RIASSUNTO VENDERE L'immateriale

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RIASSUNTO VENDERE L’IMMATERIALE

CAPITOLO 1: INTANGIBLE MARKETING

Il Marketing dei Fattori immateriali o intangible marketing, ha come obiettivo primario quello di creare
ricordi ed emozioni che leghino il consumatore all’esperienza/prodotto e lo spingano a legarsi emotivamente
al brand/servizio, puntando sulla curiosità ma soprattutto al cuore dei consumatori, per fare in modo che il
cliente ritorni in quel determinato punto vendita.

Oggi, quindi, uno degli obiettivi più importanti del marketing contemporaneo è la costruzione del ricordo→
l’obiettivo finale a cui esso aspira può essere riassunto nella frase “non scorderai quel certo modo in cui ti
farò sentire”. Un ricordo che ti rimane dentro per sempre, quindi. I fattori immateriali infatti sono cruciali,
sono vere e proprie leve di business, strumenti di marketing centrali nel fatturato di un’azienda. Si parla di
immateriale perché il loro valore non ha a che fare con la fisicità ma con le emozioni che riescono a ricreare
e con le suggestioni che accendono. Il ricordo è un “gadget” contemporaneo, più sofisticato.

All’importanza dei fattori immateriali ci ha abituato da moltissimo tempo la famosa catena di caffè:
Starbucks. (→ oltre alla merce si paga anche l’aura a Starbucks). Questo perché Starbucks non ha veramente
pensato di venderti una semplice tazza di caffè. Ha pensato e poi scelto di mettere in scena e di venderti una
vera e propria coffee drinking experience, che va al di là del fisico e del tangibile (la tazza di caffè). Ti vende
un’esperienza costruita intorno al caffè; ti vende, e tu scegli di acquistare, una particolare atmosfera, un
particolare stile di accoglienza, gli arredi, la libertà di rimanere quanto vorrai all’interno del punto vendita
ecc. Vende qualcosa che in parte è generato proprio da te in persona.
La stessa comunicazione di Starbucks ed il linguaggio utilizzato ha un ruolo fondamentale in tutto questo: è
ispirata a un lessico che prende le distanze dalla fisicità del prodotto, dalla concretezza tangibile dell’offerta,
per trasferire la sua attenzione in una dimensione tutta mentale. Dunque, anche la scelta delle parole deve
essere strategica, accurata e funzionale alla costruzione di un coinvolgimento emozionale ed alla costruzione
di una relazione.
Tuttavia, è importante precisare che sono più di 23.000 le aperture di Starbucks Coffee oggi nel mondo e
basta uno sguardo veloce a Internet per capire che non tutte queste aperture mettono davvero in scena lo
stesso campione vincente.

Quello a cui si mira oggi è vendere relazioni: questo è il fattore rilevante. → Nel copione che mette in scena
Starbucks è evidente quanto punti sulla creazione di un forte legame personale con te, un legame che ti
faccia stare bene e ti faccia ritornare. Vendere relazione e costruire legami personali però è un livello molto
alto di competenza di marketing. = È una rivoluzione culturale contemporanea;

Questo modello segue l’Experience economy: L’Experience economy è un uso che ha preso il via negli USA
sin dalla fine degli anni ’90 e che lentamente è arrivato sino a noi portando alla nostra cultura di marketing
una ventata di freschezza e di leggerezza perché ha saputo spogliare di fisicità e peso i prodotti, i servizi e i
punti vendita in nome della superiorità delle emozioni, delle percezioni, delle atmosfere, vissute come nuove
leve di business e innovativi strumenti di sviluppo. Ribalta il paradigma della relazione con il cliente, il
mercato si allontana dal materico e riparte dall’immateriale. Desideri, sogni, aspettative sono le nuove
modalità da esaudire.

L’esperienza (e quindi l’experience economy) diventa la quarta offerta economica perché ha lasciato dietro di
sé i tre stadi precedenti di offerta economica che si erano consolidati nel corso di interi decenni, per essere
poi superati in senso evolutivo. Prima ci furono le “commodities” (le materie prime), poi si affermò il
prodotto e poi fu il tempo dei servizi. Tutto il focus ricade ora sull’importanza del far vivere un’esperienza al
proprio cliente, al proprio consumatore. Far vivere un’esperienza è una rivoluzione culturale del marketing
degli ultimi due decenni. Questa necessità cambia le competenze e gli strumenti di marketing necessari a
questa nuova impresa.
CAPITOLO 2: DEMATERIALIZZARE

Dematerializzare e tematizzare (due competenze dell’intangible marketing) consentono di intervenire in


qualsiasi ambito merceologico di riferimento, qualsiasi siano le dimensioni dell’azienda di appartenenza o la
fase del suo ciclo di vita. Sono le nuove leve di business e sviluppo. Facciamo l’esempio di un luogo di
vendita: ogni spazio si può materializzare su 3 diverse performance, connesse ai tre livelli di significato:

1) Le caratteristiche fisiche (livello materico: pavimento, colonne, pareti ecc.);


2) La sua funzione: ciò per cui è stato creato, organizzato e concepito lo spazio;
3) come ti fa sentire: l’effetto che quello spazio crea sul cliente, la capacità di coinvolgerti.

Dematerializzare è un’abilità strategica, una vera e propria operazione di “smontaggio mentale”, che
consiste sostanzialmente nello spogliare uno spazio (o un servizio o un prodotto) della propria fisicità,
riempiendolo di un significato nuovo in grado di coinvolgere emotivamente il consumatore (riempiendolo
appunto con un fattore immateriale). Annullarne ogni ingombro, ogni peso, per arrivare alla loro essenza, a
quella dimensione mentale che accende l’ispirazione, la visione (es: Nerio Alessandri, imprenditore visionario
e presidente e fondatore di Technogym, coniuga visione e realizzazione, creando così valore aggiunto al
settore sportivo).

Due capacità sono fondamentali per la dematerializzazione, la capacità di agire con:


1) “sguardo diverso”→ capacità di osservare cose quotidiane da un nuovo e differente punto di vista, così da
attribuirgli un nuovo valore;
2) “parole nuove”→ capacità di descrivere in modo diverso ed emozionale i nuovi valori che si sono colti
tramite lo sguardo diverso.

Dopo aver individuato qualcosa di “originale” e dopo averlo dematerializzato e riempito di un fattore
immateriale, è necessario riassemblare il materico, la fisicità con l’immateriale, creando un assemblaggio che
sia emozionale ma allo stesso tempo anche credibile e coerente con la promessa, per ottenere così un
prodotto arricchito di un nuovo valore aggiunto che innalzi il valore dell’oggetto di partenza e il modo in cui
questo viene percepito dal cliente/consumatore.
Bisogna diventare esperti costruttori di sogni e bisogna farlo con rigore perché se la proiezione intangibile
accesa dalla visione non è coerente con la performance finale della concretezza, c’è il rischio di sfociare nel
demarketing e si perde credibilità.
La nuova modalità di marketing chiede dunque di prendere le distanze dalla fisicità del prodotto per
trasferirlo in una dimensione emozionale (è un’operazione di smontaggio che conduce all’essenza del
prodotto, alla sua forza evocatrice). Dopo aver creato un valore emozionale si può passare all’obiettivo di
mercato e di business presentando un prodotto con un valore (emozionale) superiore. Questo valore
superiore (aggiunto) comporterà un innalzamento del mark up e quindi la possibilità di posizionarlo sul
mercato ad un prezzo più alto.
*CASO MARSALA
Il caso riguarda il vino Marsala delle storiche cantine Martinez di Marsala, in Sicilia. La proprietaria delle
cantine è Laura Doro che, durante il Festival delle letterature a Varese del 2010, presentò il proprio vino non
celebrandone le proprietà organolettiche e di eccellenza ma in un modo completamente inaspettato! Laura
Doro fece roteare il Marsala nel suo bicchiere, lo annusò con lentezza, facendo gesti molto teatrali e poi
incominciò a narrare: “Quando guardo questo colore, quando sento questo profumo... mi tornano in mente
tante cose, momenti di famiglia... i giorni di festa, il brusio delle nostre voci...”.
Nessuno sommelier avrebbe potuto ottenere di più da quei pochi minuti di presentazione; nessuna
promozione avrebbe potuto essere più efficace di quella breve ma intensa narrazione fatta di ricordi e
fotogrammi di famiglia. Infatti, le emozioni che suonano naturali e sincere riescono a trasferire credibilità
direttamente sul prodotto.
Dopo aver coinvolto l’interlocutore in un approccio emozionale ed empatico di grande intensità, è molto più
facile condurlo lungo il cammino dell’esaltazione e dell’elencazione delle qualità distintive del prodotto
stesso. Catturare l’attenzione del cliente per suscitarne la curiosità. *
Oggi vendere significa vendere legami tra un consumatore e un prodotto, un servizio, un brand o un’azienda.
Dopo aver colpito il consumatore in un approccio empatico ed emozionale, infatti, è molto più facile
condurlo lungo il cammino dell’esaltazione e dell’elencazione delle qualità distintive del prodotto stesso: se
catturi l’attenzione accendi anche la curiosità e quindi la disponibilità all’ascolto.

CAPITOLO 3: TEMATIZZARE

Oggi è necessario avere un tema, un filo conduttore, da cui partire per la costruzione sia fisica che
immateriale di ciò che si vuole mettere in scena. È molto importante per fabbricare valore aggiunto e per
trasferire la fisicità di un luogo nell’intangibilità di un’atmosfera.
Un’operazione di questo tipo richiede visione e capacità operativa e organizzativa. Ci vuole molto rigore
nello scegliere un tema, in quanto il tema dev’essere unificante e deve poter tenere sotto controllo tutti i
dettagli, le sequenze e le parti della storia. Ci deve essere un filo conduttore che abbia un senso, che
consenta di raccontare una storia imponendo un tema unificante. Ci vuole disciplina: si deve essere coerenti
in tutti i passaggi, emozionali e persuasivi.
*CASO NAPA SOAP COMPANY
Il caso riguarda la Napa Soap Company, un’azienda a conduzione famigliare nata dall’idea di Sheila
Rockwood che distribuisce saponi, detersivi per la casa, prodotti per SPA e molto altro in tutto il mondo e
rappresenta un caso ben riuscito di tematizzazione. Sheila, trasferitasi nella Napa Valley, in California, per
costruire una famiglia, un giorno decise di realizzare del sapone fatto in casa, per pulire superfici e fare il
bucato, con ingredienti strettamente naturali, della propria terra e non industriali.
Il concetto si sviluppò inizialmente dall’esigenza di soddisfare un bisogno personale, ma la produzione in
proprio di sapone si trasformò gradualmente in business. Iniziò a regalare il suo sapone homemade e
riscontrando molti apprezzamenti decise di aprire un piccolo negozio.
Innanzitutto il nome dell’azienda è un collegamento ben riuscito: “Soap” descrive la sostanza del prodotto,
“Napa” fa riferimento non solo ad un luogo geografico, ma anche ad una serie di tradizioni e paesaggi tipici
di quella terra. Sheila dunque “fa propria” l’appartenenza geografica e territoriale che diventa un valore
aggiunto, che evoca un ricordo legato alla terra.
Il caso di Sheila ci dimostra quanto il risultato finale (di successo) dipenda:
• Dalla ossessiva cura per i dettagli→ La carta porosa (con tracce di petali e fiori) che lascia percepire il
profumo anche da fuori, fatta rigorosamente a mano e con materiali riciclati (l’utilizzo di questa carta è
strategico perhé da un lato comunica anche l’attenzione dell’azienda nei confronti della sostenibilità);
il nastrino che chiude la confezione in seta dello stesso colore della saponetta, il foglietto sul retro che
attraverso una narrazione evocativa, emozionante e quasi poetica cattura l’interesse e la sensibilità
dell’osservatore accennando anche ad alcune proprietà del prodotto, come gli ingredienti e la terra di
origine.
• Dal trovare un tema che deve però essere unificante tenendo insieme ogni singolo dettaglio nell’esito
finale.
• Dal vissuto professionale e personale come fonte di spunti e ispirazione per la creazione della visione →
Sheila è nata nella Napa Valley e sin da bambina guardava con ammirazione il nonno, un agricoltore
californiano. Al college ha frequentato i corsi di chimica, biologia marina e poi ha studiato anche
aromatologia. Tornata a Napa ha lavorato nell’industria dell’ospitalità e già da allora sentiva forte la
necessita di rivoluzione il concetto di Company gift che nella Napa Valley corrispondeva spesso ad una
scontatissima bottiglia di vino → Anni dopo Sheila creò una delle sue saponette più famose: il “Cabernet
Soapignon”.
I saponi di Sheila costano 8,50 dollari ma i consumatori disposti a spenderli perché percepiscono tale
prodotto/sapone Premium e di migliore qualità rispetto ad altri prodotti analoghi.
Il sapone “Cabernet Soapignon” ed il sapone “Ocean Potion” rappresentano quindi un esempio ben riuscito
di intangible marketing dal momento che Sheila è stata in grado di tematizzare un elemento materico molto
comune come il sapone, caricandolo di significato e diversificandolo attraverso un’aspirazione. Sono prodotti
che rimandano ad un’esperienza ben specifica per le loro caratteristiche (colore, profumo) e per la
narrazione che viene costruita su di essi, evocando un ricordo. Non acquistiamo semplicemente un sapone,
ma ci sembrerà di acquistare un pezzo di vigneto o di oceano. Profumi, sapori, odori, suoni e colori sono
strumenti che nel IM sono tecnicismi, strumenti da usare consapevolmente e con competenza.
È importante avere una bella idea, ma se non ci sono le competenze, gli strumenti, il rigore, la creatività e
l’operatività, una bella idea resterà tale ma non diventerà mai un business. *

CAPITOLO 4: SGUARDO DIVERSO E PAROLE NUOVE (le fasi della dematerializzazione)

I fattori immateriali a volte sono strategici anche solo per un’operazione di visibilità, di reputazione e di
immagine, come il caso delle pale eoliche di Rovereto disegnate da Renzo Piano.
*CASO PALE EOLICHE RENZO PIANO
In questo caso le competenze e gli strumenti dell’Intangible marketing (e quindi l’operazione di
dematerializzazione) si sono intrecciati con l’abilità dell’architetto e designer → il risultato ottenuto dalle
pale eoliche di Piano è stato completamente diverso rispetto a quelle posizionate a Salemi → Nel caso di
Piano le pale vengono associate dallo stesso architetto alla leggerezza ed all’eleganza di una libellula da cui
dichiara apertamente di aver preso ispirazione (per la forma) durante la presentazione del nuovo prodotto.
In questo modo associando fin da subito questi concetti ai prodotti si allontanano gli altri tipi di pensieri e di
critiche determinandone il successo.

Ciò che però rafforza e rende efficace quest’operazione è il palinsesto dell’evento di presentazione: la pala
eolica inizialmente è nascosta e viene lanciato un indovinello, un enigma: “somiglia ad una libellula, pesa
come un SUV e basta a un intero condominio” --> l’indovinello è conciso, ma di effetto, così da farsi ricordare
dal pubblico.
Quando la pala eolica viene svelata e mostrata al pubblico, viene accolta con grande favore (evento non
comune dal momento che spesso le pale eoliche vengono rifiutate a causa della loro massiccia presenza e
del rumore provocato). In sintesi, al giorno d’oggi, bisogna narrare ed emozionare, non solamente
promuovere in modo asettico.
Le parole di Renzo Piano furono emozionali, unite all’atmosfera e alla suggestione accese dall’evento di
presentazione (misterioso). Ha messo in scena un intervento di dematerializzazione: ci fa visualizzare una
pala eolica nella leggerezza di una libellula, annulla la fisicità materica x trasferirci in una dimensione
mentale, quella della sua visione. La pala ora ai nostri occhi assomiglia effettivamente ad una libellula. *

*NARRAZIONE TURISTICA DI SALEMI


La capacità di tematizzare potrebbe essere la vera leva di rilancio e di sviluppo turistico e territoriale del
nostro Paese. La narrazione viene prima della promozione.
I profumi, i suoni, i sapori e i colori sono tutti strumenti di narrazione turistica di cui dobbiamo dotarci. È
attraverso questi strumenti ed il racconto che si costruisce l’identità sensoriale di un luogo, esaltandone i
punti di forza per accrescerne l’attrattività turistica, trasformandolo in un luogo unico, coinvolgente ed
emozionale. Tutto viene trasformato in una dimensione immateriale, si spoglia la terra della sua fisicità x
viverla in una dimensione di leggerezza e farne crescere il valore in modo che venga scelta come meta di
destinazione turistica*

CAPITOLO 5: LE NUOVE ARCHITETTURE SENSORIALI (marketing sensoriale): l’olfatto


Oggi si parla di architetture olfattive, sonore, cromatiche, sensoriali = strumenti base di una brand
communication sensoriale. Il marketing sensoriale si occupa di stimolare i cinque sensi per conferire unicità e
personalizzazione a spazi e/o prodotti. Da sempre aromi, odori, suoni, sapori hanno avuto un ruolo
importante come influenzatori all’acquisto e oggi vengono utilizzati in modo molto competente e
consapevole come strumenti identitari di uno spazio, di un negozio, di un’azienda, di un prodotto.
Questi elementi sono strumenti cruciali perché utilizzabili in tre diverse direzioni:
• Come fattori identitari di uno spazio;
• Come efficaci influenzatori del comportamento di un cliente, un visitatore, un turista all’acquisto di un
prodotto o alla scelta di un servizio, come influenzatori alla deambulazione di quel cliente in uno spazio di
vendita, di promozione, di accoglienza e infine come influenzatori sulle modalità di interazione del
consumatore/persona con la merce e con l’esposizione.
• Intervengono su un prodotto o anche su un semplice materiale e lo trasformano in un esito diverso e
superiore, conferendo uno straordinario valore di unicità, di emozionalità, di coinvolgimento.

Quando si coinvolgono i sensi, o i fattori immateriali, bisogna sempre essere onesti e corretti verso i propri
consumatori, dichiarando apertamente i propri intenti. E’ un dovere quando si opera con i tecnicismi e gli
attrezzi del marketing, e a maggior ragione nel caso dell’Intangible marketing, tenere presente l’importanza
di essere chiari rispetto a ciò che mettiamo in onda, senza timore che il sipario si possa anche aprire sul
nostro backstage.
Nella cultura e nelle operations di marketing sensoriale correttezza, rispetto, credibilità, sono più che mai i
pilastri irrinunciabili infatti illudere va bene, ma nella misura in cui l’illusione sia così sinceramente dichiarata.
È importante, infatti, che l’atmosfera che proiettiamo e l’effetto emozione su cui puntiamo non diventino
disillusioni. Il buon senso ci dice quale sia il limite accettabile dell’illusione, quella soglia che fa sì che
l’illusione si sciolga in un sorriso e non diventi mai delusione.

*CASO CERERIA PERNICI DI BERGAMO


Questa cereria costruisce, dal 1892, storie emozionali attraverso le sue cere e le candele. Le sue narrazioni,
attraverso un lessico innovativo ed emozionale, fanno comprendere come la forza dei fattori immateriali
possa esprimere un valore aggiunto. Infatti, il profumo è uno strumento strategico del marketing
immateriale. Oggi, grazie all’ascesa del marketing olfattivo, il mercato delle candele possiede una
potenzialità che non avremmo immaginato prima. Il marketing applicato a questi prodotti ha fatto del
profumo il fattore differenziante e di crescita, un fattore di comunicazione. Candele e profumi sono riusciti
così a penetrare, con capacità di visione, diversi ambiti commerciali, alcuni persino inaspettati e non
prevedibili. Un esempio? Le guide turistiche olfattive. La tecnologia procede con passi da gigante e già da
qualche tempo sta lavorando sull’incredibile territorio del profumo digitale. È una vera sfida ai limiti delle
percezioni sensoriali, visto che l’obiettivo è quello di arrivare a poter stimolare i nostri recettori sensoriali
attraverso segnali elettrici o magnetici.
La cereria Pernici però aveva difficoltà ad entrare nel mercato degli hotel di lusso. Se entrare in un hotel di
lusso e competere con la sua scelta di candele era difficile, perché non provare a penetrare le camere di
quegli hotel semplicemente con la cera? → Così è stato concepito il Gadget olfattivo della buonanotte (da
sostituire al classico cioccolatino sul cuscino).
L’idea è quella di guardare la cera con occhi diversi e da un nuovo angolo di osservazione. Non come mera
candela.
Trovare un tema affinché la cera possa raccontare una nuova storia partendo da una visione,
un’ispirazione, un pensiero creativo.
La chiave del successo di questo nuovo prodotto rappresenta il nuovo punto di riferimento a cui dovrebbe
guardare il marketing: la narrazione. Oggi non bisogna più puntare sulla promozione di qualcosa per quello
che è e per il suo utilizzo primario. Si tratta piuttosto di regalare emozioni e suggestioni. Si tratta di far
vivere esperienze e forti coinvolgimenti. Poi, si tratta di lasciare tracce indelebili: i ricordi. I ricordi sono i
nuovi gadget e i nuovi souvenir post- moderni. Regalare cose che non sono cose, cose che facciano rivivere
atmosfere e dimensioni, che facciano sentire in un certo modo.
I punti di forza del Gadget olfattivo della buonanotte:
• Dimensione: piccola, quasi povera, ma varie formine graziose (cuore, stella, quadrifoglio, a forma di
pasticcino);
• Profumazione: seduttiva ed evocatrice *;
• Packaging: rigoroso e semplicissimo, essenziale, riportante solo il logo dell’hotel di riferimento;
• Messaggio: un dono narrante, coinvolgimento totale.
Il risvolto importante di questo Gadget Olfattivo della buonanotte è che non implica investimenti massicci
per la Cereria, visto che può essere realizzato con il riutilizzo degli scarti di cera in laboratorio ma allo stesso
tempo è un’idea vincente poiché la cera non conosce difficoltà stagionali come il cioccolato con il caldo,
non ha data di scadenza e consente una personalizzazione specifica x ogni brand. L’architettura olfattiva è
una vera e propria costruzione immateriale che ricrea l’atmosfera e la personalità del brand.
* come utilizzare il profumo?
1. Si può conferire al piccolo dono olfattivo il suo stesso profumo naturale, nel caso di un fiore;
2. Si può conferire al piccolo dono olfattivo un profumo evocativo che entri nella mente del cliente e lo
trasporti verso un’esperienza sensoriale;
3. Si può conferire al piccolo dono olfattivo una profumazione personalizzata del singolo hotel in modo che
l’effetto di riconoscibilità e di ricordo si attivino nella mente del cliente.

*CASO INTEGRA GROUP


Oggi è una delle aziende più significative del settore, grazie ai passi innovativi che l’hanno portata ad un
brevetto importante: il sistema di controllo remoto della diffusione delle essenze. Un brevetto che ha
consentito a Lorenzo Cotti (CEO) di lavorare in ambiti molto diversi da loro, in superfici sia piccole che
grandi; insomma, qualsiasi location con vocazione olfattiva.
In lui e nella sua azienda c’è un’insolita convergenza di competenze: competenza chimica e tecnica,
approfondita conoscenza del trattamento dell’aria e dei diffusori più innovativi, competenza del profumo
intenso come operazione branding e abilità di design olfattivo personalizzato. Lorenzo Cotti nel corso degli
anni ha infatti conferito personalità olfattive numerosi brand e negozi in Italia e nel mondo. Ha creato per
ogni brand un’identità olfattiva.
Il percorso di Integra Group mostra come, accanto alla creatività olfattiva, sia fondamentale la conoscenza
della tecnologia di diffusione e di controllo remoto della profumazione*

Un’identità olfattiva ben costruita e fissata nei sensi e nella memoria ritorna sotto forma di rievocazione
ogni volta che un’immagine appare. Questa architettura è una costruzione immateriale che ricrea
l’atmosfera, la personalità di un brand a tal punto da poter sostituire l’insegna fisica di uno store o di
un’azienda: è forte, prepotente e capace di impadronirsi dei nostri sensi. Essa ci influenza, ci seduce, ci fa
ricordare, ci orienta e condiziona il nostro gesto d’acquisto. Siamo così influenzati che ci accade di
acquistare qualcosa più x come quella fragranza ci fa sentire che per la cosa in sé.

CAPITOLO 6: L’UDITO, LA VISTA E IL GUSTO COME MARKETING SENSORIALE


L’Udito

All’interno di un negozio, che vuole comunicare attraverso i fattori immateriali e che vuole ricorrere al
marketing sensoriale, non ritroviamo una musica qualsiasi, magari via stazione radio, ma una musica
attentamente selezionata → si usano i suoni, la musica o semplicemente dei rumori, per esprimere
l’identità di un luogo, di uno spazio, di un prodotto.
L’architettura sonora, come l’architettura olfattiva, è lo strumento funzionale a due diversi obiettivi:
• Esprime l’identità di un prodotto, di un luogo di vendita, di uno spazio qualsiasi, di un servizio;
• E’ funzionale ad interagire con il consumatore di quel prodotto, con il cliente di quel negozio, con l’ospite
o il visitatore di quello spazio, di quell’hotel e così via. È studiata, disegnata e costruita perché agisca, anzi
interagisca, con noi, perché in qualche modo ci influenzi, ci diriga, ci trattenga il più a lungo possibile in quel
punto vendita e per farlo, fa appello ai nostri sensi. Fa appello non solo all’udito, ma anche alla nostra
mente, alla nostra emotività, alla nostra memoria. Ci coinvolge in profondità fino a farci vivere l’esperienza
che il brand vuole veicolare.

La scelta delle giuste tecniche di diffusione audio è determinante. Per realizzare delle giuste architetture
sonore è necessaria la collaborazione di più personalità: architetti, designer, esperti musicali e consulenti
legali che si occupino delle licenze sui brani, ma anche esperti di comunicazione e marketing. Vengono
effettuati vari sopralluoghi allo spazio in funzione di diverse prove di ascolto ed infine viene eseguito il “test
on field”.
Le architetture sonore devono essere maneggiate con cautela perché se troppo evocative potrebbero
portare il consumatore ad immedesimarsi troppo e a distrarsi dall’atto di acquisto. Un importante forma di
architettura sonora è il silenzio, non inteso come assenza di suono, ma come scelta consapevole di
dimensioni mentali.

*IL CASO SIXIEME SON


Sixième son è un’agenzia pioniera e leader in Europa nel campo del disegno musicale. Nata nel 1995 a
Parigi ed è sin da allora “Createur d’Identité Sonore”. È l’agenzia da sempre dedicata all’identità sonora di
brand e alla sonorizzazione di spazi vendita, di accoglienza e di transito. Obiettivo? Arricchire con la musica
il patrimonio di marchi e di aziende, un patrimonio immateriale.
Le varie identità sonore proposte da Sixième son sono architetture sempre molto brevi, della durata di un
minuto, un minuto e venti o 30 secondi, mentre la firma sonora è fatta solo di pochissimi secondi, anche
solo 3 o 4. Infine, vi è la presenza di un video. I suoni sono corredati da dettagli e info divisi sotto tre voci:
challenge, solution e resultat. Tra i clienti ritroviamo: la roche-posay, castorama, air maroc ecc. *
Nel caso dell’udito non si tratta solo di musica e suoni, ma anche solo di rumori veri e propri, catturati dalla
nostra quotidianità. Senza dimenticare tra l’altro un ulteriore fattore che può essere utilizzato come
commento sonoro di uno spazio o di un evento: il silenzio, inteso non come assenza di suoni, ma come una
scelta consapevole. Sedurlo con un’architettura musicale che lo porti lontano, lo fa rimanere fisicamente, lo
coinvolge, ma come fattore distraente. Come se quel cliente, affondato nel tumulto dei ricordi che quella
atmosfera gli ha fatto riaccendere, davanti allo scaffale dal quale stava per acquistare qualcosa, si
allontanasse pensando “ma sì... vengo un’altra volta”.

Vista
Il colore rientra in un progetto di comunicazione e affermazione del marchio a cui si riferisce, diventandone
il Colorlogo. Per questo spesso si parla di architettura cromatica e di identità cromatica.
Pantone è la massima autorità internazionale nel settore dei colori. Sono i codici di Pantone che da sempre
si utilizzano e si citano per nominare un colore nell’ambito dei lavori e dei progetti di comunicazione e
pubblicità. Importanti sono le associazioni colore-brand, come il Color Tiffany.

Gusto
In questo periodo il gusto ha rubato la scena agli altri sensi, anche per la spinta propulsiva di Expo 2015 di
Milano. Il Corriere della Sera ha dedicato a questo tema, nel dicembre 2015, un inserto di 80 pagine dal
titolo “Food Issue – Pranzo all’italiana”. Il mese di dicembre si prestava per un collegamento con le ricette
di Natale, ma queste pagine sono andate ben oltre e sono tutte vere e proprie narrazioni. Sono racconti
delle emozioni e delle evocazioni sprigionate da un sapore. Sono storie che in realtà non parlano di cibo in
senso stretto, ma di atmosfere, di chiacchiere intorno a una tavola, di amici che si ritrovano. Il cibo diventa
narrante. Le ricette ed il gusto vengono mescolate alle emozioni personali e ad un rapporto che non è più
“one-to-one” ma “one-to-each” a sottolineare che quel qualcuno è speciale ed unico.

Tatto
Nel marketing dei fattori immateriali il tatto gioca un ruolo fondamentale, in funzione dell’equilibrio tra
fisicità e immaterialità. Chi si occupa di marketing sa bene che argomentare di Fattori intangibili, significa
partire e arrivare sempre da un elemento materico. L’importanza dei materiali in relazione alla nostra
percezione e rilevazione tattile è nota in modo particolare a tutti i professionisti di eventi, fiere e temporary
spaces. I materiali sono molto importanti perché modificano la percezione e le emozioni che proviamo nel
momento in cui avviene la percezione tattile.
*CASO GIOCHISPORT DI LANDSCAPE STRUCTURE
Giochisport è una concessionaria dell’azienda americana Landscape Structure, attiva nell’ambito dei
parcogiochi. Le sue proposte sono parcogiochi innovativi, sensoriali e inclusivi, perfetti esempi della ben
riuscita di Marketing sensoriale, dove i cinque sensi interagiscono tra loro.
I punti di forza di Giochisport per il raggiungimento di questi obiettivi sono stati:
• i materiali innovativi che favoriscono lo sviluppo del tatto;
• l’ecosostenibilità dei materiali (pavimenti realizzati riutilizzando le suole delle scarpe da ginnastica);
• i colori tematizzati, che creano un coinvolgimento visivo ed emozionale regolato da un preciso color
planning (verde foresta, giallo girasole ecc.;
• le installazioni sonore che rispondono al tocco della mano di un bambino.
Questi parcogiochi sono famosi in tutto il mondo come inclusivi perché stimolando i sensi permetto anche
a bambini affetti da disabilità di approcciarsi al gioco.*

N.B: Tutto il marketing dei fattori immateriali ribadisce con insistenza che, se far vivere un’esperienza al
nostro cliente, consumatore, interlocutore è fondamentale, è anche vero che oggi la personalizzazione è la
crucialità. Dal marketing della relazione One-to-One, che già della personalizzazione faceva un punto
fermo, ora siamo nel rapporto one-to-each. Each è più forte di one, significa ogni, ciascuno, per dire non
uno qualsiasi, uno per uno in generale, ma proprio ciascuno, proprio tu e nessun altro.

Capitolo 7: Storie e narrazioni come capitale immateriale


*CASO ESSELUNGA
Caprotti, patrono di Esselunga, ha voluto incontrare il regista Giuseppe Tornatore perché ha compreso che
la promozione e la comunicazione contemporanee hanno cambiato faccia. Sa che oggi non si può più
promuovere e vendere nello stesso modo di sempre. Oggi bisogna raccontare una storia. Ha in testa l’idea
di un documentario che racconti in pochi minuti una storia che esalti la qualità e l’attenzione al cliente della
catena di supermercati. Ma Tornatore sa capire la portata della sua visione e sa trovare la parola giusta:
occorre fare una storia, utilizzando la fantasia, in modo che si riesca a trasferire la fisicità nella dimensione
di gioco, divertimento, amore e dedizione verso il cliente. Il titolo scelto per la storia è: Il mago di
Esselunga, un racconto di Giuseppe Tornatore. Ne scaturisce un breve racconto di 16 minuti dove
protagonista è una famiglia, Antonio, Maria e il figlio piccolo Sandrino. È il giorno del loro anniversario di
matrimonio e decidono di trascorrere una bella giornata in un Superstore Esselunga a ricordo del loro
primo incontro. I tre vengono introdotti da un mago Esselunga in un viaggio fantastico, fatto di effetti
speciali ottenuti con la sovrapposizione di spaccati di supermercato, spazi reali e surreali. È tutto un
intreccio di scene reali e situazioni illusorie, che fanno il primo piano al backstage di Esselunga, ai suoi
laboratori, a ognuno dei suoi spazi operativi e organizzativi, fino all’area deposito e parcheggi. I veri
protagonisti del super store sono gli uomini e le donne che ci lavorano. Lo stesso mago che li guida
all’interno del supermercato è uno di loro.
Maria, nel trambusto della spesa e di tutte quelle interazioni da parcogiochi dentro Esselunga, si accorge di
aver perso la fede. Niente paura! Tutto l’universo Esselunga si mette alla ricerca di quell’anello. E così
scopriamo che è finito sul fondo del mare, ma un’orata premurosa lo recupera subito e salendo in
superficie lo passa al mago che lo ripone subito all’anulare di Maria senza che il marito si accorga di nulla.
Poi si fa largo una grande torta a tre piani, con gli auguri e gli applausi di tutto lo staff reale e della fantasia.
→ Una storia che riesce a ritrarre l’organizzazione febbrile e puntuale della fornitura delle materie prime,
delle loro lavorazioni, delle merci esposte, del servizio e dello stile Esselunga. → Tornatore mette in scena
una vera relazione d’affetto tra Esselunga e il suo cliente quotidiano. Cosa che ha suscitato su internet
anche diversi commenti critici verso un servizio descritto, secondo alcuni, come eccessivamente cordiale e
poco credibile.*

Il marketing ormai si è fatto narrativo e sia prodotti che luoghi di vendita avviano dei dialoghi con noi in cui,
per poter scegliere, entriamo in relazione con i protagonisti parlanti dell’intero universo merceologico.

*CASO ILLY CAFFE’


Da molti mesi il Caffè Illy ha acceso un racconto a puntate con i suoi interlocutori. Infatti, va in mostra su
grandi spazi e anche intere pagine dei quotidiani cartacei di tutti i giorni. Questa campagna pubblicitaria
poggia su due fondamenti del marketing innovativo (ha 2 obiettivi):
1. La sua storia cronologica (quindi raccontare la storia personale del brand);
2. La capacità di umanizzare il prodotto e la marca → Illy ci racconta storie di uomini e di donne veri con
passioni, entusiasmo, energia, e non di caffè in senso stretto. → le emozioni vengono utilizzate come
attrezzo di marketing. I racconti di Illy caffè sono pieni di passione, entusiasmo, energia e l’obiettivo è
chiaro: prima coinvolgimento degli utenti e poi persuasione degli stessi. Sono racconti che hanno una certa
aria di confidenza, di intimità, come per sottolineare che la storia che ci stanno raccontando è un vero
spaccato di vita personale e privata, non pubblicità. La credibilità delle storie è forte xk arriva da persone
reali, non attori. Si tratta di un bel modo per polarizzare l’attenzione dei lettori che, sfogliando le pagine dei
quotidiani, sorvolerebbero a gran velocità sulle pagine di pubblicità. → In questo caso invece gli viene da
soffermarsi, da leggere e da giudicare → nel momento in cui si è catturati la strategia narrativa (di chi ha
creato la pubblicità) è perfettamente riuscita.

→ I racconti sono narrazioni emozionali, ma naturalmente strategiche. → Le storie di prodotto passano


informazioni e dettagli, valori e peculiarità e lo fanno in uno stile narrativo con ritmo emozionale.*

Il racconto apre un canale di comunicazione che ha accesso al cervello, ma anche ai sensi e alla sensibilità.
Inoltre accende la capacità di assorbimento. La storia è strumento di fissaggio, associazione e
memorizzazione. → per questo motivo la capacità di narrazione è un nuovo requisito professionale che
necessita di un nuovo lessico, un lessico narrativo e coinvolgente.
Storie e narrazioni sono un capitale immateriale su cui puntare perché da semplici canali di comunicazione
umana sono diventati uno strumento di marketing, uno strumento di persuasione. Le aziende spesso sono
troppo concentrate sul proprio capitale fisico, che non riescono ad allungare lo sguardo su un preziosissimo
patrimonio intangibile che potrebbe fare la differenza.
Uno degli strumenti di Marketing dei fattori immateriali è la Scrittura narrativa d’impresa che ha le sue
regole e le sue procedure. Gli aspetti fondamentali di questo tipo di scrittura sono: dematerializzare, che
consiste nel trasferire la fisicità di un prodotto, servizio o azienda in una dimensione della mente, in una
storia e tematizzare. Per fisicità di un’azienda di intendono tutti i luoghi fisici da cui essa è composta, tutto
il materiale cartaceo esistente che la riguarda.
Dopodiché è importante raccogliere tutti i fattori immateriali dell’azienda come la personalità dei titolari e
l’atmosfera che si respira al lavoro. Quando ci si occupa della storia di un’azienda non bisogna mai
abbandonarsi al flusso del racconto, ma tener presente che la storia deve essere uno strumento utilizzabile
ed efficace (è bene ricordarsi che nonostante si stia cercando di coinvolgere l’audience con un racconto, la
storia dovrà essere sempre comunque informativa e soprattutto uno strumento efficace x il
raggiungimento degli obiettivi d’impresa). Per questo si utilizza un format molto particolare, che riesce a
risolvere sia esigenze narrative che applicative, che riesca a offrire strumenti per comunicare e strumenti
per vendere e fare business. Questo format è la Cartella della Narrazione (uno strumento usato x aprire
una finestra sull’azienda, una sorta di viaggio a tappe che mira a coinvolgere l’interlocutore).

LA CARTELLA DELLA NARRAZIONE


E’ una semplice cartella di cartoncino che può essere utilizzata cartacea, ma anche inviata e utilizzata on
line e vivere per sempre all’interno del sito web dell’azienda, per essere accessibile con un semplice click. La
scelta del materiale cartaceo, cartoncino per la cartella e carta per i documenti inseriti, è ispirata alla
semplicità. Niente di lucido o elaborato. Solo cartoncino e carta di buona qualità, semplici ed eleganti. Lo
stile narrativo dei contenuti deve essere molto elevato e assolutamente distintivo. Aprire la cartella è come
aprire una finestra sull’azienda: il contenuto deve essere un invito stimolante alla lettura, un invito a
iniziare un viaggio in quell’azienda a tappe perché costruito attraverso vari elementi (4 in teoria):
1) I BOOK (semplici racconti di pochi fogli fermati da semplici punti metallici e da schede di supporto o allegati, sfuse
e con linguaggio “freddo”).
Sono generalmente 3:
I. Riguarda la storia dell’azienda
Si tratta di un equilibrato assemblaggio di cronologia e dati analitici da un lato e di emozioni dall’altro.
Infatti, la scrittura narrativa di un’azienda ci coinvolge nel gioco empatico delle emozioni ma poi riporta
anche date, passaggi, nomi e dettagli di uomini e di cose.
Le ultime quattro pagine di ogni book sono solo immagini: sono scatti fotografici, a colori, ma anche
bianco/nero, recenti oppure storici, dal formato sempre diverso uno dall’altro, per dare movimento.
II. Riguarda la narrazione di tutte le sue linee di prodotto
Dal momento che nessuno si innamorerebbe mai di un elenco di date, o di una lista di certificazioni;
lasciarci trasportare in un viaggio che, accanto ai dettagli e alle certificazioni analitiche, faccia vivere
emozioni e momenti di vita è di gran lunga meglio. Già dai titoli degli spezzoni, infatti, si può percepire
l’idea di unire due valenze, quella tecnica e quella emozionale, andando a creare un equilibrio convincente
e gradevole.
I particolari indicativi della qualità e della specificità dei materiali e delle innovazioni tecniche sono tanti in
questo book, perché il prodotto va conosciuto in tutti i suoi punti di forza, rispetto al settore e al mercato di
riferimento. Ma poi tra le pagine la narrazione si insinua sempre.
III. Riguarda i fattori immateriali dell’azienda
2) LE IMMAGINI
3) IL DISCHETTO-VIDEO
Su un’anta della cartella è previsto un taglio per inserire un dischetto ad arricchimento della narrazione
complessiva. E’ un video il cui “copione” può essere una breve visita all’interno dell’azienda e dei suoi
laboratori, ma, naturalmente, il suo stile deve essere coerente con lo stile narrativo dei 3 books.
4) SCHEDE DI SUPPORTO
Ci sono anche alcune schede di completamento o di supporto che allegati ai racconti inseriti sfusi nella
cartella. La loro specificità varia di azienda in azienda: può essere una scheda di costruzione asettica di
tutte le date importanti di quell’azienda; altre volte è una scheda che riassume tutte le Fiere alle quali
l’azienda ha partecipato nel tempo, o una scheda che riporta tutti gli eventi organizzati, ma può anche
essere una scheda tecnica che riassume tutte le certificazioni di prodotto e di materiali o brevetti di
proprietà. N. B: Sono comunque sempre e solo schede analitiche, non narrative.

Perché l’azienda dovrebbe dotarsi di una Cartella della narrazione?

Può essere utilizzata per intero o solo in parte, perché ognuno dei 3 book può avere un suo utilizzo
specifico e distintivo. La cartella può essere accompagnata da una lettera personalizzata a seconda di chi
sarà il destinatario. Innanzitutto, serve all’azienda per raccontare il proprio valore aggiunto.
All’interno dell’azienda, è:
1) uno strumento di formazione molto efficace: di aggiornamento per il proprio staff, di training per i
neoassunti, di preparazione per i nuovi agenti e rappresentanti.
2) uno strumento strategico di fidelizzazione andando a creare senso di appartenenza ed orgoglio. La
consegna della Cartella al proprio staff è l’occasione per riunirli tutti assieme, in un breve incontro di
presentazione della Cartella e della sua utilità. Incontro motivazionale ed emozionale con brindisi finale.

Può essere ben esposta su un leggio e aperta, come per invitare alla lettura, ed essere posizionata
all’ingresso della sede aziendale.
E’ lo strumento che risponde ad ogni richiesta di informazione, segnalazione e promozione; snellisce la
richiesta di documentazione di qualsiasi natura; è perfetta per un’operazione di marketing territoriale, per
parlare al proprio mercato, quando un giornalista vuole scrivere su di te, per l’inaugurazione di una nuova
linea o di un nuovo ciclo di vita aziendale.
Può essere usata intera (anche come “biglietto da visita”) per fiere, congressi, eventi, convegni, contatti
stampa. La cartella narrazione, a differenza della vecchia cartella stampa, è molto amata dai giornalisti,
ormai stanchi di ricevere sempre i soliti comunicati stampa.
Il book 2, quello delle linee di prodotto, ad esempio, può essere allegato al singolo prodotto che si vuole
presentare o esporre.
Oggi un’azienda vende la sua storia, prima ancora del suo prodotto. Le storie, infatti, sono il nuovo
capitale immateriale di un’azienda, un immateriale strategico, di grande valore distintivo e unicizzante, di
forte impatto empatico, di efficace persuasione.
A cosa servono le storie? A rendere l’azienda irripetibile, moderna, competente, seduttiva, un’azienda da
scegliere, un’azienda da amare. Una Narrazione è strategica, perché entra nel sangue, nei nervi, nella
mente del suo interlocutore. Ci serve una storia per essere scelti, per essere percepiti, per essere acquistati
e per essere ricordati. La Cartella della Narrazione deve essere tassativamente scritta in modo che suoni
come una narrazione esterna all’azienda.

Capitolo 8: Abbi cura di me!

Oggi si parla di lovemarks perché l’emozione è centrale nella costruzione di un valore inestimabile in ogni
business e ogni brand. Kevin Roberts autore di Lovemarks -The future beyond Brands sostiene che il
lovemark è un marchio che non crea fedeltà per una vera e propria ragione, per un fattore razionale, ma
accende una fedeltà che va ben aldilà della ragione stessa, al di là delle caratteristiche fisiche del brand (es.
prezzi), fino a sconfinare in dimensioni intangibili (fedeltà oltre ogni ragione, quasi fuori dalle logiche).

Si passa dal “to be liked” al “to be loved”.


Il lovemark evidenzia e punta sul fattore Premium: un valore aggiunto che è frutto dell’assemblaggio di due
componenti in un unico prodotto, la componente fisica e quella intangibile. Una volta che si rende quella
certa cosa irresistibile attraverso la componente immateriale, quanto costi di più rispetto alle altre simili
non fa la differenza. Il Premium quindi è quella cosa per la quale siamo disposti a pagare di più, perché
quello che vogliamo è proprio quella cosa lì. Costruire quel qualcosa in, piuttosto che abbassare
continuamente il prezzo di un prodotto, è l’unica strada che lo possa rendere competitivo sul mercato.
È l’unica strategia che gli possa donare una lunga vita di successo, di visibilità e, naturalmente di amore.

C’è stato un cambiamento nel marketing, ora il cliente ha richieste e pretende di essere coinvolto
emozionalmente. Pretende che brand e prodotti facciano uno sforzo in più e sappiano diventare irresistibili
e creare empatia e intimità, una specifica atmosfera ed è ciò che cercano di fare i lovemark → Le storie
raccontate da un prodotto o la scrittura narrativa di un’azienda hanno rivestito comunicazione e
promozione di una nuova linfa vitale e narrativa. La relazione con i gli interlocutori si è arricchita di
intensità e di profondità, tanto che l’empatia è diventata una condizione necessaria perché si possa
passare dalla vendita dell’immaterialità alla vendita della fisicità, del prodotto.
Le storie e le narrazioni hanno reso i prodotti “parlanti”, o meglio “narranti” e hanno trasformato le
aziende in copioni di storie di imprese e uomini.
E’ talmente forte quest’esigenza di relazione avvicinata che su tutto il mercato che ci circonda si respira
ormai un desiderio diffuso di Umanesimo. In questo clima di ricerca di una relazione ravvicinata anche la
gentilezza è diventata oggi un efficace strumento di marketing, di fidelizzazione, perché troppo a lungo, e
ancora oggi è stata sottovalutata da molti luoghi di vendita: spesso è stata semplicemente e incautamente
vista come un optional. Il marketing dei fattori immateriali molto ha a che fare con questa nuova brezza di
umanesimo. Lo è a tal punto che di alcuni di alcuni valori etici ne fa strumento. La gratitudine, ad esempio,
è uno strumento di marketing molto efficace.
*CASO HOTEL RITZ CARTON DI NAPOLI
Arrivò il momento per quell’hotel di sostituire le serrature di tutte le camere con una key card
computerizzata.
È così che la direzione si ritrovò con ben 463 pomelli di ottone. Pomelli assolutamente evocativi del loro
brand perché arricchiti dall’incisione del classico stemma, con tanto di leone e corona. La domanda fu: che
farne? La risposta arrivò brillante. Vennero trasformati in 463 fermacarte e furono regalati a 463 ospiti,
scelti in un bacino di più di 6000 da una giuria appositamente nominata → Un modo davvero intenso di
esprimere gratitudine. Un pomello d’ottone dall’implicito messaggio del tipo: “Grazie per aver vissuto
un’esperienza da noi, grazie per aver passato del tempo con noi, grazie per averci scelto”.
Ognuno di questi 463 pomelli assume infatti un significato ancora più forte della gratitudine in chiave di
marketing. E’ quello che tecnicamente si chiama Estensione dell’esperienza. Un oggetto fisico e materico,
come un pomello di ottone, accende il souvenir più efficace che si possa donare: il ricordo. In questo senso
il marketing dei Fattori immateriali ha decisamente rivoluzionato tutto l’universo dei gadget aziendali,
introducendo il concetto di budget più modesto, ma di doni molto più preziosi, tutti intangibili e
immateriali, come i ricordi. I ricordi sono strumenti di marketing molto incisivi per la loro capacità di
rievocare, di far tornare con la mente ad un’esperienza vissuta. *

La cultura del dire grazie ha le sue regole e i suoi tecnicismi e, come sempre l’Intangible Marketing ci
insegna, si racconta attraverso l’equilibrio e la convergenza di materico e immateriale.
Alla base del percorso evolutivo compiuto dalla nuova cultura della relazione si trova: l’evoluzione del
vecchio concetto di personalizzazione → Intimacy è un nuovo concetto di personalizzazione che è stato
rivisitato dal bisogno di un contatto empatico, quindi tenendo conto dei sentimenti e delle aspettative del
consumatore contemporaneo. Perché c’è stata quest’evoluzione? Perché le offerte generate e distribuite
attraverso la produzione di massa inviano un unico messaggio ai potenziali acquirenti: non ci importa
abbastanza di te da conoscerti individualmente.

Se è vero che la relazione deve scendere a un rapporto sincero e percepibile di personalizzazione


individuale, empatica e intima, è allora fondamentale tener ben presente che quel grado di intimità si
raggiunge solo inoltrandoci nel coinvolgimento emozionale. → il coinvolgimento diventa così un valido
strumento di marketing.
La cassetta degli attrezzi dell’intangible marketing è ricca di strumenti a volte talmente semplici, da
risultare scontati e sottovalutati. Per essere in grado di usare gli strumenti del marketing dei fattori
immateriali bisogna partire da due mosse fondamentali: capacità di visione e un nuovo vocabolario. Il
nuovo lessico di cui si serve l’intangible marketing è semplice, formato da parole recuperate dal passato:
Empatia, intimità, Gentilezza, Gratitudine, Coinvolgimento. Parole che hanno dato inizio a una lenta
umanizzazione della tecnologia.

*CASO FIAT
Nel 2014 l’agenzia di comunicazione torinese So simple firma una campagna per Fiat Group Automobiles.
Obiettivo dell’operazione incentivare tra i propri dipendenti l’acquisto di auto Fiat attraverso l’offerta di
tariffe scontate del 26%. La campagna sceglie come proprio set il parcheggio aziendale riservato ai
dipendenti. Tutte le auto non Fiat vengono fasciate con un telo bianco semitrasparente e sul telo viene
fissato un grande cuore rosso fiammante con una profonda incrinatura centrale, perché è un cuore
spezzato. Poche semplici parole lo accompagnano: Vederti con un’altra ci ha spezzato il cuore. Poi per
introdurre le informazioni e l’offerta sconto della campagna la comunicazione continuava dicendo: ma
nonostante ciò, noi continuiamo a pensare a te*

Capitolo 9: Dal fisico all’immateriale...and back!

Interventi e operations d’immaterialità conferiscono alla fisicità di prodotti, spazi, negozi, un plus
caratterizzante. → Innervare il materico con fattori intangibili è quindi il percorso da intraprendere.
Oggi rintracciamo sul mercato però anche i primi interessanti segnali di un percorso inverso: partire
dall’immateriale per approdare al materico.

*CASO KOREAN WAVE DI SEOUL


Un esempio efficace lo troviamo nella Korean wave di Seoul, così si chiama la biblioteca digitale coreana,
fondata nel 2009. Si tratta di un passaggio dalla virtualità alla fisicità perché la biblioteca è digitale, e quindi
è il virtuale, che cerca casa, una casa fisica, in una biblioteca fisica, dove mettersi in scena.
Il tratto distintivo di questo caso è l’aver dato alla virtualità una sede fisica. E’ l’aver collocato l’accesso
digitale ai media in un vero edificio materico e non immaginario. → E’ facile capire quanto questo edificio
dovesse essere avveniristico per essere all’altezza di questa performance. → Grazie alle sue pareti
trasparenti si ha un ampio spazio dove luce e silenzio sono due componenti che si avvertono fin da subito
non appena si entra; queste due componenti immateriali sono state connesse però alla fisicità di alte pareti
nude, di cristallo, e di una importante e fisica sonorizzazione dell’ambiente. Il trionfo di innovazione,
dell’efficienza e della funzionalità fanno il resto.
La Korean wave di Seoul mostra che nell’aria è presente una nuova ventata di umanesimo e che è possibile
raggiungere l’umanizzazione della tecnologia. Una visita a questa nuova libreria chiarirebbe quanto
tecnologia e umanizzazione possano, anzi, debbano convivere per dare vita a un equilibrio arricchente e di
valore.*
*CASO AMAZON BOOKS
Questo caso rispecchia come non si passi solamente dal materico all’immateriale ma anche viceversa. Nel
2015, nel campus universitario di Seattle, Amazon aprì la sua prima e vera libreria. I concetti ispiratori erano
quelli degli spazi di vendita online: niente pareti né barriere, spazio accogliente pensato x passarci il tempo
e star bene, senza vincoli di tempo e durata. Questa trovata dimostra come l’online non possa prescindere
dalla necessità di contatto umano sentita dai consumatori.

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