Che Genere Di Stereotipi
Che Genere Di Stereotipi
Che Genere Di Stereotipi
Il materiale didattico non dovrebbe presuppore che le donne siano mogli e madri a tempo
pieno, ma che hanno le stesse possibilità di scelta degli uomini.
Il materiale didattico non dovrebbe mai sottendere che tutte le donne hanno l’istinto
materno o che il clima emotivo della famiglia risente negativamente se la donna lavora.
Sottolineare le caratteristiche umane comuni: al maschio può appartenere l’indecisione o
una spiccata abilità letteraria ed espressiva, come una femmina può essere abile nella
logica e meno abile nelle discipline umanistiche.
Professioni: non si dovrebbe dare l’impressione che il valore degli uomini dipende dal loro
prestigio sociale o dal reddito. Non si deve credere che l’uomo deve guadagnare più della
donna. Nessun lavoro deve essere considerato tipico di un sesso.
Visibilità: le donne nella storia: nei testi scolastici bisognerebbe ricordare i nomi e cognomi
delle donne intelligenti.
Condivisione nelle attività domestiche: sia gli uomini che le donne dovrebbero essere
rappresentati nello svolgimento di tutte le attività domestiche: cucinare, pulire la casa,
pulire l'automobile, fare piccoli lavori di manutenzione.
Pari incentivi: i materiali didattici dovrebbero essere tali da incoraggiare le femmine a
interessarsi di matematica, di meccanica, di sport e di movimento e da non far mai
vergognare un bambino che si interessa di poesia, arte, musica, o portato per la cucina, il
cucito o la puericultura.
Parità nelle descrizioni: non si dovrebbero definire le donne mediante attributi fisici quando
gli uomini vengono descritti attraverso attributi intellettuali o posizioni professionali. Vanno
evitati i cliché contro le donne (come le donne al volante o delle suocere terribili).
I libri di testo italiani, ormai vecchi sia nei contenuti che nelle immagini, devono cambiare. Occorre
sensibilizzare alla parità fuori e dentro la scuola.
Rossella Pace ha svolto una ricerca, nella quale è emerso che:
Il 72% dei bambini e il 65% degli adulti rappresentato nei libri è di sesso maschile
Il 52% di donne è madre o moglie
La maestra è associata alle donne
Le raccomandazioni di Pace non vedono il ribaltamento di vecchi modelli con la sostituzione di
quelli nuovi, ma il mantenimento della tradizione con l’aggiunta dei nuovi modelli. Accanto alla
mamma casalinga può essere rappresentata la mamma impegnata.
Dal 2000 a oggi
Irene Biemmi, è docente di Pedagogia Speciale, costruisce strumenti per valutare in un’ottica di
genere il materiale didattico con l’auspicio che possa servire a una vasta categoria di utenti, ad
esempio alle maestre e ai maestri come un ulteriore criterio di scelta circa il libro di testo da
adottare. Questo strumento può essere usato dai genitori, per evitare di proporre ai propri figli e
figlie un immaginario ripetitivo di principi azzurri.
Adottare una prospettiva di genere nella formazione può influire sulla consapevolezza dei futuri
insegnanti, non solo una pratica di autosservazione ma anche migliorando la qualità del loro
intervento in termini sia di relazione che di valutazione. Dalla ricerca di Biemmi è emerso che:
Il genere: per quanto riguarda il genere dei protagonisti, in media il 59% è maschio e il 37%
è femmina. Ogni 10 protagoniste femmine ci sono 16 protagonisti maschi.
Le professioni: ai protagonisti maschili sono attribuite 80 diverse tipologie professionali (tra
le quali: cavaliere, capitano, soldato, ferroviere, marinaio, mago, scrittore, geologo,
esploratore, scultore, architetto, bibliotecario, medico, direttore d'orchestra ecc.). Alle
protagoniste femminili soltanto 23, tra le quali: maestra, cuoca, babysitter, regina,
cameriera ecc.
Attributi fisici: gli attributi fisici vengono utilizzati in maniera quasi uguale per entrambi e
sessi. Ma viene nuovamente confermata la tesi di Alma Sabatini: esiste una discrepanza tra
gli attributi usati per le femmine rispetto a quelli usati per i maschi. Tra gli aggettivi rivolti ai
maschi: sicuro, orgoglioso, avventuroso, saggio, audace, egoista, duro, generoso. Tra gli
aggettivi riferiti esclusivamente al genere femminile antipatica, pettegola, invidiosa,
apprensiva, vanitosa, smorfiosa, comprensiva, docile, dolce, innocente, ipersensibile.
Attività preferite. I passatempi dei maschi sono: andare in bicicletta, ascoltare la musica,
cantare, suonare il flauto, suonare. I passatempi delle femmine sono: ammirare la natura,
fare pulizie, cucinare, disegnare.
L’ambientazione: spazi maschili e femminili. I maschi sono onnipresenti, sia nello spazio
chiuso che in quello aperto. Quando la protagonista è una donna adulta, la storia è
ambientata nel 18% spazi aperti e 37% chiusi. Gli spazi chiusi sono parrucchiere, estetista.
Biemmi individua quattro anti stereotipi:
Capitolo 4
Buone pratiche didattiche
Il progetto Polite
Il progetto Polite (acronimo di Pari Opportunità nei libri di testo) è un progetto europeo di
autoregolamentazione per l’editoria scolastica realizzato tra la fine degli anni 90 e i primi anni
duemila. Il progetto è stato cofinanziato dall’unione europea. Barbara Mapelli racconta che il
progetto è nato per orientare gli editori alla parità di genere, soprattutto in seguito agli
ammonimenti che la comunità europea riserva all’Italia. Il documento evidenzia e argomenta le
caratteristiche auspicabili di un libro scolastico attento all’identità di genere. Il codice di
autoregolamentazione non è un vincolo alla pubblicazione, sono gli editori stessi che stabiliscono
se aderirvi o meno. Il codice è stato firmato nel 1999. Gli obiettivi sono:
Attraverso biografie eccezionali: modelli virtuosi sia maschili che femminili. L’importante
però è ricordare sempre il contesto storico che rendeva difficile alle donne l’accesso a molte
professioni.
Attraverso la narrazione di esperienze personali, anche sotto forma di interviste, ove sia
possibile, di persone comuni appartenenti ai due generi.
Scegliere i libri di narrativa seguendo i suggerimenti proposti dal codice di
autoregolamentazione Polite. E usare la stessa accortezza nella scelta dei libri di testo.
Evitare alcune attività o passatempi tipici del femminile o tipici dei maschi. Il fatto che sia
un numero maggiore di maschi a fare quell’attività non significa che sia un’inclinazione
difficile da rintracciare per le femmine.
Evitare di associare le esperienze di emozioni e i sentimenti ad un genere piuttosto che ad
un altro.
Smontare, demistificare i luoghi comuni che spesso scaturiscono nelle espressioni degli
alunni e alunne nei momenti informali.
Inserire una dimensione valoriale anche in discipline scientifiche.
Dopo aver evidenziato il “come” si insegna, osserviamo il “cosa” si insegna. Esiste un canone etico
nella trasmissione del sapere, che si snoda attraverso i programmi scolastici, soprattutto nelle
scuole medie e inferiori e superiori.
Il Settecento è un secolo in cui per la prima volta le donne hanno accesso alla scrittura, entrano a
pieno titolo nei salotti riservati al fare poesia, nasce il romanzo e le fruitrici sono soprattutto
donne. L’iconografia cambia e nelle rappresentazioni di interni appaiono donne lettrici, curiose
geografe, frequentatrici di biblioteche. Si può riscrivere una storia della civiltà letteraria del
Settecento alla luce di saggi, monografie, antologie scritte da viaggiatrici.
Non basta riservare dei paragrafi sui libri di testo riservati alla letteratura femminile, poiché questa
non è una parentesi a sé stante della storia ma uno degli importanti tasselli che contribuiscono a
costruire il pensiero del secolo stesso in termini di valori, credenze, produzione scientifica. Il
fenomeno delle donne che leggono è epocale.
Nella storia della tradizione può cambiare molto, quando a confrontarsi sono le donne. Si tratta di
avviare un processo di de-rimozione.
Quando pensiamo a cosa si insegna è importante tenere presente che il canone può essere
definito e che la canonizzazione è legata al maschile poiché si tratta di un prodotto storico.
Giochi
Il gioco del rispetto propone delle memotessere con 20 coppie di maschi e femmine che fanno lo
stesso mestiere. È uno strumento utile poiché il gioco può intervenire nella pratica educativa
informale, diventa così preziosa occasione di educazione al genere, contribuendo a fornire un
immaginario in cui non esistono lavoro preclusi al genere. Il gioco può anche essere costruito
artigianalmente sia dall’insegnante che dal gruppo classe.
Capitolo 5
Formare insegnanti
Formazione e trasformazione
Nel 2019, si è reso necessario istituire una commissione Parlamentare per il contrasto ai fenomeni
di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.
Il razzismo è una discriminazione basata sulla razza. Chimamanda Ngozi Adichie scrive che tutti
comprendono immediatamente la gravità di una discriminazione basata sulla razza ma meno
quella basata sul genere. Se torna urgente affermare valori come l’antirazzismo e l’antifascismo,
conviene affermare pure le pari opportunità tra uomini e donne.
Stefano Ciccone ricorda che la violenza degli uomini sulle donne non è riducibile a mera devianza,
ma è espressione di un sistema di valori, di un modello di relazioni, di un’idea di sessualità che
deve essere posta al centro di una pratica collettiva di trasformazione. Ripensare ai modelli di
costruzioni dell’identità di genere permette per gli uomini e per le donne l’apertura di nuove
possibilità di relazione. Ma non bastano per leggere gli eventi. Il problema, infatti, sta nelle nostre
famiglie, nelle relazioni che abbiamo costruito. Le prostitute vengono definite “donne che si
vendono”, ma i loro clienti non hanno definizioni se non quella di clienti. Sembrerebbe una
rimozione del maschile, quando sappiamo che gli uomini sono i principali artefici del fenomeno. In
Italia gli uomini scelgono di pagare una donna per avere un rapporto sessuale senza la fatica di
sostenere una relazione. Questa immagine alimenta nell’immaginario maschile la fantasia di poter
scegliere le donne.
Le donne non fanno figli da sole. Gli uomini sono soggetti coinvolti nel fenomeno, eppure rimossi.
Includerli significherebbe porre attenzione a quella particolare relazione che ha dato origine a una
gravidanza indesiderata.
Ciccone parla di una nuova etica della cura. Una cura che segna un confine poiché impone di
prescindere dai propri desideri e bisogni per ascoltare i bisogni dell’altro. Una paternità diversa dal
pater familias ma nemmeno riducibile al mammo. Il maschile ha costruito l’idea della libertà intesa
come in-dipendenza: i miti maschili di libertà risultano legati a una condizione di solitudine. La
dipendenza della madre con il figlio neonato vede l’uomo come protagonista di una relazione che
gli consente di costruire uno spazio privilegiato. Secondo Ciccone questa ricchezza dell’uomo
rappresenta l’onnipotenza del materno, che segna la costruzione dell’identità di genere delle
donne.
La crescita individuale è sapersi sottrarre dallo sguardo dell’altro per rientrare nei territori
dell’interiorità. Una nuova cultura, una cultura della parzialità, può essere la prospettiva per
costruire nuovi rapporti tra uomini e donne. Donne e uomini sono più simili che diversi tra loro.
Sono simili se consideriamo le fragilità e la ricchezza dell’esperienza umana, se valorizziamo le
virtù.
Pedagogia ed educazione di genere
Con educazione di genere si intende l’insieme dei comportamenti, delle azioni, delle attenzioni
messe in atto quotidianamente, in modo più o meno intenzionale, da chi ha responsabilità
educativa in merito ai vissuti di genere, ai ruoli di genere e alle relazioni di genere dei giovani e dei
giovanissimi.
Spettacoli come Uomini e Donne, la pupa e il secchione, mostrano un certo modo, socialmente
apprezzato, di considerare i talenti: il corpo per lei e la mente per lui.
L’educazione di genere presente nelle nostre strade, non sottoposta al vaglio critico, crea
un’abitudine, immagini ricorrenti di femminile e di maschile, fino a insinuarsi nei giocattoli, nelle
filastrocche, nelle fiabe. Tutto questo concorre a formare i ruoli di genere, ossia le aspettative di
comportamento associate alla femminilità e alla maschilità. Gli stereotipi sessuali si basano sul
sesso biologico delle persone per spiegare comportamenti, tratti di personalità, ma anche
competenze e abitudini. Gli stereotipi sessisti sono la parte più violenta degli stereotipi sessuali
perché rimandano a una concezione negativa.
La pedagogia di genere procede a livello meta. La pedagogia di genere si occupa di rilevare i
modelli impliciti di bambini e di bambine cui quotidianamente fanno riferimento insegnanti,
educatori e educatrici e di osservare come questi modelli si riassumono nella pratica. Si occupa di
confrontare le istanze della tradizione con le più recenti acquisizioni sul genere. La pedagogia di
genere ha una lunga storia, partita dal concetto di uguaglianza tra i sessi, poi approdata agli studi
sulla differenza del femminile ed infine gli studi attuali, incentrati sul concetto di complessità. È
questo lo sfondo che caratterizza la formazione a mettere in discussione prospettive di significato
abituale dei sessi. Si tratta di una prospettiva epistemologica particolare in quanto vede la
formazione come una pratica di conoscenza e consapevolezza lontana dalla tendenza quasi
maniacale a fissare obbiettivi e metodi, a documentare. Prioritario è considerare la pratica come
una pratica di cura rivolta a sé, in grado di generare, grazie al gruppo, alla relazione, all’ascolto una
nuova comprensione nei confronti delle cose. Il benessere è ciò che ci consente di essere autentici
nel nostro lavoro: in sintonia con l’immagine che abbiamo di noi. È una formazione che potremmo
chiamare ermeneutica pratica: usare i saperi pratici, le conoscenze legate ai fatti della vita, per
renderli visibili e condivisibili. Considerare questa come una delle tante forme del sapere. Si tratta
di prendersi cura della propria formazione. La pedagogia di genere non è una pedagogia dei
contenuti, ma un’esperienza che si fa conoscenza attraverso l’incontro. Cambiare l’immaginario si
può. L’educazione di genere è un tema trasversale, fondativo di tutto il fare scuola. Ma ancora di
più, l’educazione di genere nelle scuole offre l’occasione di creare comunità unita, attraverso la
formazione di cittadini e cittadine.
Storie senza stereotipi
Storie senza stereotipi è un progetto nato nel 2019 in una scuola primaria di provincia e vede il
coinvolgimento di tre classi seconde e di una classe quinta. L’adesione è stata volontaria da parte
delle insegnanti. Il progetto si inserisce nell’istituzione scolastica agendo su due fronti. Il primo è
quello della formazione con gli insegnati, il secondo è quello è quello con i bambini. Il percorso
volto alle insegnanti vuole avviare una riflessione sul ruolo del docente all’interno dei percorsi
formativi, in riferimento alla costruzione e alla trasmissione di stereotipi e porre l’accento sul
curriculum nascosto: valutare l’esperienza di vita come forma di conoscenza che condiziona il
“cosa” si insegna e il “come”.
La sfida della scuola è educare per aiutare il soggetto a formarsi.
Il Novecento è testimone di un rovesciamento del teatro. Un teatro che privilegia il processo più
del prodotto, un teatro necessario, dove non vi è azione di gruppo senza un lavoro su sé stessi. I
modi di fare teatro a scuola spaziano dal gioco drammatico, alla narrazione, dal laboratorio, alla
messa in scena di testi autoprodotti.
Il teatro, nella forma della messa in scena costituisce uno spazio di finzione condivisa, dove la
posizione protetta dello spettatore consente una facile relazione con personaggi che
rappresentano anti stereotipi sociali.
L’importanza del corpo nell’azione teatrale lo sottrae a modelli di bellezza omologati ai quali sono
sottoposti anche i corpi di molti bambini. I nostri corpi sono il primo luogo in cui si gioca la
rappresentazione della differenza sessuale.
L’esposizione abituale a forme di arte teatrale sensibilizza i piccoli alla narrazione e all’estetica
teatrale.
Un tema fondamentale nella differenziazione per genere è l’espressione delle emozioni e dei
sentimenti: come vengono tollerati o valorizzati in base al sesso e come vengono sviliti o rimossi.
La rimozione dell’aggressività nelle donne è il risultato di un’educazione protrattasi per secoli.
Il percorso termina con le professioni declinate sia al femminile che al maschile con la realizzazione
di una sagoma di carta da vestire con la professione preferita. L’uso del linguaggio teatrale
potrebbe declinarsi in una metodologia laboratoriale. L’educazione alla teatralità dovrebbe inserirsi
nella vita scolastica sotto forma di un processo e l’esposizione a storie narrate con un linguaggio
teatrale. L’educazione al genere non può esaurirsi in interventi di persone esterne restituendo alla
teatralità una capacità trasformativa e non solo una funzione di intrattenimento, può essere uno
strumento utile per promuovere una cultura della parità.
ImPARIaSCUOLA
Il sito di ImPARIaSCUOLA è un serbatoio di strumenti. Strumenti per gli insegnanti, per gli educatori
e le educatrici e per i genitori. Per chiunque si interessi alla parità dei diritti tra uomo e donne, per
chi vuole proporre fiabe con ruoli non stereotipati. Il progetto “ImPARiaSCUOLA” si propone di
promuovere una cultura di genere e di valorizzazione delle differenze nelle scuole, con
un’attenzione specifica ai temi del lavoro e delle pari opportunità. Rivolto alle scuole primarie e
secondarie, il progetto prevede incontri di formazione e sensibilizzazione con docenti e genitori, e
la realizzazione di attività con alunne e alunni delle classi coinvolte. Nel sito si trovano video
realizzati con gli studenti, delle ricerche recenti nell’ambito universitario che trattano temi legati
agli stereotipi di genere, una filmografia per bambin e ragazzi e anche dei libri consigliati. Il cuore
del progetto è il lavoro con gli adulti, cercando di costruire un ponte tra insegnanti e genitori. Gli
incontri sono separati, hanno lo scopo di offrire strumenti didattici agli insegnanti. Gli incontri con
gli insegnanti sono 4. I primi due teorici e gli altri due pratici. In questo modo si vuole rendere
autonomo l’insegnante, poiché l’ottica di genere è un modo diverso di fare didattica, di relazionarsi
con la classe e strutturarla.
ImPARIaSCUOLA è nato nel 2010, su richiesta della consigliera delle Pari Opportunità.
Il progetto non può essere imposto, ma deve essere volontariamente scelto dagli insegnanti perché
ha a che fare con la propria identità.
Nella primaria ci si concentra sul tema dell’identità. Nel quarto e nel quinto anno si affronta anche
il tema dei ruoli in famiglia. Mentre nelle medie vengono svolte ricerche, discussioni di gruppo.
L’educazione di genere in altri paesi fa parte del programma ministeriale. In Italia si tratta di una
linea guida, quindi l’attuazione è a discrezione delle scuole e degli insegnanti.
ImPARIaSCUOLA è l’unico progetto presente nel Nord Italia che affronta nelle scuole il tema degli
stereotipi di genere nell’ambito della formazione. Nel Centro Italia è presente l’associazione Scosse
e il progetto Alice.