Storia Della Musica Moderna e Contemporanea
Storia Della Musica Moderna e Contemporanea
Storia Della Musica Moderna e Contemporanea
Possiamo definire musica tutto il sonoro prodotto e organizzato dall’uomo. Se faccio cadere gli occhiali non è musica,
ma se sbatto la mano volontariamente sugli occhiali la produco. La Musica è iscritta nel patrimonio genetico
dell’umanità. Anche i popoli che non conoscono il concetto/termine MUSICA, fanno musica.
Perché il bisogno di musica è nel nostro patrimonio genetico? Esistono tante musiche quanti sono i popoli che la
producono, dato che siamo tutti diversi. La musica abbatte le barriere linguistiche.
RITMO → se noi produciamo un ritmo particolarmente trascinante istintivamente tendiamo a muoverci (battere le
mani, piedi ecc.; il nostro cuore batte ritmicamente). È un aspetto collegato al fatto che l’esperienza sonora è
un’esperienza prenatale → il feto nel grembo materno non vede, ma sente. Sente i fluidi corporei e il liquido amniotico.
Sente il ritmo cardiaco della madre, la sua voce ecc… ⇉ ⇉ Esperienza arcaica e ancestrale della musica. La nascita è
un’esperienza traumatica → si assiste ad un cambio di “habitat”. Per calmare il bambino lo si fa attraverso il suono
(mettere il bambino alla sinistra del petto per fargli ascoltare il ritmo del cuore). La musica ha un enorme potere psichico.
In passato la musica era posseduta e maneggiata dagli stregoni, infatti lanciavano incantesimi attraverso formule sonore.
Nella cultura la musica è sempre stata usata con funzione catartica:
-Puglia → La Tarantula (un ballo incessante per guarire dal morso della tarantola, finché non si entra in trance);
-Il mito di Orfeo → Orfeo riesce a commuovere gli dèi con la sua cetra;
-Arione → calma il mare in tempesta con la musica.
La musica è conosciuta anche per la sua funzione terapeutica: anche le persone sorde sentono musica → sentono le onde
sonore (onde elettromagnetiche), o le vibrazioni. Tutte le musiche e tutti i tempi si appoggiano al tactus ritmico del
cuore (il ritmo del cuore). Il tactus deriva dalla nostra struttura psicofisica quindi.
2. MUSICA D’ARTE → La musica d’arte nasce in Grecia col canto formulaico, legato all’intonazione (Achille
piè veloce, Andromaca dalle bianche braccia). Era cantata. Anche nella letteratura italiana medievale le poesie
venivano messe in musica (II canto del Purgatorio Casella “Amor che nella mente mi ragiona”, il canzoniere di
Petrarca “Voi ch’ascoltate in time sparse il suono” + repertorio dei canti gregoriani, che per secoli si sono
tramandati oralmente da alcuni monaci (gli stavano cadendo i coglioni a cantare dalla mattina alla sera).
Allora hanno iniziato a scrivere queste canzoni con degli accenti (i neumi) → scrittura neumatica. Con queste
linee si capiva che nota fosse ecc. Questa scrittura funzionava come una carta geografica e ci rendiamo conto
attraverso queste battiture se la musica sale/scende. Nel ‘500 in corrispondenza della parola “occhi” si
mettevano due semibrevi per dare anche un senso ottico/visivo.
LA MUSICA D’ARTE È AUTONOMA → è fine a sé stessa; si va a teatro principalmente per ascoltare la
musica. A partire dal Medioevo compare la figura del compositore, che utilizza la scrittura per comporre. La
musica d’arte è dinamica. La dinamicità distingue la musica d’arte dalla musica etnica. La musica etnica sta
fuori dalla storia, mentre quella d’arte è inglobata nel ciclo storico e cambia con esso.
Nel ‘900 nasce il fonografo, e si inizia a registrare la musica, soprattutto il melodramma, che è l’antenato del cinema.
È stato il grande spettacolo multimediale che ha condizionato l’immaginario delle persone fino alla nascita del cinema.
Il melodramma ha musica, scenografia, attori ecc…
Intanto nasce la canzone popolare → popolar music, che non è prodotta dal popolo, ma da alcuni artisti che
condizionano le abitudini del popolo (nel modo di vestirci, di fare i capelli ecc…)
La pop music viene vissuta e influenza in particolare i giovani.
• Inquinamento acustico: viviamo in un ambiente in cui i rumori sono molto forti e acuti. Noi viviamo con un
sottofondo sonoro: generale o del negozio in cui entriamo, per esempio. A seconda del negozio in cui si entra,
sentiamo una musica diversa. Se entri da Zara senti musica pop, se entri al supermercato senti altro ecc…
• Soglia di dolore: crescendo la soglia di dolore diminuisce e ciò che ai giovani sembra piano, agli adulti sembra
forte.
La musica pop viene subita, nel senso che ci circonda e la sentiamo anche senza volere, spesso non ce ne rendiamo
neppure conto.
LEZ. 2 – GLI ALBORI DEL CINEMA.
GLI ALBORI DEL CINEMA.
Il cinema nasce come un esperimento, e grazie ai fratelli Lumière il cinema ebbe un inizio e anche un grande impatto.
All’inizio, i film duravano pochissimo ed il cinema era così reale da causare sgomento tra il pubblico. Si iniziò a capire,
quindi, che le immagini proiettate dovevano essere accompagnate dalla musica, la quale ha due funzioni: pratica e
culturale. Nel 1895 i fratelli Lumière brevettarono la loro invenzione, denominata CINÉMATOGRAPHE.
Nel marzo del 1895 realizzarono la loro prima proiezione cinematografica, che descrive scene di vita quotidiana. Per la
gente fu qualcosa di fantastico perché vedevano delle immagini proiettate su uno schermo per la prima volta.
I PRIMI MANUALI DI CUE SHEETS → In America nasce la pratica di stabilire come accompagnare i film, nel
senso che i pianisti che accompagnano la proiezione cinematografica avevano la possibilità di consultare i manuali "Cue
sheets", pieni di pezzi da usare per ciascun tipo di scena. I musicisti li usavano per aiutarsi a scegliere i brani.
SPAZI E ARCHITETTURE.
• L’immagine della città futurista è condizionata dalla visione dei grattacieli di New York ma anche da alcune
realizzazioni dell’architettura tedesca e dalle invenzioni architettoniche del Bauhaus.
• Lang recupera sulla base di una scrittura simmetrica e geometrizzante elementi architettonici diversi, che
riorganizza in un quadro visivo nuovo.
• I modelli della città dei lavoratori rimandano ai quartieri operai della Germania di Weimar ed esemplificano le
nuove teorie funzionalistiche con la semplificazione delle strutture architettoniche e la serialità. L’intenzionale
povertà di questa scenografia è una critica indiretta all’architettura sociale e ai progetti urbanistici del
socialismo tedesco e mitteleuropeo.
Abbiamo una concezione geometrizzante. !! Il tema dell'alienazione nasce in questo momento !!
▶Androide Hel: copia ingannevole degli umani. Dal ‘700 si inizia a sognare di costruire delle copie androidi degli
uomini → angoscia che la scienza possa produrre dei corpi artificiali.
!!! Attenzione al nome Hel che in Kubrick sarà Hal !!!
Dietro tale contrapposizione si intravede il contrasto tra una modernità avvertita come minacciosa e un umanesimo
cristiano radicato nel pre-moderno. La raffigurazione distopica della modernità tradisce un pensiero pre-tecnologico che
interpreta lo sviluppo della tecnica in termini di allontanamento dalla tradizione cristiana e auspica un accordo tra
capitale e lavoro. In termini visivi questa tensione si coglie nell’inserimento di una struttura di tipo catacombale
all’interno di una città del futuro.
[ Freder scopre il proprio destino e al tempo stesso di essere un mediatore. Passa ad uno stato di consapevolezza
grazie a Maria. Le sue allucinazioni gli consentono di cogliere il lato oscuro di Metropolis.]
Il film è legato anche alla letteratura di appendice: una letteratura nata nell’800, è una letteratura molto diversa e i
romanzi vengono letti dalla piccola borghesia. I romanzi comparivano in appendice ai giornali a puntate in cui c’erano
gli intrighi più complicati, come: persecuzioni, uccisioni, tradimenti… Le serie televisive sono eredi dei romanzi di
appendice. Molti elementi del film sono legati alla tradizione occidentale (giardino dell’eden, la figura femminile
contemporaneamente angelica e demoniaca, la paura della strada da mandare al rogo).
L’ANDROIDE HEL.
- La falsa Maria si presenta come un simulacro illusorio, come una copia ingannevole dell’umano. La sua figura
affonda le radici negli automi del Settecento e nella letteratura fantastica del Romantica e introduce il tema del
prodotto artificiale della scienza che si ribella al suo creatore
- Lo sguardo vuoto della Falsa Maria segnala il pericolo dell’alterazione dell’uomo tramite la tecnica
- Mentre la vera Maria è avvertita come un’apparizione e il suo fascino si condensa nella forza enigmatica dello
sguardo, la falsa Maria ha uno sguardo vuoto che palesa la natura perversa del simulacro e disvela la dimensione
inquietante del meccanico. L’invito all’amore della vera Maria è rovesciato in perversità e depravazione e alla
dimensione religiosa della predicazione dell’amore si contrappone l’incitazione alla violenza cieca e irrazionale.
Il giovane Freder, dopo aver scoperto il robot nell'ufficio del padre e convinto che sia la vera Maria, si ammala e cade
preda di terribili allucinazioni. Maria in realtà è ancora nella casa di Rotwang che le confessa di aver programmato il
robot affinché esso induca gli operai a distruggere le macchine, contravvenendo per vendetta alle istruzioni di Joh, suo
antico rivale in amore; quindi le intima di rimanere con lui. La Maria-robot aizza gli operai a cui non par vero di iniziare
la "rivoluzione": solo Freder, con l'aiuto di Josaphat, capisce immediatamente che colei che sta parlando non è la vera
Maria, ma non viene creduto perché viene riconosciuto essere il figlio del padrone e perciò viene picchiato e scacciato
dal sottosuolo.
Il film è costruito come un'opera lirica ed è diviso in tre parti: il prologo, che dura per l'intera prima metà del film, un
breve Intermezzo e un Furioso, che segna le scene finali.
Dal punto di vista tecnico, nel 1927 Metropolis era un film all'avanguardia. In esso vennero utilizzate tecniche di ripresa
strabilianti per l'epoca, tra cui spiccava l'introduzione del cosiddetto effetto Schüfftan, dal nome del fotografo Eugen
Schüfftan, che permetteva la creazione di mondi virtuali a costi relativamente bassi. Si trattava di una proiezione di
fondali dipinti, tramite un sistema di specchi inclinati a 45 gradi; lo specchio poteva essere grattato in una o più parti, in
modo che lo sfondo comparisse solo in alcuni punti della pellicola, curando nel dettaglio la profondità di campo. Nelle
restanti parti si potevano poi usare scenografie tradizionali ed attori in carne ed ossa, con uno straordinario effetto di
realtà. Questa tecnica venne usata, ad esempio, per creare la torre di Babele, la città dei lavoratori, le viste aeree di
Metropolis e l'enorme stadio di Metropolis in cui effetto Schüfftan è nella parte alta e i veri corridori sono nella parte
bassa.
Inoltre in Metropolis si registra l'introduzione nel cinema d'autore del passo uno, ovvero le riprese effettuate per singoli
fotogrammi. Non esistendo all'epoca tecniche di montaggio adatte, le scene con esposizioni multiple sono state realizzate
direttamente sul posto, riavvolgendo la pellicola e filmandovi sopra più volte, in alcuni casi anche per trenta passaggi.
Questa tecnica era delicata, in quanto un solo errore avrebbe compromesso tutto il lavoro. Tra le scene più complesse
quella degli occhi spalancati e sovrapposti nel bordello di Yoshiwara, che rappresenta la libidine degli uomini attratti
dall'esibizione della finta Maria.
Essenziale nella cinematografia di Lang è la composizione dell'inquadratura, che crea un vero e proprio universo
visionario senza però ostacolare la narrazione della storia. Lang fu anzi un maestro nel raggiungere un perfetto punto di
equilibrio tra storia narrata, che scorre chiara e forte, e l'uso di effetti speciali ricchi di immagini travolgenti e simboliche.
Il direttore della fotografia Günther Rittau, che lavorerà nuovamente con Lang per Una donna nella luna, si occupò degli
effetti visivi della scena in cui viene creato l'"Uomo-macchina".
Le architetture risentono fortemente dei modelli architettonici futuristi, come quelli di Antonio Sant'Elia e Mario
Chiattone.
LEZ. 3 – MUSICA E IMMAGINI NEI FILM DI KUBRICK .
2001 ODISSEA NELLO SPAZIO SU SOGGETTO DI KUBRICK E DI ARTHUR CLARKE CON MUSICHE
ORIGINALI DI ALEX NORTH POI RIFIUTATE DAL REGISTA
«2001 è un’esperienza non verbale. Su due ore e diciannove minuti di film, non ci sono neppure quaranta minuti di
dialoghi. Ho cercato di creare un’esperienza visiva che aggira la comprensione e le sue costruzioni verbali per penetrare
direttamente l’inconscio con la sua carica emotiva e filosofica. Ho voluto che il film fosse un’esperienza intensamente
soggettiva, che colpisce lo spettatore a un livello profondo della coscienza proprio come la musica» (Kubrick) «[…] è
la storia l’elemento più importante, o essa non è che un mezzo per produrre piacere e mantenere l’interesse, volgendosi
invece la vera preoccupazione dell’artista alla compiutezza formale?» (Kubrick)
«Ed è proprio lo strappo e il distanziamento da un modello musicale ormai percepito come inadeguato che condurrà
Kubrick all’esplorazione e alla selezione di pagine musicali congeniali al suo pensiero estetico […] in una poetica
musicale senza antecedenti da reinventare film dopo film» (Sergio Bassetti, La musica secondo Kubrick, Torino, 2002).
2001 Odissea nello spazio è composta su un soggetto di Kubrick condiviso con Arthur C. Clarke che pubblicò un
romanzo nello stesso anno.
La storia non è importante come il significato che c’è di sotto: il regista ha cercato di creare un’esperienza visiva per
arrivare all’inconscio dello spettatore. La storia è uno strumento per produrre piacere e invogliare lo spettatore. Per la
colonna sonora sceglie di utilizzare delle musiche classiche come i grandi valzer viennesi del 900.
Il risultato è come i film muti d’avanguardia, costruito sul montaggio. La musica è centrale nella produzione del film e
non è in funzione delle immagini. Quando si parla non c’è musica, quando non si parla c’è musica. Ci sono anche delle
didascalie e il regista riduce la funzione delle immagini ▻ l’immagine vale per sé, assume una dimensione iconica.
Negli anni ‘50 nasce la musica elettronica. Questo tipo di suono è sintetico, non appartiene alla natura. I primi ad
utilizzare questa nuova tecnologia furono i musicisti di musica colta. Kubrick ha prodotto una musica con voci
sovrapposte, in modo tale da creare un suono inquietante.
Kubrick crea anche un effetto di straniamento. Altro elemento è la dimensione autoriflessiva: percepiamo che dietro la
storia e il film c’è il regista, in questo modo, siamo spostati a concentrarci sul valore simbolico della storia. Troviamo
anche un rimando ad Ulisse.
▪ Marcata differenziazione tra sequenze soltanto parlate, attraverso le quali passa il racconto, e sequenze affidata
esclusivamente alle immagini e alla musica: secondo Kubrick l’interazione tra immagine e cinema doveva creare
un’esperienza emozionale e intellettuale.
▪ Inserimento di didascalie, simili a quelle del cinema muto.
▪ Delle immagini, il regista riduce al minimo o addirittura sospende la funzione diegetica per esaltarne
l’iconicità, la capacità di auto-rappresentarsi:
Le immagini non vengono concepite in chiave diegetica (ci aiutano a capire il racconto); a Kubrick non
interessa il carattere narrativo ma la sua iconicità; quando vediamo l’inizio di Shining ciò che ci colpisce è il
carattere obliquo della ripresa e la sua autonomia significante.
▪ Kubrick ricorda musiche preesistenti, desunte dalla tradizione colta d’arte e dotate di una loro autonomia
significante. In tal modo determina un inedito confronto tra i diversi codici del testo filmico, tra la musica, le
immagini e il racconto. L'esito è una decontestualizzazione delle musiche impiegate e l’inserimento in altre
immagini del tutto diverse creando un conflitto tra di loro e concependo un nuovo significato.
2001 Odissea nello spazio
Richard Strauss – Così parlò Zarathustra (allusione a Nietzsche) – questo brano eroico, enfatico è
l’esaltazione delle magnifiche sorti progressive e dell’uomo o superuomo.
Johann Strauss jr – valzer Il bel Danubio blu (balletto delle astronavi);
Aram Kachaturian – Adagio dal balletto Gayane.
György Ligeti – Luce eterna, Kyrie dal Requiem, figure musicali dell’infinito e del mister.
Compare un monolito nero – momento in cui questi antenati sviluppano la coscienza e possono spostarsi
verso tutto ciò che sta al di là della consapevolezza della coscienza. Potrebbe anche simboleggiare le possibilità di
capacità significante e simbolica del cinema. Il monolito nero allude forse all'apertura dell'uomo alla coscienza e
dunque alla dimensione del sacro. Per Bernardi quest’oggetto indefinibile si pone come immagine della funzione
simbolica propria dell'arte cinematografica. Dopo questa parte le scimmie si avvicinano verso la condizione umana –
diventano carnivori e si comincia a dare importanza all’osso come elemento di violenza. Dopo aver avuto il contatto
con quel monolito la scoperta della coscienza è legata alla scoperta della violenza.
Kubrick affronta un tema fondamentale: la struttura antropologica dell’uomo; sin dall’inizio abbiamo avuto una
scoperta del sacro ma anche una radice quasi animalesca legata alla violenza, parte costitutiva del nostro essere. L’osso
lanciato dal nostro antenato si trasforma in una navicella – entriamo in un mondo asettico, proiettato nel futuro in cui
l’uomo sembra aver dimenticato le sue radici ancestrali. Il fatto che l’osso si trasforma in una navicella è un modo per
ricordarci le nostre origini.
Il terzo brano, Il Bel Danubio blu – valzer di Strauss che divenne la forma più prediletta dall’aristocrazia viennese – è
associato al balletto delle astronavi – ancora una volta una pura sequenza di immagini e musica.
L’associazione del valzer viennese (elemento del passato) con una società ultra-avanzata è nuova: abbiamo una
collisione di significati; il valzer viene legato ad immagini nuove che acquisiscono un nuovo significato.
I film di Kubrick sono autoriflessivi – ci costringe a vedere come sono fatti, tipicamente novecentesca.
Successivamente noteremo la prima sequenza parlata – solo suoni reali (intradiegetici) e senza musica – in un ambiente
asettico in cui ogni traccia della dimensione umana è passata. Dopo la parentesi in cui capiamo che i personaggi parlano
con i parenti attraverso il riconoscimento vocale, ritorniamo al balletto delle astronavi.
L’astronave approda in un territorio, sentiamo una musica che ci anticipa ciò che vedremo – il Requiem di Ligeti,
costruiti con gli stessi principi di Lux Eterna e ricompare il monolito.
La scena in cui l’astronauta tocca il monolito ci riporta alla scena degli scimpanzè: cambia la dimensione temporale, ma
il senso è lo stesso – la curiosità. Gli ominidi strillavano, mentre qui troviamo la compostezza dell’uomo postmoderno.
Lo stupore è lo stesso perché toccano entrambi il monolito. Il tempo lì sembra più breve con il movimento veloce degli
ominidi, qui sembra più lento perché loro si muovono lentamente verso il monolito.
Kubrick ci invita a riflettere su cosa possa significare questo oggetto: il fatto che tutti lo tocchino e lo guardino è legato
al fatto che la nostra dimensione umana costruisce dei simboli, codici.
I film di Kubrick sono fatti di immagini che ritornano (ripetizione motivica delle immagini) come nella musica
abbiamo dei temi che ritornano.
Ad un certo punto, troveremo 3 astronauti, incaricati di fare una spedizione su Giove, e viene raccontata la loro vita
sulla navicella, sopra la quale sono alle prese con un computer, HAL 9000 (rimando a Metropolis), che sbaglia facendo
degli errori; gli astronauti decidono di disattivarlo e si nascondono in una zona in cui il computer non li può sentire ma
riconosce che lo stanno disattivando. Così, uccide due astronauti fin quando il terzo riuscirà a disattivarlo.
Troveremo la musica di Aram Kachaturian, Adagio – molto malinconica, ma qui avrà una valenza sentimentale – e
giochi di forme geometriche, quadrati, rettangoli. David decide di entrare dentro il computer per disattivarlo che nel
frattempo si è umanizzato e ha riconosciuto la violenza. Chiede di cantare la canzone Giro Giro Tondo come se fosse
un ritorno all’infanzia. La frequenza si abbassa perché sta disattivando tutto.
SCENA FINALE: ad un certo punto si vede Giove e percepiamo suoni sintetici che non esistono in natura e neanche
gli strumenti possono replicare. Questa è l’ultima sequenza del film e torna il motivo dell’occhio: qui l’occhio guarda.
Si vede anche una stanza settecentesca, Kubrick richiama il ‘700 perché per lui fu un secolo importante in quanto era il
secolo dell’illuminismo, della nascita della ragione. L’astronauta è diventato più anziano e sentiamo la musica di Ligeti
che si chiama “adventures”. La scena è molto lenta e l’astronauta si siede al tavolo per poi sedersi sul letto. Ritorna la
musica “così parlò Zarathustra”. Si vede l’immagine del feto astrale e nei titoli di coda torna il Valzer di Strauss. Il
feto astrale c’è un riferimento al Superuomo ma ci sono altre possibili interpretazioni, come il legame all’alba dell’uomo
MUSICHE E SUONI.
- György Ligeti, Atmosphères (1961) – sequenza iniziale sullo schermo nero e sul viaggio ‘sensoriale’ di Bowman
verso Giove, associato a giochi di luci e colori;
- Richard Strauss, Also sprach Zarathustra (1896) – musica trionfale e ottimistica sui titoli di testa, sull’immagine
della scoperta dell’osso-arma, sull’immagine finale del film;
- Johann Strauss, valzer Il bel Danubio blu (1866) – grazia e spensieratezza dell’Austria felix sul ‘balletto’
siderale delle astronavi e sui titoli di coda;
- Aram Khacaturjan, Adagio dal balletto Gajane (1940-41) – musica malinconica sull’immagine della corsa
dentro l’astronave;
- György Ligeti, Kyrie dal Requiem (1963-1965) – musica dell’infinito e del mistero in associazione con
l’immagine del monolito e sul viaggio di Bowman verso Giove;
- György Ligeti, Lux aeterna (1966) – anticipa il Requiem associato alla seconda apparizione del monolito;
- Sul silenzio della prima lunga sequenza del film, suoni ‘naturali’ - il vento, il canto degli uccelli, le grida degli
animali, le urla degli ominidi;
- Sul silenzio della sequenza della stanza del ‘700, suoni ‘artificiali’ desunti dall’opera di György Ligeti
Adventures (1962-1963), costruita su agglomerati di sonorità distorte con rumori e riverberi di bisbigli, risate,
suoni inarticolati;
- Durante il viaggio dell’astronave suoni molteplici – i rumori delle apparecchiature di bordo, il ‘respiro’ di
Bowman, una sorta di sibilo come sottofondo al battito cardiaco amplificato.
PROCEDIMENTI CINEMATOGRAFICI.
- Concezione dello spazio filmico non come spazio diegetico ma soprattutto come spazio iconico.
- Centralità dello sguardo attraverso il ricorrere della ‘figura’ dell’occhio (occhio di Hal che guarda tutto)
- Contrasto tra il paesaggio informe della preistoria e quello rigorosamente geometrico dello spazio
- Ricorrenza della figura del cerchio, come forma geometrica ‘perfetta’
- Posizioni ellittiche del corpo umano (scena di quello che corre in una base ellittica – ci sono corpi di scienziati
ibernati perchè dovevano andare a Giove e probabilmente ci volevano centinaia di anni, sarebbero stati svegliati
dal computer.) HAL chiamato come “calcolatore’’ ed è il cervello e cuore dell’astronave. HAL (il pc) viene
intervistato e gli vengono poste delle domande uguali a quelle che si pongono agli umani – per esempio: “Hal,
non ti senti frustrato…’’ – soggettività filmica → quando lo spettatore vede le cose con gli occhi del
personaggio. – HAL parla come un essere umano, ha dei sospetti, delle paure, pensa, infatti proprio x la paura
decide di fare fuori gli astronauti per non completare la missione, poiché giravano delle dicerie su un qualcosa
di strano che fu scoperto sulla luna. HAL serie 9000. Ci sono delle capsule (nell’astronave) acusticamente
isolate, così gli astronauti possono parlare senza che HAL li possa sentire. - Hal però riesce a leggere il labiale
dei due astronauti e capisce che loro hanno preso in considerazione la possibilità di scollegarlo, anche qui c’è
la soggettiva filmica. Nota bene che, quando i personaggi parlano, la musica si ferma. Hal uccide un astronauta,
buttandolo nello spazio. In seguito il comandante entra dentro Hal, per prendere il controllo. Pian piano il
comandante comincia a disattivare le funzioni celebrali del pc HAL. HAL ha paura. Dicono che, quando si
muore si ripercorra tutta la vita, ed HAL mentre sta morendo ripercorre tutta la sua vita. Dopo la disattivazione
di HAL, la missione prosegue verso Giove. (HAL HA PAURA DI ESSERE SPENTO/SCOLLEGATO, per
questo ammazza gli astronauti).
Ricorda: nessuno sa il vero motivo della missione su Giove, nemmeno HAL, probabilmente si sarebbe saputo all’arrivo.
Per la scena finale, ci sono varie interpretazioni e nemmeno la professoressa ha capito la fine del film: in sostanza, la
fine sembra rimandare alla tematica della continuità, della rinascita e della consapevolezza.
** mandano un equipaggio da Giove senza sapere il motivo. Il computer si rivolterà contro l’equipaggio (simile al film
Metropolis).
- L’occhio di Hal guarda tutto → rimanda all’occhio di Dio (quadro: l’occhio dentro il triangolo) → ricorre il
tema dell’occhio.
I TEMI.
o Tema dell’occhio - l’occhio del computer ricorre come il monolito
o Tema della violenza
o Tema del viaggio.
Tematiche importanti:
Tema della violenza su cui si erge la società contemporanea;
Tema della ragione della crisi dei valori attraverso i genitori del protagonista che denunciano la crisi della figura del
padre come figura che “dà la legge”, l’inconsistenza dei genitori di Alex si colloca nel contesto che Kubrick racconta
senza dire nient’altro restituendoci una realtà.
Tema della volgarità accentuato tramite la citazione di alcune opere della pop-art come La donna mobile di Allen
Jones – si registra la trasformazione della donna in oggetto.
Il tema dell’occhio.
Il tema del cinema criticato da Alex ma ovviamente con le parole di Kubrick.
La società che viene presentata è quella postmoderna: Kubrick fa riferimento alla pop-art, stile che si caratterizza per
l’utilizzo di oggetti legati alla società dei consumi – fa riferimento anche ad alcune forme di comunicazione come i
fumetti o icone più diffuse dei mass media in quel momento storico (ad esempio Marilyn Monroe).
La pop-art si affermò alla mostra di Venezia del 1964: gli artisti raccontano la realtà con il filtro della riflessione critica,
mentre la pop art guarda alla realtà senza alcun filtro critico.
Veniamo trasportati in un bar e sin da possiamo notare delle particolarità nel primo piano di Alex:
Ha un occhio truccato ed uno no – simbolo del rapporto tra natura e cultura.
Parla in prima persona e si rivolge allo spettatore cercando di coinvolgerlo nella storia chiamandolo fratello – rapporto
privilegiato che all’inizio è difficile perché lo spettatore sarà costretto ad assistere a scene di violenza, mentre nella
seconda parte del film diventerà più semplice seguirlo arrivando quasi a identificarsi con il protagonista.
Alex in realtà è A-Lex, vale a dire senza legge.
Usa un linguaggio fantasioso ma sempre in senso degradato.
Il film non è realistico ma caricaturale così come vengono presentati anche i luoghi di periferia (degrado) in questo
modo – elemento che serve per farci capire appieno i temi e farci capire che si tratta di un film, con la presenza di
qualcuno che dietro a tutto il film sta riprendendo la scena.
Nel film troviamo gli stessi balletti presenti nel film 2001 Odissea nello spazio:
Scena del teatro vuoto in cui si scontrano con un altro gruppo di teppisti: avviene una situazione in cui musica e
movimento creano una sorta di balletto (come in Odissea nello spazio). L’accompagnamento di Rossini mette insieme
una musica gioiosa con scene di violenza: è un caso di contrappunto tra immagini e musica che disorienta lo
spettatore e crea un nuovo senso, proprio perché la musica è legata alla sua origine. Sappiamo che la musica è di
Rossini, la associamo a qualcosa di ben preciso in relazione al momento in cui è stata composta, ma nel film viene
associata a qualcosa di diverso e lontano dal suo significato originale creando un nuovo significato. Kubrick cita sempre
sé stesso: attraverso la violenza dei ragazzi rimanda alla scena delle scimmie facendoci riflettere sulla dimensione
animalesca di ognuno di noi che non possiamo cancellare.
Balletto con le statue di Gesù: mentre Alex ascolta la musica di Beethoven viene presentato in sequenza un balletto
creato con i frammenti registrati delle statue di Gesù presenti nella stanza del protagonista. Il crocifisso rimanda agli
aspetti sadici del personaggio. Le visioni che Alex ha sono legate alle immagini dei colossal dei film hollywoodiani,
come a dirci che le sue visioni sono legate ai prodotti che la società produce.
Nel film un elemento è costantemente presente: l’ossessione per Beethoven. Non solo il protagonista è un appassionato
del suddetto compositore, che su di lui produce un effetto elettrizzante, ma anche elementi quali il campanello di casa
ricorda l’incipit della quinta sinfonia di Beethoven.
Alex adora Beethoven, ma il compositore è costantemente associato ad una situazione degradata – aspetto che
Kubrick condivida soprattutto con i filosofi della scuola di Francoforte che hanno affrontato il problema del rapporto
della società di massa con l’opera d’arte, sottoposta ad una sorta di degradazione.
Ad un certo punto del film, il protagonista si recherà in un negozio di dischi in cui si sentirà parte dell’Inno alla
gioia di Beethoven.
Nella scena in cui si arrabbia perché i suoi compagni non lo riconoscono più come capo della banda si sente
ispirato dalla musica di Beethoven (La gazza ladra) che sente da una finestra aperta a fare della violenza gratuita
nei loro confronti.
Nella seconda parte del film, il ministro entrerà nella cella del carcere in cui è detenuto Alex in cui si troveranno
delle foto e forme di Beethoven.
Al momento della somministrazione della cura, i medici faranno vedere ad Alex dei film nazisti come traduzione
della violenza in fatto di stato: l’associazione della marcia funebre alle immagini naziste non è casuale perché
i nazisti adoravano Beethoven e, addirittura, molti ebrei si salvarono perché erano musicisti e conoscendo e
sapendo suonare Beethoven ebbero via libera. Il mondo tedesco in qualche modo dimostrava che la cultura non
salva e non garantisce dal punto di vista etico – scacco della cultura nel dominio morale.
Ristabilita la gerarchia si recano dalla signora dei gatti, donna che raccoglie arte pop e la violentano. Alex verrà catturato
perché la donna parlerà con la polizia. Mentre la violentano cantano Singing in the rain – ancora una volta una musica
decontestualizzata dal suo contesto originario e messa in contrasto con un contesto completamente diverso.
Il film è costellato di personaggi che non rappresentano nient’altro che il degrado:
L’assistente sociale: viscido, appartiene al mondo degli adulti che non è moralmente superiore al mondo di Alex,
forse per una certa tendenza alla violenza sadica che è propria di questo personaggio orribile che doveva avere il compito
di occuparsi di un ragazzo problematico.
La polizia: Alex verrà catturato dagli agenti perché i compagni lo tradiscono, verrà sottoposto a violenza da parte
della polizia – in questo modo la violenza che ha fatto si ritorce contro di lui. Neanche la polizia si sottrae al giudizio
negativo della società del post-modernismo. È proprio qui che abbiamo una visione soggettiva: guardiamo la scena come
se fossimo il soggetto che sta vedendo. Questa immagine è un segnale che nessuno si sottrae al giudizio morale di
Kubrick, in questa società post-moderna non si salva nessuno.
La guardia nel carcere: ricorda Hitler. Comincia la parte lacrimevole della storia del protagonista – diversi film di
Kubrick contengono due parti in cui la seconda è il rovescio della prima:
o Prima parte: Alex che pratica violenza gratuita
o Seconda parte: Alex va in carcere – qui comincia la parte lacrimevole della sua storia. In questo momento
sentiamo un passo di Rossini sentimentale che accompagna la dimensione più umana della figura di Alex.
La parte più interessante del film sarà quando in carcere arriverà un ministro con una cura che dovrebbe
curarlo dalla voglia di violenza.
La cura prevede nel somministrare dei medicinali che lo inducono a star male, lo costringono a guardare dei film nei
quali sono presenti delle scene di violenza e, alla fine di questa cura, di conseguenza Alex dovrebbe associare la
violenza allo star male.
Nel momento in cui avverrà la dimostrazione dell’effetto della cura noteremo come Alex non riuscirà neanche a
difendere sé stesso per colpa del senso di nausea che la violenza gli porta:
Il nuovo “figlio” dei suoi genitori gli provocherà rabbia e, cercando di colpirlo, verrà invaso dal senso di nausea.
Da questo momento in poi i personaggi con cui aveva avuto a che fare prima della chiusura in carcere si ritorceranno
contro di lui:
L’anziano che aveva picchiato insieme alla sua banda lo picchierà insieme al gruppo di senzatetto;
I suoi vecchi amici sono adesso poliziotti e quando si renderanno conto che l’uomo picchiato dai senzatetto è proprio
Alex si vendicheranno contro di lui.
Ad un certo punto Alex finirà nella casa dello scrittore; quest’ultimo era contro il governo, aveva chiamato de giornalisti
affinché Alex raccontasse la sua vicenda.
Nel momento in cui fa il bagno, Alex canta nuovamente Singing in the rain e lo scrittore capisce che il ragazzo che ha
in casa è colui che due anni prima violentò la moglie. Come vendetta, lo chiude in una camera e mette in loop la Nona
Sinfonia di Beethoven che, a detta di Alex, ormai dopo la cura lo faceva stare male, e aspetta che si suicidi.
In questo momento lo scrittore prende le sembianze di Beethoven – un richiamo al ritratto che Alex aveva nella sua
stanza. Elemento importante: Alex, in precedenza, aveva detto che Beethoven faceva soltanto musica e non faceva
male a nessuno. L’identificazione dello scrittore con Beethoven è ancora una volta una denuncia dell’utilizzo
dell’iconografia dei grandi artisti in chiave deviata, così come avviene in tutta l’arte della società di massa che rischia
di essere deformata.
Pur di attaccare il governo anche i due giornalisti assistono a questa situazione – la violenza domina i rapporti umani
e non si salva nessuno.
DUALISMO:
Governo: utilizza Alex come una cavia, richiamo anche agli esperimenti scientifici sugli ebrei da parte dei nazisti.
Giornalisti progressisti: avevano usato Alex come una cavia per mettere in difficoltà il governo e, di conseguenza, i
conservatori.
Alex, da quest’esperienza, si ritroverà in ospedale devastato. Il segno della guarigione stava nel fatto che gli erano
riemersi di nuovo quei pensieri distruttivi violenti senza che lui si sentisse male.
La frase “Come un lago senza fango, sir. Così limpido come un cielo d'estate sempre blu” viene ripetuta due volte:
Al tutore in modo difensivo.
Al ministro perché adesso Alex capisce che ha preso in mano la situazione. Specchio tra prima e seconda parte.
Il finale è interessante: Alex sogna di avere rapporti sessuali ma stavolta si ritrova tra gli applausi generali della società
e ancora una volta Beethoven viene usato e degradato.
Da questo punto di vista il cammino di Alex non è un percorso di formazione (abbiamo detto che il romanzo nasce come
il cammino dei protagonisti verso la loro formazione finale), non cambia ma viene semplicemente integrato –
drammatico percorso di adattamento. All’interno di questa logica non si salva nessuno e l’unica voce che per un
attimo si leva distante dalle altre è quella del prete.
LA GUARIGIONE DI ALEX È DOPPIA:
Dalla cura Ludovico.
Dall’emarginazione nella società: adesso le sue pulsioni distruttive sono integrate nella società. Beethoven
simboleggia lo scacco della cultura nel dominio morale perché viene usato:
Da Alex come allucinogeno naturale;
Dai medici per la cura Ludovico al punto tale da far dire da Alex che Beethoven non ha fatto male a nessuno e non
può essere usato come elemento per distruggere.
Dallo scrittore e dai giornalisti contro Alex
Dal ministro per esaltare la guarigione di Alex.
- TERZA PARTE
Questa terza parte è speculare: troveremmo quello che è successo nella prima parte ma capovolto.
Dopo aver ricevuto la cura, Alex ritorno a casa e incontra i suoi genitori. Troviamo la presenza di una nuova persona
seduta sul divano, si chiama Joe, un ragazzo che ha preso la stanza di Alex ed è stato accanto ai suoi genitori quando
Alex era in prigione. Alex si innervosisce e prova a picchiare Joe ma a causa della cura non ci riesce. In sottofondo
sentiamo la musica di Rossini che asseconda questa condizione di tristezza di Alex.
Adesso Alex comincia ad essere più vicino a noi, prima ci respingeva e adesso proviamo quasi compassione per lui.
Alex è costretto ad andare via da casa sua perché Joe non vuole lasciare la stanza. Joe reputa Alex un criminale e non
vuole che lui stia a casa con i genitori di Alex che adesso reputa come i suoi.
Mentre passeggia, Alex ha il pensiero di buttarsi giù dal Tamigi. Ad un certo punto, gli si avvicina un signore (che era
quello che lui aveva picchiato) chiedendogli qualche spicciolo. Il signore lo riconosce e insieme ad altri lo picchia ▻
primo capovolgimento della prima parte del film.
Arriva la polizia a salvare Alex, ma adesso i poliziotti sono gli amici della sua vecchia banda e in sottofondo sentiamo
di nuovo la musica funebre. Nella prima parte, Alex aveva picchiato i suoi amici perché voleva vendicarsi, adesso loro
vogliono ricambiargli le botte ▻ secondo capovolgimento della prima parte del film.
Questa scena è stata girata attraverso la tecnica della macchina a spalla: viene usata soprattutto per indicare la
confusione e il caos.
C’è anche un’amplificazione della musica elettronica quando Alex viene colpito e la tempesta amplifica ancora di più
il caos. Dopo essere stato picchiato a sangue, Alex cerca rifugio e ritrova la casa della sua vecchia vittima, ovvero la
signora che aveva aperto la porta a lui e ai suoi amici e che era stata stuprata. ▻ terzo capovolgimento: Alex arriva nella
casa e suona il campanello, risentiamo la musica di Beethoven. La moglie del proprietario di casa è morta e adesso il
padrone di casa è diventato paralizzato e ha un assistente maschio. Una volta aperta la porta, Alex cade ai piedi
dell’assistente che lo prende in braccio e lo porta dal padrone.
Lui non poteva riconoscerlo perché, quando Alex ha stuprato la moglie portava in volto una maschera. Il padrone però
riconosce Alex come il criminale che ha abusato e ucciso la signora dei gatti perché aveva visto il suo volto sui giornali
e cerca di “aiutarlo”. In realtà lui vuole chiamare dei giornalisti per far raccontare ad Alex quello che gli veniva fatto in
carcere, vuole che lui denunci come lo hanno trattato. Alex viene accompagnato in bagno e si fa una doccia cantando
singing in the rain. Il canto di Alex fa ricordare al padrone di casa che lui era stato lo stupratore della moglie.
Arrivano i giornalisti ▻il giornalismo è un potere, è giusto che la stampa in un paese moderno informi e divulghi
informazioni vere e corrette. I giornalisti iniziano a fare delle domande riguardo l’aggressione da parte dei poliziotti.
Alex confessa, poi, ai giornalisti che adesso non può neanche sentire più la nona sinfonia di Beethoven perché si sente
male (lo avevano anche “curato” con questa sinfonia “per sbaglio”. Alex pensa solo a morire e non riesce a vedere un
futuro per lui e sviene improvvisamente a causa del vino che gli aveva fatto bere il padrone di casa (probabilmente ci
aveva messo della droga. Dopo aver scoperto la debolezza di Alex, il padrone di casa lo rinchiude in una stanza e
riproduce a tutto volume la nona sinfonia di Beethoven. L’immagine che vediamo poi del padrone, è un’iconografia di
Beethoven: ha i capelli scombinati, lo sguardo fisso… l’inquadratura viene messa in tal modo così c’è un chiaro rimando
a Beethoven. Alex sentendo la nona sinfonia, si sente male e cerca di uscire ma non è possibile.
I giornalisti e il padrone ascoltano i lamenti di Alex, tutti complici. Alex non riesce più a sopportare questa situazione e
decide di buttarsi dalla finestra e appena il suo corpo tocca il suolo compare uno schermo nero. Da carnefice è diventato
vittima. Alex non muore ma entra in coma e poi si risveglia. Nel frattempo, i giornalisti hanno pubblicato l’articolo su
Alex dando la colpa al governo del tentato suicidio di Alex, dicendo che lo ha portato il governo stesso al suicidio.
Vediamo anche che Alex in ospedale inizia a parlare con una psichiatra e le racconta che fa dei sogni orribili. La
psichiatra gli fa vedere poi una serie di diapositive sulle quali Alex dovrà inventare un dialogo con i personaggi che
vede. Viene anche imboccato come un bambino da delle infermiere ▻ richiamo alla natura, all’infantilità.
Ad un certo punto, arriva in ospedale il primo ministro e chiacchiera un po' con lui. Il ministro dice ad Alex di confermare
che tutto ciò che avevano scritto i giornali era falso perché aveva messo in cattiva luce il governo.
- IL FINALE.
Alex non è cambiato ma si è integrato, stringe la mano al ministro perché in fondo anche a lui conveniva stare al gioco
perché era intelligente. Nella stanza arrivano tantissimi giornalisti ad immortalare questo momento di pace tra il ministro
ed Alex. Alla fine vediamo di nuovo uno schermo rosso e le fantasie sessuali di Alex: lui immagina di fare l’amore,
questa volta in maniera non troppo violenta. Immagina anche attorno a lui delle persone vestite in maniera ottocentesca
che applaudono. È un’immagine anticipatrice: in qualche modo rimanda alla nostra società di oggi. Con i social media
postiamo tutti aspettandoci un applauso.
NONA SINFONIA DI BEETHOVEN.
Beethoven volle ribadire la sua fedeltà agli antichi ideali che apparivano ormai anacronistici. Con la Nona sinfonia
riprenderà lo stile eroico e mette in musica l’Ode alla gioia di Schiller (1785) – questo vuol dire che nonostante le
sconfitte della storia continua a credere in quei valori. Questo testo infatti veniva a condensare le riflessioni estetiche e
filosofiche che avevano guidato il suo percorso artistico:
Il riferimento agli Elisi rimanda alla riflessione esposta da Schiller nello scritto Della poesia ingenua e
sentimentale e in particolare alla dichiarazione che “compito dell’artista è quello di condurre noi che non
possiamo più tornare in Arcadia avanti verso l’Elisio”. Gli Elisi rappresentano un’ideale situazione di armonia
nel futuro. La poesia del mondo antico era espressione di una condizione di armonia che non ci appartiene più
(poesia ingenua) la poesia del mondo moderno guardava agli Elisi, ma siccome non era presente nella vita degli
uomini doveva essere varieggiata da un atto emozionale ed intellettuale (poesia sentimentale).
Sehnsucht: desiderio doloroso perché tensione a qualcosa che non può essere raggiunta – nostalgia
Il riferimento al “cielo stellato” che ricorda una celebre espressione di Kant nella Critica della ragion pratica.
La sinfonia è divisa in quattro movimenti, l'ultimo dei quali contiene l'Inno alla gioia.
Primo movimento: percorso che comincia in Re minore e finisce in Re maggiore - cosa inaudita che non cominciasse
con un tema finito ma con qualcosa di insolito e vuoto come le “quinte vuote”.
Secondo movimento: percorso delle “quinte vuote” dell’incipit al tema compiuto dell’Ode alla gioia. All’inizio le
quinte vuote rappresentano una fase pregrammaticale del linguaggio musicale (possono indicare il caos, inizio della
storia del mondo, qualcosa che viene prima del momento dell’intervento della ragione, regole, legge ecc). Il punto di
arrivo è una melodia compiuta, l’inno alla gioia.
Terzo movimento: anticipazione subliminale del tema dell’Ode alla gioia, “nascosto” in diversi passi della Sinfonia:
si è scoperto, facendo un lavoro analitico, che in realtà il tema dell’inno alla gioia appare celato in diversi momenti
della sinfonia-
Quarto movimento: i violoncelli cominciano un recitativo con una quinta vuota ma al contrario di quella iniziale.
Il recitativo si presenta come la ricerca dell’inno alla gioia e viene interrotto più volte dall’entrata della reminiscenza:
Alcuni movimenti della nona sinfonia eseguiti su sintetizzatore moog da Walter Carlos fanno parte della colonna sonora
del film arancia meccanica, in particolare l'inno alla gioia che accompagna per contrasto le immagini brutali della "cura
Ludovico" durante la rieducazione del protagonista.
LEZ. 5 – EYES WIDE SHUT – KUBRICK.
È ispirato ad un romanzo, “Traumnovelle”, di Arthur Schnitzler, uno scrittore che ha indagato la psiche umana sui
temi del femminile, della sessualità e dell’inconscio. Sigmund Freud riconosce in Schnitzler una capacità d'indagine
della psiche dell'inconscio straordinaria. Tra l’altro, Eyes wide shut è l’ultimo film di Kubrick, realizzato nel 1999. Il
regista morì in fase di post-produzione quando il film era quasi completamente montato. Kubrick non aveva controllato
l'ultima sequenza, Infatti per le musiche ci fu una scelta da parte del suo staff.
- Con questo film si parla di rimediazione: un oggetto artistico passa da un medium ad un altro medium.
IL TITOLO.
Eyes wide shut → il titolo è ambiguo, significa "occhi aperti chiusi", ma si riferisce al doppio sogno dei protagonisti;
lei vive sogno virtuale/finto, lui lo vive nella realtà. Entrambi compiono una discesa nell’inconscio.
↳ Paragonandoli ai Promessi Sposi: Renzo attraversa la storia (perchè a Milano incontra le rivolte e la peste); Lucia vive
un'esperienza più soggettiva.
IL FILM.
Questo è un film diverso dagli altri perché:
Il rapporto tra musica e immagini cambia, diventa più tradizionale nell’interazione con la cinematografia
tradizionale ma sempre con la qualità di Kubrick: sensibilità nell’uso delle musiche.
Continuo utilizzo di musica d’arte
Esponenziale aumento della musica pop
Utilizzo della colonna sonora composta da Josephine Pook.
La figura femminile, soltanto presentata come oggetto fino ad allora (Kubrick racconta il reale e la donna nei
suoi film è oggetto di violenza e manipolazione), nel film assume una valenza positiva e il suo sguardo sembra
andare più avanti rispetto al maschile. La figura femminile per la prima volta ha una figura salvifica, si fa
uccidere per lui.
I colori preminenti sono il rosso ed il nero, colori del male.
Questo film racconta di una vera formazione: il protagonista Bill, alla fine del film, avrà vissuto delle esperienze che
lo cambieranno; la formazione riguarda anche la moglie, ma è diversa da quella dell’uomo.
- SECONDA PARTE.
Accade la stessa cosa di Arancia meccanica: c’è il rovesciamento delle situazioni. Bill torna a casa. Alice è immersa
in un sogno in cui ride a crepapelle. Ridestatasi, Alice gli racconta, piangendo, di aver sognato di essere stata posseduta
prima dal giovane ufficiale e poi da tanti altri uomini di fronte al marito impotente, uno scenario assai simile a quello
da lui vissuto poche ore prima.
Il giorno dopo Bill inizia ad indagare, apprendendo che Nick è stato prelevato con la forza dall'albergo in cui alloggiava.
Qui ci sono solo le parole, senza suono. Poi torna dal signor Milich a restituire il costume, ma Bill pensa di aver
dimenticato la maschera alla villa. Quindi torna nuovamente alla villa per cercare e capire ulteriori indizi e spiegazioni,
risentiamo il pezzo al pianoforte con la ripetizione di due note su tutti i registri, musica molto inquietante e questa scena
senza questo tipo di musica non sarebbe stata così inquietante. Vediamo una macchina dall’altra parte del cancello che
si avvicina all’entrata, un signore scende dall’auto e consegna a Bill una lettera che dice che quello sarebbe stato l’ultimo
avvertimento e che Bill doveva allontanarsi.
Bill ritorna al suo studio di notte, poi esce e va a casa di Domino, la prostituta, per darle un regalo. Purtroppo non trova
lei ma un’altra ragazza, Sally, che lo fa accomodare. Bill inizia a stuzzicare l’altra ragazza mentre sono da soli in casa
ma lei dice che gli deve parlare allora i due si accomodano e la ragazza dice a Bill che Domino aveva fatto degli esami
del sangue e quindi era risultata sieropositiva. Dunque la telefonata della moglie lo aveva salvato dal prendere l'AIDS.
Una volta uscito dalla casa di Sally, Bill si accorge di essere pedinato: si rifugia perciò in un locale la cui musica di
sottofondo è il Requiem di Mozart, il cui scopo è quello di preannunciare la morte. Difatti viene a sapere della morte
per overdose di una donna, Mandy: la notizia lo spinge a recarsi nella camera mortuaria dell'ospedale, dove vede il
cadavere della donna, riconoscendo la salma della sua salvatrice mascherata. Questa scena è una scena costruita su un
pezzo di pianoforte di Liszt, in quanto la musica precede i gesti dell’attore, che si muove secondo le note, le quali
quando ad un certo punto vengono meno, vediamo l’attore che si alza dal viso del cadavere.
Subito dopo questa scena, abbiamo un’altra interruzione: il suo capo Ziegler lo chiama al telefono e gli chiede di andarlo
a trovare a casa sua; tra uno scambio di battuta e un altro non c’è musica, solo parole, che risultano più “pesanti”.
Ziegler gli rivela alcuni dettagli sul convito, parlandogli di una setta segreta di personaggi altolocati e rimproverandolo
per la sua maldestra intrusione con la complicità di Nick, che è stato pesantemente redarguito ed allontanato. Stando
alle parole di Ziegler, la ragazza deceduta era effettivamente la salvatrice di Bill, stroncata in seguito dall'ennesima
overdose: era proprio lei la ragazza che Bill aveva soccorso qualche giorno prima alla festa di Ziegler, in bagno. Le
minacce, conclude Ziegler, altro non sono che una macabra messa in scena per terrorizzarlo, a cui però Bill non crede.
Nel frattempo si nota anche che sta arrivando la luce del giorno: questo ci fa capire che queste notti sono state una
vera e propria discesa agli inferi che finisce solo quando arriva a casa e vede la luce.
Infatti Bill torna a casa, e ritrova Alice che dorme accanto alla maschera da lui indossata la notte precedente: perfino la
realtà quotidiana è contaminata da quello che gli è successo e dal terrore. Piangendo, decide di confessarle tutto. La
confessione si conclude all’alba.
La mattina stessa, si torna al mondo di sopra: la coppia fa shopping natalizio (albero di Natale = elemento costante) con
la figlia Helena in un negozio di giocattoli. Le ultime parole di Alice sono importanti: “è importante che siamo usciti
indenni dalle nostre avventure, reali o no, un sogno non è mai completamente un sogno e il sogno soltanto di una notte
o di una vita corrisponde alla verità.”, aggiungendo che resta una cosa importante da fare:
"scopare”
Kubrick recupera la visione salvifica della donna e la visione infantile come momento di fiducia nella realtà e nella
condizione umana. Alice non ha certezze, ma in qualche modo è anche una risposta divertente, un tentativo di dare
risposta al pessimismo radicale che Kubrick aveva avuto fino a quel momento.
IL DOPPIO MONDO.
•C’è un mondo esterno: quello delle luci, degli addobbi natalizi, dei rapporti cordiali;
•C’è un mondo sotterraneo, composto dalla ragazza che si droga e pulsioni erotiche.
PROCEDIMENTI FILMICI.
- Ritorni visivi (ricorrenza dell’immagine dell’albero di Natale; rappresenta la condizione rassicurante del
"mondo di sopra", quella parte della nostra vita "chiara", in contrasto cn quella più scura, fatta di inquietudini.
La differenza tra mondo di "sopra" e di "sotto" proviene da Schnitzler, nel quale Kubrick riconosceva questa
sintesi rappresentativa.)
- Ritorni verbali («devo proprio essere sincero?» pronunciato da Bill, dal portiere dell’hotel, da Sally; «questo
lo sai, vero?» detto da Bill a Mandy e da Zielger a Bill)
- Ripetizioni verbali (Bill ripete per sei volte «guardami» dinanzi a Mandy, Nick ripete per due volte «io
suono» e per due volte Bill ripete ad Alice «ti racconterò tutto». Spesso nel corso di un dialogo un
personaggio ripete le battute dell’altro
- Motivi figurativi del ‘doppio’ (le due lolite alla festa di Ziegler, i due giapponesi al «Rainbow», le due porte
gemelle nel palazzo di Domino) e dello ‘specchio’
- Richiami sotterranei (una telefonata interrompe il dialogo tra Bill e Alice e quello tra Bill e Domino e
richiama Bill in casa di Alice; nella festa in casa Ziegler un inserviente chiama Nick interrompendo il dialogo
con Bill e poi chiama Bill interrompendo il dialogo con le due modelle e nella scena dell’orgia per due volte
inservienti mascherati interrompono il dialogo tra Bill e la donna misteriosa)
LE NOZZE DI FIGARO.
Prima opera in lingua italiana che Mozart compone per il teatro di Vienna (1786) dopo Il ratto dal serraglio.
L’opera è ispirata alla commedia francese Le Mariage de Figaro di Beaumarchais che venne censurata – la versione
tedesca fu pure censurata a Vienna, perché si mette in scena uno scontro di classe.
Trama:
Il conte di Almaviva e la contessa hanno al loro servizio Figaro e Susanna, due innamorati che vogliono sposarsi. Il
conte è preso da una passione per Susanna e la vuole possedere – azione ironica perché il conte ha appena abolito l’ius
primae noctis: retaggio medievale, in base al quale il feudatario aveva il diritto di possedere nella prima notte di nozze
una delle sue serve; quindi, da un lato abolisce questa cosa e dall’altro non riesce a controllare la sua passione.
Susanna, che coglie questa passione in modo molto più violento di quanto lo faccia Figaro, si trova in difficoltà perché
vuole trovare una soluzione – nel ‘700 i borghesi erano in una condizione di estrema inferiorità, non potevano sottrarsi
alla sopraffazione dei nobili. Nell’opera c’è un giovane, Cherubino – il motore dell’intreccio che innesca le peripezie
– alle soglie della maturità, attirato da tutte le donne, che rappresenta il desiderio in uno stato pre-adulto, innamorato di
Susanna e attratto dalla contessa. Figaro, conoscendolo ne approfitta per portarlo, insieme a Susanna, nelle stanze della
duchessa col fine di far ingelosire il conte, primo tentativo fallito.
A questo punto, Susanna e la contessa, trovano una soluzione diversa: scrivono entrambe con grafia di Susanna, una
lettera nella quale Susanna finge di accogliere le avance del conte, ma durante l’incontro segreto il conte troverà la
moglie travestita da Susanna e davanti a questa scoperta le chiederà perdono.
Da quest’opera Da ponte tolse effettivamente i riferimenti politici per evitare la censura, ma l’intreccio in sé ha
comunque degli elementi politici.
L’innovazione è che Mozart dà ai personaggi borghesi una profondità espressiva che non è diversa dai personaggi
nobili: stessa dignità artistica, quindi li rende uguali; questa uguaglianza conferma la concezione illuminista
dell’uguaglianza che Mozart aveva. Il sottotitolo dell’opera – Le Mariage de Figaro – era la foule journée, perché
tutto avviene in un solo giorno. Mozart rispecchia questa unità temporale ma trasforma questa giornata in una metafora
della condizione umana, fatta di debolezze, conflitti, miseria, nobiltà, e viene realizzata con un atteggiamento di pietas
= non condanna nessuno ma accoglie il loro aspetto profondamente umano – riconoscimenti dei valori morali che non
si traducono in moralismo: il messaggio è che dobbiamo riuscire a governare i nostri desideri ma non dobbiamo
scandalizzarci se cediamo perché siamo uomini e siamo fragili.
❖ Qual è il vero tema delle nozze? Il desiderio, che muove la vita: il conte verso la contessa e verso Susanna,
Cherubino verso Susanna e la Contessa, Susanna verso Figaro, Figaro verso Susanna e la contessa verso il conte.
❖ Qual è il personaggio che incarna il desiderio? Cherubino, perché viene rappresentato nel momento in cui arriva
al periodo pre-adulto sessuale ma non ha ancora trovato un oggetto preciso.
--- Entrambe le donne condividono la fermezza morale, sono impegnate a difendere il proprio amore. ---
Femminile Maschile
Consapevoli del proprio desiderio e che, se si fanno Vittima del loro desiderio e meno capaci di gestire le
trascinare nell’intrigo, è perché hanno uno scopo e vicende. Figaro e il conte parlano due linguaggi diversi
cercano di controllare l’intrigo. Le donne trovano una che non si incontreranno mai.
soluzione, e grazie alla forza del desiderio riescono a
rimettere tutto a posto; interessante perché determina
diverse modalità di rapporto tra personaggi m. e f.
Le due donne creano un rapporto di solidarietà e
complicità che fa sì che riescano ad incontrarsi
musicalmente; infatti, la famosa aria della lettera che la
contessa detta a Susanna in cui lei finge di accettare le
avances del conte, è un’aria in cui le donne cantano la
stessa melodia. Anche se hanno un linguaggio diverso,
riescono a incontrarsi e capirsi. Useranno la stessa lingua
poi per cantare.
LA STRUTTURA.
Da Ponte costruisce l’opera buffa con uno schema simmetrico ben articolato:
I, II atto III, IV atto
Primo intrigo Secondo intrigo portato da Susanna e la contessa
Nelle convenzioni dell’opera buffa c’erano due finali:
Finale primo Finale secondo
Centrale e tutti i personaggi compaiono sul palco, finale Tutti i nodi dell’intrigo si sciolgono.
complicato. Tutte le complicazioni vengono fuori e tutti
i personaggi dell’opera comparivano in scena.
Parallelismo = il II atto si apre con una cavatina (aria iniziale di presentazione di un personaggio) – la Contessa è
evocata ma non compare, per dare più rilievo alla sua figura Mozart le fa iniziare il secondo atto, le dà una collocazione
drammaturgica rilevante ponendo la sua cavatina all’inizio del II atto.
Genialità di Da Ponte = l’unico personaggio che è presente in tutti e quattro gli atti è Susanna; questo ci conferma che
è lei il personaggio centrale.
Foule journée realizzata in 4 atti: mattino, mezzogiorno, sera, alba e notte, dove avviene l’illuminazione e i personaggi
capiscono il senso di sè stessi facendo i conti con la vita.
Corrispondenza del I e IV atto che cominciano con una cavatina – così per dare al personaggio un ruolo importante.
Entrambe cominciavano con un’overture: carattere convenzionale; Mozart nella sinfonia anticipa diverse cose come la
tensione drammatica prodotta da un intrigo scoppiettante, caratteri fondamentali della sinfonia.
NELL’OPERA...
1. all’inizio si sente una sinfonia con due temi, legati a Figaro e Susanna:
- Figaro misura le pareti della stanza che il Conte ha assegnato a lui e a Susanna per il loro matrimonio.
- Susanna rivela la verità a Figaro dicendo lui che il Conte ha dato loro questa stanza vicinissima alla sua camera
e a quella della Contessa perché vuole provare a sedurre Susanna.
2. Duettino Figaro-Susanna: entrambi canteranno il tema di Susanna (indizio che sarà lei la chiave di tutto).
3. Recitativo ‘parlante’, di straordinaria scioltezza e duttilità, ricco di contenuti psicologici. Recitativo realizzato
solo col clavicembalo.
4. Figaro, «Se vuol ballare»: Mozart fa cantare il minuetto a Figaro (tipico dell’aristocrazia) – fa finta di stare al
gioco per fargliela vedere lui al conte. L’orchestra ci trasmette l’inquietudine e la rabbia del personaggio (con i
borbottii degli strumenti)
5. Cherubino, «Non so più cosa son, cosa faccio»: ritmo anapestico, inquietudine, smania del desiderio ancora
immaturo.
6. «Susanna, or via, sortite»: concertato come rappresentazione musicale del confronto umano, del gioco e contro-
gioco dei caratteri
7. «Aprite, presto, aprite»: capacità della musica di farsi azione, mirabile trasposizione musicale dell’intrigo;
8. Finale I ‘Concertato di stupore’: Mozart converte la confusione interiore determinata dal colpo di scena, dal
capovolgimento improvviso e repentino dell’intrigo, in un turbamento ‘metafisico’ e la musica attinge una
dimensione religiosa;
9. «Che soave zeffiretto»: Duetto della lettera, pagina di sogno in stile di barcarola.
↳ Barcarola= canto di origine popolare con andamento danzante (come se si stesse in una barca) sempre con
una destinazione sentimentale; davanti alla bellezza della natura sogna il compimento dell’amore.
10. «L’ho peduta, me meschina»: Cavatina di Barbarina, inassimilabile per livello estetico e temperatura
drammatica al resto dell’opera. Perché un toccante canto di disperazione per un oggetto così frivolo e poi
eseguito da un personaggio marginale nell’opera? Un indizio è dato dalle note iniziali che coincidono con la
‘cifra del desiderio doloroso” dell’Aria di Cherubino: la musica della Cavatina ci dice lo struggimento del
desiderio, che acquista una dimensione metafisica e viene ad accogliere tutte le perdite e tutti i sogni e i bisogni
di ciascuno di noi. L’accordo finale è instabile, perché la risoluzione – musicale e drammatica – sarà data
soltanto nel Finale II
11. «Pace, pace mio dolce tesoro». La musica ci dà un senso di superiore conciliazione molto lontano
dall’inquietudine e dalla frustrazione del Finale del Don Giovanni.
RIASSUNTO PER ATTI.
I atto: I contadini esprimono la loro rabbia repressa che in realtà è quella di Figaro. Il regista vuole dare l’idea di una
pressione delle classi oppresse che esplodono: fa un’operazione un po’ forzata, dà una sensazione di contadini che
circondano il conte. Il Conte, a sua volta, vuole sbarazzarsi di Cherubino perché pensa che dia fastidio a Susanna.
II atto: La Contessa canta l’aria di lamento – un’aria molto nobile. Figaro ha deciso di far ingelosire il conte affinché
distolga lo sguardo da Susanna; Cherubino viene portato dalla contessa affinché le canti la canzonetta che ha scritto
(canzone di scena: lo è la canzonetta ideata da Cherubino, cantata anche in un dramma parlato, canzone con errori
perché inventata da un dilettante. Da Ponte pensò ad un celebre quadro in cui vi è ritratta un’aristocratica, una serva che
suona la chitarra ed un giovane spasimante che canta la sua aria); mentre lui è lì, travestito da donna – elemento
essenziale nelle opere di Mozart – arriva al conte una lettera anonima che lo avvisa che nella stanza della contessa c’è
qualcuno. Susanna e la Contessa suggeriscono a Cherubino di vestirsi da donna per non partire al regimento. Quando si
accorgono che il conte sta arrivando, Cherubino si nasconde nel gabinetto della contessa e Susanna va via, rimane
soltanto la Contessa con il Conte e Cherubino rinchiuso nello stanzino. Susanna rientra di nascosto, al Conte dà fastidio
che ci sia qualcuno nella stanza della contessa e che si sia rinchiusa nelle sue stanze, cosa che mai aveva fatto prima.
Susanna canta fra sé: esprime ciò che sta pensando; Mozart sfrutta un pezzo d’insieme per restituire i sentimenti dei
personaggi. Il conte chiude la contessa a chiave in modo che nessuno possa uscire o entrare dalla camera; Susanna esce
dal suo nascondiglio e libera Cherubino. Passiamo da stupore umano a stupore metafisico.
III atto: Comincia l’intrigo delle due donne, quello che porterà all’assoluzione della vicenda drammatica – decisione di
Susanna e Contessa di tendere una trappola al Conte senza coinvolgere Figaro. Si scambieranno gli abiti (travestimento
– metamorfosi ricorrente nelle opere di Mozart, gioco di finzione)
IV atto - problema per i musicologhi: Nel del secondo atto troviamo la cavatina della contessa – di nobile onore – che
consente di porre in rilievo la figura del personaggio. Il IV atto si apre con la cavatina di un personaggio secondario,
Barbarina (cugina di Susanna che in seguito sposerà Cherubino): Barbarina deve restituire la lettera, che il conte aveva
letto, con una spilla, conferma che il conte ha accettato l’invito di Susanna; il problema è che Barbarina ha perduto
questa spilla e canta quest’aria «L’ho peduta, me meschina» in cui parla di ciò – cifra del desiderio doloroso perché i
due toni iniziali sono sullo stesso tono del desiò di Cherubino; Cherubino canta il desiderio e Barbarina canta la
perdita del desiderio legato all’incompiutezza.
L’aria si conclude su un accordo sospeso che ha bisogno di una risoluzione.
Finale: Susanna e la Contessa si sono scambiate gli abiti e Figaro, vedendo la Contessa negli abiti di Susanna e non
conoscendo il piano, pensa che lei lo stia tradendo; canta, così, un’aria misogina con tutti quei pregiudizi sulle donne
a quell’epoca. Susanna canterà un recitativo accompagnato (era solo per i nobili), ma adesso ha raggiunto la stessa
dignità artistica dei nobili, quindi può permettersi questo slancio.
IL DON GIOVANNI
Alla base di questo componimento troviamo due grandi miti: il Faust e il Don Juan (terra spagnola).
Caratteristica: vicende di trasgressione – punizione del proibito.
Il Don Giovanni viene composto nel 1787; da qui, ci spostiamo verso un salto ulteriore verso il dramma romantico.
Si rifà al mito di Tirso de Molina, El Burlador de Sevilla y Convidado de Piedra, 1630. Siamo in pieno clima
anticonformista, quindi il teatro era concepito in funzione didascalica (trasmettere i valori morali); opera particolare
perché mette in scena le vicende di un libertino che viola tutte le norme morali e giunge all’omicidio del Commendatore;
alla fine del suo percorso viene mandato all’inferno dalla statua di quest’ultimo che, con spregio e in maniera
provocatoria, aveva invitato a cena.
Con l’opera di Tirso de Molina, Mozart condivide temi complementari della vita gaudente e del banchetto ‘funebre’
– Don Giovanni inviterà a cena il commendatore, invito che rappresenta la violazione delle norme condivise. Il
banchetto, nella storia, è sempre stato un momento di condivisione con l’altro, il momento più alto dell’ospitalità mentre,
nel nostro caso, il banchetto viene proposto con un atteggiamento di sfida – e imperniato sulla temeraria trasgressione
del protagonista, che dalla dimensione erotica si estende all’infrazione di una delle più radicate e ancestrali norme
culturali qual è quella del rispetto per i defunti.
L’opera venne rappresentata a Praga, una piazza culturale nella quale Mozart si sentiva più capito.
Proveniva dalla commedia dell’arte con la perenne figura del servo, ma qui troviamo una compiuta commistione
shakespeariana di tragico e comico perché l’opera comincerà con un omicidio – il Commendatore verrà ucciso da
Don Giovanni – e terminerà con un altro omicidio – Don Giovanni verrà mandato all’inferno dalla statua del
Commendatore. Declinazione umoristica e lazzesca del mito, che mette in ombra le originarie implicazioni religiose e
dirotta la vicenda sul frenetico procedere dell’azione e sulle acrobazie della figura del servitore, al quale è assegnato
anche il compito di ‘pronunciare’ il lungo catalogo delle donne conquistate dal padrone. Quindi, viene meno la
componente didascalica.
Allo stesso tempo è un’opera ambigua e polisemica, ‘aperta’ a infinite possibilità interpretative.
Ha delle visionarie anticipazioni linguistiche – in momenti in cui Mozart voleva anticipare qualcosa che non aveva
mai detto, cominciava ad utilizzare degli elementi linguistici che nessuno aveva mai prima d’ora utilizzato.
La letteratura ha permesso di attingere al represso ma nei termini dell’arte, in modo da tenerlo a bada. Nel Don
Giovanni, si corrisponde al bisogno di trasgressione di un pubblico in un momento storico di estrema repressione
(Controriforma), ma alla fine si arriva alla punizione per la violazione del principio morale.
Grazie alla diffusione del mito, Molière scrive Don Juan, ou le festin de Pierre 1665.
Qui, Don Giovanni perde la solarità dell’ascendente italiano per farsi eroe cupo e malinconico, una sorta di «peccatore
filosofico e teologico» che sceglie razionalmente di ribellarsi alle regole sociali in un anelito alla libertà non privo di
nobile grandezza. – si aggiunge l’elemento della consapevolezza.
L’immediato antecedente del Don Giovanni di Mozart è il Don Giovanni o sia il Convitato di Pietra su testo di
Giovanni Bertati del 1787, di Giuseppe Gazzaniga.
GUIDA ALL’ASCOLTO.
!! Robert Carsen, ha immaginato l’inizio della sinfonia in maniera non convenzionale – solitamente si fa con il sipario
chiuso e alla fine si apre facendo entrare gli attori in scena, costituendo un momento di transizione dalla finzione al
mondo reale. Carsen, invece, squarcia il telo del sipario all’inizio della sinfonia mostrando uno specchio in cui si riflette
l’uomo in prima persona e poi il teatro dietro.
Il Don Giovanni ha delle implicazioni autobiografiche: Mozart perse il padre e prova a rielaborare il lutto e quanto
d’irrisolto c’è stato con la persona che ha perduto attraverso l’opera – ha messo in scena qualcosa che aveva a che fare
con la sua scontentezza.
STRUTTURA MUSICALE.
ATTO I.
1. Ouverture in due parti:
- introduzione in re minore (tonalità tragica) – rappresenta il Commendatore.
- forma sonata senza sviluppo in re maggiore (tonalità della sensualità – usata per esprimere gioia sensuale;
fu scritta quando l’opera era già conclusa) – rappresenta Don Giovanni. La musica della prima parte è quella
che alla fine accompagna l’ingresso del commendatore dopo che Don Giovanni lo ha invitato a cena.
Scale che salgono e scendono – avanzare del commendatore nella stanza di Don Giovanni. Don Giovanni vive
nel presente e coglie tutto ciò che il presente gli offre in maniera anche affannosa, la sua personalità è
caratterizzata da un’assoluta voglia di vivere. Non ha nulla a che vedere con le composizioni iniziali delle altre
opere – scrittura sinfonica.
2. «Notte e giorno faticar» (Leporello, Don Giovanni, Donna Anna, Commendatore) Leporello sta sotto al balcone
di Donna Anna, mentre Don Giovanni tenta di sedurla – donna che non subisce le sue avance, vuole vedere il
volto del suo seduttore, volto che Don Giovanni cerca di nascondere –, e si lamenta della sua condizione di
servo. Vediamo dall’aria di Leporello il desiderio di fare il signore.
Questo dramma giocoso in realtà comincia con una situazione tragica, che dopo si trasformerà in una
situazione giocosa, quando arriverà Donna Elvira – altra donna forte dell’opera e volitiva, che prende in mano
la sua vita al contrario delle donne settecentesche fragili – donna che Don Giovanni aveva in precedenza sedotto.
La donna si metterà alla sua ricerca perché lo vuole portare ai suoi obblighi, ovvero rispettare la promessa che
aveva mantenuto, vale a dire sposarla. È una donna in veste da viaggio in procinto di partire – inusuale perché
una donna aristocratica non poteva mai viaggiare da sola. In un primo momento Don Giovanni non la riconosce,
lui non è attento a chi ha dinnanzi ma l’interesse per le donne interessano è legato in funzione al suo desiderio
– rappresenta quasi una figura di Cherubino, desiderio di riaffiorare, una delle possibili persone che poteva
diventare Cherubino).
3. «Ah, chi mi dice mai» (Donna Elvira) – quest’aria ci dà l’idea di una donna forte. La sua aria seria – la cui
struttura era ABA, vale a dire prima parte (A), parte centrale (B) e ripresa della prima parte (A) – viene
inopinatamente interrotta dai commenti buffi di Don Giovanni e Leporello. Questo ci spiega come il tragico
e il comico si intersechino, sovrapposizione che sarà costante per tutta l’opera.
Don Giovanni non avrà mai un’aria propria. L’unico momento somigliante all’aria, che ci dirà com’è fatto
all’esterno, sarà quando si adeguerà alla vocalità di Donna Elvira.
4. «Madamina, il catalogo è questo» (Leporello) Commento orchestrale: talmente sontuoso che in qualche modo
abbiamo la sensazione che Leporello si vanti di queste imprese come se fosse lui stesso Don Giovanni – quasi
personificazione.
5. «Giovinette che fate all’amore» (Zerlina, Masetto, Coro di contadine e contadini) - Festa in cui si celebrano le
nozze dei personaggi Zerlina e Masetto. Diversificazione tra Susanna de Le nozze di Figaro e Zerlina de Il Don
Giovanni:
Nella prima opera, Susanna non ha intenzione di cedere alle lusinghe del padrone. Qui, al contrario, Zerlina è
una serva furba e astuta, fiuta la possibilità di fare un salto di classe mettendo in considerazione la possibilità di
lasciare Masetto. Masetto sarà costretto ad allontanarsi dalla scena e canta un’aria di rabbia – simile a quella di
Figaro – perché Don Giovanni vuole stare da solo con Zerlina per sedurla. Masetto subisce e basta, mentre
Figaro aveva dei valori morali da rispettare e da farsi rispettare.
6. «Là ci darem la mano» (Don Giovanni, Zerlina) Viene fuori la perizia di Da Ponte: “Là ci darem la mano, la
mi dirai di sì” – si tratta di settenari particolari perché hanno l’accento sulla prima sillaba; anomala perché
solitamente iniziano nella seconda sillaba, ma utile perché dà l’idea dell’atteggiamento pretenzioso di Don
Giovanni. “Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor.” – Zerlina risponde esitando ed è per questo che si
sposta l’accento sulla seconda sillaba, citazione civettuola anche se lei ha già in mente cosa vuole fare.
La musica segue il testo, quindi l’accento della musica cade nel primo tempo in Don Giovanni e nel secondo
tempo in Zerlina. Don Giovanni canta con le parole dell’opera buffa “occhi bricconcelli” perché si è messo al
livello di Zerlina – lei è una contadina mentre lui appartiene ad un rango più alto. Donna Elvira interrompe il
tentativo di Don Giovanni di possedere Zerlina, rivelando chi è lui. Qui abbiamo il quartetto di Donna Elvira,
Donna Anna, Don Giovanni e Don Ottavio in cui tutti esprimono il loro pinto di vista. Dalla voce, Donna Anna
riconosce Don Giovanni e c’è tutto il lungo racconto del tradimento.
7. «Fin ch’an dal vino» (Don Giovanni) Don Giovanni decide di organizzare una grande festa per sedurre Zerlina.
Qui troviamo l’unica aria di Don Giovanni che ci trasmette tutta la frenesia del personaggio, ma non ci parla
della sua interiorità, piuttosto di come conduce la sua vita – sembra come se non voglia guardare dentro di sé,
reprimendo la sua parte interiore. Poiché è un personaggio che vive nel presente, non può far altro che cantare
qualcosa che si leghi all’effervescenza del presente. Possiamo esprimere una differenza tra il Conte di
Almaviva e il Don Giovanni:
- Il Conte si presenta come una figura tormentata dal desiderio di possedere Susanna, ma “umana” perché alla
fine si renderà conto del grosso sbaglio.
- Don Giovanni è una figura più inquietante perché sembra del tutto indifferente ai sentimenti degli altri.
8. Finale I
Scena delle tre danze
“Senza alcun ordine la danza sia,
ch’il minuetto, chi la follia,
chi l’alemanna farai ballar.”
Scena importante perché Don Giovanni accenna a tre danze, tutte e tre impiegate in chiave aristocratica:
1. Il minuetto, in cui i ballerini a malapena si sfioravano con un dito (Don Ottavio e Donna Anna);
2. La follia, di origine popolare ma stilizzate ed entrate a far parte della musica colta, destinata a singoli
strumenti (clavicembalo e liuto);
3. L’alemanna, di origine popolare ma stilizzata ed entrate a far parte della musica colta, destinata a singoli
strumenti (clavicembalo e liuto).
Don Giovanni nell’aria dello Champagne, trasmette la sua eccitazione e frenesia vitale. Sono presenti tre danze
diverse da quelle previste da Mozart: tre orchestre che stanno sul palco – musica di scena, dà l’idea che il
dramma teatrale fosse cantato.
Minuetto, lo inserisce ma non mette una follia ed un’allemanda (Don Ottavio, Donna Elvira e Donna Anna decidono
di accettare l’invito di Don Giovanni per smascherarlo e vanno lì travestiti – ballato da Donna Anna e Don Ottavio; due
aristocratici) – prima orchestra suona il minuetto.
Valzer, danzata dai popolani e considerata oscena perché l’uomo cingeva la donna nella vita (Masetto e Leporello
perché, quest’ultimo per far fuori Masetto, lo costringe a ballare questa danza popolare e oscena; violenza a Masetto
perché costretto a ballare con un uomo) – seconda orchestra, suona sopra il minuetto.
Contraddanza, danza interclassista, condivisa dall’aristocrazia e dal popolo (ballata da Don Giovanni e Zerlina; da
aristocratico e popolana). – terza orchestra, suona sopra minuetto e valzer.
Poliritmia: suoni che si contrappongono. Mozart lo usa per esprimere il disordine che Don Giovanni porta alla
società – va letto in chiave psicologica e non politica. Le danze sono eseguite da tre orchestre in scena. Tutto questo
rivela che Mozart, attraverso queste tre danze, ci dà uno spaccato realistico della situazione dell’Ancient regime – tutto
molto definito dal punto di vista delle relazioni sociali.
ATTO II.
9. «Deh, vieni alla finestra» (Don Giovanni). Don Giovanni costringe Leporello a scambiarsi gli abiti. Leporello
farà una serenata a Donna Elvira nelle vesti di Don Giovanni e Don Giovanni farà una serenata ad una popolana
con il solito intento di poterla sedurre nelle vesti di Leporello; nel momento in cui il popolo si mette in cerca di
Don Giovanni scopre di aver preso Leporello – si incontreranno successivamente entrambi in un cimitero,
nel tentativo di scappare da chi li insegue.
La statua del Commendatore è stata rappresentata in vari modi nelle diverse regie, (il sottotitolo del Don
Giovanni prima dell’opera di Mozart era “il convitato di pietra” – statua di pietra che cammina, tra l’altro
Leporello lo chiamerà “uomo di sasso” – statua equestre in questo video che stiamo vedendo)
10. «Oh, statua gentilissima» (Leporello, Don Giovanni, Commendatore) La voce del Commendatore verrà
sostenuta dai tromboni e canterà “finirai di ridere prima che arrivi l’alba”, Mozart restituisce così una voce
sovrannaturale al personaggio. Don Giovanni è prima disorientato, poi lo invita a cena – oltraggio al defunto
che viene invitato a cena e capovolgimento del ruolo nel condividere un pasto che qui viene usato in senso di
sfregio e sfida –. Al sì, Don Giovanni accetta la sfida e va a preparare la cena sempre con un certo scetticismo.
Mozart cita tre passi di tre opere che si stavano eseguendo in quel momento a Vienna, la melodia è quella di
un’opera “Una cosa rara” di Soler ed è Leporello che ce lo ricorda., “Ah che barbaro appetito” e “Evvivano i
Litiganti”, opera di un compositore napoletano.
11. Finale II
Alla cena, improvvisamente si sente un grido perché Elvira incontra la statua del commendatore Nel finale
ritroveremo la stessa musica dell’overture. Il Commendatore, dopo essere apparso, darà la mano a Don
Giovanni; è un gesto di condivisione della società umana – capovolto perché il Commendatore così facendo
manderà all’inferno Don Giovanni.
“Non si pasce di cibo mortale
Chi si pasce di cibo celeste.”
– viene cantata su tutti i dodici suoni della scala cromatica, prima dodecafonica, concepita per trasmettere la
voce soprannaturale dell’»uom di sasso».
La scena di lasciare tutto buio e lasciare solo le tre maschere vuole simboleggiare la discesa agli inferi.
Pluralità di stili: dramma moderno.
L’Ottocento faceva finire l’opera qui, invece Mozart la conclude rispettando la legge dell’opera buffa – il
lieto finale. Addirittura, qui c’è un finale con una morale – tutti i personaggi cantano con lo stile dotto della
fuga; il problema è che il finale ci dice il giudizio di Mozart sull’opera.
Due livelli:
1- Realismo psicologico: Mozart approfondisce l’investigazione della dimensione psicologica già avviata nelle
Nozze di Figaro e attraverso la musica illumina nei suoi personaggi insondabili abissi di profondità, giungendo
a lambire l’inconscio con squarci inimmaginabili nella profondità della psiche. Racconta vicende umane vissute
da personaggi che vivono contraddizioni interiori raccontate attraverso la musica.
2- Scontro tra Commendatore e Don Giovanni: ci contrappone la musica del Commendatore e del Don Giovanni
rappresentando uno scontro; lui figura paterna, il padre è colui che dà le leggi.
Parliamo di una dimensione minacciosa e terribile che è legata all’esperienza di Mozart, rapporto col padre e
senso di rimorso per aver osato ribellarsi contro di lui. Mette dentro l’opera tutti gli aspetti coercitivi della
società nei confronti dei suoi componenti, sulla libera espressione degli individui. Il Commendatore ha delle
valenze complesse, Don Giovanni sicuramente accoglie nella sua trasgressiva l’istanza della trasgressione di
Mozart (giochi di parole, riferimenti osceni) – quale sia il giudizio di Mozart sul Don Giovanni ce lo dice la
musica del lieto fine – in Figaro ci restituisce un senso di riconciliazione) – mentre qui la musica ci dice ciò che
ci trasmette anche la situazione: niente è come prima, Leporello cerca un altro padrone, Donna Elvira va in
convento e Donna Anna si rifiuta di sposare subito Don Ottavio.
La complessità di significati ambigui e contraddittori che Don Giovanni e il Commendatore portano con sé
viene completata dal giudizio morale di Mozart sul Don Giovanni: negativo perché non ha portato pace e il
disordine continua nell’oscurità di cui è portatore. Da un lato la musica si fa ‘figura’ di un potere superiore e
trascendente, dall’altro ci consegna con il suo impetuoso dinamismo la straripante vitalità di Don Giovanni.
Finale di Carsen: la figura del Commendatore viene smitizzata e si pone sullo stesso piano di Don Giovanni
uccidendolo con la stessa moneta, ovvero con la spada – umanizzazione della figura del Commendatore.
Allo specchio il teatro è più cupo, demitizza la figura del Commendatore perché è un uomo in carne ed ossa e non una
statua. Inoltre Robert Carsen è un regista inglese, forse il più grande esistente in circolazione. Ha realizzato la regia del
Don Giovanni al Teatro della Scala – una versione geniale, molto dibattuta e contestata.
LEZ. 9 – LA TERRA TREMA – LUCHINO VISCONTI.
Luchino Visconti era un nobile aristocratico e fu anche uno dei più grandi registi italiani della
corrente cinematografica del Neorealismo, del dopoguerra, a cui ai tempi hanno aderito De
Sica, Fellini e Rossellini. Di lui sono memorabili le messe in scena di opere liriche al teatro La
Scala, con la presenza della grande Maria Callas.
Nel 1948 viene incaricato dal PCI di realizzare un documentario sulla situazione italiana
meridionale nel dopoguerra, e viene finanziato dallo stesso partito. La nascita del film che
andremo a visionare ha luogo nel 1947, alla vigilia delle elezioni fondamentali per l’Italia.
Visto che Visconti era affascinato dal mito siciliano, grazie ai Malavoglia di Verga, decise di
scendere in Sicilia a girare, dapprima un documentario di propaganda politica elettorale
incentrato su una strage, che prese poi la forma del lungometraggio finale “La terra trema”,
per cui s’ispirò per l’appunto al romanzo verghiano, seppur lui fosse lombardo e amante di
Manzoni. Trattasi della seconda pellicola di Visconti. Il regista fino ad allora, in un anno
difficile come il 1943, aveva girato solo un film che in molti considerano la prima opera del neorealismo
italiano: Ossessione.
In particolare, si reca ad Aci Trezza, piccolo borgo catanese, dove si svolge la dura vita dei pescatori, dove i minatori
soffrono la fame e la disoccupazione, una vallata dove i contadini sono sfruttati e controllati dalla mafia, ma che valutano
la possibilità di occupare le terre incolte per lavorare e sfamarsi. Ed è proprio lì che ambienta il suo film, mettendo in
scena per la prima volta non attori, ma gente del luogo – in questo senso il film prende in parte la connotazione
“neorealista”, proprio perché chi recita non è gente professionista, ma reale, del luogo.
Difatti Visconti chiese a Zeffirelli (regista) di chiedere alle persone del paese di tradurre in un siciliano arcaico che si
parlava all’inizio del 900, la sceneggiatura del film. Perchè Visconti chiese questo siciliano? Perchè voleva puntare di
più sulla parte sonora che semantica. Questo trasporta il film su un piano simbolico.
Questa dimensione arcaica racconta la vicenda dei Malavoglia su un piano mitico, ma nei fatti il film è su un piano
simbolico, anche perché è stato adattato al tempo.
Dinanzi però all’incomprensibilità del dialetto, Visconti decide di mettere un voice over, una voce fuori campo
→ 3 funzioni: traduzione, informativa e di commento. Essa crea un sistema narrativo ed esplicativo parallelo a quello
delle immagini; si affiancano le poche didascalie che hanno anch’esse funzione narrativa e informativa.
LA COLONNA SONORA.
Nei titoli di testa Visconti rinuncia alla colonna sonora tradizionale: i pochi interventi musicali extradiegetici di Willi
Ferrero non possono essere ricondotti alla tradizionale musica per film. La dimensione sonora del film appartiene allo
spazio diegetico con:
- la sonorità arcaica del dialetto, scelto perla sua qualità sonora;
- i suoni della natura;
- i suoni di una cultura antropologicamente lontana che sembra assimilata al paesaggio naturale.
Quindi sostanzialmente la colonna sonora sono i suoni dell’Aci Trezza prima della modernizzazione.
LEONE D’ORO COME MIGLIOR FILM AL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA NEL 1948.
Il film, presentato alla Mostra di Venezia il 2 settembre 1948 ottiene il premio internazionale “per i suoi valori stilistici
e corali”. La critica si divide. C’è chi vede un’opera realista che supera i difetti del neorealismo, chi invece ne boccia
l’eccesso di formalismo e la lunghezza anticommerciale.
I fatti rappresentati in questo film accadono in Italia e precisamente in Sicilia, nel paese di Acitrezza, che si trova sul
mar Jonio a poca distanza da Catania. La storia che il film racconta è la stessa che nel mondo si rinnova da anni, in
tutti quei paesi dove uomini sfruttano altri uomini. Le case, le strade, le barche, il mare sono quelli di Acitrezza. Tutti
gli attori del film sono stati scelti tra gli abitanti del paese: pescatori, ragazze, braccianti, muratori, grossisti di
pesce. Essi non conoscono lingua diversa dal siciliano per esprimere ribellioni, dolori, speranze. La lingua italiana
non è in Sicilia la lingua dei poveri.
La prima sequenza si svolge al buio e in campo lungo con figure umane, che si presentano come sagome non
identificabili assorbite nel paesaggio, che si fa protagonista principale. Sul piano acustico ascoltiamo il suono di una
campanella, rintocchi di campana, un fischiettio e altri rumori ambientali nonché richiami in dialetto resi volutamente
incomprensibili e indecifrabili.
Vediamo subito le donne di casa che aspettano il ritorno degli uomini che sono andati a pescare. ‘Ntoni, come tutti i
pescatori, lavora per i grossisti che sfruttano i pescatori. Gli uomini ritornano a casa dalla famiglia, e capiamo che c’è
subito un’insofferenza di ‘Ntoni per quanto riguarda il metodo della vendita del pesce.
Mentre è a casa, ‘Ntoni canta canzoni popolari, si tratta di musica etnica che fino agli anni ‘50 si tramandava oralmente.
Lui era innamorato di una giovane molto ricca e a causa di questo, visto che lui era povero, lei non lo ricambiava.
La sorella Mara, invece, era innamorata di un muratore chiamato Nicola e possiamo dire che il loro è il rapporto più
vero. Abbiamo poi la figura del maresciallo che cerca di sedurre l’altra sorella di ‘Ntoni, Lucia. La vicenda di queste tre
coppie sarà determinata dall’andamento economico della famiglia Valastro.
- QUINDI, IN BREVE:
Nel racconto ci sono 3 coppie che si presentano in posizioni molto diverse:
1) ‘Ntoni e Nedda → nella 1° parte ‘Ntoni la corteggia, nella 2° parte accetta le avance di ‘Ntoni, nella 3° parte
quando ‘Ntoni cadrà in disgrazia lo rifiuterà e si sposerà con un uomo molto ricco cosa fortemente voluta dalla
madre di lei.
2) Mara e Nicola → sorella di ‘Ntoni che è amata da questo giovane muratore che all’inizio del film la corteggia,
nella 2° parte quando diventa ricca si sente troppo “povero” per poterla sposare, e nella 3° parte sarà lei a
diventare povera e rinuncerà a lui.
3) Lucia e il Maresciallo → nella 1° parte accetta il corteggiamento del maresciallo, nella parte centrale (dove si
salano le acciughe) la famiglia lo allontana, nella 3° tornerà da lui ma verrà abbandonata e si ritroverà a Catania.
I Valastro, con la loro pesca autonoma delle acciughe, diventano ricchi salando le acciughe e vendendole.
Il cambio di status della famiglia Valastro determina il cambiamento della coppia Mara-Nicola: lui ritiene impossibile
sposare Mara poiché adesso è troppo ricca.
I Valastro riescono a pescare per la prima volta per conto loro molte acciughe; nella scena della serata di salatura delle
acciughe troviamo uno dei pochi momenti musicali: si sente il suono di un clarinetto che suona una Sonnambula di
Vincenzo Bellini chiamata “Ah, non credea mirarti” → canto di disperazione e felicità respinta → la musica è diegetica,
interna al film, ed è un bambino che ci informa che qualcuno la sta suonando. Il canto di dolente nostalgia sembra
prefigurare la catastrofe imminente.
Arriva poi il maresciallo, che vuole soltanto sedurre Lucia senza sposarla; la famiglia, capendolo, non lo fa avvicinare
e protegge Lucia. Avviene poi un altro cambiamento di coppia: Nedda si concede a ‘Ntoni perché adesso è ricco.
- LA SVOLTA.
Al centro matematico del film c’è la tempesta che capovolge il destino della famiglia Valastro: un giorno, anche se il
mare era molto agitato, la famiglia non può fermarsi e decide di andare in mare, anche se promette burrasca. Dopo un
po' il mare continua ad agitarsi e della barca della famiglia Valastro non vi è ritorno.
Questa sequenza della tempesta ha una forte componente estetizzante e costituisce il punto di svolta del racconto filmico.
Le diverse sequenze si succedono per stacchi, poiché il racconto filmico è organizzato in episodi per lo più affidati a
lenti piani-sequenza collegati da un uso sapiente della dissolvenza incrociata.
Inquadratura “donne che aspettano gli uomini” vestite di nero, perché pensano siano morti → rimando all’antica tragedia
greca. Trattasi di un’immagine che rivela che Visconti non è neorealista in tutto e per tutto, perché l’immagine estetica
è importantissima. In questa scena si sente soltanto il rumore delle onde del mare, e nient’altro; questa è la dimensione
mitica di cui parlava Visconti quando parlava di mettere in scena i Malavoglia.
I pescatori riescono a fare ritorno, ma hanno perso tutto. Cambiano nuovamente i rapporti a causa di questa sovversione:
- Nedda non vuole più vedere ‘Ntoni, che è tornato di nuovo povero.
- La famiglia non ha più la forza di proteggere Lucia, la quale si concede al maresciallo (finirà a Catania come
prostituta proprio come la Rosalia del romanzo, probabilmente nel quartiere che è oggi San Berillo);
- Mara diventa troppo povera per Nicola, che si rifiuta di sposarla.
Quindi la famiglia diventa di nuovo povera, e i funzionari della banca (che parlano in italiano) tolgono loro anche la
casa. Il nonno si ammala e viene portato al Santa Marta. ‘Ntoni, ridotto in miseria, va a lavorare alla giornata, e come
nel romanzo, inizia ad ubriacarsi.
Quando Mara viene rifiutata da Nicola si sente musica diegetica popolare, che è l’addio fra i due → ciò rivela la
conoscenza della ricerca etnomusicologica di Alberto Favara e Ottavio Tiby.
Alla fine ‘Ntoni decide di tornare a lavorare per i grossisti, ma sempre con il desiderio di riscattarsi, e si convince che
non può lasciare la famiglia senza nulla. Viene preso in giro e gli dicono addirittura che con le sue idee non si può
campare. Nell’ultima sequenza c’è un ritorno musicale per niente romantico, finisce dove tutto è iniziato: con
l’immagine dei pescatori e la parola FINE e in sottofondo il suono delle onde del mare, non c’è nessuna colonna sonora.
È un film tragico che vuole attingere al tono epico/etico dell’antica Grecia, e la tragedia viene riproposta in toni moderni.
Inoltre, è forte la prevalenza della logica economica sui sentimenti amorosi.
Il tema della famiglia corrisponde a quello fortemente presente nel romanzo di Verga. E il suo valore lo custodisce
Mara. Il ritratto di famiglia (la fotografia che funziona come ‘quadro’) ha un valore culturale significativo: tramanda la
memoria e conferisce alla famiglia una dimensione di sacralità.
Ma nel passaggio da un medium ad un altro medium (cioè, dal romanzo alla trasposizione cinematografica del film),
avviene una sorta di ‘tradimento’.