Mischa Meier Giustiniano

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MISCHA MEIER: GIUSTINIANO

Giustiniano costituisce un punto di rottura con gli imperatori precedenti per quanto concerne la
tematica religiosa e la considerazione del popolo. Quest’ultimo era considerato una colonna
portante del potere imperiale ed era presente all’incoronazione dell’imperatore.
Agapito, Ekthesis: ci offre uno speculum principis su Giustiniano ed espone l’idea che giustiniano
aveva di sé “Dio non presuppone nulla e nessuno. L’imperatore presuppone soltanto Dio”.
L’insurrezione popolare è vista solo come un latrare di cani.
Da una raccolta di protocolli cerimoniali raccolti sotto Costantino VII Porfirogenito abbiamo anche
il resoconto dell’incoronazione di Giustiniano: Giustino I si era ammalato nell’aprile del 527 e
associa al trono Giustiniano. Tre giorni dopo, il 4 aprile 527, Giustino convocò all’interno del
palazzo un’assemblea dei più alti dignitari, dei senatori cui partecipò anche il patriarca di
Costantinopoli che incoronò Giustiniano.
Differenza con l’incoronazione di Leone II nel 474: egli la fa nell’ippodromo, in cui si riunirono il
popolo, gli ambasciatori e i soldati. Il nuovo imperatore salutò il popolo che lo acclamò e ricevette
il saluto del prefetto cittadino e dei senatori. Infine, venne elargito un dono in denaro ai soldati,
come d'uso.
Giustiniano dimostra di non aver bisogno del popolo perché la sua missione è voluta da Dio (ci
sonno le lettere al papa Ormisda -514-523-). Si ha inoltre un'evidente spinta verso la
cristianizzazione anche nell'iconografia imperiale: victoria nelle monete reinterpretata come un
angelo; avorio Barberini: Barberini: l'imperatore è a cavallo con l'armatura completa e conficca con
forza la sua lancia nel suolo. Ci sono una serie di particolari interessanti come i barbari in
atteggiamento umile. Tuttavia, l'intera scena è sovrastata dal Cristo Benedicente, alloggiato in
posizione centrale.
CAP I
Se si considerano le umili origini di Giustino e Giustiniano, l’intervento divino è l’unico modo per
spiegare la loro ascesa nella carriera politica.
Giustino proveniva da Bederiana, un paesino della Tracia, e venne a Costantinopoli per arruolarsi
nell’esercito (Procopio negli Anekdota). Acquisì esperienza militare nelle guerre dell'imperatore
Anastasio I contro gli Isauri e i Persiani e contro il generale ribelle Vitaliano. Quando Anastasio morì
era già comandante della guardia palatina (comes excubitorum). Molti fanno riferimento
all'ignoranza di Giustino., non definendo se il riferimento fosse soltanto alla cultura letteraria o se
fosse analfabeta.
Costantinopoli in questo periodo era residenza imperiale, sede del Senato romano orientale. È
sede anche del Patriarca, cioè il vescovo più importante delle province d'Europa e d'Asia minore
nell'impero romano d'Oriente. Quest'ultimo, a partire dal 451, pretese di essere equiparato al
medesimo rango del Papa. E’ qui che si anima la maggior parte delle controversie in materia di
confessione cristiana e sappiamo che la popolazione di Costantinopoli era schierata nella maggior
parte nella confessione fissata nel 451 al Concilio di Calcedonia. Tuttavia c'erano continue tensioni
anche a causa di correnti minoritarie come il monofisismo, sostenuto da Anastasio. Inoltre era
ancora presente il paganesimo e l’ebraismo.
Costantinopoli era stata fondata da Costantino l'11 maggio 330 ed era diventata la nuova residenza
imperiale. Era un luogo strategico perché permetteva di raggiungere rapidamente tutti i punti
nevralgici ai confini dell'impero dove si incrociavano importanti vie commerciali che collegavano il
Mar Nero all'area egea e l'Europa all'Asia. Costantino provvide all'edificazione di un'imponente
cinta muraria, che nel 413 Teodosio II iniziò ad espandere. Anche Anastasio fece approntare
un'ulteriore vallo difensivo a circa 65 km a ovest della città, le cosiddette lunghe mura che dal Mar
Nero arrivavano fino al Mar di Marmara.
Impossibilità di vedere il sovrano anche per i suoi membri di corte più vicini: egli compariva
soltanto in occasioni speciali, come messe e processioni, o per le corse dell’ippodromo.
Quest’ultimo disponeva di una loggia (kathisma) per l’imperatore, collegata direttamente al
palazzo. L’ippodromo era il luogo in cui avveniva l’incontro tra imperatore e popolo.
I momenti culminanti della vita pubblica erano le corse dei carri all’ippodromo. La popolazione
urbana si divideva in 4 tifoserie, anche se due apparivano le più importanti: i Verdi e gli Azzurri. La
rivalità fra le cosiddette fazioni del circo era aspra e finiva per scatenarsi in scontri di piazza cruenti.
Augusteon: piazza centrale di Costantinopoli. Qui vi era il senato, la basilica, le terme di Zeusippo e
Santa Sofia, la chiesa patriarcale.
Mese: via principale della città; attraversava il foro di Costantino e quello di Teodosio, per poi
giungere infine al Philadelphion, dove si trovava la scuola superiore della città.
In città vi erano diversi porti che rendevano possibili le operazioni di scarico delle navi provenienti
dall’Egitto, che trasportavano il grano. Queste rifornivano una popolazione che nell’autunno del
541, poco prima che scoppiasse la peste, aveva raggiunto i 500-600 mila abitanti. Per questo
Giustiniano dovette istituire un funzionario “quaesitor” tale da regolare l’immigrazione in città.
Morte di Anastasio: luglio 518
Dopo la sua morte non era stata ben definita la successione ma per certo sin da subito furono
messi fuori dai giochi i suoi 3 nipoti. Giustino all’epoca era il comandante della guardia di palazzo e
venne nominato proprio dai senatori. Una motivazione può esser stata la sua salda fede
calcedoniana e poi che, in quanto comes excubitorum, riuscì a guadagnarsi il favore dei soldati
presenti.
Moglie di Giustino: si chiamava Lupicina, era una schiava di origine barbarica. Secondo Procopio
questi l’avrebbe comprata e in un primo momento l’avrebbe tenuta come concubina. Al momento
dell’ascesa le avrebbe cambiato nome e l’avrebbe chiamata Eufemia.
Problematiche ai tempi di Giustino:
1) scisma acaciano (484-519) fra Roma e Costantinopoli. Il nome dello scisma riprende Acacio,
patriarca di Costantinopoli, e l’evento fu provocato dalla pubblicazione, sotto Zenone,
dell’Henotikon, di cui Acacio fu ispiratore. Tale documento doveva essere un tentativo di
riconciliazione tra calcedoniani e monofisiti. Questo documento scontenta il papa perché
lascia maggior spazio ai patriarcati orientali, andando a creare quasi un antipapa.
2) Problema dei barbari in Occidente: dopo il regno di Teodosio I, sotto il cui dominio l’impero
era stato unito per l’ultima volta, gli subentrarono i figli, in Oriente Arcadio e in Occidente
Onorio. Sotto di loro il potere passò ai magistri milituum, altri militari di origine germanica,
fra cui il vandalo Stilicone.
2.1) I visigoti di Alarico nel 410 prendono Roma e conquistano un’area di insediamento
nella Gallia meridionale dove fondarono un loro regno, il regno di Tolosa (nella ex
Aquitania) che durò dal 418-507.
3) La notte di capodanno fra 406 e 407 Alani, Vandali e Suebi attraversano il Reno. Valicarono i
Pirenei diretti in Spagna, dove avevano occupato la maggior parte della regione dividendola fra
loro. Alla fine del V secolo eliminarono le ultime enclaves romane e nel 507 sospinsero persino i
Visigoti oltre i Pirenei, dove questi costituirono un nuovo regno, quello di Toledo.
I Vandali nel 492 riescono persino ad arrivare in Africa sotto la guida di Genserico e in seguito il
dominio romano crollò in vaste aree delle province locali. Cartagine cadde nel 439. Da questo
momento in poi le incursioni dei Vandali rappresentarono un pericolo costante. Costantinopoli e
Ravenna si organizzarono congiuntamente vs i Vandali ma non ce la fecero. Alla fine ai Romani non
rimase che riconoscere il dominio vandalico sull’africa settentrionale (474).
Nel 451 Attila irruppe nella Gallia con un imponente esercito unno. Durante la battaglia dei Campi
Catalaunici, Ezio, magister militum dell’esercito romano occidentale, riuscì a respingere l’attacco
grazie ad una coalizione che comprendeva Romani, Visigoti e Franchi. Attila irruppe l’ anno dopo in
Italia. Una volta morti Ezio e il suo assassino, l’imperatore Valentiniano (455), si affermò magister
militum con l’intento di dominare l’occidente il germano Ricimero.
476: Odoacre depose Romolo Augustolo e inviò le insegne imperiali a Costantinopoli, a significare
che da quel momento l’occidente non aveva più bisogno di un imperatore e assunse il titolo di Rex
Italiae. Nel 488 l'imperatore d'Oriente Zenone incaricò gli Ostrogoti di Teodorico, che in quel
momento si trovava vicino a Costantinopoli, di eliminare Odoacre. Teodorico assolse il suo incarico
e nel 493 uccise Odoacre e in seguito governò l'Italia. Negli ultimi anni del suo regno si colloca
l'ascesa al trono di Giustino.
4) Guerra contro i Persiani già dal 502-506
CAP 2
Fine dell’impero romano d’Occidente: non fu minimamente avvertita dai contemporanei poiché
erano abituati a lunghi periodi di vacanza dal trono dopo la morte o la deposizione di un
imperatore. Tuttavia cominciava a diffondersi, fra tutti i cristiani, l’idea che il declino di Roma e la
fine del mondo fossero connessi l’una l’altra. Questa tradizione affondava le sue radici sulla
profezia veterotestamentaria di Daniele, relativa ai 4 regni terreni che si sarebbero succeduti e
l’identificazione dell’ultimo di questi con l’Imperium Romanum. Con la fine di Roma si associava il
ritorno di Cristo (Parusia) e con esso la fine del mondo terreno. I cronografi del III dC ponevano la
nascita di Cristo al 5500 e di conseguenza la sua Parusia all’anno 500 della datazione cristiana.
Quindi la fine del mondo incombeva minacciosa sotto il regno di Anastasio. Questi divenne
l’imperatore legato alla fine del mondo non solo perché regno attorno al 500 ma perché il suo
nome richiamava a tutti i contemporanei il termine greco “anastasis”, cioè resurrezione. In più
proprio sotto il regno di Anastasio si verificarono numerosissime calamità naturali, molte delle
quali durarono anche sotto Giustino e Giustiniano.
La paura dilagava ovunque e nel mondo cristiano crebbe l’edificazione di chiese. Per superare le
fatiche della quotidianità gli uomini avevano bisogno di rassicurazioni, e in quest’ottica si pose
l’apocalittica: modello che consentiva agli uomini di orientarsi perché attraverso di essa le paure
del presente venivano proiettate in un futuro certo.
CAP 3
Dopoché Giustino ebbe consolidato la sua posizione a Costantinopoli, chiamò in città suo nipote
Petrus Sabbatius e gli fece avere una solida istruzione. Questi più tardi prese il nome di Flavius
Petrus Sabbatius Iustinianus, era nato tra il 481 e il 482 a Taurisium, vicino Bederiana (Tracia:
attuali Grecia, Bulgaria e Turchia europea). A corte egli fece carriera rapidamente e alla morte di
Anastasio egli era presente in qualità di candidatus (= membro di una guardia da parata di palazzo),
poi 519 fu comes e sappiamo che prima del consolato (521) egli fu magister equitum et peditum
praesentialis. Dopo il consolato ricevette il titolo di patricius.
Sostenne energicamente la fazione circense degli Azzurri, forse per avere la possibilità di utilizzarli
come una massa di manovra a lui devota e potente.
Portò avanti una politica di donazioni che permise la realizzazione di un finanziamento per la
costruzione di chiese: fonda la chiesa di Pietro e Paolo, poi fonderà S. Sofia (532-537) con cui riuscì
ad oscurare la celebre chiesa di S. Polieucto, voluta da Anicia Giuliana, figlia dell’imperatore
occidentale Olibrio, posta come nuovo tempio di Salomone.
Le fonti fanno continuo riferimento al regno di Giustino come regno di coreggenza assieme a
Giustiniano. E’ molto probabile che Giustino abbia contribuito in modo determinante a eliminare
alcune figure politicamente pericolose dopo l’ascesa al trono di Giustino:
1) ciambellano Amanzio (monofisismo) giustiziato per alto tradimento. Questi era stato molto
influente sotto Anastasio e alla morte dell’imperatore aveva messo in gioco un proprio
candidato.
2) Vitaliano: egli era un sostenitore del calcedonismo, che disponeva anche di un ingente
seguito militare. Era un generale imperiale di origine gota che si era ribellato ben tre volte
ad Anastasio, ma continuava a rimanere molto influente. Giustino lo fece venire a
Costantinopoli per poterlo controllare meglio: a Calcedonia, nella chiesa di S. Eufemia i tre
si giurarono fedeltà sui libri sacri. Vitaliano venne nominato comes e magister militum
praesentialis. Fu poi console onorario un anno prima di Giustiniano e patricius.
Vitaliano venne acclamato ovunque e venne designato “magnificus vir” a fianco di
Giustiniano. Lo stesso Giustiniano in una lettera a papa Osmirda lo definisce “frater noster
gloriosissimus”. Vitaliano venne fatto morire a palazzo dopo i disordini avvenuti
nell’ippodromo. L’assassinio segue di poco la sua designazione a console; le fonti collegano
Giustiniano al suo assassinio.
Giustiniano dopo la sua morte salì di potere e prese la carica di magister militum
praesentialis e console.
Problematiche religiose: il monofisismo. La questione attorno a cui ruotavano i problemi era in che
termini dovesse esser pensata la Trinità, cioè l’unione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. I
monofisiti erano i sostenitori di una dottrina che affermava l’esistenza di una sola natura in Cristo,
cioè quella divina.
Altre minoranze erano gli ariani di Ario, i quali non riuscivano a conciliare il fatto che Cristo, in
quanto al pari di Dio Padre, fosse eterno e increato, con la sua essenza di figlio, che quindi lo
rendeva creato dal Padre. Gli ariani vennero condannati al concilio di Nicea del 325 e a quello di
Costantinopoli del 381.
Nestoriani: da Nestorio, estremizzavano le premesse dell’arianesimo e distinguevano in Cristo la
natura umana dalla natura divina e non erano disposti ad indicare Maria come la madre di Dio. I
nestoriani vennero condannati al concilio di Efeso nel 431.
Concili di Nicea, Costantinopoli ed Efeso = chiamati i 3 concili ecumenici.
Concilio di Calcedonia (451) = quarto concilio ecumenico in cui fu stabilito il dogma delle due
nature e dell’unica ipostasi (manifestazione) di Cristo.
Solo Giustino I e Giustiniano riuscirono a ripristinare, dopo lo scisma acaciano , l’unità della chiesa
fra Occidente e Oriente. Fecero condannare a Giovanni II nelle messe del 15 e 16 luglio 519 Severo,
importante patriarca di Costantinopoli apertamente monofisita, a dichiararsi a favore di Leone
Magno al posto di Severo.
Giustino (e poi Giustiniano) si pongono come gli imperatori investiti della loro missione
direttamente da Dio e, per questo, si sentono legittimati a deporre numerosi vescovi monofisiti e
attuare violente persecuzioni (519-522) tranne che nella zona dell’Egitto (dopo ad esempio si
rifugerà Severo).
Dopo la grande ondata del 519-522 le repressioni tornarono a scemare anche grazie all’intervento
della moglie Teodora, apertamente simpatizzante per i monofisiti tanto da dare loro asilo a
Constantinopoli. Lo stesso imperatore cercò il dialogo per ricercare l’unità della chiesa e orientare
tutti i cittadini dell’impero secondo le sue preferenze religiose.
Controversia relativa alla formula teopashita: seconda questa una persona della Trinità avrebbe
sofferto sulla croce. Questa formule nel 519 si diffuse a Costantinopoli grazie a dei monaci sciti
vicini a Vitaliano e passava per esser vicina alla visione monofisita. Giustiniano fece propria la
formula e la sottopose a papa Ormisda che la disapprovò, rivolgendosi infine a papa Giovanni II,
che gliel’accolse solo per la prospettiva di poter sottomettere i patriarcati orientali (Costantinopoli,
Alessandria, Antiochia e Gerusalemme alla chiesa di Roma. Il papa riuscì ad avere una posizione di
eccellenza sui patriarcati, vennero prese le distanze dai monofisiti, venne condannato Severo di
Antiochia e venne ribadita la formula calcedoniana.
L’unica area in cui la formula calcedoniana non venne accettata fu l’Egitto dove la popolazione
continuava a considerare Teodosio (un severiano monofisita) loro patriarca a scapito di Paolo di
Tabennesi, rigoroso seguace del calcedonismo insediato lì da Giustiniano al posto di Teodosio.

Codex Iustinianus: si apre con la ripetizione programmatica della legge in materia religiosa
promulgata da Teodosio I nel 380, la quale sembrava imporre la fede trinitaria a tutti i cittadini
dell’impero. All’interno del codice si dispone anche di perseguitare tutti coloro che si
allontanassero dalla personale professione di fede di Giustiniano. Il cronista contemporaneo
Giovanni Malala parla di una lotta contro gli eretici e contro i pagani come una costante di fondo
della politica giustinianea: le leggi di Giustiniano esclusero per principio i non ortodossi dalla vita
politica e pubblica (restrizioni p. 35-36).
Giustiniano applicò anche restrizioni all’insegnamento di filosofia e astronomia grazie alla chiusura
della scuola di Atene.
Per gli ebrei la situazione fu un po’ diversa in quanto fu confermata la norma di tutela più antica in
base alla quale essi e le loro sinagoghe dovevano esser protetti. Tuttavia la loro comunità non
aveva piena capacità giuridica, vennero vietate le loro feste considerate irriguardose per i cristiani e
vietati i matrimoni con i cristiani. Non potevano ricoprire cariche pubbliche e costruire nuove
sinagoghe. Tra le norme di tutela vi era il rispetto del sabbat.
Insonnia di Giustiniano: si voleva porre come perennemente attivo per il bene del popolo. “il più
insonne degli imperatori” venne definito da Giovanni Lido, un erudito funzionario amministrativo.

Codici prima di Giustiniano:


1) Codex Gregorianus e Codex Hermogenianus (III s).
2) Codex Theodosianus: in vigore dal 438, opera di Teodosio II.
Opera giuridica giustinianea: il 13 febbraio 528 una commissione composta da 10 membri
ricevette l’incarico di raccogliere le leggi imperiali ancora utilizzabili, di riordinarle e di rielaborarle
parzialmente. Nel 529 venne pubblicato il Codex Iustinianus e decaddero tutte le precedenti leggi.
Durante l’elaborazione del codice si sviluppò il progetto di raccogliere gli scritti ancora utilizzabili
dai giuristi romani e di ordinarli per argomento. Il 15 dicembre 530 vi fu un’altra commissione
incaricata di fare ciò; essa era posta sotto la presidenza di Triboniano. Nel 533 la commissione
terminò i lavori e diede vita ai Digesta (= le Pandette), che avevano forza di legge come strumento
a disposizione dei giudici.
Istitutiones: testo di base per lo studio del diritto.
Nel 534 apparve una seconda stesura del Codex, rielaborata con tutte le leggi imperiali a partire da
Adriano. Con essa si chiuse il testo riformato che a partire dal XVI s è noto con il titolo di Corpus
Iuris Civilis.
Novellae: emanate negli anni fino al 542, sono più di 150 nuove leggi che inizialmente intendeva
assemblare in una raccolta a parte, che però non fece mai (quindi ad oggi esse non hanno un
carattere ufficiale).
La concezione di Giustiniano è che l’imperatore detiene il diritto e la capacità di legiferare che gli
viene da Dio.
Triboniano: è una figura emblematica della politica di scelta del personale operata da Giustiniano.
Egli veniva dalla Pamfilia, in Asia Minore, e aveva studiato diritto romano in una delle scuole di
giurisprudenza di Berito o Costantinopoli. Fin dall’inizio era stato coinvolto nell’opera di redazione
del primo Codex e più tardi con il lavoro sui Digesta divenne una figura di primo piano. Egli
conosceva molto bene la storia romana e ciò si riflette sulla sua introduzione a molte Novellae.
Nel 529 Giustiniano lo nominò quaestor sacrii palatii, ed egli mantenne questo incarico fino alla
sua morte, eccezion fatta per un periodo in cui era stato deposto a causa dell’insurrezione di Nika.
Egli era disprezzato dallo storico Procopio, che lo riteneva un arrampicatore sociale e gli
rimproverava di essere avido e corrotto.
Guerre vs i Persiani: era scoppiata già sotto Giustino e rappresentò una pesante prova di resistenza
per l’imperatore. Le tensioni fra le 2 potenze incominciarono quando il re dei Lazi, stanziati sulla
costa orientale del Mar Nero, si recò a Costantinopoli e lì si fece battezzare e incoronare. Il re dei
Persiani Cabade protestò perché riteneva la regione caucasica come una zona di influenza
persiana. La situazione peggiorò quando Giustino dovette rifiutare la richiesta di Cabade che gli
chiedeva di adottare suo figlio Cosroe I: ciò avrebbe scaturito pretese sul trono romano da parte
persiana.
L’iberia caucasica chiede aiuto a Giustino vs i Persiani e la guerra scoppia apertamente.
Il problema è che negli anni 525-528, contemporaneamente alla guerra, si verificarono numerose
calamità come alluvioni, incendi e terremoti che devastarono le città orientali di Antiochia ed
Edessa: era molto complicato organizzare una difesa. I persiani inoltre erano alleati degli arabi di
Al-Mundhir, che faceva scorrerie nei pressi di Antiochia intorno al 529.
Giustiniano decise di affidarsi a Belisario e Sittas. Il secondo faceva parte della guardia del corpo di
Giustiniano e della cerchia dei suoi fedeli già prima che lui salisse al potere. Aveva doti militari
eccezionali e riuscì a sottomettere il popolo degli Tzani nel 528. Fu investito del titolo di magister
militum per Armeniam.
Belisario anche era una guardia del corpo già da prima di Giustiniano, veniva dalla Germania.
Durante il regno di Giustiniano rimase sempre il generale più importante nonostante i vari sospetti
che l’imperatore aveva sul suo conto.
Nel 529 Giustiniano nominò Belisario magister militum per Orientem: la situazione si inasprì
quando in Palestina scoppiò la rivolta dei samaritani vs la politica di intransigenza religiosa portata
avanti da Giustiniano. Questi elessero un loro re e appoggiarono i Persiani. Giustiniano represse
duramente nel 530 la rivolta e vendette 530 bambini samaritani come schiavi.
Il re dei Persiani Cabade sfruttò i disordini interni all’impero e attaccò nel 530. Belisario riuscì ad
infliggergli una sconfitta alla fortezza di confine di Dara, mentre Sittas riportava successi in
Armenia.
Pace conclusa nel 532 fra Giustiniano e Cosroe I (il figlio): i romani si impegnarono a pagare in una
solta volta 11.000 libbre d’oro, contemporaneamente i persiani restituirono 2 importanti fortezze
di confine nella Lazica. L’iberia rimase ai Persiani.

CAP 4
532: incendio a Costantinopoli. Tensione interna anche a causa della politica fiscale del prefetto al
pretorio d’Oriente Giovanni il Cappadoce. Questo clima dette luogo a tumulti tra le varie fazioni del
circo e ci furono anche delle vittime fra i Verdi. I colpevoli delle morti non vennero trovati e i Verdi
protestarono. In conseguenza di ciò, nell’ippodromo ebbe luogo un’accesa disputa con un inviato
dell’imperato (mandator). Quest’ultimo respinge i Verdi e li chiama ebrei, manichei e samaritani e
minaccia di punirli duramente. In seguito a ciò i Verdi mettono in discussione il mandato divino di
Giustiniano. Nel frattempo gli Azzurri aizzano i Verdi minacciando reazioni violente.
In seguito alla disputa si accendono nuovi scontri tra le fazioni e pertanto Eudemone, il prefetto
cittadino, interviene duramente condannando a morte 7 degli insorti, tre dei quali per
crocifissione. Prima, però, i condannati sono costretti a una sfilata infamante per la città e ancora
oggi ci si chiede se davvero ce ne fosse bisogno. Seguono le esecuzioni, ma si rompe la trave di due
(un verde e un azzurro) dei tre condannati alla crocifissione. Il popolo chiede pietà per i criminali.
Le due fazioni del circo si riuniscono ora nella stessa richiesta. Alcuni monaci di un convento delle
vicinanze possono prendere in custodia i due condannati e concedere loro asilo.
Tre giorni più tardi si svolgono le corse dei carri nell'ippodromo. Le due fazioni chiedono in coro la
grazia per i membri di ciascuna. Tuttavia l'imperatore tace, sebbene sappia senz'altro quali
conseguenze ciò comporterà; allora i gruppi si uniscono sotto la parola d'ordine, “Nika” e
prorompono fuori dal circo puntando al pretorio, la sede del prefetto cittadino. E li chiedono
ancora il rilascio dei criminali.
La folla continua la rivolta e si spinge verso la casa di Probo, un nipote di Anastasio, per
proclamarlo nuovo sovrano. Probo però era stato precedentemente avvertito ed era scappato.
Intanto la città brucia e si sparge la voce che Giustiniano stia preparando la fuga.
In città sono presenti anche gli altri due nipoti di Anastasio, Ipazio e Pompeo. Giustiniano per paura
che uno di questi venga proclamato imperatore, gli ordina di lasciare il palazzo e mettersi al sicuro.
Ipazio invece sa che se scenderà in piazza verrà acclamato imperatore dal popolo, quindi prega
Giustiniano di tenerlo con lui. Il piano di Giustiniano è preciso: Ipazio dovrebbe fingere di lasciarsi
proclamare imperatore e attirare il popolo nell'ippodromo per l'incoronazione. Lì i soldati di
Belisario annienteranno la rivolta. Così accade e anche i senatori che erano all'opposizione escono
allo scoperto. Per Giustiniano. E’ quindi chiaro quali siano i nemici dell'imperatore. Il ciambellano
Narsete e i suoi penetrano nell'ippodromo e riescono, con il denaro, a corrompere gli azzurri
seminando discordia nel popolo; mentre la situazione si fa sempre più confusa, Belisario e Mundo
un altro generale, irrompono nell'ippodromo con i soldati e trucidano la folla. Quel giorno
nell'ippodromo morirono fra le 30 e le 35.000 persone. Vari illustri senatori che uscirono troppo
presto allo scoperto vennero esiliati e il loro patrimonio confiscato; Ipazio e Pompeo vengono
giustiziati come usurpatori, mentre Probo se la cava con l’esilio e in seguito verrà persino graziato.
La vera specificità di questa rivolta risiede nel ruolo svolto dall'imperatore. Infatti, per come si sono
sviluppati gli eventi, la rivolta appare voluta dall'imperatore stesso, provocata intenzionalmente e
condotta consapevolmente verso la sua conclusione sanguinosa. Lo scopo di Giustiniano era quello
di apparire debole e in pericolo, cosicché i suoi oppositori più influenti si sentissero più forti e
uscissero dall'anonimato. Una volta raggiunto questo l'imperatore poteva annientarli e nel
contempo dare al popolo la dimostrazione della propria fermezza.
Nonostante la figura che ci fece Giustiniano, Costantinopoli era stata ridotta a un cumulo di
macerie e l'imperatore colse l'occasione per accelerare il suo grandioso programma edilizio. Nel
537 fu consacrata la chiesa di Santa Sofia, il cui aspetto può esser ricostruito grazie al De Aedificiis
di Procopio. Quest'opera l'autore descrive anzitutto le chiese fatte costruire la Giustiniana a
Costantinopoli, come la chiesa di Sant'Irene, la nuova Chiesa dei Santissimi apostoli e varie chiese
dedicate a Maria. Sotto Giustiniano, anche se non finanziate da lui furono terminate anche San
Vitale nel 547 e sant’Apollinare in Classe a Ravenna nel 549. Fra gli innumerevoli edifici profani fatti
costruire da Giustiniano, rivestono particolare importanza le fortificazioni di confine. Oltre a ciò,
egli si impegnò nella ricostruzione delle città che erano state gravemente danneggiate, com'era il
caso di Antiochia.
CAP 5
La maggior parte delle notizie su Teodora le abbiamo da Procopio negli Anekdota nonostante
molte siano oggetto di finzione e non completamente neutre. Lui la ritrae come una donna lasciva
e perversa. Si sa che lei fu la seconda delle tre figlie di un domatore d'orsi che lavorava al servizio
dei Verdi. Suo padre morì presto, mentre la madre si risposò e in seguito alla famiglia trovò lavoro
con gli azzurri. Teodora, come la sorella, svolse il mestiere dell'attrice, recitava soprattutto nel
mimo. Nel tardo impero romano, le attrici appartenevano allo strato sociale più basso e spesso e
volentieri si associavano al mestiere di prostituta. Avevano diritti limitati e la società alle
disprezzava. Teodora già da bambina recitava e presto vendette anche il suo corpo. Prima di
Giustiniano, lei avrebbe seguito il suo amante, il governatore Ecebolo, nella sua provincia, dove
però sarebbe stata ripudiata. Giustiniano la conobbe, ne fece la propria amante elevandola
addirittura al patriziato. La nobiltà ne fu scioccata. La vecchia imperatrice Eufemia impedì che
avvenisse il peggio, tanto più che un'antica legge dei tempi di Augusto vietava il matrimonio fra gli
esponenti del ceto senatorio e le attrici. Appena la vecchia Imperatrice morì, Giustiniano convinse
Giustino a modificare la legge e sposò Teodora, che subito dopo divenne imperatrice.
Procopio è il portavoce di tutti i senatori disgustati, ormai costretti ad adulare quella che un tempo
era stata cortigiana.
In politica estera Teodora esercitò un influsso minimo: contrariamente a quanto è stato detto sul
fatto che Teodora insieme alla moglie di Belisario, Antonina, abbia allontanato papa Silverio nel
537, il motivo è stato la collaborazione di Silverio con gli Ostrogoti, e quindi alto tradimento.
È possibile però che alcune delle disposizioni finalizzate a migliorare la sorte delle attrici e la
posizione giuridica delle donne ai tempi di Giustiniano risentono dell'influsso di Teodora, ma
restano pur sempre leggi di Giustiniano. È vero che Teodora finanziò generosamente alcune
istituzioni caritatevoli fra le quali il monastero della Metanoia per donne che erano state
prostitute.
Aveva grande influenza perché i suoi favoriti potevano ascendere ai posti più alti, come accadde
alle eunuco Narsete, che più tardi avrebbe sconfitto gli Ostrogoti, mentre altri invece furono
annientati dall'Imperatrice, che contribuì a rovesciare, per esempio, Giovanni di Cappadocia e
avrebbe quasi distrutto la carriera di Belisario, sul quale esercitava la propria influenza attraverso
Antonina.
Procopio ha una visione molto negativa di Giustiniano e di Teodora, in quanto, secondo lui,
l'imperatore e l'Imperatrice sono personificazioni di demoni che hanno in mente solo il male:
infatti, Giustiniano era legato al calcedonismo, mentre Teodora era una convinta monofisita.
È un fatto che Teodora condusse una politica filo monofisita entro certi limiti autonoma. Ella
trasformò il palazzo di Papa Ormisda in un rifugio ben protetto per i monofisiti perseguitati e
procurò loro sempre nuovi contatti con l'imperatore, il quale peraltro ne cercava a sua volta e
continuò a cercarne persino dopo la morte di Teodora.
Invece la tradizione monofisita dà dell'imperatrice una descrizione totalmente diversa da quella di
di Procopio. Secondo loro Teodora sarebbe stata quasi una santa figlia di un prete di Ierapoli.
È difficile desumere dalle fonti dati affidabili circa i sentimenti personali di Giustiniano e Teodora;
tuttavia, se si considerano tutti fatti nel loro insieme, sembra che Giustiniano abbia amato
profondamente la consorte, nonostante la loro matrimonio non siano nati figli. Teodora morì nel
548 di cancro e Giustiniano visita spesso la sua tomba nella Chiesa dei Santissimi apostoli.
CAP 5
Genserico aveva fondato nell’Africa settentrionale un regno vandalico autonomo dove la
popolazione cattolica e romana si sentiva oppressa dal dominio dei re ariani. La situazione migliora
con Ilderico, aperto cattolico che stringe rapporti amichevoli con Giustiniano. Tuttavia Ilderico
doveva fronteggiare la minaccia da parte di tribù berbere ribelli e dopo aver ricevuto una pesante
sconfitta fu fatto imprigionare da Gelimero, il successore designato che nel 530 salì sul trono.
Giustiniano considerò ciò un’usurpazione e fece di tutto per re-insediare il suo amico cattolico.
Programma quindi una spedizione punitiva per reinsediare Ilderico.
533: da Costantinopoli parte quindi un piccolo corpo di spedizione sotto il comando di Belisario. Al
seguito di questa spedizione vi era anche Procopio, che documenta l’impresa nelle sue Guerre, in
qualità di segretario di Belisario.
Intanto Gelimero non si aspettava un attacco da parte bizantina e rivolgeva le sue attenzioni sui
problemi con la nobiltà e con i Berberi.
Nel frattempo Belisario sbarcò in Sicilia per sondare la situazione e si accorse che i Vandali non
sospettavano niente del suo arrivo. Subito dopo i Romani approdarono sulla costa africana diretti a
Cartagine.
Gelimero al che decise di sbarazzarsi di Ilderico e attaccò gli invasori a Ad Decimum dove fu
scontitto. Qualche giorno dopo Belisario riuscì ad entrare a Cartagine; lo scontro perdurò fino al
534, quando poi Gelimero si arrese.
Nel 534 si fece nella capitale un trionfo alla maniera degli antichi trionfi di età repubblicana.
Belisario sfilava avvolto nel giubilo generale, accompagnato da prigionieri e bottino. Paura di
Giustiniano che Belisario oltrepassasse il limite: perciò non gli da il cocchio trionfale, Belisario va a
piedi e dovrà prostrarsi anche lui insieme con Gelimero ai piedi dell’imperatore. Giustiniano in
premio da a Belisario il consolato per il 535.
Il nuovo territorio conquistato divenne una praefectura praetorio Africae.
Nuovo bersaglio per Giustiniano: il regno degli Ostrogoti.
Regno dei Goti: a Teodorico successe il nipote Atalarico (526-534) sotto la reggenza della madre
Amalasunta. Costei si poneva come una donna politicamente matura e che cercava il compromesso
con i Romani. Questo suo atteggiamento la mise in conflitto con i nobili goti che speravano di poter
pilotare la politica del giovane Atalarico. Amalasunta si rivolse così a Giustiniano ed ebbe inizio un
complesso intrigo in cui ben presto intervenne anche Teodato, nipote di Teodorico.
Teodato dopo la morte di Atalarico assunse dignità regale sotto l’autorità di Amalasunta ma nel
concreto faceva i suoi interessi. Arrestò poi Amalasunta e la fece uccidere > movente per la guerra
greco-gotica.
Pianificato un attacco su 3 fronti: Mundo in Dalmazia, Belisario avrebbe risalito l’italia dalla Sicilia,
Giustiniano avrebbe cercato l’appoggio di Franchi per un attacco dal nord.
Entro la fine del 535 Mundo ha successo in Dalmazia e Belisario in Sicilia, dove entra a Siracusa
distribuendo oro ai presenti.
Teodato decide quindi di scendere a patti con Giustiniano: propone la cessione dell’Italia in cambio
di un indennizzo adeguato. Giustiniano accetta inizialmente ma dopo la notizia di una rimonta
gotica in Dalmazia in cui era stato ucciso Mundo rinuncia. L’impero riesce a riconquistare la
Dalmazia mentre Belisario sale fino a Napoli senza intoppi.
I Goti, vedendo l’incapacità di Teodato, nominano loro re un soldato, Vitige, e uccidono Teodato
mentre si dava alla fuga.
Vitige come prima cosa stipulò un accordo con i Franchi e colpì i Bizantini in Dalmazia. Al suo
ritorno a Roma Vitige trovò Belisario che stazionava con molti soldati. Iniziò quindi un assedio che
durò più di un anno. A Roma crebbe lo scontento, Belisario fu costretto a deporre papa Silverio e a
cacciare alcuni senatori sospettati di contatto con i nemici. I Goti chiesero una tregua di tre mesi
per trattare con Costantinopoli ma Belisario ruppe l’accordo, devastò la zona del Piceno e occupò
Rimini. Essendo ormai vicini a Ravenna, Vitige si vide in pericolo e abbondonò l’assedio di Roma.
Da Costantinopoli arrivarono altri aiuti dell’eunuco Narsete con 7000 uomini. Riuscirono a liberare
Rimini dall’assedio di Vitige e conquistarono Urbino.
Per la maggior parte del 539, belisario fu impegnato nell'assedio della Rocca di Osimo, che gli
chiudeva la via d'accesso a Ravenna. Un'inattesa invasione da parte Franca nell'Italia settentrionale
causò problemi ulteriori. I franchi trucidarono tutti i romani e Goti. Belisario, intanto, riuscì a
mettere Ravenna sotto assedio e un esercito goto destinato a liberarla si disgregò di fronte alla
minaccia delle truppe imperiali. Giustiniano penso a un accordo e propose di spartire l'Italia
dividendola lungo la linea del PO. I Goti avrebbero avuto un loro Regno Transpadano che sarebbe
stato l'ideale anche per i bizantni per difendere l'Italia romana dagli attacchi esterni. Tuttavia
Belisario fece naufragare la proposta perché si rifiutò di firmare il trattato. I nobili Goti offrirono al
generale il trono d'Occidente e Belisario chiaramente accettò, ma soltanto in apparenza. In ogni
caso, a quel punto potè entrare pacificamente a Ravenna e far prigioniero Vitige. La guerra era
vinta.
Giustiniano richiamo il suo generale e questi ubbidì, ritornando con Vitige e prigioniero. Ma
Belisario a Costantinopoli ricevette un'accoglienza gelida e non vi fu trionfo. Vitige fu l'ultimo re
ostrogoto riconosciuto da Giustiniano e morì a Costantinopoli nel 542 come patricius romano.
CAP 7
Titolatura ufficiale di Giustiniano dal 533: Imperator Caesar Flavius Iustinianus Alamannicus
Gothicus Francicus Germanicus Anticus Alanicus Vandalicus Africanus pius felix inclitus victor ac
triumphator semper Augustus.
Inoltre dal 540 cominciò ad introdurre anche la formula di introduzione alle sue disposizioni scritte:
In nomine Domini nostri Iesu Christi.
I tradizionali luoghi comuni che caratterizzano la rappresentazione dell’imperatore in età tardo
antica e la coscienza cristiana della sua missione arrivano con Giustiniano ad un eccesso grandioso:
l'imperatore insediato da Dio deve difendere la vera religione. Le sue decisioni provvedono ad
istituire un legame armonico fra le cose umane e quelle divine.
Riforme: Giustiniano intervenne in vari modi nell'organizzazione della Chiesa e nel regolamento le
competenze ne consolidò e accrebbe i beni, concedendo facilitazioni per l'adizione dell'eredità e
privilegi fiscali; gli ecclesiastici ottennero particolari agevolazione ma furono sottoposti anche a
regole severe relative allo stile di vita e all'esercizio del loro ufficio.
In ambito amministrativo tento di combattere la corruzione, l'acquisto delle cariche e l'abuso dei
poteri d'ufficio. Alcuni uffici statali precedenti furono aboliti, oppure cambiarono il nome e le
competenze vennero ridisegnate. Furono istituiti nuovi impieghi pubblici.
Risistemò alcune province come quella d'Africa (534), d'Italia (554), Teodoria in Siria (prima del
535), ma le accorpò e le divise anche in modo nuovo. Infatti in alcuni casi fu eliminata la divisione
tra potere civile e potere militare tipica del mondo tardo antico.
Giustiniano dovette fronteggiare il problema della fuga dei curiali, i curiali erano i membri dei
consigli cittadini che ricoprivano gli uffici ufficiali, gestivano l'amministrazione alla vita pubblica
delle città. Tuttavia, dal momento che rispondevano del gettito fiscale della comunità, il loro
incarico nell’età tarda antica si dimostra sempre più gravoso: parecchi curiali si resero irreperibili e
in questo modo aumentò la pressione finanziaria sui colleghi rimasti, che ne furono ulteriormente
oppressi.
Una serie di disposizioni fu indirizzata anche contro la corruzione dei giudici e i rinvii processuali. I
costi elevati della politica giustinianea pesarono enormemente sulle risorse finanziarie dell'impero
e le conseguenze furono tasse elevate e interventi statali limitati a determinati settori. Giovanni
Lido menziona una lista di 27 tipi di tasse diverse e Giovanni Il Cappadoce può essere considerato
un genio vero e proprio della finanza: lui si sarebbe dovuta la famigerata tassa sull'aria. Essa è una
tassa casuale, cioè che veniva imposta una tantum, oppure secondo altri era una multa per chi non
rispettava determinati spazi durante la costruzione di edifici. Per Haldon l’aerikon è solo una tassa
sulle proprietà fondiaria.
Durante la rivolta di Nica, egli perse per breve tempo il suo ufficio, ma lo riprese quasi subito e nel
538 coronò la carriera con il consolato. Fu allontanato da Teodora perché accusato di alto
tradimento, ma alla sua morte egli venne richiamato a Costantinopoli, dove morì come
ecclesiastico. Se da un lato la pressione fiscale era pesante, dall'altro c'erano anche occasionali
periodi di esenzione dal pagamento delle imposte. Nel quadro dei cambiamenti in tema di
economia, resterà menzionare il fatto che nel 500 alcuni monaci riuscirono a importarli. Nascoste
le uova dei bachi da seta nell'impero d'Oriente, dove l'allevamento di questi animali attecchì e
questo portò. L'importante crescita economica. Nell'ambito del regime matrimoniale, fu rafforzata
la posizione della donna rispetto all'uomo e si presero misure contro l'abbandono dei bambini e il
loro impiego come schiavi.
Tra le misure di carattere sociale rientrano il miglioramento delle condizioni di vita degli schiavi,
l'allestimento e l'ampliamento delle istituzioni sociali e benefiche, la persecuzione della
prostituzione e del lenocinio, ma anche dell'omosessualità e della pederastia. Le misure di
legislazione sociale hanno il carattere di esprimere il dovere di assistenza cristiana e gli obblighi
dell'imperatore, connessi tradizionalmente al suo ruolo di protettore.
CAP 8
539: cometa interpretata come un nunzio della sventura che stava per abbattersi sui romani.
1) Attacco dei Cutriguri bulgari nel 539\540: devastarono la Tracia e l'Illiric; saccheggiarono
Cassandria e diedero l'assalto alle lunghe mura di Costantinopoli. Una parte dell'esercito
bulgaro si spinse in profondità fino alla Grecia, aggirò le Termopili, giungendo fino all'Istmo
e solo il Peloponneso fu risparmiato. Andò peggio in Oriente, dove governava il re persiano
Cosroe I. Sotto il suo regno, l'impero persiano si consolidò all'interno e poté essere
ampliato attraverso nuove conquiste. Egli diede ascolto al grido d'aiuto contro i romani che
Vitige aveva levato.
Egli scorse, in quel momento, la possibilità di compiere una lucrosa scorreria, perché
Giustiniano aveva trascurato in modo imperdonabile il confine romano orientale.
L'offensiva puntava in direzione di Antiochia, il cuore dell'Oriente che era la più grande città
dell'impero insieme a Costantinopoli e Alessandria. Giustiniano raccolse in fretta e furia
soldati provenienti dalle regioni limitrofe per poter almeno opporre una qualche resistenza,
ma nel frattempo i persiani avanzavano rapidamente. Si spostarono lungo l'Eufrate,
passando per Zenobia, e giunsero a Sura. La città fu saccheggiata, incendiata e gli abitanti
furono massacrati e ridotti in schiavitù. L'imperatore persiano propose una pace al vescovo
di Beroia con cui diceva che in cambio di un consistente pagamento avrebbe interrotto la
marcia verso Antiochia e avrebbe addirittura lasciato del tutto il territorio dell'impero. Il
vescovo arrivò ad Antiochia con la buona notizia, ma in città intanto erano giunti i messi
imperiali che vietarono qualunque pace separata coi persiani. Ormai Antiochia era stata
abbandonata a Cosroe, che avanzò senza intralci. Antiochia venne distrutta e ciò colpì
profondamente i romani.
2) Nuova resistenza dei Goti in Italia nel 540: dopo il ritorno di Belisario nella capitale, dal
momento che aveva rifiutato il trono dell'impero d'occidente. I Goti organizzarono
un'ulteriore resistenza. Il nuovo re, Ildibado riuscì ad avere sotto controllo la Liguria e la
Venezia. I mancati pagamenti del soldo militare e i contrasti fra i generali divisero le forze
romane. dopo l'assassinio di Ildibado fu proclamato re Totila, il nipote di Ildibado.
Quest'ultimo fu uno dei comandanti più capaci che sedettero sul trono ostrogoto. Con
Totila l'Italia visse la fase più spaventosa della guerra gotica e dopo la vittoria finale dei
romani (552), il paese fu dissanguato per un decennio dai danni subiti per la guerra, dalle
distruzioni, carestie ed epidemie. Nonostante la vittoria dei Romani, Totila fu un ottimo
comandante militare e riuscì ad avanzare fino all'Italia meridionale entrando a Napoli nel
543.
3) Peste bubbonica a Costantinopoli nel 541: la peste scoppiò in Egitto ben presto raggiunse
Alessandria, poi la Palestina e verso la fine del 541 arrivò a Costantinopoli, via mare. Nel
543 si era diffusa in tutto l'impero e bloccò persino la guerra persiana. La peste colpì
numerose volte: come a Costantinopoli nel 558 o ad Antiochia o nella Cilicia nel 560;
l'epidemia arrivò anche a Roma nel 590. Furono in particolare le città a soffrire gravemente,
soprattutto le città costiere, che erano punti di snodo dei traffici dove la popolazione viveva
ammassata in condizioni igieniche sfavorevoli. Le fonti parlano di cifre innumerevoli relative
alle morti per la peste. I villaggi furono completamente spopolati, le zone agricole non
venivano più lavorate perché i contadini erano morti, i pascoli erano quasi deserti a causa
dell'epidemia del bestiame; i commerci e le attività soffrirono gravemente, la valuta
precipitò e le infrastrutture collassarono. A Costantinopoli la vita pubblica finì per spengersi
completamente. A seguito della guerra, seguirono gravi carestie in molte regioni
dell'impero e, a causa delle elevate perdite, difficoltà nel reclutamento dell'esercito.
Procopio riferisce che, data l'ingente quantità di morti a Costantinopoli nel 541, Giustiniano
preposte allo smaltimento degli innumerevoli cadaveri un funzionario apposito affiancato
da un gruppo stabile di collaboratori.
Tutti erano d'accordo che la feste fosse stata mandata da Dio e il modello esplicativo che la
collegava l'IRA di Dio per i peccati degli uomini fu accolto da molti, anche da Giovanni di
Efeso, per essere risparmiati dalla punizione divina, molti si convertivano d'improvviso a
una vita profondamente devota; altri tornarono al paganesimo; altri ancora credevano che
fosse opera di spettri che giravano per le strade a contagiare gli uomini. Nel 542 anche
Giustiniano si ammalò gravemente di peste e i più alti funzionari cominciarono a pensare
alla successione. Dato che in quella circostanza Belisario e Buze si esposero incautamente,
attirarono di su di sé l'ira di Teodora, per cui il primo fu rinchiuso in carcere per qualche
tempo mentre Belisario perse per sempre il comando della guerra persiana che Giustiniano
gli aveva affidato nel 541. Tuttavia, l'imperatore si riprese, ma quando la pestilenza
ricominciò via via a scemare, però, non fu possibile tornare semplicemente alla
quotidianità, perché era cambiata troppo negli anni 545 142: la gente non sapeva come
interpretare la sventura, non si poteva ignorare il fatto che neanche l'imperatore era stato
in grado di venir meno alla peste. Dunque Dio era adirato con l'imperatore?

CAP 9
Dai primi anni Quaranta la politica di Giustiniano è contrassegnata da un atteggiamento
esitante e reattivo. La figura dell’imperatore si trasforma in quella di un teologo assiso sul
trono imperiali.
Nell’impero romano d’Oriente la chiesa e lo stato non costituivano due realtà distinte.
Già con Costantino questa cosa è evidente dal momento che si era collocato nella
tradizione del pontifex maximus a cui spettavano la cura del culto e le questioni religiose.
Egli inoltre aveva stabilito regole in materia in quanto convocava concili per appianare i
conflitti interni alla cristianità.
Dalla metà del V s il vescovo di Roma comincia ad esser chiamato Papa.
Per quanto riguarda Giustiniano, egli ha una particolare coscienza della sua missione, cosa
che lo portò a maturare opinioni importanti anche nella questione relativa al diritto
dell’imperatore di intervenire nelle faccende ecclesiastiche. Secondo lui “stato” e “chiesa”
costituiscono l’impero come totalità. Riteneva che questa sinfonia dipendeva
dall’imperatore in quanto eletto da Dio e che era lui a dirigerla.
Controversia origenista: questa corrente faceva capo ad Origene (muore intorno al 254),
che si sforzò di unire le idee di Dio e dell’anima neoplatoniche e quelle cristiane,
incontrando così l’opposizione delle autorità ecclesiastiche quand’era ancora vivo. Le
dottrine legate al suo nome furono respinte. Giustiniano aveva conoscenza della filosofia
origenista grazie a numerosi seguaci del credo che erano giunti nella capitale. In particolare
Teodoro Akidas ottenne subito la fiducia da parte dell’imperatore. In un primo tempo,
tuttavia, all'inizio del 543, Giustiniano condannò l'originenismo con un trattato pubblicato
come editto, dotato quindi di forza rilegge, mentre una nuova condanna ebbe luogo
successivamente nel 553, poco prima che iniziasse il quinto Concilio ecumenico.
Controversia dei Tre Capitoli: i tre capitoli erano alcuni scritti (o meglio autori) in sospetto di
nestorianesimo. Si trattava di Iba di Edessa, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro. Iba
e Teodoreto erano stati accettati al concilio di Calcedonia e al centro della questione si
trovavano, ancora una volta, le conseguenze di quel concilio.
A quanto si dice Teodoro Askidas avrebbe concepito il progetto di vendicarsi della condanna
all’origenismo e di farlo attaccare a Calcedonia. Per fare ciò bisognava che il tutto avesse
avuto una parvenza di giustificazione di Calcedonia contro le interpretazioni nestoriane.
Dunque bisognava mettere in risalto i punti nestoriani dei tre capitoli perché l’imperatore
fosse disposto a condannarli.
Attorno al 544 egli redasse un primo trattato contro i tre capitoli e invito tutti e 5 i patriarchi
a sottoscriverlo, alcuni ritennero la cosa un'enormità, soprattutto perché Giustiniano aveva
già preteso altrettanto per il suo editto contro l'originenismo. Mena di Costantinopoli
voleva prima attendere la decisione del Papa; Papa Virgilio fu arrestato durante una messa
a Roma ed entrò a Costantinopoli, dove iniziò per lui un lungo periodo di sofferenze. L'11
Aprile del 548 il Papa condannò I tre capitoli nel suo Iudicatum, cosa che gli procurò
l'opposizione delle chiese occidentali. Questa pressione lo spinse a ritirarlo e ad accordarsi
con Giustiniano perché si tenesse un Concilio generale. In risposta a ciò, Virgilio si impegnò
a votare al Concilio per la condanna dei tre capitoli, ma quando nell'estate del 551 fu
emanato un nuovo editto imperiale sulla retta fede, le tensioni si acuirono fra Virgilio e
Askidas.
Alla fine si arriva al grande Concilio di Costantinopoli, che è passato alla storia come il
quinto Concilio ecumenico tenuto nell'anno 553. Esso si tenne sotto la guida di Eutichio, il
Patriarca di Costantinopoli, che nel 552 era succeduto a Mena. Giustiniano non partecipò
alle discussioni ma mise in chiaro quale doveva essere l'esito finale, ovvero la conferma
della condanna dei tre capitoli che già era stata pronunciata. Neanche Vigilio prese parte al
Concilio e tentò una proposta di compromesso che non fu neanche considerata. Infine
Giustiniano lo rimandò a casa, ma lo sfortunato Pontefice perì a Siracusa durante il viaggio.
Il suo successore fu Pelagio, un tempo alfiere dei tre capitoli, e quando Giustiniano gli
propose il seggio pontificio, cambiò opinione, senza però trovare grandi appoggi. Alcune
diocesi italiane aderirono persino allo scisma contro di lui e al di fuori dell'Italia godette di
scarsa considerazione.
Giustiniano aveva raggiunto il suo scopo dopo aver rifatto ricorso alla violenza fisica e
psicologica. Giustiniano aveva in mente la propria missione, ovvero la sua fede personale
doveva essere anche la fede dei cittadini dell'impero. Più di tutto gli interessava tenere il
calcedonismo al riparo dalle interpretazioni dei monofisiti e dei nestoriani, per cui cercò di
leggerlo in linea con il pensiero teologico di Cirillo di Alessandria. Secondo alcuni esso aveva
implicazioni monofisite, ma l'imperatore vide la cosa in termini diversi perché riteneva che
la sua interpretazione fosse assolutamente ortodossa. Nel 553 egli sfruttò una controversia
interna all'ebraismo che riguardava la lingua in cui si dovevano leggere le sacre scritture
durante l'ufficio divino come occasione per intervenire legalmente anche nel culto
sinagogale degli ebrei. Suscitò un ultimo scandalo fra la fine del 564 l'inizio del 565, con il
cosiddetto editto sulla aftartodocetismo, con cui si schierava per questa specifica corrente
monofisita che predicava l'immortalità del corpo di Gesù, cosa condannata dalla
maggioranza dei monofisiti. Giustiniano pretese ancora una volta che tutti i vescovi dessero
il loro assenso e la cosa sollevò scalpore: tutti i patriarchi orientali si opposero. Stavolta,
però, la morte dell'imperatore mise fine all'incubo.
CAP 8
Dopo aver rovesciato il regno dei Vandali, Giustiniano nel 534 riorganizza il territorio
conquistato come praefectura praetorio Africae divisa in 7 province. Nel 534 assunse il
potere Solomone, un uomo del seguito di Belisario, in qualità di magister militum e
praefectus praetorio Africae. Deteneva quindi il pieno potere civile e militare. Questi iniziò
a far piazza pulita con gli ultimi vandali, ariani e pagani. Riorganizzò anche il sistema fiscale.
A) Grave minaccia delle tribù berbere di Mauritania: i vandali avevano tentato invano di
sottometterle, Solomone nel 535 riportò successi su di loro e li scacciò dalla Bizacena.
Una battuta di arresto si ebbe tuttavia quando, nel 536, scoppiò una rivolta nell’esercito
romano a cui si unirono anche Berberi, Vandali e schiavi. Venne fatto un attentato a
Solomone, il quale riuscì a scappare ma perse le sue truppe. Gli insorti proclamarono
capo Stotza. Tornò improvvisamente Belisario dalla Sicilia per riportare la pace ma durò
poco. Di fronte a questa situazione Giustiniano inviò il cugino Germano, che pagando
stipendi ai soldati ed elargendo promesse riuscì a sedare la rivolta. Una volta richiamato
Germano nel 539, ritornò nuovamente Solomone in africa e riuscì a mantenere una
certa stabilità fino al 543. In questo periodo egli riuscì a far arretrare i Mauri, a
fortificare città di confine. Poi però ripresero le insurrezioni berbere dovute alla politica
di Sergio, il nipote di Solomone. La situazione si aggravò, gli insorti richiamarono Stotza
e Solomone morì in battaglia nel 544.
Soltanto con Giovanni Troglita,(uno dei migliori comandanti di Giustiniano elogiato da
Procopio e da Corippo nel suo poema eroico Iohannis) nel 548, al comando in africa dal
546, si raggiunse una stabilità fino al 563. D’altra parte tuttavia Procopio lamenta che le
guerre avevano spopolato il paese.
B) Scontro con la Persia: forte attacco sferrato da Cosroe nel 540 dà inizio ad una guerra
lunga e complicata. Nel 541 Cosroe entrò nel regno di Lazica a est del Mar Nero e
conquistò la fortezza marittima di Petra. Era stato chiamato dal re dei Lazi Gubaze, che
sperava di liberarsi del dominio romano. Nel frattempo sul fronte di guerra orientale
fece irruzione Belisario, cercò di conquistare Nisibi ma fallì. Nel 542 Cosroe attaccò di
nuovo i Romani ma un’abile manovra di Belisario e la paura della peste lo indussero a
ritirarsi. Nel frattempo Belisario venne richiamato perché, quando Giustiniano si era
ammalato di peste, si era esposto troppo per la successione; venne perciò nominato al
suo posto Martino, che nel 543 avanzò verso l’Armenia subendo però una catastrofica
sconfitta ad Anglon. Quando poi Giovanni Troglita inflisse ai persiani ulteriori sconfitte,
Cosroe si rese disponibile a trattare. Il risultato fu nel 545 un armistizio quinquennale
che lasciava da parte la questione della Lazica per cui Cosroe aveva progetti da tempo,
in cambio della qual cosa Giustiniano dovette dare duemila libbre d’oro.
In Lazica proseguirono i combattimenti perché Gubaze avrebbe preferito star sotto il
regime romano rispetto a quello persiano (parlavano di persecuzione di Lazi) e si rivolse
a Giustiniano x chiedergli aiuto. Nel 548 questi inviò un esercito a Lazica e riuscì a
riconquistare Petra, mettendo a rischio la situazione coi Persiani. Nel 551 venne
rinnovata la pace coi Persiani, i quali esigerono dai Romani altri soldi. I romani
diventavano tributari dei persiani per una cifra annua di 400 libbre d’oro.
In Lazica si combatteva e Gubaze rimase ucciso in un intrigo ordito dai generali romani
perché questi si era lamentato della loro inefficienza con Giustiniano. Al che ci fu una
reazione e venne condannato a morte il generale Rusticus e Martino venne spodestato.
Ciò nonostante i Romani nel 556 avevano già sottoposto gran parte della Lazica.
561: accordo fra persiani e romani per il territorio della Lazica: i persiani assicurarono
una pace di 50 anni in cambio di un tributo annuo di trentamila monete d’oro.
C) Questione visigota: nel 552 Giustiniano rispose alla richiesta di aiuto di Atanagildo,
pretendente al trono visigoto ribellatosi al re Agila. Probabilmente il fine di Giustiniano,
data la mancanza di grandi risorse e il comando dell’esercito dato all’ultraottantenne
Liberio, non era quello di riconquistare tutta la Spagna ma semplicemente di proteggere
l’Africa romana dagli attacchi visigoti. Già nel 547 i Visigoti avevano varcato Gibilterra e
attaccato Septem, l’attuale Ceuta. I romani riuscirono a conquistare alcune città come
Cartagena, Malaga e Cordoba ma Atanagildo, appena divenuto re, si impegnò a
scacciarli e riconquistò alcune postazioni. Dal 625 l’intero territorio spagnolo fu di
nuovo visigoto.
D) Questione italica: seconda fase della guerra gotica (541/42-552). Nel 544 ricompare in
Italia Belisario ma le operazioni militari risultarono disorganizzate. Totila intanto aveva
stretto un accordo con i Franchi che prevedeva che l’Italia venisse lasciata libera in
modo da poter concentrare le sue forze su Roma, che riprese a fine 546. Totila fu
costretto a cedere di nuovo Roma che per un momento aveva pensato di radere al
suolo. Fu allora che quindi perse il suo prestigio sui Germani.
Giustiniano nel 549 richiama Belisario a Costantinopoli su intercessione di Antonina. Nel
550 Totila riesce a riconquistare Roma e aspirava a diffondere un’immagine di
cooperazione tra Romani e Goti. Giustiniano al che manda in Italia suo cugino Germano
il quale fa propria l’idea di integrazione tra Romani e Goti sposando Matasunta, una
nipote di Teodorico.
A quel punto Giustiniano manda il suo ciambellano Narsete che fa un attacco dal nord
Italia, prende Ravenna il 6 giugno 552 e si dirige verso Roma. Si incontra a metà stata
con Totila e lo scontro avviene sull’alto piano di Busta Gallorum. Fu una disfatta per i
Goti e ci fu un enorme massacro da parte dei Romani.
I Goti a quel punto elessero re Teia. Egli fece un’alleanza con i Franchi e fece giustiziare
300 fanciulli romani. Si scontrò con l’esercito di Narsete sul Mons Lactarius nell’ottobre
del 552. Teia cadde in Battaglia, Narsete concesse a 1000 Goti di abbandonare l’Italia
mentre gli altri vennero fatti prigionieri.
Nel 554 Giustiniano dispose l’organizzazione dell’Italia con la Costitutio Prgamatica;
Narsete intanto smantellò il dominio ostrogoto nella penisola italica, sconfisse Franchi e
Alamanni che avevano fatto irruzione nel 553.
E) Giustiniano lascia scoperte le regioni settentrionali dell’impero sulla zona balcanica e lì
ci furono numerosi disordini soprattutto in Tracia, Illirico e Grecia ad opera di Slavi,
Germani Bulgari e Unni. 559: i Cutriguri bulgari avanzano sia fino alle Termopili sia
arrivano alle Lunghe Mura e minacciano Costantinopoli. La situazione verrà risolta da
Belisario.

CAP 11
A partire dagli anni 40 Giustiniano si vide esposto ad una critica sempre più dura, come
è evidente in Procopio, Giovanni di Efeso, Giovanni Malala e Romano il Melode.
Nel 549 due armeni, Arsace e Artabane, progettarono un attentato all’imperatore. Non
ebbe grandi repressioni dopo esser stata scoperta.
Nel 562 altra congiura a cui aderirono anche alcuni membri del senato e in cui si fece
anche il nome di Belisario. Questi perse l’incarico di guardia del corpo di Giustiniano e
fu messo agli arresti domiciliari. Venne riabilitato solo nel 563.
La situazione era sempre più critica in città e si verificarono sempre più insurrezioni.
Giustiniano anzitutto cercò di deviare gli attacchi organizzati contro di lui facendoli
confluire sulle minoranze, in particolare modo omosessuali e pagani: visti come i
responsabili delle carestie, terremoti e peste che erano dilagate in quel periodo
(Novella 77, Novella 141).
Sulla stessa filosofia si poneva quindi la grande campagna missionaria in Asia Minore,
finalizzata ad avere ampia risonanza e a mostrare l’imperatore come investito della sua
missione direttamente d Dio. La missione volta a sradicare il paganesimo viene vista
come uno dei compiti più alti di un imperatore cristiano. Con Giustiniano furono
cristianizzati moltissimi popoli (Tzani e Abasgi) e vennero eliminati centri pagani in
Africa settentrionale. Conversione delle tribù della Nubia a sud dell’Egitto dove i
missionari monofisiti appoggiati da Teodora rivaleggiavano con gli ortodossi.
542: importante missione vs il paganesimo in Asia Minore, affidata a Giovanni di Efeso.
Giovanni, che fu il promotore della persecuzione dei pagani nel 545/6 colse la
connessione esistente fra la peste e la conversione dei pagani.
Le catastrofi naturali del VI secolo innescarono moltissimi cambiamenti che sono visti
come pietra miliare del passaggio dalla storia romana orientale a quella bizantina.
Destabilizzazione avvenuta anche a causa della mancata fine del mondo che il mondo
cristiano attendeva nel 500. Sviluppo di numerose icone miracolose, reliquie e
frammenti della santa croce per proteggere la città. Importanza del culto di Maria
celebrata come protettrice della città vs la peste. Vennero costruiti in città molte chiese
in onore di Maria, ce lo dice Procopio. Introduzione dell’Evangelismos (cioè
Annunciazione a Maria) il 25 marzo, celebrata come festa solenne sotto Giustiniano.
Sacralizzai ione dell’imperatore = la questione è connessa al passaggio dall’impero
romano d’oriente a quello bizantino, perché essa altro non significa che la sostituzione
della dignità imperiale cristiana tardo antica con una dignità bizantina connotata più
marcatamente in senso sacrale.
Giustiniano infatti si faceva rappresentare sempre più simile a Cristo e si presentava
nell’abito dell’uomo santo che in quanto asceta intratteneva un rapporto di particolare
vicinanza con Dio (ne parla anche Procopio nei suoi Anekdota ma per spiegare la
presunta -secondo lui- natura demoniaca di Giustiniano).

CAP 12
Concezione della vita terrena come caotica, per cui la società romana cerca delle
strutture ordinatrici.
In ambito cristiano si diffonde il culto delle immagini, l’intensificarsi del culto mariano e
la sacralizzazione dell’imperatore. L'espansione della simbologia cristiana compenetra e
plasma tutte le forme di comunicazione e di espressione oggi ancora riconoscibili a
partire dal VI secolo in maniera ancora più decisiva. Anche le fazioni del circo diventano
parte di questo cerimoniale.
In ambito letterario si assiste ad un rifiuto dei tradizionali modelli storiografici
ravvisabili in Erodoto e Tucidide, al cui posto si diffusero modelli cristiani.
Perdita della romanità e dei valori della tradizione: nel 542, in tempo di peste,
Giustiniano abolisce il consolato.
Gli studiosi hanno parlato di liturgizzazione : processo di integrazione sociale
estremamente complesso che portò ad una nuova unità e stabilità interna.
DIFFERENZA FRA IL TRIONFO SUI VANDALI DEL 534 E L’ENTRATA A COSTANTINOPOLI DI
GIUSTINIANO NEL 559. La seconda assume i tratti di una vera e propria processione la
cui tappa principale e la chiesa dei Santissimi Apostoli, dove Giustiniano pregò sulla
tomba di Teodora.
CAP 13
La notte del 14 novembre 565 Giustiniano morì di morte naturale nel palazzo imperiale.
Giustiniano morì senza lasciare eredi e senza aver stabilito niente per la successione. Ad
ogni modo furono in discussione solo 2 candidati: il valente generale Giustino, figlio di
Germano (nipote di Giustiniano) apparteneva alla famiglia imperiale e il nipote di
Giustiniano membro della famiglia imperiale, figlio di Vigilantia, che si chiamava a sua
volta Giustino. Quest'ultimo ebbe maggiori possibilità rispetto al Giustino grazie al
ciambellano Callinico, l’ultimo di Giustiniano. Quest’ultimo era stato presente alla
morte di Giustiniano e aveva sentito che questi aveva designato suo successore il
nipote Giustino. Questi si fece prontamente incoronare imperatore dal patriarca
Giovanni III Scolastico e solo dopo si mostrò nell’ippodromo dove intanto si era
radunata la folla. Dopo di ciò il nuovo sovrano si sbarazzò di Giustino figlio di
Germano.
Giustino II non ebbe un’eredità facile: 1) si lamentò della politica estera adottata da
Giustiniano, molto costosa, e dell’incuria di quest’ultimo nei confronti dei suoi soldati;
2) cercò di prendere nuove iniziative relative ai monofisiti che poi sono sfociate in
persecuzioni; 3) in politica estera cercò di mantenere lo status quo e
contemporaneamente alleggerire le finanze: infatti nel 572 rifiutò di dare i tributi alla
Persia e ciò comportò un nuovo conflitto persiano. Per fronteggiarlo sguarnì il fianco
nord dell’impero cosicchè avanzarono gli Avari e spinsero i Longobardi verso ovest.
Quest'ultimi nel 568 sotto la guida di Alboino irruppero in Italia e la ridussero a poche
enclaves.
Giustino II si ammalò di testa e nel 574 designò come cesare Tiberio, che di fatto
consistette in un’abdicazione a favore di quest’ultimo.
Giustiniano perse molte posizioni territoriali ottenute con le varie guerre, in campo
religioso cercò di imporre il suo credo su tutti ma dovette scontrarsi varie volte col
monofisismo della moglie, cosa che fece sì che si sviluppasse una chiesa monofisita a sé
stante. Da un punto di vista urbano le città furono sempre più abbandonate a sé stesse
e dovettero provvedere autonomamente alla loro difesa.