Pres2014 0106

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LEZIONI

SULLA

SCIENZA DELLE COSTRUZIONI


DATE DALL'ING. PROF.

CAMILLO GUIDI
NEL

R. F O L I T E C N I C O D I '.r O R I N O

PARTE TERZA

ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI


STATICA DELLE COSTRUZIONI CIVILI

Quinta Edizione
~on 7 tl\ vole e 63 figure nel testo.

TORINO
VINOENZO BONA
Tipografo dell~ LL. UM. e RR. Principi.

1915
Ing. Prof. C. GUIDI

Lezioni sulla Soienza delle Costruzioni


date nel I{. Politecnico di JItorino

PARTE I.
NOZIONI DI STATIOA GRAFIOA
(Settima Edizione)
Volume di pagine 154 con 137 figure
Lire 3.

PARTE II.
TEORIA DELL' ELASTIOITÀ
E R E S I S T E N Z A DEI M A T E R I A L I
(Settima Edizione)
Lire 8.

PARTE III.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI
STATICA DELLE COSTRUZIONI CIVILI
Volume di pagine 138 con 63 figure e 7 tavole
(Quinta Edizione)
Lire 3,50.

PARTE IV.
TEORIA DEI PONTI
Volume di 488 pagine con 260 "figure nel testo e 15 tavole
(Quarta Edizione)
Lire lO.

PARTE V.
SPINTA DELLE TERRE
MURI DI SOSTEGNO DELLE TERRE E DELLE ACQUE
Volume di pagine 64 con 47 figure e 2 tavole
(Sesta Edizione)
Lire 1,60.

ApPENDICE.
LE OOSTRUZIONI IN BETON ARMATO
(Quarta Edizione)
Volume di pagine 168 con 60· figure nel testo e 9 tavolo.
Lire 4.

Deposito presso la LIBRERIA A VALLE, via Madama Oristina, 37, Torino.


ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

STATICA DELLE COSTRUZIONI CIVILI


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SULLA

SCIENZA DELLE COSTRUZIONI


DATE DALL'ING. PROF.

CAMILLO GUIDI
NEL

R. POLITECNICO DI TORINO

PARTE TERZA

ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI


STATICA DELLE COSTRUZIONI CIVILI

Quinta Edizione
con 7 ta.vole e 68 figure nel testo.

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Unico esclusivo deposito: Torino
E. AVALLE = =
Libreria del Valentino
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1915
PROPRIETÀ LETTERARIA
INDICE

CAPITOLO I.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

§ 1. - Travi semplici • Pago 1


Legnami - Travi di ghisa - Travi di ferro laminate'-
§ 2. - Unioni . 4
Bulloni a vite - Unioni per ferri piatti - Unione a cerniera
- Chiodature - Chiodature di lamiere tese - Chiodatura per
sovrapposizione - Chiodatura con coprigiunto semplice - Chio-
datura con coprigiunto doppio - Chiodature di ferri sagomati.
§ 3. - Travi composte . 19
Travi composte di legno - Travi composte miste - Travi
composte in ferro.
§ 4. - Travi armate 31
Trave armata con un solo contrafisso Trave armata con
due contrafissi.
§ 5. - Colonne - Sostegni 84
Colonne e sostegni di ghisa - Colonne e sostegni di ferro
- Calcolo statico.

CAPITOLO II.
SOLAI

Generalità - Solai in legno - Solai misti - Solai in ferro 43

CAPITOLO III.
INCAVALLATURE

§ 1. - Genel'alità - Forze esterne 53


Generalità - Forze esterne: Peso proprio; carico acciden-
tale; reazioni degli appoggi.
§ 2. - Ca.lcolo degli arcarecci 59

~~~bO.J:S
/ 1) ~\ . '-
VI

§ 3. - Incavallature non spingenti, caricate ai nodi Pago 63


Condizioni di carico più sfavorevoli - Incavallature a falde"
piane - Incavallatura a. falce - Calcolo delle sezioni.
§ 4. - Incavallature non spingenti, caricate anche fuori dei nodi 73
Incavallatura semplice - Incavallatura tedesca - Incavalla-
ture Polonceau ed inglese - Incavallature con catena caricata.
§ 5. - Costruzione delle incavallature non spingenti più comuni 80
Incavallatura semplice ed incavallatura a contrafissi - In-
cavallature di media e di grande portata Controventi.
§ 6. Incavallature spingenti 89
Archi reticolari - Archi a parete piena.
§ 7. lleformazioni 93
§ 8. - Incavallature con sostegni elastici. 94
Incavallature impostate a cerniera - Incavallature rigida-
mente connesse coi piedritti: soluzione col metodo dell'ellisse
di elas tici tà.

CAPITOLO IV.
CUPOLE E TETTI PIRAMIDALI IN FERRO

Cupole ad arconi - Tetti piramidali - Cupole reticolari - Sforzi nelle


aste prodotti da un carico distribuito uniformemente su di ogni
parallelo - Sforzi massimi e minimi - Calcolo approssimato
degli sforzi nelle diagonali - Sforzi prodotti da sollecitazioni dis-
simmetriche - Cenni costruttivi . 106

CAPITOLO V.
TEORIA STATICA DELLE VOLTE E RELATIVI PIEDRI1'TI

§ l. Volte a botte 118


§ 2. Volte a crociera 126
§ 3. - Volte a padiglione 128
§ 4. - Volte a cupola 129

NH. - Delle costruzioni III beton armato si tratta in una Appendice al Corso•

.. _----+- •.. -
FONTI PRINCIPALI

REYNAUD - l'raité d'architectut'e. Pari s, 1860.


DALY - Détails des fet'mes et couvertures. Paris, 1875.
BRANDT - Lehrbuch del' Eisen·Constructionen. Berlin, 1876.
CERADINI C. - Dell'equilibrio e della stabilità delle capriate. OioTnale del Genio
Civile, 1878, ovvero Il Politecnico, 1879, ovvero Eente uniursel1e des
mines, 1881.
MAZZOCCHI - Trattato sulle costt'uzioni in legno. Milano, 1879.
WEISBACH·HERMANN - Lehrbuch del' Ingenieul' und Maschinen Mechanik - Die
Statik del' Bauwel·ke. Braunschweig, 1882.
GOTTGETREU - Lehrbuch der Hochbau· Constructionm. Berlin, 1885.
BREYMANN - Allgemeine Bau-Konstruktions-Lehre. Leipzig, 1904.
DENFER - Chal'pentel'ie métallique. Pari s, 1894.
GUY LE BRIS - Les constructions métalliques. Paris, 1894.
LAUENSTEUI - Die gmphische Statik. Stuttgart, 1906.
SCHAROWSKY - Muste1'buch filI' Eisen·Constructionen. Berlin, 1908.
BARBERoT - Traité de constructions civiles. Paris, 1895.
DECHAMPS - Charpentes métalliques. Paris, 1898.
LANDSBERG - Die Statik del' Hochbau- Constl'uctionen. Stuttgart, 1909.
FOPPL - l'echnische Mechanik. II. Leipzig, 1912.
GRAGES-OTZEN - Brucken und Dachern. Wiesbaden, 1908.
ZIMMERMANN - Veber Raumfachwerke. Berlin, 1901.
VONDERLINN - Statik fur Hoch- und Tiefbautechniker. Stuttgart, 1902.
FOERSTER M. -~ Die Eisenkonstl'uktionen der Ingenieur-Hochbauten. Leipzig, 1910.

...
-----. , ....-.---
CAPITOLO L

EJJE:&IEN'l'1 DELLE COSTRUZIONI

§ 1. - Travi semplici.

1. Legnami. - I legnami vengono impiegati nelle costruzioni sotto


forma di travi, travicelli e di .tavole. Nelle costruzioni d'indole prov-
visoria o di secondaria importanza ]e travi conservano la forma del
tronco d'albero, a cui viene soltanto tolta la corteccia; ma nelle
costruzioni più durature e di una certa importanza si usa impiegare
travi squadrate, le quali si distinguono in travi squadrate grossola-
namente ed in quelle squadrate a spigolo vivo.
Posto che da un tronco d'albero si voglia ricavare una sola trave
squadrata, può domandarsi quale è il rapporto più conveniente fra
la base e l'altezza del rettangolo che rappresenta la sezione trasver-
sale della trave. Se la trave deve essere sollecitata a tensione od a
pressione, perchè venga utilizzato al massimo il legname disponibile,
convien fada di sezione quadrata; in tal caso infatti è massima l'area
della sezione, ed è massimo il raggio d'inerzia da introdursi nelle
formole dei so1idi caricati di punta (ammesso che la flessione late-
rale possa avvenire in un piano qualunque diametrale).
Se invece la trave va sollecitata a flessione, dovranno i lati b ed h

modulo di resistenza W +
della sezione rettangola.re avere il rapporto che rende massimo il
= bh 2 rispetto alla mediana parallela al
lato più corto b. Indicando con D il diametro del tronco, si ha
bh 2 = b (D2 - b2),
il CUI maSSImo valore vien dato dalla
d . b (D2 - b2 ) = D2 _ 3 b2 = O
db· ,
ossia

e quindi

GUIDI, 8ciell:a delle costr1!:iolli. Parte III, 5- ed. 1


2 ELE3IENTI DELLE CO;\TRUZIONI

Dividendo l'una per l'altra le due ultime equazioni, SI ottiene il


rapporto cercato
b 1 5
h = V2 = "-' 7 .
Dall'espressione di b, che possiamo mettere sotto la forma

b=VD.~,
è facile dedurre la costruzione del rettangolo di massima resistenza
inscritto in un dato circolo.
I legnami che trovansi correntemente in commercio hanno dimen-
sioni e denominazioni diverse, secondo i vari paesi; per esse riman-
diamo ai prontuari.
La sezione delle travi di legno squadrate essendo costantemente
quadrata o rettangolare, l'area, i momenti d'inerzia ed i moduli di
resistenza rispetto alle mediane sono espressi, molto semplicemente.
dalle formole seguenti, nelle quali e rappresenta il rapporto fra la
base b e l'altezza h; x la mediana parallela a b, y quella parallela.
h I h , b
ad ; y = 2' x -"2'

F = eh 2 ,
eh4 w x = J~ _ eh s ,
J,,= 12 ' y . 6
W _ J!f _ e2 71 3
y - x' - 6 .

2. Travi di ghisa. - Prima dell' estesa fabbricazione dei ferri


sagomati, le travi di ghisa venivano spesso adoperate nella costru-
zione degli edifizì, o per sostegno di solai, o per formare piatta bande-
a sostegno di muri frontali od interni, e si attribuiva loro una sezione·
dissimmetrica a causa della diversa resistenza della ghisa alla ten-
sione ed alla pressione. Ma al presente, potendosi avere facilmente
ed a buon mercato ottime travi di ferro a svariatissimi profili, l'uso
delle travi di ghisa nelle costruzioni civili è del tutto abbandonato.
con grande vantaggio della stabilità; infatti, senza neppur parlare
di difetti di fusione, è noto che la ghisa resiste male a flessione, ed
inoltre quando il carico agisca con urti e vibrazioni, presenta il peri-
colo d'una rottura improvvisa, senza che questa sia preceduta da
notevoli deformazioni, come avviene per il ferro. Le travi di ferro
sono finalmente preferibili a quelle di ghisa anche per il vantaggio
della maggior leggerezza, a parità di resistenza, la quale facilita le
manovre necessarie a metterle in opera.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI 3

3. Travi di ferro laminate. - Si trova presentemente in com-


mercio una varietà grandissima di travi di ferro, generalmente ferro
om.ogelleo, di ottima qualità, ottenute per via di laminazione. L'im-
piego di queste travi nelle costruzioni civili si diffonde ogni giorno
più, a tal punto da sostituire frequentemente anche le travi di legno
di piccole dimensioni.
Le sezioni più comuni sono quelle qui sotto indicate, le quali assu-
mono rispettivamente le seguenti denominazioni: a) sezione a doppio T;
b) sezione a C o ad U; c) sezione ad angolo o ad L o cantonale; d) se-
zione a T; e) sezione a Z; f) sezione a quadrante ; g) sezione zorés;
h) sezione ad Q.

I [ LTL.
a.) ") c) d) e)
Nelle travi a T, a doppio T, a C, a Z, vi ha luogo a distinguere
l'anima o costola dalle tavole o flangie od ali; le ali di un cantonale
possono essere uguali o disuguali.
Le suddette travi vengono dai diversi stabilimenti metallurgici
prodotte iu generale con qualche differenza di forma nella sezione,
ciò che è causa di non pochi inconvenienti. Vanno sotto nome di tipi
normali tedeschi certi tipi proposti in Germania nel 1881 da una Com-
missione composta di persone di alto valore tecnico e scientifico, allo
scopo di unificare la fabbricazione di dette travi. Oltrechè questi tipi
presentano le forme più adatte per la resistenza, l'unificazione sud-
detta tende anche ad eliminare l'inconveniente che, dopo progettata
ed appaltata un'opera metallica, non si trovino sulla piazza i tipi in
base ai quali furono eseguiti i calcoli. Nei manuali d'ingegneria, di
recente pubblicazione, trovansi le tabelle numeriche ealcolate dalla
Commissione stessa pei tipi normali suddetti; esse contengono tutti
gli elementi necessari ai calcoli di stabilità e di preventivo.
Sono degne di spéciale menzione le recenti travi Grey (Differdingen)
a doppio T a larghe ali. Se ne laminano fin della lunghezza di m. 20;
la loro altezza può raggiungere i 750 mm., ed i moduli di resistenza
rispetto agli assi principali centrali possono raggiungere rispettiva-
mente i valori di 8068 e 855 crn 3 •
Anticamente, in special modo nelle costruzioni civili, si faceva
molto uso delle rotaie usate, rivendute con ribasso di prezzo dalle
Amministrazioni ferroviarie, e venivano impiegate come travi da so-
stenere solai o muri; ma presentemente, col prezzo molto basso a
cui si vendono le travi sagomate, e in grazia della loro ottima qua-
4 ELE)[ENTI DELLE COSTRt:ZIONI

lità, quest'antica pratica viene sconsigliata. La rotaia non può otte-


nersi come materiale di rifiuto se non quando il fungo è notevol-
mente consumato, ed allora si ha una trave di cui non si può
apprezzare giustamente la resistenza, la quale perciò, per prudenza,
va supposta tanto bassa che l'economia d'acquisto può risultare il-
lusoria.
Oltre alle travi propriamente dette, vengono frequontemente impie-
gati nelle costruzioni i ferri piatti (sezione rettangolare) ed i ferri
tondi (sezione circolare), ottenuti anch' essi al laminatoio; si trovano
in commercio in dimensioni svariatissime.
I ferri laminati trovansi in vendita sotto varie lunghezze; le lun-
ghezze normali oscillano da 4 a 8 od anche lO metri; le lunghezze
massime variano da 12 a 16 od anche 20 metri.

§ 2. - Unioni.

L'argomento delle unioni in legname formando parte di altro inse-


gnamento, ci limiteremo qui a parlare di quelle in ferro; queste pos-
sono essere a vite, a biette o cunei, a cerniera, a chiodatura.

4. Bulloni a vite. - Le unioni vanno eseguite con bulloni a vite


in tutti quei casi in cui possa occorrere di scioglierle, come pure
quando nell'unione entrano materiali che non possono sopportare la
ribaditura dei chiodi, o finalmente quando manca lo spazio per tale
operazione. Generalmente si usano i bulloni a filetto triangolare, e
le singole parti vengono proporzionate secondo regole pratiche, come
quella inglese di Wltitworth, o quella tedesca di Delisle, o quella ame-
ricana di Sellers, o quella del Sistema internazionale (Congresso di
Zurigo 1898), per le quali rimandiamo ai manuali d'ingegneria; in
essi trovansi già calcolate delle tabelle numeriche relative a queste
diverse regole.
Se il dado del bullone deve stringere contro un materiale non molto
duro, p. es., contl·o iI legno, è bene aumentare le dimensioni della
rosetta.
Alcune volte, per impedire l'allentamento del dado, che può facil-
mente aver luogo nelle costruzioni soggette a vibrazioni, se ne ag-
giunge un secondo, chiamato controdado, il quale viene serrato for-
temente contro il primo; gli si attribuisce la stessa forma del dado,
ma altezza metà.
Talvolta la testa del bullone, secondo le esigenze del caso, assume
forme speciali; così, ad esempio, in alcuni casi iI bullone presenta
E.LEMENTI DELLE COSTRUZIONI 5

una -tesasemisferica e porzione del fusto _a sezione quadrata, in


modo da restarne impedita la rotazione; altre volte il bullone ha testa
cieca a forma di tronco di piramide; sono frequenti bulloni d'anco-
raggio a testa cieca, da introdursi dalla parte stessa dove dev'essere
poi fissato il dado, e da rendersi solidali mediante rotazione di 90°.
I bulloni di fondazione presentano in generale la testa a forma di
tronco di piramide, cogli spigoli laterali qua e là intagliati; questa
. viene introdotta nel masso di fondazione, e rimane poi fissata me-
diante colatura di piombo o di zolfo o di cemento. Talvolta nei bul-
loni di ancoraggio il dado viene sostituito da una chiavetta.

6. - Per concatenamento di muri allo scopo di elidere spinte di


vòlte, ecc., spesso il tirante che serve da catena è rotondo j esso

6)

Fig.!.
ELEMENTI DELLE COSTR1:ZIONI

viene lavorato a vite all'estremità, e, dopo aver attraversato il muro


di perimetro dell' ambiente, viene ancorato, mediante dado, contro
una piastra di ghisa, opportunamente rinforzata da costole, la quale
appoggia contro la faccia esterna del muro, o è incassata in esso,
se l'ancoramento non deve rimanere in vista. Affinchè quest'unione
non sia sede d'indebolimento, è necessario che l'estremità del ti-
rante, prima di essere lavorata a vite, venga ricalcata o rifollata a
caldo per modo che il nucleo della vite risulti dello stesso diametro
del tirante.

6. - Per collegare due tiranti, a sezione circolare, posti in pro-


secuzione uno dell'altro, ed in modo da poterli mettere in tensione,
si adotta il manicotto di tensione o tenditore (fig. la). Le due estre-
mità, che si tratta di collegare, vengono lavorate a vite, in senso
opposto, (; s'introducono nelle due chiocciole che presenta il tenditore.
In grazia dell'opposto senso delle due filettature, girando in un senso
o nell'altro il tenditore, per mezzo di una barra che s'introduce fra
le sue due braccia, le teste dei due tiranti si avvicinano o si allon-
tanano simultaneamente ed egualmente.
Una variante dell'unione sopra descritta, la quale si adatta spe-
cialmente per piccoli diametri, è rappresentata nella fig. h; ma la
disposizione precedente è molto preferibile, perchè lascia vedere se
le viti sono sufficip,ntemente introdotte nelle chiocciole.
Se l'unione non ha bisogno di essere regolata, si può più sempli-
cemente terminare un tirante con un occhio e l'altro con una for-
chetta (fig. le), e riunire le due parti con un bullone a vite, che fa
l'ufficio di un perno; tale unione dicesi a cerniera.

7. Unioni per ferri piatti. - L'ancoramento di un ferro piatto


(catena) ad un muro viene eseguito come è indicato nella fig. 2a , ri-
piegandone cioè a caldo l'estremità in modo da formare un occhio,
il quale dev' essere chiuso mediante ribollitura eseguita colla mas-
sima cura, ed introducendo poi in esso un paletto e cunei che per-
mettano di mettere in tensione la catena. Si deve usare la massima
avvertenza che la saldatura dell'occhio sia ben eseguita, affinchè la
resistenza di tale attacco non sia inferiore a quella del tirante. Può
servit'e da paletto un pezzo dello stesso tirante, purchè lo spessore
non sia troppo piccolo; la lunghezza del paletto dev'essere tale da
abbracciare un sufficiente numero di corsi di mattoni: in generale
può val'iare da OW,50 ad l lU •
L'unione di due tiranti piatti, posti in prosecuzione uno dell'altro,
ELEMENTI DELLE CO~TR(;ZIONI
7

può essere fatta conforme alla fig. 2 b, unione a forcheUu con cttnei,
()vvero secondo la fig. 2 c, unione ad anelli con cunei; le figure sono
abbastanza chiare da non richiedere descrizioni. Ambedue queste dis-
posizioni permettono di regolare l'unione in modo da mettere in ten-
sione i tiranti.

a)
Fig. 2.

8. Unione a cerniera. L'attacco di un ferro piatto (tirante)


ad una data parte di una costruzione, quando l'unione non abbia bisogno
di essere registrata, può farsi a cerniera, come indit:a la fig. 3 a , ter-
minando cioè il tirante con un occhio, in cui entra un perno o bullone
che lo collega alla parte suddetta.
Fermiamoci un poco sul calcolo statico delle diverse parti di questa
UnIone.
Il perno trovasi cimentato al taglio nella sezione m n, e quindi l'equa-
zione di stabilità sarà (vedi Parte II)
4 4 T
t = - k=maxT=-- ---
5 3 rrd 2 '
4
da cui:
ELE~IENTI DELLE COSTRUZIONI

d'altra parte, se F rappresenta l'area della sezione trasversale del


tirante, deve essere

dalle due ultime equazioni deduciamo


(1) d = 1,46 VF.
Calcolato così il diametro del perno, si determina lo spessore 81
della testa del tirante in modo da evitare un'eccessiva pressione
contro là superficie interna dell'occhio, il cui ciglio potrebbe altrimenti

Fig. 3.

restarne deformato. Tale pressione si esercita evidentemente contro


la metà dell'occhio, che, rispetto al centro dell'unione, trova si dalla
parte opposta del tirante j essa è massima lungo la generatrice che
ha per traccia il punto c, e va decrescendo verso a ed e: lungo le
generatrici che hanno per traccia questi due ultimi punti, la pressione
è nulla. Ora, per evitare il pericolo sopra accennato, è sufficiente
porre per condizione che la pressione unitaria media sulla proie-
zione diametrale 81d della superficie compressa dell' occhio sia, al
massimo, eguale ad una volta e mezzo l'ordinario carico di sicurezza
a tensione o pressione, e quindi

da CUI:
(2) 81 = 0,46 v'f' = 0,314 d.
Tale spessore 81' quando risulti maggiore dello spessore s del ti-
rante, e la testa non venga fucinata separatamente, può essere otte-
ELElIENTI DELLE COSTRUZIONI

nuto sia rifollando l'estremità del tirante, sia con piastre di riporto-
inchiodate al tirante.
Se la testa deve avere lo stesso spessore del tirante (81 = 8), la
sezione del tirante va così proporzionata che lo spessore 8 soddisfi
contemporaneamente alle equazioni che deduconsi dall'eguagliare le
tre resistenze: del tirante, del perno, della superficie interna del-
l'occhio, e cioè
3 rrd 2 ~
bs = 5 -J- = l,i.> ds ,
da CUI:

d 3rr
(3) bO,67 ed
d 30 = 0,314,
e quindi anche:
s
(4) b = 0,21.

Riportiamo qui valori di tali rapporti, consigliati da altri autori


s d
b 1;
Steiner. 0,2J 0,63
Tetmajer 0,25 0,45
Berkley 0,75
Fox 0,66
La sezione della testa, in direzione normale dell'asse del tirante, ed
in corrispondenza del centro dell'occhio, è bene che superi del 33 0/I}
circa la sezione trasversale del tirante per tener conto di una possi-
bile eccentricità di sforzo, come pure affinchè il materiale che forma
la testa, il quale a causa della sua lavorazione può risultare alquanto
indebolito, sia cimentato meno del tirante.
Se lo spessore della testa eguaglia quello del tirante (fig. 3b), ciò
equivale a prendere
.J
(5) b' = -=-3 b.
Profilando esternamente l'occhio con un arco circolare di raggio-

d 2
-+-b
..
~ .-,
,)

è anche esuberantemente assicurata la stabilità contro l'asportazione


10 ELEMENTI DELLE COSTRl'ZIONI

per taglio della parte della testa che rimane dietro al perno, tratteg-
giata in figura: infatti, ponendo 2b" s ! = b s (in
i)
questo calcolo si
suole assumere eguale soltanto a b" la lunghezza delle due superficie
di taglio, pel' tener conto della debole· resistenza del lembo del foro)
SI rlcava

Tuttavia alcuni consigliano di aumentare ancora la dimensione b"


facendola eguale a b, e profilando la testa secondo un'ellisse, o a
forma di lancia, come nella fig. 3b.
L'unione fra due tiranti in ferro piatto, se non ha bisogno di es-
sere registrata, può eseguirsi
come indica la fig. 4a ovvero
I I :1 la fig. 4ò. È molto facile de-
I • I
terminare, in modo analogo
a quello seguìto nell'esempio
precedente, le dimensioni di
tale unione,
Si osservi, prima di tutto,
che il bullone trovasi qui ci-
mentato al taglio in due se-
zioni, e quindi per uguagliare
la resistenza a tensione del ti-
rante alla resistenza al taglio
del bullone, dobbiamo porre
3 rrd 2
F=2- ---
5 4 '
da CUI:

tuttavia per prevenire il caso


che, per difetto di tiro, le due
sezioni del bullone non siano
ugualmente cimentate, assu-
meremo
Fig. 4.
(6) d=l,lv'F.
Lo spessore SI resta ancora determinato dalla
l,t) dS 1 = F,
ELEMENTI llELLE COSTRUZIONI 11

la quale, In virtù della (6), fornisce


(7) SI = 0,61 v'P = 0,55 d.
Le dimensioni b' e b" restano naturalmente determinate come nel
caso precedente.
Se lo spessore SI dev'essere eguale ad S, la sezione del tirante va
così proporzionata che S soddisfi contemporaneamente alle relazioni
l 3 rrd 2
bs= 112
, 254 = 1,5 ds.
da CUI:

(8) .~=O,67 ed (8 j_- ( ),o"9... ,


b
e quindi anche:
s
(9) b =0,35.

Le due braccia della forchetta nella fig. 4a e le due briglie nella


fig. 4b potrebbero, teoricamente, avere spessore metà di 81; tuttavia,
sempre per prevenire un difetto di tiro, e per cimentare il materiale
delle teste ad una tensione unitaria minore di quella sopportata dal
tirante, è conveniente assegnare ad esse uno spessore alquanto mag-
. 2
glOre: a d esemplO'if SI'
Altre unioni speciali di ferri si vedranno nel capitolo delle capriate.

9. Chiodature. -- Le chiodature si possono eseguire a freddo,


o meglio a caldo, come si usa generalmente
nelle costruzioni di una certa importanza. Il
chiodo trovasi in commercio con una testa
già fatta (fig. 5); la lunghezza del gambo o
fusto dev'essere eguale allo spessore comples-
sivo delle lamiere da inchiodare, più un tanto
necessario per formare l'altra testa, la quale
eccedenza varia da 1,3 d ad 1,7 d, se d è il
diametro del gambo. I chiodi di un diametro
minore di mm. lO vengono ribaditi a freddo.
Il chiodo, riscaldato al color rosso ciliegia,
viene introdotto nel foro praticato nei ferri
Fig. 5.
da inchiodare; poi, se la chiodatura viene
eseguita a mano, se ne martella rapidamente la parte del fusto che
rimane fuori, per formare la seconda testa, a cui si dà in ultimo la
u ELEMEXTI DELLE COSTRUZIONI

forma definitiva per mezzo di uno stampo che viene applicato contro,
e sul quale si dà qualche altro colpo di martello. La ribaditura del
chiodo viene molte volte eseguita a macchina, ed allora la seconda
testa risulta formata in un solo movimento se è fatta con ribaditrice
a pressione idraulica; oppure con una serie di colpi se è fatta con
ribaditrice a pressione d'aria. Quest'ultima è molto maneggevole e
tmsportabile.
Il diametro del fusto del chiodo dev'essere un poco inferiore al
diametro del foro, affinchè, arroventato che sia, vi possa ancora entrare
comodamente; si stabilisce in generale a tale scopo un gioco di 1/20
del diametro.
Riguardo alla forma della testa, si hanno diversi tipi; si può adot-
tare la forma di un segmento sferico, di un segmento di ellissoide,
di un conoide, ecc.; l'essenziale si è che essa presenti dimensioni
sufficienti, per modo che non possa essere recisa secondo il pro-
lungamento della superficie del gambo, per effetto della notevole
tensione a cui quest'ultimo rimane sollecitato durante il raffreddamento
della chiodatura; e che la pressione unitaria sulla superficie anulare di
contatto fra la testa e la lamiera non risulti eccessiva. È freqnente-
mente adottata la testa indicata dalla fig. 5. Quando debba evitarsi la
sporgenza della testa del chiodo, si ricorre alla chiodatura a testa cieca.
Lo spessore massimo da inchiodare non deve superare 3 l! 2 a 4 d;
per chiodature da eseguirsi a mano non è conveniente prendere
d > 25 mm •
La foratura delle lamiere vien fatta col punzone, o col trapano, o
finalmente si fa da prima col punzone un foro di diametro alquanto
minore di quello voluto, e questo viene poi raggiunto coll' allar,qatoio;
i due ultimi sistemi sono preferibili al primo, perchè eliminano la
deformazione del labbro del foro prodotta dal punzone.
La resistenza della chiodatura aumenta se si smussa il labbro del
foro che è adiacente alla testa del chiodo, con che il passaggio dalla
testa al fusto del chiodo invece di farsi bruscamente, avviene col-
l'intermezzo di un tronco di cono, che, secondo le espel'ienze, contri-
buisce molto alla sua resistenza.
B buona regola che la chiodatura venga eseguita con una certa
rapidità; con ciò il chiodo riempie meglio il foro, ed inoltre, essendo
esso ancora ben caldo al momento in cui è completata la ribaditura,
avviene che il gambo, raffreddandosi, tende ad accorciarsi, e quindi
le teste, esercitando una pressione notevole contro le lamiere, le
quali s'oppongono a tale accorciamento, le serrano fortemente. Da
ciò risulta che allo scioglimento dell'unione si oppone, almeno per un
ELE~lENTI DELLE COSTRUZIONI 13

certo tempo, una notevole resistenza d'attrito che si sviluppa fra le


lamiere inchiodate, a causa della pressione suddetta. Questa resi-
stenza d'attrito fu misurata sperimentalmente dal Lavaley ne) seguente
modo. Si unisce con un chiodo un fetTO piatto fra due altri facendo
ovale il foro de) fetTO intermedio, ed avendo cura che il gambo del
chiodo rimanga discosto dalla parete interna posteriore del foro di
detto ferro; pòi si esercita sul collegamento così fatto uno sforzo
di trazione crescente fino a produl'l'e lo scorrimento, il quale, come
è evidente, non resta impedito che dalla resistenza d'attrito che
trattasi di misurare. n Lavaley tt'OVò che lo sforzo necessario per
produrre lo scorrimento era di 1430 kg. per cm 2 di sezione di chiodo.
e siccome doveva essere vinta la resistenza d'attrito su due superficie,
così tale resistenza raggiungeva 715 chilogrammi per cm 2 di sezione
di chiodo. Ammesso ora che il coefficiente d'attrito in tali condizioni
valga 0,30, deduciamo la tensione normale unitaria 0', a cui resta
cimentato il gambo del chiodo, dalla

-
O' -
715 _ 2383 k g. cm 2 ,
O 30 -
,
tensione, come vedesi, notevolissima, donde la necessità d'impiegare
pei chiodi un ferro di ottima qualità.
Che realmente in una chiodatura ben eseguita la tensione lungo il
gambo del chiodo assuma valori rilevanti, lo prova il fatto che, al-
lorquando il chiodù viene ribadito troppo rapidamente, in seguito al
raffreddamento facilmente salta via una testa.
Quantunque il chiodo venga ribadito ben caldo e sul momento
riempia sia pure completamente il foro, però, in seguito al raffred-
damento, avviene un certo distacco del fusto del chiodo dalle pareti
del foro, per il che, come si è detto, almeno per un certo tempo la
chiodatura resiste pet' attrito, senza che entri in gioco la resistenza
al taglio del chiodo. Non è però giusto basare su questa resistenza
d'attrito il calcolo della chiodatura, giacchè, in conseguenza dell'e-
nOl'me sforzo di tensione sopra calcolato, eccedente il limite di ela-
sticità, cui rimane sollecitato il gambo del chiodo, proseguono ad
avvenire in esso, col tempo, dei piccoli allungamenti prodotti dal
noto fenomeno dell' elasticità susseguente (elastische Nachwirkung), per
effetto dei quali, tanto più poi se hanno luogo sollecitazioni dina-
miche, la chioda,tura si allenta; e quindi il modo di resistere dei
chiodi si avvicina mano mano a quello della resistenza semplice al
taglio. Così è che nella pratica si usa prescindere affatto dalla resi-
stenza d'attrito, calcolando i chiodi come sollecitati semplicemente
ELE)IE~TI DELLE COSTRUZIONI

al taglio, e si ritiene che lo sforzo si ripartisca uniformemente sulla·


sezione di ogni chiodo, ammettendo che essa sia costretta a rimanere
piana (V. Parte II - Sollecitazione al taglio).

10. Ohiodature di lamiere tese. - L'unione di due ferri piatti


posti in prosecuzione uno dell'altro e sollecitati a tensione può essere
fatta con tre specie di chiodature: la chiodatura per sovrapposizione;
la chiodatum con semplice coprigiunto; la chiodatura con doppio copri-
giunto.

11. Ohiodatura per sovrapposlzlOne. - La chiodatura per so-


vrapposizione consiste nel sovrapporre per un certo tratto (fig. 6a )
uno dei due ferri piatti all'altro, e inchiodarli insieme.
Indichiamo con
b la larghezza del ferro piatto;
s lo spessore;
d il diametro di ciascun chiodo;
n il numero totale delle sezioni di chiodo resistenti al taglio
(il quale numero in questa chiodatura è uguale al numero dei chiodi,
giacchè ogni chiodo è -cimentato al taglio in una sola sezione);
n ' il numero dei chiodi che si trovano su ciascuna delle file
trasversali estreme (tre nella figura);
b' = b - n' d la larghezza netta del ferro piatto, cioè depurata
dai fori della chiodatura.
Uguagliando la resistenza totale dei chiodi (cimentati al taglio) alla
resistenza (alla tensione) delle lamiere, si deduce .
J rrd 2
5 n T=b l
s,

dalla quale, dato d, si ricava n, e viceversa.


Generalmente si stabilisce prima il diametro dei chiodi avendo
cura che la pressione contro la parete del foro non risulti eccessiva,
al quale scopo, analogamente a quanto si è già visto per l'unione a
cerniera, si porrà
4 rrd 2
15kds=
, -
5 - k4-'

e quindi, dev'essere
il
- -< 2,J ""'
s

Comunemente nella pratica d non supera 2s, con che si ha, sotto
ELE~IENTI DELLE COSTRUZIONI 1&

questo riguardo, un' esuberanza di stabilità j fissato d si determina n


colla
5 b's b's
(10) n = rr
d 2 = ,...... 1,6 (jj .

La disposizione più conveniente da darsi ai chiodi è quella indicata


nella fig. 6b, O\'e il numero dei chiodi situati su di una fila trasversale
comincia dall'essere uno nelle file estreme e va crescendo successi-
vamente di uno da fila a fila, fino alla mezzeria della chiodatura.
Infatti, ammesso che lo sforzo totale P, da cui sono stirate le la-
miere, si ripartisca uniformemente su tutti i chiodi, sì che ciascuno di
essi sopporti lo sforzo p , in corrispondenza della fila II, lo sforzo
n
da trasmettere dalla lamiera A alla lamiera B resta diminuito di
~= : k rr: 2
, trasmesso già dal primo chiodo, mentre la sezione
resistente della lamiera diminuisce di d Sj quindi appena il diametm
del chiodo abbia tale valore da soddisfare all' equazione
4 rrd 2
-k ~-=kds
5 4 4)
ossIa
d = ,......1,6 s,
o O: I

la l'esistenza della lamiera in corri- O O: I

spondenza della fila II equivale a 00


quella corrispondente alla fila 1. Pro-
seguendo analogamente ad esaminare
il)
la resistenza della lamiera in corri-
spondenza delle file successive si dè-
duce che l'indebolimento prodotto nelle
lamiere dalla chiodatura è il minimo
possibile, ed è sol tanto quello corri-
spondente al primo foro. E poichè
spesso nella pratica si assume
cl
d> 1,6s, p. e. = 2s,
evidentemente la diminuzione nello
sforzo da trasmettere, quando si passa
da una fila alla successiva, risulta mag-
Fig. 6.
giore della resistenza perduta dalla
lamiera per il nuovo foro, quindi la resistenza della chiodatura au-
menta da fila a fila.
16 ELEMENTl DELLE COSTRGZIONI

Andando ora dalla mezzeria verso l'estremità destra della chioda-


tura, diminuisce sempre più lo sforzo a cui si trova cimentata la
lamiera A e diminuisce nello stesso tempo il numero dei fori situati
su di una fila trasversale j ne deriva che se si conservasse alla la-
miera A la sua larghezza b fino all'estremità, essa presenterebbe nella
metà destra della chiodatura una resistenza eccessiva, la quale si op-
porrebbe alla uniforme ripartizione dello sforzo su tutti i chiodi. Per
tale motivo è conveniente diminuire gradatamente la resistenza della
lamiera, profilandola come è indicato nella figura. Quanto si è detto
per la lamiera A va naturalmente ripet.uto per l'altra lamiera B.
Una chiodatura così fatta si avvicina ad una unione di u,qual
resistenza j la larghezza netta della lamiera è b - d, ed il modulo
di l'esistenza, cioè il rapporto della sezione netta alla sezione lorda, è
b b d; mentre, ad esempio, colla disposizione della fig. 6a esso sa-

' f . . , b- 3d. b - n'd


re bb e mo lto In erlOre, e ClOe -b--' ed In generale b-
Si deve allo Schwedler una rappresentazione chiarissima del modo
di resistere di una chiodatura. Egli immagina che la lamiera sia
{livisa in tanti nastri quanti sono i chiodi (fig. 6c), e che ciascuno
{Ii questi nastri abbracciando un chiodo prenda su di sè lo sforzo
trasmesso da quest'ultimo. La chiodatura sarà ben proporzionata, se
le sue dimensioni permettono di disegnare tanti di questi nastri
quanti sono i chiodi, lasciando fuori la striscia di lamiera che va
irremissibilmente perduta a causa del primo foro, ed in modo che
la resistenza di ciascun nastro equivalga a quella del chiodo. Le di-
mensioni che deve avere ciascun nastro si deducono come è stato
.già indicato parlando dell'unione a cerniera.
Come regole pratiche per la distribuzione dei chiodi si possono
adottare le seguenti:
Nessun chiodo deve trovarsi, col suo centro, ad una distanza,
dal lembo della lamiera, inferiore a 1,5 d, ovvero 2 d, secondo che
il lembo in parola è parallelo o normale alla direzione dello sforzo.
La distanza fra i centri di due chiodi non dev'essere mai inferiore
a 3 d. Queste distanze soddisfano alle condizioni sopra esposte per
una chiodatura ben proporzionata.

12. Chiodatura con coprigiunto semplice. - Le due lamiere


da inchiodare (fig. 7a) vengono poste una in prosecuzione dell'altra,
ed il giunto viene coperto con un'altra lamiera detta coprigiunto.
Ciascuna metà di questa unione si comporta evidentemente come una
ELEMENTI DELLE COSTRl'ZIONI 17

chiodatura per sovrapposizione, quindi valgono le stesse regole già


viste al numero precedente. La fig. 7b rappresenta la disposizione

'Eu 3 ,3 C I

(') 0:00 I
I

00:0 (') I

O 0:0 CJ)
a.) "}
Fig. 7.

più razionale dei chiodi, corrispondente al massimo modulo di resi-


stenza. Lo spessore del coprigiunto dev'essere naturalmente eguale a
quello delle lamiere da inchiodare.

13. Chiodatura con coprigiunto doppio. - La chiodatura per


sovrapposizione e quella con coprigiunto semplice presentano l'in-
conveniente che gli sforzi sollecitanti le parti inchiodate, non essendo
per diritto, costituiscono una coppia, la quale produce una sollecita-
zione secondaria notevolissima, che può generare una deformazione
permanente dell'unione, come è indicato nella fig. 8a .
Così, prendendo in esame, ad esempio, il caso della chiodatura
per sovrapposizione, le sezioni delle lamiere sono cimentate allo
stesso tempo da uno sforzo di tensione = b' sk, e da un momento flet-
tente = b'sk X s; e quindi la tensione unitaria massima, ai lembi delle
dette sezioni, raggiunge il valore

Tale inconveniente viene eliminato nella chiodatura con coprigiunto


doppio (fig. 8b), coprendo cioè il giunto delle lamiere, disposte, come
prima, in prosecuzione una dell'altra, mediante due coprigiunti, uno
per parte. Questa chiodatura presenta poi l'altro vantaggio che la
resistenza dei chiodi al taglio viene utilizzata in due sezioni e che
la resistenza d'attrito resta raddoppiata. Per lo spessore dei copri-
giunti, teoricamente, è sufficiente la metà dello spessore delle lamiere
inchiodate; ma praticamente, è bene abbondare alquanto, preve-
GUIDI, Scienu del~ costruzioni. Parte III, 5" ed.
18 ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

dendo il caso che lo sforzo non venga egualmente ripartito sopra


ambedue.
Affinchè poi la pressione unitaria contro la superficie interna dei
fod non oltrepassi il limite stabilito, conviene, evidentemente, che il
rapporto fra il diametro dei chiodi e lo spessore del ferro da inchio-
dare non superi la metà del valore trovato per la chiodatura per so-
vrapposizione, cioè
d
.... <1,2.
s

a.)
Fig. 8.

Allo scopo di evitare le sacche che, colla disposizione costruttiva


indicata dalla fig. 8b, vengono a formarsi nella parte centrale del-
l'unione, spesso si rinuncia a rastremare le estremità dei ferri da
inchiodare, conservando loro tutta la primitiva larghezza.

14. Chiodature di ferri sagomati. - Gli stessi criteri generali


che hanno servito di guida al calcolo delle chiodature di lamiere

a)

Fig. 9.

stirate, e cioè che le singole parti delle chiodature devono presentare


la stessa resistenza delle parti da inchiodare, e che i chiodi vanno
calcolati in base alla resistenza al taglio, servono anche per calcolare
chiodature di altri generi, come quelle che passiamo ora ad esporre.
La fig. 9" rappresenta l'unione di due ferri a doppio T, posti in
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI 19

prosecuzione uno dell'altro, fatta con doppio coprigiunto per l'anima


e con coprigiunto semplice per le tavole.
La fig. 9b mostra l'attacco di travetti a doppio T ad una trave
maestra, pure a doppio T, che ha direzione ortogonale; l'attacco vien
fatto per mezzo di squadre (pezzi di ferro d'angolo) le quali sono in-
chiodate per un lato all'anima del travetto e per l'altro all'anima
della tra ve maestra.
I chiodi in quest'unione, oltre alla sollecitazione proveniente dalla
reazione d'appoggio, andrebbero soggetti anche ad un'altra sollecita-
zione derivante dal momento d'incastro, e risulterebbero perciò ecces-
sivamente cimentati (vedi Parte IV "Teoria dei ponti ,,); è oppor-
tuno quindi rinforzare l'attacco procurando con due altre squadrette
un appoggio ai travetti. Il suddetto inconveniente resta di per sè
eliminato quando sia possibile far appoggiare le tavole inferiori dei
travetti sulle ali delle travi maestre.
Di altre chiodature si parlerà ancora nel paragrafo seguente.

~ 3. - Travi composte (l).

Quando nelle costruzioni occonono delle travi di grande resistenza,


che non può essere raggiunta con travi semplici, si ricorre alle travi
composte, le quali possono essere di legno, di ferro, od anche miste,
di legno e ferro.

15. Travi composte di legno. - Una trave risultante di più


travi semplici, collegate fra loro così intimamente da costituire quasi
una trave unica, dicesi una trave composta. Finchè le travi in feno,
semplici o composte, sia per elevatezza di prezzo, sia per imperfezione
di esecuzione, non entrarono nell'uso corrente delle costruzioni, si
idearono svariatissime disposizioni di armature per rinforzare o com-
porre travi in legno con più travi semplici. Quantunque l'importanza
di simili com binazioni sia al giorno d'oggi notevolmente scemata,
preferendo si attualmente una trave di ferro a queste armature di
difficile esecuzione e d'incerto esito, pure crediamo opportuno di ac-
cennare qui ai tipi principali, i quali sia per costruzioni provvisorie,
sia in date circostanze di luogo, dove abbondi notevolmente il legname,
possono ancora riuscire utili.
Date più travi semplici, il modo più ovvio per ottenere una tl'aVfl

(i) Per le travi in beton armato, vedi Appendice al Corso.


20 ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

maggiormente resistente è quello di sovrapporle una all'altra; però,


se non si collegano fortemente fca loro in modo di impedire gli scor-
rimenti longitudinali di una rispetto all'altra, provocati dalla solle-
citazione a flessione e taglio, esse s'inflettono indipendentemente,
presentando ciascuna un proprio strato neutro, allo stesso modo come
se, invece di essere sovrapposte, fossero avvicinate di fianco; di guisa
cioè che, se b ed h rappresentano rispettivamente la base e l'altezza
della sezione trasversale delle travi semplici ed n il loro numero,
il modulo di resistenza di una simile trave composta risulterebbe
uguale ad nvolte quello di una trave componente, ossia n! b h 2 (1). Se

invece le travi componenti sono così intimamente collegate fra loro


(fig. lO) da formare una trave unica di altezza n h, il modulo di resi-
stenza della trave composta sarà ! b n 2 h 2 , cioè n volte quello della

trave precedente.

~ =.~
:. _--~:-- :.

Fig. 10.
:1

Di qui apparisce la convenienza di collegare fra foro le travi sem-


plici così strettamente da impedire gli scorrimenti provocati dalla
detta sollecitazione nelle superficie di separazione delle diverse travi
componenti. A raggiungere questo scopo, le faccie delle travi compo-
nenti, che devono trovarsi a contatto, vengono intagliate a forma di
denti, e le travi vengono collegate insieme fortemente mediante chia-
varde e fasciature di ferro. I denti devono essere rivolti per tale verso
da impedire lo scorrimento, e quindi il verso della dentatura dipende
dal senso dello sforzo di taglio; in ogni caso le faccie più lunghe dei
denti devo ne salire verso la sezione di momento massimo.
L'inclinazione a dei denti risulta poi determinata dalle seguenti
considerazioni (2): la tensione tangenziale a cui è cimentata la base
del dente è evidentemente eguale alla pressione contro la faccia più
corta del dente, che in realtà si fa normale alla faccia più lunga,

(I) In realtà, la resistenza d'attrito che si sviluppa, durante la deformazione,


fra le facci e a contatto delle travi componenti, può aumentare notevolmente tale
resistenza.
e) Cfr. W. RITTER, Anwendungen de1' graph. Statik, I Theil. - Ziirich, 1888.
ELEMENTI DELLE COSTRVZIONI 21

ma che per semplicità di calcolo supporremo normale all'asse della


tra ve; quindi, indicando al solito con cr e T le tensioni unitarie,
si avrà
T
tga = - ,
cr

Indichiamo con b ed h rispettivamente la base e l'altezza della


sezione trasversale della trave composta, e sostituiamo a T la sua
espressione (Parte II); riguardo poi a cr, poniamo per condizione che
essa risulti eguale alla tensione normale unitaria massima che si
verifica nella sezione trasversale pericolosa; cioè indicando con M max .
il momento massimo (in valore assoluto) a cui è cimentata la trave,
poniamo per cr
Mmax. _ 6 Mmax.
-W- 1Jh2'
ed avremo allora, indicando al solito con T lo sforzo di taglio,'

Th [1
tga = M max . '4 - (y)2]
h '

Secondo questa equazione, diminuendo T, dovrebbe diminuire l'in-


clinazione dei denti; tuttavia è regola pratica di tenere costante
tale inclinazione, calcolandola in base al massimo assoluto di T; por-
remo cioè
(11) tga = Tmax.h
Mmax.
[~ _
4
(yh )2] ,
Se la h'ave composta viene formata di due sole travi semplici uguali,
la dentatura capita nello strato neutro, e, facendo allora nella (11)
y = 0, otteniamo
(12) tO' _ l Tmax.h,
",a- 4 M max. '

se invece la trave viené composta di tre travi semplici uguali sovrap-


poste, le dentature distano di ! h dallo strato neutro, e la (11), fa-

cendovi y = ! h, fornisce

t ga = -92 --::-:;:----
Tmax.h
Mmax.

Per una trave semplicemente appoggiata alle estremità e sollecitata


22 ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

da un carico Q uniformemente ripartito su tutta la sua lunghezza l,


la (12) fornisce
h
tga =y,

cioè l'incJinazione dei denti è quella stessa di una diagonale delle


facci e laterali della tra ve. Questa regola semplicissima viene spesso
seguìta anche per altre condizioni di carico. Se, come in generale si
verifica nella pratica, è ~< 1~ , secondo questa regola di eseguire la

dentatura, risulta anche ; <1~ , e quindi raggiungendo (J il carico


di sicurezza a sforzo normale, T non sorpasserà quello al taglio.
Nella pratica è quasi impossibile ottenere che la costruzione della
tI'ave composta sia e si mantenga così pel'fetta da comportarsi questa
come una trave unica; sarà quindi necessario . limitare il carico di
sicurezza in rapporto al grado di perfezione del lavoro, non pren-
dendolo in ogni caso mai superiore ai 4/5 di quello ordinario per le
travi doppie, ed ai 3/ 4 per le travi triple; negli stessi rapporti si
potrà ritenere ridotto anche il modulo di elasticità E.
Per ovviare all'inconveniente che per disuguale disseccamento o de-
formazione delle travi componenti esse non abbiano più a combaciare
perfettamente, molte volte fra i denti s'intro-
ducono caviglie o biette di legno duro e ben sta-
gionato (fig. 11a) di un sol pezzo, o, meglio, di
due tagliati a cuneo, per mezzo delle quali è
b) sempre possibile assicurare il contatto fra i
denti delle travi componenti. La dentatura con
caviglie può anche essere costruita come è indi-
cato nella fig. 1 h, nel qual caso è da introdurre

t±H
per a nelle formole precedenti l'angolo indicato
nella figura.
8pesso alla dentatura con faccie inclinate si
sostituisce una dentatura ortogonale (fig. 11 c,à) , la

8±J Fig. 11.


quale è specialmente conveniente quando, per
effetto di carichi mobili, avvenga, per alcune
sezioni della trave, l'inversione dello sforzo di
taglio, con che dovrebbe anche invertirsi l'incli-
nazione della dentatura obliqua.
Quando le travi componenti non hanno la lunghezza che deve avere
la tra ve composta, essa presenta delle discontinuità anche trasversali,
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI 23

le quali, se capitano dalla parte delle fibre compresse, non presen-


tano un grave inconveniente; mentre invece, se cadono dalla parte
delle fibre tese, costituiscono un reale indebolimento, e devono perciò
essere coperte da appositi pezzi formanti coprigiunto.

a.)
--__? .: @ @ I

b)

}<'ig. 12.

Le travi di legno possono anche essere rinforzate applicandovi


contl·o dei pezzi a mutuo contrasto; così, ad esempio, interponendo
fra due tl-avi gemelle (fig. 12a) un'armatura formata di due ]Jllntoni
inclinati, impostati contro due pezzi solidamente fissati alle estremità
delle travi, e di un cuneo o monaco a contrasto coi puntoni, se ne
può aumentare notevolmente la resistenza, purchè le imposte dei
puntoni siano ben salde, il che non è facile conseguire.
Un altro modo molto semplice per aumentare la resistenza di una
trave è quello suggerito dal Laves; consiste nel segare la trave, nel
tratto centrale, lungo lo strato neutro (fig. 12b), lasciando intatte le
estremità, anzi rinforzandole con robuste fasciature, affinchè il taglio
non si pr'opaghi fino ad esse, e nello scostare per mezzo di cunei lè
due par·ti separate.

16. Travi composte miste. - Si possono ancora rinforzare le


travi di legno coll'aggiunta di qualche membratura in ferro. Così
fra due travi gemelle di legno avvicinate di fianco si può interporre
un ferro piatto, collegandolo fortemente con quelle per mezzo di
chiavarde. Su ciascuna delle due faccie laterali di una trave di legno
si può applicare un archetto in ferro piatto, sotteso da un tirantino.
Tuttavia a queste ed altre simili combinazioni, la cui efficacia può
spesso riuscire incerta e quasi sempre male valutabile, è da pr'eferirsi
in ogni caso, come si è già accennato, una trave in ferro.
2,1 ELDIENTI DELLE COSTRUZIONI

Alcune volte si sono formate travi composte accoppiando travi di


legno con tra vi di ferro, ad esempio come è rappresentato in sezione
nelle fig. 13 a e 13b; altro esempio lo porgono certi tipi di longoni dei
nostri pon ti ferroviari (Parte IV).
Il calcolo del momento flettente a cui può resistere una trave com-
a} posta di tal genere, quando, come
r-."'.I!II~t si verifica in pratica, il collega-
I lnento fra le travi componenti non
è cosÌ perfetto da impedire lo scor-
rimento che ha luogo fra esse du-
rante la flessione, può essere fatto
nel seguente modo (1):
Supponiamo, per fissar le idee,
che si tratti di una trave composta
-t---too----+ di due sole travi eterogenee. Indi-
Fig. 13.
chiamo con M il momento flettente
massimo a cui può resistere la sezione trasversale della trave com-
posta, con MI il momento flettente che viene sopportato da una delle
due travi, con El il modulo di elasticità longitudinale del materiale
di cui essa è formata, con J l il momento d'ir;erzia della sua sezione
trasversale rispetto all'asse neutro baricentrico; indichiamo poi con
M2 , E 2 , J 2 , le stesse quantità per l'altra trave. Restando le due travi,
durante la deformazione, a contatto in ogni loro punto, i raggi di
curvatura delle loro curve elastiche, in corrispondenza di una sezione
trasversale qualunque della tra ve composta, sono uguali, donde la
equazione
MI M2
,
EI,JI E 2,J 2
ossia:
)f l EIJ I
(1:3) ,
)1 2 E 2,J2

la quale stabilisce il rapporto delle due parti del momento flet.tente M


sopportate dalle due tra vi.
Ora se s'indica con 0"1 la tensione unitaria sopportata dalla fibra
che ha la massima distanza YI dall'asse neutro della sezione trasver-
sale della prima tI'ave, e con 0"2 ed Y2 le quantità analoghe per la
seconda trave, la (13) può trasformarsi nell'altra

(I) C. GUIDI, Sul calcolo di cel·te t/"(wi composte, • .-\.tti della R. Accademia delle
Scienze di Torino", 1887.
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

(14)

Da questa equazione si deduce che, affinchè le tensioni unitarie-


massime 0'1 e 0'2 possano raggiungere simu1taneamente i rispettivi
carichi di sicurezza k 1 e k 2 , nel qual caso la resistenza delle due travi
si trova utilizzata nel miglior modo, è indispensabile che le di-
stanze Y1 e Y2 stiano nel rapporto

(15)

Se questa condizione è soddisfatta, Ri calcoleranno MI ed M2 colle


due equazioni di stabilità

(16)

(17)

con che resta determinato il momento M = MI +M 2 a CUI può reSI-


stere la trave composta.
Che se invece risulta

(18)

si deduce allora dalla (14) che, raggiungendo 0'2 il valore k 2 , resterà O'r
inferiore a k 1 • In tal caso si dovrà dunque calcolare M2 pe1: mezzo
della (17), e si dedurrà poi MI dalla (13). Risulterà 0'1 <
k 1 , ossia
la resistenza della prima trave sarà soltanto parzialmente utilizzata,
e ciò perchè la soverchia rigidità della seconda tI'ave impedisce a
quella d'infiettersi quanto potrebbe, senza che fosse oltrepassato il
carico di sicurezza.
Finalmente, se risulta
(19)

si calcolerà MI per mezzo della (16), ed in seguito colla (13) si tro-


verà M2 ; in tal caso risulterà 0'2<k2 , ossia la resistenza della seconda
trave sarà soltanto utilizzata in parte.
È molto semplice estendere questa maniera di calcolo al caso di
una tI'ave composta di più di due travi.
26 ELEMENTI DELLE OOSTlIUZlONI

Esempio. Per la tl'ave composta rappresentata nella fig. 13a ,


pago 24, indicando coll'indice 1 le quantità relativE:' alla trave in ferro
-e coll'indice 2 quelle relatiye alla doppia tt'ave di legno, si ha
kl= kg. 700, J I =
cm 4 1859, YI = cm. 8,7 , El = 2000 ti cm2
k2 = " 70, J 2 = " 2531,!/2 = " 7,5, E 2 = 120
-e quindi
YI t:: 7
-,... .. ,
,l! t ,<)

mentre

<Josicchè ha luogo la disuguaglianza (19), e perciò si ha dalla (16)

700.1859
MI = ,
8 ,'" = kgcm. 149575 = kgm. 1496,

mentre dalla (13) si ricava

M2 = 1496 0,12.2531
2 , 1859
= kgm.
~
1')')
.....

La tensione unitaria massima sopportata dalla trave di legno viene


data dalla
12200.7,5 = 36 kO' I 2
2531 "" cm ,

che risulta circa la metà di k2 j in questa tl'ave composta la resistenza


delle due travi di legno, a causa della loro piccola altezza, viene
.adunque utilizzata circa per metà.

17. Travi composte in ferro. - Quando la sollecitazione mas-


sima a cui dev'essere sottoposta una trave non può essere vinta da
una semplice trave di ferro laminata, si ricorre ad una trave com-
posta) la quale può risultare sia dal semplice aggruppamento di più
travi laminate, sia dall'unione intima di felTi piatti o lamiere e di
ferri sagomati, ottenuta per mezzo di chiodature correnti.
Travi multiple. - Le fig, 14a e 14b mostrano esempi di travi com-
poste della prima specie, le quali devono in ogni caso presentare la
,dovuta stabilità anche nel senso trasversale; devesi, cioè, impedire
.accuratamente che le singole travi componenti possano deviare dal
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI 27

rispettivo piano di sollecitazione, il che può essere ottenuto, come


indicano le figure, sia coll'interposizione di travi di legno, sia con
collegamenti discontinui da porsi ad una distanza all'incirca di m. 2.
In taluni casi, come quando la a.) lr)
trave composta deve servire da
piattahanda a sostegno di un
muro, ovvero da trave maestra
di un solaio a struttura laterizia, t - - ~
il migliore e· più efficace colle-
gamento fra lo travi componenti
viene ottenuto gettando fra esse Fig. 14.
della muratura, la quale, purchè
eseguita a base di calce e non di gesso, serve anche come il più valido
preservativo contro l'ossidazione; le travi componenti devono ancora
essere collegate fra loro con bulloni e tubi di contrasto, come è in-
dicato dalla fig. 14a.
Travi inchiodate. - Le fig. 15 a-e, pago 28, rappresentano travi com-
poste della seconda specie, che possono chiamarsi travi inchiodate;
quelle delle figure 15b e 15e diconsi più specialmente t1"at'i lubulari.
La trave composta a doppio T (fig. 15,z) (quel che si dice per essa
vale, salvo lievi modificazioni, anche pel' gli altri tipi) viene formata
di una lamiera verticale, anima o costola, inchiodata tanto superior-
mente che inferiormente a due ferri d'angolo, cantonali, i quali sono
poi inchiodati ad una o più lamiere orizzontali, dette anche tavole o
piattabande. Le piattabande insieme ai ferri d'angolo costituiscono i
correnti o briglie, superiore ed inferiore, della tra ve.
Nelle costruzioni civili, in grazia delle limitate portate e sollecita-
zioni, comunemente p(lssono formarsi travi composte con ferri di un
sol pezzo, e mantenere costante la sezione della tra ve, calcolandola
in base alla sollecitazione massima assoluta. Rimandando quindi alla
Parte IV di questo corso il lettore che voglia conoscere la costruzione
ed il calcolo delle grandi travi composte a sezione variabile, ci limi-
teremo qui ad indicare alcune regole costruttive relative a quelle di
sezione costante.
1 1
L'altezza h dell'anima VIene presa tra 12 ed 20 della portata; lo
spessore della medesima, troppo esile dedotto dal calcolo di resistenza,
vien fissato praticamente non infel'iorea cm. 0,7 + 2~O; i cantonali
sono generalmente a lati uguali non inferiori a mm. 70; le piatta-
bande è bene che sporgano dai lembi cantonali non meno di cm. 1
ELDIENTI DELLE COSTRUZIONI

e non pil1 del triplo del loro spessore; la distanza 6.x fra i chiodi
che collegano i cantonali all'anima ed alle piattabande vien dedotta
dalle seguenti consi-
derazioni.
I chiodi che colle-
gano i cantonali all'a-
a.)
nima devono opporsi
allo scorrimento di que-
sta rispetto a quelli;
devono perciò resistere
alla tensione tangen-
ziale longitudinale che
si verifica nella tI'ave
a quel livello, la quale,
b) se indichiamo con m
il momento statico, ri-
spetto all'asse neutro,
della porzione di se-
zione che rimane al di
sopra del detto livello,
o g g vale, per unità di lun-
ghezza (Cfr, Parte II),
Tm
-J'
g I
O O Osservando quindi che
ciascun chiodo di dia-
me~ro d presenta due
sezIOni resistenti al
taglio, dovrà risultare

2 rrd 2 ! k = T~L 6.x


4 5 .J
da cui
6.x= 126 kd 2 ~
, T m
Per evitare poi che
Fig. 15. la pressione esercitata
dal gambo del chiodo
contro la parete del foro dell'anima risulti eccessiva, deve anche
aversi
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI 29

da CUI

nella quale k 1 , pressione unitaria media sulla proiezione diametrale


del foro dell'anima di spessore s, può essere assunto da 1,5 a 2,5 k,
più ragionevolmente può assumersi questo secondo valore limite,
quando l'anima è stretta fortemente con chiodatura a caldo fra i due
cantonali che ne impediscono la deformazione.
Assunto d conformemente ai seguenti più usuali valori:
spessore dei cantonali e delle lamiere< 8 j 8 a lO j lO a 13; > 13 111111.
diametro dei chiodi 16 j 20 23 26 "
si adotterà per A x il minore dei valori forniti dalle due maniere di
calcolo.
La distanza A x, per ragioni costruttive, viene mantenuta costante
per tutta la lunghezza della trave, e quindi va calcolata in quel
punto della trave in cui essa risulta minima, ossia, poichè si sup-
pone costante la sezione della trave, dove è massimo lo sforzo di
taglio. Se la distanza A x così calcolata risulta superiore a 6 d o
tutt'al più 8 d, si disporranno i chiodi a tale distanza e se risulta
inferiore a 3 d sarà conveniente aumentare il diametro dei chiodi
per modo che A x raggiunga almeno tale valore.
I chiodi che collega~o i ferri d'angolo colle piattabande costitui-
scono due file j ma poichè essi presentano una sola sezione resistente
al taglio, così le due file, per quanto riguarda la resistenza al taglio,
equivalgono a quella unica che collega i ferri d'angolo all'anima, nè
per questi chiodi occorre preoccuparsi della pressione esercitata dai
gambi contro le pareti dei fori. Ma v'ha di più: questi chiodi devono
resistere ad una tensione tangenziale minore, perchè corrispondente
ad un livello più lontano dallo strato neutro della trave, quindi essi
potrebbero essere posti a distanza maggiore; tuttavia, poichè è buona
regola costruttiva che le due chiodature siano alternate, così ven~ono
anch' essi posti alla distanza A x.
Le travi tubulari sono di frequente impiego nelle costruzioni civili;
esse presentano rispetto alle travi a doppio T una maggiore stabilità
in senso trasversale, e devono quindi preferirsi, specialmente quando
le deformazioni laterali non siano impedite da contrasti trasversali.
InoltL-e per le travi basse, per le qualì occorra dare alle tavole oriz-
30 ELE:!lIEYTI DELLE COSTRUZlONI

zontali una gl'ande larghezza, è preferibile la trave tubulare, sia


perchè colla doppia anima se ne aumenta la resistenza, sia anche
perchè resta eliminato l'inconveniente dell'eccessiva sporgenza delle
tavole orizzontali dai ferri d'angolo.
La costola delle travi composte a doppio T e le due costole delle
travi composte tubulari, se sono di rilevante altezza, devono essere
opportunamente rinforzate di tratto in tratto con montanti, e più
ancora in cordspondenza degli appoggi. Nel caso delle travi tubu-
lari possono servire utilmente a tale scopo dei ferri a [ di altezza
eguale alla larghezza del vano interno della trave, in modo che le
flangie vadano ad aderire contro le facci e interne delle costole.
Le travi rappresentate dalle fig. 15 c, 15d, 15 e , che chiamansi a parete
piena, vengono convenientemente sostituite, quando l'altezza della
tl'ave è considerevole, da altri tipi, nei quali la parete viene formata
da un reticolato semplice o multiplo (gmticcio o traliccio), con tutto che
stiano in favore delle travi a parete piena una maggiore semplicità di
costruzione ed una maggiore facilità di preservarle dalla ossidazione.
Ma il limite di altezza, per il quale conviene passare dalle travi
a parete piena a quelle a reticolato, è all'incirca 1m,50 od anche 2ID,OO,
altezza che raramente occorre raggiungere nelle costruzioni civili.
Rimandiamo quindi la trattazione di queste travi alla Parte IV, ac-
cennando soltanto che le travi reticolari impiegate nelle costruzioni
civili sono comunemente a correnti paralleli ossia di altezza costante,
raramente sono centinate come, ad esempio, le travi paraboliche. Un
reticolato preferito è quello formato di montanti e di diagonali e
conft'odia.qonali, mentre le briglie possono essere formate da due can-
tonali con o senza interposta anima continua, e piattabande. È utile
che montanti e diagonali siano costituiti da ferri sagomati, preferi-
bilmente ferri d'angolo.
Il calcolo degli sforzi nelle aste di queste travi può essere fatto
immaginando scomposta la trave in due a reticolato semplice, for-
mato dai montanti e da uno dei due sistemi di diagonali; applicando
a ciascuna di esse la metà dei carichi agenti sulla trave data; de-
terminando gli sforzi nelle travi semplici, e ricomponendo poi la trave
sommando algebricamente gli sforzi delle aste che figuravano in
ambedue le travi semplici.
X el calcolo delle dimensioni si ricordi di depurare le sezioni delle
aste tese dai fori dei chiodi e di calcolare le aste compresse come
solidi caricati di punta. I chiodi d'attacco delle diverse aste vanno
calcolati, al solito, in base alla loro resistenza al taglio, ed alla pres-
sione che i loro gambi esercitano contro le superficie interne dei fori.
ELEMESTI DELI.E COSTHUZIOSI 31

§ 4. - Travi armate.

18. - Un modo efficace di rinforzare le travi di soverchia lun-


ghezza, cimentate a flessione, è quello di fornir loro altri appoggi
intermedi, mediante colonnette o contrafissi, sorretti da tiranti che
vanno a collegarsi alle estremità della trave. Si hanno così le travi
armate ad uno solo, a due e a tre contmfissi, rappresentate schemati-
camente dalle figure 16 a, b, c. Le fig. 17 a, b sono relative a due travi
armate ad un solo contrafissoj .A~~A
in ambedue la trave è di 4) ___________ ~
legno, il contrafisso è di ghisa;
nella prima un solo tirante di
ferro, di sezione circolare, op-
pOl'tunamente piegato ad an-
gola, serve di appoggio al A~A
contrafisso, e dopo aver tra- CI ~
passato le testate della tI'ave, Fig. 16.
viene contro esse ancorato mediante dado e piastrina. N ella seconda i
tiranti sono due, rimangono di fianco alla trave, e vengono fissati con
dadi contro scatole in ghisa che ricevono le estremità della trave.
Con questa seconda disposizione la b'ave guadagna in stabilità nel
senso trasversale, ed inoltre non viene traforata dai tiranti.

Fig. 17.

Queste costruzioni, se la trave propriamente detta corre continua


sugli appoggi intermedi, come è il caso generale, sono staticamente
indeterminate j tuttavia se il carico fosse concentrato ai nodi, si po-
trebbero determinare, con sufficiente approssimazione, gli sforzi nelle
singole parti colle stesse norme relative alle travature reticolari cari-
cate ai nodi, supponendo cioè che la trave sia interrotta ed articolata
a cerniera in corrispondenza dei contrafissi.
Se poi il carico non è soltanto concentrato ai nodi, ma applicato
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

anche in altri puliti della trave, gli sforzi nelle singole parti vengono
-determinati rigorosamente applicando i metodi basati sul teorema dei
lavori virtuali (Parte II). Si può anche procedere nel seguente modo
.alquanto più spiccio. Si osservi che la trave, per ciò che riguarda la
sua flessione, si compol'ta come una trave continua, in generale sem-
plicemente appoggiata alle estremità, ed inoltre appoggiata nei punti
intermedi forniti dai contrafissi. Questi punti potremo, per semplificare
la questione, supporli al medesimo livello degli appoggi estremi, il
.che potrebbe realmente ottenersi in pratica serrando opportunamente
i dadi che collegano i tiranti alle estremità della tra ve; e del resto
un piccolo cedimento degli appoggi intermedi favorisce notoriamente

<------- le ------.n -c,; -- ---'r


B
A~2P
) "____ ___ t I~
a IJ o D St
,

9 I
I
8
o25Q.
I
I
.2 I
~--------------~TI I
I
I
3 .. +
Fig. 18. "

la stabilità della trave. Ciò posto, colla teoria della trave continua
(con appoggi al medesimo livello) determiniamo le pressioni che il
carico applicato alla tr'ave, fuori dei nodi, produce sui punti d'ap-
poggio, ed allora sarà molto facile trovare, con un diagramma reci-
proco, gli sforzi longitudinali nelle singole parti della travatura, in
base ai quali vanno calcolati i tiranti ed i contrafissi. Riguardo alla
trave propriamente detta, bisognerà allo sforzo longitudinale, che è
di compressione, aggiungere la sollecitazione a flessione (del taglio
non sarà in generale il caso di preoccuparsi) j e in base a questa
. sollecitazione composta fare il calcolo della sezione.
Svilupperemo, come esempio, il caso speciale in cui la tra ve· sia
sollecitata da un carico Q uniformemente distribuito su tutta la sua
'lunghezza, supponendo, come è stato già detto, che gli appoggi forniti
dai contrafissi siano al medesimo livello degli appoggi estremi, ed
inoltre che la tra ve, alle estremità, sia semplicemente appoggiata.
a) Trave annata con un solo contrafisso (fig. 18 a ). - Le pressioni
-che la trave esercita sui tl'e appoggi A, C, B (C punto di mezzo di A B)
ELE~IENTI DELLE OOSTRUZIONI 33

sono rispettivamente (Parte H) 136 Q, ~~ Q, 136 Q; diviso pertanto


il segmento totale Q in tre parti che stiano fra loro come 3 : 10: 3,
si costruisca colle note regole (Parte I) il diagramma reciproco della
travatUl'a, come se essa fosse caricata ai nodi A, C, B dalle forze :6 Q,

~~ Q, 136 Q. Restano così determinati graficamente gli sforzi longitu-


dinali di compressione nella trave e nel contrafisso, e di tensione nei
tiranti.
Le espressioni analitiche di tali sforzi si deducono facilmente dalla
figura, e sono
lO
per il contrafisso -16 Q·
5 l
per il puntone 16 Q. 2f

per tiranti + 156 Q. V-l+----;-(; f r


La sezione della colonnetta, ricavata dal calcolo, considerandola
come solido caricato di punta, risulta in generale troppo piccola; per
ragioni pratiche conviene aumentarla alquanto.
La sezione della trave propriamente detta va calcolata in base alla
sollecitazione composta di pressione e flessione.
Ammesso che le distanze y', y" dall'asse di flessione delle fibre
rispettivamente più tese e più compresse per effetto soltanto del mo-
mento flettente, siano uguali, e che sia k' > k", si deve evidentemente
calcolare la sezione in base alla pressione unitaria massima, ponendo
cioè - a" = k", e questa ha luogo nella sezione sopra il contrafisso,
sezione puicolosa, nella quale il momento flettente raggiunge il valore
massimo assoluto - M= ~2 Q l; cosicchè l'equazione di stabilità,
detto N lo sforzo di compressione, sarà

(20) _ a" = k" =-.!


F
+ My"
J
=~ (5 + 1I~)
32F f p2'

Che se y' è diversa da y", come pure se k' k", devesi calcolare <
la trave anche in base alla tensione unitaria massima, la quale, se-
condo i casi, avrà luogo o in corl'ispondenza del contrafisso, o nella
3
sezione a distanza X o ==
16 l da un estremo della tra ve, nella quale
sezione si verifica il momento massimo analitico (Parte II).
GUIDI, Scienza deUe c08t,·uziolli. Parte III,_ 5- ed. 3
34 ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

b) Trave armata da due contrafissi (fig. 18b). - Supposto A Cl =


= Cl C = C B =
2 2 ~ l, le pressioni che il carico totale uniformemente
ripartito Q esercita sui quattro appoggi, ritenuti di livello, valgono
rispettivamente (Parte II):
41111 4
30 Q, 30 Q , 30 Q, 30 Q;
~i ha quindi il diagramma degli sforzi longitudinali disegnato nella
rig. 18b, dalla quale deduconsi anche facilmente le seguenti espres-
SiOm analitiche

per i contrafissi llQ


30
11 l
per il puntone 30 Q 3f

per l'1 tirante


. .
onzzonta le + 11 Q 3lf
30

per i tiranti obliqui +!~ Q V +(;f1 r


Se y' =
y" e k' > k", come generalmente si verifica nelle appli-
cazioni, la sezione pericolosa del puntone cade in corrispondenza dei
contt'afissi, ove si ha

quindi l'equazione di stabilità è

(21) k" _ Ql (11


-- 90F f
+ y~)
p2'

§ 5. - Colonne .- Sostegni (1).

19. - Ai pilastri e colonne in mut'atura ed ai sostegni in legname


~i sostituiscono già da molto tempo in varie costruzioni, con risparmio
di spazio ed in tal uni casi con maggior sicurezza i sostegni in ghisa
od in ferro. Una volta questi sostegni si facevano esclusivamente
in ghisa; ma, dopo i progressi fatti nella laminazione dei ferri sago-

(i) Per i pilastri in beton armato, vedi Appendice al C01'80, intitolata: Le C08t1'U-
zioni -in betoll n/"illato.
ELE~IENTI DELT,E COSTRUZIO~I 35

niati, si prefel'isce attualmente in molti casi ad un sostegno in ghisa,


un sostegno in ferro, generalmente composto con più ferri laminati,
inchiodati insieme. In favore di quello sta la facilità di dargli una
forma artistica e quelle forme speciali richieste dal caso, come pure
una maggior resistenza in caso d'incendio, mentre stanno in favore
di un sostegno in ferro la maggior leggerezza, e sopratutto una
maggior sicurezza, come si è già detto al n. 2, parlando delle travi
di ghisa.
Concludiamo adunque che, quando le ragioni di estetica non s'im-
pongano, sarà in molti casi da preferirsi un sostegno di ferro ad uno
di ghisa, ed in ogni caso, quando si debba impiegare quest'ultimo,
si porrà tanto maggior cura che lo sforzo sia diretto esattamente
secondo l'asse geometrico del solido. Talvolta, quando questa condi-
zione, per ragioni speciali. non poteva essere garantita, si adottò una
colonna girevole alle estremità, in modo che il suo asse si dispo-
nesse in ogni caso (prescindendo dalla resistenza d'attrito che si
sviluppa nelle articolazioni) secondo la linea d'azione dello sforzo.

20. Colonne e sostegni di ghisa. - Anticamente, specie in


Inghilterra, furono impiegate di frequente le cosiddette colonne alate,
i""""""'I

a) c) d)
.,- - ----- ------7'

~
>:~/:
, ,~, ,
:. :> i

(. ..- - - -- - - - -
'<' . ~
- - .......1

Fig. 19.

la cui sezione trasversale ha la forma di una croce. Esse presentano,


rispetto alle colonne cilindriche cave, il vantaggio che la superficie
36 ELE~IENTI DELLE COSTRUZIONI

rimane tutta all'esterno, e quindi è possibile di riscontrare i difetti


di fusione, e di riparare completamente il metallo dall'ossidazione
mediante una buona verniciatura; per contro però l'aspetto antieste-
tico di queste colonne è una delle gravi ragioni per cui esse vengono
ora raramente impiegate. Ci limiteremo pertanto a parlare delle
colonne cilindriche, e precisamente di quelle cave, esponendo le norme
costruttive cui devono soddisfare le parti componenti la colonna, cioè
la base, il fusto ed il capitello, affinchè essa, dal punto di vista
statico, l'i,;ponda allo scopo per cui è costruita.
La base, ovvero il piedestallo, il quale comunemente è anch'esso
di ghisa, deve ripartire bene la pressione sul masso di fondazione,
il che avviene generalmente per mezzo· di una larga piastra, rin-
forzata da costole che la collegano alla base (fig. 19 a , b). Altre volte
la piastra d'appoggio è fusa separatamente (fig. 19 c, a).
La piastra e le costole devono avere almeno le dimensioni richieste
dai calcoli stati ci. Anzitutto l'ampiezza della piastra resta determinata
in base alla pressione unitaria ammissibile per la fondazione. Lo
spessore della piastra fra costola e costola dev'essere almeno tale
che considerandone una striscia verso il perimetro, dove cioè la di-
stanza fra le costole è massima, questa striscia riguardata come
incastrata agli estremi, in corrispondenza delle costole, e caricata
uniformemente della reazione del masso di fondazione, sia stabile
alla flessione, assumendo come carico di sicUl'ezza 250 kg./cm 2 " ' . Se
però da questo calcolo risultasse uno spessore inferiore a cm. 2, si
adotterà tale spessore, da riguardarsi come un minimo per ragioni
costruttive. Lo sforzo da cui è cimentata una costola, per effetto
della reazione del masso di fondazione contro la piastra, è facilmente
determinabile in ogni caso speciale, prendendo in esame quella por-
zione di piastra che dalla detta costola resta rinforzata. In base a.
tale pressione risultante si determina in seguito lo spessore e l'al-
tezza della costola, considerandola come un solido incastrato ad un
estremo e del resto libero.
Quando la colonna è poco caricata ed il carico può agire con urti
e vibrazioni, è conveniente che la base sia incastrata nel masso di
fondazione, o, meglio, sia ad esso ancorata con bulloni.
Fra la piastra e la muratura di fondazione è conveniente inter-
porre un sottile strato di cemento allo scopo di ripartire uniforme-
mente la pressione.
Il fusto della colonna deve avere il suo asse geometrico perfetta-
mente rettilineo; molte volte, per estetica, il fusto viene rastremato
nella metà superiore, bisogna però non eccedere in questa pratica;
ELEllENTI DELLE COSTRUZIONI 37

la sezione in sommità non deve in nessun caso rIUSCIre inferiore a


quella l'ichiesta dalla pressÌune semplice.
Il capitello dev' essere così fog-
giato da fornire un buon ap-
poggio alle travi od archi in
muratura che la colonna. deve
sostenere i esso termina general-
mente con una piastra a cui, o
è solidale, od è solidamente con-
nesso, occorrendo, con costole di
rinforzo, Come regola generale, è
conveniente che il carico agisca Fig. 20.
m o l t o prossimamente all' asse
della colonna, e sono quindi da evitarsi le mensole troppo sporgenti,
le quali, ancorchè simmetriche rispetto al-
l'asse suddetto, possono dar luogo a rile-
vanti eccentricità di sforzo.
Riguardo alla piastra ed alle costole del
capitello, possono ripetersi considerazioni
stati che analoghe a quelle precedentemente
indicate per il piedestallo.
Quando la colonna non deve prolungarsi
al disopra della costruzione che essa sor-
regge, è facile in ogni caso impostare cen-
tralmente il carico su di essa; così, ad
esempio. se deve la colonna sostenere delle
travi, queste si fanno appoggiare diretta-
mente sulla piastra del capitello (fig. 20a):
se la colonna deve sorreggere degli archi
in muratura, si può sovrapporre al suo ca·
pitello un pulvino di ghisa, come quello
rappresentato dalla fig. 20b, contro cui im·
postano gli archi suddetti.
Una qualche difficoltà s'incontra invece
per centrare bene il carico quando la co-
lonna deve prolungarsi o quando su di essa
debba insisterne un'altra, come si verifica,
Fig. 21. per es., quando i solai di diversi piani di una
casa sono portati da colonne sovrapposte. La
fig. 21 mostra una disposizione conveniente quando contro la colonna
debbano impostare archi in muratura. Quando invece si· tratti di appog-
38 ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI

giare delle travi, si può risolvere la questione collegando il capitello


della colonna sotto stante colla base della colonna superiore, per mezzo
di una scatola di ghisa, entro cui si fa passare la trave; la scatola
si lascia aperta al disotto per facilitare la
posa, la quale viene eseguita mettendo
prima a posto la trave e poi sovrappo-
nendo la scatola. Per altt'o, l'unione fra
due colonne per mezzo di tali scatole non
riesce mai perfetta, ed, a causa di una dis-
uguale trasmissione del carico dalla colonna
superiore all'inferiore, può qualche parte
della scatola cedere alla pressione; per tale
motivo è molto preferibile la disposizione
rappresentata nella fig. 22, secondo la quale
la base della colonna. superiore imbocca
nel capitello di quella sottostante, tras-
mettendole direttamente il carico.
Le colonne di dimensioni comuni ven-
gono fuse in un sol pezzo; quelle invece
di eccezionale lunghezza si fondono in ge-
nerale in più parti; in tal caso è da curare
che l'unione avvenga in posti dove la fles-
sione laterale sia impedita da collegamenti
trasversali di travi, od altro. Molte volte,
specialmente nelle colonne di grandi di-
mensioni, gli ornati del capitello e della
base vengono fusi separatamente e poi ri-
portati sulla colonna; con ciò si può essere
più sicul'i che la colonna propriamente detta
non presenti difetti di fusione.
Le colonne fuse in piedi sono più resi-
stenti di quelle fuse coricate. N elle prime
il metallo risulta più compatto, e può con-
seguirsi la regolarità della forma.
Fig. 22. Nelle colonne che possono andar soggette
a forze orizzontali od a pressioni eccen-
triche si può eliminare la sollecitazione a flessione provvedendo,
come già fu accennato, sì il capitello che la base, di articolazioni
a cerniera, le quali obbligano il fusto della colonna a reagire se-
condo il suo asse geometrico, se si prescinde dalla resistenza di
attrito che si sviluppa nelle dette articolazioni. La fig. 23, pago 39,
ELEMENTI DELLE COSTRUZIONI 39

rappresenta i particolari di una simile disposizione, adottata in un


cavalcavia costruito a Berlino (1).
Quando sia il caso di proteggere le colonne dall'azione del fuoco,
si possono rivestire di una camicia formata con intonaco tenuto a

il
Il
IIII
l''
ii ~ ~il

Fig. 23.

posto da una tela metallica, la quale viene fissata con viti al fusto
della colonna, che in tal caso porta dalla fusione appositi risalti: è
utile di lasciare un certo spazio fra l'intonaco e la colonna.
Molte volte, specialmente nei capannoni, si utilizza la cavità delle
colonne pel' farIe servire da condotti di scolo delle acque piovane,
il che riesce molto comodo; però, se questa pratica non può trovare
alcuna obbiezione in una costruzione di carattere provvisorio, non do-

(I) Cfr. Zeilschrift filI' Bauwesen, XXI[.


40 ELEME~TI DELLE COSTRUZIONI

vrebbe essere seguìta nei fabbricati di indole duratura, per i pericoli


che presenta di ossidazione e di congelamento nei paesi di clima rigido.
Alcuni consigliano di riempire con malta le colonne cave, dopo
averle messe a sito, con che, senza considerevole spesa, se ne aumenta
la resistenza, e si preserva la parete interna dall'os-
sidaziolle quando la malta sia alcalina; la malta deve
contenere il minimo possibile d'acqua, ed essere ben
battuta.
Sostegni. - Oltre alle colonne, di cui si è ora par-
lato, trovano frequente impiego nelle costruzioni civili
sostegni in ghisa di altra forma, per sorreggere mul'i

per grandi mostre di


llegozÌ, ecc. Questi so-
D_a' I
là dove occorre praticare gl'andi aperture, ad esempio,

stegni, presentano, se-


.condo i casi, forme di-
vel'se; i più semplici
hanno una serione a
o doppio T (fig, 24), a
parete traforata per di-
e)
minuirne il peso; per
sostegni molto cari-
cati conviene rinfor-
zare la parete con una
costola ortogonale, o
adottare al tre forme,
Fig. 25.
come quelle indicate
in sezione dalla fig, 25 a ,b,c, le quali si prestano bene
anche ad una decorazione architettonica, come ac-
coppiamento di due pilastri, o di una colonna con
un pilastro.
Per facilitare la fusione e la montatura, talvolta
si fondono separatamente il capitello e la base, che
Fig. 24. si connettono poi col fusto per mezzo di sporgenze a
forma di perno, le quali vengono dalla fusione stessa.
Alcune volte il sostegno viene formato con due colonne avvici-
nate e collegate fra loro; è utile, in tal caso, che le due colonne
abbiano in comune il capitello ed il piedestallo, il quale deve pre-
sentare una base abbastanza ampia da assiéurare un buon appoggio
sul masso di fondazione.
Questi sostegni, siano essi semplici o binati, devono in generale
ELEllENTI DELLE COSTRUZIONI 41

presentare una larghezza uguale aJ]o spessore del muro da sostenere,


ed un notevole momento d'inerzia rispetto all'asse baricentrico pa-
rallelo all'asse del muro, per opporsi ad uno strapiombo di quest'ul-
timo o verso l'E.sterno o verso l'interno, al quale scopo e da porre
anche la massima cura per ottenere un buon collegamento del so-
stegno colla fondazione.

.J
-,r Lr----_=;
..JL

r J=---~[ +
21. Co~onne e sostegni di ferro. - Come
quelli di ghisa, anche i sostegni in ferro pos-
sono distinguersi in colonne ed in sostegni
composti da impiegarsi a sorregger muri, ecc.
Colonne. - Il fusto può essere formato
con un tubo, iI capitello e la base sono di
ghisa; bisogna porre la massima cura che
l'uno e l'altra trasmettano direttamente ed
uniformemente la pressione su tutta la se-
zione del tubo. Più spesso però si forma
il fusto delle colonne per mezzo di ferri
sagomati inchiodati insieme, come appare
dai sopra indicati schizzi di sezioni.
Quando la colonna deve presentare poca
larghezza in una direzione, si presta bene
la penultima sezione, la quale per stabili-
menti industriali è molto adatta per l'at-
tacco delle trasmissioni, ecc. ~:@ o; '0 o: :0 .,:~

Per colonne poco caricate possono anche ~4,..yY/'/////~///////kY/-'i'/./..4


essere impiegati con vantaggio i ferri a
croce (ultima sezione).
e ,
Sostegni. - Collegando insieme più travi .... ~r"
"r'"
semplici si formano molto facilmente i so- @ @
stegni multipli, destinati a sorreggere muri .... ~ ...... ...~

nei quali vengano praticate grandi aperture, " ,~


" ~ ~ ~
"
come ne mostra un esempio la fig. 26 (Cfr.
Gottgetreu, l. c.). Fig. 26.
42 ELEMENTI DELLE COSTUUZIONI

Per ragioni di estetica questi sostegni di ferro sì semplici che mul-


tipli vengono talvolta rivestiti di un involucro di muratura o di
legno, a cui si danno le forme volute. L'involucro di muratura può
raggiungere anche lo scopo di proteggere il sostegno in caso d'in-
-cendio.

22. Calcolo statico. - I sostegni o colonne di cui si è parlato


.ai numeri precedenti vanno calcolati colle formole relative ai lunghi
prismi compressi secondo o parallelamente all'asse (Parte II). A stretto
rigore il primo di questi due casi di sollecitazione si presenterà ra-
ramente nella pratica. Così, ad esempio, le colonne che servono di
.appoggio alle travi di uno o più solai trovansi sollecitate da pressioni,
le quali, se il carico non è distribuito simmetricamente intorno alla
-colonna, danno luogo a risultanti eccentriche. In tali casi, dopo aver
calcolato il sostegno in base alla pressione massima centrale, come
solido caricato di punta, sarà conveniente fare l'ipotesi di carico più
sfavorevole rispetto all'eccentricità dello sforzo, e verificare la sta-
bilità del sostegno colle formole relative ai solidi compressi paral-
lelamente al loro asse.
Bisogna poi naturalmente tener conto anche delle possibili azioni
orizzontali che il sostegno può ricevere in sommità, come succede
nei sostegni delle tettoie, i quali possono andar soggetti a notevoli
spinte orizzontali in seguito alla pressione del vento; come pure
bisogna tener calcolo dei possibili momenti di flessione che si possono
generare in sommità del sostegno, quando le travi che esso sopporta
siano rigidamente attaccate.
Per il calcolo dei sostegni caricati secondo l'asse si farà uso delle
formole di Eulero, o di quella di Rankine. Riguardo alle condizioni
di posa, volendo calcolare con eccesso di prudenza, si pokà conside-
rare il sostegno come girevole alle estremità, assumendo cioè come
lunghezza libera II di flessione (Parte II) tutta l'altezza l del sostegno;
ma quando siasi più o meno validamente provvisto aU'inamovibilità
delle sezioni estreme, si potrà, secondo i easi, ritenere II = 0,75l od
.al più II = 0,80 l.
SOLAI 43

CAPITOI.O IL

SOL1I

23. Generalità. - A seconda della loro costruzione si hanno


solai in legno, solai in ferro, solai misti (in legno e ferro) e solai in
beton armato (1).
Queste costruzioni vanno soggette al peso proprio, esattamente va-
lutabile caso per caso, ed al carico accidentale che, per semplicità,
viene generalmente riguardato come un carico statico uniformemente
distribuito su tutto il pavimento, variabile d'intensità a seconda della
destinazione dell'ambiente. Così, mentre per solai ordinari di camere
d'abitazione è sufficiente calcolare in base ad un sopraccarico di circa
kg. 200 per m2 , questo, per una grande sala da ballo o da riunioni.
va portato a kg. 350 o 400, e dev' essere ancora aumentato per solai
di stabilimenti industriali destinati a sostenere macchine, ecc., come
pure per magazzini dove vengano depositate _derrate o merci pe-
santi, ecc.
In realtà, il carico accidentale agisce il più delle volte dinamiea-
mente; ma, a questo riguardo, si è già indicato nella Parte II di
questo Corso come bisogna regolarsi. Quanto al supporre il carico
accidentale esteso su tutto il pavimento, è questa, nella maggior parte
dei casi, la condizione più sfavorevole per l'ossatura del solaio; ma
non mancheranno casi speciali in cui converrà tener conto esattamente
di carichi accidentali concentrati, come pure di carichi parzialmente
ripartiti.
Tutto il carico, peso proprio e carico accidentale, viene portato dalle
travi che costituiscono l'ossatura del solaio; sul calcolo delle dimen-
sioni da assegnare alla loro sezione trasversale non occorre far qui
dell'altra teoria: si tratta di tra vi in diverse condizioni di carieo e
di posa, per le quali sono da applicarsi i metodi di calcolo per le
travi inflesse già visti nella Parte II; per le ricerche speciali che
fosse il caso di eseguire per determinare le condizioni di carico pill
sfavorevoli rimandiamo alla Parte IV. Ci limiteremo quindi in questo
capitolo ad accennare brevemente alle particolarità costruttive proprie
dei vari sistemi.

(I) Di questi ultimi solai si tratta nell' Appendice al Corso, intitolata: Le costru-
zioni iII beton ar1ll(lIo.
SOLAI

I solai, nel medesimo tempo che servono di separazione, in senso


verticale, fra gli ambienti dei diversi piani, giovano anche a contra-
stare i muri perimetrali contro uno strapiombo, il quale scopo viene
raggiunto efficacemente quando le travi principali del solaio, travi
maestre, vengano agli appoggi opportunamente ancorate.
I solai, oltre a presentare il voluto grado di stabilità, devono ge-
neralmente possedere anche la dote dell'impermeabilità, e devono
trasmettere male i rumori.

24. Solai in legno. - Il tipo più semplice di solaio in legno


viene formato con una serie di travi celli , posti ad una distanza, da
asse ad asse, che, secondo i casi, varia
comunemente dai 30 ai 50 cm. j su di
essi viene poi costruito un assito con
tavole connesse a mezzo legno, o, meglio,
a scanalatura e linguetta (fig. 27 a). Le
connessure delle tavole vengono tal-
volta coperte al disotto fra travi celIo e
travi celIo con listelli.
Questo tipo semplicissimo di solaio
in legno non è però. nè impermeabile
nè sordo ai rumori; si rimedia a tali
inconvenienti stendendo sull'assito uno
strato di calcinaccio, e costruendovi
sopra un pianellato, con che si ottiene
il solaio rappresentato dalla fig. 27b.
Quando poi non vogliansi lasciare in
vista i tt'avicelli al disotto, si inchio-
dano contro le faccie inferiori dei me-
desimi dei listellini ovvero delle stuoie
che servono di sostegno ad uno strato
di malta col quale viene portato in
piano il soffitto; si ha allora il solaio
rappresentato dalla fig. 27 c, che pos-
siamo chiamare completo, in quanto
che in esso possono distinguersi le tre
Fig. 27. parti: il pavimento, l'ossatura ed il
soffitto.
Quando l'altezza dei travicelli sia considerevole, colla disposizione
rappt'esentata dalla fig. 27 c, lo spessore com plessivo del solaio di-
viene troppo rilevante j si può ovviare a tale inconveniente adottando
SOLAI 45

il tipo rappresentato dalla fig. 27d. In esso lo strato impermeabile


viene frapposto ai tra vicelli ed è sorretto da listellini inchiodati sulle
faccie laterali dei medesimi.
Con panconi posti di coltello (fig. 27 e) si possono co~truire solai
di grande portata j bisogna però in tal caso premunirsi bene contro
il pericolo di un rovesciamento dei panconi, il che si fa generalmente
sbadacchiandoli con puntelli a croce di S. Andrea.

25. - Quando i tl'3.vicelli di cui si può disporre non presentano


lunghezza o sezione sufficiente per costruire soltanto con essi l'ossa-
tura del solaio, conviene dividere la portata in più campi, e fornire
ai travicelli, oltre agli appoggi estremi dei muri perimetrali, altri
appoggi intermedi per mezzo di grosse travi poste in direzione tras-
versale, dette travi maestre. Se i ·travicelli non corrono continui in
corrispondenza della tra ve maestra, possono essere posati su di essa
in prosecuzione uno dell'altro, con che essi appoggiano su di una
lunghezza eguale, al massimo, alla metà della larghezza della tl'ave
maestra, ovvero vengono sfalsati, cioè avvicinati di fianco, nel qual
caso si può farli appoggiare per tutta la larghezza della trave maestra.
Quando quest'ultima sia piccola, la seconda disposizione è natural-
mente preferibile.
Nei solai con travi maestre, i quali debbano essere spianati al
disotto con soffitti a stuoie. conviene lasciar fuori, al disotto del sof-
fitto, le travi maestre, per non perdere troppo spazio. Ciò costituisce
un difetto di questi solai, sebbene dalla sporgenza suddetta si possa
ricavare un motivo di decorazione, dividendo il soffitto in scomparti,
che possono ridursi simmetrici facendo ricorrere anche lungo i muri
perimetrali un analogo risalto.

26. - Quando i solai vadano soggetti a forti vibrazioni, come suc-


cede in quelli destinati per sale da ballo, ed al disotto si voglia un
soffitto decorato con stucchi, ecc., è consigliabile di rendere il soffitto
affatto indipendente dal solaio, affinchè non venga danneggiato dalle
oscillazioni suddette} e questo si ottiene aggiungendo un secondo or-
dine di travi, indipendente da quello del solaio propriamente detto,
ad esclusivo sostegno del soffitto.

27. -- Le travi maestre ed i travicelli ricevono appoggio nei muri


di perimetro, dove vengono comunemente incastrati nella muratura
per una profondità, quelle di 25 a 30 cm., e questi di 15 a 20 cm.,
a meno che i detti mmi non offL'ano sufficiente spessore o resistenza,
46 SOLAI

sia per essere soltanto muri divisori, sia per essere indeboliti da
aperture, o traforate da canne di camino, nei quali casi si provvede
come verrà detto in appresso.
Per altro, l'immersione delle teste delle travi nella muratura è
frequentemente causa potentissima della loro putrefazione; bisogna.
quindi cautelarsi nel miglior modo
contro tale pericolo, sia coll'affu-
micare le teste suddette, o collo
spalmarle ripetutamente di catrame
bollente, ovvero col rivestirle di
corteccia di sughero o di altra so-
stanza, o finalmente, meglio che con
ogni altro ripiego, lasciando circo-
lare liberamente l'aria tutt'attorno
ad esse, come è indicato dalla fig. 28 Fig. 28.
per una trave maestra. L'aria pe-
netra dall'esterno per mezzo di un canale, la cui bocca è munita di
una piastrina metallica a piccoli fori. Si deve inoltre aver cura che
le travi maestre appoggino sulla muratura
coll'intermezzo o di un ceppo di legno duro
ben secco, ovvero di una pietra resistente e
ben squadrata, che ripartisca su di una suf-
ficiente area di muratura la pressione eserci-
tata dalla trave.
La stessa fig. 28 rappresenta un modo di
ancorare la tra ve al muro, il che è utile sia
Fig. 29. per aumentare la reSlS. t enza deIl a t rave, ch e
per procurare un collegamento ai muri perimetrali.
Quando, per un motivo qualunque, non si possano o .non si vogliano
incastrare i travicelli nella muratura, si dispone (fig. 29) in adiacenza
del muro un con'ente, sorretto da staffe in ferro o meglio da mensole
di pietra o di mattoni, sul quale si fanno appoggiare, con un piccolo
incastro, i tl'avicelli. Tale disposizione elimina il pericolo della pu-
ti'efazione delle teste dei tra vicelli.

28. - La fig. 30 rappresenta una delle strutture speciali che


assumono i solai in legno in adiacenza di un camino. Il primo tra-
vice Ilo viene interrotto nel tratto che sta innanzi al camino, e le due
parti laterali a, travicelli zoppi, vengono sorrette da traverse o ca-
valli c, i quali ad una estremità s'incastrano nel muro, di fianco al
camino, ed all'altra estremità sono connessi con una robusta trave e
SOLAI 47

detta di fasciatura, la quale viene incastrata ed ancorata nei muri peri-


metrali. La trave di fasciatUl'a ed i cavalli sostengono, nello spazi()
adiacente al camino, un'orditura in bacchette di ferro, sulla quale viene
costruito, in quel tratto,
un solaio completamente
i n c o m bus t i b i l e. Le
unioni dei travicelli zop-
pi coi cavalli e di questi
colla trave di fasciatura
devono evidentemente
essere eseguite con la Fig. 30.
massima cura, a regola
d'arte, affinchè non siano sede di grave indebolimento; vengono nn-
forzate con fasciature in ferro o provviste di scatole in ghisa.
Stl'Utture simili a quella ora descritta sono da adottarsi anche
quando si debbano praticare attraverso un solaio delle aperture o per
scopo di illuminazione, o per passaggio di scala, ecc.

29. - I limiti imposti a questo Corso c'impediscono di fermard


a parlare dei vari sistemi di pavimenti, sia a palchetti in legno, che
a pianelle o battuti, ecc.; similmente non possiamo trattare della co-
struzione speciale di soffitti, nè delle bellissime decorazioni che pos-
sono ricavarsi dai soffitti in legno, pUl' lasciando in vista le diverse
travi del solaio.

30. - Riguardo ai calcoli di stabilità, come si è già detto al n. 23~


non è il caso di far qui della nuova teoria, essendosi, nella Parte II,
già fatta la teoria delle travi inflesse in varie condizioni di carico e
di posa. Noteremo soltanto, riguardo alle condizioni di posa, che anche
quando le travi di un solaio in legno siano incastrate nei muri alle·
estremità, sarà prudente considerarle come semplicemente appoggiate,.
o tutt'al più, se l'incastro è efficace, si potrà fare l'ipotesi del cosid-
detto semincastro, e prendere per momento massimo i 4/5 di quello
relativo alla trave appoggiata. R.iguardo al carico, osserveremo che
desso generalmente sarà da riguardarsi come uniformemente distri-
buito; non mancheranno però dei casi speciali, nei quali si debba
tener conto anche di carichi concentrati; un esempio lo fornisce 1'01'-
di tura speciale rappresentata dalla fig. 30.

31. Solai misti. - Sono così chiamati quei solai, la cui ossatura
è parte in fert·o e parte in legno. La fig. 31a ne rappresenta il tipo
48 SOLAI

più comune: le travi sono in ferro laminato, a doppio T, e restano


impedite di rovesciarsi da costoloni di legno, messi in ti'averso, ad
uso sbadacchi. Questi devono essere piazzati colla massima cura, in
modo che l'anima delle singole travi sia mantenuta esattamente ver-
ticale. I costoloni di legno sormontano di alquanto le travi di ferro,
e servono anche a portare, superiormente il palchetto, ed, inferior-
mente, il soffitto, nel modo che è chiaramente rappresentato dalla
figura. È opportuno, per la costruzione del palchetto, di sovrapporre

f: tS

Fig. 31.

alla tavola superiore delle travi in ferro un listello in legno. Nei vani
compresi fra le travi di ferro ed i costoloni di legno, al disopra del
soffitto, che, come vedesi, è portato da correntini di legno inchiodati
ai costoloni, è conveniente gettare della malta magra, per assicurare
!'impermeabilità del solaio, e, nello stesso tempo, per contrastare fra
loro i diversi costoloni, al quale scopo lo strato di malta si fa più
alto in adiacenza dei medesimi.

32. Solai in ferro. - Sono quelli la cui ossatura è completa-


mente in ferro ed il riempimento in muratura. La fig. 3h rappre-
senta una delle migliori orditure per questo genere di solai. Le travi
sono a doppio T, situate ad una distanza che varia, in generale, da
metri 0,75 a metri 1, e vengono mantenute in posto, perfettamente
verticali, da una serie di bulloni, a distanza di circa 1 metro, lavo-
rati a vite alle estremità, e fissati con quattro dadi. Su questi bulloni
si accavalcano le estremità, inginocchiate e ripiegate ad uncino, di
una serie di ferretti quadri disposti parallelamente alle travi, distanti
fra loro circa metri 0,20, destinati a sostenere uno strato di malta,
che serve, al tempo stesso, di strato impermeabile e di soffitto. Il
palchetto è fissato su travicelli di legno che appoggiano direttamente
sulle travi di· ferro.
SOLAI 49

Anche più semplicemente si può costruire il riempimento, e contra-


stare nello stesso tempo, fra di loro, nel modo più efficace, le travi
di ferro, gettando fra di esse delle voltine, a monta molto depressa,
fabbricate con mattoni pieni o forati, posti di coltello o di testa. Questo
sistema è applicabile per interassi svariatissimi, a cominciare dai più
piccoli, metri 0,70 circa, fino ad arrivare ad interassi di circa metri 3.
Quanto maggiore è l'interasse, tanto più seriamente bisogna premu-
niI'si contro le spinte esercitate dalle voltine, elidendole con opportuni
tiranti. Questo tipo di solaio ba preso gran voga negli ultimi tempi.
e, per poter più facilmente portare in piano il soffitto e diminuire
lo spessore del solaio, si costruiscono ora, limitando opportunamente
l'interasse delle travi, più che voltine, delle piattabande con mattoni
forati di forma speciale chiamati pignatte o volterrane. La fig. 32
ne mostra dei buoni esempi. Le pignatte della fig. 32a provengono
dalle fOl'llaci Muller di Ivry; il cuneo centrale viene soppresso per
intel'assi inferiori a metri 0,80. La fig. 32b rappresenta uno dei tipi,
quello per l'interasse di metri 0,90, di una serie di volti ne, che ven-
gono fabbricate presentemente in più fornaci nazionali; i tipi diffe-
riscono di poco fra loro per forma o pet' numero di pignatte; ser-
vono per interassi da metri 0,70 a metri 1,50. Una innovazione della
massima importanza
sta nei mattoni spe-
ciali che servono di
imposta alle voltine,
chiamati copriferri, i
quali ricoprono com-
pletamente la tayola
inferiore del dop-
pio T, con che è eli-
minato il d u p l i c e
gravissimo inconve-
niente degli ordinari Fig. 32.
solai in ferro, e cioè delle maccbie di ossidazione e del distacco del-
l'intonaco del soffitto in corrispondenza delle faccie inferiori delle
travi; oltre di che viene meglio protetta la trave dall'azione del fuoco
in caso d'incendio.
Quando il carico accidentale venga trasmesso direttamente alle travi,
come è indicato dalla fig. 31 b, le voltine, di cui sopra si è parlato, pos-
sono con risparmio essere rimpiazzate da ta'fellolli forati leggerissimi.
Accade talvolta che alcuna delle travi di orditura di un solaio sia
maggiol'mente caricata delle altre, come ad esempio una trave che
GUlDr, Scienza delle costruzioni. PRrte III, 5" ed. 4
50 SOLAI

debba portare un muro divisorio: si provvede in tal caso adottando una


trave composta, preferibilmente ottenuta dall'aggruppamento di due, e,
se occorre, anche di tre travi del tipo adottato per il solaio (n. 17).

33. - Quando l'ampiezza del solaio, nel senso in cui vanno disposte
le travi, oltrepassa un certo limite, circa metri 6, non conviene più
superarla COIl semplici travi laminate, tanto più che, ad evitare un ec-
cessi vo spessore nel solaio, non possono impiegarsi le travi laminate di
notevole altezza. Conviene in tal caso suddividere la portata in più cam-
pate di :3 o 4 metri, per mezzo di tmvi maestre, sulle quali appoggiano,
o meglio, sono inchiodate le travi secondarie o travetti. Le travi maestre
possono essere costituite da travi laminate di grande resistenza, °
da travi composte, ottenute sia dall'aggruppamento di più travi lami-
nate, ovvero dalla chiodatura corrente di ferri piatti e ferri sagomati,
con che si hanno le travi composte a par'ete piena, o finalmente pos-
sono essere trari reticolari od a ,qraticcio, come si è già detto al n. 17.
La fig. 33 a rappresenta l'attacco dei travetti ad una tI'ave maestra
costituita da una trave semplice laminata. Finchè l'altezza della trave
maestra lo permette, la disposizione indicata da q uesta figura, secondo
la quale i travetti appoggiano sulle ali inferiori della trave maestra,
è la più conveniente. N 011 è opportuno tenere la trave maestra tlltta
al disotto dei travetti, perchè resterebbe scollegata e correrebbe
rischio di una flessione
deviata, oltre di che
sporgerebbe dal soffitto
per tutta la sua altezza.
L'attacco poi ad altf'zza
intermedia, che in qual-
che caso, del resto, sarà
necessariamente riclde-
sto dali' altezza della
tra ve maestra, porta an-
cora con sè l'inconve-
niente della sporgenza
di quest'ultima dal sof-
fitto, ed inoltre è men
Fig. 33. buono, perchè i travetti
restano sospesi, a mOllo
che, per evitare tale inconveniente, si inchiodino appositamente delle
sqlladrette alla trave maestra, al disotto dei travetti (fig. 33 d.
Nella fig. 33b è rappresentata una trave maestra formata con due
SOLAI 51

travi gemelle, collegate da bulloni a quattro dadi; lo spazio fra esse


compreso è riempito di muratura; i travetti appoggiano al disopra.
Quando non sia di grave inconveniente la notevole sporgenza della
tra ve maestra dal soffitto, questa disposizione presenta molti van-
taggi: le due travi gemelle restano intimamente collegate fra loro,
in modo da entrare in azione in eguale misura, anche per carichi
dissimmetrici; è eliminato qualsiasi pericolo di flessione deviata; i
travetti trovano al disopra della trave maestra un ampio appoggio.
La fig. 33 c finalmente rappresenta una trave maestra composta tu-
bulare, di grande resistenza, alla quale vengono inchiodati, per mezzo
di squadre, i travetti, ad altezza intermedia. In corrispondenza di tali
attacchi la trave tubulare è internamente rinforzata da un ferro a
doppio T; i travetti, oltre essere inchiodati alle squadre verticali,
appoggiano anche su di altre squadre orizzontali inchiodate alla trave
tubulare. Un altro modo di raggiungere lo stesso scopo è di adottare,
nella formazione della trave maestra,
dei ferri a [ (fig. 33a).
Quando una ti'ave maestra è molto
lunga od anche eccessivamente caricata,
conviene appoggiarla ancora in uno o
più punti intermedi, il che si fa con pi-
lastri o colonne
in muratul'a, od
in ghisa, od in
ferro. Di queste
u11ime fu già
trattato al Capi-
tolo I, § 5; dei
sostegni in ffiU-
ratura non oc-
corre qui parlare
in m o do spe-
ciale. Per altro,
a questo partito
dei sostegni in-
termedi, quando
essi riescano di
Fig. 34. ingombro, si ri-
correrà soltanto
dopo aver tentato tutte le forme possibili
di travi maestre di grande resistenza. Fig. 35.
52 SOLAI

34. -- Gli appoggi delle travi di un solaio in ferro sui muri pe-
rimetrali devono essere oggetto di speciale cura. Anzitutto bisogna
assicurarsi che il muro in corrispondenza dell' appoggio in questione
presenti sufficiente resistenza, e questo singolarmente va detto per
gli appoggi delle travi maestre, le quali possono trasmettere delle
pressioni, in tal uni casi, rilevantissime. Le travi devono penetrare
nel muro almeno di tanto che la pressione unitaria massima sulla
muratura non oltrepassi l'ordinario carico di sicurezza (da 6 a lO kg.
per cm 2 , per muratura di mattoni); e questa pressione unitaria mas-
sima, ammessa la legge di ripartizione lineare, con valore nullo al-
l'estremità della trave (non volendo fare affidamento sull'incastro),
avrà luogo in corrispondenza del ciglio del muro e sarà doppia della
pressione unitaria media. Questa ricerca venne già eseguita nella
Parte II sì nel caso dell'appoggio semplice che in quello dell'incastro.
Quando la pressione trasmessa dalla trave è considerevole, con-
viene ripartirla su di una superficie più ampia di quella offerta dalla
tavola inferiore della trave stessa; ciò si ottiene interponendo fra
la muratura e la tl'ave un concio in pietra ben squadrato, ovvero
una piastra di ghisa, od anche l'uno e l'altra. In tali casi si può
assicurare una ripartizione abbastanza uniforme della pressione sulla
muratura limitando l'appoggio della ti-ave soltanto ad una porzione
centmle della piastra, ovvero della pietra (fig. 35).
I solai in ferro si prestano ottimamente al concatenamento dei
muri perimetl'ali; ciò si ottiene ancorando le travi, come è indicato
chiaramente dalla fig. 34 per una trave semplice, e dalla fig. 35 per
una trave composta tubulare.

35. - Anche per i calcoli stati ci delle travi dei solai in ferro
rimandiamo senz'altro alla Parte II, non che alla Parte IV, qualora
fosse il caso di eseguire una ricerca speciale sulle condizioni più
sfavorevoli di carico. Avvertiamo anche qui, come già fu detto per
i solai in legno, che sarà prudente non fare alcun affidamento sul-
l'incastro delle travi nel muro, salvo qualche rara eccezione per travi
maestre, quando si ansi prese, al riguardo, delle disposizioni efficaci.
Soltanto quando la trave penetri nel muro per una notevole profon-
dità, e si trovi stretta fra due piastre metalliche, una al disotto,
l'altra al disopra, le quali, alla 101' volta, appoggino contro conci di
pietra di rilevante resistenza, e superiormente insista ancora un rag-
guardevole peso, si potrà ammettere l'ipotesi del semincastro (n. 30).
Così pure sarà pl'Udente, nel calcolo dei travetti, di riguardarli come
semplicemente appoggiati agli estremi, anche quando questi siano
attaccati con chiodature alle travi maestre.
INCAVALLATURE 53

La condizione di carico più comune sarà quella di un carico uni-


formemente ripartito, ma non mancheranno casi in cui debbasi tener
conto anche di carichi concentrati o di carichi parzialmente ripartiti.
Alle travi maestre, che vengano sostenute in punti intermedi da so-
stegni isolati, sarà da applicarsi la teoria della trave continua.

CAPITOljO III.
INCAVALLATURE

§ 1. - Generalità - Forze esterne.


36. Generalità. - Chiamansi incavallature o cavalletti o capriate
quelle travature reticolari disposte in piani verticali, destinate a so-
stenere le coperture; se ne costruiscono in legno, in ferro e miste
(legno e ferro) ed anche in beton armato (1). N elle coperture più
comuni, su pianta rettangolare, queste travature giacciono in piani

Fig. 36.

paralleli, e la loro distanza può variare, secondo i materiali ed il


tipo di copertura, entro limiti molto vasti; come distanze usuali pos-
sono riguardarsi quelle comprese dai 3 ai 5 met.ri. N ella fig. 36 è
rappre~entata un'incavallatura mista.

(i) Delle incavallature in beton armato si tratta nell'Appendice: Le costruzioni


in beton armato.
54 INCAVALLATURE

Il carico viene trasmesso alle incavallature da travi, in legno od


in ferro, disposte normalmente alla pendenza del tetto, cioè orizzon-
talmente, chiamate arcar'ecci o tel'zere, la cui distanza, variabilissima,
dipende dalla natura più o meno resistente della sovrapposta piccola
orditura, la quale sostiene direttamente il materiale di coperta. La
piccola orditura, sovrapposta agli arcarecci, viene eseguita in vari
modi, secondo la natura del materiale di coperta, e secondo la diversa
destinazione degli ambienti coperti; in tal uni casi può mancare com-
pletamente, come, ad esempio, quando si forma il tetto con fogli di
lamiera ondulata portati direttamente dagli arcarecci. Nella copertura
rappresentata dalla fig. 36. sopra gli arcarecci, ad una dist;1nza da
asse ad asse di m. 0,35, sono inchiodati dei travicelli o correnti,
disposti secondo la pendenza del tetto, sui quali viene costruito un
pianellato od anche un tavolato. e su questo viene disposto il mate-
riale di coperta, costituito, nel caso della figura. da tegole maritate,
emb1'ici e canali. Altre volte il materiale da coperta viene fissato a
piccoli lisfelli o 1'egoletti) disposti orizzontalmente sopra i correnti,
come si usa fare comunemente quando vengono impiegate le tegole
piane. Senza diffonderci nella descrizione dei vari tipi di copertura,
il che ci porterebbe fuori dei limiti assegnati a questo Corso, ci basta
per il nostro scopo, che è quello dello tltudio statico delle incaval-
lature, di a\'erne qui dato soltanto un'idea.
Per il calcolo statico distingueremo le incavallature in due grandi
categorie, secondo il modo col quale il carico viene ad esse trasmesso
dagli arcarecci, e cioè in incavallature caricate ai nodi, quando gli
arcarecci si tro\'ano in corrispondenza dei nodi del contorno supe-
riore della tl'avatura, ed in incavallature caricate anche fuori d,ei nodi,
come ne mostra un esempio la fig. 36.

37. Forze esterne. - Il problema di cui dobbiamo occuparci


in questo capitolo consiste nella determinazione delle tensioni cui
vanno soggette le singole parti di un'incavallatura, per passare poi a
determinarne le dimensioni; a questo scopo ci occorre. innanzi tutto,
far l'analisi delle forze esterne che possono su di esse agire. Queste
consistono: a) nel peso proprio della copertura; b) nel carico acciden-
tale, che può essere prodotto: lo dalla presenza di qualche operaio
intento ad eseguire riparazioni, a sgombrare la neve, ecc.; 2° dalla
neve; 3° dalla pressione del vento; c) nelle reazioni degli appoggi.
a) Peso proprio. - Il peso proprio della copertura è dovuto al
peso del materiale di coperta, della piccola ol'ditura, degli arcarecci
e delle incavallature. Una volta stabilito qual materiale di coperta
INCAVALLATURE 55

vuoI si adottare, resta fissata anche la piccola orditura, e si conosce


allora faeilmente il peso dell'una e dell'altra; per essi rimandiamo
ai"manuali. Il peso esatto degli arcarecci si dedurrà dopo averne cal-
colate le dimensioni nel modo che verrà spiegato al paragrafo se-
guente. Rimane finalmente il peso proprio dell'incavallatura, nel quale
va compreso anche il peso di quei collegamenti secondari che vanno
sotto nome di controventi, e questo non può essere stimato che ap-
prossimativamente, riferendosi a qualche opera già costruita in con-
dizioni analoghe, ovvero facendo uso di qualche regola empirica,
come, ad esempio, le seguenti: Si computano, per l'incavallatura e
controventi, tanti kg. per m 2 di proiezione orizzontale quanti metri
conta la portata dell'incavallatma, od anche 1 3 del prodotto della
distanza fra le incavallature per la loro portata, espresse in metri.
È poi da notarsi, riguardo a quest'ultima parte del peso proprio, che
essa è, in generale, abbastanza piccola rispetto alle altre insieme,
talchè un piccolo errore commesso in questo apprezzamento preven-
tivo non può portare gravi conseguenze.
b) Carico accidentale. - Del carico prodotto da qualche operaio
situato sul tetto è da tenersi conto nel progettare la piccola orditura
ed il materiale di coperta; ma non è il caso di prenderlo in consi-
derazione per il calcolo degli arcarecci e delle incavallature.
Neve. - Il carico prodotto dalla neve è variabilissimo non solo da
paese a paese, ma anche in uno stesso luogo, sia per la diversa al-
tezza dello strato, che per la qualità della neve; ed infatti il suo
peso specifico varia entro limiti vastissimi secondo che essa è asciutta,
oVVero cade frammista a pioggia. Varia poi anche notevolmente il
detto peso specifico col tempo decorso dalla caduta, per il fenomeno
della fusione alla superficie superiore e della ricongel9.zione negli
strati inferiori. Bisogna quindi, in ogni caso speciale, regolarsi secondo
il clima della località, ove deve costruirsi la copertura, tenendo
conto, riguardo all'altezza dello strato da prendere per bùse dei cal-
coli, dei regolamenti locali, che fossero in vigore per lo sgombero
della neve dai tetti, e supponendo un peso unitario di circa kg. 200
per mS . Da misure fatte eseguire dal Municipio di Torino dopo una
abbondante nevicata mista a pioggia, avvenuta nel febbraio del 1888
in questa città, risultò per uno strato di cm. 40 un peso unitario di
kg. 383 per m3 • Dal che si può dedurre, tenuto pur conto dell'ecce-
zionalità del caso, che nei calcoli di stabilità non è certamente esa-
gerato supporre per la città di Torino un carico di neve da kg. 80
a 100 per m 2 di proiezione orizzontale. In generale, detto y il peso
dell'unità di volume della neve ed h l'altezza massima dello strato
56 INCAVALLATURE

che può trovarsi sul tetto, il prodotto yh dà il carico di neve per m~


di proiezione orizzontale, e, se a è l'inclinazione delle falde del tetto,
yh cos a rappresenta il carico della neve per m 2 di superficie di tetto.
Naturalmente, di questo carico accidentale non si tiene conto nel
calcolo di quelle coperture, che, per la loro forte pendenza, non per-
mettono alla neve di fermarvisi.
Pressione del vento. - La sollecitazione prodotta dal vento nelle
coperture, durante violenti uragani, è in realtà dinamica e variabile
da un istante all'altro; soltanto per semplificare i calcoli si sosti-
tuisce con una pressione uniforme e costante. La pressione P che il
vento d'intensità costante esercita contro una superficie piana uni-
taria, 1 m 2 , normale alla direzione in cui esso spira, è proporzionale
al quadrato della sua velocità v, e, se questa viene espressa in metri
al minuto secondo, si ha:
p = mv 2 = ~ 0,125 v 2 kg. m ••
La pressione P', che lo stesso vento esercita contro una superficie
piana unitaria formante l'angolo 1/J con la sua direzione, è normale
ad essa, e viene teoricamente espressa in egual modo in funzione
della velocità normale v sen 1/J, cioè
(22) P' = m (v sen 1/J)2 = P sen 2 1/J .
Da taluni VIene adottata la seguente altra formola
(23) P' = P sen 1/J .
Nei calcoli statici delle coperture si ammette, per contemplare il
caso più sfavorevole, che il vento spiri con un'inclinazione di 10° all'oriz·
zontale, cosicchè, detta ancora a l'inclinazione della falda del tetto al-
l'orizzontale, sarà 1/J = a +
10° l'angolo che la falda del tetto fa colla
direzione in cui spira il vento. Si riguarda inoltre la superficie del tetto
come una superficie liscia, cioè si trascura la resistenza offerta dalle
sue scabrosità alla velocità tangenziale del vento. La pressione unitaria
esercitata dal vento contro una falda di tetto si ritiene adunque nor-
male ad essa e valutabile colla (22), nella quale si porrà a +10° in
luogo di 1/J. Quanto poi al valore di P, questo, durante i più violenti
uragani, può arrivare fino a kg. 250 per m2 ; s'intende da sè che
questo valore numerico potrà essere modificato secondo la posizione
più o meno riparata dai venti in cui deve costruirsi la copertura. Per
le inclinazioni ordinarie, adottate nei nostri climi, e calcolando in base
a P = 250, si ottiene P' = kg. 80 "" per m2 di superficie di tetto.
Quando la falda del tetto non è piana, conviene, per ottenere la
INCAVALLATURE 57

pressione esercitata dal vento contro i diversi punti della capriata,


scomporre l'intiera falda investita in tante faI de parziali, da consi-
derarsi come piane, aventi diversa inclinazione. Le pressioni parziali
del vento contro queste singole falde elementari possono ottenersi
graficamente colla seguente semplicissima
costru;>:ione. Rappresenti il segmento a b q,~ ,
(fig. 37) in grandezza e direzione la pres- ,, • ____
~ IO "''-.. _....._____ i't
I

I e \:'i' ,/",
sione unitaria P, ovvero, qualora tutte le \ " ct.'l :.,../" /
\\ / /~ ,','
falde parziali abbiano eguale area F, la ", I -" ,/
' . . v· ",/
pressione P F. Sopra a b si descriva un se- c', .
-"'-- --- -
micerchio, da b si conducano le parallele Fig. 37.
alle varie falde ad intersecare la semicir-
conferenza nei punti c, e da questi si calino le normali sul diametro j
i segmenti ad, come è facile
dimostrare, rappresentano
le pressioni richieste [am-
messa la (22)].
c) RPazioni degli ap-
poggi. - A completare il
sistema delle forze esterne
applicate ad un'inca valla-
tura, dobbiamo occuparci
della determinazione delle
reazioni degli appoggi.
A questo scopo conviene
distinguere le incavallature,
secondo il loro modo di agire
sui piedritti, in incavalla-
ture non spin,qenti ed in in-
cm;allature spingenti. Costi-
tuiscono la prima categoria
le incavallature semplice-
mente appoggiate, per le
qnali, quando siano cari-
cate soltanto vprticalmente,
Fig. 38. sono anche verticali le rea-
zioni d'appoggio. Quando
però l'incavallatura è cimentata dalla pressione del vento, le rea-
zioni, per l'equilibrio, non possono più essere ambedue verticali; se
la spinta del vento è così forte da superare la resistenza d'attrito
che possono sviluppare gli app oggi, uno di essi deve essere reso fisso.
58 INCAVALLATURE

Nei nostri calcoli supporremo costantemente fisso un appoggio e lo


riguarderemo come un collegamento a cerniera senza attrito; riter-
remo poi che l'altro appoggio sia provvisto di carrello con rulli (fig. 38.),
talchè la sua reazione, se si prescinde dalla piccola resistenza d'at-
trito sviluppata dal cal're110, sarà costantemente verticale, mentre
l'altra avrà la direzione richiesta dall' equilibrio del sistema. Tale
ipotesi, riguardo alle linee delle l'eazioni degli appoggi, è abbastanza
conforme al vero per le incavallature metalliche di notevole portata,
nelle quali, per eliminare gli sforzi addizionali che in esse verrebbero
generati da variazioni di temperatura, e lo. spinta che, per la stessa
causa, esse produrrebbero contro i piedritti, si fa scorrevole uno
degli appoggi j noi però l'ammetteremo anche per tutte le altre, cioè
per quelle metalliche di piccola portata e per quelle in legno o miste,
per lo. ragione che questa ipotesi ha il grande vantaggio di rendere
staticamente determinate le reazioni, e d'altronde gli sforzi che de-
durremo per le .singole parti dell'incavallatura, partendo da tale ipo-
tesi, saranno un poco superiori al vero, con che ci poniamo in con-
dizioni favorevoli alla stabilità.
Appartengono alla seconda categoria le incavallature impostate a
cerniera (fig. 38 b,d), ovvero rigi-
damente fissate od incastrate alle
estremità (fig. 38c).
Le reazioni d'appoggio di tali
incavallature, eccezione fatta per
quelle (fig. 38 à ) che oltre ad avere
le imposte a cerniera hanno un'aUra
snodatura (in generale al vertice:
travature a tre cerniere), sono stati-
camente indeterminate: per lo. loro
determinazione servono le teorie
svolte nella Parte II per i sistemi
elastici iperstatici,
Riguardo a quelle semincavalla-
ture che servono a sostegno delle
pensiline, le reazioni d'appoggio pos-
sono essere staticamente determi-
Fig. 39.
nate, come nell'esempio della fi-
gura 39 a , ovvero staticamente indeterminate, come nei casi rappre-
sentati dalle fig. 39b e 39 c, pelO i quali la ricerca delle reazioni si
farà coi metodi esposti nella Parte II,
INCAVALLATURE 59

§ 2. - Calcolo degli arcarecci.

38. - Gli arcarecci o terzere, come già si è accennato, sono travi


disposte orizzontalmente, cioè in direzione normale alla pendenza del
tetto: esse trasmettono alle incavallature il carico e sopraccarico
della copertura, e servono il più delle volte anche da organi di col-
legamento.

Fig. 40.

La distanza cui vanno posti gli arcarecci varia moltissimo, secondo


la natura della copertura ed il tipo d'incavallatura; si fanno di legno
o di ferro; nel primo caso presentano sezione quadrata o rettango-
lare j nel secondo possono essere travi semplici laminate con profili
diversi (ad L, a [, a Z, a doppio T), od anche travi composte o reti-
colari, quando sopportino sollecitazioni molto rilevanti. In qualche
raro caso gli arcarecci a doppio T o a [ vengono disposti vertical-
mente (fig. 40 a ), mentre il più delle volte essi vengono disposti nor-
malmente alle falde del tetto (fig. 40 b ).
Benchè raramente adottato in pratica, è opportuno che l'attacco
degli arcarecc:i sia tale da lasciarne libera la dilatazione termica, evi-
tando così deformazioni e relativi sforzi secondari. Si può raggiun-
gere tale scopo ovalizzando i fori nei quali penetrano i bulloni che
collegano gli arcarecci alle squadre d'attacco. In tal caso però non
si può fare a meno) evidentemente, dei controventi (no 54).
Una disposizione molto razionale, adottata in taluni casi, consiste
nel pl'ovvedel'e gli al'carecci di articolazioni in determinati punti, in
modo che essi si comportino come travi continue con cerniere o travi
Gerber. Volendo adottare tale disposizione, si abbinano le incavalla-
ture, collegando con controventi (no 54) i puntoni dell'nesima con quelli
dell'(n+ I)esima, i puntoni della(n+ 2)esima con quelli della (n +3)esima...
Sulle incavallature binate, le quali formano già da se stesse un si-
stema abbastanza indeformabile, si dispongono gli arcarecéÌ protraen-
doli a sbalzo per un certo tratto. Alle estremità di questi sbalzi ven-
60 INOAVALl.ATURE

gono collegati con unione a bulloni con fori ovalizzati, o meglio con
unico perno da 4 ad 8 cm. di diametro, i rimanenti tronchi di arcareccio.

39. - Nell'eseguire il calcolo statico di una copertura, il calcolo


dell'arcareccio va, con ragione, premesso a quello dell'incavallatura,
per poterne conoscere il peso esatto. L'arcareccio viene considerato,
di norma, come una trave semplicemente appoggiata alle estremità,
anche quando esso sia inchiodato alle incavallature; e ciò perchè, a
causa delle possibili deformazioni delle incavallature, non si può fidarsi
che quegli attacchi funzionino da incastri. L'arcareccio è sollecitato
da un carico uniformemente distribuito, risultante del suo peso proprio,
del peso della parte di tetto da esso sostenuta, e del carico della
neve e della pressione del vento che su di esso si scaricano. Il piano
di sollecitazione, ricordando che la pressione del vento agisce normal-
mente alla falda battuta, risulta in ogni caso alquanto obliquo, e non
contiene, meno casi eccezionalissimi, nè l'uno nè l'altro degli assi prin-
cipali centFali d'inerzia della sezione, talchè l'arcareccio trova si cimen-
tato a flessione det,iata (V. Parte II). L'equazione generale di stabilità.

(24) k-~
-W
viene nella massima parte dei casi, come già si è detto nella Parte II,
opportunamente sostituita dall'altra
~

(25) k = M cos rp t+ M sen rp ~~ ,

nella quale J", e J y rappresentano i momenti


d'inerzia della sezione rispetto agli assi princi-
pali centrali x, y (fig. 41) ed x', y' sono le coor-
dinate del punto della sezione maggiormente
cimentato, cioè più lontano dall'asse neutro. Di
questo punto, per molti tipi di sezione si può
~ prevedere la posizione, senza tracciare esatta-
mente l'asse neutro, come avviene ad esempio
Fig. 41. per la sezione rettangolare, per quella a doppio T,
per quplla a [, ecc., ricordando soltanto che
l'asse neutro ha la direzione coniugata dell'asse di sollecitazione ri-
spetto all'ellisse centrale d'inerzia. Inoltre rp è l'angolo che l'asse di
sollecitazione s fa coll'asse y ed M = 8l Ql è il momento flettente
INOAVALLATURE 61

massimo sopportato dall'arcareccio, Il cat'ico totale Q insistente sul-


l'arcareccio, agente secondo la s, risultante del carico totale verti-
cale e dalla pressione del vento, può essere decomposto nei due Ql
e Qs agenti rispettivamente secondo y e secondo x, ed allora la (25)
può scriversi

(25)'

Le coordinate x' ed y' coincidono, per molti tipi di sezione, come


quelli sopra indicati, colle distanze massime del contorno rispettiva-
mente dagli assi y ed x; in tali casi si ha:

J;
y
= W rn = modulo di resistenza rispetto all'asse x,
Jy _ _
- , -W y - y,
x " "
i quali moduli, nei manuali di recente data, trovansi generalmente
già calcolati per i tipi di sezione più in uso, ed allora la (25)' può
mettersi sotto la forma molto comoda

(26) k = l (Ql
8 ,Wrn
+ Jk)
Wy
,
Se trattasi di fare il calcolo diretto della sezione, piuttosto che
un calcolo di verifica, si proceda come è stato già indicato nella
Parte II, e cioè si risolva la (26) rispetto a Wrnponendo:rn = /-l, con
y
che si avrà

e poi per mezzo di una tabella dei W relativi ai vari numeri del
tipo di ferro che si tratta di calcolare si desuma un primo valore
approssimato di /-l e si ricavi un primo valore di W m' In base a questo
si dedurrà un secondo valore più approssimato di /-l e quindi un se-
condo valore di Wm a cui corrisponderà, con approssimazione in ge-
nerale sufficiente, la sezione cercata. Per i profili normali tedeschi
a I ed. a [ si può assumere come primo valore di /-l rispettivamente
9 e 7.
Per le sezioni mancanti di assi di simmetria, come ad es. la sezione
62 INCAVALLATURE

ad angolo e l'altra a Z, si ricordi la costruzione grafica semplicis-


sima degli assi e dei momenti principali d'inerzia indicata nella Parte I,
e riprodotta nella fig. 42. Trovati così gli assi dell' ellisse centrale
d'inerzia, si sa (V. Parte I) traccjare
l'asse neutro n coniugato di s, senza
neppur disegnare l'ellisse, ed allora
resta determinato il punto più cimen-
tato, e sono note le sue coordinate x', y'
da introdursi nella (25)'.
Per la sezione quadrata di lato b
,,
(arcareccio di legno), osservando che
Wx = Wy = -~- b3 , la (26) fornisce

,I
,I

Se si volesse adottare una sezione


omotetica ad una data, di cui fossero
Fig. 42. "
gla t" t .. J'x J'y .
110 l I ermml~, , - , , SI osservI
Yl Xl
che, dette h ed h' due dimensioni omologhe delle due sezioni, quella
da calcolarsi e quella nota, si avrebbe

, 1
h3 : h3 = - -,---- 1 ~---~- ,
Y
Ql-J
x
+Q2~J
' y

ossia per la (26):

(27)

dalla quale resterebbe determinato il rapporto di omotetia delle due


sezioni.
Per arcarecci di legno di sezione quadrata, per la quale l'asse
neutro risulta sempre normale all'asse di sollecitazione, il calcolo del
lato b può anche essere fatto nel seguente altro modo: Disegnato
un quadrato di lato 1 (fig. 43) orientato come dev'essere la sezione
dell'arcareccio, e tracciati l'asse di sollecitazione s e l'asse neutro n.
si misuri sul disegno la distanza massima Y' 11 dopo di che si ha, in
INCA V ALLA TURE 68

grazia dell'omotetia, indicando con Jl1( = 1~ 14 ) il momento d'inerzia


di questa sezione unitaria rispetto all'asse n,

da cui

(28)

Fig. 43.

§ 3. - Incavallature non spingenti caricate ai nodi.


40. - Le incavallatm'e sono in generale travature reticolari del
tipo triangolare; i collegamenti delle varie aste sono talvolta a cer-
niera, talvolta rigidi. In questo paragrafo vogliamo esaminare il caso
in cui tanto il peso proprio della costruzione (computandovi appros-
simativamente anche il peso proprio dell'incavallatura) quanto il ca-
rico accidentale siano concentrati ai nodi del contorno superiore,
El vogliamo supporre, coll' approssimazione comunemente accettata
nella pratica, che tutte le unioni delle aste siano a cerniera senza
attrito. In tali condizioni, le singole aste della travatura (Parte I)
restano cimentate soltanto da sforzi assiali, o di tensione o di pres-
sione. Questi in realtà sono i così detti sforzi principali (Cfr. Parte I
e Parte IV), ai quali vanno in ogni caso accompagnati degli sforzi
secondari prodotti da cause diverse, quali principalmente: l'attrito nei
collegamenti a cerniera, la rigidità dei nodi eseguiti con chiodature,
l'eccentricità degli attacchi, ecc. Nello studio delle incavallature si
omette, in generale, la ricerca degli sforzi secondari; bisogna però,
colla massima cura, eliminare quelle delle cause che non sono neces-
sarie, come l'eccentricità degli attacchi, facendo sì che gli assi geo-
meb-ici delle varie aste concorrano esattamente nei rispettivi nodi.
Per detm'minare i valori massimi degli sforzi principali, conviene
innanzi tutto indagare quali siano le condizioni di carico più sfa-
vorevoli per ciò che riguarda la neve ed il vento.
41. Condizioni di carico più sfavorevoli. - Considerando da prima
l'azione della neve, che rappresenta un carico verticale, e prendendo di
mira un'incavallatura della forma più generale (Tav. I, fig. a, pago 71),
tosto si riconosce, applicando il metodo di Ritter per la determina-
64 INCAVALLATURE

zione degli sforzi nelle aste (Parte I), che un carico concentrato, ap-
plicato a qualsiasi nodo, produce in un'asta qualunque O del contorno
superiore uno sforzo di compressione, ed in un'asta qualunque U del
contorno inferiore uno sforzo di tensione. Dal che si conclude che
per ottenere lo sforzo numericamente massimo in tutte le aste di
contorno, conviene supporre il carico della neve esteso su tutta la
copertura. Riguardo allo aste di pal'ete vi ha luogo a distinguere i
seguenti casi: Se il polo dell'asta cade fuori della zona compresa fra
le verticali degli appoggi, lo sforzo prodotto nell' asta è di diversa
natura, secondo che il nodo caricato trova si alla destra, ovvero alla
sinistra della sezione di Ritter; se cade dentro quella zona, l'asta
trovasi cimentata ad uno sforzo sempre della stessa natura, qualunque
sia il nodo caricato; che se finalmente il polo dell' asta cade sopra
una delle verticali degli appoggi, i carichi sopra i nodi giacenti da
una parte della sezione di Ritter sono senza influenza. Dal che si de-
duce che per tutte le aste di parete aventi il polo nella zona com-
presa fra le vet,ticali degli appoggi, ovvero saprà una di queste ul-
time, alla condizione del sopraccarico completo cOtTisponde ancora
lo sforzo numericamente massimo; ciò ha luogo per le incavallature
a falde piane comunemente adottate nella pratica. delle quali si farà
qui una rapida rassegna.
Passando ora ad esaminare l'azione del vento, poichè esso agisce
normalmente alla superficie del tetto, e, nel caso che per ora con-
templiamo di coperture a due falde, si suppone spirare normalmente
all'asse longitudinale della copertura ed inclinato di 10° all'orizzon-
tale, così non viene investita che una sola delle due falde della co-
pertura, o quella dalla parte dell'appoggio fisso dell'incavallatura che
si studia, o l' oppost.a. In generale bisognerà fare la ricerca degli
sfol'zi prodotti nelle aste dalla pressione del vento sì nell' una che
nell' altm delle due ipotesi sopra indicate, come verrà spiegato in
appresso; ma. per le incavallature a falde piane, comunemente im-
piegate nella pratica, e per le inclinazioni adottate nei nostri climi,
basta generalmente con"idet'are la prima ipotesi.

42. Incavallature a falde piane. - Le figure 44 e 45 rappre-


sentano gli schemi più comuni d' incavallatme in legno, in ferro e
miste, a falde piane, appoggiate alle estremità. La fig. 44a rappre-
senta lo schema dell'inr.avallaiura semplice od a triangolo: le due aste
inclinate (compt'esse) diconsi puntoni, e l'asta orizzontale (tesa) chia~
masi catena; da quest'incavallatura si deduce l'altra, rappresentata
dalla fig. 4i b, nella quale la catena orizzontale viene sostituita da
. -, , "

INOAVALLATURE
. .... . .. '

'due tiranti alquanto inclinati, tenuti in posto da un teI~.:- iì~~n\e:,.


-che scende dal vertice dell'incavallatura. Questi due tipi semplicis-
simi vengono adottati per piccole portate; per portate maggiori
I.lonviene fornire ai puntoni (i quali, contrariamente a quanto viene
. supposto nella teoria, sono generalmente di un sol pezzo) altri punti
d'appoggio. Coi tipi rappresentati
dalle fig. 44 c_' viene procurato a
ciascun puntone un altro appoggio,
generalmente nel punto medio, per
mezzo di un contrafisso o saetta. Il
tipo fig. 44c è conosciuto sotto il
-nome di incavallatura tedesca; essa
consta di due puntoni, due contra-
fissi e tre tiranti; gli schemi figure
44 d ,e ne sono casi particolari. La
fig. 44, rappresenta l'incavallatura
francese o Polonceau; essa consta
essenzialmente di due travi armate
ad un solo contrafisso, inclinate
secondo la pendenza del tetto, ri-
legate da un tirante orizzontale o
catena, che elide la spinta contro
i piedritti. I due tiranti che si col- e)
legano ai piedi dei puntoni e la
cat.ena possono trovarsi per diritto,
o. come si usa più comunemente,
può quest'ultima essere alquanto
rialzata, con che i primi risultano Fig. 44.
obliqui. Questo rialzamento contri-
buisce all'eleganza della travatura ed aumenta lo spazio libero al
disotto di essa, per contro restano aumentati gli sforzi nei puntoni
e nei tiranti; è bene quindi non eccedere in tale pratica.
Aumentando ancora la lunghezza dei puntoni, si passa ad altri tipi,
nei quali, con maggior numero eli contrafissi, si procurano più appoggi
intermedi ai detti puntoni. I tipi rappresentati dalle figure 45 a -c deri-
vano dalla Polonceau e possono chiamarsi incavallature Polonceau com-
poste, a differenza di quella rappresentata dalla fig. 44, che viene detta
talvolta Polonceau semplice. Un tipo molto razionale e che, variando
opportunamente il numero delle aste di parete, si presta per portate
svariatissime, è quello rappresentato dalla figura 45 d ; esso va sotto
il nome di incavnllatura inglese. Nella figura 45 e abbiamo finalmente
GUIDI, Scienza delle costruzioni. Parte III, 5- ed. 5
-sé:· .: INOAVALLATURE

:~~ltpp~~~~~td lo schema di una incavallatura che può adottarsi per


grandissime portate; è in sostanza un'incavallatura Polonceau sem-
plice, nella quale i puntoni, in luogo di essere travi semplici, sono
travi armate a tre con-
trafissi; di essa sià già
dato un diagramma re-
ciproco nella Parte I.
Quando si voglia con-
centrare il carico sui nodi
del contorno superiore
dell' incavallatura, come
supponiamo in questo pa-
ragrafo, è bene che questi
non siano troppo discosti;
sono quindi tanto più
consigliabili, in tal caso,
per p o rt a t e considere-
voli, le Polonceau com-
poste, ovvero la inglese.
Quelli passati ora in
rassegna sono gli schemi
più comuni d'incavalla-
ture a p p o g g i a t e agli
estremi; non mancano
però nella pratica altri
tipi speciali, come, ad
esempio, quello rappre-
sentato dalla fig.45r con-
veniente per una grande
portata, l'altro indicato
dalla fig. 45 g , adatto per
un piano caricatore, di
cui si è già dato nella
Parte I un diagramma
reciproco, e le incaval-
lature per i tetti a sega,
Fig. 45. o sheds.

43. - Nelle fig. 46 e 47 si sono costruiti i diagrammi reciproci,


rispettivamente per una Polonceau composta e per un'incavalIatura
inglese. Le due incavallature trovansi nelle medesime condizioni di
INCAVALLATURE 67

cadeo, di portata e d'inclinazione di tetto, onde ~ più facile istituire


dei confronti sui due tipi. La condizione di carico è unica, ed è la
più sfavorevole per tutte le aste. Sopra ogni nodo del contorno supe-
riore dell'incavallatura si concentt-a il carico verticale (dovuto al peso

Fig. 46.

proprio della costruzione ed al sopraccarico di neve) che corrisponde


ad una porzione rettangolare di tetto, che ha per lati la distanza fra
gli arcarecci e la distanza fra le incavallature, ad eccezione dei nodi
68 INCAVALLATURE

sugli appoggi, sui quali insiste un carico metà. Sopra ogni nodo della
falda sinistra si concentra inoltre la pressione del vento che agisce
contro la suddetta porzione di tetto, ad eccezione dei nodi estremi,
quello sull'appoggio sinistro e l'altro al vertice, sui quali la pressione

--- !
li · _ - _ · __ ·~·_-t--------_._---
I
f~~~3t

Fig_ 47.

del vento è metà. N elle figure le forze esterne applicate ai nodi della
falda sinistra rappresentano già le risultanti dei carichi verticali e
delle pressioni del ·vento. Sulla determinazione delle reazioni degli
INCAVALLATURE 69

appoggi e sulla costruzione del diagramma degli sforzi è superfluo


tornar qui a discorrere, essendosi già trattato l'argomento nella
Parte I.
La condizione di carico qui presa in esame è, come già si è detto,
la più sfavorevole per le incavallature comunemente impiegate nei
nostri climi; ma se si trattasse di tetti a forte pendenza e poco pe~
santi, potrebbe la pressione del vento spirante dalla parte dell'ap-
poggio scorrevole dell'incavallatura, priva di sopraccarico di neve,
invertire il senso degli sforzi in alcune aste, talchè si renderebbe
necessaria la ricerca degli sforzi anche per quest'altra condizione di
carICO.

44. Incavallatura a falce. - Nella Tav. I, pago 71, la fig. a


rappresenta lo schema di un'incavallatura in ferro, chiamata a falce,
la quale viene frequentemente impiegata per grandi tettoie. Gli sforzi
massimi nelle singole aste di questo tipo d'incavallature e di altri
simili, non vengono più dati, come si è accennato di sopra, da una
sola condizione di carico; per la loro ricerca conviene procedere nel
modo seguente.
Si costruisca (fig. b) un diagramma reciproco relativo al solo peso
proprio della costruzione (lo schema della travatura essendo simme-
trico, basta costruire metà del diagramma); esso dà gli sforzi prodotti
dal peso permanente in tutte le aste, non che, cambiando opportu-
namente la scala, gli sforzi massimi assoluti prodotti dalla neve nelle
aste di contorno, ed in quelle di parete, il cui polo cade fra o sulle
verticali degli appoggi (n. 41). Si costruiscano in seguito altri due
diagrammi reciproci (fig. c e d) relativi alla pressione del vento inve-
stente rispettivamente la falda sinistra, ovvero la falda destra. A
questo scopo si determinano prima di tutto le pressioni del vento
contro i diversi nodi di una falda dell'incavallatura colla costruzione
grafica (fig. e) già spiegata al n. 37; la pressione contro il nodo sul-
l'appoggio è metà di quella data dalla figura, perchè la superficie
battuta è metà. Queste pressioni, essendo il contorno superiore del-
l'incavallatura in scritto in un arco circolare, sono tutte dirette al
centro, e per tale punto passa quindi anche la risultante, la quale
resta determinata da un semplice poligono delle forze. Conoscendosi
la risultante delle pressioni del vento, si determinano, IleI modo noto,
le reazioni degli appoggi, e quindi si costruiscono senza difficoltà i
due diagrammi.
Si paRsi finalmente alla ricerca degli sforzi massimi e minimi pro-
dotti dalla neve nelle aste di parete, il cui polo cade fuori della zona
70 INOAVALLATURE

compresa fra le verticali degli appoggi, per esempio, nell'asta D5'


Immaginando sezionata la travatura in modo che, oltre alla diago-
nale D5, restino sezionate le aste 0 5 ed D 6 , e messo il centro dei
momenti nel punto di concorso degli assi di queste due ultime aste
(polo dell' asta D 5), tosto si riconosce (considerando l'equilibrio -della
porzione destra della travatura) che un carico qualunque alla sinistra
della sezione produce nell' asta D5 uno sforzo di tensione, e (conside-
rando l'equilibrio della porzione sinistra) che un carico qualunque alla
destra produce sforzo di compressione. Si avrà quindi max.D 5 (sforzo
massimo di tensione) quando siano caricati tutti i nodi alla sinistra,
min.D 5 (sforzo massimo di compressione) quando siano caricati tutti
i nodi alla destra della sezione. Per ottenere le grandezze di questi
sforzi basta decomporre secondo le 0 5, D 5, D6 rispettivamente la rea-
zione dell'appoggio destro, ovvero quella dell'appoggio sinistro, cor-
rispondenti alle sopra indicate condizioni di carico. Tali reazioni si
ottengono graficamente colla seguente semplicissima costruzione: col-
legati i carichi su tutti i nodi (ad eccezione dei carichi estremi, che
sono senza influenza) con un poligono funicolare p, relativo al polo P,
con una distanza polare eguale alla portata dell'incavallatura (nella
figura si è potuto limitare il poligono delle forze alla metà destra
della travatura, giacchè, questa essendo simmetrica, la metà sinistra
del poligono funicolare è simmetrica della metà destra), il lato del
poligono, che è compreso fra i due carichi applicati agli estremi del ..
l'asta del contorno superiore che viene sezionata, prolungato fino alle
verticali degli appoggi, vi determina sopra, insieme coi lati estremi,
due segmenti che sono appunto le reazi(mi richieste, com'è facile de-
dUl're dalle note proprietà del poligono funicolare. Per ottenere min.D 5
si è potuto decomporre direttamente la reazione dell'appoggio (il si-
nistro), misurata dal segmento intercetto sulla verticale dell'appoggio
destro, secondo D5 e la risultante di 0 5 ed D 6 , la quale, notoriamente,
ha per linea d'azione la congiungente il polo dell'asta D5 col punto
d'intersezione della D5 prolungata colla verticale dell'appoggio sinistro.
Ma per trovare max.D 5• poichè il punto d'intersezione di D5 colla
verticale dell'appoggio destro cade fuori dei limiti del disegno, si è
decomposta prima la reazione secondo la D6 e la risultante di D5 ed 0 5
e poi questa secondo le D5 ed 05'
Che il carico della neve sia limitato soltanto ad alcuni nodi del
contorno superiore dell'incavallatura, come si suppose nella precedente
ricerca, può realmente aver luogo, sia per parziali fusioni, sia durante
la manovra dello sgombero.
Dai tre diagrammi reciproci disegnati e dalla costruzione testè spie-
TAV. I. INCAVALLATURE 71

a)
I
• ,I
\ "'- .. - I
\
\
\

\
\
I
I I \
I I
1 I
I
\ I I
I

\, III I
I
I

\1.1 I
I

','
l'
-,.
72 INOAVALLATURE

gata deduciamo adunque gli sforzi prodotti nelle singole aste della
travatura dal peso permanente, dal vento investente una falda o
l'altra, e gli sforzi massimi e minimi prodotti dalla neve. Combinando
opportunamente fm loro per ogni asta questi diversi sforzi, si dedu-
cono facilmente gli sforzi totali massimi e minimi (algebrici) che pos-
sono verificarsi per ogni asta. La seguente tabella indica come deve
essere condotto questo calcolo numerico.

SFORZI PRODOTTI DA SFORZI TOTALI


~

ASTE
Carico VeDto a
perma- Neve Massimi Minimi
nente sinistra destra
t. t. t. t. t. t.
--~
------

Corrente superio,e) .~': : -14,4 -6,4 -5,0 +0,2 -14,2 -25,8

COITente infe,io,e )~': . +13,6 + 6,1 +4,4 - 3,0 +24,1 +10,6

.....
Aste di
p."te ('+"" +0,7
+0,2 -0,7 +1,5 -0,6 + 2,4 -1,1

Da questo quadro si rileva come per certe aste l'azione del peso
permanente combinata con quella di un carico parziale di neve e della
pressione del vento spirante da una determinata parte, può perfino
cambiare di natura lo sforzo che in quelle aste verrebbe generato da
un carico verticale completo, cioè esteso a tutta l'incavallatura. Di

(i) La somma algebrica degli sforzi, massimo e minimo, prodotti in una diago.
naIe dal carico della neve (corrispondenti a condizioni complementari di carico),
deve risultare eguale allo sforzo prodotto nella stessa diagonale dal peso proprio,
moltiplicato per il rapporto delle intensità dei due carichi, cioè:

D max.p + D min.p= Dg p.
g

Tale verifica non risulta tuttavia dalla tabella per la diagonale D5 , perchè gli
sforzi in essa registrati sono soltanto approssimati fino al quintale, com'è suffi-
ciente per la pratica.
INCAVALLATURE 73

qui l'importanza reale della ricerca rigorosa degli sforzi massimi e


minimi prodotti dalla neve e dal vento.

45. Calcolo delle sezioni. - Per il calcolo delle sezioni da at-


tribuire alle varie aste, rimandiamo alle regole esposte nella Parte II;
si tratta qui infatti o di solidi semplicemente tesi (i tiranti) o di so-
lidi caricati di punta (i puntoni). Comunemente si calcolano tali se-
zioni sol tanto in base allo sfarzo massimo assoluto; se però si vuoI
far uso delle equazioni di stabilità contenenti anche lo sforzo nume-
ricamente minimo (formole Launhardt-Weyrauch, ecc., Parte II), si
rende necessaria anche la ricerca degli sforzi minimi assoluti, come
è stata indicata per l'incavallatura a falce. In ogni caso poi si ram-
menti di tener conto nel calcolo delle aste tese dell' indebolimento
prodotto dalle chiodature d'attacco, e si tenga presente che uno sforzo
di compressione numericamente minore di uno sforzo di tensione può
essere più nocivo di questo, per la sua azione di punta.

§ 4. - Incavallature non spingenti,


caricate anche fuori dei nodi.

46. - Specialmente nelle incavallature a falde piane dei tipi


correntemente impiegati nella pratica è frequentissimo il caso in cui
il carico non venga soltanto concentrato sui nodi del contorno supe-
riore, come abbiamo supposto nel precedente paragrafo, ma-sia anche
applicato sui puntoni tra nodo e nodo, per mezzo di arcarecci inter-
medi. I puntoni trovansi, per tal fatto, cimentati, oltrechè a pressione,
anche a flessione e taglio, e nello stesso tempo variano anche gli
sforzi relativi alle altre aste. In queRto paragrafo vogliamo appunto
occuparci del calcolo di tali incavallature, cominciando a considerare
la più semplice.

47. Incavallatura semplice. - Per le inclinazioni di tetto adot-


tate nei nostri climi, la condizione di carico accidentale più sfavore-
vole è ancora quella del sopraccarico completo di neve e della pres-
sione del vento contro la falda dalla parte dell'appoggio fisso. Rap-
presenti la fig. 48 a lo schema dell'incavallatura, formata coi due puntoni
AC, BC e coi tre tiranti AD, BD, CD; il carico sia applicato lungo
i puntoni con legge, per ora, qualunque. Sia ab = Q (fig. 48 b) il ca-
rico totale (obliquo, perchè risultante del carico verticale e della
74 INOAVALLATURE.

pressione del vento) gravante sul puntone AC; be = Ql quello, ver-


ticale, insistente sul puntone BC. Determinate, nel modo già noto, le
reazioni d'appoggio ed e da, si decomponga tutto il carico Q in una
componente Q' normale al puntone, e nell'altra Q" diretta secondo
esso. Il carico nor-
male Q' produce sui
nodi A e C due pres-
sioni, il cui valore
viene dato dalla teoria
delle travi inflesse
(Parte II) e dipende
dalle condizioni ·di
posa. Riguardo a
queste ultime, sup-
posto che la capriata
sia semplicemente ap-
poggiata in A, anche
. il puntone sarà da
riguardar si come
semplicemente a p-
poggiato inA,mentre
al vertice C, secondo
i casi, sarà da consi-
derarsiocomesempli-
cemente appoggiato
Fig. 48. o come incastrato: in-
dichiamo in generale
con nl Q' la pressione in A, con n2 Q' quella in C. Analoga decom-
posizione operiamo sul carico dell'altro puntone.
Ciò fatto, si può passare alla costruzione grafica degli sforzi assiali
sollecitanti le singole aste dell'incavallatura. Cominciando dal nodo A,
si osservi che esso trovasi in equilibrio per effetto della reazione
totale d a dell'appoggio (fig. 48 c ), della tensione f d del tirante A D
e della pressione obliqua che vi esercita il puntone, la quale può
decomporsi nella normale = nlQ' e nell'assiale e f, che indicheremo
con No; quindi l'equilibrio del nodo è rappresentato dal poligono daefd
(fig. 48 b)' Passando in seguito al nodo D, si determinano le tensioni
riegli altri due tiranti. Per costruira il poligono d'equilibrio del nodo
al vertice dell'incavallatura, si osservi che la compressione assiale,
ivi esercitata dai puntoni, è minore di quella che essi producono
contro i nodi A e B, rispettivamente delle componenti Q" e Q" 1 j
INCAVALLATURE

si ha quindi il poligono di equilibrio gfhb'ig. Finalmente cdgkc rap-


presenta l'equilibrio del nodo B.
Dei due puntoni è più cimentato quello A C j esso trovasi solleci-
tato a pressione, flessione e taglio j quest'ultima sollecitazione è però
molto piccola rispetto alle altre due, cosicchè SI calcolerà la sezione
in base a quelle, e se ne verificherà
poi la Eltabilità rispetto all'ultima.
Supposto, per fare il caso più gene-
rale, che il puntone sia incastl-ato al
vertice, la sezione pericolosa cadrà
al vertice, ovvero in altro punto j
ciò dipende dall' inclinazione del
tetto. Fig. 49.
Quando il carico Q sia ripartito
llniformemente sul puntone, o, in via di approssimazione, si consideri
come tale, si ha, per una sezione qualunque a distanza x dal piede
del puntone (fig. 49):
Q" Q' ~
Nx = N o - -l- x, M", = nl Q' x - -l- -~ .

La tensione unitaria massima e la pressione unitaria massima nella


sezione al vertice sono rispettivamente espresse da

a' = ~ [- No + Q" + Q' l (nl - ~) :~] ,


- a" = ~ [No - Q" + Q' l (nl - +) ~'~] .
Per la sezione a distanza x dal piede del puntone si ha invece:

le quali 'assumono il massimo valore rispettivamente per

Q"
~ xo' =
2

(29)
nl l + Q' :'-,
x=
Q" (! ~
?Xo " = n1l- -Q'- -II •

, Y
76 INCAVALLATURE

Se y' = y" e k' > k" certamente l'equazione di stabilità saraun&;'


delle due seguenti:

(30)
~k"= i [No-Q"+Q'z(n 1 - ~) ~~],
~J"
k = F1 [No - -z
Q""Xo + Q' X"o ( nl- -21- y"] .
xo" ) Q2

Se si riguarda il puntone come semplicemente appoggiato al ver-


tice, si farà nelle formole precedenti n 1 = ~-; se si considera come

incastrato, si porrà nl = :. La fig. 50 rapppresenta il diagramma


di
q" in questo secondo caso.
A rigore, nel calcolo del puntone
si dovrebbe tener conto anche del mo'
mento flettente prodotto dallo sforzo
longitudinale N pel fatto che l' asse
li geometrico del 'solido in causa della
\ 1 flessione prodotta dal carico Q' s'in-
curva. Tuttavia, se questa flessione
rimane nei limiti ammissibili, è facile
{t convincersi col calcolo che l'incre-
· 50 .
F Ig. mento di sforzo proveniente dal mo-
mento suddetto è generalmente tra-
scurabile. Ciò è tanto più ammissibile per gli schemi d'incavallature
più complessi, nei quali il puntone non rimane libero in tutta la sua
lunghezza.

48. Incavallatura tedesca. - La fig. 5Ia rappresenta lo schema


dell'incavallatura tedesca, e la fig. 5h il relativo diagramma degli
sforzi assiali, la cui costruzione è affatto analoga a quella del caso
precedente.
Costruito, come già si è visto nel caso precedente, il poligono delle
forze esterne in equilibrio, si osservi che i puntoni si comportano
qui come travi continue a tre appoggi; le pressioni che la compo-
nente normale del carico su ciascuno di essi, per esempio, quella Q'
sul puntone A C, produce sui tre appoggi A, D, C, verranno indicate,
in generale, rispettivamente con nlQ', n2Q', nsQ', dove nlo n2' ns rap-
presentano coefficienti numerici dipendenti dalla condizione di posa
del puntone al vertice (al piede, come si è già detto nel caso pre-
cedente, il puntone va supposto semplicemente appoggiato, se sem-
INCAVALLATURE 77

plice è l'appoggio A dell'incavallatura), dalla posizione dell'appoggio


intermedio D e dalla condizione di carico. Determinati in ogni caso
speciale colla teoria della trave continua (Parte II) i numeri nl' ns, ns,
e divisi i segmenti Q' e Q' 1 in tre parti proporzionali a tali numeri,
si cominci dal costruire, nel modo già noto, il poligono di equilibrio
d a e ( relativo al nodo A; quindi si passi al nodo D, osservando che
lo sforzo assiale di compressione nella sezione del puntone immedia-
tamente al disotto del nodo sarà quello al piede diminuito della com-
ponente tangenziale (cioè secondo la pendenza del tetto) del carico
applicato fra A e D. C
Questa viene otte- a)
nuta dividendo il
segmento Q" in due
parti che stiano fra
loro come stanno le
risultanti dei cari-
chi applicati rispet-
tivamente sui due
tratti AD e DC del
puntone. Se il carico
fosse di s t r i bui t o
uniformemente, il
rapporto delle parti,
in cui deve di vi-
dersi il segmento f
Q", sarebbe eguale
a quello delle parti
AD e DC del pun-
tone. Condotta per- c
Fig. 51.
tanto r 9 normale e
vi parallela al pun-
tone, risulta (g la compressione nel puntone al disotto del nodo, 9 h
la pressione normale n2 Q' che il puntone esercita sul nodo, e si può
quindi completare il poligono di equilibrio del nodo, che risulta (g h i.
Con analoghe considerazioni si passa alla costruzione del poligono
ikblm relativo al nodo C, e senza difficoltà si può poi completare
jl diagramma.
Riguardo al calcolo del puntone, se D è il punto medio di A C,
come generalmente si verifica in pratica, la sezione pericolosa cadrà
comunemente in D, raramente in un punto intermedio fra A e D.
Quando il carico Q sia ripartite uniformemente, e D sia punto di
78 INCAVALLATURE

mezzo di A C ed in linea retta con A e C anche dopo il caricamento,


si ha
3 10
Hl = Ha = 16' H2=16 '
ovvero
13
HS=56'
secondochè al vertice dell'incavallatura il puntone si comporta come
semplicemente appoggiato, ovvero come incastrato. Nella sezione im-
mediatamente al disotto di D si avrà uno sforzo normale
Q"
N=No - T
ed un momento flettente
1
32
3
112
corrispondentemente ai due casi sopra indicati.
La sezione compresa fra A e D, nella quale lo sforzo unitario mas-
simo di pressione, ovvero di tensione, raggiunge il valore massimo
analitico, si determina come è stato fatto nel caso precedente.
N ella fig. 52 è rappresentato il dia-
gramma delle ali nella ipotesi che il.
puntone sia incastrato al vertice, che D
sia punto medio di A C, e situato sopra
A C anche dopo la deformazione, e che
il carico sia distribuito uniformemente
sul puntone j come si vede, la pressione
Fig. 52. unitaria massima ha luogo nella sezione
immediatamente al disotto del nodo D.
In corrispondenza di questo nodo. si verifica un salto brusco nel
valore di a", proveniente da una discontinuità dello sforzo normale N,
prodotta, quest'ultima, dall'obliquità del contrafisso.

49. Incavallature Polonceau ed inglese. - Il diagramma degli


sforzi assiali ed il calcolo del puntone si eseguiscono in modo del
tutto analogo a quello già visto nei due esempi precedenti; ci dispen-
siamo perciò da una speciale trattazione.

50. Incavallature con catena caricata. - Talvolta la catena


delle incavallature, oltre ad elidere la spinta che eserciterebbero i
INCAVALLATURE 79

puntoni contro i piedritti, deve anche sostenere un soffitto od un so-


laio. Il corl'ispondente carico può essere concentrato ai nodi, ov-
vero distribuito su tutta la lunghezza della catena; il primo caso
non richiede altri schiarimenti speciali per la costruzione del dia-
gramma degli sforzi assiali: si tratta di una travatura che, oltre il
carico applicato al contorno superiore, ha anche caricati i nodi del
contorno inferiore; nel secondo caso la catena è nello stesso tempo
tesa ed inflessa, e gli sforzi assiali nelle varie aste della travatura
si determinano con
un diagramma ana-
logo ai pre.cedenti.
La fig. 53 ne mo-
stra un esempio;
a b rappresenta, al
soUto, il carico obli-
quo distribuito sul
puntone sinistro, be
il carico verticale
sul pu~tone destro,
d e il carico appli-
cato sulla catena,
e d la reazione del-
l'appoggio destro,
ea quella dell' ap-
poggio si ni s tro,
determinate co Il e
note regole; abedea
Fig. 53.
rappresenta il poli- c
gono chiuso di tutte
le forze esterne in equilibrio, disposte nell' ordine in CUI SI Incon-
trano girando attorno alla travatura (Parte I).
Scomposto il carico sui puntoni, come si è già visto negli esempi
precedenti, e diviso analogamente il carico sulla catena in cinque
parti rappresentanti le pressioni che essa, considerata come trave
eontinua, trasmette ai cinque nodi, si passa, colle solite regole, alla
costruzione del diagramma degli sforzi assiali. Nella fig. 53 il carico
sui puntoni e sulla catena si è supposto ripartito uniformemente, ed
i primi si sono considerati come semplicemente appoggiati anche al
vertice dell'incavallatura; inoltre si è ammesso che i diversi appoggi
per i puntoni e per la catena si trovino, anche dopo il caricamento,
sugli assi geometrici primitivi delle rispettive aste.
80 INOAVALLATURE

Sul calcolo della sezione dei puntoni nulla VI e da aggiungere a


quanto è stato detto precedentemente. La sezione della catena va
calcolata in base allo sforzo di tensione ed al momento flettente:
la sezione pericolosa, nell'esempio svolto, cade evidentemente in cor-
rispondenza del primo timnte a sinistra; in essa, oltre allo sforzo
di tensione dato dal diagramma, si ha un momento flettente

3
- M = 448 Qe le ,

essendo Qe il carICO sulla catena ed le la sua lunghezza.

51. - Nelle tabelle seguenti diamo le pressioni che una trave


continua, a diverso numero di campate, appoggiata semplicemente
ad ambedue le estremità ovvel'o semplicemente appoggiata ad una
ed incastrata all'altra, esercita sugli appoggi, supposti tutti di livello,
quando venga caricata di carichi concentrati eguali ed equidistanti,
ovvero di un carico ripartito uniformemente. Queste tabelle tornano
comode per la costruzione del diagramma degli sforzi assiali.

§ 5. - Costruzione delle incavallature non spingenti


più comuni.
52. - Dopo avere esposto nei paragrafi precedenti il procedi-
mento per calcolare gli sforzi sopportati dalle varie parti delle inca-
vallature non spingenti, ed aver indicato il modo di determinarne
le dimensioni, passeremo qui in rapida rassegna quelle di tali inca-
vallature che vengono usualmente impiegate nella pratica, per dare
un'idea della loro costruzione effettiva.

Incavallatura semplice ed incavallatura a contrafissi. - Spesso


queste incavailature, le quali servono per piccole portate, vengono
costruite in legno. I puntoni si uniscono alla catena per mezzo di
opportuno intaglio, non però molto profondo, onde evitare un ecces-
sivo indebolimento j è bene poi rinforzare l'unione con fasciature in
ferro. Al vertice dell'incavallatura i puntoni si uniscono per mezzo
di un terzo legno verticale, chiamato monaco o colonnello od ometto,
il quale al tempo stesso compie g~neralmente anche l'ufficio di soste-
nere per mezzo di una staffa di ferro, la catena o corda nel suo
punto di mezzo, il che è opportuno, specialmente quando quest'ultima
INCAVALLATURE 81

Condizioni di carico e di posa PreSSlom Sllgli appoggI

A
P p
c B
P
( { C
ZI
76
38
76
21
TG

t i 1S
.56
81
56

l + t ±* * i T
S
T
Il

i + +± 36
21
11
Ti 21

±t++±+++i 85
32
158
3jZ

l + + {= i + t + t 235
11.2
508
112
265
112

4-,*
3L
--'--
P
27
B

20 20

~79 315
208 208

i ++i ++ i +* i :26
15

±++i*+i++~ 67
H
ili
39
19
-W
itH'i+++±+'H'i 17
-8-
35
-8-
17
-8-

i+++itt+x+++l 815
.It16
160;"
.4t6
1055
/.tG

Al ! C,i +ç±+ Ìt,*3:J3


i
i + i + l +i + ~ 101,-;1
1'16
t10 8
'f'f6
1510
776
tS61t
776
fiGI
715

1++1++1 t +1++i 3G
2;1
'/1
2i 2T
11
"21
36

i++l++i++l+t~ 500
291
977
991
881 580
291

.i+ t tl ++t 1,1 +t l t! +i :< 35


-
112
$08
112
$08
112
235
J t2

l{t+i+!+i++tl++~ 3165 6988 6268 3865


1532 I 1552 1552 1552 1552

GUIDI, Scienza delle costruzioni. Parte III, 5' ed. 6


82 INOAVALLATURE

Condizioni di C8.riGo e di -posa Pressioni sugli appoggi

A C- B
Q T Q
3 10 3
tG 16 -;G

il 3.2 :13
56 56 56
A ....fL 11
T -f -~- T
.h
~ ii li
30 30 30 JO
•.41 if8 100 53
JI2 J/2 312 31.2
A C; ~ .li. :B
Q Q Q Q. 7l
ft~;,~~;~tf:JJF:1.;J:i"~~3:~~E~~~~ fi ~ !lG SZ 11
AL.>. 0'-' L>(,; ali <J.Jj 112 liil ii!/. 112 li!/.
153 .1,.,+0 J1Jt 39Z 193
1552 1552- 1552 '/55!/. 155f1.

debba sostenere dei carichi. Si ha così l'incavallatura semplice o


triangolare; generalmente però si utilizza il monaco anche per impo-
starvi contro due saettoni o contrafissi o razze, che servono a procu-
rare ai puntoni un punto d'appoggio intermedio: si ha allora l'inca-
vallatura a contrafissi rappresentata nella figma 54.

Fig. 54.

L'incavallatura semplice viene anche costruita mista; in tal caso


si fa la catena di ferro tondo e si collega ai puntoni (i quali ven-
gono ricevuti, al piede, in scatole di ghisa) o nel modo indicato dalla
fig. 36, pago 53, forando il puntone, ovvero con una forchetta ana-
loga a quella rappresentata nella fig. 380 della Tav. II, pago 85.
Con altra scatola in ghisa, simile a quella indicata nella fig. 2&
INCA VALLATURE 83

della Tav. Il, vengono collegati i puntoni al vertice; da essa, volendo,


si· può far scendere un tirantino verticale, pure di ferro tondo, a
sostegno della catena.
La stessa incavallatura può finalmente costruirsi completamente
in ferro, attribuendo ai puntoni una sezione a T, ovvero a doppio T,
o formata di due ferri a C; la catena può farsi in ferro tondo o in
ferro piatto; i collegamenti sono analoghi a quelli indicati dalle
fig. 3a e 4" della Tav. Il.

53. Incavallature di media e di grande portata. - Crescendo


la portata dell'incavallatura, conviene ricorrere a tipi più complessi.

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Fig. 55.

Per incavallature in legno sono notevoli i tipi rappresentati nella


fig. 55 e nella fig. la della Tav. II; ambedue sono molto opportuni
nel caso in cui la catena sia caricata, giacchè essa viene ad essere
84 INOAVALLATURE

sostenuta in tre punti intermedi. I puntoni nella loro parte inferiore


vengono rinforzati da un altro legno chiamato sottopuntone. Le inca-
vallature rappresentate nella fig. 55, sono del tipo detto alla Pal-
ladio: in questo esempio, analogo a quello offerto dalla copertura
della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, le incavallature
sono binate e le catene sostengono un soffitto a cassettoni; queste
ultime sono di due pezzi, e nella figura è rappresentato il particolare
dell'unione.
Nella fig. 36 (pag. 53) e nella Tav. II sono rappresentate due in-
cavallature miste frequentemente impiegate, rispettivamente del tipo
Polonceau e del tipo inglese.
N ell' incavallatura Polonceau (fig. B6) i puntoni soltanto sono di
legno e vengono introdotti al piede ed in sommità in apposite scatole
di ghisa. alle quali vengono anche ancorati i tiranti di ferro. Ciascuno
dei tiranti che si collegano ai piedi dei puntoni presenta un'estre-
mità lavorata a vite; con essa trapassa il puntone, ed è poi tratte-
nuto contro la faccia posteriore della scatola da un dado, il quale
permette di metterlo in tensione. Ciascuno dei tiranti che vanno al
vertice dell'incavallatura, è anch'esso lavorato a vite all'estremità
superiore, e per mezzo di un dado viene trattenuto ad una forchetta
che, alla sua volta, si collega a perno colla scatola suddetta; anche
questi tiranti, per mezzo del suddetto dado, possono essere messi in
tensione. Tale collegamento può anch'essere impiegato al piede del
puntone, quando si voglia evitare di traforarlo. Alla scatola di som-
mità viene inoltre collegato a perno un tirantino verticale, il quale
scende a sostenere il tenditore (Cap. I, § 2) della catena. Il contrafisso
è in ghisa, a sezione di crocE', e si collega al puntone preferibilmente
a snodo, come è indicato nella figura, cioè per mezzo di un bullone
a vite che ne unisce l'estremità, lavorata ad occhio, alle due alette
di una piastra in ghisa, la quale con chiavarde viene fissata al pun-
tone. L'unione fra loro dei tre tiranti e del contrafisso è fatta ad
articolazione; ciascuno di questi pezzi presenta all'estremità un occhio
in cui entra un bullone a vite; i quattro bulloni sono tenuti in posto
da due piastre di ferro.
Con tale costruzione tutte le aste metalliche sono articolate alle
loro estremità; i tiranti possono essere messi facilmente in tensione,
ed i contrafissi, lavorando come bielle, non corrono il pericolo d'in-
flettersi e di spezzarsi in seguito alle deformazioni della travatura.
Sui puntoni vengono fissati gli arcarecci per mezzo di gattelli; l'ar-
careccio di colmo e quello al piede di ciascun puntone sono tenuti
in posto dalle stesse scatole di ghisa.
TAV. II.
86 INOAVALLATURE

La fig. 2a, 'rav. II, rappresenta un'incavallatura mista del tipo in-
glese; i tiranti sono in ferro tondo, i puntoni ed i contrafissi sono
di legno. L'unione dei due puntoni, al vertice dell'incavallatura, viene
eseguita per mezzo d'una scatola di ghisa analoga a quella dell'e-
sempio precedente; i contrafissi si collegano alla catena per mezzo
di altre scatole di ghisa, le quali sono tenute in posto da chiavarde
e dai tiranti.
Le fig. 3 a e 43 della Tav II, rappresentano le stesse due incavalla-
ture di cui ora si è discorso, ma progettate completamente in ferro.
Nell'incavallatura Polonceau (fig. 3a ) il puntone ha la sezione a
doppio T ad ali strette, e possibilmente la tavola inferiore più stretta
della superiore; esso viene introdotto, al piede, in una scatola in
ghisa, dalla quale peraltro rimane fuori la tavola superiore; alla
stessa scatola si collega a perno, per mezzo di Una forchetta, il
tirante inferiore, ed è inoltre attaccato per mezzo di squadre l'arca-
reccio di gronda. Al vertice dell'incavallatura i due puntoni sono
rigidamente collegati da due piastre e sottoposte imbottiture, il tutto
è unito con chiodatura a caldo; in corrispondenza di tale unione si
attaccano anche, a perno, mediante forchetta, i due tiranti obliqui
che scendono dal vertice, e viene altresì inchiodato, mediante squadre,
l'arcareccio di colmo; al disotto poi dei puntoni viene ancora attac-
cato a perno il tirantino verticale che scende a sostenere il tendi-
tore della catena.
L'attacco del contrafisso al puritone è anch'esso snodato, mediante
bullone a vite, il quale collega la testa del contrafisso, lavorata ad
occhio, a due piastre di ferro inchiodate al puntone coll'interposizione
di piastre d'imbottitura. L'unione fra loro dei tre tiranti e del con-
trafisso è stata già precedentemente descritta.
Gli arcarecci, di sezione a doppio T, sono inchiodati, mediante
squadre, all'anima dei puntoni.
Finalmente la fig. 4a, Tav. II, rappresenta un' incavallatura inglese
completamente in ferro. I puntoni ed i contl'afissi sono formati con
due ferri a [ avvicinati; i tiranti, formanti il contorno inferiore del-
l'incavallatura, sonO in ferro piatto; i tiranti verticali in ferro tondo.
Le unioni dei tiranti e contrafissi coi puntoni sono eseguite con piastre
semplici, le quali entrano fra i due [ e sono inchiodate a caldo al
puntone ed al contrafisso; ad esse si collegano i tiranti verticali
mediante forchetta e perno. Le unioni dei tiranti verticali e dei con-
trafissi coi tiranti inferiori sono eseguite mediante due piastre, fra
le quali sono inchiodati i tiranti piatti ed un altro ferro piatto in-
chiodato fra i due [ del contrafisso e formante prosecuzione di esso;
INCAVALLATURE 87

fra le stesse due piastre viene presa con bullone a vite la testa del
tirantino verticale lavorata ad occhio. -
Gli arcarecci sono inchiodati contro le anime dei puntoni mediante
squadre d'attacco; in corrispondenza di tali attacchi il vuoto fra i
due [ del puntone è riempito con una piastra.
In ambedue le figure precedenti è rappresentato l'appoggio fisso
dell'incavallatura; l'altro appoggio, come già si è detto in prece-
denza, appena la portata dell'incavallatura è rilevante, va progettato
scorrevole, se si vuole evitare la spinta contro i piedritti ed una no-
tevole alterazione nelle tensioni interne delle varie aste, in seguito
a variazioni di temperatura. Nell'appoggio scorrevole l'estremità del-
l'incavallatura porta una piastra la quale appoggia su di un carrello
di dilatazione formato da rulli di ghisa o meglio d'acciaio, mantenuti
il. distanza invariabile per mezzo di un piccolo telaio formato di due
sbarrette (in generale ferri piatti) le quali, in corrispondenza degli
assi dei rulli, presentano dei fori in cui entrano dei piccoli perni, coi
quali terminano i detti rulli; le sbarrette sono poi collegate alle
. 9stremità da due tirantini che le mantengono a distanza fissa. Questo
carrello appoggia a sua volta sopra altra piastra fissata al piedritto.
S'impedisce lo spostamento del carrello in senso trasversale munendo
i rulli, alle estremità, di un collarino, o con altra disposizione equi-
vàlente.
Indicando con A la reazione dell'appoggio in tonn., con n, b, d
rispettivamente il numero occorrente di rulli, la loro lunghezza utile
ed il loro diametro in cm. può prendersi
per rulli d'acciaio nbd =22 a 40 A
di ghisa nbd = 40 a 56 A.
Per maggiori particolari su questo punto rimandiamo alla Parte IV,
dove l'argomento è sviluppato per le travi da ponte.
L'ancoraggio degli appoggi delle incavallature è necessario soltanto
in casi eccezionali; in generale il solo peso proprio assicura già la
stabilità contro il sollevamento.
Nelle incavallature metalliche di ordinaria portata, si attribuisce
in generale ai puntoni una sezione costante in tutta la loro lun-
ghezza, ed oltre alle sezioni già indicate è frequente !'impiego di
due cantonali. La sezione opportunissima a doppio [ viene talvolta
formata, piuttosto che con due ferri laminati, con quattro cantonali
e due anime; ciò è conveniente specialmente quando il punto ne è
curvilineo, per la facilità maggiore d'incurvare i cantonali.
Nelle incavallature del tipo inglese e derivati, molto spesso si
88 INCAVALLATURE

forma anche il corrente inferiore con due cantonali, i quali sono pre-
feribili a due ferri piatti, perchè questi difficilmente possono essere
posti ugualmente in tensione.
Il peso proprio delle incavallature crescendo rapidamente colla por-
tata, si ha la convenienza per le grandi coperture di suddividere la
portata in più campate da ricoprirsi con altrettanti sistemi d'incavalla-
ture. I sostegni intermedi a ciò necessari vengono forniti comunemente
da colonne, ma generalmente si ha la convenienza di disporre le colonne
soltanto in corrispondenza di ogni dato numero d'incavallature, facendo
appoggiare quelle intermedie sopra travi orizzontali portate dalle dette
colonne. La stessa disposizione può adottarsi nelle coperture a sheds.

54. Controventi. - Per la stabilità di una tettoia è indispensa-


bile che le incavallature che ]a sostengono non solo siano indivi-
dualmente indeformabili e montate colla massima precisione, ma
occorre pure che formino tutte insieme un complesso indeformabilej
altrimenti, per condizioni di carico dissimmetriche, prodotte dalla
pressione del vento, da carichi parziali di neve, ecc., possono le sin-
gole incavallature subire delle deformazioni fuori dei rispettivi loro
piani verticali, e derivarne in seguito inconvenienti gravissimi. A tale
collegamento possono bastare gli arcarecci, quando essi siano molto
robusti e rigidamente connessi coi puntoni delle incavallature; in
caso contrario, si provvede con collegamenti speciali chiamati contro·
venti, i quali consistono per lo più in tiranti obliqui, a sezione piatta
o circolare, disposti sotto ciascuna falda del tetto, colleganti molto
spesso il vertice di un'incavallatura col piede delle adiacenti o di
quelle che seguono di due posti. Ad ognuno di tali tiranti discen-
dente in un dato senso, corrisponde un altro discendente in senso
opposto, cioè a due a due questi tiranti formano crociera, o, come
si dice, croce di Sant' Andrea. Altre volte i contro venti formano uno
zig-zag che collega i nodi dei puntoni di due incavallature consecu-
tive. In tal caso i controventi non formano, generalmente, crociera,
ma un semplice sistema di diagonali; occorre perciò attribuil'e loro
una sezione sagomata, ad angolo, a T, ecc., capace di resistere anche
a pressione. Allo stesso scopo di collegamento si uniscono talvolta
nelle incavallature metalliche anche taluni nodi del contorno infe-
riore, mediante tiranti longitudinali. Nelle incavallature in legno
servono pure al medesimo ufficio saettoni o razze che impostano al
piede contro i monaci ed in sommità contro i corrispondenti arca-
l'ecci; quando la catena sostiene un solaio, le travi stesse di questo
ultimo possono servire pure di efficace collegamento.
INOAVALLATURE 89

55. - I controventi sono maggiormente cimentati nelle tettoie,


come quelle ad es. delle stazioni ferroviarie di transito, nelle quali
le fronti sono parzialmente chiuse da vetrate, contro cui la pressione
del vento si esercita in tutta la sua intensità.
Supposto, per fissare le idee, che le incavallature siano collegate
a coppia, la prima colla seconda, la terza colla quarta, ecc., e che
il controventaggio consista in diagonali colleganti i nodi dei puntoni
della prima incavallatura con i nodi consecutivi dei puntoni della
seconda, ecc., due puntoni corrispondenti di due incavallature abbi-
nate costituiscono, insieme colle dette diagonali, una irave reticolare
triangolare da riguardarsi come provvista di montanti, aTcaTecci, se
questi sono solidamente fissati alle incavallature, ovvero senza mon-
tanti, quando, per provvedere alla libera dilatazione, gli arcarecci
fossero scorrevoli (per effetto di attacchi con fori ovalizzati) sopra
una delle due incavallature. Valutata in ogni caso speciale la pres-
sione del vento che va a scaricarsi contro i diversi nodi dei puntoni
della prima incavallatura, si potranno calcolare, coi metodi noti, gli
sforzi nelle diagonali (controventi) delle dette travi reticolari.
Nel calcolo delle diagonali (controventi) si può anche partire dal
principio che esse debbano prendere su di sè la differenza di sforzi
nei puntoni di due incavallature consecutive, una sovraccaricata,
l'altra scarica; in tal caso si eguaglierà tale differenza alla proiezione
dello sforzo cercato sulla direzione dei puntoni.

§ 6. - Incavallature spingenti.

56. - Le incavallature spingenti vengono generalmente impie-


gate per grandi tettoie fiancheggiate da corpi di fabbriche capaci di
resistere alla spinta da quelle prodotta, a meno che esse si proten-
dano molto in basso fin verso il terreno, nel qual caso è molto facile
contrastare la spinta anche in mancanza di fabbricati. Queste inca-
vallature si costruiscono presentemente di preferenza in ferro, e sono
per lo più del tipo ad arco o reticolal'e od a parete piena. Ciascuna
di queste due classi si suddivide poi in tre categorie, secondochè
l'arco non presenta alcuna articolazione, aTCO senza ceTnieTe (fig. 56 a
e 56à); ovvero è impostato a cerniera contro ciascun piedritto, aTCO
con ceTnieTe d'imposta. o a due cernieTe (fig. 56b e 56 e); o, finalmente,
oltre alle due cerniere d'imposta presenta una terza articolazione,
generalmente al vertice, talchè l'arco è formato di due pezzi ivi ar-
90 INCAVAI,LATURE

ticolati, arco a tre cerniere o con cerniere d'imposta e cerniera al ver-


tice (fig. 56 c e 56,).

Fig, 56.

57. - La disposizione delle centine, nel senso della lunghezza


tlella tettoia, può essere varia. Talvolta le centine sono semplici ed
INOAVALLATURE 91

equidistanti, e sono collegate tutte da controventi, ovvero sono con-


troventate a coppia: la prima colla secollda,. la terza colLa quarta, ecc.
In altri easi ciascuna centina è doppia, è costituita cioè da due
centine semplici molto avvicinate (circa ad 1 m. di distanza): J'in-
terasse fra queste centine doppie è allora più considerevole, può rag-
giungere 8 o lO e più metri; secondo i casi vengono controventate
alternativamente le diverse campate, o più campate di seguito, fino
ad assicurare la stabilità al rovesciamento, senza però impedire
soverchiamente la dilatazione termica nel senso longitudinale della
tettoia.
Fra le tettoie più rimarchevoli portate da archi, ricorderemo quella·
della galleria delle macchine dell'Esposizione di Parigi 1889 (archi
a tre cerniere della luce di m. 110,6, freccia m. 45, distanziati m. 21,5);
la tettoia della manifattura nell'Esposizione di Chicago 1893 (archi
a tre cerniere della luce di m. 112,16, freccia m. 62,28, distanziati
da 15,24 a 22,86 m.); la navata centrale della stazione principale
d'Amburgo, lunga m. 173 (archi a dlJe cerniere della luce di m. 73,02,
freccia m. 32,71, binati a 1 m. con interasse di m. 15,5); la tettoia
della stazione principale di Colonia, lunga m. 255 (archi a due cer-
niere della luce di m. 63,5, freccia m. 24, binati a m. 0,8 con inter-
asse di m. 8,5); la tettoia della stazione principale di Dresda a tre
navate, lunghe m. 240,5 le laterali e m. 171 la centrale, quest'ultima
della luce di m. 59, freccia 28,65, portata da archi binati a m. 1,20,
distanziati m. 8,5 a lO, a tre cerniere; la tettoia della stazione prin-
cipale di Francoforte, lunga m. 186,4 (archi a tre cerniere di m. 56
di luce, m. 28,6 di freccia, binati a m. 1,1, distanziati m. 9,3), ecc.

58. Archi reticolari. -- Lo sforzo massimo e lo sforzo minimo.


che possono essere generati in un'asta qualunque di queste travature,
vanno dedotti (analogamente a quanto si è già visto per le incaval-
lature a falce non spingenti) dalla combinazione fra loro degli sforzi
prodotti: lodaI peso proprio della costruzione; 2° dal vento spirante
da una parte o dall'altra; 3° dal carico accidentale verticale, peso
della neve; 4° da una variazione di temperatura (per gli archi della
prima e della seconda categoria).
Gli sforzi prodotti dal peso proprio della costruzione possono es-
sere det~rrninati per mezzo di un diagramma reciproco, immediata-
mente costmibile nel caso dell'arco a tre cerniere, il quale rappre-
senta un sistema staticamente determinato (Parte l), richiedente
invece la preliminare determinazione delle reazioni dei vincoli sovrab-
bondanti per le altre due categorie di archi, determinazione che vien
92 INCAVALLATURE

fatta applicando il principio dei lavori virtuali o gli altri noti teo-
remi che da quello derivano o col metodo dell'ellisse di elasticità
(Parte II e n. 65 di quel:lta Parte III).
Analogamente si procederà per la determinazione degli sforzi pro-
dotti dal vento spirante da una data parte. Queste travature essendo
generalmente simmetriche, dal diagramma suddetto si possono evi-
dentemente ricavare per ciascuna asta i due sforzi prodotti dal vento
spirante da una parte o dall'altra.
Riguardo agli sforzi prodotti dal carico della neve, se si volesse
seguire una ricerca minuta, supponendo realizzabile una condizione
parziale qualsiasi di carico, converrebbe procedere col metodo delle
linee d'influenza, come si usa fare per gli archi dei ponti (v. Parte IV);
ma generalmente per le tettoie ci si limita a considerare le due se-
guenti ipotesi: a) che sia sopraccaricata di neve tutta la tettoia;
b) che sia sopraccaricata soltanto una metà, cioè una falda. In tali
casi la costruzione di un diagramma Cremoniano conduce ancora più
rapidamente allo scopo; che anzi per l'ipotesi del sopraccarico com-
pleto, se questo è distribuito colla stessa legge secondo cui si ritiene
ripal'tito il peso proprio, può essere utilizzato evidentemente lo stesso
diagramma relativo al peso proprio con un semplice cambiamento
di scala.
Gli sforzi nelle varie aste, prodotti da una qualunque condizione
di carico, possono anche essere dedotti dal poligono delle pressioni,
cioè dal poligono di successive risultanti che ha per lati estremi le
reazioni d'imposta; esso infatti ci fornisce immediatamente la risul-
tante delle forze esterne relativa alla sezione di Ritter fatta per
determinare lo sforzo in una data asta.
Finalmente, gli sforzi prodotti da una variazione di temperatura
negli archi con cerniere d'imposta ed in quelli senza cerniere ven-
gono trovati, o costruendo un diagramma reciproco, o col metodo
delle sezioni, dopo aver determinato, col principio dei lavori virtuali
o con altri teoremi o col metodo dell'ellisse di elasticità, le reazioni
dei vincoli.

59. Archi a parete piena. - La sollecitazione al taglio è in


generale molto piccola per tutte le f:iezioni trasversali dell'arco, talchè,
adottando per l'anima della sezione, che comunemente è a doppio T
composta, lo spessore almeno di mm. 8, al disotto del quale per ra-
gioni pratiche non conviene discendere, si ha per lo piiI, sotto questo
riguardo, un'esuberanza di resistenza. Devono invece formare oggetto
di calcolo le tellsioni massime e minime all'estradosso ed all'intra-
INCAVALLATURE 93

dosso di un certo numero di sezioni trasversali scelte in diversi posti,


preferibilmente in corrispondenza degli attacchi degli arcarecci, e
devono risultat'e dalla combinazione delle tensioni prodotte dalle
stesse quattro cause già contemplate per gli archi reticolari.
Le tensioni all'estradosso ed all'intradosso delle sezioni prese in
esame, prodotte dal peso proprio, vengono calcolate coUe formole già
trovate nella Parte II, quando sia si tracciato il poligono delle pres-
sioni. La costruzione di tale poligono è immediata per gli archi a tre
cerniere, i quali rappresentano un sistema staticamente determinato
(Parte I); va invece preceduta dalla ricerca delle reazioni dei vincoli
nel caso degli archi con due sole cerniere ed in quello degli archi
senza cerniere: ricerca da eseguirsi col principio dei lavori virtuali o
cogli altri noti teoremi o col metodo deU'ellisse di elasticità (Parte II).
A.nalogamente si procederà per la determinazione degli sforzi pro-
dotti dal vento spirante da una data parte. Questi archi da tettoia
essendo generalmente simmetrici, dal poligono delle pressioni testè
indicato possono evidentemente ricavarsi per una sezione qualunque
le tensioni all'estradosso ed all'int.radosso nei due casi che il vento
spiri da una parte o dall'altra.
Riguardo alle tensioni prodotte dalla neve, anche qui, ci si limita
generalmente a considerare le due ipotesi di carico già indicate per
gli archi reticolari, e si deducono gli sforzi interni dai corrispondenti
poligoni delle pressioni; notando anche qui che se il sopraccarico
della neve vien supposto ripartito colla stessa legge del peso proprio,
un medesimo poligono delle pressioni serve per il peso proprio e per
il carico totale (peso proprio + sopraccarico completo di neve).
Finalmente anche gli sforzi termici, cioè prodotti da una variazione
di temperatura, vengono calcolati colle stesse formole, nota che sia
la reazione termica delle imposte.
A.nche i procedimenti analitici di calcolo, indicati nella Parte IV
per gli archi da ponte, possono essere utilmente applicati, colle sem-
plificazioni derivanti dalla simmetria, generalmente esistente, della
costruzione.

§ 7. - Deformazioni.

60. - Nel collaudo di un'incavallatura è utile verificare se le de-


formazioni, allungamenti od accorciamenti di alcune sue aste, come
pure lo spostamento di qualche nodo, generalmente il vertice, in
seguito ad una data condizione di carico corrispondono effettivamente
94 INCAVALLATURE

a quelle che vengono determinate col calcolo; si ha infatti in questa


verifica una prova della bontà o dell'imperfezione del lavoro. Gli
allungamenti od accorciamenti elastici delle aste possono essere misu-
rati con attendibilità soltanto con apparecchi micrometrici molto
sensibili, come ne esistono al giorno d'oggi di diversi tipi; general-
mente però la pratica si limita a misurare lo spostamento del ver-
tice, quantunque da tale semplice misura e dalla concordanza col
valore calcolato si possa soltanto fino ad un certo punto dedurre
un giudizio favorevole alla costruzione; giacchè molte cause, di cui
non si tiene il dovuto conto, possono alterare il risultato del cal-
colo, come l'incertezza sul valore del modulo di elasticità E, l'in-
fluenza dei rinforzi di vario genere, l'effetto dei molteplici sforzi
secondari: inoltre non è impossibile che lo spostamento, che noi
misuriamo, concordi abbastanza col valore calcolato, pure essendo
la travatura in alcune parti troppo debole, ed in altre, in compenso,
esuberantemente robusta.
Qualunque sia il valore che si voglia attribuire a queste prove,
quanto al modo di calcolare le deformazioni osserveremo che si sa
già come gli allungamenti od accorciamenti elastici delle aste dipen-
dano dai corrispondenti sforzi; riguardo poi allo spostamento del
vertice in una data direzione, esso si ottiene nel modo più rapido
col principio dei lavori virtuali; nella Parte II si è già dato qualche
esempio di tale ricerca.

§ 8. - Incavallature con sostegni elastici.

61. - Nello studiu statico delle incavallature impostate a cerniera


su pieddtti elastici, o con essi rigidamente connesse, non sempre pos-
sono trascurarsi le deformazioni e~stiche dei piedritti. Se questi con-
sistono in fabbricati, le deformazioni sono così piccole e mal valuta bili
a priori che nella pratica vengono trascurate in un calcolo di pro-
getto; ma quando i piedritti consistono in semplici pilastri in muratura
o in cemento armato, in colonne di ferro o di ghisa, o in travi reti-
colari che formano prosecuzione dell'incavallatura, si deve tener conto
dell'elasticità dei sostegni, ciò che può farsi nei modi che indichiamo
coi seguenti esempì:

62. - Un' incavallatura di tipo qualsiasi (fig. 57 a) costituita da una


trava,tura strettamente indeformabile) è collegata a cerniera colle estremità
INOA VALLATl'RE 95

di due colonne, incastrate al piede, ed è comunque sollecitata, anche dis-


simmetricamente, da forze verticali, pesi. Il complesso dell'incavallatura
coi suoi piedl'itti costituisce un
sistema staticamente indetermi- + ~ -+
nato; ma trovata che sia la rea-
zione orizzontale X dei piedritti t
contro l'incavallatura, resta per- ~.
tf --'7
I
fettamente detel'minato il calcolo \
\ I
statico sia dell'incavallatura che i
\
Ec, 1..----.
c I
I
dei piedritti. Indicando con f la \ IL
\
a) t
I
freccia d'inflessione prodotta in
ciascuna colonna dalla - X (1); I
:
y
/r;,
con h, J c ed Ec rispettivamente
1'altezza delle colonne, il mo-
mento d'inerzia della loro sezione
trasversale, ed il modulo di ela-
sticità del materiale di cui sono
formate, il teorema dei lavori
virtuali (Parte II) fornisce, colle
altre note indicazioni:

Fig. 57.

nella quale adottando i soliti simboli (2):

8=So- S'X

e quindi:
2 X h3 ~SoS's_X ~~
1..J EF 1..J EF

(I) La spinta orizzontale contro le due colonne dev'essere evidentemente la


stessa, essendo verticali i carichi.
(2) S'intende formata la travatura principale sostituendo un'imposta a cerniera
dell'incavallatura con un appogg-ftl scorrevole orizzontalmente sulla colonna.
96 INCAVALLATURE

Un aumento di temperatura di to produce da solo una reazione X t


che si calcola in modo analogo, e cioè:

nella quale

e quindi:
2 X t h3 S'2
=-X t ~ EFs +~S'ats
3 EcJc ~

e, se la variazione di temperatura è uniforme per tutte le aste del-


l'incavallatura, ricordando che ~ S' s = l = portata dell'incavalla tura,
si ha:
atl
2 h 3 S'2 S
3 EcJc EF+L
63. - L'incavallatura dell'esempio precedente sia provvista di una
catena di ferro, di cui indicheremo con F' la sezione. Chiamando X'
la tensione della catena ed X la reazione orizzontale delle colonne,
si avrà:
S = So - S' X - S' X' = So - S' (X + X')
Xh3 X'l,~ S' A ~SoS's (X+X')~ S'2 S
1.2 f =2 3E c Jc =1.Ll =1. EF , . ~
Al
LlS=~ -EF- ~ EF

quindi:

ed
~ = ~ So S' s _
E F' ~ EF
X' (1 + ~2 Ech J c _l_)
SE F'
~~
EF ~

da cm:

X'=
TNCAVALLATURE 97

La spinta contro le colonne, prodotta dal peso proprio della costru-


zione, può essere evidentemente eliminata con un opportuno mon-
taggio.

64. - L'incavallatura del primo esempio sia investita danna parte


dal vento, il quale investa anche un piedritto e la parete eventualmente
chiusa, da esso sostenuta (fig. 57b).
Sia Ho la componente orizzontale della risultante delle forze appli-
cate all'incavallatura, ed H' la risultante della pressione (orizzontale
uniformemente distribuita) del vento contro la parete sostenuta dal
piedritto. Si avrà per l'incavallatura (1) :

S= So-S'X

(Ho - X) h 3 _ H' h 3 ~ = ~ S' b.. s


3 Ec J c 8 Ec J c ~ 1..J
ossIa

da cm

X=
~

La colonna destra è sollecitata In sommità oltrechè da una pres-


sione verticale - B staticamente determinata, dalla spinta X diretta
verso destra. La colonna sinistra è cimentata in sommità, oltrechè
da una pressione verticale - A st.aticamente determinata, dalla forza
orizzontale Ho diretta verso destra e dalla spinta - X diretta verso
sinistra. Questa colonna sinistra trovasi inoltre sollecitata dalla pres-
sione del vento che contro di essa direttamente si esercita.

65. -- L'incavallatura è portata dalle colonne metalliche AC, BD alle


quali è rigidamente connessa.
Risoi veremo il problema statico di questa incavallatura per mezzo
delle equazioni di elasticità dedotte dalla Teoria dell' Ellisse di elasti-
cità (Parte II, ediz. 7a ), cioè delle equazioni

(i) S'intende formata la tmvatU1"a principale sostituendo l'imposta destra a cero


niera dell'incavallaturft con un appoggio scorrevole orizzontalmente sulla colonna.
GUIDI, Scienza delle costruzioni. Parte III, 5- ed. 7
98 INCAVALLATURE

(31)

che valgono a determinare i tre parametri m, À ed H della rea-


zione sinistra, qualunque sia la condizione di carico, ossia il momento
di tale reazione intorno al baricentro elastico ~ di tutta la costru-
zione, la sua componente verticale À e la sua componente orizzon-
tale H. La soluzione può essere analitica o grafica:
a) Analiticamente, si comincerà a determinare la posizione del
baricento elastico ~, trovandone nel modo noto la sua distanza,
per es., dall'orizzontale passante per la risega di fondazione delle
colonne, calcolando poi i momenti d'inerzia J x e J y del sistema dei
pesi elastici, relativamente all'asse orizzontale x ed a quello verti-
cale y passanti per ~, ed effettuando finalmente il computo nume-
rico delle sommatorie che figurano nelle (31), per il quale calcolo se
vi sono forze esterne oblique (risultanti di carichi e di pressione
del vento) sarà opportuno scomporle in componenti verticali ed in
altre orizzontali j
b) Graficamente, calcolati i pesi elastici w relativi alle singole
aste di contorno della travatura (si può prescindere, come si usa ge~
neralmente, dalla deformazione delle aste di parete, il che, senza
commettere grave errore, semplifica notevolmente la costruzione), si
costruiscano (Tav. III) i seguenti sei poligoni funicolari (1):

(l) Ritenendo che il contorno superiore dell'incavallatura sia formato con due
cantonali delle dimensioni 100 X 100 X 12, e che quello inferiore sia costituito
pure da due cantonali delle dimensioni 75 X 75 X 12, si hanno per i pesi ela-
stici, adottando il centimetro come unità lineare, le espressioni seguenti:

250 0,00026 280 0,00029


Ul3 = E. 33,3 . 1702 = E Wl, =
E.45,4.14.52 = E
280 0,00043 280 0,00038
Il'5 = -E. 33,3 . 1402 = E w6= 2 =
E.45,4.128 E
270 0,00048 280 0,00036
W7= E.33.3.1302"= E-; W8 = E. 45,4 . 1302 = E
252 0,00038 280 0,00030
/09 = E. 33,3 . 1402 = - E wl°=E.45,4.144~= E
160 0.00012
Il',, = E . 33,3 To02 = E

Ammesso poi che la sezione trasversale dei piedritti offra (rispetto all'asse
di flessione normale al disegno) un momento d'inerzia J = cm' 166700, il peso
elastico dei piedritti vale:
INCAVALLATURE 99

Il poligono funicolare P1 connettente i pesi elastici w agenti vertical-


mente (distanza polare 21 = l;w)
Il poligono funicolare P2 connettente i pesi elastici w agenti orizzon-
talmente (distanza polare = una frazione arbitraria di l;w;
2 2 = ;l;w)
Il poligono funicolare Ps connettente i momenti statici dei w rispetto
all'asse y (asse baricentrico verticale), agenti verticalmente
(distanza polare arbitraria = 2a)
Il poligono funicolare P4 connettente i momenti statici dei w rispetto
all'asse x (asse baricentrico orizzontale), agenti orizzontal-
mente (1) (distanza polare 24 = v = ordinata estrema del po-
ligono Ps)
Il poligono funicolare P5 connettente i momenti statici dei w rispetto
all'asse x, agenti verticalmente (distanza polare 25 = n = or-
dinata estrema d.el poligono P4)
Il poligono funicolare P6 connettente i momenti stati ci dei w rispetto al-
l'asse y, agenti orizzontalmente (distanza polare 26 = 2s). Questo
poligono, se la travatura è simmetrica, ritorna su se stesso (2).
È facile riconoscere che i poligoni Pl' Ps, P5 sono le linee d'influenza
'dei parametri m, A, H per un rarico unitario verticale, e che i poligoni
P2' P4, P6 sono le linee analo.qhe pel' una forza unitaria orizzontale.

h 500 0,003
EJ E.166700 E
Per poter determinare le reazioni prodotte anche dalle forze applicate alle pen-
siline conviene scomporre questo peso elastico nelle due parti corrispondenti ai
due tratti del piedritto, quello libero e l'altro compreso nella travatura reticolare.
Si ha in conseguenza per tutta la costruzione:
,., _ O,Ol1Sg
,-,w- E .

Le deformazioni elastiche delle pensiline non influiscono affatto, come è evi-


dente, sulla ricerca delle reazioni staticamente indeterminate, quindi, per la tra-
vatura reticolare, nella costruzione dei 6 poligoni funicolari si devono prendere
in considerazione soltanto i pesi elastici della travatura fra i piedritti.

(i) Si ricordi che i momenti statici dei w relativi ai tronchi in cui sono divise
le colonne vanno applicati agli antipoli dell'asse x rispetto alle ellissi di elasti-
2
cità dei tronchi stessi; cioè devono eseguirsi i noti spostamenti ~ delle linee
d'azione delle forze; spostamenti trascurabili per il poligono Pa.
(2) Nella pratica le costruzioni grafiche vanno eseguite in iscala abbastanza
grande da conseguire una sufficiente approssimazione. Non si tralasci di verificare
numericamente i segmenti propor?ionali ai momenti statici rispetto agli assi x, y.
100 INCAVALLATURE

Infatti, per un carico unitario verticale, indicando con 'fjo, 'fjl, 'fj2 le
ordinate, sulla verticale del carico, intercette rispettivamente dallo,
dal 3° e dal 5° poligono funicolare, cioè le ordinate comprese fra i
lati di ciascuno dei detti tre poligoni funicolari, che sono estremi
rispetto al gruppo di pesi elastici sui quali ha influenza il carico
considerato, supposta la travatura svincolata dall' imposta sinistra,
si ha evidentemente

mentre

risulta quindi
:E Mo w 1 .:E w . 'fjo _ 1 .
m = :E w = :E w - . 'fjo,

1 . r, w . la . 'fjl
:Ew.ls·v

e, rappresentando l'unità di canco col segmento v, si ha semplice-


mente
A='fjl'

Finalmente
H = :E Mo w Y _ 1. l2 . n . 'fj2
J-
'"
- 1
"'2' V. n
='fj2'

Ne viene di conseguenza che lo stesso poligono Ps riferito al suo


primo lato di sinistra rappresenta la linea d'influenza del parametro B,
analogo ad A, relativo alla reazione d'imposta destra.
Similmente dai poligoni P2' P4, P6 si ottengono i parametri ana-
loghi m', H', A' della reazione sinistra per una forza unitaria oriz-
zontale. Si ha infatti per la forza orizzontale = 1 indicata nella
figura

dove r/o è il segmento sull'orizzontale della forza 1 compreso fra i


lati del poligono P2 che sono estremi rispetto al gruppo dei pesi ela-
stici sui quali ha influenza la forza 1.
TAV. III. INCAVALLATURE 101

':, A • 6 S
• 7 .. ,
.l=~ L'"
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l' :l~).J

I
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o ~O~
I J
102 INCAVALLATURE

Inoltre:
A I __ 1 . ~ w • 23 . ' l ' l I '
='1'/1
~W.23 .V

nella quale 'l'lI viene determinata, in modo analogo, dal poligono Fa.
Finalmente:

dove rl 2 viene data, in modo analogo, dal poligono P4 (1).


La A' e la H'A sono sempre negative; mentre la H'B è diretta verso
l'interno ed eguaglia la differenza fra la forza e la H /A ; si ha poi
evidentemente B' =- A'.
Le forze applicate ad una pensilina agiscono sul sistema elastica-
mente reagente secondo due componenti staticamente determinate,
applicate ai punti d'attacco della pensilina colla colonna. Decomposte
queste ultime in componenti verticali ed in componenti orizzontali,
si può ritenere che le prime sollecitino eRclusivamente la colonna in
modo perfettamente determinato, mentre le seconde provocano rea-
zioni d'imposta i cui parametri si determinano comé è stato già detto.
Visto come si determinano i parametri della reazione sinistra per
una forza isolata unitar'ia verticale od orizzontale applicata ad un.
nodo qualunque, è ovvio come possano ottenersi per via di somma
i parametri ®rr:. A, H della reazione analoga RA per un complesso qual-
siasi di forze verticali od orizzontali (2). Se ne traccia la linea d'azione
nel modo più semplice, calcolandone l'ascissa X e l'ordinata Y delle
sue intersezioni coll'orizzontale e colla verticale per çg, le quali sono
evidentemente espresse da
X _ ®rr: Y_ ®rr:
-A - H .

Analogamente si può tracciare la linea d'azione della reazione


destra RH la quale, per verifica, dovrà incontrare la R A in un punto

(1) Le forze collegate dai poligoni P2, P4, Ps furono disposte nell'ordine di suc-
cessione altimetrica, onde i poligoni suddetti risultassero più nitidi; però nel
rilevare dal disegno ì segmenti '1'/ si avverta che l'origine di essi ca.de sul primo
lato del corrispondente poligono, mentre il termine, a rigore non sl'mpre cadrà
slll poligono così costruito, bensì sul Jato (prolungato se occorre) che è estremo
rispetto al gruppo di forze elastiche applicate ai nodi sui quali la forza 1 ha
influenza.
(2) Trattandosi di pressioni del vento non si ha che a scomporle in componenti
verticali ed in componenti orizzontali.
INCAVALLATURE 108

della risultante di tutte le forze applicate all'incavallatura. Dopo di


ciò il regime statico dell'incavallatura e dei pie dritti è perfettamente
determinato. Gli sforzi nelle aste della travatura possono essere de-
dotti da un diagramma Cremoniano o dal poligono delle pressioni.
Per effetto di una variazione uniforme di temperatura di tO da
quella di montaggio l'estremità sinistra della costruzione, supposta
ancora liberata dalla fondazione, si sposterebbe orizzontalmente, senza
rotazione, della quantità a t l, se a è il coefficiente di dilatazione ter-
mica costante per tutte le parti della costruzione, ed l la luce fra i
piedritti. Della stessa quantità si sposterebbe pure orizzontalmente
il baricentro elastico ~ supposto invariabilmente connesso coll'estre-
mità libera. La reazione d'imposta deve avere per effetto di annullare
tale spostamento: essa quindi sarà. orizzontale, passerà pel baricentro
elastico ~ (Parte II) ed avrà il valore Ht~l?x2 se § rappresenta il
peso elastico totale. Si avrà quinùi

da cui

ovvero, se nel valutare pesi elastici w SI suppose E = 1 :

H t_ _E~_l_
- é" .
':> ... w. v.n

Nell'esempio attuale SI ha, assumendo come unità lineare il cen-


timetro:
1 O,01188 cm- 3
l=2000 cm , ~= lO' ~w=-E--' v=cm.1000, n=cm.670

e ritenendo
E = 2100 t/cm', a = 0,000012
si ottiene

Ht = 2100.0,000012.2000 to =--= 0,0633 tO .


1/ 10 .0,01188.1000.670

Supponendo t = 40° si avrebbe


104 INOAVALLATURE

66. - La Tav. IV rappresenta lo studio analogo per un'incavalla~


tura, i cui piedritti sono anch' essi reticolari. I pesi elastici, molti-
plicati per E, hanno i valori seguenti:

EWl = 70 ~2992 = 0,000222 EWg = 45,4 2~0 115 2 = 0,000466


150 268
EW2 = 70 X 802 = 0,000335 EW9 = 33,3 X 108 = 0,000690
2

151 280
Ews = 70 X 802 = 0,000337 EWlO = 45,4 X 1002 = 0,000617
300 280
Ew, = 70 X 802 = 0,000670 EWll = 33,3 X 100 2 = 0,000841
153 280
EW6 = 70 X 992 = 0,000223 EW12= 45,4 X 1002 = 0,000617
150 280
EW6 = 70 X 1002 = 0,000214 EWn = 33,3 X 110 = 0,000695
2

152 280
EW7 = 33 3 X 1702 = 0,000158 EWa = 45,4 X 120 = 0,00D428
2

145
EW16 = 0,000154
= 33,3 X 168 2
E ~ w = 2 X 0,006513 + 0,000154 = 0,01318.

Una variazione uniforme di temperatura di to produce una spinta

H _ atl 2100 . 0,000012 . 2000


t- E~w.v.n -1/ 5 .0,01318.1000.443 to=O,0432to.

Le forze collegate dai poligoni Pl' Ps, P6 si seguono nello stosso


ordine delle loro linee d'azione verticali, e quelle collegate dai poligon
Ps, p" P6 nell'ordine di successione altimetrica, onde i poligoni suddetti
risultino più nitidi. Nel rilevare dal disegno i segmenti", ed ",' bi~
sogna quindi aver presente quanto è stato già detto nella nota a
pag.l02.

L'ipotesi, fatta nei precedenti esempi, che le fondazioni si com-


portino come rigide, corrisponderà, secondo i casi, più o meno ap-
prossimativamente alle condizioni reali di posa, le quali saranno
sempre intermedif' fra quelle corrispondenti all'incastro rigido e
quelle relative ad un'articolazione.
TAV. IV. INCAVALLATURE 105

1. , 11 11
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106 CUPOLE

OAPITOLO IV.
CUPOLE E TETTI PIRAMIDALI IN FERRO

Le cupole metalliche, secondo il loro modo di costruzione, possono


distinguersi in cupole ad arconi e cupole reticolari; analoga distinzione
può farsi per l'ossatura dei tetti piramidali.

67. Cupole ad arconi. - La Tavola V rappresenta un esempio


di questo tipo di cupole: la cupola del salone dei concerti all'Espo-
sizione di Bologna, eseguita nel 1888: i disegni sono riprodotti dai
Tipi di costruzioni metalliche eseguite dalla Società Nazionale delle Offi-
cine di Savigliano. L'ossatura della cupola è formata con 20 semi-
arconi, disposti secondo altrettanti meridiani equidistanti; essi sono
semplicemente appoggiati, alla loro imposta, sul muro di perimetro,
e sono ivi collegati fra loro da un feno piatto, il quale ha per iscopo
di elidere la spinta orizzontale; talchè possono, per il calcolo, i sud-
detti arconi considerarsi come impostati a cerniera. In sommità, i
semiarconi sono riuniti da un robusto anello poligonale a sezione di
doppio T composto, chiamato anch'esso a contrastare alla spinta, ed
in pari tempo a fornire l'sppoggio per il lucernario. I semiarconi sono
inoltre collegati fra loro da tre ordini di arcarecci disposti secondo
altrettanti paralleli.
Servono finalmente a contrastare le deformazioni dissimmetriche
prodotte da dissimmetriche condizioni di carico, controventi in ferro
tondo disposti a crociera, croci di S. Andrea, in ognuna delle falde
quadrilatere formate da due semiarconi e da due arcarecci consecu-
tivi; nei quadrilateri adiacenti al lucernario si ritenne sufficiente
soltanto uno di tali tiranti. I controventi sono così uniti fra loro che
in ogni caso non può entrare in azione che uno soltanto di essi, quello
che risulta teso.

68. - Per quanto riguarda il calcolo statico di una simile costru-


zione, gli arcarecci vanno calcolati nello stesso modo già visto per i
tetti a falde piane; quanto ai semiarconi, se la cupola è ~olto ribas-
sata, può limitarsi il calcolo alla condizione di carico simmetrico
rispetto all'asse della cupola (valutando in via d'approssimazione anche
TAV. V. CUPOLE 107

j3&;6"- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
108 CUPOLE

la pressione del vento come forza verticale, la quale del resto per
l'ipotesi fatta ha poca importanza) ed allora ogni semiarcone si com-
porta come incastmto perfettamente all'anello di lucernario ed arti-
colato a cerniera al piede. La reazione d'imposta, staticamente inde-
terminata, può essere calcolata col teorema dei lavori virtuali o cogli
altri che da quello derivano (Parte II). Quando invece la cupola non
sia molto ribassata, sarà conveniente prendere anche in considera-
zione un carico dissimmetrico proveniente specialmente dalla pressione
del vento. A tal uopo, onde semplificare i calcoli, che del resto risul-
terebbero laboriosissimi, si potranno riguardare, in via d'approssima-
zione, i due semiarconi giacenti nel piano meridiano parallelo alla
direzione del vento, come facenti parte di un unico arcone indipen-
dente dal resto della cupola, completandolo attraverso al lucernario,
e trattandolo come un arco con cerniere d'imposta. Questa tratta-
zione semplificati va favorisce, come è chiaro, la stabilità, perchè
prescinde dalla solidarietà dell'arcone colla rimanente parte della
cupola.
Lo sforzo T di tensione nel· tirante poligonale d'imposta, e quello
di compressione nelJ'anello poligonale di lucernario, detta li la spinta
orizzontale che il semiarcone vi esercita contro, ed n il numero dei
meridiani (numero dei lati dei detti poligoni), ha evidentemente per
espressione:
H
(32) T=---
2sen ~
n

Quando n sia molto grande, e relativamente piccolo sia il raggio


dell'anello di lucernario, questo si fa circolare anzichè poligonale;
tuttavia lo sforzo cui resta sottoposto può ancora, in via d'appros-
simazione, essere calcolato colla (32).
La sezione trasversale dell'anello di lucernario, a rigore, risulterà
in generale cimentata anche ad una certa torsione, dalla quale si suole
comunemente prescindere.

69. Tetti piramidali. - Nei tetti a forma di piramide o di tronco


di piramide, l'ossatura non differisce da quella delle cupole ad arconi,
se non per il fatto che i semiarconi vengono sostituiti da puntoni
diritti. Sul calcolo di questi ultimi nulla vi è pertanto da aggiun-
gere a quanto è stato precedentemente esposto. Gli sforzi sopportati
dall'anello di gronda e da quello di lucernario si calcolano ancora
colla (32).
CUPOLE 109

70. Cupole reticolari. - Queste cupole (fig. 58), chiamate anche


cupole di Schwedler (1), dal nome del loro costruttore, sono, o almeno
vengono considerate nel calcolo come sistemi reticolari formati da
aste collegate a cerniera alle estremità. Sono da distinguersi tre
sistemi di aste: lo quelle formanti i poligoni meridiani; 2° le aste co-
stituenti i poligoni pa-
ralleli; 30 i contro venti,
disposti secondo le dia-
gonali dei quadrilateri
formati dalle aste dei
meridiani e dei paralleli
consecutivi. In ognuno
di questi quadrilateri o
campi o pannelli ven-
gono messe in opera
ambedue le diagonali;
però, per il modo se-
condo cui sono colle-
gate, già indicato per
le cupole ad arconi, per
ogni condizione dissim-
metrica di carico entra
effettivamente in azione
soltanto quella di esse
che risulta tesa.
Nella Parte I si è già
accennato alla genesi di
queste cupole ('eticolari
ed alla determinazione
degli sforzi nelle aste,
nel caso generale di una
forza applicata ad un
nodo qualunque. Si è Fig. 58.
detto pure come nella
pratica si adotti anche un parallelo di .qronda che teoricamente sa-
rebbe superfluo, se i piedi di tutti i meridiani fossero fissi.
Nella pratica le unioni a cerniera vengono sostituite da unioni ri-
gide, talchè la determinazione degli sforzi, di cui ora si parlerà, è
soltanto approssimata.

(1) Cfr. SCRWEDLER, Die Construf:tion der Kuppeldtlcher. Berlin, 1877.


110 CUPOLE

71. Sforzi nelle aste prodotti da un carico distribuito unifor-


memente su di ogni parallelo. - Supposto che tutte le aste siano
articolate fra loro a cerniera senza attrito, che il carico sia concen-
trato ai nodi (nei quali in via di approssimazione si ritiene applicato

p
m.

Fig. 59.

anche il peso proprio delle aste) e sia eguale per tutti quelli appar-
tenenti ad un medesimo parallelo; prescindendo inoltre dalla presenza
dei controventi, i quali divengono invece essenziali per condizioni
dissimmetriche di carico, risulta molto semplice e spedita la deter-
minazione degli sforzi in tutte le aste dei meridiani e dei paralleli.
Consideriamo a tale scopo il nodo r-esimo (fig. 59) di un meridiano
qualunque, sul quale nodo si scarichi il peso Pr ; siano Cr-l, Cr le ten-
sioni nelle due aste del meridiano che ivi concorrono, inclinate all'oriz-
CUPOLE 111

zontale rispettivamente degli angoli a..-1, a r ; sia T.. la tensione,


costante per ragioni di simmetria, nelle n aste del parallelo r-esimo;
dall'equilibrio alla traslazione verticale delle cinque forze concorrenti
nel nodo SI ricava

(33) p.. + C.. sen a.. - C,--l sen a r -1 = O,

e per l'equilibrio alla traslazione flecondo il raggio (del parallelo) che


va al nodo r, osservando che l'angolo da esso formato coi due lati
del parallelo vale 90 - n, si avrà:
n

(3J) 2T r sen -
n
n
+ C'--l cosa.. _1- C.. cosa.. = O.

Dalla (33) ricaviamo


C _ C..- 1 ~en a"-l - p,-_
(35)
r - sena.. '

la quale, applicata ai successivi nodi del meridiano, partendo da quello


superiore, fornisce:

C2 = - P 1 +P 2
sen a 2

(36) ..
:EP
l
C.. = -
senar

m-l
:EP
l
C11>-l = -
sen a m - l

Dalla (34) SI ha pOI:

T,. = _2r cos a .. - S:~~cos ar-::-l


n
2sen-
n
112 CUPOLE

ovvero, In funzione dei carichi


,.-1 ,.
cotg a"-l ~ p- cotg a,. ~ P
_
T ,.- 1 1
n
2sen-
n

od anche
,.-1
(cotg a,.-l - cotg a,.) ~ P-I>,. cotg a,.
1
(37) ~= ,
2sen~
n

la quale, applicata al successivi nodi, fornisce:

P l cotg al
Tl = - --"'----=--''--

2sen~
n

(38) T3 =
(Pl + P 2) (cotg a 2 - cotg a s) - P s cotg as
--'--=--'--~----'--=----=----=-~'----=--
2sen n
n

m-l
cotg am-l ~ P
1
Tm = - - - - - - -
2sen n
n

Dalle (36) e (38) si ricava che le aste dei meridiani sono tutte com-
presse; che il pamlIelo del lucernario è sempre compresso, mentre
quello di gronda è sempre teso.
Gli sforzi C e T possono anche essere determinati graficamente in
modo semplicissimo, come chiaramente mostra la fig. 59; tuttavia, a
causa delle intersezioni sotto angolo molto acuto, questa costruzione
richiede un'accuratezza speciale, affinchè l'approssimazione sia suffi-
ciente. Ad eccezione dell'anello al piano d'imposta, il quale sopporta
una notevole tensione, tutti gli altri pal'alleli, .in quest'esempio, risul-
OUPOLE 113

tano compressi; ma per diversa entità dei carichi P, come pure nel
~aso di cupole meno ribassate, possono tal uni paralleli intermedi ri-
sultare tesi.

72. Sforzi massimi e minimi. - Lo sforzo Cr nell'asta r-esima


di un meridiano qualunque, secondo le (36), diviene massimo (minimo
in valore assoluto) quando tutti i nodi a partire dal lucernario fino
al parallelo r-esimo inclusivo, sono scarichi, cioè gravati soltanto dal
peso proprio della costruzione, il quale per ciascun nodo verrà indi-
cato genericamente colla lettera G; diviene invece minimo (massimo
in valore assoluto) quando gli stessi nodi siano sovl'accaricati del
carico accidentale P, ossia gravati del peso totale Q = G P j i ca- +
richi sui nodi inferiori al parallelo r-esimo sono senza influenza. Si
avrà quindi:
,. ,.
~G ~Q
max.Cr = -
1
sen a r
j min. C,. = -' ~~~
1

sen a"

Si ha poi dalla (37), osservando che a r > a"-l,

" -1
Q - Gr cotg a"
(cotg a,'-l - cotg a r ) ~
1
max.Tr = --------------------------------
n
2sen
n

r-l
(cotg ar-l - cotg ar) ~ G - Qr cotg a,.
min. T r = --------------------------------
1

2 sen!!.-
n

le quali hanno luogo rispettivamente quando siano sovraccaricati


ovvero scarichi tutti i nodi a partire dal lucernario fino al parallelo
(r-l)-esimo, e quelli del parallelo r-esimo siano scarichi, ovvero
,sovraccaricati; i carichi sui nodi inferiori al parallelo r-esimo sono
senza influenza.

73. Calcolo approssimato degli sforzi nelle diagonali. - Un


valore approssimativo della tensione massima cui va soggetta la
diagonale attiva (controvento) del pannello r-esimo di un dato spicchio
della cupola, in seguito a dissimmetrica condizione di carico, può
63sere ricavato osservando che tale diagonale è chiamata ad elidere
GUIDI, Scintza delle cORtruzioni, Parte III, 5" ed.
114 CUPOLE

la differenza di compressione nelle due aste, dei due meridiani con-


secutivi, da essa collegate, in seguito alle quali i paralleli si defor-
merebbero in poligoni gobbi. Indicando pertanto con {lr il medio ari-
tmetico dei due angoli formati dalla diagonale colle due aste dei due
meridiani, si avrà:
"" ,.
~Q-~G
D max. Or - min. Or 1 1
(39) "=
max. cos {l,. - sen a,. cas {lr

74. - Fatto nelle formole precedenti a" = cost., si ricavano quelle


relative ad una copertura piramidale reticolare. Dalle stesse formole
o da costruzioni grafiche elementarissime possono dedursi forme spe-
ciali di meridiani in modo da soddisfare a date condiziolli; come, ad
esempio, che lo sforzo massimo di compressione in tutte le aste dei
meridiani sia costante; ovvero che la media fra gli sforzi massimo
e minimo nelle aste di ciascun parallelo sia nulla, ecc. Se il carico
è uniformemente ripartito sulla superficie della cupola, la seconda
delle condizioni sopra indicate conduce a foggial'e il meridiano secondo
un poligono inscritto in una parabola cubica. Secondo lo Schwedler
questa sarebbe la forma più opportuna ed economica; ad evitare però
sforzi eccessivi in corrispondenza del vertice della cupola, questa, ad
un certo parallelo, va troncata e sormontata dal lucernario.

75. - Questo calcolo semplicissimo e spedito delle cupole Schwedler


è quello comunemente adottato nella pratica, e si capisce a priori che
i risultati devono essere abbastanza attendibili quando la cupola, come
viene consigliato, sia molto depressa; giacchè allora la pressione del
vento, che è la causa principale delle sollecitazioni dissimmetriche,
sarà piccolissima e, volendo, se ne potrà tener conto approssimati-
vamente, valut.anllola come un sopraccarico verticale, decomponendo
cioè la detta pressione in una componente verticale ed in una tan-
genziale alla copertura,

76. Sforzi prodotti da sollecitazioni dissimmetriche. - La


determinazione esatta degli sforzi prodotti da sollecitazioni dissim-
metriche, come, per esempio, dalla pressione del vento, non presenta
gravi difficoltà, e si riduce alla soluzione ripetuta del problema di
decomporre una forza in tre componenti concorrenti e non compiane
(Parte I). Tuttavia la ricerca risulta molto minuziosa e lunga, spe-
cialmente per il fatto che non si conosce a priori quali siano le dia-
gonali in azione (diagonali tese) e bisogna quindi procedere per ten-
CUPOLE 115

tativi. Con qualche artifizio però la soluzione del problema può


essere notevolmente agevolata: rimarchevole è il metodo indicato dal
prof. MUller-Breslau ('), secondo il quale si sostituiscono le tensioni
nelle diagonali attive colle loro componenti secondo le aste dei paral-
leli e dei meridiani, talchè non si hanno a considerare che forze
interne dirette secondo qpesti due sistemi di aste, precisamente come
nel calcolo approssimativo precedente. Ne daremo un'idea applicando
il metodo con qualche lieve modificazione alla parte di cupola rap-
presentata nella fig. 60 a , che sup-
porremo investita dal vento, spi-
rante nella direzione del meridiano
. , . 2 , 1.
Il vento esercita sui nodi certe
pression.i, normali alla superficie ~2~1 1 ~'"
"1'
della cupola, che sappiamo, già de- 1 .,'

terminare in grandezza; esse sono 2' lr)


simmetriche rispetto al meridiano
1 . 2 . . . , e quindi tali saranno
anche le tensioni nelle diverse aste,
e basterà perciò procedere alla ri-
cerca degli sforzi nelle aste di una Fig, 60,
metà della cupola, per esempio, di
quella alla destra di chi, disteso lungo il detto meridiano, guardi
verso il centro della cupola,
Supposte come attive le diagonali segnate nella figura, si cominci,
partendo dall'anello di lucernario, a determinare, nel modo già noto,
le tensioni di TI e Cl prodotte dalla forza P l applicata al nodo 1, le
. tensioni T' b T" 17 C"I prodotte dal carico p" 1 applicato al nodo 1"
(a destra), e così di seguito per gli altri nodi, nei quali non concor-
rono diagonali attive.
Passando ora al nodo l' (a destra) immaginiamo sostituite le ten-
sioni DI e D'l delle diagonali ivi concorrenti, colle loro componenti
secondo le TI, T'l e C'l; per la D l , se indichiamo con 'flò e y/ls le
componenti secondo TI e C'l di una tensione eguale all'unità, agente
secondo DI, le componenti effettive saranno 'flb Dio y'18 DI; analoga-
mente le componenti di D'l secondo C'l e T'l saranno y'ld D'l, 'f' lb D'l'
Le componenti della stessa DI secondo Cl e T 2 le indicheremo ana-
logamente con Y1à Dl e 'f2a DI' Gli indici a, b, s, d significano alto, basso,
sinistra, destra; così Yld significa la componente secondo l'asta Cl della

(i) Beitrag zur Theorie des ,'liumlichen Fachu·et'ks, Berlin, 1892.


116 OUPOLE

tensione eguale all'unità, agente secondo la diagonale D 1 del pannello


a destra; 'L"2a la componente secondo l'asta T 2 della tensione eguale
all'unit.à, agente secondo la diagonale DI del pannello superiore alla T 2 ,
cioè in alto. Le componenti 'l'Id, '1"18' 'L"lb, 'L"2a si ottengono in modo
semplicissimo per via grafica, ribaltando (fig. 60b) sul piano del di-
segno il pannello cui appartiene la diagonale .considerata, e costruendo
un quadrilatero ad esso simile, che abbia per diagonale, secondo 2 . 1',
l'unità. Identicamente si costruiscono tutte le altre 'l' e 'L".
Ciò posto, indicando con (TI)' (T' l), (C'l) gli sforzi interni nelle
aste TI, T' l, C' l, capaci di equilibrare da soli la forza esterna appli-
cata al nodo ]', sforzi che si determinano nel modo not~, si avrà
evidentemente:

(T 1) = TI + 'L"lb DI ,
(T'l) = T'l + 'L"'lb D'l,
(C'l) = C'l + '1'18 DI + 'l'Id D'l'
Dalla prima di queste equazioni si ricava DI! dalla seconda si
deduce D' l, e dalla terza, dopo avervi introdotti i valori precedenti,
si ricava C'l' Se gli sforzi nelle diagonali, così determinati, risultano
posi ti vi, significa che esse sono veramente in azione; nel caso opposto
conviene ripetere il calcolo, ritenendo come attive le diagonali opposte.
Procedendo analogamente per tutti i nodi deU'anello di lucernario,
nei quali concorrono le diagonali attive, si vengono, con questo me-
todo. a determinare gli sforzi di tutte le aste della prima zona, dopo
di che è possibile determinare, sempre collo stesso metodo, gli sforzi
nelle aste della seconda zona, e così via.

77. Cenni costruttivi. - Le aste dei meridiani generalmente


vengono formate con una costola verticale e due cantonali; il profilo
inferiore della costola si tiene rettilineo fra due paralleli consecutivi,
cosicchè l'altezza del ferro, essendo arcuato l'estradosso, cresce dai
nodi verso il mezzo della portata. In corrispondenza dei detti nodi
avviene la giunzione di due aste consecutive di meridiano.
I paralleli intermedi vengono costituiti semplicemente da un canto-
nale inchiodato sull'estradosso dei meridiani. Il parallelo di gronda
viene formato da un semplice ferro piatto, di robuste dimensioni, seb-
bene, potendo per sollecitazioni dissimmetriche generarsi in esso sforzi
di compressione, non sarebbe inopportuno rinforzarlocoll un cantonale.
Il parallelo di lucemario viene costituito da una costola rinforzata
da un cantonale, od anche da un ferro a [ semplice o composto.
DUPOLE 117

Le diagonali sono formate da ferri piatti o da tondini, come si è


già visto per le cupole ad arcani. Gli arcarecci, a distanza circa di 1m ,
sono comunemente di legno, quelli in corrispondenza dei paralleli cor-
rono aderenti al cantonale (parallelo), gli altri intermedì sono fissati
sui meridiani con due bulloni, e sostenuti ivi anche da una piccola
squadra (pezzo di cantonale). Da tale disposizione costruttiva risulta
che il carico, effettivamente, non è applicato soltanto ai nodi della
travatura, ma anche lungo le aste dei meridiani, le quali pertanto,
oltre allo sforzo di compressione determinato supponendo tutti i ca-
richi concentrati ai nodi, andranno soggette anche a flessione, della
quale converrà tener conto, sia pure in modo approssimato. Su~li
arcal'ecci viene inchiodato un tavolo di circa 5 cm. atto a portare
il leggiero materiale di coperta costituito o da cartone, o da lamiera
di zinco o di rame.
Adottando il parallelo di gronda, gli appoggi della cupola Ilon de-
vono essere fissi, se si vuole che il sistema rimanga staticamente
determinato, essi devono essere scorrevoli (a sfregamento) in una di-
rezione. Se il numero dei meridiani è pari, devesi evitare che le dire-
zioni di scorrimento dei vari appoggi concorrano tutte al centro della
superficie coperta, altrimenti il sistema non sarebbe rigido; sarebbe
infatti possibile, senza alterazione di lunghezza delle aste, un piccolo
spostamento in fuori degli appoggi di posto p. e. pari ed uno sposta-
mento in dentro di quelli di posto dispari (Cfr. Parte I).
Spesso la cupola termina in basso con un tettuccio conico a con-
tropendenza, il quale ha il doppio scopo di servire d'appoggio alla
gronda, e d'impedire istantanee cadute di grosse masse di neve.
Il peso proprio dell'ossatura metallica di queste cupole per metro
quadrato di superficie coperta può essere calcolato coll'espressione

gm = (0,25 D + 19,5) Kg m'

nella quale D rappresenta il diametro della cupola in metri. E poichè


il peso del materiale di coperta, della natura già più sopra indicata,
insieme agli arcarecci ed al tavolato può valutarsi in Kg. 35,5 per
metro quadrato di superficie coperta, così il peso proprio complessivo
della cupola, riferito sempre al metro quadrato di superficie coperta,
può calcolarsi coll'espressione

g = (0,25 D + 55) Kg/m •.


118 YOLTE

CAPITOLO V.
'l'EORIA S'l'A'l'leA DELLE VOL'l'E. E RELA'nVI PIEDRI'f'l'I

Ci occuperemo in questo capitolo dello studio della stabilità delle


volte a botte, delle val te a crociera, delle volte a padiglione e delle
cupole che rappresentano, per così dire, le volte essenziali delle co-
struzioni ci vili, alle quali facilmente possono ricondursi le volte di
altm forma; studiel'emo anche la stabilità dei rispettivi piedritti.
Ammetteremo come nota la genesi delle volte suddetté.

§ 1. - Volte a botte.
78. - Le volte a botte delle costruzioni civili sono a tutto sesto od
anche ribassate; la linea d'intradosso generalmente è circolare, e lo
spessore della volta d'ordinario cresce verso le imposte, L'artificio
costruttivo di provvedere la volta di cerniere alle imposte ed anche
alla chiave, che ha tl'Ovato nelle arcate dei ponti molteplici appli-
cazioni, non è generalmente adottato nelle costruzioni civili.
Il regime di equilibrio di un arco in muratura non differisce da
quello di un limitato tratto di volta a botte. E per quest'ultima,
poichè tutte le forze agenti su di essa s'intendono distribuite uni-
formemente sulla sua lunghezza. cioè nel senso delle generatrici, si
studia un tratto lungo l'unità di lunghezza, generalmente un metro.
Ed inoltre, poichè le forze agenti su quest'arco o su questo metro
di volta sono anch'esse distribuite unifortntlmente nel senso delle
generatrici, così le 101'0 risultanti giaceranno nel piano medio, che
sarà perciò il piano delle forze,
Le volte a botte e gli archi in muratura delle costruzioni civili
raramente sono costruiti con conci di pietra squadrati, senza inter-
posizione di malta; più comunemente sono fabbricati in pietrame od
in laterizi con interposizione di malta, oppure vengono gettati in
calcestruzzo, od in cemento armato. Il primo tipo rappresenta dal
punto di vista statico una catena chiusa di corpi semplicemente ap-
poggiati a contrasto uno contro l'altro; gli altri tipi si avvicinano
più o meno, secondo il grado di perfezione dell'esecuzione, ad una.
costruzione monolitica.
VOLTE 119

79. - Sull'estradosso delle volte a botte e sugli archi possono insi-


stere timpani in muratura, riempimenti in muratura od in terra, so-
praccarichi. Si ammette che tutto ciò agisca sulla volta, propriamente
detta, semplicemente come peso e si usa trasformare questi pesi in
un equipollente carico di muratura della stessa natura di quella della
volta. Si suppone cioè che sull'estradosso della volta sia eretta del-
l'altra muratura fino ad una certa superficie cilindrica, la cui inter-
sezione col piano delle forze è la cosi detta linea di carico.
L'ordinata 'f/ di questa linea in un punto qualunque della curva
di estradosso e contata a partire da essa, sarà data da 'f/ = 1, se
Ym
p rappresenta l'intensità del carico per m. corro insistente su quel
punto dell'estradosso e Ym il peso del m3 della muratura di cui è
formata la volta.
Sia che la volta venga costruita senza malta, ovvero con malta,
l'equilibrio del sistema è staticamente indeterminato, colla differenza
che nel primo caso tra concio e concio non possono trasmettersi che
sforzi di compressione, mentre nel secondo possono svilupparsi anche
sforsi di tensione, compatibilmente colla resistenza delle malte a tale
solleci tazione.
Ma appunto perchè la resistenza delle malte alla tensione è sempre
debolissima ed incerta, così nello studio statico delle volte in mura-
tura si suole prescindere dalla presenza de])e malte; si riporta cioè
una volta a botte qualunque in muratura al tipo di un arco formato
con conci; eccezione fatta naturalmente delle volte in cemento ar-
mato, nelle quali gli sforzi di tensione possono validamente essere
sopportati dal ferro.
Diviso pertanto l'arco di cui si studia l'equilibrio in un certo nu-
mero di conci, con giunti reali od ideali normali all'asse geometrico
dell'arco, alibastanza vicini per modo che con sufficiente approssima-
zione possano riguardarsi i vari conci come solidi prismatici, si os-
servi che attraverso a ciascuno di tali giunti si trasmette un'azione
mutua che è staticamente indeterminata. In particolare sono inco-
gnite le reazioni d'imposta, di cui la statica dei sistemi rigidi richiede
soltanto che facciano equilibrio alla risultante totale delle forze sol-
lecitanti la costruzione, condizione che evidentemente può essere
soddisfatta da infinite soluzioni.

80. - Per la stabilità, in ogni giunto della volta dovranno essere


verificate le seguenti condizioni:
a) Se la volta è apparecchiata senza malta, ovvero, anche es-
120 VOLTE

sendo apparecchiata con malta, si prescinda dalla resistenza delle


malte alla tensione, deve il centro di pressione, cioè il punto d'appli-
cazione della risultante di tutte le forze relativa ad un giunto qua-
lunque, cadere nell'interno del giunto stesso, affinchè vi sia stabilità
alla rotazione j
b) La risultante relativa ad un giunto qualunque, quando non
si tenga conto della coesione delle malte, deve formare colla normale
al medesimo un angolo minore dell'angolo d'attrito, affinchè Sia ve-
rificata la stabilità allo scorrimento j
c) La pressione unitaria massima non deve in alcun giunto
superare il càrico di sicurezza, affinchè sia soddisfatta la stabilità
allo schiacciamento j
d) Se si vuole inoltre che la pressione su ciascun giunto si
ripartisca su tutta l'estensione del giunto, affinchè vengano eliminati,
nelle mUl'ature con malta, gli sforzi di tensione, il che, come è noto,
è molto giovevole alla stabilità, deve il centro di pressione cadere
entro il nocciolo centrale, ehe è quanto dire entro il terzo medio
dello spessore dell'arco.
Al luogo geometrico dei centri di pressione, cioè dei punti d'in-
tersezione delle risultanti relative ai vari giunti coi giunti stessi, si
dà il nome di curw delle pressioni. Le condizioni di stabilità espresse
in a) e d) possono allora essere formulate anche come segue:
a') Per la stabilità alla rotazione, quando non entri in consi-
derazione la coesione delle malte, deve la curva delle pressioni essere
contenuta nella sezione della volta, cioè fra le curve d'intradosso e
di estradosso.
d') Affinchè la pressione in ciascun giunto si ripartisca su
tutta l'estensione del giunto, venendo così eliminati sforzi di tensione
nelle murature con malta, deve la curva delle pressioni risultare
contenuta fra le linee di nocciolo, cioè nel terzo medio jella sezione
della volta.

81. - Quando ancora la teoria dei sistemi elastici iperstatici atten-


deva una soluzione rigorosa generale, e le indagini sperimentali sui
materiali da costruzione non avevano raggiunto l'attuale gl'ado di
perfezione, in grazia del quale si è potuto assodare che anche le
murature ben eseguite rispondono alle leggi di elasticità, ciò che
venne constatato pure su costruzioni eseguite (1), lo studio statico

(I) Cfr. Bericht des Gewolbe Ausschusses, Zeitsch, dea Osterr, Ing. Vereines.
Wien, 1895.
VOLTE 121

delle volte si basava su d i una teoria, che ora chiamiamo la 'fecchia


teoria, suffragata da ipotesi più o meno verosimili atte appunto a
rimuovere l'indeterminazione. Attualmente però ha preso gran voga
la nuova teoria più razionale. e confermata dalle esperienze, la quale
si basa sulle leggi di elasticità.
Pl'ima di esporla, crediamo tuttavia opportuno dare un rapido
.cenno della vecchia teoria, sia perchè da alcuni ancora accettata,
sia ancora perchè nelle costruzioni civili più che la stabilità delle
volte in sè, le cui dimensioni sono ormai sanzionate dalla pratica
corrente, meno rarissime eccezioni di costruzioni di straordinaria
importanza, interessa molto verificare che i piedritti possano resi-
stere alla spinta esercitata contro di essi dalle volte stesse. Ora,
poichè lo spessore delle volte delle costruzioni civili è molto limi-
tato, una lieve differenza di posizione della curva delle pressioni.
quale appunto può provenire dall' applicare l'antica piuttosto che la
nuova teoria, non modifica sostanzialmente il regime d'equilibrio dei
piedritti.

Ve6chia teoria.

82. - Nelle costruzioni civili le volte a botte sono ordinariamente


simmetriche e simmetl'icamente cal'icate; limitandoci pertanto a con-
siderare questo caso, nel quale evidentemente anche la curva delle
pressioni è simmetrica, l'azione mutua che si trasmettono le due
semivolte attraverso al giunto in chiave ha per risultante una forza
orizzontale che chiamasi la spinta orizzontale della volta. Se se ne
conoscesse la grandezza ed il punto d'applicazione, il regime d'equi-
librio della volta sarebbe perfettamente determinato. Orbene, fra le
varie ipotesi che furono ideate per determinare questi elementi me-
rita forse maggior considerazione quella della minima spinta oriz-
zontale compatibile coll' equiUbrio della volta, proposta dal Moseley
(Philosophical Magazine, 1835; Philosophical Transactions, 1837),
cioè che la spinta orizzontale abbia appena quel valore che assicura
l'equilibrio della volta. Quest'ipotesi può in qualche modo essere giu-
stificata osservando che finchè la volta riposa snll' armatura non si
trasmette alcun'azione attraverso al giunto, ideale, in chiave; la
spinta orizzontale comincia a nascere quando si abbassa l'armatura,
e dal valore zero va gradatamente crescendo finchè la volta si so-
stiene da sè; raggiunto questo valore, sembra a chi sostipne tale
teoria che non vi sia alcuna ragione per supporre che la spinta
orizzontale cresca ulteriormente.
122 VI:JLTE

83. - In grazia della simmetria della costruzione e del carico si


può limitare lo studio statico ad un mezzo arco, sostituendo l'altro mezzo
colla spinta orizzontale in chiave·
Ora per l'ipotesi sopra ammessa
II
è facile dimostt'are che la spinta
in chiave dovrebbe essere applicata
l'
,h. in corrispondenza dell'estradosso,
I:, e che la curva delle pressioni do-
----------fY
p , vrebbe lambire verso le reni la
t curva d'intradosso. I n f a t t i sia
abcd (fig. 61) la sezione della se-
I mi volta, H la spinta orizzontale,
~'ig. 61.
n il centro di pressione per quel
giunto (reale o ideale) pcl quale la
curva delle pressioni più si avvicina alla linea d'intradosso, P la
ri~ultante di tutti i carichi applicati alla volta fra il giunto in chiave
a b ed il giunto Cl d l • Prendendo i momenti rispetto al punto n, si
ricava H =P ~ , dove p ed h rappresentano rispettivamente i bracci
di leva di P e di H; risulta quindi minima la spinta orizzontale H
quando essa sia applicata al punto a, e quando la curva delle pres-
sioni lambisca la linea d'intradosso, cioè n venga in d l . Ma per la
deformabilità, propria in diverso grado a tutti i materiali costituenti
le volte, è inammissibile che la pressione su di un giunto possa con-
centrarsi in corrispondenza o dell' estradosso o dell' intradosso; essa
certamente si diffonderà su di una superficie più o meno estesa, per
modo che la risultante incontrerà il giunto ad una certa distanza
dalle curve limiti. Che anzi, se la volta è costruita con malta, è
probabile che per la plasticità della medesima, quando ancora non
ha perfettamente indurito, la pressione su ciascun giunto si ripar-
tisca su tutta l'estensione del giunto, per il che si richiede che il
centro di pressiC!ne in ciascun giunto sia compreso entro il terzo
medio, e quindi che la curva delle pressioni sia contenuta entro il
terzo medio della sezione della volta (curva Mery, 1840), pur soddi-
sfacendo alle condizioni che rendono minima la H.
Nel progettare una volta converrà supporre che la curva suddetta
rimanga contenuta nel terzo medio; se invece si tratta di verificare
la stabilità di una volta già costruita, converrà. osservare se essa in
qualche giunto presenta fenditure o verso l'intradosso o verso l'estra-
dosso; in tali giunti il centro di pressione cadrà ad una distanza
]"ispetti vamente dall'estradosso ovvero dall' intradosso eguale ad 1/3
VOLTI!: 123

od anche meno della porzione della sezione rimasta sana. Chiamando


linee di nocciolo le linee che dividono la sezione della volta in tre
parti di eguale spessore, noi riterremo in uno studio di progetto
(quando si segua la vecchia teoria) che la curva delle pressioni per
la mezza volta sia tangente nel giunto in chiave alla linea di nocciolo
esterna e tangente in un altro punto alla linea di nocciolo interna.

84. - Ciò premesso, la curva delle pressioni che soddisfa alle sud-o
dette condizioni può essere cùstruita con metodo di falsa posizione,
com' è spiegato nella Parte IV di questo Corso; ma nella pratica,
specialmente nelle costruzioni civili, si procede più speditamente n~l
seguente modo. Se la semiampiezza dell'arco è minore di 60° si fa
passare la curva delle pressioni del mezzo arco per il limite esterno
del terzo medio in chiave, cioè per il punto che dista dall'estradosso
di un terzo dello spessore dell'arco, ed il limite interno del terzo
medio all'imposta, cioè il punto che dista dall'intradosso di un terzo
dello spessore dell'arco. Se invece la semi ampiezza dell'arco è maggiore
di 60°, conservando invariato il punto d'applicazione della spinta in
chiave, si prenda come altro punto della curva delle pressioni quello
che, nel giunto inclinato di 60° col giunto in chiave, dista dall' in-
tradosso di l/a dello spessore. Il poligono delle pressioni, cioè il poli-
gono delle successive risultanti che ha per primo lato orizzontale la
spinta in chiave, è per tal modo perfettamente determinato; basta
infatti attribuire da prima alla spinta orizzontale H un valore ar-
bitrario Ho e con questo valore costruire un poligono di successive
risultanti; da questo poligono di tentati vo che in generale non pas-
serà per l'altro punto precedentemente fissato si deduce immediata-
mente, nel modo noto, il poligono risolvente.
Si noti che, quand'anche la semivolta fosse stata divisa in cunei
di larghezza infinitesima, nel qual caso il poligono delle successive
risultanti che fornisce'i centri di pressione sui singoli giunti diver-
rebbe una curva funicolare, quest'ultima sarebbe sempre distinta
dalla curva delle pressioni, salvo il caso speciale che si dividesse la
volta con giunti verticali. Tuttavia la divergenza fra le due curve
nei casi della pratica è sempre ben piccola.

85. - Se la curva delle pressioni così costruita uscisse fuori in


qualche parte dal terzo medio della volta, si dovrebbe aumentare lo
spessore di quest'ultima. Peraltro se essa esce fuori di poco verso
l'estradosso ed in vicinanza dell'imposta, ciò in generale non com-
promette la stabilità della volta in g~azia della presenza del timpano,
124 VOLTE

che in qualche modo entra a far parte della resistenza della volt~.
Se invece la curva delle pressioni così costruita, corrispondente alla
spinta orizzontale minima, non ha altri punti di contatto o d'inter-
sezione colle linee di nocciolo, è possibile, aumentando la spinta.
orizzontale, costruire altre curve delle pressioni ancora r.ontenute
nel terzo medio, il che è certamente indizio di maggiore stabilità
della volta. Può avvenire in molti casi, nelle volte non ribassate,
che la curva delle pressioni della semivolta dopo avere avuto i due
punti suddetti in comune colle linee di nocciolo ne abbia ancora un
altro nel giunto d'imposta colla linea di nocciolo esterna. Questa
curva è allora l'unica possibile che soddisfi alle condizioni volute.
Nelle volte a sesto acuto non si può ammettere che il punto d'ap-
plicazione della spinta in chiave coincida col limite superiore del noc-
ciolo (uno dei caratteri della curva a spinta minima, senza produzione
di sforzi di tensione), ossia disti dalla curva di estradosso di 1/3 dello
spessore della volta, perchè, eccettuato il caso rarissimo che sul ver-
tice della volta insista un carico concentrato, la curva delle pressioni
uscirebbe fuori ben presto dalla linea di nocciolo esterna. Il punto
d'applicazione della H dev'essere dunque più interno; di quanto poi,
è da determinarsi con qualche tentativo.
Costruita la curva delle pressioni, si conosce per' ogni giunto la
risultante delle forze 6sterne ed il centro di pressione, e quindi si
può fare la verifica della stabilità allo schiacciamento; la stabilità
allo scorrimento è in generale abbondantemente soddisfatta.

N uova teoria.

86. - Ogni indeterminazione circa il tracciamento della curva delle


pressioni svanisce quando la volta venga considerata come elastica;
tale curva è senza dubbio più verosimile di quella fornita dalla vec-
chia teoria, per i motivi già precedentemente addotti.
Un arco in muratura, od un metro corrente di volta a botte,
quando, come si è detto, non siano provvisti di cerniere, vengono
riguardati in questa teoria come un arco elastico di un sol pezzo
incastrato alle estremità, e per conseguenza come un solido tripla-
mente iperstatico.
In generale per le costruzioni civili non occorre fare una ricerca
minuziosa degli sforzi massimi prodotti da carichi accidentali mobili:
l'ipotesi unica di un sopraccarico totale, tutt'al più insieme all'altra
di un sopraccarico SI1 metà arco possono bastare.
Se si vuoi seguire il metodo analitico, o grafico basato sulla teoria
VOLTE 125

dell'ellisse di elasticità (Parte II), si ricaverà facilmente nel modo


già indicato al num. 65 (per una travatura reticolare) la reazione
d'imposta sinistra, e quindi si traccerà il poligono delle pressioni.
Nel caso attuale l'arco va diviso in tronchi À s, possibilmente di
eguale lunghezza, dei quali si tracceranno, nel modo noto, gli assi
della ellisse parziale di elasticità; ed i pesi elastici, aventi ]' espres-
sione ~;, vanno applicati ai baricentri dei tronchi, mentre i loro
momenti stati ci rispetto agli assi x, y vanno applicati agli antipoli
dei detti assi rispetto alle ellissi parziali di elasticità dei tronchi. Si
confronti la trattazione grafica per una volta da ponte sviluppata
nella Parte IV.
Si può anche costruire graficamente il poligono delle pressioni
come poligono affine ad un poligono funicolare dei carichi descritto
con distanza polare arbitraria, e tale costruzione risulta molto sem-
plice nel caso di una volta simmetrica e simmetricamente caricata
(Cfr. Parte IV).
Anche il teorema del minimo lavoro, o quello delle derivate del
lavoro, colla corrispondente trattazione analitica del Castigliano
(V. Parte IV) conducono allo scopo.

87. - Nelle costruzioni civili. le quali rimangono riparate da forti


sbalzi di temperatura, non è il caso generalmente di calcolare la
spinta termica degli archi o volte. Del resto, quando si volesse te-
nerne conto, si sa che essa passa pel baricentro elastico dell'arco e
per gli archi simmetrici è orizzontale.
La sua espressione (Cfr. Parte IV) è

H _ atEl _ atEl
t- À -
1:-T Y ' y' J

se J è il momento d'inerzia dell'arco elastico rispetto all'orizzon-


tale pel baricentro elastico.
Riguardo al modo migliore di distribuire il carico sulla volta si
confronti la Parte IV.

88. - Detel'minate a questo modo le spinte che le volte di un fab-


bricato civile esercitano contro i loro piedritti, si può passare allo
studio della stabilità di quest'ultimi. Specialmente quando tratti si di
un fabbricato a più piani ricoperti da volte, sarà bene non limitarsi
allo studio di stabilità sul piano di fondazione del piedritto, ma
126 VOLTE

verificare le tre stabilità, alla rotazione, allo scort"irnento ed allo schiac-


ciamento su tutta l'altezza del piedritto, costruendo la corrispondente
curva delle pressioni. Quando trattisi esclusivamente di questa ve-
rifica, indipendentemente dalla stabilità delle volte, qualunque teoria
pel' determinare la spinta orizzontale di queste ultime ed il suo
punto d'applicazione può essere accettata, essendo trascurabili le
divergenze che ne derivano.

§ 2. - Volte a crociera.

89. - Lo studio della stabilità di una volta a crociera si ricon-


duce a quello delle volte a botte. Rappresenti la fig. a), Tav. VI, la
pianta di una crociera di un ambiente d'angolo di un fabbl'icato: veri-
fichiamo la stabilità della volta e del pilastro d'angolo. Benchè costrut-
tivamente non siano indispensabili, supporremo qui, per il calcolo,
l'esistenza di due archi diagonali, contro cui impostano le lunette della
crociera. Essendo la volta simmetrica e simmetricamente cal'icata,
basta per lo studio statico considerarne una quarta pilrte, per esempio,
quella compresa fra gli assi delle diJe lunette adiacenti al pilastro,
S'immagini divisa ciascuna lunetta in tanti anelli elementari, e di
ognuno di essi, colla teoria delle volte a botte, si verifichi la stabi-
lità, tracciando la eurva delle pressioni; nella figura b) tutte queste
curve sono sovl'apposte. Si verifichi in seguito anche la stabilità di
ciascun arco fl'ontale. disegnando pure per esso la curva delle pres-
sioni [fig. c) 1. Passando ora a considerare l'arco diagonale che imposta
contro il piedritto, si osservi che i suoi cunei, oltre al peso proprio
e sovrapposto cfirico, trovansi sollecitati dalle pl'essioni d'imposta
dei singoli anelli elementari in Imi si sono immaginate divise le
lunette. Indicando con D. P il peso di un semi anello [fig. b)J e con D. H
la spinta orizzontale corrispondente, il cuneo dell'arco diagonale su
cui impostano il detto semianello ed il corrispondente della lunetta
adiacente, risentirà un carico verticale 2 D. P ed una spinta ol'Ìzzon-
tale (giacente nel suo piano medio) risultante di quelle dei due anelli
elementari ed eguale iII grandezza a D. H V2. Determinate a questo
modo tutte le forze esterne agenti sull'arco diagonale, si può descrivere
anche per esso la curva delle pressioni [fig. d)] e verificarne la stabilità.
riò fatto, non rimane che verificare la stabilità del piedritto; esso
trovasi cimentato dal suo peso (proprio e sopraccarico) G, dal ca-
rico 2 P l trasmesso dai due semi archi frontali, dalla risultante H 1V2
delle spinte dei due archi suddetti, agente nel piano diagonale, e
TAV. VI. VOLTE 127
128 VOLTE

finalmente dalla pressione d'imposta esercitata dall'arco diagonale.


Lo scorrimento, come è noto, è più da temersi al piano d'imposta
della volta; ivi, prima che in ogni altro giunto, conviene adunque
fare la corrispondente verifica della stabilità, costruendo la risultante
totale delle forze (il peso del pie dritto va valutato naturalmente fino
a quel giunto), ed osservando se il suo angolo d'inclinazione alla
normale al giunto risulta inferiore dell'angolo d'attrito. La stabilità
alla rotazione e quella allo schiacciamento sono invece da verificarsi
rispetto al piano di fondazione; soddisfatte che siano in tale giunto,
lo saranno a più forte ragione nei giunti superiori se, come d'ordi-
nario, il piedritto è prismatico. Determinata, a tale scopo, la risul-
tante totale R [fig. d)], se il suo punto d'incontro col piano di fon-
dazione cade entro la base del piedritto, come è iI caso della figura,
è assicurata la stabilità alla rotazione; la stabilità allo schiaccia-
mento viene verificata graficamente nel modo già spiegato nella
Parte II. La fig. e) rappresenta tale ricerca, dalla quale si desume
che nell'esempio considerato la pressione unitaria massima risulta di·
kg. 19,5 per cm 2 •
Qualora nella precedente ricerca il centro di pressione X risultasse
troppo vicino al perimetro della base del pilastro, o, peggio ancora,
ne andasse fuori, e qualora non fosse possibile ampliare la base del
piedritto od aumentarne il peso, converrebbe conseguire la stabilità
a rovesciamento e schiacciamento coll'impiego di catene di ferro
orizzontali, da porsi prefer'ibilmente nei piani dei due archi frontali
che impostano contro il piedritto, e possibilmente al livello delle
imposte. Se indichiamo allora con - H 2 la forza orizzontale agente
nel piano dell'arco diagonale, al livello in cui trovansi le catene, di-
retta verso l'interno e capace di ricondurre il centro di pressione X
al posto voluto, H 2 : V2 rappresenterà evidentemente la tensione che
dovrà sopportare ciascuna catena.

§ 3. - Volte a padiglione.

90. - La fig. 62a rappresenta la pianta di una volta a padiglione


su di un ambiente quadrato. Ciascun quarto della volta imposta su
di un lato del muro di perimetro e vi esercita una spinta che, in
luogo di essere uniformemente distribuita, è massima in corrispon-
denza della mezzeria della parete e va decrescendo verso le estremità.
Essendo la volta simmetrica e simmetricamente caricata, è suffi-
ciente studiare la stabilità di un'ottava parte di essa. Divisa questa
VOLTE 129

parte in anelli elementari, da considerarsi come semiarchi a sesto


acuto, se ne faccia la verifica della stabilità, costruendo le relative
curve delle pressioni (fig. 62b,c,à,e,f)' Restano così determinate le spinte
che i detti semiarchi
ese r ci t an o contro il
muro; portandole come /
ordinate nella fig. 62a /
in corrispondenza dei ./
piani medi dei detti ar- /
chi elementari ed a par-
tire dalla linea d'im-
posta e riunendone con
una curva gli estremi,
si ha la legge di varia-
zione della spinta con-
tro il muro di perime-
tro. Con analoga legge
dovrebbe in realtà va-
riare lo spessore del
muro; praticamente
però lo si tiene costante,
ammettendo che esso si
comporti come un mo-
noli te. Se ne verifica la
stabilità in modo ana-
logo a quello spiegato
per la volta a crociera.

§ 4. Volte a cupola.

91. - Ammetteremo
che la volta sia cari-
cata simmetricamente
rispetto al suo asse, e
che al vertice presenti
un lucernario; studie-
remo l'equilibrio di uno
spicchio el em e n t a r e,
compreso fra due piani
meridiani formanti un
piccolo angolo w. Fig. 62.
GUIDI, 8cien= àeUe cOBt-rUflion'. Parte III, 5' ed. 9
130 VOLTE

Trasformato, al solito, il carico insistente sulla cupola in carico


equipesante di muratura della stessa specie di cui è formata la volta,
e disegnata la corrispondente linea di carico (Tav. VII), si scomponga
lo spicchio di volta e sovrapposto carico, rispettivamente, in conci
e sovrapposti strati verticali, i quali ultimi, come è noto, si ammette
che agiscano soltanto come peso.
Il concio superiore è sollecitato [fig. d) ed e)]:
loda una forza verticale = peso proprio e peso del sovrapposto
strato, in complesso = Ql ;
2° dalle pressioni P 1 prodotte dai conci degli spicchi adiacenti,
le quali, per ragioni di simmetria, sono normali alle faccie laterali
del concio in esame. Esse danno per risultante una spinta orizzontale

w n
(40) Hl=2PlsenT=2Plsen n'

se n è il numero degli spicchi in cui è stata scomposta la cupola.


Ciascuno dei rimanenti conci viene sollecitato da forze analoghe,
più dalla pressione trasmessa dal concio immediatamente superiore.
I pesi Q agiscono secondo le verticali baricentriche dei corrispon-
denti solidi (conci e sovrapposti strati), ovvero, con grandissima
approssimazione, assumendosi w piccolissimo, secondo le verticali ba-
ricentriche delle corrispondenti sezioni meridiane mediane. Sia f l'aréa
di una di esse e (! la distanza del suo baricentro dall'asse della
cupola: il corrispondente peso Q viene misurato, notoriamente, da

2n
yf-(!,
n

se y è il peso dell'unità di volume della muratura di cui è formata


la volta.

92. - La posIzIOne altimetrica, la grandezza ed il senso delle H


sono staticamente indeterminate, e quindi staticamente indeterminato
è il tracciamento della curva delle pressioni; nè la teoria dell' ela-
sticità fornisce di questo problema una soluzione semplice e pratica;
conviene perciò accontentarsi di una soluzione approssimata, o piut-
tosto di una specie di calcolo di verifica. Lo spicchio di cupola che
consideriamo si troverà nelle migliori condizioni di stabilità, se il
centro di pressione per un giunto qualunqu.e coinciderà col punto
medio del giunto stesso (punto che, in via di approssimazione, pqò
riguardarsi come coincidente col baricentro). Si obblighi pertanto
TAV. VII. 131

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132 VOLTE

la curva delle pressioni a passare pei punti medi dei giunti, e si


ammetta inoltre, riguardo alle pressioni P, che esse siano applicate ai
baricentri delle faccie laterali dei conci, con che restano determinate
le posizioni delle H, ed allora la ricerca grafica della grandezza e
senso delle H (donde restano determinate anche le P) e delle pres-
sioni risultanti R contro i diversi giunti è ridotta a costruzioni sem-
plicissime di Statica grafica.
Cominciando dal concio superiore [fig. dJ], la pressione Rl che esso
trasmette al secondo concio verrà determinata in posizione, dopo
quanto si è detto, dalla congiunglmte il punto Hl QI col punto medio
del giunto comune ai due conci. Essendo nota la grandezza di Ql'
con un triangolo di forze vengono determinate in grandezza e senso
la Hl (e per conseguenza le P I ) e la RI. Passando ora al secondo
concio, si componga da prima Rl con Q2 e si determini poi la
linea d'azione di R 2 in modo analogo a quello già indicato pel primo
concio, dopo di che si trovano in grandezza e senso la H 2 (e per
conseguenza le P 2) e la R 2 ; e cosÌ di seguito. La costruzione grafica
ora accennata vedesi applicata ad un esempio nelle fig. a) e c) (queste
figure sono soltanto dimostrative: in un caso pl'atico bisogna ese-
guirle in iscala abbastanza grande, perchè venga raggiunta una suf-
ficiente approssimazione). Se la cupola non è molto ribassata, arrivati
colla precedente costruzione ad un certo concio, le H cominciano a
cambiar di segno, cioè ad essere l'i volte verso l'interno, il che si-
gnifica che nei paralleli più bassi della cupola dovrebbero svilupparsi
sforzi di tensione. Questi sono inammissibili se la cupola è costruita
senza malta, ed ancorchè venga impiegata la malta è prudente, come
è noto, prescindere dalla sua resistenza alla tensione, per il che, a
partire da quel concio, si proseguirà la curva delle pressioni come se
le H non esistessero affatto. Se questa seconda parte della curva
delle pressioni, cosÌ ottenuta, rimane fra le curve di nocciolo della
sezione mediana dello spiechio, verrà accettata; altrimenti bisognerà
cerchiare la porzione inferiore della cupola con uno o più cerchioni
di terro. In tal caso si obbligherà la curva delle pressioni (a partire
da quel tale giunto) a conservarsi nell'interno del terzo mèdio, o
meglio ancora a coincidere coll'asse geometrico della sezione dello
spicchio, precisamente come per la parte superiore. Resteranno cosÌ
m
determinate certe tensioni orizzontali H, la cui somma :E H dovrà
r
essere fornita dalla resistenza del cerchione. Fra la tensione T da esso
m
sopportata e la risultante :E H sta, come si è visto per le cupole
r
VOLTE 133

metalliche, la relazione

m 1
~H = 2 T sen 2 w,

ovvero, con grande approssimazione, essendo w piccolissimo,

m 2n
~H=Tw=T
r n
donde la sezione del cerchione
m
~H
(41) F= r
2n k
n

Per la stabilità della cupola bisognerà poi constatare che le pres-


sioni unitarie prodotte dalle P e dalle R sui rispettivi giunti non
oltrepassino il carico di sicurezza; non verificandosi questo fatto,
converrà aumentare gli spessori.
La differenza sostanziale fra l'equilibrio statico delle volte a botte
e quello delle cupole sta in ciò che in quelle la spinta orizzontale
è costante a qualsiasi livello, in queste invece comincia in sommità
con un valore piccolo, cresce fino ad un massimo positivo, e poi,
nelle cupole non molto depresse, torna a diminuire.

Cupole sottili equilibrate e).


93. - Se si ammette che lo strato medio della cupola, cioè la
superficie equidistante da quelle di estradosso e di intradosso, sia
superficie di equilibrio rispetto al sistema delle forze esterne, il che
richiede innanzi tutto che il carico sia simmetrico I:ispetto all'asse
della cupola, e poi che il detto carico sia distribuito lungo i meri-
diani con legge dipendente dalla forma di tali curve, è facile scrivere
le equazioni di equilibrio per un elemento della detta superficie.
S'immagini la volta condensata nel suo strat.o medio e se ne con-
sideri un elemento compreso fra due paralleli distanti di ds e fra
due piani meridiani comprendenti l'angolo d w (fig. 63). Il meridiano

(I) Cfr. LANDSBERG, Die Statik der Hochbau-ColIstructionell.


134 VOLTE

che passa per il centro di questo elemento sia riferito agli assi x, y,
orizzontale il primo, giacente nel piano del meridiano e passante per
la sua origine, verticale il secondo, e coincidente perciò coll'asse
della cupola.
Le tensioni T ds agenti sulle faccie laterali dell'elemento, eguali
~ O per ragioni di simmetria, danno una
risultante orizzontale H giacente nel
piano meridiano medio, e del valore

dw
~----:r}l =Td<l d w H=2Tdssen -2 =,,-,Tdsdw.
T - ~ -f-jj-xdw-- -- ------
;).. +dx

Le risultanti
!I
Cxdw e (C + dC) (x + dx) dw
delle forze agenti lungo i lembi supe-
f'-+---7-H ~~"".;:":-~
riore ed inferiore dell'elemento giac-
I- - -- ciano nello stesso detto piano, nel quale
clf giace anche la risultante p . ds . xdw
del carico applicato all'elemento su-
TdJ perficiale.
Fig. 63.
L'equilibrio alla traslazione orizzon-
tale e quello alla traslazione verticale, analogamente a quanto si è
visto per le cupole reticolari, viene espresso dalle due equazioni

Cxdw cos a - (C + dC) (x + dx) dw cos (a + da) + Tdsdw = O


Cxdw sen a - (C + dC) (x + dx) dw sen (a + da) - pdsxdw = O.

Sviluppando e trascurando gl'infinitesimi d'ordine superiore al primo,


SI ottiene dalla prima

Cx sen a da - dC . x cos a - Cdx cos a + Tds = O


ossia

(42) Tds = d (Cx cos a)


e dalla seconda SI ha analogamente

(43) - pxds = d (Cx sen a).


VOLTE 135

Facciamo un'applicazione di queste formole al caso di una cupola


sferica, supponendo che il suo strato medio sia superficie di equilibrio
rispetto ad un carico ripartito uniformemente, p = cost, il che potrà
ammettersi con sufficiente approssimazione per cupole molto ribas-
sate (1); in tal caso osservando che x=r sen a, ds = rda, la (43) diviene

- pr2 sen a da = d (C1' sen 2 a)


ed integrando

fano d (Or sen a) = -


2 pr2Ja sen a da,
ao

Il limite inferiore corrisponde all'origine del meridiano; se la cu-


pola è sprovvista di lucernario si farà ao = O, ed allora

Or sen! a = - pr2 (1 - cos a)


da CUi

pr
(44) 0=--
1 + cos a
Introducendo quest'espressione di O nella (42) si ha:

- 2 d sen a cos a
T 1'd a--pr, 1+ cos a
da cui

(45) T _ _ l' cos 2 a


- p (1 +
cos a)2
+
cos s a

Al vertice della cupola (si ponga a = O nelle (44) e (45)) SI ha

(I) Come è noto, la superficie sferica è superficie di equilibrio per una forza
ripartita d'intensità costante convergente od emanante dal suo centro, Tale sa-
rebbe il caso di una calotta sferica soggetta. a pressione idrostatica, la cui
intensità fosse o potesse ritenersi costante in tutti i punti: la tensione interna
unitaria CI in un punto qualunque della calotta di raggio r e di spessore s sa-
rebbe la stessa in tutte le direzioni, ed avrebbe l'espressione
136 VOLTE

cioè a dire in corrispondenza del vertice della cupola si ha in tutte le


direzioni un'eguale pressione misurata, per unità di lunghezza, da p; ,
Lungo i meridiani si ha ovunque compressione, e questa cresce dal
vertice della cupola verso la linea di gronda. Nello stesso senso di-
minuisce invece la compressione nei paralleli; essa diviene nulla per
a = 51 °,50', come si ricava eguagliando a zero la (45), seppure si
ritiene ancora accettabile tale formola per un valore così rilevante
di a; crescendo ancora il valore di a, i paralleli divengono tesi.
Dovendosi prescindere dalla resistenza delle malte alla tensione,
conviene provvedere all'equilibrio con un sufficiente rinfianco in mu-
ratura, o con cerchiature in ferro la cui sezione viene determinata
nel modo già visto precedentemente.

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