Manualetto Cellini

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FRANCESCO CELLINI

MA UALETTO
NORME TECNICHE, COSTRUTIIVE E GRAFICHE
PER LO SVOLGIMENTO DI UNA ESERCITAZIONE
PROGETIUALE SUL TEMA DELlA CASA UNIFAMILIARE

0
. CittàStudi

'· I ~ ' '·'


Giancarlo Carnevale

Prefazione
In difesa di frontiere dimenticate
i
f Questo insolito manualetto, trafugato quasi nascostamente a
1
Francesco Cellini, è nato come sentita esigenza di dare una ri-
sposta alla marea di dubbi, incertezze e confusioni che gli
1 studenti, i vivacissimi e sorprendenti - nelle loro contraddizioni
i - studenti di Palermo, manifestano insistentemente. Una sorta di
guida, di istruzioni pratiche, una insolita risposta formalizzata
'
i da parte di un docente dotato di sufficiente coraggio e tanto

' ricco di sensibilità da potersi consentire un passo così semplice.


Così azzardato.
Se ne propone la pubblicazione sapendo di fornire uno strumen-
to utilissimo, un surrogato alle iterate e frustranti risposte dirette
che, ininterrottamente, siamo costretti a dare, più e più volte a
studenti che, con crescente decisione, affermano una condizione
di recente indigenza culturale.
Molti docenti di discipline legate al progetto avvertono, sempre
più spesso, un ricorrente disagio, una sensazione non precisa ma
continuamente oppressiva: la perceziqne di una nuova, latente,
diffusissima e costernante ignoranza. E come se alcune nozioni
di base, quelle che non potrebbero neanche essere definite cono-
scenze preliminari, ma fondamenti elementari piuttosto, fossero
state rimosse in poco meno di una generazione.
Gli studenti, anche quelli più avvertiti criticamente e sincera-
mente interessati alla disciplina, quelli che seguono il dibattito
architettonico, che appaiono ben informati, ebbene anche quelli
mostrano, a tratti, improvvise ed insospettabili ignoranze, si
aprono repentinamente abissi di incapacità assolutamente in-
~piegabili.
E significativo che questo versante oscuro, di fronte al quale si
arrestano anche intelligenze ben vive ed agguerrite, emerga con
prepotente evidenza alla fine del regolare corso di studi, anzi:
dopo aver conseguito la laurea in architettura. ~arlo di una con-
troversa questione, sempre più spesso al centro di polemiche e
tensioni: l'esame di stato. Per molti una sgradevole formalità, un
ostacolo burocratico per altb, una sopravvivenza residua di un
protezionismo ormai travot~o dagli eventi. Sia come sia, resta
un'occasione che vede cimentarsi la quasi assoluta totalità dei
laureati, periodicamente. Puntu~lmente. Anche quelli - ed è solo
un inciso sul quale non mi soffermerò, ma che varrebbe la pena
di considerare quando si parla delle nuove competenze della
professione, di formazione apyrta e multiforme - anche quelli
che hanno mostrato di interessai~si al territorio, all 'ambiente, op-
pure quanti appaiono intenti in ricerche volte alla microscala, al
design, o ancora gli storici, i filologi, ma non escluderei neanche
quelli il cui dichiarato impegno ha valenze politiche, o sociali;
tutti, insomma, proprio tutti si ripropongono
1
per essere ammessi
all 'esercizio della professiobe di architetto.
E tutti quanti dovranno m '~urarsi con le modeste e tenaci diffi-
coltà del muro che si pie ?a~ de l pilastro che incrocia la trave,
1

della scala che, invece, 1 trave cerca di evitarla; questioni di


1
spessori, minime ed insistffnti (trenta centimetri van bene, ses-
santa no, proprio no ...), qu~sta finestra non chiude e quella porta
non apre, e così via, in un lvasto ed indefinito universo fitto di
prescrizioni e divieti, dove lo sbaglio ha un'identità certa ed in-
confutabile, e dove, perd,, una conoscenza sfuma in un'altra
senza consentire la definizione di uno statuto sicuro, di un confi-
'
III
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ne stabile tra ciò che si deve sapere e ciò che si può ignorare.
Non vi è alcuna esagerazione in quanto affermo: sono in molti,
tra noi docenti, tra quanti hanno dovuto assoggettarsi alla deva-
stante corvée delle commissioni di esame di stato, in particolare,
a sapere bene che vi sono, ormai diffusissime, nuove ed inso-
spettabili forme di incompetenza. Fiorente, variegata ed agghiac-
ciante è la aneddotica in merito, ma molto più convincenti sono
le prove materiali: a migliaia si ammucchiano negli archivi i di-
segni elaborati in lunghe e desolanti ore di frustrante impotenza,
i prodotti di altrettanti neo-laureati posti, in molti casi per la
prima volta, di fronte al mistero di una sezione al «cinquanta».
Non dovrebbero essere questi i metri per misurare la cultura dei
nostri studenti? Ma certamente no. Sappiamo tutti che è altrove
la qualità dell'architettura. Pure, è una mia ostinata convinzione,
non potrà dirsi mai architetto quell'elegante intellettuale che non
distingue una sezione da una pianta.
Comunque facciamo fatica a fornire queste nozioni minime ai
nostri studenti, per molte e diverse ragioni: non tocca a noi, per-
ché non è possibile, dopo tanti anni di facoltà dover dire di que-
sto, perché son cose che tutti sanno, o dovrebbero averglielo
spiegato già gli altri, perché basta andare a guardare un manuale,
oppure come si fa a ricominciare sempre daccapo, non si capisce
proprio da dove partire e così via.
La verità è che ta nostra generazione, proprio quella che oltre
venti anni fa se fa prese tanto con il bieco professionalismo, av-
verte, ancora oggi, sensi di colpa (e come non averne!) per aver
favorito quell'equivoca svolta data agli studi universitari. Svolta
però, giusto per mettere i puntini sulle i, elaborata, messa a punto
ed approvata, oltre che gestita ed accettata e materialmente con-
dotta, dall'altra generazione, ben si intenda, quella che ci prece-
deva e che era l'unica abilitata a prendere decisioni ed a metterle
in atto.
In ogni caso, questo senso di colpa sembra accompagnare il cam-
mino di molti di noi ancora oggi, e ci induce a farci carico, nei li-
miti del possibile, di ruoli vicari, tentiamo spesso di riammaglia-
re questi interrotti legami con le conoscenze basiche che, rimossi
i_nsegnamenti ancillari, erano deputati a fornire.
E' un lavoro ingrato, non riconoscibile né riconosciuto, ma che,
guardandosi in giro, sono in molti ad intraprendere.
Tra questi, tra i pi6 determinati e lucidi, Francesco Cellini, che,
hon rinunciando al privilegio-dovere di esercitare una didattica
«alta», non condizionata dalle congiunture occasionali, trova
però la forza di fissare, per iscritto e mettendo al servizio della
modesta causa il suo brillante talento grafico, le opache, scomo-
de, inattingibili, difficili «ovvietà». Quelle ovvietà che fanno
tanta paura a molti, a troppi, che sussiegosi docenti non riescono
più a vedere, spinti, come sono, dall'impegno a promuovere
nuove e sofisticate frontiere della nostra disciplina.
Credo che queste pagine, dal tono solo ingannevolmente sempli-
ce, in realtà spesso ammiccante e argutamente sintetico, siano
una prova altissima di capacità didattica, un contributo oscuro e
prezioso ad una causa persa da tempo, una reazione orgogliosa
alla rassegnata inerzia dei troppi distratti benpensanti.
Queste ovvietà che sono state concentrate in modo tanto scrupo-
loso ed appassionato, in poche, densissime pagine, sono un
esempio di intelligente impegno in un settore ormai quasi del
tutto oscurato dalla negligente dimenticanza collettiva, credo che
saranno preziose per molti studenti, utilissime ed utilizzabili per
molti docenti. Dobbiamo certamente gratitudine a Francesco
cCellini ed al suo ostinato, dimesso coraggio.

IV
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INDICE

2 strutture, cenni
6 strutture verticali
9 strutture orizzontali
16 coronamenti, basamenti
18 scale (interne)
20 infissi
22 dati dimensionali ambienti
28 norme per il disegno
32 bibliografia, referenze, note

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Avvertenza

Questo manualetto è stato redatto (e distribuito in una dimes-


sa edizione fotocopiata) come supporto didattico del corso di
Composizione architettonica (1° annualità), corso di cui sono
stato titolare nell ' anno 1988-89, presso la facoltà di architet-
tura di Palermo.
Due anni dopo, cioè in quest'anno accademico 1990-91, esso
è stato ampliato, con l~ collaborazione di una mia carissima
amica e docente palenpitana, l'architetto Aqriana Biscanti,
ner gli studenti dei no~tri rispettivi corsi, che sono pure di
<±omposizione 1° e che sono fra loro coordinati. Ora, per la
~tampa, è stato ancora ~bggermente rivisto.
In tutti i casi si trattava!di fornire a studenti di architettura al
secondo anno di corso (e quindi alle primissime armi) un in-
sieme di avvertenze tecniche scritte, che alleggerisse il no-
s[tro compito di docenti, permettendoci di raccontargli, nelle
lezioni e nei seminari, qualcosa di più e di meglio che le soli-
te quattro regolette grafiche e costruttive, indispensabili per
rp alizzare correttamente il loro primo progettino (che era, ap-
~unto, una prima eserc~ tazione sul tema della casa unifami-
l}are ). I
muesto manualetto va quindi inteso nei suoi modesti limiti di
base: che sono, in fondo, quelli di voler essere soltanto un
dorrettivo, pragmatico e senza particolari ambizioni di sinte-
1 agli errori che la nostra esperienza di docenti ci ha inse-
si,
gnato essere più comuni.
Per la sua redazione, per i consigli, i suggerimenti e le corre-
zioni, sono grato, oltre ad Adriana Biscanti, ad altri amici,
architetti e docenti siciliani: Rosa Bellanca, Aurelio Cantone,
Alice Grassi, Piero Manna, Nicola Piazza e Ugo Rosa.

Palermo, maggio 1991 Francesco Cellini

1
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Strutture, cenni
La struttura portante di una casa unifamiliare è normalmente
in muratura o a gabbia di cemento armato, salvo rare eccezio-
ni (strutture metalliche, lignee, ibride, etc.,) che qui non sono
trattate. Non sono nemmeno trattate le strutture composte di
elementi prefabbricati, perché non ha alcun senso pratico il
loro impiego nella minima dimensione edilizia, propria del
tema dell ' esercitazione.
Una struttura in muratura portante è, basicamente, composta
da una serie di setti murari paralleli che sostengono i solai
orizzontali; i setti murari possono essere interrotti (da bucatu-
re, vani, etc.), ma devono essere collegati da travi (normal-
mente in e.a.), per fornire un appoggio continuo ed ininterrot-
to ai solai.

Considerazioni di ordine statico , legate alla necessità di


opporsi alle spinte orizzontali (soprattutto a quelle sismiche,
etc.), chiedono spesso che altri setti murari, analogamente ro-
busti, siano disposti ortogonalmente a quelli portanti, per for-
nire un irrigidimento alle strutture; queste murature, che non
hanno la funzione di portare i solai, si chiamano di contro-
ventamento e possono anche svolgere funzioni di tampona-
mento; una struttura così composta si chiama "'a scatola mu-
raria".

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Tutti gli altri muri di un edificio a muratura portante (cioè i


tamponamenti puri e i tramezzi) non hanno alcuna funzione
statica. Come esempio di quanto detto, vedi la Esherick
house di L.J. Kahn, nella pagina qui accanto.

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3
Una struttura a gabbia in e.a., analogamente, risulta dall ' ac-
coppiamento di strutture a telaio parallele (le cui travi -A-
portano i solai), collegate da altre travi orizzontali (-B-), che
sono normalmente di minor altezza e che servono solo per ir-
rigidire la struttura.

La struttura a gabbia è intrinsecamente più omogenea e conti-


nua della struttura muraria: ogni elemento (pilastro, trave) è
solidale agli altri e collabora alla resistenza del tutto, come,
per esempio, si intuisce dai diagrammi di deformazione di
telai sollecitati da forze orizzontali o verticali concentrate
(vedi a l~to ). Si comprende quindi come le strutture a gabbia
siano tanto più snelle di quelle murarie; peraltro elasticità ed
omogeneità le rendono anche buone trasmettitrici di suono e
calore (e questa è una delle loro caratteristiche più negative).
Tutte le murature in una struttura a gabbia in e.a. sono portate
(non portanti) e quindi devono essere assai leggere (tali sono
infatti i muri di tamponamento e i tramezzi); le travi di bordo
(-B-) servono anche, spesso, a sostenere il loro peso.
Si veda l'esempio del Paul Mellon Center di L.J. Kahn nella
pagina a fronte; si noti la rastremazione dei pilastri verso
l'alto (che segue la diminuzione dei carichi) e la grande
trave orizzontale, all'altezza del primo solaio, che sostiene il
carico del pilastro centrale.

-n.b.- Quanto fin qui detto serve solo per introdurre ordinata-
mente gli argomenti successivi, ma è assolutamente somma-
rio: non si è tenuto conto delle strutture a setti in e.a., che
sono in qualche modo assimilabili alle strutture murarie, né
di tutte le infinite soluzioni miste che ci sono offerte dalla sto-
ria dell'edilizia, e che sono in pratica assai comuni.

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Strutture verticali
a -Muri portanti
I muri portanti sono murature su cui poggiano altre strutture
(solai, coperture, altri muri in elevazione); essi possono esse-
re realizzati con molti materiali diversi: mattoni, pietra (che
in Sicilia è comunemente tufo), blocchetti di cemento etc..
Lo spessore di queste murature cresce in funzione del peso
sostenuto e quindi anche in funzione dell ' altezza del muro so-
vrastante; questo accrescimento degli spessori (o meglio, que-
sta rastremazione dei muri, come più correttamente si dice,
descrivendoli dal basso in alto) può essere trascurato in edifi-
ci di limitata altezza come quelli del nostro caso. Normal-
mente, nelle case unifamiliari, lo spessore delle murature por-
tanti è di circa 20-30 cm, costante per tutta l' altezza; questo si
ottiene, se si usano i mattoni, disponendoli a due teste (come,
per esempio, negli schemi illustrati a lato) , oppure, se si
usano blocchi di tufo o di cemento (che sono di spessore più
elevato), disponendoli ad una testa. Nel caso, abbastanza ec-
cezionale, che i carichi che la muratura debba sopportare
siano veramente ridotti, si possono prevedere murature più
sottili: per esempio in mattoni ad una testa (spessore 12 cm).
-n.b.- Si possono realizzare anche murature portanti più spes-
se, ricorrendo a disposizioni a 3 o 4 teste (per i mattoni) etc. ;
a) simili massicci! strutture murarie sono però del tutto desuete.
--- ------------·· ----- -· ----,.-Si-realizzano· murature--portanti anche in -cemento armato--
1 (questo è detto con qualche approssimazione, perché si tratta
strutture verticali dotate di continuità con qu~lle orizzontali);
queste si chiamano setti in e.a. ed hanno, sempre nel nostro
caso, uno spessore ridotto (15-20 cm).
Tutte le murature sopradescritte hanno scarsissime capacità
di coibentazione termica, per cui quando i muri portanti sono
disposti con una faccia (o parte di essa) verso l'esterno della
casa essi devono diventare:
e) b-Muri portanti coibentati, cioè associati ad uno strato coi-
bente (che può essere anche un vuoto) e ad una muratura leg-
gera (in mattoni forati o altro), disposta sul lato interno alla
casa; così essi diventano una variante più robusta dei rriuri di
tamponamento (spessore totale 35-40 cm, se sono in mattoni,
blocchetti in e.a. o tufo; 25-30 cm, se sono setti in e.a .). E
anche possibile realizzare murature portanti coibentate ricor-
rendo a un accoppiamento di due muri portanti ad una testa,
separati da uno strato coibente (spessore totale, circa 30 cm).
e-Muri di tamponamento
Questi sono muri che chiudono la casa all ' esterno; non hanno
alcuna funzione portante, sono invece buoni coibenti termici.
Essi sono in genere composti da una muratura esterna solida
(mattoni ad 1 testa, tufo, pannelli in e.a.) e di ridotto spessore
(12-15 cm), da una camera d ' aria, o da un riempimento di
materiale coibente leggero di circa 5-10 cm, e da un muro in-
terno leggero di circa 8-10 cm; nell'insieme il loro spessore
varia fra 30 e 35 cm; lo strato interno e quello esterno di que-
ste murature si riuniscono (per esempio, ai lati delle finestre)
in soluzioni particolari, dette spalle (vedi disegno a pag. 7).
d-Tramezzi
Questi non hanno alcuna funzione portante e servono solo a
dividere gli ambienti, all'interno della casa; si realizzano in
mattoni forati, in pannelli di gesso e simili ed hanno uno
spessore ridotto (10 cm, con l ' intonaco); quando serve un
buon isolamento acustico essi vanno inspessiti (15 cm) e,

.., - ..:.· .r
~ ·~· ·-:;.
soprattutto, appesantiti (per ~sempio usando mattoni pieni).
-n.b.-Ricordarsi che ci si protegge dal caldo e dal freddo con
muri stratificati e dal rumore con muri pesanti.
componenti di uso comune per murature e tampona~ture'·~
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tipi di murature di uso comune; loro spessori e norme per


il disegno -n.b.- gli spessori indicati sono senza intonaco;
questo incrementa lo spessore del muro finito di almeno 2-3
cm per ogni faccia intonacata.
A. MUR./ POR.TANTI 5Ft:SSORE J>ISEC,NO IN PtANn4. . -

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D TRAHEZ.ZI

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Pilastri e setti
Questi sono elementi portanti isolati: si chiamano pilastri se
hanno una sezione orizzontale tendente alla centralità, setti se
hanno una sezione rettangolare, con un lato assai più lungo
dell'altro; la loro sezione varia in funzione della resistenza
del materiale, del carico che sorreggono e della loro altezza
libera.
Se sono realizzati in muratura hanno, anche nel nostro caso,
forti dimensioni: per esempio, il minimo pilastro praticamen-
~1
te realizzabile in mattoni UNI, per un'altezza libera di 3-4 ml,
ha la disposizione rappresentata nella figura a lato (è il pila-
' II
I o I stro -e-, di circa 38 x 38 cm) ed il minimo setto, sempre in
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I
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1
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mattoni, è di circa 25 x 50 cm.
Se sono realizzati in e.a., le loro dimensioni invece si riduco-
' . 2 no; mai però diventano inferiori a 25 x 25 cm (né minori di
un diametro di 30 cm, nel casi di pilastri tondi).
d) e)
Anche in questo caso l'elemento che più influenza la sezione
del pilastro è l'altezza libera: per esempio, un pilastro di 25 x
25 cm può essere sufficiente a resistere alle sollecitazioni in
una casa a tre piani, se ad ogni piano esso è solidale alle travi
orizzontali; se però dovesse sostenere la sola copertura della
casa, attraversandone lo spazio senza contatti con altre strut-
ture, cioè con un'altezza libera di 10 ml, esso dovrebbe di-
ventare assai più robusto (per esempio, 45 x 45 cm).
;

11
n.b.- Questo fenomeno di instabilità alla compressione (ca-
rico di punta) riguarda, seppure in modo diverso, tutte le
trutture compresse: esso dipende dal materiale, dalla geo-
fnetria della sezione della struttura compressa, dalla sua
'Snellezza, dal modo con cui è vincolata alle estremità, dai ca-
fichi; fare sempre attenzione alle strutture, e ai pilastri, trop-
po sottili.
Si possono realizzare pilastri anche in metallo, seppure non
siano particolarmente in uso nell'edilizia residenziale unifa-
miliare corrente; questo l1a un senso solo se tutte le strutture
orizzontali ( travi, solai, ~aperture), o almeno parte di esse,
siano anche esse metallic~e.
Comunque, per le stesse ~onsiderazioni di cui sopra, i pilastri
metallici non saranno mai più sottili di 15 cm di diametro, se
sono tubolari, o di 15 x 15 cm, se scatolari o HPE .
.
0-b;bol•n' D scaTolan' [JI HPE

8
Strutture orizzontali
In una casa unifamiliare moderna si utilizzano prevalente-
mente strutture orizzontali (travi, cordoli e solai) in cemento
armato.
Qualche volta si usano solai in ferro, specialmente se si vo-
gliono coprire luci grandi con strutture leggere (magari costi-
tuite da travi reticolari metalliche); anche altre strutture rela-
tivamente complesse (metalliche o in legno) come capriate e
simili, archi in legno lamellare, etc., sono abbastanza in uso
per realizzare coperture particolari.
-n.b.- Per queste strutture, che qui non sono trattate, fare
riferimento ai testi indicati in bibliografia.
Se tutte le strutture orizzontali ragionevolmente probabili,
nel nostro caso, sono in cemento affi!ato, questo vale a mag-
gior ragione per le travi e i cordoli. E infatti possibile che la
struttura metallica di un solaio o di una copertura sia appog-
giata su travi o cordoli di e.a.; è impossibile, o quasi, il con-
trario.
Non sono qui trattati nemmeno archi e volte, che sono il
modo tradizionale, e quasi del tutto desueto, di realizzare
strutture orizzontali associate a strutture murarie; sono però
comuni le aperture ad arco in setti murari (vedi a lato) ed al-
cuni tipi di volte, purché di limitata luce e curvatura, che
possano essere considerate come configurazioni particolari
di normali solai o solette in e.a.
Travi
La trave è l'elemento primario delle strutture orizzontali cor-
renti; si ricorda che la sua resistenza dipende da numerosi
fattori: dal carico e dalla sua distribuzione, dalla luce, dai
vincoli, dal materiale costituente la trave, dal suo momento
d' inerzia. L'ultimo di questi fattori è connesso alle caratteri-
stiche geometriche della sezione della trave e impone, in
linea generale, di adottare sezioni in cui l'altezza sia mag-
giore della larghezza; vedi schema a lato.
Naturalmente esistono nwnerosi tipi di travi (sagomate, reti-
colari, complesse, etc.) che però difficilmente si usano nella
minima edilizia residenziale; quindi, qui ci si riferisce esclu-
sivamente a travi ordinarie e rettilinee.
Queste semplici travi in e.a. (come quelle in legno, che però
si usano assai raramente) hanno sezione rettangolare.
Le travi in ferro, di minore uso per la loro più difficile con-
nessione con le strutture portanti murarie, hanno normalmen-
te sezioni scatolari o IPE o HPE, vedi a lato.
Travi in e.a. ordinarie
Queste travi normalmente sono dimensionate con una lar-
ghezza pari (o leggermente inferiore) a quella dei pilastri a
cui sono vincolate o dei setti murari su cui poggiano: sono
quindi larghe, in genere, 20 o 30 cm mentre la loro altezza
dipende dal carico, dalla luce, etc.
Ci si può orientare per dimensionare l'altezza di una trave
(che sostenga solai ordinari di luci medie e senza carichi par-
ticolari), con tutte le cautele del caso, calcolando che essa
sia all'incirca 1/10 o 1/12 della sua luce.
Si possono anche usare travi a spessore, cioè travi completa-
mente annegate nell'altezza del solaio, ma esse (seppure di ,cT'?AVI: NORMALE;:
uso corrente e, talvolta, obbligato) sono, per quanto detto
sopra, svantaggiose: richiedono una molto maggiore quantità çTRAVé A 5P6SSOli!é
di ferro e di cemento ed hanno una sezione molto larga (con
una superficie maggiore).

9
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• ~·· - ...~ .. ~'l' - .. _ •• ~.--.....- . .... ......--- _.

Architravi e piattabande
Per architrave si intende una trave posta sopra un apertura
(porta, finestra) in un setto murario; non c'è quindi alcuna
differenza con quanto detto a proposito delle travi ordinarie;
in questo caso è, però, abbastanza frequente l 'uso di architra-
vi metalliche, specialmente in aperture isolate o ricavate da
murature esistenti.
Un particolare disposizione dei mattoni (o dei conci di pie-
tra), quale quella raffigurata qui sotto, si chiama piattabanda e
fornisce, per piccole luci (massimo 1,50 ml), la stessa presta-
zione di una architrave, costituendo uno schema statico in
qualche modo assimilabile a quello dell'arco; il suo uso è
molto limitato ed ha senso solo se essa è realizzata in muratu-
re a facciavista. Piccole piattabande semplificate, composte
di mattoni verticali paralleli, armate da sottili tondini metalli-
ci, sono comuni per sostenere le velette (cioè le piccole por-
zioni di muro che coprono il rullo delle serrande avvolgibili,
nelle finestre ricavate in murature di tamponamento); questa
disposizione è possibile solo per il limitatissimo peso che
deve essere sostenuto.

"',-d,ilra.ve. · Tra ve...tfo 1"1


IVI a. tlo vi,· ~ rM -a. Ti

Cordoli
Elementi di regola in cemento armato, analoghi a travi, salvo
che per la disposizione dei ferri (e quindi per la funzione sta-
tica), i cordoli sono strutture orizzontali dì irrigidimento e di
collegamento. Sono disposti perimetralmente ai solai, lungo
le direttrici di appoggio sulle murature portanti (-a-), oppure
sono inseriti orizzontalmente (-b-) nelle stesse murature (a
quote intermedie fra i solai), per irrigidirle e ripartire omoge-
neamente i carichi. I cordoli sono strutture dormienti, cioè ap-
poggiate sempre su murature; ne mantengono ovviamente lo
spessore ed hanno una limitata altezza (10-20 cm).

4 •,·

10 .
. ·.
Solai
Va ricordato che in una casa unifamiliare moderna si usano
quasi esclusivamente solai in e.a. tradizionali (vedi pagg. 11
e 14): questo vale sia per i solai intermedi (-A-, nel disegno
sotto), sia per il solaio al piano terra (-B-; qui un normale so-
laio sollevato dal suolo, che sotto la casa viene alquanto sca-
vato, sostituisce gli antiquati ed inaffidabili vespai), sia per le
coperture piane (-C-, che sono costituite da un solaio ricoper-
to da strati coibenti, di impermeabilizzazione, etc.), sia per la
copertura (-D-, dove ancora un normale solaio viene disposto
con la giacitura inclinata, associato eventualmente ad una
breve soletta che realizza lo sporto del tetto).

l 1

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0>>>wm»2»»»2w222m.mI
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Uwwvmwn=~B
Una soluzione alternativa comune per i tetti, che però non
cambia sostanzialmente le cose, è quella di prevederli come
strutture leggere inclinate (ancora sottili solai in e.a, o metal-
lici) appoggiate su solai piani tradizionali (-A-).

È bene che ci si abitui a considerare che, nel progetto, ai vari


solai vanno attribuiti spessori complessivi al finito (solaio +
strati di allettamento dei pavimenti+ coibentazioni etc.) assai
dissimili; specialmente bisogna ricordare che i solai di co-
pçrtura, una volta finiti, risultano assai più spessi degli altri
(anche di 15-20 cm), non tanto per motivi strutturali, quanto
per la presenza degli strati di coibentazione.
Come già accennato a pag. 9, i solai in ferro sono, seppure
raramente, ammissibili (nei casi -A- e soprattutto in copertu-
ra, quando siano sostenuti da soluzioni particolari come ca- /
/
priate etc.). I solai in legno, invece, sono del tutto fuori.
dell'uso corrente, salvo forse il caso in cui si adottino struttu-
re di copertura (archi o capriate) di legno (spesso lamellare)
che impongano tessiture di solaio di materiale omogeneo.
·l ·""'--.....---.......--.~~ "'- - ~ . . .. .. .. .. . -. -- -- - . -
11
Solai in cemento armato tradizionali (vedi pag. 14)
Questi sono strutture miste, composte di travetti in e.a., getta-
ti in opera o prefabbricati, con interposti elementi leggeri di
laterizio.
A dispetto della loro apparenza di lastre omogenee, essi sono
invece strutture totalmente disomogenee, pensabili sempre
come associazioni di più travi (tra vetti) parallele, accostate
l'una all'altra.
Questo impone di fare molta attenzione alla loro disposizio-

:1:
ne: se, per esempio, vogliamo realizzare un solaio rettangola-
re ABCD e disponiamo i travetti secondo la direzione AB (di-
segno 1) dobbiamo osservare che i lati AD e BC saranno
quelli su cui si appoggia il solaio; per cui, al di sotto, dovre-
o e mo prevedere una struttura muraria continua o una trave ,
-1. 2
mentre quello che c' è al di sotto dei lati AB e CD (muri di
tamponamento, vuoti, infissi, etc.) sarà del tutto indifferente
alla statica del solaio; tutto questo ovviamente si inverte, se
(disegno 2) cambiamo la direzione della tessitura.
Quale delle disposizioni è la migliore? Se la distanza AD è
molto grande (più di 6-7 ml), probabilmente è meglio il caso
del disegno 1; soprattutto perché oltre quelle dimensioni non
si possono più usare solai in e.a. normali e bisogna ricorrere a
strutture più complesse ed onerose.
Altrimenti vanno fatte altre considerazioni, che riguardano
l ' intera strutturti dell ' edificio ed anche la sua immagine archi-
tettonica.
Se, specificando l' esempio, poniamo che il solaio sia poggia-
to solo sui quattro pilastri posti in ABCD, avremo: nel caso 1,
un solaio sottile (perché di luce breve) e le travi AD e BC
alte, robuste e più costose (perché di luce lunga); nel caso 2,
un solaio più spesso e le travi AB e CD più snelle. Non ci
sono quindi argomenti decisivi a favore di una soluzione,
salvo forse che in genere si tende a scegliere per travi ridotte;
quello che conta veramente è l' architettura dello spazio co-
perto, che viene assai fortemente determinata dalla direzione
e dall 'ingombro visivo delle travi.

/1

A~a Le scelte sulla disposizione si complicano anche nel caso dei


buchi da realizzare nei solai, per i vani scale, etc.
X E' ovvio che la bucatura X, qui accanto illustrata, è assai fa-
cilmente realizzabile: essa risulta dall'eliminazione, senza
altre conseguenze, di alcuni travetti; mentre la bucatura Y è
l> e irrealizzabile, a meno di non sostenere tutti i travetti monchi
con due ulteriori strutture (muri, o travi) disposte ai suoi lati.

12
Se poi non si vuole ingombrare tutto lo spazio sottostante
con strutture, ,non resta che realizzare altre travi aggiuntive:
per esempio, le travi AB e DC, che portano ancora due
nuove travi, parallele alle AD e BC (vedi il disegno 3); oppu-
re le travi XY e ZW, a cui appoggiare dei travetti ruotati
(vedi il disegno 4).
La complicazione architettonica e tecnica di queste soluzioni
diventa evidente: nascono strutture miste, con travi principali
e secondarie, dove le prime sono tormentate anche da carichi
ripartiti irregolarmente sulla loro lunghezza.

~
;;._, ,,,..
.:~: :.... .
-.é::=-

3 4

Solai in e.a. prefabbricati (vedi pag 14)


Per luci più forti di 7-8 ml (e quindi assai raramente nel no-
stro caso) si possono usare solai ottenuti dall'assemblaggio
di elementi prefabbricati (anche precompressi) di varia
conformazione: a pannelli o a capponi ad U o a T.
Ne risultano, in quest'ultimo caso (solai formati da copponi),
strutture orizzontali dalle tipiche sezioni nervate; l' altezza e
l'interasse di queste nervature, data la varietà degli elementi
componenti che si possonu adottare, è molto variabile.
Analoghi solai nervati possono essere ottenuti anche gettan-
do in opera il cemento su casseforme variamente sagomate.
Altri solai (vedi pag.15)
Rimandando allo studio della scienza delle costruzioni per
ogni approfondimento, si sottolinea che quanto detto a pro-
posito della tessitura dei solai in e.a. vale, nelle linee genera-
li, anche per molti altri tipi di solaio, quali quelli in ferro
(con laterizi o con lamiere grecate, etc.) e quelli in legno, che
sono, bisogna notarlo, strutture ancora più frazionate e diso-
mogenee di quanto non siano i solai in e.a.
Solette
Queste sono, a differenza di tutti gli altri tipi di solaio, lastre
quasi omogenee di e.a., gettate su cassaforme piane, con una
distribuzione interna dei ferri tale da garantirne la resistenza
anche in condizioni particolari ed irregolari di carico e di
vincoli.
Si usano normalmente solo in alcuni punti speciali quali:
scale, balconi, etc. che, per motivi vari (irregolarità geome-
trica, sbalzi, etc.) non possano essere risolti altrimenti.
Sono, per piccole luci, strutture sottili (12-20 cm), molto pe-
/
santi e molto elastiche; quindi sono ottime (il che è negativo)
trasmettitrici di suono e di calore, difetto che è presente
anche nei normali solai in c. a. e laterizi, ma in misura assai
meno evidente.

13
,- •:
TIPI DI SOLAIO IN C,A.
~ · SOL.410 C,~fTA/o IN OPéRA

il ce.n.e..n'fo v1ènc.. fjefta.To fTa /e <kfc.. di'


faTe..rùi' ~ c.ol1>1a. 9/1 · sp;n:.," Ro e.ne / UJSÌ'
s,· furma110 Th ...n· Tra>'c.Hi. p;;.raflc.lt" _

2- SOLAIO C.ON ·,-RAVEm PRE;FABt3RI CATI

3 _ SoLA/0 CON TRAVéTT7 AE:TICOLAR./

/vce- ma.x 7-g ml. (-h."p1 " 1-2-""3-)


h. . varia ho' le da 16 t!l 24 0r1 . (+1.:p,· 1-2. - 3)

ese,..,pio dc " dis~1o10 ti. sezio11~


d~· solai lraclt'z./011a/1 " (1-2-3-e.Tc) .
a- sez.io111e.. &ttrafe.r.so ì Trade...Y, "
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~OLA/O PREFABBRICATo IN C.A.

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TI PI DI SOLAIO
1- SOLAI O CON "TAV ELJ....ONI ''
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2-50LAIO CoN LAH/t=f<A. '1RECATA

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SCHEMA DI CAPRIATA IN ~4NO e


TIPI DI COPER.TVR..~ IN LATERIZIO_

CC>f'U.T\JU CON CAMAU A OUI STllATI

COl"U.T\J~A COH TICot.I PlANl (Tlf'O HARSICLIU[)

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· t•gout .ai rr.a ... •H i

15
Coronamenti, basamenti
I nodi di connessione fra strutture orizzontali e verticali di-
pendono dai materiali e dalle tecnologie scelte: nel caso della
connessione fra solai in e.a. e murature (portanti o tampona-
menti), essi si risolvono, in linea di principio (vedi pag. 10),
con una trave o con un cordolo, che collega i travetti del so-
laio e si appoggia sulle murature (o le sostiene).
Nel dettaglio, però, tali nodi spesso si complicano. Nell'edili-
zia comune i nodi più complessi (e pure più carichi di signifi-
cato architettonico) sono:
-quelli di coronamento : qui vanno risolti insieme i problemi
di coibentazione, di impermeabilizzazione, di raccolta e cana-
lizzazione delle acque piovane e i problemi attinenti alla pro-
tezione della facciata;
-quelli di basamento : qui bisogna risolvere i problemi di iso-
lamento degli ambienti della casa e l'impermeabilizzazione
delle sue strutture dall'umidità del terreno.
Coronamenti
Descritti sommariamente, i criteri progettuali più seguiti per
essi sono:
-quando non possa crearsi, con controsoffitti (fig. 2, pag. 17)
o doppi solai (pag. 11 ), un ambiente di sottotetto che aumenti
la coibenza, bisogna sovrapporre al solaio di copertura (piano
o inclinato) un hotevole strato di materiali coibenti (almeno
10-15 cm);
-se il solaio è piano, va dotato di opportune pendenze per il
deflusso dell'acqua, realizzate con gli strati coibenti o altro, e
di opportune finiture murarie per contenerle (muri d' attico,
etc.);
-sopra ancora, vanno disposte le impermeabilizzazioni, che
sono, in genere, composte di due elementi: una guaina sigilla-
ta ed un materiale di copertura (tegole, mattonelle, etc.), che
svolge soprattutto la funzione di proteggere la guaina dal sole
e dal gelo;
-con opportuni elementi di lamiera o di materiale plastico
(converse, scossaline), vanno poi raccordate le impermeabi-
lizzazioni ai muri in elevazione, oppure connesse alle gronde,
o connesse fra loro su pendenze convergenti;
-tutti i punti critici o di sommità vanno infine coperti con ele-
menti speciali in pietra o in metallo (copertine), dotati di pen-
denza e di gocciolatoi.
A titolo esemplificativo sono qui riportate (pagina a fronte)
tre soluzioni tipiche:
1-un tetto con gronda esterna e discendenti pluviali esterni;
2-un tetto con gronda a filo, discendenti interni al muro e
controsoffitto;
3-una terrazza con gronda e discendenti interni.
Si fa notare che queste soluzioni si differenziano molto, so-
prattutto, per il valore architettonico assai diverso che fanno
assumere al volume edilizio: nel caso 1, lo sporto del tetto ne
sottolinea l'autonomia spaziale (un oggetto sovrapposto alla
casa); nel caso 2, prevale la compattezza volumetrica
dell'edificio; nel caso 3, prevale la percezione della vertica-
lità delle strutture murarie, che appaiono quasi come se fos-
sero sezionate, in alto, da un piano orizzontale
Basamenti
Premesso che oggi normali solai in e.a. sostituiscono sempre i
vecchi vespai appoggiati al suolo, il criterio base che guida la
progettazione di un basamento è quello di far circolare l'aria

16 "
al di sotto dell'edificio e attorno al suo perimetro.
Per ottenere questo risultato si realizzano, attorno all ' edificio
e sotto il livello del suolo, delle intercapedini ventilate e do-
tate in basso di una canaletta di raccolta delle acque. Poi,
uno strato di impermeabilizzazione taglia i muri di fondazio-
ne, impedendo che l' umidità del terreno e l'acqua piovana,
raccolta attorno alla casa, risalgano per capillarità nelle mu-
rature in elevazione e raggiungano il primo solaio.
Un esempio di tale disposizione è riportato qui sotto; l'ulti-
mo disegno in basso è un esempio di disegno in sezione
(scala 1:50) di alcuni dei nodi presi in esame.

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SCHEMA- l>f /)ISEt::;NO IN 'SCAl.A --1: f;o

17
Scale
Qui ci si riferisce solo alle scale interne di una casa unifami-
liare, che devono essere piccole, leggere ed economiche: per
questo è assai comune che esse siano realizzate non solo in
e.a., ma anche in metallo, legno o con strutture miste in legno
e metallo.
Avvertenze:
-vanno evitate strutture e disposizioni delle scale troppo com-
plesse e irregolari; è bene attenersi, invece, alle tipologie più
correnti, qui accanto esemplificate; vanno anche evitate le
scale a chiocciola, perché quelle normalmente in uso (diam.
90-120 cm) sono troppo scomode per servire ambienti abitati
e possono avere solo usi secondari (raggiungere soffitte, etc.);
-scale elicoidali di maggiore diametro (vedi, a lato, il tipo -e-,
diam. est. almeno 210 cm) sono invece ammissibili, anche se
in genere implicano strutture portanti assai complesse;
-la larghezza di una scala interna ad un alloggio non può es-
sere minore di 80 cm, né maggiore di 120 cm (normalmente è
90 cm);
-il rapporto che deve legare le misure delle alzate dei gradini
con quello delle pedate è: 2 alzate + 1 pedata = 63-64 cm; per
cui, per altezze di alzata fra 17 e 20 cm, si hanno pedate fra
30 e 24 cm; 1 .
-le scale interne possono essere ripide (alzate da 18-20 cm);
-i pianerottoli devono essere profondi almeno quanto la lar-
ghezza della scala.
Cenni sulla struttura
A parte l'ovvia possibilità di concepire una scala con i gradini
(fatti di qualsiasi materiale adatto) appoggiati ciascuno a due
muri paralleli (soluzione -a- nel disegno qui sotto), si può
anche semplicemente pensarla con i gradini a sbalzo da una
parete, non importa se quella laterale del vano scala (soluzio-
ne-b-) o quella posta a separare le rampe (soluzione-e-).

ai.

,, Nelle strutture in e.a. le scale sono pensate spesso in due


,, modi alternativi, che implicano anche una diversa disposizio-
,,
,, ne della struttura portante dell'intero edificio:
-il primo modo (-d-, qui accanto) prevede la realizzazione di
,/
una rampa (comprese le relative porzioni di pianerottolo)
come una struttura monolitica, cioè come una robusta soletta. ,
piegata (a ginocchio) appoggiata agli estremi; questa soletta
può essere gettata in opera su cassaforme sagomate o anche,
in grandi complessi edilizi, prefabbricata. Si noti che questa
disposizione implica la realizzazione di una robusta trave
orizzontale, lungo il pianerottolo, non complanare alle altre
che reggono i solai.
-nel secondo modo (-e-, vedi pagina a fronte) vanno invece

18
'•.l.._, · ,, .
-r .- e..

realizzate due travi piegate a ginocchio che portano a sbalzo


i singoli gradini; ne risulta una struttura complessa, con le
travi a ginocchio che lavorano irregolarmente ed a torsione,
ma ne risulta anche una scala più sottile (nella parte visibile,
cioè nella rampa, mentre le travi a ginocchio restano nasco-
ste, assorbite nello spessore dei muri perimetrali).
Per quanto riguarda le scale in struttura metallica o in legno
lo schema che più comunemente si adotta è quello di appog-
giare i gradini all'interno (-f-) o sopra (-g-) due travi piegate
parallele, dette cosciali ; si tratta comunque di strutture di
grande leggerezza che, nel caso che i cosciali siano in metal-
lo, permettono anche una certa libertà nella configurazione
spaziale della scala (vedi, ad esempio, la scala elicoidale illu-
strata in basso, che può essere realizzata solo con cosciali eli-
coidali in metallo).
Modo di disegnare le scale
In pianta vanno osservate due convenzioni grafiche:
a- un segno tratteggiato inclinato sostituisce, per semplicità,
l'esatto profilo che avrebbe la sezione della scala, tagliata.dal
piano orizzontale della pianta; si noti infatti che l'esatta se-
zione orizzontale di un gradino varia moltissimo con la quota
e questo darebbe adito ad ambiguità grafiche;
b- una freccia continua indica sempre e solo il verso di salita
della scala. Ne risulta che le scale vanno sempre disegnate --~J

come nell'esempio in basso (i numeri progressivi delle peda- ''


''
te possono anche essere omessi).
Le scale a chiocciola, quelle a elica ed anche le parti elicoi-
dali di scale mistilinee (vedi tipo -e-, pag.18), vanno disegna-
te conoscendone lesatta natura geometrica. Va compreso che
tutte le curve ascendenti che compongono tali scale (se sono
a pianta circolare) sono eliche cilindriche, curve tridimensio-
nali che proiettate sul piano (cioè facendo sezioni e prospetti)
diventano sinuso~di, cioè curve piane in cui x = sen y, dal ca-
ratteristico andamento emisimmetrico e con i flessi la cui
tangente ha inclinazione costante sull'asse y; provare per
credere. ~

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19
Infissi
Per uno studio dei numerosissimi problemi di dettaglio al ri-
guardo si rimanda alla manualistica e specialmente al Ma-
nuale dell'architetto, dove quasi tutti i tipi di infissi sono trat-
tati in modo esauriente, con qualche omissione riguardo alle
produzioni più recenti. In ogni caso le tecnologie degli infissi
in legno, che sono un importante capitolo dell ' argomento e
sono ancora attuali, risalgono, praticamente inalterate, alme-
no al Settecento. Quanto segue è quindi solo un elenco delle
nozioni indispensabili.
Porte
Le porte hanno due telai ben distinti per funzione e il cui
montaggio è separato nel tempo. Il primo, detto controtelaio,
è un manufatto molto grezzo in legno, che viene montato
mentre si costruiscono le murature (o subito dopo) e serve a
rifinire il vano murario e a predisporlo alla messa in opera
dell'infisso. Il secondo, il telaio fisso, viene prodotto e mon-
tato (assieme alla porta) sul controtelaio, solo quando sono
stati eseguiti i pavimenti, gli intonaci e le pitture.
Naturalmente fra le misure interne del controtelaio e quelle
esterne del telaio dovranno essere lasciati alcuni centimetri,
per poter essere sicuri che il telaio entri nel controtelaio e per
poter anche correggere eventuali piccole imperfezioni di
posa; lo spazio ha i due telai (che risulta irregolare) viene co-
perto da fasce di legno, dette mostre.
-:\ PoRTA SU TRAH~ZZ.O ~ PORTA SU MUR.O SPESSO
I I

Da questo consegue che fra la luce interna del vano nella mu-
ratura e la luce effettiva della porta c'è sempre un'inevitabile
differenza di circa 8/1 O cm per parte; per esempio ad un vano
di un metro corrisponde una porta di circa 80 cm di luce
netta.
Le dimensioni usuali delle porte interne (per abitazioni) sono:
- ad una anta, 60 - 90 cm di luce netta;
- a due ante, 90 - 120 cm di luce netta.
La loro altezza oscilla fra 210 e 240 cm.
Nel disegno in pianta delle porte, qui accanto esemplificato,
le misure segnate sull'asse indicano luce ed altezza nette.
Finestre e porte esterne
l\l(l Gli infissi esterni, quelli tradizionali in legno e molti tipi di
===::::J-:.--i-:_~=~ quelli metallici, sono posati su un vano murario conformato
in modo particolare: ai lati, le spalle della muratura (rette o a
sguincio) terminano con battenti murari detti mazzette.

- - tOr==
-- -
---
Queste hanno in genere uno spessore di 12 cm ed un aggetto
di 8 o 10 cm; le mazzette permettono l'appoggio del telaio
fisso o del controtelaio (non tutte le finestre hanno però con-

:=iCl~
trotelaio e telaio fisso) ed il riparo, dagli agenti atmosferici
esterni, delle connessioni del telaio con il muro. Le connes-
sioni interne sono nascoste da un coprifilo.
Si noti che, per la particolare struttura del telaio di alcuni tipi

. 20
' . .

di finestre (quelle tradizionali con oscuramento a persiana,


quelle metalliche con telaio complesso, etc.), 1e mazzette
vengono omesse.

ES-rf'E-lèNO

Va comunque tenuto presente che, anche per le finestre, biso-


gna considerare due misure: la luce netta (che è quasi uguale
a quella interna fra le mazzette), e la luce del vano murario
all'interno, che è assai più grande (+ 20-35 cm).
La conformazione della muratura in alto è resa anche più
complessa dalla presenza (quando l'oscuramento sia con av-
volgibili) di una architrave piatta, detta veletta, che protegge
il cassonetto dell'avvolgibile (lo spessore della veletta è tipi-
camente 12 cm, come le mazzette; la sua altezza è pari a
quella del cassonetto, cioè 30-40 cm). A lato sono illustrate
due tipiche sezioni: in alto quella di un infisso in lamiera,
tipo Secco, con veletta in lamiera; in basso quella di un in-
fisso in legno con veletta in muratura.
L'ultimo punto importante su cui soffermare l' attenzione è la
conformazione della soglia battentata, su cui chiude, in
basso, l ' infisso. Questa sporge sempre dal filo esterno del
muro e, se è a pavimento (caso delle porte-finestre), è solle-
vata rispetto al calpestio esterno; se è a davanzale, copre il
parapetto, la cui sezione è spesso più sottile dei muri ai lati.
Ne risulta una nicchia in cui normalmente trovano posto i
termosifoni.
Gli infissi hanno profili complessi, pieni di aggetti e battenti;
per comprenderne il senso bisogna capire che per opporsi
all'infiltrazione dell'acqua tutti gli infissi ricorrono soprat-
tutto ad un principio generale (che guida anche tutta la pro-
gettazione delle parti murarie esterne della finestra): ogni
parte è inclinata, per impedire il ristagno dell'acqua, è mu-
nita di gocciolatoio, per facilitarne il distacco, e aggetta su
quella inferiore per proteggerla.
Non esistono misure standard per le finestre, solo l'applica-
zione di criteri di risparmio energetico richiede di dimensio-
narle con parsimonia: cioè con una superficie di circa 1/8
della superficie della stanza corrispondente.
Esempi di disegno sono riportati qui sotto.
.. - -- ..
- I ~ I

1 ~~fA~~ UJN
J_---+
2 ~~E!W«.. ~ Z'~c::~s:~ Ca.I
/
Dati dimensionali degli ambienti
Vengono qui allegati alcuni dati di dimensionamento, relativi
ai vari ambienti della casa; tutte le altre informazioni vanno
reperite nella manualistica indicata in bibliografia, tenendo
però presente che talvolta i dati in essa contenuti vanno ag-
giornati, dato che la manualistica (specialmente quella ita-
liana) è ormai vecchia di trent'anni; si prega quindi di inter-
pretare ogni dato con criterio.
Alcune avvertenze:
Per le camere da letto·(pagg. 22, 23), ricordare che:
,,. ____ -.. , - la normativa italiana in vigore (decreto del Ministero della
Sanità) prescrive una superficie minima di 14 mq per le ca-
-------- .''
I

I
I
mere a 2 letti e di 9 mq per quelle singole. Tuttavia c'è una
NO tendenza generalizzata a ridurre questi minimi (molti degli
esempi di pag. 23 gli sono, proprio per questo, inferiori); in
' ~

ogni caso, non bisogna scendere mai sotto i 9 mq, né superare


D i 20 mq (2 letti) o i 15 mq (1 letto);
- le regole per la disposizione dei letti sono solo queste: evita-
o re, nei limiti del possibile, di accostarli a pareti perimetrali ed
evitare assolutamente di accostarli a finestre (questo per moti-

81
------ - - . ·------ - ------ -o_ -- -.- . -t -
$/ vi termici e sanitari); si evita pure di disporli con i piedi verso
la porta, ma questo è solo per ragioni scaramantiche.
Quello che, perq, ha una grandissima influenza nell'agibilità
. __ ____della camer.a_è_la_disposizione __ delle par.te..e_delle. finestre;
l'esempio a lato presenta due camere di uguali dimensioni;
quella in alto però ha una disposizione sbagliata (come si nota
dalla tortuosità dei percorsi interni): la porta non permette di
avere un armadio a tutta parete e lo trasforma in un ostacolo
fisico e visivo; la finestra è troppo vicina al letto ed è poco
raggiungibile; la camera in basso è, invece, corretta.
Per quanto riguarda gli ambienti di soggiorno e pranzo (pag.
24 ), bisogna notare soltanto che anche per questi ambienti
vale una regola fondamentale: semplificare i percorsi princi-
pali. Nello schema a lato si nota come un percorso tortuoso
NO tenda a rendere inutilizzabile lo spazio di un soggiorno o di
un pranzo, rendendo difficile e scomoda la collocazione dei
mobili relativi.
Per quanto riguarda le cucine (pag. 25) ricordaPe soltanto che
oggi si tende ad avere mobili modulari e componibili, talvolta
riuniti in un unico monoblocco. Le dimensioni in piaqta di
/
questi moduli variano: la loro profondità, però, si aggira at-
torno ai 60 cm.
ZONA
Per quanto riguarda disimpegni e corridoi ricordare che
I
un LE S/ - 90 cm è la minima larghezza di un corridoio (fig. a);
\
- quando lungo il corridoio ci sono armadi, bisogna ampliarne
la larghezza, per permettere l'apertura degli sportelli (fig. b);
- 120 cm è la larghezza per il passaggio di 2 persone (fig.c);
- 140 cm è la larghezza minima quando si voglia una maggio-
re agibilità, per esempio in un ingresso (fig. d).
b e

22
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26
Bagni, incolonnamento ed accoppiamento
Per risparmiare complicazioni impiantistiche e costi, convie-
ne predisporre, in una casa unifamiliare, un 'unica colonna di
scarico; questa è, di tutte le tubazioni idrauliche, la più gran-
de (diam. 8-12 cm) e l'unica che deve essere rigorosamente
verticale. ===::è ,..--- tffOVll'I a
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Questo significa che conviene accoppiare i bagni (se essi
sono sullo stesso piano) o incolonnarli (se sono su piani di-
versi). Bisogna tener presente, nel far questo, che l'unico ele-
mento igienico che deve essere sempre vicinissimo (40-80
cm) alla colonna di scarico è il w.c.; ne risulta, per esempio,
che sono accoppiati (o incolonnati) anche bagni disposti
come nei disegni a lato, anche se è ovviamente meglio ac-
coppiarli con tutti gli apparecchi attorno ad un muro comune
o incolonnarli esattamente l'uno sull'altro.
Alcuni bagni prefabbricati moderni portano all'estremo que-
sta disposizione, concentrando tutte le tubature dentro
un ' unica parete attrezzata (che è normalmente un vano largo
25-35 cm), vedi qui sotto. Sarebbe anche opportuno che la )
parte idraulica della cucina fosse prossima a quella dei bagni,
o addirittura che la cucina venisse accoppiata ad un bagno
(nel caso sulla stessa parete attrezzata).

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Bagni con aerazione artificiale


In edifici di grande spes~ore risulta utile collocare i bagni
all ' interno del corpo di fabbrica (anche se spesso nelle case
unifamiliari, si può aerarli ed illuminarli con finestre zenita-
li). Per dotare bagni e cucine di aerazione artificiale, bisogna
che essi siano posti accanto ad un cavedio abbastanza largo
da contenere grandi canne di aerazione forzata.
Largo 25-35 cm (come una parete attrezzata, con cui può
identificarsi), il cavedio va concepito come una canna mura-
ria verticale che attraversa tutta la casa, dal primo solaio al
tetto (da cui emerge con gli aeratori).

27
Norme per il disegno

-
....
Oltre a quanto già specificato (vedi, murature portanti, solai,
scale, infissi etc.) e a quanto si ricava dagli esempi allegati (a
pag. 29, uno studio di dettaglio per un balcone d'angolo di
casa De Bonis, a Terni, di M. Ridolfi; alle pagg. 30-31,pian-
ta-tipo, prospetto e dettagli delle strutture verticali di casa
Franconi, a Terni, di M. Ridolfi e W Frankl ), si ricorda che:
1.
-le piante sono sezioni orizzontali fatte (per convenzione) a
circa 1,50 ml sopra il calpestio (infatti le finestre si sezionano
all'altezza dell'infisso, non del parapetto, etc.);
-nelle piante e nelle sezioni, si disegna sempre con linee più
spesse ciò che viene effettivamente sezionato, con linee più
sottili ciò che si vede oltre il piano di sezione, con linee trat-
teggiate tutto quello che c' è di essenziale al di qua del piano
di sezione (come per esempio, in pianta, le travi sovrastanti,
etc.; vedi pag. 30);
2.
-non c'è alcuna regola generale per il disegno in pianta e se-
zione delle murature, se non che:
-le murature ordinarie vanno disegnate nel loro esatto spesso-
re e configurazione (per esempio, va disegnata la camera
d'aria delle tamponature) ma non si tiene conto né della di-
sposizione dei componenti (non si disegnano i singoli matto-
ni, etc.), né delle differenze di materiale che ci sono fra i vari
muri (portanti, tamponature, tramezzi); le murature vanno
quindi disegnate o a semplice contorno o campite con qualun-
que grafia;
-vanno viceversa ben distinte dalle murature le strutture in
e.a. (pilastri, setti, travi); queste dovrebbero spiccare con
maggiore evidenza rispetto alla grafia delle murature (per
esempio, nero su tratteggio, etc.; a pag. 30, invece, sono più
chiare, ma questo è un ridolfismo da non copiare);
-gli intonaci si rappresentano (non sempre; e solo in scala
1:50) con una sottile linea parallela al contorno dei muri;
3.
-le sezioni dei solai dovrebbero (anche se non è obbligatorio,
e solo in scala 1 :50) riportare l'indicazione della tessitura dei
travetti; è comunque essenziale che la parte strutturale sia
. sempre distinta dagli strati di coibentazione e pavimentazio-
ne;
4.
-non si disegnano quasi mai (e non vanno disegnati nell'eser-
citazione) gli arredi e le tessiture della pavimentazione, a
meno che non rivestano un importante significato architetto-
nico; si disegnano invece gli elementi igienici, quelli della cu-
cina, gli arredi fissi (armadi a muro, etc.) e, ma solo quando
serva a dimostrare l'effettiva agibilità di un ambiente, gli in-
gombri dei letti e dei mobili principali;
5.
-la descrizione in prospetto delle murature a facciavista e
delle grane dei materiali va fatta con criterio: per esempio, è
assurdo disegnare in scala 1:100 una muratura, mattone per
mattone; sarà nieglio segnare le sole linee dei ricorsi orizzon-
tali, anche più distanziati che il reale; anche in scala 1:50 con-
viene evitare eccessi di inutile virtuosismo. ·

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Bibliografia
AA.VV. (tra cui Mario Ridolfi), Manuale dell'architetto, Cnr,
Usis, Roma 1946; (edizione aggiornata, CNR, Roma, 1955).
E. Neufert, Enciclopedia pratica per progettare e costruire,
Hoepli, Milano 1981 (1• edizione 1949).
Ch. G. Ramsey, Harold R. Sleeper, Architectural Graphic
Standards, AIA, New York 1980 (8• edizione).
AA.VV., Sistema tipologico per l'edilizia ad indirizzo sociale,
Ispredil, Roma 1980.
P. Carbonara (a cura di), L'architettura pratica, vol 5, tomo
II, Utet, Torino 1980.
AA.VV, Guide alla progettazione, (allegati, dal n. 1 al n. 9,
della rivista M adulo) , Be.Ma., Milano 1987/88.
M. Salvadori, R. Heller, Le strutture in architettura, Etas,
Milano 1983.

Referenze delle illustrazioni


Le illustrazioni delle pagg. 3 e 5, sono tratte da:
H. Ronner, S. Jhaveri, A. Vasella, Louis Kahn, Complete
Works, 1935-74, Westview press, Boulder, Colorado 1977;
quelle delle pagg. 4, 6, 8, 10, 21 (telai, disposizioni murarie,
piattabande, sezioni di infissi) sono tratte da:
P. Carbonara, cit.;
gli archi in muratura di pag. 9 sòno tratti da:
C. G. Ramsey, H. R. Sleeper, cit.;
gli schemi distributivi dei bagni di pag. 26 sono tratti da:
I. Diotallevi, F. Marescotti, Il problema sociale, costruttivo
ed economico dell'abitazione, Officina, Roma 1984;
i bagni di pag. 27 da:
AA. VV, Sistema tipologico ... , cit.;
le illustrazioni delle pagine 29, 30 e 31 provengono dall'ar-
chivio Ridolfi, Accademia di S. Luca, Roma.
Tutti gli altri disegni sono dell'autore.

Nota
• questo manualetto non ha alcuna pretesa di completezza, né
di scientificità;
• fornisce indicazioni e suggerimenti, riferiti esclusivamente
al tema della casa unifamiliare, seguendo le soluzioni più co-
muni ed usuali, con cenni su alcuni principi costruttivi, fisici
e statici che debbono guidarne la progettazione;
• le misure di elementi strutturali che sono riportate vanno in-
tese nel loro carattere puramente orientativo;
• per ogni approfondimento si rimanda alla manualistica cita-
ta in bibliografia e soprattutto ai testi consigliati dai corsi
delle discipline tecnologiche e del disegno.

32
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