Matematica 2
Matematica 2
Matematica 2
L’origine della geometria si da agli Egizi come scienza pratica, anche se nozioni pratiche di geometria erano
presenti anche in qualche civiltà precedente. Solo nell’Antica Grecia da conoscenza pratica diventa scienza.
Uno degli artefici è stato Euclide. Di questi possiamo dire che è vissuto da il IV e il III secolo a.C e che nel
regno di Tolomeo I ha svolto la funzione di insegnante presso il Museo di Alessandria. A Euclide sono
attribuiti diversi scritti. Lo scritto principale è “Elementi”. In quest’opera Euclide ha racchiuso le conoscenze
matematiche che vi erano fino a quel momento; l’importanza di quest’opera è il modo in cui Euclide ordine
i pone i contenuti in una. Ancora oggi quando si parla di struttura epistemologica di un elemento si fa
riferimento al primo libro di “Elementi.
La struttura epistemologica è la struttura di una scienza. Nel caso della geometria abbiamo quindi:
Principi (anteriori, precedono e causano le conseguenze): Definizioni, Postulati e Nozioni comuni o Assiomi
Definizioni: permettono di individuare termini specifici, senza ambiguità, in relazione ai contenuti che
vogliono presentare. Forniscono una sorta di “primo vocabolario” essenziale dei termini usati.
Postulati: proposizioni ritenute “vere” in ragione della loro evidenza basata sull’intuizione.
Nozioni comuni o assiomi: proposizioni ritenute “vere” in ogni ambito delle nostre conoscenze (rapportate
al tempo)
La differenza tra assiomi e postulati è questa: i postulati sono veri solo nel loro ambito specifico; gli assiomi
sono veri in ogni ambito.
Per due punti passa una ed una sola retta => postulato (valido solo nella geometria euclidea)
Se a cose uguali sommiamo cose uguali otteniamo cose uguali => assioma (valido sempre)
Nel contesto Euclideo vi è una netta differenza tra i due termini ma si usano oggi come sinonimi.
Problemi: proposizioni per risolvere le quali è necessario fare una costruzione geometrica.
Teoremi: proposizioni dimostrate attraverso un ragionamento e che hanno per oggetto le proprietà di
figure geometriche (se il teorema è geometrico). Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali =>
teorema.
In una figura geometrica si possono leggere proprietà di tutte le versioni della stessa. La geometria
attraverso le costruzioni rende visivo ciò di cui parla, ciò di cui afferma. Le affermazioni sono fatte sulla
figura che si ha davanti. L’attenzione è focalizzata su una particolare figura geometrica, che nonostante sia
una figura particolare, noi possiamo leggere tutte le proprietà che valgono per tutte le figure uguali a quella
che abbiamo disegnato.
Nella prima formazione matematica è necessario che il docente passi dal linguaggio comune al linguaggio
formale e corretto. Ad esempio da gira e più vicino a => ruota e distanza minore.
Elementi Fondamentali
Gli enti fondamentali di una geometria sono quelli a cui si possono ricondurre tutti gli altri. Non si
difeniscono in modo esplicito, poiché sono assunti come termini primitivi. Gli enti primitivi sono:
I punti si definiscono con le lettere maiuscole dell’alfabeto. Una retta si definisce con una lettere minuscola
dell’alfabeto. I piani si definiscono con le lettere minuscole dell’alfabeto greco.
Volendo si può scegliere il segmento rispetto ad una retta. I punti ai lati di un segmento sono detti estremi.
Se scelgo punto, retta e piano non li definisco e li uso per definire tutto il resto. Ad esempio se scelgo la
retta definirò il segmento partendo da essa => un segmento è una parte di retta compresa tra due punti
distinti; o viceversa => la retta per AB e l’insieme di tutti i punti allineati con AB, il quale è un segmento,
ottenuti prolungandolo.
Come si definisce una semiretta: prolungamento in un solo verso del segmento; oppure fissando un punto
su una retta, dividendola, otteniamo due semirette. In questo caso il punto è detto “origine delle
semirette”.
Mentre su una retta si possono individuare infiniti segmenti, ogni segmento identifica una, ed una sola
retta.
Segmenti
Due segmenti consecutivi possono essere adiacenti. Due segmenti adiacenti sono sempre consecutivi.
Congruenti => quando sono sovrapponibili in modo da combaciare perfettamente. Si potrebbe usare un
foglio di carta trasparente ricalcandolo e ponendolo sull’altro; se combaciamo perfettamente sono
congruenti.
Tra tutte le linee che congiungono due punti la più breve è il segmento. Se anziché linee rette abbiamo altre
linee si definiscono:
curve => linee di cui nessuna parte sia un segmento. Se tracciata nello spazio si dice curva sghemba, mentre
se è tracciata nel piano si dice piana. Una curva è chiusa se, partendo da uno qualunque dei suoi punti e
percorrendo tutta la linea sempre nello stesso senso, si può ritornare al punto di partenza. Una linea non
chiusa si dice aperta. Infine una linea piana si dice semplice, non intrecciata, se non interseca mai se stessa;
viceversa si dice intrecciata quando interseca se stessa. Queste linee possono essere chiuse o aperte.
Spezzata aperta: una linea formata solo da segmenti consecutivi. Se ad una spezzata aperta uniamo i due
estremi otteniamo una spezzata chiusa.
I segmenti che formano la spezzata si dicono lati. Gli estremi sono detti vertici.
Una spezzata viene individuata elencano i vertici nel modo in cui si susseguono da
un segmento all’altro.
Esempi
1) Dati i punti 𝑃, 𝑄, 𝑆, 𝑇, 𝑍, disegnare una spezzata aperta che abbia tali punti come vertici.
Esercizi
In 1) si possono tracciare infinite linee aventi A e B come estremi. Sono tutte linee aperte, semplici o
intrecciate. In 2) si possono tracciare infinite linee aventi come due estremi i due punti. Sono chiuse
semplici o intrecciate. In 3) si può tracciare uno ed un solo segmento che congiunge A e B. In 4) si può
tracciare un segmento nullo.
Per individuare un egmento si usano le lettere usate per gli estremi (se i due estremi sono detti A e B,
avremo il segmento AB).
La lunghezza di un segmento non dipende dall’unità di misura. La misura della lunghezza di un segmento
dipende, invece, dall’unità di misura utilizzata.
Retta
Per un punto passano infinite rette. Tutte le retti passanti per un punto formano un fascio proprio di rette.
Due rette che hanon in comune un solo punto sono dette secanti o incidenti.
Per stabilire se tre punti sono allineati si può verificare se appartengono alla stessa retta.
Per convenzione si dice che ogni retta è parallela a se stessa. Utilizzando questa convenzione si ottiene una
relazione di equivalenza che gode di proprietà: riflessiva,simmetrica e transitiva. Riflessiva, una retta è
parallela a se stessa. Simmetrica, se una retta a è parallela a b, allora b sarà parallela ad a. Transitiva, se una
retta a è parallela ad una retta b, e se la retta b è parallela ad una retta c, allora a e c sono parallele.
Piano
Per una retta e un punto che non appartiene alla retta passa uno ed un solo piano.
Se una retta ha due punti in comune con un piano, essa giace interamente su quel piano.
Ogni retta di un piano lo divide in due parti che sono entrambi illimitate, dette semipiani e la retta si dice
origine dei semipiani.
Come si capisce se due punti sono sullo stesso semipiano? Due punti appartengono allo stesso semipiano
se il segmento che li congiunge non interseca l’origine dei semipiani.
Una linea chiusa divide un piano in una regione interna alla linea che è limitata dalla linea stessa; la regione
esterna è invece illimitata. I punti all’interno della curva e all’esterno sono infiniti. Quando la regione è
illimitata possono però essere tracciate rette all’interno di essa. Nella regione interna possono essere
tracciati solo segmenti.
L’insieme dei punti di una curva piana semplice e dei punti interni costituisce una figura, di cui la linea si
dice il contorno.
Una linea piana chiusa semplice, si dice convessa se ogni retta passante per un qualsiasi punto interno
interseca il contorno in soli due punti.
Se esistesse anche solo unna retta che interseca il contorno in più di due punti, si dice concava.
Angoli
L’ampiezza di un angolo non dipende dalla lunghezza delle linee che lo compongono.
Due semirette aventi l’origine in comune dividono il piano su cui giacciono in due angoli. Si chiama angolo
ciascuna delle due parti di piano delimitata da due semirette. Può anche essere definito come la regione di
piano delimitata da due rette distinte con la stessa origine. Tale punto è detto vertice. Le due linee sono,
invece, dette lati dell’angolo.
Un angolo i dice convesso quando non contiene i prolungamenti dei suoi lati. Si dice concavo quando
contiene i prolungamenti dei suoi lati.
Quando i lati dell’angolo sono sovrapposti (e coincidenti) determinano un angolo giro ( la regione angolare
in questo caso è l’intero piano).
Due angoli sono consecutivi quando hanno un lato in comune e gli altri due situati da parti opposte rispetto
al lato in comune.
Due angoli consecutivi sono adiacenti quando i due lati non comuni giacciono sulla stessa retta.
Due angoli sono opposti al vertice quando i lati di un angolo sono i prolungamenti dei lati dell’altro.
Bisettrice di un angolo
La bisettrice di un angolo è la semiretta che partendo dal/i vertice/i divide l’angolo in due parti uguali,
ovvero in due angoli consecutivi e congruenti. Semiretta che divide l’angolo in due parti uguali.
L’ampiezza degli angoli si misura in gradi. Il grado è la 360esima parte dell’angolo giro. I gradi seguono il
sistema di numerazione sessagesimale.: per passare dai gradi ai primi, dai primi ai secondi e viceversa, si
moltiplica o si divide per 60.
Per misurare l’ampiezza di un angolo si usa il goniometro. Un angolo retto ha ampiezza 90°
Per trovare l’ampiezza della somma di due angoli si dispongono le due misure in colonna e si addizionano le
unità dello stesso ordine.
Per trovare l’ampiezza di un angolo diviso per un numero si dividono per quel numero le singole unità.
Rette perpendicolari e oblique
Si può dare l’idea di una retta perpendicolare piegando in due un foglio di carta. Bisogna poi piegarlo
nuovamente facendo in modo che le due piegature corrispondano perfettamente. La cosa importante è che
la prima piegatura sia sovrapposta a sé stessa.
Due rette perpendicolari hanno un punto in comune, sono quindi secanti. Sono più precisamente due rette
secanti che formano quattro angoli retti.
In realtà affinché siano perpendicolari basta che siano incidenti e formino un angolo retto. Infatti si può
dedurre che gli altri tre siano di 90°. Uno è infatti opposto al vertice del primo (due angoli opposti al vertice
sono uguali). L’altro è adiacente quindi forma un angolo di 180° con il primo, ed è quindi di 90 °; l’ultimo è
opposto al vertice di quest’ultimo e quindi di 90°.
Quando i quattro angoli formati da due rette incidenti non sono retti, le due rette sono oblique l’una
rispetto all’altra.
Due segmenti o due semirette sono oblique se lo sono le rette su cui giacciono.
Data una retta r e un punto qualunque P, esiste una e una sola retta s e passante per P, perpendicolare a r.
Due rette s e t che sono entrambe perpendicolari a una terza retta r, non si intersecano(sono parallele).
Prendendo una retta r e un punto P possiamo tracciare una verticale e una perpendicolare che li
congiungano. Cambiando la retta noteremo che la verticale rimane sempre la stessa ma la perpendicoalre
cambia. Una retta verticale ad un punto è uguale per tutte le rette a cui lo si vuole collegare. Stessa cosa
non vale per le perpendicolari.
La distanza di un punto da una retta è la lunghezza del segmento, condotto dal punto, perpendicolare alla
rettta.
La proiezione di un punto su una retta è il punto d’intersezione della perpendicoalre (che unisce il punto
alla retta) con la retta.
La proiezoine di un segmento su una retta è il segmento individuato sulla retta dalla proiezioni dei punti
estremi al segmento dato.
Se due rette sono parallele tra loro, tutti i punti di una retta sono equidistanti dall’altra retta.
Supponendo di avere due rette r e s, tagliate da una terza retta, detta trasversale, avremo:
Se due coppie di rette sono parallele a due a due formano angoli uguali.
Queste proprietà ci aiuta a capire le misure di tutti gli angoli formati da due rette parallele tagliate da una
trasversale.
Due rette parallele tagliate da una trasversale formano angoli corrispondenti congruenti, angoli alterni
(interni e esterni) congruenti, angoli coniugati (interni e esterni) supplementari.
yyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy
Poligoni
Una spezzata chiusa semplice (composta da segmenti consecutivi, i cui estremi sono collegati, e i cui lati
non s’intrecciano mai) si chiama poligonale. Un poligono è la regione di piano delimitata da una poligonale.
Le diagonali di un poligono sono i segmenti che congiungono due vertici non consecutivi
I poligono che hanno tutti i lati uguali si dicono equilateri.
I poligoni che sono sia equilateri che equiangoli si dicono regolari. Non tutti gli equilateri sono equiangoli
perché l’ampiezza di un angolo non è determinata dalla lunghezza dei lati che lo compongono (oppure
possiamo immaginarci un pentagono con due angoli retti). Non tutti gli equiangoli sono equilateri, ad
esempio il rettangolo.
Triangoli
Relazione tra i lati di un triangolo: Ogni lato è minore della somma degli altri due; ogni lato è maggiore della
differenza degli altri due.
Un triangolo si dice scaleno se ha i tre lati non congruenti. Un triangolo si dice isoscele se ha due lati
congruenti. Un triangolo si dice equilatero se ha i tre lati congruenti.
Nel triangolo isoscele chiamiamo per convezione base il lato non congruente. La scelta della base è però
arbitraria.
In un triangolo isoscele gli angoli alla base sono congruenti. Viceversa, se un triangolo ha due angoli
congruenti esso è isoscele.
In un triangolo equilatero i tre angoli sono congruenti. Viceversa, ser un triangolo ha i tre angoli congruenti
esso è anche equilatero.
In un triangolo, ogni lato congiunge tra loro due vertici; il vertice rimanente si dce opposto al lato.
Analogamente se si sceglie un vertice, il lato che congiunge i due vertici rimanenti si dice lato opposto al
vertice.
Altezze
Mediane
Una mediana di un triangolo è un segmento che unisce un vertice con il punto medio del lato opposto. Le
mediane si uniscono in un punto detto baricentro.
Bisettrici
Una bisettrice di un triangolo relativa ad un vertice è il segmento di bisettrice compreso tra il vertice e il lato
opposto. Le tre bisettrici di un triangolo si incontrano tutte in un punto, interno, detto incentro. L’incentro è
equidistante da ogni lato del triangolo.
Assi di un triangolo
Gli assi di un triangolo sono gli assi dei lati. I tre assi di un triangolo si intersecano in un punto detto
circocentro.
In un triangolo equilatero, altezza, mediana, bisettrice e asse coincidono. Per questo in un triangolo
rettangolo, ortocentro, baricentro, incentro e circocentro coincidono.
In un triangolo isoscele altezza, mediana, bisttrice e asse coincidono solo per quelli che coinvolgono il lato
non congruente.
Due triangoli sono congruenti quando sovrapponendoli tutti i loro punti coincidono.
Primo criterio
Se due triangoli hanno due lati e l’angolo tra essi compreso rispettivamente congruenti, sono congruenti.
Secondo criterio
Se due triangoli hanno un lato e due angoli ad esso adiacenti rispettivamente congruenti sono congruenti.
Terzo criterio
Disegni
Esercizio 1. Dato un segmento, costruire su esso un triangolo equilatero usando riga e compasso.
AB=BC=AC per la proprietà transitiva. Allora il triangolo ABC, avendo tutti e tre i lati uguali è equilatero.
Esercizio 2.
Dato un segmento BC, costruire un segmento uguale a BC che abbia come estremo un punto qualunque del
piano usando riga e compasso.
Togliendo due quantità uguali a una stessa quantità o quantità uguali restano due quantit uguali, per
cui AL=BG
OF in comune
Per il terzo criterio di congruenza i due triangoli son ocongruenti e in particolare l’angolo AOF=
angolo BOF
Es 4.
CD in comune
Per il primo criterio di congruenza i triangoli sono congruenti e AD=DB quindi D è punto medio.
Es 5.
Con tre segmenti uguali a tre segmenti dati, costruire un triangolo: occorre ricordare che la somma di due
di essi, comunque presi sia maggiore del rimanente
AR+BS>CT
AR+CT>BS
BS+CT>AR
Angoli interni
Dimostrare che in ogni triangolo un angolo esterno è uguale alla somme dei due angoli interni non
adiacenti ad esso e che la somma dei tre angoli interni è uguale ad un angolo piatto (180°)
Si tracci CD parallelo ad AB
Angolo BAC= angolo ACD perché alterni interni rispetto alla parallele AB e CD tagliate dalla trasversale AC
Angolo ABC= angolo DCE perché corrispondenti rispetto alla parallele AB e CD tagliate dalla trasversale BE
ACE+ACB= BAC+ABC+ACB
2r=180°= BAC+ABC+ACB
Dimostrare che la somma degli angoli piatti di un poligono convesso è uguale a tanti angoli quanti sono i
lati del poligono meno due
N=5
Sommando tutti gli angoli interni dei triangoli abbiamo => 180*5=
900
Dimostrare che la somma degli angoli esterni di un poligono convesso è sempre uguale a due angoli piatti
Quadrilateri
Un quadrilatero è un poligono con 4 lati. Ogni lato è minore della somma degli altri tre.
Un trapezio è un quadrilatero avente due lati paralleli. I lati paralleli sono detti basi.
In un trapezio isoscele le due diagonali sono congruenti e sono congruenti anche gli angoli adiacenti
a ciascuna base.
Viceversa un quadrilatero è un parallelogramma se i lati opposti sono congruenti, oppure gli angoli
opposti sono congruenti, oppure ha due lati opposti congruenti e paralleli, oppure le diagonali si
tagliano nel loro punto medio.
Le diagonali di un quadrato sono congruenti perpendicolari fra loro e bisettrici degli angoli.
Può essere considerato un caso particolare di rettangolo che possiede tutti i lati congruenti
Dimostrazione:
2) AB=CD e AD=BC per 1). Infatti se i due triangoli sono congruenti avranno anche i lati corrispondenti
congruenti.
3) L’angolo DAB=BCD e l’angolo ADC=ABC per 1). Queste perché sono somme di angoli congruenti. Ad
esempio ADC= ADB+BDC e ABC= DBC+ ABD. Avendo dimostrato prima che ADB=DBC e BDC=ABD
abbiamo la somma di elementi uguali.
5) Angolo DAB+ Angolo ABD=180° perché sono angoli coniugati interni rispetto alle parallele AD e BC
tagliate dalla trasversale AB.
Angolo ABC+ Angolo BCD=180° perché sono angoli coniugati interni rispetto alle parallele AB e CD
tagliate dalla trasversale BC
Angolo BCD+CDA=180° perché sono angoli coniugati interni rispetto alle parallele AD e BC tagliate
dalla trasversale CD
Angolo ADC+ Angolo DAB= 180° perché sono angoli coniugati interni rispetto alle parallele AD e BC
tagliate dalla trasversale AD
Chiamiamo superficie la regione di piano che costituisce la figura. L’area è la misura della superficie.
Misurare una superficie significa stabilire quante volte un’altra superficie scelta come unità di misura è
contenuta in essa.
Due poligoni che hanno la stessa estensione si dicono equivalenti.
Poligoni che sono somme di poligoni rispettivamente congruenti (anche chiamati poligono
equiscomponibili) sono equivalenti.
A=b*h
b=A/h h=A/b
Il quadrato è un rettangolo particolare con i lati congruennti. Se indichiamo con l la misura del lato l’area di
un quadrato è data da :
A= l2
l=√A
Considerando gli estremi di un lato tracciamo le perpendicolari ad AB. Queste perpendicolari intersecano il
lato DC in due punti EF. Sappiamo per definizione che in un parallelogramma i lati opposti sono paralleli e
sappiamo che gli angoli opposti sono retti. L’angolo in E e quello in F sono retti anche perché coniugati con
quelli in A e in B
.
Del rettangolo ottenuto possiamo notare che la stessa base e la stessa altezza del triangolo.
angolo AFD= angolo BEC perché retti (inoltre l’angolo in E è adiacente rispetto al corrispettivo nel
rettangolo)
Angolo ADF=angolo BCE perché angoli corrispondenti rispetto alle parallele AD e BC tagliate dalla
trasversale FC
FAD=EBC perché 2 triangoli che hanno 2 angoli uguali avranno anche il terzo uguale. Questo perché la
somma degli angoli interni di un triangolo è 180° e da ciò né deriva che un angolo è uguale a 180-la somma
degli altri due.
Per il primo criterio di congruenza questi due triangoli sono uguali. Da ciò né risulta che il parallelogramma
e il rettangolo risultano equiscomponibili e quindi equivalenti.
L’area del parallelogramma è quindi uguale all’area del rettangolo che ha la stessa base e la stessa altezza
dell’altro:
A=b*h
b=A/h h=A/b
Tracciamo le parallele di AB e AC Sappiamo che in un parallelogramma una diagonale divide la figura in due
triangoli congruenti. Se sono congruenti vuol dire che il prallelogramma è il doppio del triangolo e il
triangolo è quindi la metà del parallelogramma. Questo ovviamente varrà anche per le loro aree e quindi
abbiamo:
A= (b*h)/2
b=(2*A)/h h=(2*A)/b
Essendo un parallelogramma l’area del rombo si trova moltiplicando la lunghezza della base per quella
dell’altezza.
A=b*h
b=A/h h=A/b
Se invece sono note le lunghezze delle diagonali si può trovare l’area del rombo in un altro modo.
Tracciamo le parallele alle diagonali del rombo, ottenendo il rettangolo EFGH. Possiamo notare che il
rettangolo è composto da 8 triangoli; di questi 4 compongono il rombo.
AD in comune;
angolo HDA=DAO perché angoli alteerni interni rispetto alle parallele HG e AC tagliate dalla trasversale AD
angolo HAD=angolo ODA perché alterni interni rispetto alle parallele HE e DB tagliate dalla trasversale AD
per il secondo criterio di congruenza questi due triangoli sono congruenti. Questo si può dimostrare per
ogni altro triangolo presente nella figura.
Il rettangolo risulta quindi scomposto in 8 triangoli rettangoli congruenti fra loro. Ne segue che il rombo,
essendo metà del rettangolo costruito qui, avente le dimensioni uguali alle diagonali, avrà la sua area
uguale a metà di quella del rombo:
A=(d*d1)/2
d=(2*A)/d1 d1=(2*A)/d
Consideriamo il trapezio ABDC. Prolunghiamo il lato AD di un segmento pari a BC, ottenendo il segmento
DE. Dopodichè congiungiamo i punti B ed E ottenendo il segmento BE. Indichiamo con M il punto di
intersezione di BE con CD. Questo triangolo ha per base il segmento AE (il quale è uguale alla somma delle
basi del trapezio) e ha per altezza relativa ad AE, BH, uguale all’altezza del trapezio.
Da qui notiamo che il trapezio è composto dal quadrilatero ABMD e dal triangolo BCM.
Il triangolo è invece composto dallo stesso quadrilatero ABMD e dal triangolo MDE.
Dimostrando che i due triangoli sono uguali, allora il trapezio ABCD e il triangolo ABE sono
equiscomponibili.
Angolo CBM=DEM perché angoli alterni interni rispetto alle parallele AE e BC tagliate dalla trasversale BE
Angolo BCM=angolo EDM perché angoli alterni interni rispetto alle parallele AE e BC tagliate dalla
trasversale CD
Poiché i due triangoli sono uguali, il triangolo e il trapezio sono equiscomponibili e quindi equivalenti.
L’area del trapezio sarà quindi l’area del triangolo, il quale ha per base la somma delle basi del trapezio, e
per l’altezza quella del trapezio:
A=[(B+b)*h]/2
B+b=(2*A)/h h= (2*A)/(B+b)
Area di un poligono qualunque
Per calcolare l’area di un poligono del quale non conosciamo la formula, possiamo suddividerlo in vari
poligono di cui sappiamo calcolarla. Ad esempio potremmo dividerlo in vari triangoli; una volta calcolata
l’area di ogni figura ci basterà sommarle per ottenere l’area del poligono.
È possibile trovare l’area di una figura piana F a controno curvilineo non avente una forma geometrica nota,
in diversi modi.
Cosa si nota?
L’estensione di F è maggiore della somma dei quadratini interni ed è minore della somma di quelli interni e
misti. Quanto più fitta è la quadrettatura, tanto più la somma dei quadrati interni si avvicina all’estensione
della figura F. se sommiamo le aree dei quadratini interni otteniamo un’area approsimata per difetto di F.
Se sommiamo le aree dei quadratini interni otteniamo un’area approssimata per eccesso di F.
Ponendo che Si= somma delle aree dei quadratini interni e S m= somma delle aree dei quadratini misti;
è ragionevole ritenere che il valore più vicino a quello reale sia quello fornito dalla media aritmetica dei
valori precedenti => [Si+ (Si+Sm)]/2 ≈ AF
Confronto di superfici
Due figure equiscomponibili sono equiestese. In genere no nvale il viceversa, cioè due figure equiestese
non è detto che siano equiscomponibili.
In generale non vale il viceversa, cioè due figure equiscomponibili non è detto che siano congruenti.
Teorema di Pitagora
Prendiamo unn triangolo. Costruiamo dei quadrati su ogni lato ( con quindi lunghezza pari al lato
corrispondente).
Dividiamo ogni quadrato in quadratini con area=1. Osserviamo che il quadrato costruito all’ipotenusa ha
area uguale alla sommam delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.
Supponiamo di avere un triangolo rettangolo a,b,c. costruiamo due quadrati congruenti che abbiano come
lato a+b.
L’ipotenusa di ogni triangolo è uguale a quella di T. questi triangoli hanno i cateti uguali a quelli di T.
Togliamo da entrambi i quadrati quei quattro triangoli uguali. Ciò che resta dev’essere uguale. Nella prima
figura è rimasto il quadrato Q (con lato pari all’ipotenusa) e i due quadrati (Q 1 e Q2) con lati pari ai cateti.
Circonferenza e cerchio
La circonferenza è una linea chiusa del piano i cui punti sono tutti equidistanti dal punto O del paino stesso,
detto centro. È un ente unidimensionale.
Il cerchio è la parte di piano delimitata da una circonferenza. È un ente bidimensionale. Fanno parte di esso
sia i punti della circonferenza, sia i punti interni ad essa
Un segmento che ha per estremi due punti di una circonferenza prende il nome di corda della
circonferenza. Se in particolare questa corda passa per il centro della circonferenza prende il nome di
diametro.
La perpendicolare alla corda condotta dal centro della sua circonferenza è l’asse della corda. Questa
perpendicolare divide la corda in due segmenti congruenti.
Se si fissano due punti di una circonferenza, questa viene divisa in due parti chiamati archi di una
circonferenza. Se i due punti sono gli estremi di un diametro, ciascuno dei due archi in cui rimane divisa la
circonferenza viene detto semicirconferenza.
Ogni corda divide il cerchio in due parti, ciascuna delle quali si chiama
segmento circolare a una base. Due corde parallele individuano due
segmenti circolari ad una base e un segmento circolare a due basi.
Due raggi dividono il cerchio in due parti ciascuna delle quali si chiama settore circolare.
Per due punti P passano infinite circonferenze i cui centri si trovano sull’asse della corda.
Per tre punti non allineati passa una ed una sola circonferenza. Il circocentro è il punto d’intersezione degli
assi e il centro della circonferenza passante per i punti del triangolo.
Per costruire una circonferenza con riga e compasso che passa per tre punti non
allineati basta tracciare le assi dei segmenti che hanno come estremi i punti.
Due circonferenze:
Due circonferenze sono dette esterne se la distanza tra i centri è maggiore della somma dei raggi;
Due circonferenze sono dette tangenti esternamente se hanno un punti in comune e i restani esterni
all’altra.
Due circonferenze possono essere secanti se hanno due punti in comune. La distanza fra i centri delle
circonferenze è minore della somma tra i due raggi OO’ <r+r’ Quest’ultima proprietà è dimostrabile
tracciando un triangolo i cui lati sono i due raggi della circonferenze e la distanza dei centri.
Le due circonferenze possono essere tangenti internamente se hanno un punto in comune ed escluso
questo tutti i punti di una sono all’altra. OO’=r’-r
Le due circonferenze possono essere una interna all’altra se non hanno punti in comune e i punti di una
sono tutti interni all’altra. OO’<r’-r
Due circonferenze sono concentriche quando hanno lo stesso centro. La regione di piano tra le due
circonferenze è detta corona circolare
Qualunque angolo avente il vertice nel centro della circonferenza viene chiamato angolo al centro. Ogni
angolo al centro individua un arco di circonferenza. Si dice anche che l’angolo AOB insiste sull’arco AB.
Vale anche il contrario. Se noi fissiamo un arco su una circonferenza possiamo determianre una ngolo al
centro i cui lati sono le semirette di origine O che passano per gli estremi dell’arco
In conclusione possiamo dire che ad ogni angolo al centro corrisponde un arco ed ogni
arco corrisponde ad un angolo al centro. In una stessa circonferenza o in due
circonferenza congruenti, ad angoli al centro congruenti corrispondono archi congruenti e
viceversa.
Se fissiamo su una circonferenza un arco possiamo avere un angolo al centro tracciando le semirette dai
due estremi al centro. Ad angoli al centro congruenti corrispondono archi congruenti.
Disegniamo una circonferenza di centro O. Qualunque angolo avente il vertice sulla circonferenza e i lati
passanti per due punti di essa si dice angolo alla circonferenza.
Se fissiamo un arco sulla circonferenza, a questo arco corrispondono infiniti angoli
alla circonferenza. Ad un arco corrispondono quindi infiniti angoli, ad un angolo
corrisponde un solo arco.
Un angolo al centro è il doppio dell’angolo alla circonferenza che insiste sullo stesso
arco. Una conseguenza di questa proprietà è che tutti gli angoli alla circonferenza
siano uguali. Se l’angolo al centro pè un angolo piatto, ogni angolo alla circonferenza
che insiste sullo stesso arco è un angolo retto.
Se un poligono è inscritto in una circonferenza tutti i suoi vertici hanno la stessa distanza dal centro (poiché
sono tutte uguali con i raggi della circonferenza). Quindi quando un poligono è inscritto a una circonferenza
tutti i suoi vertici sono equidistanti dal centro.
Se un poligono è circoscritto a una circonferenza, tutti i lati del poligono hanno la stessa distanza dal centro.
Anche in questo casi questi segmenti sono congruenti perché sono raggi della stessa circonferenza.
Queste appena enunciate sono delle proprietà che riguardano i poligoni inscritti e circoscritti a una
circonferenza.
Consideriamo il triangolo ABC e poi tracciamo gli assi dei lati di questo triangolo. Gli assi dei lati del
triangolo si incontrano in un punto. ABC sono tre punti non allineati. Il centro della circonferenza che passa
per, A, per B, e per C non è altro che il circocentro del triangolo (il punto di intersezione degli assi del
triangolo).
Una volta individuato il centro della circonferenza, il raggio è DA o DB o DC perché questa circonferenza
passa per quei punti.
Per essere circoscritto invece il triangolo deve avere tutti i lati tangenti alla circonferenza. Abbiamo il
triangolo ABC e vogliamo tracciare un circonferenza che sia tangente a tutti i lati del triangolo. Per
circoscrivere un triangolo ad una circonferenza bisogna trovare l’incentro (il punto d’incontro delle
bisettrici). Questo perché una delle proprietà delle bisettrici quelle che “ogni punto è equidistante dai lati
del triangolo”. Dobbiamo tracciare dall’incentro la perpendicolare a ogni lato. Il segmento DE sarà il raggio,
così tracceremo un triangolo circoscritto alla circonferenza. Siccome è sempre possibile costruire il
circocentro di un triangolo ed è sempre possibile costruire l’incentro di un triangolo, allora è sempre
possibile inscrivere e circoscrivere un triangolo a una circonferenza.
I quadrilateri non sono sempre inscrivibili e circoscrivibili ad una circonferenza, lo sono solo sotto
particolare condizioni:
- In un quadrilatero inscritto in una circonferenza gli angoli opposti sono supplementari (180°).
Viceversa, se gli angoli opposti sono supplementari allora il quadrilatero è inscrivibile in una
circonferenza. Per tali ragioni un rettangolo e un quadrato sono sempre inscrivibili in una
circonferenza.
Considerando un trapezio rettangolo notiamo come vi siano come angoli opposti un angolo retto e un
angolo ottuso. La loro somma è maggiore di 180°. Quindi non è inscrivibile in una circonferenza. Stessa cosa
per quanto riguarda il parallelogramma e il rombo. Nel parallelogramma due angoli opposti sono acuti e
quindi la loro somma è minore di 180°. Gli altri due sono ottusi e quindi la loro somma è maggiore di 180°.
Nel trapezio isoscele gli angoli alla base sono congruenti. Abbiamo detto che la somma degli angoli
adiacenti ad un lato è 180° quindi A+D=180°. C è uguale a D quindi A+C=180°. B+C=180°, sappiamo inoltre
che B è uguale ad A e quindi B+D=180°.
In un quadrilatero circoscritto a una circonferenza la somma delle misure di due lati ti è uguale a quella
delle altre due. Viceversa, se la somma delle misure di due lati opposti è uguale a quella degli altri due ,
allora il quadrilatero è circoscrittibile una circonferenza. Quadrilateri circoscrivibili sono il quadrato, il
rombo e anche il deltoide.
Generalmente i quadrilateri che sono circoscrivib8li a una circonferenza sono quelli che le diagonali
perpendicolari tra di loro.
Ogni poligono regolare è inscrittibile e circoscrittibile a una circonferenza. Il centro della circonferenza
inscritta o circoscritta si dice centro del poligono regolare. Il raggio della circonferenza circoscritta si dice
raggio del poligono. Il raggio della circonferenza inscritta si dice apotema del poligono. “Generalmente
quando si chiede cos’è l’apotema di un poligono si dice che è il centro della circonferenza inscritta, ma in
realtà è un segmento”.
Colleghiamo tutti i vertici del poligono con il suo centro. Si ottengono tanti triangoli isosceli quanti sono i
lati del poligono. Questi triangoli hanno per base ognuno un lato del poligono, e come altezza l’apotema del
poligono. Per trovarne l’area basta moltiplicare per 5 l’area di un singolo triangolo, che si ottiene a sua volta
moltiplicando uno dei lato per l’apotema e dividendo per 2. Una volta moltiplicato per il numero dei
triangoli il risultato, ovvero l’area del triangolo, otteniamo l’area del poligono regolare. Da qui si ottiene che
moltiplicando il numero di lati per la lunghezza di uno, si ha il perimetro.
Sostituendo abbiamo:
p= (2*A)/a e a= (2*A)/p
Della circonferenza possiamo calcolare la lunghezza, del cerchio l’area. Se indichiamo con A il punto di
partenza sulla retta e poi con B il punto dove si ritrova nuovamente il punto colorato sulla retta, la
lunghezza del segmento AB è uguale alla lunghezza della circonferenza. Il segmento AB rappresenta la
circonferenza rettificata.
Conoscendo il raggio, vogliamo conoscere la lunghezza della circonferenza=> costruiamo un cerchio con un
certo raggio e quindi un certo diametro, lo posizioniamo su una retta, lo facciamo rotolare in maniera tale
che rotolando ili punto colorato ritorni sulla retta. Il punto iniziale e il punto finale hanno individuato sulla
retta un segmento: questo segmento rappresenta la circonferenza rettificata che indichiamo con C.
Ora cu abduani a calcolare u rapporti tra C e verrà fuori un numero che mettiamo da parte. Ripetiamo lo
stesso ragionamento cambiando il raggio della circonferenza, ponendolo il doppio di quello precedente.
Misurando la lunghezza del secondo segmento, scopriremo che è il doppio di c.
Consideriamo ora una circonferenza che abbia il diametro triplo del primo. Misurando la lunghezza del
terzo segmento, scopriremo che è il triplo di c. calcoliamo. In tutte e tre i casi, il rapporto fra la lunghezza
della circonferenza e il suo raggio. Nel primo caso avremo = c/d che sarebbe la lunghezza della
circonferenza sul diametro. Nel secondo caso sarà 2c/2d. nel terzo sarà 3c/3d. in ognuno di questi casi, se si
fa un esempio numerico, otteniamo sempre lo stesso valore: questo vale per qualsiasi sia lunghezza del
raggio (e quindi del diametro) della circonferenza da cui si parte. Che cosa vuol dire questo?
Il rapporto tra una circonferenza e il suo diametro è costante e viene indicato con il simbolo π. Da qui
abbiamo che: C=2πr e le formule inverse => r=C/2π
Il π è un numero illimitato non periodico, la cui approssimazione è 3,14. Siccome è approssimato anche il
risultato finale nel calcolo del raggio o della circonferenza sarà approssimato.
Supponiamo di avere un cerchio e di volerne determinare l’area conoscendo il suo raggio. Un modo per
farlo è quello di considerare dei poligoni regolari inscritti nel cerchio.
Iniziamo con un poligono regolare semplice: un quadrato. Supponiamo adesso di aumentare il numeri dei
lati. Arriviamo ad un ottagono. Possiamo aumentare ulteriormente il numero dei lati passando a un
poligono di 16 lati. Se immaginiamo di aumentare sempre di più il numero dei lati, il perimetro del poligono
si avvicina sempre di più alla lunghezza della circonferenza. L’estensione del poligono si avvicinerà sempre
dipiù a quella del cerchio (l’area del poligono si avvicinerà sempre di più a quella del cerchio). L’apotema si
avvicinerà sempre di più al raggio del cerchio. Possiamo pensare di ottenere l’area del cerchio come quella
di un poligono regolare in cui immaginiamo di aumentare sempre di più il numeri dei lati. L’area del
poligono regolare è A= (P*a) /2 = >e quindi abbiamo A =(C*r) /2. Questa formula prima era A= (P*a) /2:
abbiamo detto che aumentando il numero dei lati, il perimetro si avvicina sempre più a quello della
circonferenza e che l’apotema si avvicina sempre di più al raggio. Quindi otteniamo l’area del cerchio è la
lunghezza della circonferenza per il raggio diviso 2. La lunghezza della circonferenza è 2πr quindi se
sostituiamo a C= 2πr avremo => A=(2πr*r) /2. Moltiplichiamo a questo punto i due raggi e avremo A=
(2πr2) /2 e semplificando alla fine avremo A= πr2. Il risultato si avvicina molto all’area del cerchio.
Due poligoni si dicono simili se hanno gli angoli corrispondenti congruenti e i lati corrispondenti
proporzionali. Il rapporto fra due lati corrispondenti di due poligoni simili si dice rapporto di similitudine.
Possiamo far intuire questo concetto osservando una fotografia ad esempio: una foto e il suo
ingrandimento.
Nel caso dei triangoli basta che si verificata anche una sola delle due condizioni:
Se due triangoli hanno gli angoli ordinatamente congruenti essi sono simili;
Per quanto riguarda gli altri poligono devono essere verificate le due condizioni. Prendiamo ad esempio i
rettangoli:
Se bastasse una sola delle condizioni avremmo che due rettangoli sarebbero
sempre simili (angoli corrispondenti congruenti). Guardando al rapporto tra i
lati vedremo che i due rettangoli sono non simili.
I perimetri di due poligono simili stanno fra loro come due lati corrispondenti stanno fra loro. P:P’=AB:A’B’
A:A’=32:42
L’area di un quadrato sta all'area dell’altro quadrato come i quadrati dei loro lati stanno tra loro. Da ciò
otteniamo la proprietà dimostrabile per gli altri poligoni:
Le aree di due poligoni simili stanno fra loro come i quadrati di due lati corrispondenti stanno tra loro.
IL centro dell’omotetia può anche essere esterno alla figura. Consideriamo una figura qualsiasi e un punto
esterno O. tracciamo le rette che passano per O e per i vertici della figura.
Prendiamo su una qualsiasi di queste rette un punto. Di questo punto tracciamo la parallela a CB. Fino ad
incontrare il punto B’. Facciamo questa costruzione per gli altri lati. Otterremo due figure simili e
similmente e disposte.
Consideriamo un’altra figura: il quadrilatero ABCD e un punto esterno alla figura. Tracciamo delle rette che
passano per O e per quei vertici.
Prendiamo su una qualsiasi di queste rette un punto. Da questo punto tracciamo la parallela ad AB fino ad
incontrare il punto B’. Facciamo questa costruzione per gli altri lati. Otterremo due figure simili e
similmente disposte.
Se abbiamo una figura e costruiamo la sua omotetica, può succedere che il rapporto di omotetia sia
maggiore di 1, minore di 1 e uguale a 1. Nel rapporto di omotetia minore di 1 (con il caso 1) OA< di OA’, si
divide un numero per un numero più, si ottiene un numero minore di 1. Nel rapporto di omotetia maggiore
di 1 (caso 2) per OA/OA’, la lunghezza di OA è maggiore della lunghezza di OA’ (si divide numero per un
numero poiù piccolo ,si ottiene un numero maggiore di 1). Nel caso di rapporto di omotetia minore di 1, la
figura che si ottiene risulta ingrandita rispetto a quella di partenza. Nel casso di rapporto di omotetia
maggiore di 1, la figura che si ottiene sarà rimpicciolita rispetto a quella di partenza. Nel caso in cui il
rapporto rdi omotetia è uguale a 1, la figura di partenze e la figura omotetica sono congruenti.
Se il centro di omotetia è all’interno, la figura omotetica coincide con la figura di partenza. Se il centro di
omotetia è all’esterno, otterremo due figure distinte ma congruenti.
Nel caso in cui le due figure si trovano dalla stessa parte rispetto al centro di omotetia (nel caso 1) si parla di
omotetia diretta. Quando le due figure si trovano da parti opposte rispetto al centro di omotetia (nel caso
2) si parla di omotetia inversa.
Un altro modo per ingrandire o rimpicciolire un disegno è quello in cui si usa un reticolato (preferibilmente
a maglie quadrate perché più semplici da considerare). Supponiamo di avere una figura qualsiasi e la
ricopriamo con un reticolato. Dopo di che costruiamo un secondo reticolato che abbia il lato del quadratino
della rete diverso dal reticolato utilizzato nel primo reticolato.
Se consideriamo dei quadratini più grandi rispetto al primo reticolato, otteniamo una figura ingrandita; se
consideriamo un reticolato più piccolo rispetto al primo otteniamo una figura rimpicciolita. In ogni caso si
ottiene una figura simile alla figura data.
Se usiamo reticolati a Maglie diverse le figure che otteniamo saranno diverse. Per dimostrarlo basta
osservare che sci sono angoli corrispondenti che non sono congruenti. Ad esempio l’’angolo FAB è diverso
dall’angolo F’A’B’. Poiché non si conservano gli angoli le rette prima parallele ora tenderanno ad
incontrarsi. Come succede nella similitudine, rette parallele si trasformano in rette parallele però in questa
corrispondenza non si conservano gli angoli e il rapporto fra i lati. Una corrispondenza di questo tipo che
trasforma rette parallele in rette parallele si chiama Affinità. Due figure che si corrispondono in una affinità
si dicono affini.
Dividiamo qs le due figure in poligoni di cui sappiamo calcolare l’area. La figura iniziale è stata divisa in tre
poligoni: un triangolo rettangolo, un quadrato e un trapezio rettangolo. Facciamo la stessa cosa con la
seconda figura. Vediamo qual è il rapporto tra l’area del triangolo AGB e l’area del triangolo A’G’B’:
Con il termine trasformazione si può indicare un’elaborazione, si può indicare un’evoluzione, si ci può
riferire a delle modificazioni. In generale quindi si indica un cambiamento rispetto al punto di partenza, un
cambiamento generalmente è irreversibile. Questo cambiamento è evidente quando confrontiamo lo
stesso oggetto prime e dopo ed è legato allo scorrere del tempo. In ambito geometrico il termine
trasformazioni ha un’accezione diversa: le traslazioni, le simmetrie, le rotazioni sono tutte trasformazioni
ma non modificano le proprietà della figura. La trasformazione geometrica non è legata al tempo non è lata
al movimento. Una trasformazione geometrica è una trasformazione reversibile (si può tornare indietro).
Quello che interessa è capire in che modo l’ente finale e quello iniziale si corrispondono (che tipo di
relazione c’è). Definiamo le principali trasformazioni geometriche come corrispondenze tra punti. Queste
trasformazioni avviene attraverso una procedura che si traduce operativamente con gli strumenti del
disegno (riga, squadra, compasso) e che permette di associare al disegno di una figura F, considerata come
prima figura, il disegno di una figura F’, considerata come seconda figura (questo secondo disegno pul
essere già presente sul foglio oppure no: la procedura data permette di costruirlo se manca e di
riconoscerlo se è già presente). Se S indica uno spazio geometrico, una trasformazione geometrica di Sé una
funzione biunivoca tra i punti di S, ossia tale che a ogni punto di S corrisponde uno e un solo punto di S, e,
viceversa, ogni punto di S è il corrispondente di uno e un solo punto di S.
Disegniamo un punto A e una retta, in questo caso il punto non appartiene all’asse. Come costruiamo il
simmetrico di A rispetto a r?=
Abbiamo una retta e un punto A che appartiene alla retta. Ripetendo gli stessi procedimenti del
caso precedente, notiamo che A e H coincidono e di conseguenze non si può tracciare nessuna
circonferenza. Il punto simmetrico di A rispetto alla retta e è il punto A stesso.
Il segmento A’B’ è il semgneto simmetrico di AB risspetto all’asse di simmetria r. questi due segmenti sono
congruenti e si può dimostrare. Uniamo H con B e con B’ in maniera da formare 4 triangoli.
- HG in comunce
- HB=GB’ per costruzione (perché raggi della stessa circonferenza)
- HGB= HGB’ entraambi retti
Per il primo criterio di congruenza i treriangoli ABHG e A’B’ H sono congruenti, e in particolare AB= A’B’
Piper il primo criterio di congruenza i triangoli ABH e A’B’H sono congruenti e in particolare AB=A’B’.
Nella simmetria si conservano le distanze tra punti e quindi di conseguenze le lunghezze tra segmenti.
Caso 3. Entrambi gli estremi del segmento appartengono all’asse di simmetria r, cioè tutto il ssegmento
appartiene alla retta r.
Abbiamo un segmento AB: se gli estremi del segmento appartengono alla retta allora tutto il segmento
appartiene alla retta.
Di ognuno dei vertici del poligono si costruisce il simmetrico rispetto all’asse di simmetria.
Tutte le isometrie, ovvero quelle trassformazioni geometriche che conservano la distaanza tra i punti (le
simmetrie assiali fanno parte dellle isometrie), hanno come invarinati tutte le proprietà di una figura tranne
la posizione nel piano e l’roeintamento.
Che significa che cambia l’orientamento? Se osserviamo. Nella prima fitura per andare da A a B etc.. ci
siamo mossi in senso orario, nella figura trasformata per anadare da A’ a B’ etc… ci siamo mossi in senso
antiorario.
Data nel piano una retta a, la simmetrtia assiale ortognale di asse a è la corrispondenza che associa:
1) Asse interno: l’asse attraversa la regione dell figuara della quaale si vuole costruire la simmetria:
2) Asse con punti in comune al contorno della figura: all’asse appartengono punti del contorno della
figura;
3) Asse privo di punti della figura; aoo’asse non appartiene alcun punto della figura
Nel primo caso,l’asse di simmetria passa per un punto della figura, nel secondo caso l’asse di simmetria
passa per infiniti punti. Il modo per costruire il simmetrico è sempre lo stesso.
Affermare che una figura piana è simmetrica o ha un asse di simmetria significa che tale figura corrisponde
a se stessa nella simmetria definita rispetto all’asse sull’intero piano. È importante sapere se una figura ha
un asse di simmetria propra perché se abbiamo una figura di una forma qualsiasi, possiamo studiare le
proprietà di quella figura utilizzando il suo asse di simmetria che ci permette di studaire una metà della
figura. Per sempio, osserviamo un esagono concavo di cui non sappiamo le propietà. Supponiamo di voler
conoscere le sue proprietà e la sua area. Come facciamo? Questa figura ha un’asse di simmetria; se
facciamo la trasformata di questa figura rispetto all’asse di simmetria otteniamo la figura stessa. Vuol dire
che queta figura ha un proprio asse di simmetria e quell’asse di simmetria divide la figura in due parti uguali
( in questo caso ha diviso la figura in due parallelogrammi).
Sappiamo calcolare l’area del parallelogramma; basta caalcolare l’area di una sola figura moltiplicarla per 2
e otteniamo l’area dell’esagono concavo di partenza.
Quindi sapere che una figura è dotata di un asse di simmetria permette di ridurre l’analisi a una sua metà e
di ricondurla ad altre dfigure note-
Studiando i poligoni, trasformandoli rispetto agli assi di simmetira, si possono guidare gradualmen te gli
alunni a scoprine alcune proprietà;
- La presenza di assi di simmetria non dipende dal numero dei lato, dalla concavità o convessità del
poligono;
- Avere lati o angoli congruenti non è condizione sufficiente affinchè un poligono possegga un asse di
simmetrria. Un esempio è il parallelogramma: ha i lati opposti congruneti e gli angoli opposti
congruneto. Pur avengo gli angoli/lati congruenti, non ha un asse di simmetria., proprio perché
qualsiasi retta si consideri, non si otterrò mai il parallelogramma trasformato;
- Il numero di sassi di simmetria non può superare il numero n dei lati n as<n
- Un pioligono di n lati non ouò avere n-a assi di simmetria n as diverso da n-1; => un esagono non può
avere 5 assi di simmetria;
- I poligoni che hanno un numero di assi di simmetria uguale al numero di lati sono tutti e soli i
poligono regolari ( un poligono regolare possiede tanti assi di simmetria quanti sono i llati)..
non hanno un asse di simmetria proprio; qualasiasi retta si consideri, facendo i ltrasformato delal figura, si
ottiene una figura congruente con quella di partenza ma che non coincide
- Passante per due vertici => deltoide se si prova a costruire la figura simmetrica di queste figure
rispetto alla retta tracciata, si ottiene la figura stessa ( la figura si trasforma in sé stessa). Vuol dire
che la retta è uin asse
- Non passante per due alcun vertice => trapeizo isoscele. IL TRAPEZIO ISOSCLE HA UN ASSE DI
SIMMETRIA CHE è LA RETTA PERPENDICOLARE ALLE DUE BASI CHE PASSA PER I DUE PUNTI medi.
(delle due basi)
- Se si costruisce il simmetrico del trapezio rispetto alla retta, si ottiene una figura che coincide con
quelal di partenza. Se si costruisce il simmetrico del trapezio rispetto ad un’atra retta, ad esempio
una diagonale, si ottiene una trapezio congruente a quello di partenza ma non coincidente.
Quadrilateri con esattemente due assi di simmetria
- Passanti per i vertiici => rombo: in questo caso gli assi di simmetria sono le diagonali.
- Non passanti per i vertici => rettangoli in questo caso invece sono gli assi dei lati opposti.
Quadrato: in questo caso sia le diagonali che gli dei lati opposti.
Nel caso dei triangoli, non hanno alcun asse di simmetria tutti e soli i triangoli scaleni, hanno almeno un
asse di simmetria tutti e soli i triangoli isoscelti ( che è la aretta ssulla quale stanno l’asse, la mediana e la
bisettrice del triangolo relativamente alla base), hanno tre assi di simmetria tutti e soli i triangoli equilateri.
Non esistono triangoli con due assi di simmetria (n-1)
Le rotazioni
Per costruire il trasformato dui una figura rispetto ad un punto e ad un angolo abbiamo bisgon delle
squadrette, del compasso e del goniometro.
Per individuare una rotazione nel piano è necessario asegnare un punto O e un angolo orientato a
(dobbuiamo sapere di quanto dobbiamo ruotare al figura e in che verso, se orario o antiorario).
- Al punto O se stesso;
- Ad ogni altro punto P del piano, il punto P’ tale che il segmento OP’ è congruente al segmento OP e
l’angolo orientato avente come primo lato la semiretta OP e secondo lato la semiretta OP’ è
congruente ad a.
Rotazione di un punto
Abbiamo un punto O, che è il centro di rotazione, e un punto P. supponiamo di I voler ruotare P rispetto ad
O di un angolo a.
Rotazione di un segmento
Caso 1. Nessuno dei due estremi A e B del segmento coincide con il centro di rotazione
Il punto A’ è il corrispondente di A nella rotazione di centro O e ampiezza (angolo) a . Il unto B’ è il
corrispondente di B nella rotazione di centro O e ampiezza (angolo) a. Il segmento A’B’ è il trasformato di
AB rispetto alla rotazione di centro O e angolo di 70° in senso orario.
Caso 2. Uno dei due estremi A e B del segmento coincide con il centro di rotazione O.
ro
’iz
).
Rotazione di un poligono
Di oguno dei vertici del poligono si costruisce il corrispondenti nella rotazione di centro O e ampiezza α.
È l0unica per la quale ogni retta che congiunge due punti corrispondenti passa sempre il centro della
rotazione.
Se fosse così, allora il centro di di un poligono, per ogni retta passante per O dovrebbe tagliare il poligono in
due punti equidiwstanti dal centro.
Nel quadrato il centro O è centro di simmetria per qualsiasi retta che passa per O, taglier il contorn del
quadrato in due parti che sono equidistanti dal centro.
Tra i poligoni regolari hanno un centro di simmetria proprio solo quelli che jhanno un numero pari di lati.
Una figura possiede una simmetria rotata quando esiste una rotazione rispetto alla quale la figura
corrisponde a sé stessa.
Il centro della rotqazione è detto centro della simmetria rotatoria della figura.