012a La Nostra Casa Sulla Roccia
012a La Nostra Casa Sulla Roccia
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PREPARAZIONE DELL’AMBIENTE
Esporre la Bibbia aperta sul capitolo 5 di Matteo con accanto l’immagine di una casa
costruita sulla roccia (rintracciabile in internet) e cinque mattoni, su ognuno dei quali sarà
applicata una delle seguenti scritte: Beatitudini, Ma io vi dico…, Preghiera, Provvidenza, Regno
di Dio e Giustizia.
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RIFLETTENDO
1° lettore: Mt 7,21-29
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essendo coerenti nella vita con la fede che proclamiamo. Niente di più semplice e
niente di più impegnativo! Sì, perché si tratta di cambiare mentalità, di fare nostro il
pensiero di Dio, rinunciando alla “mondanità”, come non si stanca di ripeterci papa
Francesco. Solo in questo modo, con questo impegno, saremo veri discepoli del
Maestro, veri figli del Padre, veri eredi del suo regno (pur con la nostra fragilità che ci
farà anche commettere errori sbagli e passi falsi). È l’augurio che ci facciamo
reciprocamente, giunti a questo punto del cammino.
E con il desiderio di rimboccarci le maniche e darci da fare per costruire la nostra
casa in Dio, ora vorremmo in modo sintetico richiamare alla mente i “mattoni” che
Gesù ci ha consegnato, nel suo discorso, per edificarla con sicurezza e stabilità.
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Dio e verso tutti i fratelli, figli dello stesso Padre. In altri passi del vangelo, Gesù dirà
che la Legge si riassume in un solo comandamento: amare Dio con tutto il cuore
e amare il prossimo come sé stessi (cfr. Mc 12,30-31). Compiere pienamente la
Legge significa dunque declinarla secondo le categorie dell’amore filiale e dell’amore
fraterno. Chi ama così compie tutta la Legge. E così anche in questa sezione il Maestro
riafferma la priorità dell’amore come stile di vita.
Il terzo “mattone” riguarda in particolare il rapporto con Dio attraverso la
preghiera. Gesù ne parla in maniera esplicita in due brani (6,5-13.16-18; 7,7-11),
anche se tutto il Discorso è pervaso dalla dimensione del rapporto con il Padre,
proprio perché egli è il Figlio e, come tale, in tutto ciò che dice e fa si riferisce a Colui
che lo ha mandato. Non dimentichiamo che in questo contesto Gesù insegna ai suoi la
“sua” preghiera, il Padre nostro, il cui commento abbiamo rimandato ad altre
occasioni.
Il nucleo fondamentale dell’insegnamento di Gesù sulla preghiera è precisamente
il rapporto di figliolanza, la fiducia incondizionata e sconfinata nel Padre suo e
nostro, al quale non occorre dire tante parole per essere ascoltati, come fanno i
pagani. Basta semplicemente abbandonarsi nelle sue mani e al suo progetto perché, ci
assicura Gesù, il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele
chiediate (6,8). E tuttavia, in questo rapporto d’amore, non bisogna mai rinunciare a
fare la propria parte, facendo l’atto di umiltà e povertà creaturale di esporre al Padre
le nostre necessità. Per questo Gesù ci esorta anche a chiedere, cercare, bussare,
esprimendo così concretamente a Dio il nostro desiderio, la nostra fiducia, la nostra
consegna e il nostro amore filiale. In questa esperienza di preghiera certamente
otterremo la grazia fondamentale, di cui veramente abbiamo bisogno: stare con Dio,
vivere in comunione con Lui. Tutto il resto ci sarà dato in aggiunta.
Ed a proposito di questa “aggiunta” ecco il quarto “mattone” della nostra
costruzione spirituale: la Provvidenza. Gesù ce ne parla anzitutto esortandoci al
corretto rapporto con i beni materiali, di cui abbiamo bisogno per vivere, senza
mai dimenticare che essi sono solo mezzi e non fini. Il fine ultimo della vita dell’uomo
è la comunione con Dio e con i fratelli. L’esperienza della Provvidenza è appunto il
cammino sicuro per stabilire tale comunione. Concretamente vivere di Provvidenza
comporta, da un lato, guardare la vita con gli occhi della fede, sapendo che ci
troviamo sotto lo sguardo di Dio, che Egli cammina con noi e con noi costruisce la
storia, provvedendo a tutto ciò di cui necessitiamo; d’altro lato, significa che,
riconoscendo come dono dell’amore del Padre ciò che possediamo, siamo pronti e
disponibili a condividerlo con i fratelli. Significa, cioè, rinunciare all’accumulo ossessivo
e ansioso di beni materiali, per “accumulare”, invece, esperienze di condivisione e di
fraternità, di generosità e di perdono, un’eredità che nessuno potrà distruggere e che
ritroveremo intatta alla fine del viaggio della vita. Infatti ogni scelta di bene, ogni atto
di condivisione, ogni gesto d’amore è già custodito nei forzieri del cielo e ci meriterà
una stupenda accoglienza nel regno di Dio: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete
in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo… (Mt 25,34).
E c’è anche un quinto “mattone” che possiamo identificare in due temi
ricorrenti lungo tutto il discorso di Gesù e tra loro strettamente legati, quello del
regno di Dio e della giustizia. Essi sono come uno sfondo sotteso all’intero
insegnamento, le due parentesi che lo racchiudono.
Il regno di Dio, che Gesù è venuto ad annunciare, è la proclamazione della
signoria di Dio e la sottomissione dell’uomo alla sua legge d’amore. Esso si
contrappone al regno del mondo, dove dominano l’orgoglio, la superbia, la ricerca del
potere, in cui l’uomo pretende di sostituirsi a Dio e si separa da Lui. Il regno dei cieli è
invece la realizzazione dell’autentico rapporto tra uomo e Dio, secondo il progetto
creativo originario. Esso si identifica con il paradiso, ma può essere sperimentato già
su questa terra nella misura in cui si vive in rapporto filiale con Dio.
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Faremo una lettura continua dei tre capitoli del vangelo di Matteo,
meditati nel corso dell’anno. Gli elementi ricevuti lungo il percorso ci aiuteranno a
cogliere nuovi elementi e spunti di riflessione. Buona lettura
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