Pres2014 0106
Pres2014 0106
Pres2014 0106
SULLA
CAMILLO GUIDI
NEL
R. F O L I T E C N I C O D I '.r O R I N O
PARTE TERZA
Quinta Edizione
~on 7 tl\ vole e 63 figure nel testo.
TORINO
VINOENZO BONA
Tipografo dell~ LL. UM. e RR. Principi.
1915
Ing. Prof. C. GUIDI
PARTE I.
NOZIONI DI STATIOA GRAFIOA
(Settima Edizione)
Volume di pagine 154 con 137 figure
Lire 3.
PARTE II.
TEORIA DELL' ELASTIOITÀ
E R E S I S T E N Z A DEI M A T E R I A L I
(Settima Edizione)
Lire 8.
PARTE III.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI
STATICA DELLE COSTRUZIONI CIVILI
Volume di pagine 138 con 63 figure e 7 tavole
(Quinta Edizione)
Lire 3,50.
PARTE IV.
TEORIA DEI PONTI
Volume di 488 pagine con 260 "figure nel testo e 15 tavole
(Quarta Edizione)
Lire lO.
PARTE V.
SPINTA DELLE TERRE
MURI DI SOSTEGNO DELLE TERRE E DELLE ACQUE
Volume di pagine 64 con 47 figure e 2 tavole
(Sesta Edizione)
Lire 1,60.
ApPENDICE.
LE OOSTRUZIONI IN BETON ARMATO
(Quarta Edizione)
Volume di pagine 168 con 60· figure nel testo e 9 tavolo.
Lire 4.
LEZIONI ~
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SULLA
CAMILLO GUIDI
NEL
R. POLITECNICO DI TORINO
PARTE TERZA
Quinta Edizione
con 7 ta.vole e 68 figure nel testo.
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Unico esclusivo deposito: Torino
E. AVALLE = =
Libreria del Valentino
-
~
1915
PROPRIETÀ LETTERARIA
INDICE
CAPITOLO I.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI
CAPITOLO II.
SOLAI
CAPITOLO III.
INCAVALLATURE
~~~bO.J:S
/ 1) ~\ . '-
VI
CAPITOLO IV.
CUPOLE E TETTI PIRAMIDALI IN FERRO
CAPITOLO V.
TEORIA STATICA DELLE VOLTE E RELATIVI PIEDRI1'TI
NH. - Delle costruzioni III beton armato si tratta in una Appendice al Corso•
.. _----+- •.. -
FONTI PRINCIPALI
...
-----. , ....-.---
CAPITOLO L
§ 1. - Travi semplici.
modulo di resistenza W +
della sezione rettangola.re avere il rapporto che rende massimo il
= bh 2 rispetto alla mediana parallela al
lato più corto b. Indicando con D il diametro del tronco, si ha
bh 2 = b (D2 - b2),
il CUI maSSImo valore vien dato dalla
d . b (D2 - b2 ) = D2 _ 3 b2 = O
db· ,
ossia
e quindi
b=VD.~,
è facile dedurre la costruzione del rettangolo di massima resistenza
inscritto in un dato circolo.
I legnami che trovansi correntemente in commercio hanno dimen-
sioni e denominazioni diverse, secondo i vari paesi; per esse riman-
diamo ai prontuari.
La sezione delle travi di legno squadrate essendo costantemente
quadrata o rettangolare, l'area, i momenti d'inerzia ed i moduli di
resistenza rispetto alle mediane sono espressi, molto semplicemente.
dalle formole seguenti, nelle quali e rappresenta il rapporto fra la
base b e l'altezza h; x la mediana parallela a b, y quella parallela.
h I h , b
ad ; y = 2' x -"2'
F = eh 2 ,
eh4 w x = J~ _ eh s ,
J,,= 12 ' y . 6
W _ J!f _ e2 71 3
y - x' - 6 .
I [ LTL.
a.) ") c) d) e)
Nelle travi a T, a doppio T, a C, a Z, vi ha luogo a distinguere
l'anima o costola dalle tavole o flangie od ali; le ali di un cantonale
possono essere uguali o disuguali.
Le suddette travi vengono dai diversi stabilimenti metallurgici
prodotte iu generale con qualche differenza di forma nella sezione,
ciò che è causa di non pochi inconvenienti. Vanno sotto nome di tipi
normali tedeschi certi tipi proposti in Germania nel 1881 da una Com-
missione composta di persone di alto valore tecnico e scientifico, allo
scopo di unificare la fabbricazione di dette travi. Oltrechè questi tipi
presentano le forme più adatte per la resistenza, l'unificazione sud-
detta tende anche ad eliminare l'inconveniente che, dopo progettata
ed appaltata un'opera metallica, non si trovino sulla piazza i tipi in
base ai quali furono eseguiti i calcoli. Nei manuali d'ingegneria, di
recente pubblicazione, trovansi le tabelle numeriche ealcolate dalla
Commissione stessa pei tipi normali suddetti; esse contengono tutti
gli elementi necessari ai calcoli di stabilità e di preventivo.
Sono degne di spéciale menzione le recenti travi Grey (Differdingen)
a doppio T a larghe ali. Se ne laminano fin della lunghezza di m. 20;
la loro altezza può raggiungere i 750 mm., ed i moduli di resistenza
rispetto agli assi principali centrali possono raggiungere rispettiva-
mente i valori di 8068 e 855 crn 3 •
Anticamente, in special modo nelle costruzioni civili, si faceva
molto uso delle rotaie usate, rivendute con ribasso di prezzo dalle
Amministrazioni ferroviarie, e venivano impiegate come travi da so-
stenere solai o muri; ma presentemente, col prezzo molto basso a
cui si vendono le travi sagomate, e in grazia della loro ottima qua-
4 ELE)[ENTI DELLE COSTRt:ZIONI
§ 2. - Unioni.
6)
Fig.!.
ELEMENTI DELLE COSTR1:ZIONI
può essere fatta conforme alla fig. 2 b, unione a forcheUu con cttnei,
()vvero secondo la fig. 2 c, unione ad anelli con cunei; le figure sono
abbastanza chiare da non richiedere descrizioni. Ambedue queste dis-
posizioni permettono di regolare l'unione in modo da mettere in ten-
sione i tiranti.
a)
Fig. 2.
Fig. 3.
da CUI:
(2) 81 = 0,46 v'f' = 0,314 d.
Tale spessore 81' quando risulti maggiore dello spessore s del ti-
rante, e la testa non venga fucinata separatamente, può essere otte-
ELElIENTI DELLE COSTRUZIONI
nuto sia rifollando l'estremità del tirante, sia con piastre di riporto-
inchiodate al tirante.
Se la testa deve avere lo stesso spessore del tirante (81 = 8), la
sezione del tirante va così proporzionata che lo spessore 8 soddisfi
contemporaneamente alle equazioni che deduconsi dall'eguagliare le
tre resistenze: del tirante, del perno, della superficie interna del-
l'occhio, e cioè
3 rrd 2 ~
bs = 5 -J- = l,i.> ds ,
da CUI:
d 3rr
(3) bO,67 ed
d 30 = 0,314,
e quindi anche:
s
(4) b = 0,21.
d 2
-+-b
..
~ .-,
,)
per taglio della parte della testa che rimane dietro al perno, tratteg-
giata in figura: infatti, ponendo 2b" s ! = b s (in
i)
questo calcolo si
suole assumere eguale soltanto a b" la lunghezza delle due superficie
di taglio, pel' tener conto della debole· resistenza del lembo del foro)
SI rlcava
forma definitiva per mezzo di uno stampo che viene applicato contro,
e sul quale si dà qualche altro colpo di martello. La ribaditura del
chiodo viene molte volte eseguita a macchina, ed allora la seconda
testa risulta formata in un solo movimento se è fatta con ribaditrice
a pressione idraulica; oppure con una serie di colpi se è fatta con
ribaditrice a pressione d'aria. Quest'ultima è molto maneggevole e
tmsportabile.
Il diametro del fusto del chiodo dev'essere un poco inferiore al
diametro del foro, affinchè, arroventato che sia, vi possa ancora entrare
comodamente; si stabilisce in generale a tale scopo un gioco di 1/20
del diametro.
Riguardo alla forma della testa, si hanno diversi tipi; si può adot-
tare la forma di un segmento sferico, di un segmento di ellissoide,
di un conoide, ecc.; l'essenziale si è che essa presenti dimensioni
sufficienti, per modo che non possa essere recisa secondo il pro-
lungamento della superficie del gambo, per effetto della notevole
tensione a cui quest'ultimo rimane sollecitato durante il raffreddamento
della chiodatura; e che la pressione unitaria sulla superficie anulare di
contatto fra la testa e la lamiera non risulti eccessiva. È freqnente-
mente adottata la testa indicata dalla fig. 5. Quando debba evitarsi la
sporgenza della testa del chiodo, si ricorre alla chiodatura a testa cieca.
Lo spessore massimo da inchiodare non deve superare 3 l! 2 a 4 d;
per chiodature da eseguirsi a mano non è conveniente prendere
d > 25 mm •
La foratura delle lamiere vien fatta col punzone, o col trapano, o
finalmente si fa da prima col punzone un foro di diametro alquanto
minore di quello voluto, e questo viene poi raggiunto coll' allar,qatoio;
i due ultimi sistemi sono preferibili al primo, perchè eliminano la
deformazione del labbro del foro prodotta dal punzone.
La resistenza della chiodatura aumenta se si smussa il labbro del
foro che è adiacente alla testa del chiodo, con che il passaggio dalla
testa al fusto del chiodo invece di farsi bruscamente, avviene col-
l'intermezzo di un tronco di cono, che, secondo le espel'ienze, contri-
buisce molto alla sua resistenza.
B buona regola che la chiodatura venga eseguita con una certa
rapidità; con ciò il chiodo riempie meglio il foro, ed inoltre, essendo
esso ancora ben caldo al momento in cui è completata la ribaditura,
avviene che il gambo, raffreddandosi, tende ad accorciarsi, e quindi
le teste, esercitando una pressione notevole contro le lamiere, le
quali s'oppongono a tale accorciamento, le serrano fortemente. Da
ciò risulta che allo scioglimento dell'unione si oppone, almeno per un
ELE~lENTI DELLE COSTRUZIONI 13
-
O' -
715 _ 2383 k g. cm 2 ,
O 30 -
,
tensione, come vedesi, notevolissima, donde la necessità d'impiegare
pei chiodi un ferro di ottima qualità.
Che realmente in una chiodatura ben eseguita la tensione lungo il
gambo del chiodo assuma valori rilevanti, lo prova il fatto che, al-
lorquando il chiodù viene ribadito troppo rapidamente, in seguito al
raffreddamento facilmente salta via una testa.
Quantunque il chiodo venga ribadito ben caldo e sul momento
riempia sia pure completamente il foro, però, in seguito al raffred-
damento, avviene un certo distacco del fusto del chiodo dalle pareti
del foro, per il che, come si è detto, almeno per un certo tempo la
chiodatura resiste pet' attrito, senza che entri in gioco la resistenza
al taglio del chiodo. Non è però giusto basare su questa resistenza
d'attrito il calcolo della chiodatura, giacchè, in conseguenza dell'e-
nOl'me sforzo di tensione sopra calcolato, eccedente il limite di ela-
sticità, cui rimane sollecitato il gambo del chiodo, proseguono ad
avvenire in esso, col tempo, dei piccoli allungamenti prodotti dal
noto fenomeno dell' elasticità susseguente (elastische Nachwirkung), per
effetto dei quali, tanto più poi se hanno luogo sollecitazioni dina-
miche, la chioda,tura si allenta; e quindi il modo di resistere dei
chiodi si avvicina mano mano a quello della resistenza semplice al
taglio. Così è che nella pratica si usa prescindere affatto dalla resi-
stenza d'attrito, calcolando i chiodi come sollecitati semplicemente
ELE)IE~TI DELLE COSTRUZIONI
e quindi, dev'essere
il
- -< 2,J ""'
s
Comunemente nella pratica d non supera 2s, con che si ha, sotto
ELE~IENTI DELLE COSTRUZIONI 1&
'Eu 3 ,3 C I
(') 0:00 I
I
00:0 (') I
O 0:0 CJ)
a.) "}
Fig. 7.
a.)
Fig. 8.
a)
Fig. 9.
trave precedente.
~ =.~
:. _--~:-- :.
Fig. 10.
:1
Th [1
tga = M max . '4 - (y)2]
h '
cendovi y = ! h, fornisce
t ga = -92 --::-:;:----
Tmax.h
Mmax.
t±H
per a nelle formole precedenti l'angolo indicato
nella figura.
8pesso alla dentatura con faccie inclinate si
sostituisce una dentatura ortogonale (fig. 11 c,à) , la
a.)
--__? .: @ @ I
b)
}<'ig. 12.
(I) C. GUIDI, Sul calcolo di cel·te t/"(wi composte, • .-\.tti della R. Accademia delle
Scienze di Torino", 1887.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI
(14)
(15)
(16)
(17)
(18)
si deduce allora dalla (14) che, raggiungendo 0'2 il valore k 2 , resterà O'r
inferiore a k 1 • In tal caso si dovrà dunque calcolare M2 pe1: mezzo
della (17), e si dedurrà poi MI dalla (13). Risulterà 0'1 <
k 1 , ossia
la resistenza della prima trave sarà soltanto parzialmente utilizzata,
e ciò perchè la soverchia rigidità della seconda tI'ave impedisce a
quella d'infiettersi quanto potrebbe, senza che fosse oltrepassato il
carico di sicurezza.
Finalmente, se risulta
(19)
mentre
700.1859
MI = ,
8 ,'" = kgcm. 149575 = kgm. 1496,
M2 = 1496 0,12.2531
2 , 1859
= kgm.
~
1')')
.....
e non pil1 del triplo del loro spessore; la distanza 6.x fra i chiodi
che collegano i cantonali all'anima ed alle piattabande vien dedotta
dalle seguenti consi-
derazioni.
I chiodi che colle-
gano i cantonali all'a-
a.)
nima devono opporsi
allo scorrimento di que-
sta rispetto a quelli;
devono perciò resistere
alla tensione tangen-
ziale longitudinale che
si verifica nella tI'ave
a quel livello, la quale,
b) se indichiamo con m
il momento statico, ri-
spetto all'asse neutro,
della porzione di se-
zione che rimane al di
sopra del detto livello,
o g g vale, per unità di lun-
ghezza (Cfr, Parte II),
Tm
-J'
g I
O O Osservando quindi che
ciascun chiodo di dia-
me~ro d presenta due
sezIOni resistenti al
taglio, dovrà risultare
da CUI
§ 4. - Travi armate.
Fig. 17.
anche in altri puliti della trave, gli sforzi nelle singole parti vengono
-determinati rigorosamente applicando i metodi basati sul teorema dei
lavori virtuali (Parte II). Si può anche procedere nel seguente modo
.alquanto più spiccio. Si osservi che la trave, per ciò che riguarda la
sua flessione, si compol'ta come una trave continua, in generale sem-
plicemente appoggiata alle estremità, ed inoltre appoggiata nei punti
intermedi forniti dai contrafissi. Questi punti potremo, per semplificare
la questione, supporli al medesimo livello degli appoggi estremi, il
.che potrebbe realmente ottenersi in pratica serrando opportunamente
i dadi che collegano i tiranti alle estremità della tra ve; e del resto
un piccolo cedimento degli appoggi intermedi favorisce notoriamente
9 I
I
8
o25Q.
I
I
.2 I
~--------------~TI I
I
I
3 .. +
Fig. 18. "
la stabilità della trave. Ciò posto, colla teoria della trave continua
(con appoggi al medesimo livello) determiniamo le pressioni che il
carico applicato alla tr'ave, fuori dei nodi, produce sui punti d'ap-
poggio, ed allora sarà molto facile trovare, con un diagramma reci-
proco, gli sforzi longitudinali nelle singole parti della travatura, in
base ai quali vanno calcolati i tiranti ed i contrafissi. Riguardo alla
trave propriamente detta, bisognerà allo sforzo longitudinale, che è
di compressione, aggiungere la sollecitazione a flessione (del taglio
non sarà in generale il caso di preoccuparsi) j e in base a questa
. sollecitazione composta fare il calcolo della sezione.
Svilupperemo, come esempio, il caso speciale in cui la tra ve· sia
sollecitata da un carico Q uniformemente distribuito su tutta la sua
'lunghezza, supponendo, come è stato già detto, che gli appoggi forniti
dai contrafissi siano al medesimo livello degli appoggi estremi, ed
inoltre che la tra ve, alle estremità, sia semplicemente appoggiata.
a) Trave annata con un solo contrafisso (fig. 18 a ). - Le pressioni
-che la trave esercita sui tl'e appoggi A, C, B (C punto di mezzo di A B)
ELE~IENTI DELLE OOSTRUZIONI 33
Che se y' è diversa da y", come pure se k' k", devesi calcolare <
la trave anche in base alla tensione unitaria massima, la quale, se-
condo i casi, avrà luogo o in corl'ispondenza del contrafisso, o nella
3
sezione a distanza X o ==
16 l da un estremo della tra ve, nella quale
sezione si verifica il momento massimo analitico (Parte II).
GUIDI, Scienza deUe c08t,·uziolli. Parte III,_ 5- ed. 3
34 ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI
(i) Per i pilastri in beton armato, vedi Appendice al C01'80, intitolata: Le C08t1'U-
zioni -in betoll n/"illato.
ELE~IENTI DELT,E COSTRUZIO~I 35
a) c) d)
.,- - ----- ------7'
~
>:~/:
, ,~, ,
:. :> i
(. ..- - - -- - - - -
'<' . ~
- - .......1
Fig. 19.
il
Il
IIII
l''
ii ~ ~il
Fig. 23.
posto da una tela metallica, la quale viene fissata con viti al fusto
della colonna, che in tal caso porta dalla fusione appositi risalti: è
utile di lasciare un certo spazio fra l'intonaco e la colonna.
Molte volte, specialmente nei capannoni, si utilizza la cavità delle
colonne pel' farIe servire da condotti di scolo delle acque piovane,
il che riesce molto comodo; però, se questa pratica non può trovare
alcuna obbiezione in una costruzione di carattere provvisorio, non do-
.J
-,r Lr----_=;
..JL
r J=---~[ +
21. Co~onne e sostegni di ferro. - Come
quelli di ghisa, anche i sostegni in ferro pos-
sono distinguersi in colonne ed in sostegni
composti da impiegarsi a sorregger muri, ecc.
Colonne. - Il fusto può essere formato
con un tubo, iI capitello e la base sono di
ghisa; bisogna porre la massima cura che
l'uno e l'altra trasmettano direttamente ed
uniformemente la pressione su tutta la se-
zione del tubo. Più spesso però si forma
il fusto delle colonne per mezzo di ferri
sagomati inchiodati insieme, come appare
dai sopra indicati schizzi di sezioni.
Quando la colonna deve presentare poca
larghezza in una direzione, si presta bene
la penultima sezione, la quale per stabili-
menti industriali è molto adatta per l'at-
tacco delle trasmissioni, ecc. ~:@ o; '0 o: :0 .,:~
CAPITOI.O IL
SOL1I
(I) Di questi ultimi solai si tratta nell' Appendice al Corso, intitolata: Le costru-
zioni iII beton ar1ll(lIo.
SOLAI
sia per essere soltanto muri divisori, sia per essere indeboliti da
aperture, o traforate da canne di camino, nei quali casi si provvede
come verrà detto in appresso.
Per altro, l'immersione delle teste delle travi nella muratura è
frequentemente causa potentissima della loro putrefazione; bisogna.
quindi cautelarsi nel miglior modo
contro tale pericolo, sia coll'affu-
micare le teste suddette, o collo
spalmarle ripetutamente di catrame
bollente, ovvero col rivestirle di
corteccia di sughero o di altra so-
stanza, o finalmente, meglio che con
ogni altro ripiego, lasciando circo-
lare liberamente l'aria tutt'attorno
ad esse, come è indicato dalla fig. 28 Fig. 28.
per una trave maestra. L'aria pe-
netra dall'esterno per mezzo di un canale, la cui bocca è munita di
una piastrina metallica a piccoli fori. Si deve inoltre aver cura che
le travi maestre appoggino sulla muratura
coll'intermezzo o di un ceppo di legno duro
ben secco, ovvero di una pietra resistente e
ben squadrata, che ripartisca su di una suf-
ficiente area di muratura la pressione eserci-
tata dalla trave.
La stessa fig. 28 rappresenta un modo di
ancorare la tra ve al muro, il che è utile sia
Fig. 29. per aumentare la reSlS. t enza deIl a t rave, ch e
per procurare un collegamento ai muri perimetrali.
Quando, per un motivo qualunque, non si possano o .non si vogliano
incastrare i travicelli nella muratura, si dispone (fig. 29) in adiacenza
del muro un con'ente, sorretto da staffe in ferro o meglio da mensole
di pietra o di mattoni, sul quale si fanno appoggiare, con un piccolo
incastro, i tl'avicelli. Tale disposizione elimina il pericolo della pu-
ti'efazione delle teste dei tra vicelli.
31. Solai misti. - Sono così chiamati quei solai, la cui ossatura
è parte in fert·o e parte in legno. La fig. 31a ne rappresenta il tipo
48 SOLAI
f: tS
Fig. 31.
alla tavola superiore delle travi in ferro un listello in legno. Nei vani
compresi fra le travi di ferro ed i costoloni di legno, al disopra del
soffitto, che, come vedesi, è portato da correntini di legno inchiodati
ai costoloni, è conveniente gettare della malta magra, per assicurare
!'impermeabilità del solaio, e, nello stesso tempo, per contrastare fra
loro i diversi costoloni, al quale scopo lo strato di malta si fa più
alto in adiacenza dei medesimi.
33. - Quando l'ampiezza del solaio, nel senso in cui vanno disposte
le travi, oltrepassa un certo limite, circa metri 6, non conviene più
superarla COIl semplici travi laminate, tanto più che, ad evitare un ec-
cessi vo spessore nel solaio, non possono impiegarsi le travi laminate di
notevole altezza. Conviene in tal caso suddividere la portata in più cam-
pate di :3 o 4 metri, per mezzo di tmvi maestre, sulle quali appoggiano,
o meglio, sono inchiodate le travi secondarie o travetti. Le travi maestre
possono essere costituite da travi laminate di grande resistenza, °
da travi composte, ottenute sia dall'aggruppamento di più travi lami-
nate, ovvero dalla chiodatura corrente di ferri piatti e ferri sagomati,
con che si hanno le travi composte a par'ete piena, o finalmente pos-
sono essere trari reticolari od a ,qraticcio, come si è già detto al n. 17.
La fig. 33 a rappresenta l'attacco dei travetti ad una tI'ave maestra
costituita da una trave semplice laminata. Finchè l'altezza della trave
maestra lo permette, la disposizione indicata da q uesta figura, secondo
la quale i travetti appoggiano sulle ali inferiori della trave maestra,
è la più conveniente. N 011 è opportuno tenere la trave maestra tlltta
al disotto dei travetti, perchè resterebbe scollegata e correrebbe
rischio di una flessione
deviata, oltre di che
sporgerebbe dal soffitto
per tutta la sua altezza.
L'attacco poi ad altf'zza
intermedia, che in qual-
che caso, del resto, sarà
necessariamente riclde-
sto dali' altezza della
tra ve maestra, porta an-
cora con sè l'inconve-
niente della sporgenza
di quest'ultima dal sof-
fitto, ed inoltre è men
Fig. 33. buono, perchè i travetti
restano sospesi, a mOllo
che, per evitare tale inconveniente, si inchiodino appositamente delle
sqlladrette alla trave maestra, al disotto dei travetti (fig. 33 d.
Nella fig. 33b è rappresentata una trave maestra formata con due
SOLAI 51
34. -- Gli appoggi delle travi di un solaio in ferro sui muri pe-
rimetrali devono essere oggetto di speciale cura. Anzitutto bisogna
assicurarsi che il muro in corrispondenza dell' appoggio in questione
presenti sufficiente resistenza, e questo singolarmente va detto per
gli appoggi delle travi maestre, le quali possono trasmettere delle
pressioni, in tal uni casi, rilevantissime. Le travi devono penetrare
nel muro almeno di tanto che la pressione unitaria massima sulla
muratura non oltrepassi l'ordinario carico di sicurezza (da 6 a lO kg.
per cm 2 , per muratura di mattoni); e questa pressione unitaria mas-
sima, ammessa la legge di ripartizione lineare, con valore nullo al-
l'estremità della trave (non volendo fare affidamento sull'incastro),
avrà luogo in corrispondenza del ciglio del muro e sarà doppia della
pressione unitaria media. Questa ricerca venne già eseguita nella
Parte II sì nel caso dell'appoggio semplice che in quello dell'incastro.
Quando la pressione trasmessa dalla trave è considerevole, con-
viene ripartirla su di una superficie più ampia di quella offerta dalla
tavola inferiore della trave stessa; ciò si ottiene interponendo fra
la muratura e la tl'ave un concio in pietra ben squadrato, ovvero
una piastra di ghisa, od anche l'uno e l'altra. In tali casi si può
assicurare una ripartizione abbastanza uniforme della pressione sulla
muratura limitando l'appoggio della ti-ave soltanto ad una porzione
centmle della piastra, ovvero della pietra (fig. 35).
I solai in ferro si prestano ottimamente al concatenamento dei
muri perimetl'ali; ciò si ottiene ancorando le travi, come è indicato
chiaramente dalla fig. 34 per una trave semplice, e dalla fig. 35 per
una trave composta tubulare.
35. - Anche per i calcoli stati ci delle travi dei solai in ferro
rimandiamo senz'altro alla Parte II, non che alla Parte IV, qualora
fosse il caso di eseguire una ricerca speciale sulle condizioni più
sfavorevoli di carico. Avvertiamo anche qui, come già fu detto per
i solai in legno, che sarà prudente non fare alcun affidamento sul-
l'incastro delle travi nel muro, salvo qualche rara eccezione per travi
maestre, quando si ansi prese, al riguardo, delle disposizioni efficaci.
Soltanto quando la trave penetri nel muro per una notevole profon-
dità, e si trovi stretta fra due piastre metalliche, una al disotto,
l'altra al disopra, le quali, alla 101' volta, appoggino contro conci di
pietra di rilevante resistenza, e superiormente insista ancora un rag-
guardevole peso, si potrà ammettere l'ipotesi del semincastro (n. 30).
Così pure sarà pl'Udente, nel calcolo dei travetti, di riguardarli come
semplicemente appoggiati agli estremi, anche quando questi siano
attaccati con chiodature alle travi maestre.
INCAVALLATURE 53
CAPITOljO III.
INCAVALLATURE
Fig. 36.
I e \:'i' ,/",
sione unitaria P, ovvero, qualora tutte le \ " ct.'l :.,../" /
\\ / /~ ,','
falde parziali abbiano eguale area F, la ", I -" ,/
' . . v· ",/
pressione P F. Sopra a b si descriva un se- c', .
-"'-- --- -
micerchio, da b si conducano le parallele Fig. 37.
alle varie falde ad intersecare la semicir-
conferenza nei punti c, e da questi si calino le normali sul diametro j
i segmenti ad, come è facile
dimostrare, rappresentano
le pressioni richieste [am-
messa la (22)].
c) RPazioni degli ap-
poggi. - A completare il
sistema delle forze esterne
applicate ad un'inca valla-
tura, dobbiamo occuparci
della determinazione delle
reazioni degli appoggi.
A questo scopo conviene
distinguere le incavallature,
secondo il loro modo di agire
sui piedritti, in incavalla-
ture non spin,qenti ed in in-
cm;allature spingenti. Costi-
tuiscono la prima categoria
le incavallature semplice-
mente appoggiate, per le
qnali, quando siano cari-
cate soltanto vprticalmente,
Fig. 38. sono anche verticali le rea-
zioni d'appoggio. Quando
però l'incavallatura è cimentata dalla pressione del vento, le rea-
zioni, per l'equilibrio, non possono più essere ambedue verticali; se
la spinta del vento è così forte da superare la resistenza d'attrito
che possono sviluppare gli app oggi, uno di essi deve essere reso fisso.
58 INCAVALLATURE
Fig. 40.
gono collegati con unione a bulloni con fori ovalizzati, o meglio con
unico perno da 4 ad 8 cm. di diametro, i rimanenti tronchi di arcareccio.
(24) k-~
-W
viene nella massima parte dei casi, come già si è detto nella Parte II,
opportunamente sostituita dall'altra
~
(25)'
J;
y
= W rn = modulo di resistenza rispetto all'asse x,
Jy _ _
- , -W y - y,
x " "
i quali moduli, nei manuali di recente data, trovansi generalmente
già calcolati per i tipi di sezione più in uso, ed allora la (25)' può
mettersi sotto la forma molto comoda
(26) k = l (Ql
8 ,Wrn
+ Jk)
Wy
,
Se trattasi di fare il calcolo diretto della sezione, piuttosto che
un calcolo di verifica, si proceda come è stato già indicato nella
Parte II, e cioè si risolva la (26) rispetto a Wrnponendo:rn = /-l, con
y
che si avrà
e poi per mezzo di una tabella dei W relativi ai vari numeri del
tipo di ferro che si tratta di calcolare si desuma un primo valore
approssimato di /-l e si ricavi un primo valore di W m' In base a questo
si dedurrà un secondo valore più approssimato di /-l e quindi un se-
condo valore di Wm a cui corrisponderà, con approssimazione in ge-
nerale sufficiente, la sezione cercata. Per i profili normali tedeschi
a I ed. a [ si può assumere come primo valore di /-l rispettivamente
9 e 7.
Per le sezioni mancanti di assi di simmetria, come ad es. la sezione
62 INCAVALLATURE
,I
,I
, 1
h3 : h3 = - -,---- 1 ~---~- ,
Y
Ql-J
x
+Q2~J
' y
(27)
da cui
(28)
Fig. 43.
zione degli sforzi nelle aste (Parte I), che un carico concentrato, ap-
plicato a qualsiasi nodo, produce in un'asta qualunque O del contorno
superiore uno sforzo di compressione, ed in un'asta qualunque U del
contorno inferiore uno sforzo di tensione. Dal che si conclude che
per ottenere lo sforzo numericamente massimo in tutte le aste di
contorno, conviene supporre il carico della neve esteso su tutta la
copertura. Riguardo allo aste di pal'ete vi ha luogo a distinguere i
seguenti casi: Se il polo dell'asta cade fuori della zona compresa fra
le verticali degli appoggi, lo sforzo prodotto nell' asta è di diversa
natura, secondo che il nodo caricato trova si alla destra, ovvero alla
sinistra della sezione di Ritter; se cade dentro quella zona, l'asta
trovasi cimentata ad uno sforzo sempre della stessa natura, qualunque
sia il nodo caricato; che se finalmente il polo dell' asta cade sopra
una delle verticali degli appoggi, i carichi sopra i nodi giacenti da
una parte della sezione di Ritter sono senza influenza. Dal che si de-
duce che per tutte le aste di parete aventi il polo nella zona com-
presa fra le vet,ticali degli appoggi, ovvero saprà una di queste ul-
time, alla condizione del sopraccarico completo cOtTisponde ancora
lo sforzo numericamente massimo; ciò ha luogo per le incavallature
a falde piane comunemente adottate nella pratica. delle quali si farà
qui una rapida rassegna.
Passando ora ad esaminare l'azione del vento, poichè esso agisce
normalmente alla superficie del tetto, e, nel caso che per ora con-
templiamo di coperture a due falde, si suppone spirare normalmente
all'asse longitudinale della copertura ed inclinato di 10° all'orizzon-
tale, così non viene investita che una sola delle due falde della co-
pertura, o quella dalla parte dell'appoggio fisso dell'incavallatura che
si studia, o l' oppost.a. In generale bisognerà fare la ricerca degli
sfol'zi prodotti nelle aste dalla pressione del vento sì nell' una che
nell' altm delle due ipotesi sopra indicate, come verrà spiegato in
appresso; ma. per le incavallature a falde piane, comunemente im-
piegate nella pratica, e per le inclinazioni adottate nei nostri climi,
basta generalmente con"idet'are la prima ipotesi.
INOAVALLATURE
. .... . .. '
Fig. 46.
sugli appoggi, sui quali insiste un carico metà. Sopra ogni nodo della
falda sinistra si concentra inoltre la pressione del vento che agisce
contro la suddetta porzione di tetto, ad eccezione dei nodi estremi,
quello sull'appoggio sinistro e l'altro al vertice, sui quali la pressione
--- !
li · _ - _ · __ ·~·_-t--------_._---
I
f~~~3t
Fig_ 47.
del vento è metà. N elle figure le forze esterne applicate ai nodi della
falda sinistra rappresentano già le risultanti dei carichi verticali e
delle pressioni del ·vento. Sulla determinazione delle reazioni degli
INCAVALLATURE 69
a)
I
• ,I
\ "'- .. - I
\
\
\
\
\
I
I I \
I I
1 I
I
\ I I
I
\, III I
I
I
\1.1 I
I
','
l'
-,.
72 INOAVALLATURE
gata deduciamo adunque gli sforzi prodotti nelle singole aste della
travatura dal peso permanente, dal vento investente una falda o
l'altra, e gli sforzi massimi e minimi prodotti dalla neve. Combinando
opportunamente fm loro per ogni asta questi diversi sforzi, si dedu-
cono facilmente gli sforzi totali massimi e minimi (algebrici) che pos-
sono verificarsi per ogni asta. La seguente tabella indica come deve
essere condotto questo calcolo numerico.
ASTE
Carico VeDto a
perma- Neve Massimi Minimi
nente sinistra destra
t. t. t. t. t. t.
--~
------
.....
Aste di
p."te ('+"" +0,7
+0,2 -0,7 +1,5 -0,6 + 2,4 -1,1
Da questo quadro si rileva come per certe aste l'azione del peso
permanente combinata con quella di un carico parziale di neve e della
pressione del vento spirante da una determinata parte, può perfino
cambiare di natura lo sforzo che in quelle aste verrebbe generato da
un carico verticale completo, cioè esteso a tutta l'incavallatura. Di
(i) La somma algebrica degli sforzi, massimo e minimo, prodotti in una diago.
naIe dal carico della neve (corrispondenti a condizioni complementari di carico),
deve risultare eguale allo sforzo prodotto nella stessa diagonale dal peso proprio,
moltiplicato per il rapporto delle intensità dei due carichi, cioè:
D max.p + D min.p= Dg p.
g
Tale verifica non risulta tuttavia dalla tabella per la diagonale D5 , perchè gli
sforzi in essa registrati sono soltanto approssimati fino al quintale, com'è suffi-
ciente per la pratica.
INCAVALLATURE 73
Q"
~ xo' =
2
(29)
nl l + Q' :'-,
x=
Q" (! ~
?Xo " = n1l- -Q'- -II •
, Y
76 INCAVALLATURE
(30)
~k"= i [No-Q"+Q'z(n 1 - ~) ~~],
~J"
k = F1 [No - -z
Q""Xo + Q' X"o ( nl- -21- y"] .
xo" ) Q2
3
- M = 448 Qe le ,
A
P p
c B
P
( { C
ZI
76
38
76
21
TG
t i 1S
.56
81
56
l + t ±* * i T
S
T
Il
i + +± 36
21
11
Ti 21
±t++±+++i 85
32
158
3jZ
l + + {= i + t + t 235
11.2
508
112
265
112
4-,*
3L
--'--
P
27
B
20 20
~79 315
208 208
i ++i ++ i +* i :26
15
±++i*+i++~ 67
H
ili
39
19
-W
itH'i+++±+'H'i 17
-8-
35
-8-
17
-8-
i+++itt+x+++l 815
.It16
160;"
.4t6
1055
/.tG
1++1++1 t +1++i 3G
2;1
'/1
2i 2T
11
"21
36
i++l++i++l+t~ 500
291
977
991
881 580
291
A C- B
Q T Q
3 10 3
tG 16 -;G
il 3.2 :13
56 56 56
A ....fL 11
T -f -~- T
.h
~ ii li
30 30 30 JO
•.41 if8 100 53
JI2 J/2 312 31.2
A C; ~ .li. :B
Q Q Q Q. 7l
ft~;,~~;~tf:JJF:1.;J:i"~~3:~~E~~~~ fi ~ !lG SZ 11
AL.>. 0'-' L>(,; ali <J.Jj 112 liil ii!/. 112 li!/.
153 .1,.,+0 J1Jt 39Z 193
1552 1552- 1552 '/55!/. 155f1.
Fig. 54.
1:100
~~~\s:
~ ,~,
I L J J I L~ . ~.I I LL J.
~~~ I I----j.~.
~I • I~ I l'I I~ 1.r---1 I ~~ H 1"1
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I H=r 1-r -j:H
I ~ 'I
r
I l'
11
'I
t
I
I
Fig. 55.
La fig. 2a, 'rav. II, rappresenta un'incavallatura mista del tipo in-
glese; i tiranti sono in ferro tondo, i puntoni ed i contrafissi sono
di legno. L'unione dei due puntoni, al vertice dell'incavallatura, viene
eseguita per mezzo d'una scatola di ghisa analoga a quella dell'e-
sempio precedente; i contrafissi si collegano alla catena per mezzo
di altre scatole di ghisa, le quali sono tenute in posto da chiavarde
e dai tiranti.
Le fig. 3 a e 43 della Tav II, rappresentano le stesse due incavalla-
ture di cui ora si è discorso, ma progettate completamente in ferro.
Nell'incavallatura Polonceau (fig. 3a ) il puntone ha la sezione a
doppio T ad ali strette, e possibilmente la tavola inferiore più stretta
della superiore; esso viene introdotto, al piede, in una scatola in
ghisa, dalla quale peraltro rimane fuori la tavola superiore; alla
stessa scatola si collega a perno, per mezzo di Una forchetta, il
tirante inferiore, ed è inoltre attaccato per mezzo di squadre l'arca-
reccio di gronda. Al vertice dell'incavallatura i due puntoni sono
rigidamente collegati da due piastre e sottoposte imbottiture, il tutto
è unito con chiodatura a caldo; in corrispondenza di tale unione si
attaccano anche, a perno, mediante forchetta, i due tiranti obliqui
che scendono dal vertice, e viene altresì inchiodato, mediante squadre,
l'arcareccio di colmo; al disotto poi dei puntoni viene ancora attac-
cato a perno il tirantino verticale che scende a sostenere il tendi-
tore della catena.
L'attacco del contrafisso al puritone è anch'esso snodato, mediante
bullone a vite, il quale collega la testa del contrafisso, lavorata ad
occhio, a due piastre di ferro inchiodate al puntone coll'interposizione
di piastre d'imbottitura. L'unione fra loro dei tre tiranti e del con-
trafisso è stata già precedentemente descritta.
Gli arcarecci, di sezione a doppio T, sono inchiodati, mediante
squadre, all'anima dei puntoni.
Finalmente la fig. 4a, Tav. II, rappresenta un' incavallatura inglese
completamente in ferro. I puntoni ed i contl'afissi sono formati con
due ferri a [ avvicinati; i tiranti, formanti il contorno inferiore del-
l'incavallatura, sonO in ferro piatto; i tiranti verticali in ferro tondo.
Le unioni dei tiranti e contrafissi coi puntoni sono eseguite con piastre
semplici, le quali entrano fra i due [ e sono inchiodate a caldo al
puntone ed al contrafisso; ad esse si collegano i tiranti verticali
mediante forchetta e perno. Le unioni dei tiranti verticali e dei con-
trafissi coi tiranti inferiori sono eseguite mediante due piastre, fra
le quali sono inchiodati i tiranti piatti ed un altro ferro piatto in-
chiodato fra i due [ del contrafisso e formante prosecuzione di esso;
INCAVALLATURE 87
fra le stesse due piastre viene presa con bullone a vite la testa del
tirantino verticale lavorata ad occhio. -
Gli arcarecci sono inchiodati contro le anime dei puntoni mediante
squadre d'attacco; in corrispondenza di tali attacchi il vuoto fra i
due [ del puntone è riempito con una piastra.
In ambedue le figure precedenti è rappresentato l'appoggio fisso
dell'incavallatura; l'altro appoggio, come già si è detto in prece-
denza, appena la portata dell'incavallatura è rilevante, va progettato
scorrevole, se si vuole evitare la spinta contro i piedritti ed una no-
tevole alterazione nelle tensioni interne delle varie aste, in seguito
a variazioni di temperatura. Nell'appoggio scorrevole l'estremità del-
l'incavallatura porta una piastra la quale appoggia su di un carrello
di dilatazione formato da rulli di ghisa o meglio d'acciaio, mantenuti
il. distanza invariabile per mezzo di un piccolo telaio formato di due
sbarrette (in generale ferri piatti) le quali, in corrispondenza degli
assi dei rulli, presentano dei fori in cui entrano dei piccoli perni, coi
quali terminano i detti rulli; le sbarrette sono poi collegate alle
. 9stremità da due tirantini che le mantengono a distanza fissa. Questo
carrello appoggia a sua volta sopra altra piastra fissata al piedritto.
S'impedisce lo spostamento del carrello in senso trasversale munendo
i rulli, alle estremità, di un collarino, o con altra disposizione equi-
vàlente.
Indicando con A la reazione dell'appoggio in tonn., con n, b, d
rispettivamente il numero occorrente di rulli, la loro lunghezza utile
ed il loro diametro in cm. può prendersi
per rulli d'acciaio nbd =22 a 40 A
di ghisa nbd = 40 a 56 A.
Per maggiori particolari su questo punto rimandiamo alla Parte IV,
dove l'argomento è sviluppato per le travi da ponte.
L'ancoraggio degli appoggi delle incavallature è necessario soltanto
in casi eccezionali; in generale il solo peso proprio assicura già la
stabilità contro il sollevamento.
Nelle incavallature metalliche di ordinaria portata, si attribuisce
in generale ai puntoni una sezione costante in tutta la loro lun-
ghezza, ed oltre alle sezioni già indicate è frequente !'impiego di
due cantonali. La sezione opportunissima a doppio [ viene talvolta
formata, piuttosto che con due ferri laminati, con quattro cantonali
e due anime; ciò è conveniente specialmente quando il punto ne è
curvilineo, per la facilità maggiore d'incurvare i cantonali.
Nelle incavallature del tipo inglese e derivati, molto spesso si
88 INCAVALLATURE
forma anche il corrente inferiore con due cantonali, i quali sono pre-
feribili a due ferri piatti, perchè questi difficilmente possono essere
posti ugualmente in tensione.
Il peso proprio delle incavallature crescendo rapidamente colla por-
tata, si ha la convenienza per le grandi coperture di suddividere la
portata in più campate da ricoprirsi con altrettanti sistemi d'incavalla-
ture. I sostegni intermedi a ciò necessari vengono forniti comunemente
da colonne, ma generalmente si ha la convenienza di disporre le colonne
soltanto in corrispondenza di ogni dato numero d'incavallature, facendo
appoggiare quelle intermedie sopra travi orizzontali portate dalle dette
colonne. La stessa disposizione può adottarsi nelle coperture a sheds.
§ 6. - Incavallature spingenti.
Fig, 56.
fatta applicando il principio dei lavori virtuali o gli altri noti teo-
remi che da quello derivano o col metodo dell'ellisse di elasticità
(Parte II e n. 65 di quel:lta Parte III).
Analogamente si procederà per la determinazione degli sforzi pro-
dotti dal vento spirante da una data parte. Queste travature essendo
generalmente simmetriche, dal diagramma suddetto si possono evi-
dentemente ricavare per ciascuna asta i due sforzi prodotti dal vento
spirante da una parte o dall'altra.
Riguardo agli sforzi prodotti dal carico della neve, se si volesse
seguire una ricerca minuta, supponendo realizzabile una condizione
parziale qualsiasi di carico, converrebbe procedere col metodo delle
linee d'influenza, come si usa fare per gli archi dei ponti (v. Parte IV);
ma generalmente per le tettoie ci si limita a considerare le due se-
guenti ipotesi: a) che sia sopraccaricata di neve tutta la tettoia;
b) che sia sopraccaricata soltanto una metà, cioè una falda. In tali
casi la costruzione di un diagramma Cremoniano conduce ancora più
rapidamente allo scopo; che anzi per l'ipotesi del sopraccarico com-
pleto, se questo è distribuito colla stessa legge secondo cui si ritiene
ripal'tito il peso proprio, può essere utilizzato evidentemente lo stesso
diagramma relativo al peso proprio con un semplice cambiamento
di scala.
Gli sforzi nelle varie aste, prodotti da una qualunque condizione
di carico, possono anche essere dedotti dal poligono delle pressioni,
cioè dal poligono di successive risultanti che ha per lati estremi le
reazioni d'imposta; esso infatti ci fornisce immediatamente la risul-
tante delle forze esterne relativa alla sezione di Ritter fatta per
determinare lo sforzo in una data asta.
Finalmente, gli sforzi prodotti da una variazione di temperatura
negli archi con cerniere d'imposta ed in quelli senza cerniere ven-
gono trovati, o costruendo un diagramma reciproco, o col metodo
delle sezioni, dopo aver determinato, col principio dei lavori virtuali
o con altri teoremi o col metodo dell'ellisse di elasticità, le reazioni
dei vincoli.
§ 7. - Deformazioni.
Fig. 57.
8=So- S'X
e quindi:
2 X h3 ~SoS's_X ~~
1..J EF 1..J EF
nella quale
e quindi:
2 X t h3 S'2
=-X t ~ EFs +~S'ats
3 EcJc ~
quindi:
ed
~ = ~ So S' s _
E F' ~ EF
X' (1 + ~2 Ech J c _l_)
SE F'
~~
EF ~
da cm:
X'=
TNCAVALLATURE 97
S= So-S'X
da cm
X=
~
(31)
(l) Ritenendo che il contorno superiore dell'incavallatura sia formato con due
cantonali delle dimensioni 100 X 100 X 12, e che quello inferiore sia costituito
pure da due cantonali delle dimensioni 75 X 75 X 12, si hanno per i pesi ela-
stici, adottando il centimetro come unità lineare, le espressioni seguenti:
Ammesso poi che la sezione trasversale dei piedritti offra (rispetto all'asse
di flessione normale al disegno) un momento d'inerzia J = cm' 166700, il peso
elastico dei piedritti vale:
INCAVALLATURE 99
h 500 0,003
EJ E.166700 E
Per poter determinare le reazioni prodotte anche dalle forze applicate alle pen-
siline conviene scomporre questo peso elastico nelle due parti corrispondenti ai
due tratti del piedritto, quello libero e l'altro compreso nella travatura reticolare.
Si ha in conseguenza per tutta la costruzione:
,., _ O,Ol1Sg
,-,w- E .
(i) Si ricordi che i momenti statici dei w relativi ai tronchi in cui sono divise
le colonne vanno applicati agli antipoli dell'asse x rispetto alle ellissi di elasti-
2
cità dei tronchi stessi; cioè devono eseguirsi i noti spostamenti ~ delle linee
d'azione delle forze; spostamenti trascurabili per il poligono Pa.
(2) Nella pratica le costruzioni grafiche vanno eseguite in iscala abbastanza
grande da conseguire una sufficiente approssimazione. Non si tralasci di verificare
numericamente i segmenti propor?ionali ai momenti statici rispetto agli assi x, y.
100 INCAVALLATURE
Infatti, per un carico unitario verticale, indicando con 'fjo, 'fjl, 'fj2 le
ordinate, sulla verticale del carico, intercette rispettivamente dallo,
dal 3° e dal 5° poligono funicolare, cioè le ordinate comprese fra i
lati di ciascuno dei detti tre poligoni funicolari, che sono estremi
rispetto al gruppo di pesi elastici sui quali ha influenza il carico
considerato, supposta la travatura svincolata dall' imposta sinistra,
si ha evidentemente
mentre
risulta quindi
:E Mo w 1 .:E w . 'fjo _ 1 .
m = :E w = :E w - . 'fjo,
1 . r, w . la . 'fjl
:Ew.ls·v
Finalmente
H = :E Mo w Y _ 1. l2 . n . 'fj2
J-
'"
- 1
"'2' V. n
='fj2'
':, A • 6 S
• 7 .. ,
.l=~ L'"
2~;'
l' :l~).J
I
I
I t 6
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'I.' )1"
",
P; .À J
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,11,D
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, 8
, Z-A
:7 re . I~ v: J
,
'6
,'$
,";3 ~
l
,
:2
,,
I
J. = II
5
:1 7,-H
,
,
.;. - --07;
o ~O~
I J
102 INCAVALLATURE
Inoltre:
A I __ 1 . ~ w • 23 . ' l ' l I '
='1'/1
~W.23 .V
nella quale 'l'lI viene determinata, in modo analogo, dal poligono Fa.
Finalmente:
(1) Le forze collegate dai poligoni P2, P4, Ps furono disposte nell'ordine di suc-
cessione altimetrica, onde i poligoni suddetti risultassero più nitidi; però nel
rilevare dal disegno ì segmenti '1'/ si avverta che l'origine di essi ca.de sul primo
lato del corrispondente poligono, mentre il termine, a rigore non sl'mpre cadrà
slll poligono così costruito, bensì sul Jato (prolungato se occorre) che è estremo
rispetto al gruppo di forze elastiche applicate ai nodi sui quali la forza 1 ha
influenza.
(2) Trattandosi di pressioni del vento non si ha che a scomporle in componenti
verticali ed in componenti orizzontali.
INCAVALLATURE 108
da cui
H t_ _E~_l_
- é" .
':> ... w. v.n
e ritenendo
E = 2100 t/cm', a = 0,000012
si ottiene
151 280
Ews = 70 X 802 = 0,000337 EWlO = 45,4 X 1002 = 0,000617
300 280
Ew, = 70 X 802 = 0,000670 EWll = 33,3 X 100 2 = 0,000841
153 280
EW6 = 70 X 992 = 0,000223 EW12= 45,4 X 1002 = 0,000617
150 280
EW6 = 70 X 1002 = 0,000214 EWn = 33,3 X 110 = 0,000695
2
152 280
EW7 = 33 3 X 1702 = 0,000158 EWa = 45,4 X 120 = 0,00D428
2
145
EW16 = 0,000154
= 33,3 X 168 2
E ~ w = 2 X 0,006513 + 0,000154 = 0,01318.
1. , 11 11
" 13
.
À::%i[W
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13 ;;;
Fs ,
~=n JlA ~
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l t
106 CUPOLE
OAPITOLO IV.
CUPOLE E TETTI PIRAMIDALI IN FERRO
j3&;6"- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
108 CUPOLE
la pressione del vento come forza verticale, la quale del resto per
l'ipotesi fatta ha poca importanza) ed allora ogni semiarcone si com-
porta come incastmto perfettamente all'anello di lucernario ed arti-
colato a cerniera al piede. La reazione d'imposta, staticamente inde-
terminata, può essere calcolata col teorema dei lavori virtuali o cogli
altri che da quello derivano (Parte II). Quando invece la cupola non
sia molto ribassata, sarà conveniente prendere anche in considera-
zione un carico dissimmetrico proveniente specialmente dalla pressione
del vento. A tal uopo, onde semplificare i calcoli, che del resto risul-
terebbero laboriosissimi, si potranno riguardare, in via d'approssima-
zione, i due semiarconi giacenti nel piano meridiano parallelo alla
direzione del vento, come facenti parte di un unico arcone indipen-
dente dal resto della cupola, completandolo attraverso al lucernario,
e trattandolo come un arco con cerniere d'imposta. Questa tratta-
zione semplificati va favorisce, come è chiaro, la stabilità, perchè
prescinde dalla solidarietà dell'arcone colla rimanente parte della
cupola.
Lo sforzo T di tensione nel· tirante poligonale d'imposta, e quello
di compressione nelJ'anello poligonale di lucernario, detta li la spinta
orizzontale che il semiarcone vi esercita contro, ed n il numero dei
meridiani (numero dei lati dei detti poligoni), ha evidentemente per
espressione:
H
(32) T=---
2sen ~
n
p
m.
Fig. 59.
anche il peso proprio delle aste) e sia eguale per tutti quelli appar-
tenenti ad un medesimo parallelo; prescindendo inoltre dalla presenza
dei controventi, i quali divengono invece essenziali per condizioni
dissimmetriche di carico, risulta molto semplice e spedita la deter-
minazione degli sforzi in tutte le aste dei meridiani e dei paralleli.
Consideriamo a tale scopo il nodo r-esimo (fig. 59) di un meridiano
qualunque, sul quale nodo si scarichi il peso Pr ; siano Cr-l, Cr le ten-
sioni nelle due aste del meridiano che ivi concorrono, inclinate all'oriz-
CUPOLE 111
(3J) 2T r sen -
n
n
+ C'--l cosa.. _1- C.. cosa.. = O.
C2 = - P 1 +P 2
sen a 2
(36) ..
:EP
l
C.. = -
senar
m-l
:EP
l
C11>-l = -
sen a m - l
od anche
,.-1
(cotg a,.-l - cotg a,.) ~ P-I>,. cotg a,.
1
(37) ~= ,
2sen~
n
P l cotg al
Tl = - --"'----=--''--
2sen~
n
(38) T3 =
(Pl + P 2) (cotg a 2 - cotg a s) - P s cotg as
--'--=--'--~----'--=----=----=-~'----=--
2sen n
n
m-l
cotg am-l ~ P
1
Tm = - - - - - - -
2sen n
n
Dalle (36) e (38) si ricava che le aste dei meridiani sono tutte com-
presse; che il pamlIelo del lucernario è sempre compresso, mentre
quello di gronda è sempre teso.
Gli sforzi C e T possono anche essere determinati graficamente in
modo semplicissimo, come chiaramente mostra la fig. 59; tuttavia, a
causa delle intersezioni sotto angolo molto acuto, questa costruzione
richiede un'accuratezza speciale, affinchè l'approssimazione sia suffi-
ciente. Ad eccezione dell'anello al piano d'imposta, il quale sopporta
una notevole tensione, tutti gli altri pal'alleli, .in quest'esempio, risul-
OUPOLE 113
tano compressi; ma per diversa entità dei carichi P, come pure nel
~aso di cupole meno ribassate, possono tal uni paralleli intermedi ri-
sultare tesi.
sen a"
" -1
Q - Gr cotg a"
(cotg a,'-l - cotg a r ) ~
1
max.Tr = --------------------------------
n
2sen
n
r-l
(cotg ar-l - cotg ar) ~ G - Qr cotg a,.
min. T r = --------------------------------
1
2 sen!!.-
n
(T 1) = TI + 'L"lb DI ,
(T'l) = T'l + 'L"'lb D'l,
(C'l) = C'l + '1'18 DI + 'l'Id D'l'
Dalla prima di queste equazioni si ricava DI! dalla seconda si
deduce D' l, e dalla terza, dopo avervi introdotti i valori precedenti,
si ricava C'l' Se gli sforzi nelle diagonali, così determinati, risultano
posi ti vi, significa che esse sono veramente in azione; nel caso opposto
conviene ripetere il calcolo, ritenendo come attive le diagonali opposte.
Procedendo analogamente per tutti i nodi deU'anello di lucernario,
nei quali concorrono le diagonali attive, si vengono, con questo me-
todo. a determinare gli sforzi di tutte le aste della prima zona, dopo
di che è possibile determinare, sempre collo stesso metodo, gli sforzi
nelle aste della seconda zona, e così via.
CAPITOLO V.
'l'EORIA S'l'A'l'leA DELLE VOL'l'E. E RELA'nVI PIEDRI'f'l'I
§ 1. - Volte a botte.
78. - Le volte a botte delle costruzioni civili sono a tutto sesto od
anche ribassate; la linea d'intradosso generalmente è circolare, e lo
spessore della volta d'ordinario cresce verso le imposte, L'artificio
costruttivo di provvedere la volta di cerniere alle imposte ed anche
alla chiave, che ha tl'Ovato nelle arcate dei ponti molteplici appli-
cazioni, non è generalmente adottato nelle costruzioni civili.
Il regime di equilibrio di un arco in muratura non differisce da
quello di un limitato tratto di volta a botte. E per quest'ultima,
poichè tutte le forze agenti su di essa s'intendono distribuite uni-
formemente sulla sua lunghezza. cioè nel senso delle generatrici, si
studia un tratto lungo l'unità di lunghezza, generalmente un metro.
Ed inoltre, poichè le forze agenti su quest'arco o su questo metro
di volta sono anch'esse distribuite unifortntlmente nel senso delle
generatrici, così le 101'0 risultanti giaceranno nel piano medio, che
sarà perciò il piano delle forze,
Le volte a botte e gli archi in muratura delle costruzioni civili
raramente sono costruiti con conci di pietra squadrati, senza inter-
posizione di malta; più comunemente sono fabbricati in pietrame od
in laterizi con interposizione di malta, oppure vengono gettati in
calcestruzzo, od in cemento armato. Il primo tipo rappresenta dal
punto di vista statico una catena chiusa di corpi semplicemente ap-
poggiati a contrasto uno contro l'altro; gli altri tipi si avvicinano
più o meno, secondo il grado di perfezione dell'esecuzione, ad una.
costruzione monolitica.
VOLTE 119
(I) Cfr. Bericht des Gewolbe Ausschusses, Zeitsch, dea Osterr, Ing. Vereines.
Wien, 1895.
VOLTE 121
Ve6chia teoria.
84. - Ciò premesso, la curva delle pressioni che soddisfa alle sud-o
dette condizioni può essere cùstruita con metodo di falsa posizione,
com' è spiegato nella Parte IV di questo Corso; ma nella pratica,
specialmente nelle costruzioni civili, si procede più speditamente n~l
seguente modo. Se la semiampiezza dell'arco è minore di 60° si fa
passare la curva delle pressioni del mezzo arco per il limite esterno
del terzo medio in chiave, cioè per il punto che dista dall'estradosso
di un terzo dello spessore dell'arco, ed il limite interno del terzo
medio all'imposta, cioè il punto che dista dall'intradosso di un terzo
dello spessore dell'arco. Se invece la semi ampiezza dell'arco è maggiore
di 60°, conservando invariato il punto d'applicazione della spinta in
chiave, si prenda come altro punto della curva delle pressioni quello
che, nel giunto inclinato di 60° col giunto in chiave, dista dall' in-
tradosso di l/a dello spessore. Il poligono delle pressioni, cioè il poli-
gono delle successive risultanti che ha per primo lato orizzontale la
spinta in chiave, è per tal modo perfettamente determinato; basta
infatti attribuire da prima alla spinta orizzontale H un valore ar-
bitrario Ho e con questo valore costruire un poligono di successive
risultanti; da questo poligono di tentati vo che in generale non pas-
serà per l'altro punto precedentemente fissato si deduce immediata-
mente, nel modo noto, il poligono risolvente.
Si noti che, quand'anche la semivolta fosse stata divisa in cunei
di larghezza infinitesima, nel qual caso il poligono delle successive
risultanti che fornisce'i centri di pressione sui singoli giunti diver-
rebbe una curva funicolare, quest'ultima sarebbe sempre distinta
dalla curva delle pressioni, salvo il caso speciale che si dividesse la
volta con giunti verticali. Tuttavia la divergenza fra le due curve
nei casi della pratica è sempre ben piccola.
che in qualche modo entra a far parte della resistenza della volt~.
Se invece la curva delle pressioni così costruita, corrispondente alla
spinta orizzontale minima, non ha altri punti di contatto o d'inter-
sezione colle linee di nocciolo, è possibile, aumentando la spinta.
orizzontale, costruire altre curve delle pressioni ancora r.ontenute
nel terzo medio, il che è certamente indizio di maggiore stabilità
della volta. Può avvenire in molti casi, nelle volte non ribassate,
che la curva delle pressioni della semivolta dopo avere avuto i due
punti suddetti in comune colle linee di nocciolo ne abbia ancora un
altro nel giunto d'imposta colla linea di nocciolo esterna. Questa
curva è allora l'unica possibile che soddisfi alle condizioni volute.
Nelle volte a sesto acuto non si può ammettere che il punto d'ap-
plicazione della spinta in chiave coincida col limite superiore del noc-
ciolo (uno dei caratteri della curva a spinta minima, senza produzione
di sforzi di tensione), ossia disti dalla curva di estradosso di 1/3 dello
spessore della volta, perchè, eccettuato il caso rarissimo che sul ver-
tice della volta insista un carico concentrato, la curva delle pressioni
uscirebbe fuori ben presto dalla linea di nocciolo esterna. Il punto
d'applicazione della H dev'essere dunque più interno; di quanto poi,
è da determinarsi con qualche tentativo.
Costruita la curva delle pressioni, si conosce per' ogni giunto la
risultante delle forze 6sterne ed il centro di pressione, e quindi si
può fare la verifica della stabilità allo schiacciamento; la stabilità
allo scorrimento è in generale abbondantemente soddisfatta.
N uova teoria.
H _ atEl _ atEl
t- À -
1:-T Y ' y' J
§ 2. - Volte a crociera.
§ 3. - Volte a padiglione.
§ 4. Volte a cupola.
91. - Ammetteremo
che la volta sia cari-
cata simmetricamente
rispetto al suo asse, e
che al vertice presenti
un lucernario; studie-
remo l'equilibrio di uno
spicchio el em e n t a r e,
compreso fra due piani
meridiani formanti un
piccolo angolo w. Fig. 62.
GUIDI, 8cien= àeUe cOBt-rUflion'. Parte III, 5' ed. 9
130 VOLTE
w n
(40) Hl=2PlsenT=2Plsen n'
2n
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132 VOLTE
metalliche, la relazione
m 1
~H = 2 T sen 2 w,
m 2n
~H=Tw=T
r n
donde la sezione del cerchione
m
~H
(41) F= r
2n k
n
che passa per il centro di questo elemento sia riferito agli assi x, y,
orizzontale il primo, giacente nel piano del meridiano e passante per
la sua origine, verticale il secondo, e coincidente perciò coll'asse
della cupola.
Le tensioni T ds agenti sulle faccie laterali dell'elemento, eguali
~ O per ragioni di simmetria, danno una
risultante orizzontale H giacente nel
piano meridiano medio, e del valore
dw
~----:r}l =Td<l d w H=2Tdssen -2 =,,-,Tdsdw.
T - ~ -f-jj-xdw-- -- ------
;).. +dx
Le risultanti
!I
Cxdw e (C + dC) (x + dx) dw
delle forze agenti lungo i lembi supe-
f'-+---7-H ~~"".;:":-~
riore ed inferiore dell'elemento giac-
I- - -- ciano nello stesso detto piano, nel quale
clf giace anche la risultante p . ds . xdw
del carico applicato all'elemento su-
TdJ perficiale.
Fig. 63.
L'equilibrio alla traslazione orizzon-
tale e quello alla traslazione verticale, analogamente a quanto si è
visto per le cupole reticolari, viene espresso dalle due equazioni
pr
(44) 0=--
1 + cos a
Introducendo quest'espressione di O nella (42) si ha:
- 2 d sen a cos a
T 1'd a--pr, 1+ cos a
da cui
(I) Come è noto, la superficie sferica è superficie di equilibrio per una forza
ripartita d'intensità costante convergente od emanante dal suo centro, Tale sa-
rebbe il caso di una calotta sferica soggetta. a pressione idrostatica, la cui
intensità fosse o potesse ritenersi costante in tutti i punti: la tensione interna
unitaria CI in un punto qualunque della calotta di raggio r e di spessore s sa-
rebbe la stessa in tutte le direzioni, ed avrebbe l'espressione
136 VOLTE