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AIF – Olimpiadi di Fisica 2011 Gara Nazionale: PROVA TEORICA – Senigallia – 29 Aprile 2011

1 Sistema trasportatore a rulli. Punti 85

Un sistema trasportatore a rulli è realizzato da tanti rulli omogenei posti su un piano inclinato di un
angolo α, come mostrato in figura. Gli assi dei rulli sono perpendicolari al foglio e ognuno di essi può
ruotare indipendentemente dagli altri (si ipotizzi, cioè, che i rulli non siano direttamente a contatto, ma
siano separati da una distanza trascurabile). Ogni rullo ha massa m e raggio R.

Una lastra omogenea di massa M si sposta sopra i rulli. La lunghezza della lastra è ℓ = 4N R. Si
ipotizzi inoltre che in ogni istante la lastra sia a contatto con esattamente 2N rulli, anche nel momento in
cui il retro della lastra si stacca da un rullo e il fronte si appoggia sul successivo che è fermo. Quando ciò
accade la lastra rallenta e il rullo inizia a ruotare fino a quando le loro velocità soddisfano la condizione
di non slittamento; per tutto questo tempo i rulli che si muovevano già con la lastra ruoteranno in modo
da non farla slittare. L’effetto finale sarà dunque di rallentare la lastra e i rulli che si muovevano con essa
e di accelerare il rullo inizialmente fermo. Nel nostro caso si faccia l’ipotesi che tutto questo avvenga in
un tempo trascurabile cosicché le forze di interazione si possano trattare come impulsive: si tratta quindi
di un “urto”.
Inizialmente tutti i rulli sono fermi e la lastra viene appoggiata su di essi e poi lasciata scorrere. Sia g
il modulo dell’accelerazione di gravità e si indichi con v il modulo della velocità del centro di massa della
lastra e con ω il modulo della velocità angolare dei rulli. Si ipotizzi che l’attrito statico tra un rullo e la
lastra sia sufficiente a non far slittare la lastra.
1. Trovare una relazione tra v e ω, che valga nel lasso di tempo che intercorre tra un urto ed il successivo,
e dire se le velocità angolari dei rulli a contatto con la lastra sono tutte uguali.

Si indichi con vn e vn′ i moduli delle velocità subito prima e subito dopo un urto tra la lastra e il rullo
n-simo.
2. Si consideri il moto della lastra tra un urto e l’altro. Calcolare di quanto aumenta v 2 tra due urti, cioè
2
trovare vn+1 − vn′ 2 .
3. Si consideri ora il processo di urto della lastra con un rullo. Trovare una relazione che lega vn′ e vn .

Nell’ipotesi che la distanza percorsa dalla lastra sia sufficientemente lunga, la lastra raggiungerà una
condizione di regime.
4. Nel caso particolare M/m = 8, calcolare i moduli vℓ e vℓ′ delle velocità limite raggiunte dalla lastra
subito prima e subito dopo ciascun un urto.
5. Nella condizione di regime, di quanto varia la velocità della lastra tra due urti consecutivi?
6. Tracciare un grafico che esprima l’andamento temporale della velocità della lastra in condizione di
regime.

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AIF – Olimpiadi di Fisica 2011 Gara Nazionale: PROVA TEORICA – Senigallia – 29 Aprile 2011

2 Nuclei speculari. Punti 85

In questo problema ci proponiamo di fornire una stima delle dimensioni e della densità dei nuclei
A
atomici. Indicheremo i nuclei con la notazione Z XN , dove A = Z + N è il numero di massa del nucleo,
Z il numero di protoni e N il numero di neutroni. Supporremo che i nuclei abbiano forma sferica ed una
densità di massa, δ, uniforme e uguale per ognuno di essi.
1. Il raggio dei nuclei dipende dal numero di massa A; si dimostri che la relazione tra queste due grandezze
è del tipo: R(A) = R0 Aα . Si trovi l’espressione di R0 in funzione di δ e della massa di un nucleone
m (per gli scopi del presente esercizio si può trascurare la piccola differenza di massa – 0.14 % – tra
neutrone e protone); si trovi il valore di α.
Nel seguito del problema ci proponiamo di ricavare un valore numerico di R0 e per questo servirà una stima
grossolana dell’energia potenziale elettrostatica di un nucleo, Ue . A tale scopo, si supponga che la carica
+Ze del nucleo sia distribuita uniformemente nel suo volume (è evidente che questa approssimazione sarà
ragionevole solo per Z abbastanza grande). Si consideri quindi una sfera di raggio R in cui è distribuita
uniformemente una quantità di carica elettrica +Ze.
2. Si determini l’energia potenziale e.s. della sfera; si troverà un’espressione del tipo Ue = β Z 2 Aγ . Si
determinino β e γ.

Diremo che due nuclei sono speculari se valgono le relazioni Z1 = N2 e Z2 = N1 con l’ulteriore
condizione che i due elementi siano contigui nella tavola periodica, cioè tali che Z2 = Z1 + 1; formano
13 13
una coppia di nuclei speculari, ad esempio, 6 C7 e 7 N6 .
In fisica nucleare si definisce energia di legame, Eℓ , di un nucleo l’energia che serve per separare
tutti i nucleoni che lo compongono. Sulla base di un modello, proposto nel 1939 da Bohr e Wheeler,
che assimila il nucleo atomico ad una goccia di liquido, Bethe e Weizsäcker hanno ricavato una formula
semi-empirica che esprime l’energia di legame come la somma di
• due termini dovuti all’interazione forte che tiene uniti i nucleoni; questi termini dipendono soltanto da
A (l’interazione forte infatti non distingue tra protoni e neutroni) e li indicheremo complessivamente
con F (A);
• un termine dovuto all’interazione elettrostatica tra i protoni, Ue , calcolata sopra; questo termine ha
segno negativo, in quanto la repulsione tende a disgregare il nucleo;
• due termini dovuti al principio di esclusione di Pauli; il primo di questi è direttamente proporzionale
a (A − 2Z)2 /A; il secondo risulta nullo nel nostro caso.
In definitiva, quindi, possiamo scrivere, per i nuclei speculari che consideriamo qui,
(A − 2Z)2
Eℓ = F (A) − Ue + η (dove η è un coefficiente di proporzionalità).
A
3. Si dimostri che la differenza di energia di legame di due nuclei speculari è l’opposto della loro differenza
di energia potenziale elettrostatica e si scriva la differenza di energia di legame in funzione di A, usando
per Ue l’espressione ricavata al punto 2. dove, per tener conto del fatto che la repulsione si ha solo per
Z > 1, è opportuno sostituire Z 2 con Z(Z − 1).

Nella tabella seguente sono elencate varie coppie di nuclei speculari, per diversi valori del numero di
massa. Per ciascun nucleo è indicata, tra parentesi, l’energia di legame, in MeV.

A Nucleo 1 Nucleo 2
35 35
35 17 Cl18 (298.2) 18 Ar17 (291.5)
45 45
45 22 Ti23 (385.0) 23 V22 (377.1)
55 55
55 27 Co28 (476.8) 28 Ni27 (467.3)
65 65
65 32 Ge33 (556.0) 33 As32 (545.9)
75 75
75 37 Rb38 (633.6) 38 Sr37 (622.3)

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4. Si riporti su un grafico la differenza di energia di legame in funzione di un’opportuna funzione di A,


scelta in modo che la relazione che ne risulta sia una proporzionalità diretta e si ricavi una stima del
valore della costante di proporzionalità: da questa si ricavi il valore di R0 .
5. Usando il valore trovato per R0 , si dia una stima della densità di massa (si assuma come massa di
un nucleone il valore 1.674 × 10−27 kg) dei nuclei. Si dia inoltre una stima della densità di carica del
35
nucleo 18 Ar17 .

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3 Ancora il campo elettrostatico radiale di modulo uniforme! Punti 85

Si considerino di nuovo (⋆) due superfici sferiche concentriche di raggi R1 = R ed R2 = 2R che


delimitano un volume V; un’opportuna distribuzione di cariche, in posizione determinata, è tale da
generare un campo elettrico radiale uscente, il cui modulo (E0 noto) è uguale in tutti punti del volume V;
il campo elettrico è nullo nei punti interni alla prima superficie (quella di raggio minore) e nei punti
esterni alla seconda superficie. Per ottenere questo è necessario porre una distribuzione di carica positiva
sulla superficie interna, una negativa sulla superficie esterna ed un’ulteriore distribuzione volumetrica
nello spazio tra le due superfici, in modo tale che la carica totale sia nulla.
1. Quanto valgono le densità di carica superficiale (uniformi) sulle due superfici sferiche di raggio R1
ed R2 ?
2. Quanto vale la densità media di carica spaziale tra le due superfici sferiche di raggio R1 ed R2 ?
Si può facilmente verificare – per esempio considerando due corone sferiche di uguale volume – che la
densità di carica spaziale non può essere uniforme; essa sarà quindi funzione della distanza dal centro:
ρ = ρ(r).
3. Determinare l’andamento della densità volumetrica di carica ρ(r) al variare della distanza dal centro (†)
4. Tracciare i grafici del campo elettrico E(r), della densità di carica (volumetrica) ρ(r) e del potenziale
e.s. V (r), con V∞ = 0, per ogni r compreso nell’intervallo [ 0, R′ ] con R′ > 2R.

Una particella di massa m e carica q > 0, lanciata radialmente


dall’esterno verso il centro della distribuzione sferica, riesce ad
attraversare la sfera se la sua velocità iniziale ha un valore qua-
lunque maggiore di v0 (e la conservazione dell’energia mostra che
v02 = 2q E0 R/m). Si consideri l’esperimento descritto in figura: la
stessa particella viene lanciata, da fuori, con velocità di modulo
v0 in modo che nel punto di ingresso la direzione sia ruotata di
45◦ rispetto a quella radiale; la particella raggiunge una distanza
minima dal centro delle distribuzione (rmin ) per poi uscire di nuovo
all’esterno.
5. Spiegare perché la traiettoria della particella è certamente una
curva piana.

6. Scrivere l’equazione che dà il valore di rmin e risolverla in termini


della variabile z = r/R con un’opportuna tecnica numerica e con
l’approssimazione dell’1 %.
———————
(⋆)
cfr Olimpiadi di Fisica 2011 – Gara di 2o Livello, 11 febbraio 2011
(†)
NOTA: la soluzione deve essere trovata senza ricorrere all’uso dell’operatore differenziale “Divergenza”.
Suggerimento: Se la densità spaziale di carica dipende solo da r, questa si potrà considerare uniforme in
una corona sferica di raggio r di spessore infinitesimo dr . . .

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4 Due altoparlanti. Punti 45

Due altoparlanti, ciascuno dei quali ha una potenza P , emettono


onde sonore sinusoidali con la stessa frequenza, ν. I due alto-
parlanti sono in fase tra loro e possono essere considerati come
sorgenti puntiformi che irradiano in maniera isotropa in tutto lo
spazio. Sia d la distanza tra di essi e si immagini un quadrato,
di lato d, con due vertici in corrispondenza dei due altoparlanti.
La velocità del suono in aria sia v = 338 m s−1 . A lato si vede la
sistemazione degli altoparlanti.
1. Ponendo gli altoparlanti a 3.5 m di distanza, qual è la frequenza
che devono avere le onde emesse dagli altoparlanti affinché nel
vertice B del quadrato si abbia un massimo d’interferenza del
prim’ordine? In questa situazione, quanti minimi ci sono e in
che posizione si trovano lungo il perimetro del quadrato?
2. Si consideri ora il caso di una nota da 440 Hz emessa dagli altoparlanti nella configurazione precedente.
Nel punto B, qual è il rapporto tra le ampiezze delle onde provenienti dai due altoparlanti? E la
differenza di fase?
3. Gli altoparlanti vengono spostati mantenendo la configurazione che si vede nella figura precedente
variando la lunghezza d del lato del quadrato. Quando suona la nota ν = 440 Hz, nel vertice B,
l’intensità del suono non cambia accendendo o spegnendo l’altoparlante più lontano, S2 . Quali sono i
due più piccoli valori della distanza d per cui questo si verifica?

Materiale prodotto dal gruppo


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PR

OLIMPIADI fax: 041.584.1272 e-mail: [email protected]

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