Corte Costituzionale
Corte Costituzionale
Corte Costituzionale
Corte Costituzionale
LA CORTE COSTITUZIONALE
La Corte costituzionale è un organo costituzionale al quale è stato affidato, oltre che il 1. giudizio
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di
legge, dello Stato e delle Regioni, anche 2. il giudizio sui conflitti di attribuzione fra i poteri dello
Stato, fra lo stato e le Regioni e fra le Regioni, 3. il giudizio sulle accuse promosse contro il
Presidente della Repubblica ed, infine, 4. il giudizio sulla ammissibilità del referendum
abrogativo.
1. LA COMPOSIZIONE ED IL FUNZIONAMENTO
La Corte costituzionale è composta in modo diverso a seconda che giudichi sulle 1. controversie di
legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, 2. sui conflitti di attribuzione e
3. sull’ammissibilità del referendum abrogativo ovvero 4. sulle accuse mosse dal Presidente della
Repubblica.
Nei primi tre casi, la Corte è composta da quindici giudici (15) nominati per un terzo dal
Presidente della Repubblica ed eletti per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo
dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative. La legge 11 marzo 1953, n. 87 e la legge
cost. 22 novembre 1967, n. 2 hanno ulteriormente precisato:
Che i giudici la cui nomina spetta alle supreme magistrature sono eletti: tre da un collegio
composto dai magistrati della Corte di cassazione, uno da un collegio composto dai magistrati del
Consiglio di Stato ed uno da un collegio composto dai magistrati della corte dei conti;
che i giudici la cui nomina spetta al Parlamento in seduta comune sono eletti a scrutinio
segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti del primo, secondo e terzo scrutinio e
dei tre quinti dei componenti negli scrutini successivi al terzo;
che i giudici la cui nomina spetta al Presidente della Repubblica sono nominati con suo
decreto, controfirmato dal Presidente del consiglio dei ministri. A questo riguardo va ricordato che
i decreti di nomina dei cinque giudici costituzionali rientrano fra gli atti che si sono definiti
formalmente e sostanzialmente presidenziali.
I giudici della Corte costituzionale, quale sia l’organo che li nomina o li elegge, sono scelti:
fra i magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori, ordinaria e amministrative;
fra i professori ordinari di università in materie giuridiche;
fra gli avvocati dopo venti anni di esercizio professionale.
NEI GIUDIZI SULLE ACCUSE CONTRO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, la composizione ordinaria
della corte viene integrata con l’aggiunta di altri 16 membri (giudici aggregati) tratti a sorte da un
elenco di persone compilato mediante elezione ogni 9 anni, dal Parlamento in seduta comune, fra i
cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore.
I GIUDICI COSTITUZIONALI DURANO IN CARICA 9 anni ma anche se è scaduto il loro mandato,
rimarranno in carica fino al termine del giudizio di accusa contro il Presidente della Repubblica.
I giudici della Corte, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento di osservare la
Costituzione e le leggi nelle mani del Presidente della Repubblica, alla presenta dei Presidenti
delle due Camere.
Le udienze della Corte sono pubbliche, ma il Presidente può disporre che si svolgano a porte
chiuse quando la pubblicità può nuocere alla sicurezza dello Stato o all’ordine pubblico o alla
morale.
La Corte funziona con l’intervento di almeno undici giudici. Le decisioni sono deliberate in Camera
di consiglio dai giudici presenti a tutte le udienze in cui si è svolto il giudizio e vengono prese con la
maggioranza assoluta dei votanti.
I GIUDIZI SULLA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLE LEGGI E DEGLI ATTI AVENTI FORZA DI
LEGGE
La giurisprudenza della Corte ha individuato alcuni criteri che valgono come INDICI
DELL’ECCESSO DI POTERE LEGISLATIVO. Tali criteri sono:
quello dell’assoluta illogicità, incoerenza od arbitrarietà della motivazione della legge o
della palese contraddittorietà rispetto ai presupposti;
quello della irragionevolezza delle statuizioni legislative rispetto alla realizzazione
concreta del fine;
quello della incongruità fra mezzi e fini che la legge intende conseguire.
L’illegittimità costituzionale delle leggi e degli atti equiparati può farsi valere secondo due distinti
procedimenti: UN PRIMO PROCEDIMENTO IN VIA D’ECCEZIONE (O INCIDENTALE) ed UN
SECONDO IN VIA D’AZIONE (O PER IMPUGNATIVA DIRETTA).
riesame della sua legittimità nell’ipotesi in cui la stessa parte in un altro giudizio o una parte
diversa ripropongano la questione adducendo ad altri motivi di incostituzionalità.
Ne deriva che la Corte, potrebbe successivamente ritenere illegittima una disposizione
legislativa per vizi diversi da quelli in un primo tempo denunciati. Non solo, ma può anche
accadere che la corte, che aveva dichiarato l’infondatezza della questione, muti giurisprudenza e
dichiari illegittimità della disposizione legislativa ancorché la questione che le stata sottoposta sia
identica a quella prima respinta, nel senso che denuncia i medesimi vizi di incostituzionalità.
QUELLO CHE DEVE SEMPRE PREVALERE È IL FAVOR CONSTITUTIONIS se la Corte dichiara
l’illegittimità della legge o dell’atto avente forza di legge, questi perdono efficacia. Se la Corte ritiene
infondata la questione di illegittimità nulla esclude che questa possa essere ripresentata facendo
valere altri o stessi motivi. Se è sollevata la questione relativamente a norme già dichiarate
incostituzionali, la Corte dichiara la questione inammissibile.
LE SENTENZE INTERPRETATIVE DI RIGETTO, si hanno quando la Corte, avendo tratto dal testo
legislativo una norma in tutto od in parte diversa da quella tratta dalle parti e dal giudice ,
dichiara che, rispetto a questa norma, non sussistono vizi di legittimità costituzionale, facendo in
tal modo salvo il testo legislativo.
Le sentenze interpretative di rigetto non valgono a privare d’efficacia la legge, nel senso che fanno
salvo il testo legislativo e non hanno efficacia erga omnes. Inoltre, non spetta ad essa
l’accertamento del contenuto di precedenti sue sentenze. Si tratta allora di esaminare se
vincolato all’interpretazione della Corte sia il giudice a quo. La dottrina a riguardo è divisa.
Qualora alla corte continuassero a pervenire a questioni di legittimità costituzionale formulate
secondo l’interpretazione del testo legislativo da essa respinte, alla stessa non resterebbe che
colpire il testo dichiarandone la illegittimità costituzionale con una sentenza puramente di
accoglimento.
QUANTO ALLE SENTENZE INTERPRETATIVE DI ACCOGLIMENTO, esse si hanno quando la Corte
dichiara l’illegittimità costituzionale di un testo se ed in quanto si ricavi da esso una determinata
norma. In tal modo vengono fatte salve tutte le altre possibili interpretazioni del testo, in altre
parole e dichiarato illegittimo un certo significato del testo che viene e spunta dall’ordinamento
giuridico.
Decisioni di questo tipo sono andate via via rarefacendosi ed oggi la corte preferisce ricorrere a
sentenze di accoglimento parziale che si hanno quando, pur lasciando immutato il testo, la corte
dichiara la illegittimità costituzionale di norme o di frammenti di norme da esso desumibili in via
interpretativa.
Con questo tipo di sentenze la Corte in realtà interviene sulla portata normativa della
disposizione, che viene estesa, ridotta o comunque mutata, in modo da ricondurre il testo stesso
nell’alveo della legittimità costituzionale. In tutti i casi in cui la Corte usa questa tecnica di
intervento sulla norma oggetto del suo giudizio, si parla di sentenze manipolative, che implicano
la nascita di una nuova norma, più ampia, più ristretta e, in ogni caso, diversa da quella che era
stata prospettata come illegittima dal giudice a quo.
La tipologia delle sentenze manipolativa comprende ancora:
a) LE SENTENZE ADDITIVE, con le quali la Core dichiara la illegittimità si un testo nella parte in cui
non contiene una previsione normativa, che deve necessariamente esserci; senza che ciò
significhi che la norma immessa sia creata dalla Corte, essendo essa già implicita nel sistema. Le
sentenze additive possono essere di grazia quando riconoscono un diritto fondamentale negato
dalla norma illegittima, o di prestazione, quando riconoscono una pretesa patrimoniale tutelata
dalla Costituzione e negata dalla norma illegittima. Queste sentenze sono state definite, per le
caratteristiche ora ricordate, additive di principio;
b) LE SENTENZE RIDUTTIVE, con le quali la corte dichiara l’illegittimità costituzionale di un testo
nella parte in cui contiene una previsione normativa, che non deve esserci.