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1.
La forma di governo della Repubblica italiana
La Repubblica italiana adotta una forma di governo parlamentare, come
delineato durante i lavori dell'Assemblea Costituente. Tale modello, basato su una legge elettorale proporzionale, favorisce il sistema di governo di coalizione. Nei tratti salienti, il potere esecutivo è affidato al Governo, composto da membri politici eletti in Parlamento. Il ruolo del Capo dello Stato è principalmente simbolico, privo di poteri effettivi o di rappresentanza indipendente dalla maggioranza parlamentare. Il testo mette in risalto la scelta contro il presidenzialismo e il direttorialismo, sottolineando l'adozione di un sistema in cui il Presidente e le Assemblee sono legittimati separatamente, garantendo una reciproca indipendenza. Si menziona anche la possibilità di riforme future, con proposte che contemplano un sistema presidenziale o modifiche alla legge elettorale, in risposta a sfide come la perdita di fiducia nei partiti e l'emergere del populismo.
2. Il bicameralismo
Il Parlamento italiano è strutturato secondo il principio del
bicameralismo, con due Camere: la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica, entrambe elette dal corpo elettorale. La riduzione del numero di parlamentari è stata attuata attraverso una riforma costituzionale in vigore dal 2020, portando la Camera a 400 deputati e il Senato a 200 senatori. La legislatura, della durata di cinque anni, può essere eventualmente prorogata solo in caso di guerra, e le Camere possono essere sciolte anticipatamente dal Capo dello Stato. Le elezioni per le nuove Camere devono svolgersi entro settanta giorni dalla scadenza delle precedenti. Il principio del bicameralismo paritario conferisce a Camera e Senato gli stessi poteri, in contrasto con altri ordinamenti. Il Senato, oggetto di discussione per riforme, ha visto respinte proposte di trasformazione tramite referendum nel 2005 e nel 2016. Le Camere godono di autonomia regolamentare e contabile, permettendo loro di approvare regolamenti interni e predisporre bilanci senza controllo finanziario esterno. Le Camere hanno anche autonomia giudiziaria per la gestione delle carriere interne e un divieto per la forza pubblica di entrare nelle sedi delle Camere. Il Parlamento si riunisce in seduta comune in casi eccezionali come l'elezione del Presidente della Repubblica o l'accusa al Presidente per alto tradimento. In tali sedute, la presidenza è affidata alla Camera dei Deputati, con l'applicazione del suo regolamento interno, salvo la facoltà del Parlamento in seduta comune di dotarsi autonomamente di norme interne.
3. Il sistema d’elezione delle Camere
Il sistema elettorale italiano per la Camera dei Deputati è disciplinato
dalla Costituzione e da leggi elettorali che hanno subito diverse modifiche nel tempo. Dopo la legge costituzionale n. 1/2020, la Camera è composta da 400 Deputati eletti dai cittadini maggiorenni. Il territorio nazionale è suddiviso in 28 circoscrizioni elettorali, con un numero variabile di collegi uninominali e plurinominali. Le forze politiche devono presentare liste in almeno i 2/3 dei collegi plurinominali della circoscrizione, con misure per promuovere la rappresentanza femminile e possibilità di coalizione a livello nazionale. Il voto è singolo e inscindibile, senza preferenze o voti disgiunti. La ripartizione dei seggi avviene sulla base di una cifra elettorale, e le coalizioni partecipano alla distribuzione dei seggi in base ai voti ottenuti. Il Senato segue un sistema simile con elezioni su base regionale. Dopo la riforma del 2021, l'elettorato attivo è fissato al compimento della maggiore età. Il Senato è composto da 200 Senatori elettivi, con la ripartizione dei seggi in proporzione alla popolazione delle Regioni. Entrambe le Camere possono essere elette anticipatamente dal Capo dello Stato prima della conclusione naturale della legislatura. La legislatura è fissata in cinque anni, con elezioni delle nuove Camere che devono svolgersi entro settanta giorni dalla scadenza delle precedenti.
4. La legislazione sulle campagne elettorali
La legislazione italiana sulle campagne elettorali, principalmente
disciplinata dalla Legge n. 515/1993, mira a garantire la parità di condizioni tra le forze politiche durante le elezioni politiche e altri processi elettorali. La normativa regola l'accesso ai mezzi di informazione, imponendo al servizio pubblico radiotelevisivo l'obbligo di assicurare imparzialità e parità di trattamento ai candidati. Tuttavia, la sua efficacia è stata limitata dalla presenza quasi-monopolistica di un operatore privato nel settore delle telecomunicazioni. La legge si applica anche a elezioni europee, regionali, provinciali, comunali e referendum, vietando alle pubbliche amministrazioni attività di comunicazione e la diffusione di sondaggi demoscopici nei quindici giorni precedenti le elezioni. Tuttavia, l'ampia diversificazione dei canali mediatici, con il ruolo crescente delle piattaforme online, ha introdotto nuove sfide, e le disposizioni specifiche dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) mancano di vincolatività giuridica. Relativamente ai limiti di spesa durante le campagne elettorali, la Legge n. 515/1993 mira a regolare le spese dei movimenti politici e dei candidati per prevenire eccessive disparità. I candidati devono nominare un mandatario elettorale per la raccolta dei fondi, e al termine della campagna, devono presentare un rendiconto al Collegio regionale di garanzia elettorale. Questo Collegio, composto da magistrati ed esperti, approva il rendiconto e può applicare sanzioni pecuniarie in caso di irregolarità. Violazioni dei limiti di spesa da parte di partiti possono portare a sanzioni e influenzare i contributi previsti per il rimborso delle spese elettorali. Inoltre, il contesto attuale delle campagne è fortemente influenzato dalla diversificazione mediatica e dalle piattaforme online, rendendo necessarie ulteriori regolamentazioni per affrontare le sfide emergenti.
5. Le prerogative parlamentari
Le prerogative parlamentari includono la verifica dei poteri, processo
affidato alle Camere stesse per garantire l'autonomia parlamentare. La verifica dei poteri, disciplinata dall'articolo 66 della Costituzione, accerta la regolarità delle operazioni elettorali e verifica cause di ineleggibilità o incompatibilità. Il procedimento è gestito da Giunte parlamentari, ma la prassi solleva dubbi sull'imparzialità. Le immunità dei parlamentari, originariamente mirate a preservare l'indipendenza, comprendono le immunità penali e autorizzazioni processuali residue. Modifiche del 1993 hanno reso meno favorevole la situazione per i parlamentari. Le autorizzazioni processuali residue richiedono l'approvazione della Camera e coinvolgono le competenti Giunte. L'insindacabilità dei parlamentari impedisce all'autorità giudiziaria di interferire con le attività svolte nell'esercizio delle funzioni parlamentari, con una protezione ampia che include opinioni e voti dati in tale contesto. La legge n. 140 del 2003 ha introdotto una pregiudiziale parlamentare, ma la Corte europea dei diritti dell'uomo ha criticato questo approccio. La sentenza n. 379/1996 della Corte costituzionale ha stabilito limiti al controllo giurisdizionale, indicando che l'autorità giudiziaria non può intervenire se i comportamenti dei parlamentari sono riconducibili al loro status, anche se influenzano i lavori parlamentari. Questi limiti sono stati oggetto di dibattito e critica, con la Corte europea dei diritti dell'uomo che ha ritenuto insufficiente il rimedio nazionale in alcuni casi. 6. L’organizzazione interna delle Camere
L'organizzazione interna delle Camere nel contesto del diritto
costituzionale italiano è caratterizzata da una struttura bicamerale con la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. Entrambe le Camere sono composte da rappresentanti eletti dai cittadini o dalle Regioni, riflettendo un equilibrio tra rappresentanza popolare e territoriale. La durata delle legislature è di cinque anni, salvo modifiche. Il Presidente della Repubblica svolge un ruolo cruciale nella convocazione delle Camere e nella formazione del governo. I Presidenti delle Camere sono responsabili di presiedere le sedute e rappresentare l'organo legislativo. Le commissioni parlamentari permanenti giocano un ruolo essenziale nell'esame dei disegni di legge e nell'esercizio delle funzioni di controllo. Le principali funzioni delle Camere includono l'approvazione delle leggi, il controllo del governo, la ratifica dei trattati internazionali e la discussione di questioni nazionali. Il processo legislativo coinvolge diverse fasi, compreso l'esame in commissioni, la discussione in aula, la votazione e la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. Le Camere interagiscono costantemente con il governo attraverso interrogazioni, mozioni e la possibilità di esprimere sfiducia. Svolgono una funzione di indirizzo politico, influenzando le politiche nazionali.
7. La formazione delle leggi
In Italia, la formazione delle leggi segue un procedimento legislativo con
il ruolo paritario delle due Camere, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica, come stabilito dall'articolo 70 della Costituzione. La legge è considerata formata solo quando un progetto di legge viene approvato in un identico testo da entrambi i rami del Parlamento. L'iniziativa legislativa può essere presa da diverse entità, tra cui il Governo, i singoli membri delle Camere, i Consigli regionali, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e un numero di elettori non inferiore a 50.000. I parlamentari devono presentare i loro progetti alla Camera di appartenenza, mentre gli altri soggetti possono scegliere liberamente a quale Camera indirizzare la propria iniziativa. Una volta presentato un disegno di legge, questo viene assegnato a una Commissione permanente in base alla materia trattata. Il procedimento legislativo può seguire diverse modalità: l'ordinario, il decentrato e il misto. Nel procedimento ordinario, la Commissione in sede referente esamina il progetto, presenta una relazione scritta e lo sottopone all'approvazione dell'Assemblea. Nel procedimento decentrato, la Commissione in sede deliberante può approvare definitivamente il progetto senza coinvolgere l'intera Assemblea. Nel procedimento misto, la Commissione in sede redigente approva gli articoli, mentre la votazione finale avviene in Assemblea. Il procedimento legislativo prevede anche la possibilità di deferire all'Assemblea su richiesta del Governo, di 1/5 dei membri della Commissione o di 1/10 dei membri dell'Assemblea, come stabilito dall'articolo 72, comma 3, della Costituzione. Dopo l'approvazione definitiva da parte di entrambe le Camere, la legge è promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, condizionando così la sua entrata in vigore.
8. La promulgazione e la pubblicazione delle leggi
La promulgazione e la pubblicazione delle leggi in Italia sono fasi cruciali
del processo legislativo. Dopo l'approvazione definitiva da parte delle Camere, il progetto di legge viene trasmesso al Presidente della Repubblica per la promulgazione. Tuttavia, il Capo dello Stato può esercitare il potere discrezionale di richiedere un "rinvio presidenziale" alle Camere prima di promulgare la legge, motivando la richiesta. Questo rinvio può avvenire per ragioni di legittimità o merito ed è limitato a un'unica richiesta. Se il rinvio presidenziale viene richiesto, le Camere devono procedere a una nuova delibera, seguendo il procedimento ordinario e iniziando presso il ramo del Parlamento che ha approvato per primo il disegno di legge. Se il progetto di legge viene nuovamente approvato, il Presidente è obbligato a promulgarlo. Quanto all'entrata in vigore delle leggi ordinarie, il Presidente della Repubblica deve promulgarle entro trenta giorni dalla loro approvazione, a meno che non sia stabilito un termine più breve nella stessa legge. La formula di promulgazione contiene l'attestazione dell'approvazione delle Camere, l'ordine di pubblicazione, la clausola esecutiva, il visto e la firma del Guardasigilli. La pubblicazione avviene sulla Gazzetta Ufficiale e sulla Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana entro il trentesimo giorno dalla promulgazione. L'entrata in vigore avviene dopo un periodo di quindici giorni dalla pubblicazione, a meno che la legge prescriva un termine di vacatio diverso.
9. Il procedimento di approvazione delle leggi costituzionali
Il procedimento di approvazione delle leggi costituzionali in Italia,
regolato dall'art. 138 della Costituzione, richiede una seconda deliberazione di ciascuna Camera con intervallo di almeno tre mesi dalla prima, durante la quale si passa direttamente alla votazione finale senza ammettere emendamenti. La maggioranza richiesta è assoluta. Le leggi costituzionali possono essere sottoposte a referendum se richiesto da elettori, Consigli regionali o membri delle Camere entro tre mesi dalla pubblicazione. Se entrambe le Camere approvano il progetto con i 2/3 dei voti, non è possibile richiedere un referendum, e la legge entra in vigore dopo la pubblicazione. Nonostante le revisioni e i tentativi di Commissioni bicamerali per le riforme, il procedimento ha contribuito a plasmare la Costituzione italiana attraverso diverse modifiche nel corso degli anni.
10. La delega legislativa al Governo
La delega legislativa al Governo in Italia è regolata dall'art. 76 della
Costituzione, consentendo al Parlamento di concedere al Governo il potere di emanare decreti legislativi con valore di legge ordinaria. La delega avviene attraverso una legge specifica, adottata secondo la procedura ordinaria. La discussione dottrinale riguarda l'obbligo del Governo nell'esercitare i poteri delegati, e ci sono casi in cui ciò non è avvenuto tempestivamente. La legge di delega deve rispettare limiti costituzionali, ma nella prassi può essere complessa e dettagliata. Può imporre obblighi procedimentali al Governo, come richiedere pareri non vincolanti. I decreti legislativi, una volta deliberati e emanati, entrano in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, rispettando un periodo di vacatio di quindici giorni, a meno di disposizioni diverse. Il Governo deve trasmettere il testo al Presidente almeno venti giorni prima della scadenza della delega per verificarne la legittimità, come stabilito dalla legge del 1988.
11. La valutazione parlamentare dei decreti-legge
In Italia, la valutazione parlamentare dei decreti-legge segue un
procedimento specifico. Il Governo deve presentare un disegno di legge di conversione il giorno stesso dell'emanazione del decreto. Le Camere devono decidere entro sessanta giorni; in caso contrario, il decreto perde efficacia retroattivamente. Se il disegno di legge viene respinto o non approvato entro i sessanta giorni, la decadenza del decreto è annunciata in Gazzetta Ufficiale, ma le leggi possono disciplinare i rapporti giuridici sorti durante la validità provvisoria del decreto non convertito. Nonostante i limiti definiti dalla legge del 1988, il ricorso frequente ai decreti-legge è diventato comune, talvolta senza rispettare rigorosamente i requisiti di necessità e urgenza. La Corte costituzionale ha espresso riserve sulla reiterazione dei decreti-legge, annullando quelli reiterati più volte e censurando la mancanza di presupposti di necessità ed urgenza, anche quando convertiti in legge. Il procedimento di conversione prevede l'esame semplificato dei disegni di legge da parte delle Camere, con valutazione preliminare dei presupposti costituzionali. La Corte costituzionale ha annullato emendamenti disomogenei al decreto da convertire, cercando di limitare l'espansione dei decreti-legge in sede di conversione. Il Presidente della Repubblica ha richiamato le Camere affinché il procedimento di conversione non venga utilizzato impropriamente. Restano dubbi sulla decorrenza degli effetti degli emendamenti, ma la legge del 1988 stabilisce che hanno efficacia dall'entrata in vigore della legge di conversione, salvo disposizione contraria.
12. Le funzioni di indirizzo politico e di controllo
Il Parlamento italiano svolge funzioni di indirizzo politico e controllo
attraverso leggi e atti non legislativi. Le leggi su amnistia, indulto, trattati internazionali e bilanci delineano l'indirizzo politico, mentre mozioni, risoluzioni e ordini del giorno esprimono orientamenti politici e impegni. Gli strumenti di controllo includono l'interrogazione, con domande scritte o orali al Governo, e l'interpellanza, più rilevante politicamente. Entrambi cercano informazioni specifiche. La legge richiede pareri preventivi del Parlamento sulle nomine governative, contribuendo alla trasparenza. Complessivamente, il Parlamento guida l'indirizzo politico e utilizza strumenti di controllo per supervisionare l'operato del Governo.
13. Le inchieste parlamentari
Le inchieste parlamentari, previste dall'art. 82 della Costituzione,
consentono a ciascuna Camera di formare Commissioni speciali per esplorare materie di pubblico interesse. Queste Commissioni, rappresentative dei gruppi parlamentari, hanno poteri autonomi e possono sollevare conflitti di attribuzione davanti alla Corte costituzionale. L'uso delle inchieste mira a esaminare comportamenti statali, esprimere valutazioni politiche e acquisire informazioni per l'attività legislativa. La decisione di avviare un'inchiesta è prerogativa della maggioranza parlamentare, rispettando le norme procedurali legislative. Le Commissioni di inchiesta operano con poteri simili a quelli dell'autorità giudiziaria in indagini ed esami. Questa parità può generare interferenze tra le Commissioni e l'autorità giudiziaria. La Corte costituzionale sottolinea l'obbligo delle Commissioni di trasmettere atti richiesti all'autorità giudiziaria, ma insiste sul rispetto del principio di leale collaborazione tra inchiesta penale e parlamentare. Tuttavia, mancano disposizioni costituzionali o regolamenti che disciplinino gli esiti delle Commissioni di inchiesta, le quali concludono con una relazione alle Camere, senza obbligo di un dibattito parlamentare.
14. Le procedure di informazione
Le procedure di informazione includono le indagini conoscitive condotte
dalle Commissioni parlamentari per raccogliere informazioni utili ai loro compiti istituzionali. A differenza delle inchieste parlamentari, queste indagini mirano esclusivamente all'acquisizione di informazioni, senza concedere poteri coercitivi alle Commissioni verso soggetti esterni, i quali possono essere invitati a collaborare spontaneamente. Le Assemblee e le Commissioni possono richiedere in qualsiasi momento rilevazioni e pareri ad istituti specializzati e organi ausiliari come il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e la Corte dei Conti, nelle materie di loro competenza. Le audizioni rappresentano un altro strumento, consentendo alle Commissioni permanenti di convocare e ascoltare Ministri, funzionari ed amministratori degli enti sottoposti al controllo del Governo. Gli esponenti dell'Esecutivo devono fornire le informazioni richieste e possono essere chiamati a rendere conto, anche per iscritto, dell'attuazione di leggi, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni approvati dalle Camere o accettati dal Governo. Analogamente, funzionari e amministratori pubblici possono essere oggetto di richieste di informazioni e audizioni per gli affari di loro competenza.
15. Il controllo parlamentare sulla politica europea
Il controllo parlamentare sulla politica europea avviene tramite la
Commissione Politiche dell'Unione europea, organo permanente del Parlamento italiano. Questa Commissione dirige e controlla le azioni del Governo riguardo alla partecipazione italiana all'Unione Europea, esaminando la relazione governativa annuale. Le determinazioni della Commissione sono sottoposte all'Assemblea prima del voto del plenum. Le Commissioni sono coinvolte nell'adeguamento alle norme europee, esprimendosi su disegni di legge di delegazione europea e leggi europee. L'adeguamento avviene annualmente attraverso un intervento normativo, consentendo l'adozione delle disposizioni per recepire le direttive comunitarie.
La partecipazione parlamentare nelle determinazioni comunitarie implica
il coinvolgimento delle Commissioni permanenti del Senato e della Camera sulle Politiche dell'Unione europea. Queste Commissioni contribuiscono alla fase ascendente del diritto comunitario, esaminando i progetti degli atti comunitari. Il Governo deve apporre una riserva di esame parlamentare in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea fino a quando le Camere non concludono l'esame. Il Trattato di Lisbona conferisce ai Parlamenti nazionali un ruolo rilevante nella verifica del principio di sussidiarietà. Le modalità di attivazione del meccanismo di verifica sono disciplinate dalla legge, con il Governo tenuto a fornire un'adeguata e tempestiva informazione alle Camere sulle iniziative legislative europee.