del positivismo giuridico. La teoria delle codificazioni. Il giusnaturalismo settecentesco aveva
indicato la necessità di razionalizzare il diritto vigente al fine di garantire uguaglianza ricchezza. Questa
ricchezza si incontrava, da un lato, con l'esigenza di porre rimedio alla confusione delle norme vigenti
provocate dalla degenerazione del diritto comune e, dall'altro, con l'esistenza politica di eliminare tutti gli
enti intermedi tra stato e cittadino. Da qui il favore dei deposti illuminati, tra cui Federico II di Prussia, per la
codificazione: il primo codice ad entrare in vigore fu in Prussia nel 1794, Nel 1804 fu il turno del Codice
Napoleonico in Francia, dove il problema dell'unificazione del diritto era più urgente vista la presenza del
droit ecrit al sud, di origine Romana, ed è il droit coutumier, di origine Germanica, al Nord. La terza
codificazione fu il codice austriaco del 1811. Nella realizzazione dei codici l'esigenze di razionalizzazione
portata avanti dal giusnaturalismo operò in due sensi: si cercò di trasferire in norme positive i principi del
diritto naturale e si cercò di dare sistematicità e logicità al diritto vigente. Tra le due si chiede valore alla
seconda in quanti codici furono compilazioni di norme preesistenti, integrate e coordinate dal legislatore.
Quello che sia il codice prussiano sia quello francese accolsero dell'ideologia illuministica fu il principio della
certezza del diritto: questo portò a considerare il codice come completo e a limitare il potere dei giudici; in
alcuni casi era stato stabilito l'obbligo per il giudice, in caso di silenzio, di ricorrere alla commissione
legislativa; nessuno dei testi definitivi giunse a questo ma si stabilì l'obbligo per il giudice di attenersi alla
parola della legge e, in caso di silenzio di quest'ultima, di ricorrere alle norme regolanti i casi analoghi o ai
principi generali del codice. Diversamente dal codice prussiano e francese, quello austriaco, ispirato ai
Principi kantiani, prevedeva che la funzione del giudice consistesse nell' interpretazione della legge secondo
ragione. L'articolo 7 disponeva che nei casi dubbi, il giudice doveva ricorrere ai principi fondamentali
naturali del diritto e, l'articolo 17 stabiliva che nel silenzio della legge, quello che è conforme diritti naturali
innati sussiste senza limitazione. Le codificazioni costituirono Il ponte tra giusnaturalismo e positivismo
giuridico: si giunse Infatti a non riconoscere altro dritto se non quello posto dal legislatore.
L'utilitarismo inglese. La filosofia inglese era orientata all'empirismo e rifiutava quindi il razionalismo degli
illuministi. Bentham definiva la teoria dei diritti naturali e innati Pomposa sciocchezza, in quanto dove non
ci sono leggi ne governo non ci sono diritti e non si può parlare di diritti anteriori allo Stato. Egli definisce il
diritto come il comando di un ente sovrano e sostiene la necessità di una codificazione da lui definita
pandikaion, chi avrebbe garantito quella sistematicità e chiarezza che la common law non era in grado di
garantire. il codice che egli teorizzava doveva essere semplice, opera di una sola persona eletta e non
retribuita: esso avrebbe realizzato il principio massimo della felicità per il massimo numero di persone, in
base ai quali il fine dell'individuo e della comunità è la felicità del più grande numero di persone. Il suo
progetto non ebbe alcun seguito. mentre bentham era più interessato ad una trattazione del diritto Come
dovrebbe essere, il suo allievo John Austin si occupa del diritto come è. Anche per lui il diritto è un comando
posto da superiori politici a inferiori politici: colui a cui è rivolto Il comando è vincolato, obbligato per il
timore di una sanzione. Comando e dovere sono correlati in quanto il significato di uno è supposto
dell'altro. Anche Austin auspica la codificazione, ma il suo interesse è indirizzato alla costruzione di un
sistema razionale del diritto: razionale non Quanto al contenuto delle norme, Ma quanto alla coerenza dei
concetti da essere dedotti. In Germania agli inizi dell'Ottocento esplode una polemica legata al problema
della codificazione. Essa era allora divisa in tanti piccoli statarelli nei quali vigeva ancora il diritto comune.
Tra i fautori della codificazione ci fu Thibout che riteneva il codice il miglior mezzo per dare chiarezza al
diritto vigente. In polemica con lui Savigny esponente della scuola storica, il quale sosteneva che per la
diversità della situazione storica dei vari paesi tedeschi un codice non può essere comune tutta la
Germania. Egli utilizzava questa affermazione Alla luce di una concezione del diritto tipica della scuola
storica: i tuoi esponenti considerano il diritto come una caratteristica strettamente legata ad un popolo,
proprio come la lingua, i costumi, la religione, l'organizzazione politica. Il diritto cresce si modifica: All'inizio
si presenta come consuetudine, che è la prima è spontanea forma del diritto e più tardi a questo diritto
spontaneo si sovrappone quello elaborato scientificamente dai Giuristi e solo alla fine si manifesta in forma
legislativa. La contrapposizione tra Thibaut e Savigny, ovvero tra scuola filosofica storica, si risolve nella
contrapposizione tra una concezione del diritto come variabile indipendente dalla società, creato di volta in
volta dall' arbitrio di chi ha potere, è una concezione del diritto come variabile dipendente dalla società, che
si forma attraverso il passato della nazione ed esprime lo spirito del Popolo.
Sviluppi e aspetti del positivismo giuridico tedesco. I principi (riduzione del diritto a legge,
autointegrazione, completezza dell'ordinamento giuridico) e il metodo formalistico che erano venuti
delineandosi nella prima metà dell'Ottocento attraverso la scuola dell'esegesi, giungono a maturazione
nella seconda metà del secolo in Germania nel positivismo giuridico, che non è altro che formalismo
giuridico, cioè studio delle norme formalmente valide. In esso si possono individuare due filoni: la
giurisprudenza dei concetti o dogmatica giuridica e la teoria generale del diritto. La giurisprudenza dei
concetti si sostanzia nell'elaborazione di concetti giuridici Generali dedotti dalle norme distinti, assunte
come dogmi. l'opera di Giuristi come jellinek, Merkel, gitelman porto a un grande raffinamento della
Scienza giuridica, con la definizione di concetti che sono rimasti fondamentali nello studio del diritto (diritto
soggettivo,persona giuridica) nonché la determinazione di quelle che dovevano essere considerate le
caratteristiche differenziali del diritto. su quest'ultimo punto vi era una certa divergenze di opinioni poiché
alcuni consideravano l'imperatività come caratteristica essenziale del diritto, cioè il fatto che le norme siano
dei comandi; altri consideravano essenziale alla giuridicità la statualità, Ma altri ancora sostengono che
qualunque gruppo sociale possa produrre diritto.
La teoria generale del diritto rappresenta l'espressione più elaborata della dogmatica giuridica. Bobbio ha
sottolineato che il positivismo giuridico tedesco presenta tre profili :metodologico teorico e ideologico. Dal
punto di vista metodologico esso si presenta, In opposizione al giusnaturalismo, quale studio
autovalutativo e oggettivo del diritto quale è. Dal punto di vista teorico si identifica con quella concezione
del diritto che collega il fenomeno giuridico alla formazione di un potere sovrano che esercita la coazione,
cioè lo Stato. In esso si identifica la teoria statualistica del diritto; a questo secondo aspetto sono legate
alcune caratteristiche quali la teoria imperativistica (le norme sono comandi); la teoria della supremazia
della legge sulle altre fonti; la teoria della completezza e coerenza dell'ordinamento giuridico; la riduzione
dell'attività del giudice ad attività meramente dichiarativa. Dal punto di vista ideologico, il positivismo
giuridico, nella sua forma più rigida, fa coincidere il criterio di validità e invalidità di una norma con il
criterio di giustizia o ingiustizia di essa. Si passa, quindi dalla teoria all'ideologia, che raccomanda ciò che è,
sul piano dei valori, il giusto.
Le critiche al positivismo giuridico. Le critiche al positivismo giuridico sono state rivolge soprattutto al suo
aspetto ideologico: è stato Infatti considerato responsabile di alcuni fenomeni totalitari come nazismo. In
altre parole è stato accusato di avere ha ballato la politica degli Stati totalitari, nel momento in cui, non
riconoscendo altro diritto se non in quello posto dallo stato, non poneva altre distinzione tra diritto valido e
diritto invalido che il criterio meramente formale dell'appartenenza l'ordinamento giuridico, ragione per cui
leggi aberranti come quelle razziali, in quanto formalmente valide, erano diritto a pieno titolo. Su questo
punto le critiche al giuspositivismo sono arrivate soprattutto dal rinato giusnaturalismo del secondo 900.
Tuttavia la matrice dei regimi totalitari come nazismo e fascismo, non è di origine giuspositivistica ma di
origine più strettamente filosofica, e si incentra, Per quanto riguarda il fascismo, su concezioni
spiritualistiche, etiche, religiose e anti individualistiche che affermano lo stato come unica realtà vera
dell'individuo, quanto invece al nazismo, esso non contrappone come il fascismo all'individuo lo Stato, fa
leva piuttosto su un'altra entità anteriore allo stato "La comunità di popolo" fondata sul sangue e sulla
razza. Dall'altro canto, il modello di stato teorizzato da giuspositivisti, non è lo stato di totaritario, Ma lo
stato di diritto, caratterizzato dalla centralità della legge, atto deliberato dal Parlamento e rappresentativo
dei diritti dei cittadini. Il primato della legge proprio del modello dello stato di diritto risponde al contesto
politico-economico dell'età liberale, caratterizzato dal monopolio politico e legislativo della borghesia. la
critica al positivismo giuridico Come teoria, è venuta invece dalle correnti antiformalistiche che avevano
come principali bersagli polemici statualismo, la completezza, l'imperatività, il ruolo dichiarativo del giudice.
Gli sviluppi del positivismo giuridico nel 900. Nonostante le critiche, il giuspositivismo è rimasto alla
corrente di pensiero filosofico giuridico più diffusa per buona parte del 900. L'espressione più sofisticata e
matura del positivismo giuridico del Novecento è rappresentata dalla " dottrina pura" di H. kelsen (1881-
1973). Egli Formula "Teoria formale del diritto" Nel senso che studia il diritto nella sua "Struttura
normativa" indipendentemente dai valori cui questa struttura serve ed al contenuto che sarà chiude. A
proposito di kelsen È infatti costruire una dottrina scientifica, avalutativa, depurata da ogni elementi
naturalistico, critica soprattutto nei confronti del giusnaturalismo che introduce Dei giudizi di valore
compromettendo lo studio scientifico del diritto. Kelsen prendere mosse dalla distinzione tra mondo
dell'essere e del dover essere, e dalla contrapposizione tra diritto e morale, con l'assunzione della coattività
Quale elemento caratteristico del diritto e quindi della norma giuridica rispetto agli altri tipi di norme come
quelle morali e religiose. Kelsen sostiene che il diritto è dover essere, mentre la natura è essere e, mentre la
natura è costituita da fenomeni, il nesso tra i quali si esprime mediante un giudizio fondato sul principio di
casualità, Il diritto è costituito da norme, ossia proposizioni di doverosità, che implicano un nesso tra eventi
espresso mediante un giudizio fondato sul principio di imputazione: il principio di causalità esprime un
rapporto oggettivo tra due accadimenti Ad esempio i metalli riscaldati si dilatano, mentre in forza del
principio di imputazione si assuma un fatto come condizione è un altro come conseguenza ad esempio chi
uccide deve essere punito e la relazione tra tali fatti non è in natura, appare solo alla luce di una norma che
funge da schema qualificativo e interpretativo dei fatti assunti come condizione e come conseguenza. Una
volta ricondotte le norme giuridiche nel mondo dei dover essere, kelsen specifica le caratteristiche di
queste ultime. Per l'autore l'elemento fondamentale della giuridicità è rappresentato dalla sanzione, intesa
come elemento interno alla norma giuridica, suo elemento specifico, e per questo egli ribalta La
Tradizionale distinzione tra norme primarie e secondarie: tradizionalmente norme primarie sono quelle che
prescrivono un determinato comportamento, norma secondarie quelle che minacciano la sanzione nel caso
di violazione delle norme primarie. Per Kelsen invece norma primaria è quella che prescrive la sanzione,
norma secondaria quella che prescrive certi comportamenti. Anche il concetto di diritto soggettivo È
ricondotto alla sanzione: Esso Cioè non viene visto come facoltà o potere attribuito da una norma ad un
soggetto, bensì come possibilità giuridica di provocare la sanzione. La teoria di kelsen lo porta a qualificare
diritto, sotto il profilo funzionale, come tecnica di controllo sociale che serve a far sì che in una società siano
tenuti certi comportamenti. Riassumendo kelsen definisce l'essenza del diritto alla luce di 3 profili: un
profilo formale, in base al quale il diritto viene ricondotto alla sfera del dover essere; un profilo materiale, in
base al quale il diritto viene caratterizzato nell'ambito delle norme, per il contenuto, la sanzione; un profilo
funzionare, poiché il diritto viene considerato una tecnica di controllo sociale. Nella teoria di kelsen c'è una
parte chiamata monostatica, che studia appunto i caratteri delle norme giuridiche, e la mano dinamica, che
studia la norma in rapporto alle altre norme. Kelsen scrive che il diritto è un ordinamento ovvero un
insieme di regole del comportamento umano. Ci sono due tipi di ordinamenti: l'ordinamento o sistema
statico e quello dinamico. Il primo è composto da regole connesse tra loro in maniera logica, nel senso che
sono derivabili logicamente l'una dall'altra; il secondo da norme connesse tra loro non in virtù del loro
contenuto ma perché sono state emanate da chi è autorizzato a farlo. In termini più tecnici si può ancora
dire che esistono norme di condotta che prescrivono certi comportamenti e norme di competenza che
prescrivono chi è come può emanare norme: in un ordinamento statico ci sono solo norme di condotta; in
uno dinamico anche norme di competenza. L'ordinamento giuridico è un ordinamento dinamico strutturato
a gradini, alla cui base Kelsen individua le norme individuali che sono gli atti amministrativi e giurisdizionali:
tali atti derivano la loro validità da una norma superiore la quale è a sua volta valida perché posta in essere
da organi autorizzati e da un'altra norma, ancora superiore, e così via. Tale processo a gradini, in base al
quale ogni norma trova la sua validità in una norma superiore, non può essere infinito: per evitare così il
regresso all'infinito, Kelsen introduce il concetto di Grundnorm, la norma fondamentale, che costituisce il
fondamento di validità di tutto il sistema di norme che costituiscono l'ordinamento giuridico. Questa non è
una norma posta, ma presupposta: nella definisce "Presupposto logico trascendentale" dell'ordinamento
giuridico in quanto esso non sarebbe pensabile se non presupponendo tale norma. Ed è proprio questo il
punto che è stato attaccato da altri studiosi: molti critici hanno infatti sostenuto che la necessità di
presupporre la norma fondamentale deriva dal fatto che in assenza di essa tutta la teoria di kelsen verrebbe
meno. Kelsen a questo punto ha fatto ricorso al "Principio di effettività" che lo porta a sostenere che "La
norma fondamentale si riferisce solo ad una costituzione che sia effettivamente statuita ed efficace "; una
Costituzione è efficace quando le norme prodotte in conformità alle sue disposizioni sono applicate. La
teoria kelseniana, che rappresenta il positivismo giuridico più raffinato, quale metodo di studio formale del
diritto nella sua struttura normativa, ne mette però in luce il limite insuperabile, che consiste nel
prescindere, nell'analisi del diritto, dalla considerazione della realtà storica e sociale. Il positivismo giuridico
di kelsen ha trovato in Italia un interprete in N .Bobbio il cui orientamento si caratterizza per un'inversione
di tendenza tra l'età della sua formazione è l'età più matura. In un primo momento infatti, si fece
promotore di un ideale giuspositivista di stampo kelseniano sul quale innestò degli Studi di filosofia
analitica. Il positivismo giuridico nella versione di kelsen, si presentava come modo avalutativo e scientifico
di accostarsi allo studio del diritto, proclamando l'esigenza di purificare la scienza giuridica da ogni
implicazione ideologica di sorta; la filosofia analitica, d'altro canto, affermava la necessità di ricerca non
volta ad individuare l'esistenza e i valori, ma limitata a dare chiarezza è rigore Al linguaggio. Alla luce di ciò,
Bobbio sostiene che la scienza giuridica a tutti i titoli per essere qualificata scinza, in quanto faccia analisi
del linguaggio del legislatore, al fine di conferirgli carattere di discorso rigoroso, chiarendone le proposizioni
iniziali, definendone e completandone le regole e ordinandolo in un sistema coerente. In tutto questo è
impegno Bobbio Si preoccupò anche di difendere il giuspositivismo dagli attacchi ad esso mossi dal
giusnaturalismo. Negli anni 70 Bobbio inizio ad ammettere l'insufficienza di una teoria meramente
strutturale del diritto e ammette che il diritto non è un sistema chiuso e indipendente: esso è, rispetto al
sistema sociale complessivamente considerato, un sottosistema che sta accanto contrapponendosi e-o
sovrapponendosi ad altri sistemi economico, sociale, politico,e ciò che lo distingue dagli altri è la funzione.
Di qui fonda l'esigenza di un'analisi funzionale da affiancare alla teoria formale del diritto, unicamente
orientata allo studio della struttura degli ordinamenti giuridici. La teoria di kelsen ha influenzato anche il
pensiero D.H.L Hart (1907), Il più recente rappresentante della analytical jurisprudence fondata da Austyn.
Da Austin e bentham, Hart riprende la distinzione tra diritto quale è e diritto Quale dovrebbe essere,
rappresentandola come distinzione tra diritto e morale. Da ciò dicendogli atteggiamento di rigorosa
giuspositivismo, ma non di stampo ti riesco tu gente sco di riduzione di tutto il diritto a comando dello
Stato, Ma nel senso di attribuzione al diritto di assoluta Indipendenza da considerazioni di valore, al fine di
salvaguardarne l'indagine scientifica. Da kelsen, Hart raccoglie il concetto centrale di norma, sostituendolo
a quello austiniano di comando coattivo. Egli osserva che il comando richiede Innanzitutto un certo
rapporto tra chi comanda e il destinatario del comando; è caratterizzato dal suo carattere episodico; è
infine legato ad una situazione di superiorità tra chi lo emana e chi lo riceve: tutte caratteristiche che la
norma non ha. Essa infatti non presuppone un rapporto diretto tra chi comanda e chi è comandato, ma è
generale; non ha carattere episodico in quanto è permanente; non poggia su una posizione di superiorità di
chi comanda, ma deve la sua efficacia al fatto della abituale obbedienza dei consociati al diritto. Nel diritto
Hart Individua: norme primarie che impongono obblighi, enorme secondarie che attribuiscono poteri.
L'esistenza di sole norme primaria e non basterebbe a costituire un ordinamento giuridico: perché ciò
avvenga occorre che si verifichi una situazione più complessa in cui per l'individuazione delle norme
primarie che impongono obblighi, si ha accettato una norma di riconoscimento(rule of recognition). Tale
norma viene a costituire Il concetto centrale della dottrina di Hart, ed esercita, per certi aspetti, il ruolo
esercitato dalla norma fondamentale nella teoria di kelsen. Esso non è però una norma presupposta, ma ho
fatto empirico: essa non è formulata espressamente come tale, non è nemmeno una vera e propria norma,
ma è "Rivelata" dal comportamento del gruppo sociale, sia organi pubblici che privati, che riconosce validità
a certe enorme. In altre parole la tua esistenza si manifesta nelle prassi dei Tribunali, dei funzionari e dei
privati che mostrano di accettarla come norma guida per stabilire quali norme sono valide. Dopo Hart il
positivismo giuridico è stato oggetto di forti critiche. Guido fassò sottolineava che il giuspositivismo era
troppo attento allo studio della norma nella sua struttura formale, prescindendo da elementi che
potrebbero turbare lo studio scientifico del diritto. Emblematica la descrizione del giuspositivista fatto da
Fassò, te lo ha rappresentato come "Uno studioso di anatomia che, davanti alla complessità del corpo
umano, costituito da un insieme di diversi apparati cooperanti, e desideroso di fare sul corpo umano un
discorso assolutamente rigoroso che non gli fosse consentito che dalla trattazione del sistema osseo,
dicesse: il vero corpo umano è lo scheletro tutto il resto c'è, Si, ma non è essenziale e quindi non lo
considero, io faccio un bel trattato sull'uomo come sistema osseo E chi si occupa dei nervi, muscoli è un
giusnaturalista. Critiche divenute sempre più numerose dalla fine degli anni sessanta, che hanno segnato il
definitivo fallimento di una teoria meramente formale del diritto, limitato allo studio della sola struttura
normativa e avulsa Da considerazioni sui valori che questa struttura serve e dal contenuto che racchiude, e
hanno dato avvio al dibattito contemporaneo, aperta al mondo dei fatti e dei valori etico-politici.