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Cap. 6 Il Parlamento

Sesto capitolo del compendio di diritto costituzionale

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1.

La forma di governo della Repubblica italiana

La Repubblica italiana adotta una forma di governo parlamentare, come


delineato durante i lavori dell'Assemblea Costituente. Tale modello,
basato su una legge elettorale proporzionale, favorisce il sistema di
governo di coalizione. Nei tratti salienti, il potere esecutivo è affidato al
Governo, composto da membri politici eletti in Parlamento. Il ruolo del
Capo dello Stato è principalmente simbolico, privo di poteri effettivi o di
rappresentanza indipendente dalla maggioranza parlamentare.
Il testo mette in risalto la scelta contro il presidenzialismo e il
direttorialismo, sottolineando l'adozione di un sistema in cui il Presidente
e le Assemblee sono legittimati separatamente, garantendo una
reciproca indipendenza. Si menziona anche la possibilità di riforme
future, con proposte che contemplano un sistema presidenziale o
modifiche alla legge elettorale, in risposta a sfide come la perdita di
fiducia nei partiti e l'emergere del populismo.

2. Il bicameralismo

Il Parlamento italiano è strutturato secondo il principio del


bicameralismo, con due Camere: la Camera dei Deputati e il Senato
della Repubblica, entrambe elette dal corpo elettorale. La riduzione del
numero di parlamentari è stata attuata attraverso una riforma
costituzionale in vigore dal 2020, portando la Camera a 400 deputati e il
Senato a 200 senatori. La legislatura, della durata di cinque anni, può
essere eventualmente prorogata solo in caso di guerra, e le Camere
possono essere sciolte anticipatamente dal Capo dello Stato. Le elezioni
per le nuove Camere devono svolgersi entro settanta giorni dalla
scadenza delle precedenti.
Il principio del bicameralismo paritario conferisce a Camera e Senato gli
stessi poteri, in contrasto con altri ordinamenti. Il Senato, oggetto di
discussione per riforme, ha visto respinte proposte di trasformazione
tramite referendum nel 2005 e nel 2016. Le Camere godono di
autonomia regolamentare e contabile, permettendo loro di approvare
regolamenti interni e predisporre bilanci senza controllo finanziario
esterno.
Le Camere hanno anche autonomia giudiziaria per la gestione delle
carriere interne e un divieto per la forza pubblica di entrare nelle sedi
delle Camere. Il Parlamento si riunisce in seduta comune in casi
eccezionali come l'elezione del Presidente della Repubblica o l'accusa al
Presidente per alto tradimento. In tali sedute, la presidenza è affidata
alla Camera dei Deputati, con l'applicazione del suo regolamento
interno, salvo la facoltà del Parlamento in seduta comune di dotarsi
autonomamente di norme interne.

3. Il sistema d’elezione delle Camere

Il sistema elettorale italiano per la Camera dei Deputati è disciplinato


dalla Costituzione e da leggi elettorali che hanno subito diverse
modifiche nel tempo. Dopo la legge costituzionale n. 1/2020, la Camera
è composta da 400 Deputati eletti dai cittadini maggiorenni. Il territorio
nazionale è suddiviso in 28 circoscrizioni elettorali, con un numero
variabile di collegi uninominali e plurinominali. Le forze politiche devono
presentare liste in almeno i 2/3 dei collegi plurinominali della
circoscrizione, con misure per promuovere la rappresentanza femminile
e possibilità di coalizione a livello nazionale. Il voto è singolo e
inscindibile, senza preferenze o voti disgiunti. La ripartizione dei seggi
avviene sulla base di una cifra elettorale, e le coalizioni partecipano alla
distribuzione dei seggi in base ai voti ottenuti.
Il Senato segue un sistema simile con elezioni su base regionale. Dopo
la riforma del 2021, l'elettorato attivo è fissato al compimento della
maggiore età. Il Senato è composto da 200 Senatori elettivi, con la
ripartizione dei seggi in proporzione alla popolazione delle Regioni.
Entrambe le Camere possono essere elette anticipatamente dal Capo
dello Stato prima della conclusione naturale della legislatura. La
legislatura è fissata in cinque anni, con elezioni delle nuove Camere che
devono svolgersi entro settanta giorni dalla scadenza delle precedenti.

4. La legislazione sulle campagne elettorali

La legislazione italiana sulle campagne elettorali, principalmente


disciplinata dalla Legge n. 515/1993, mira a garantire la parità di
condizioni tra le forze politiche durante le elezioni politiche e altri
processi elettorali. La normativa regola l'accesso ai mezzi di
informazione, imponendo al servizio pubblico radiotelevisivo l'obbligo di
assicurare imparzialità e parità di trattamento ai candidati. Tuttavia, la
sua efficacia è stata limitata dalla presenza quasi-monopolistica di un
operatore privato nel settore delle telecomunicazioni.
La legge si applica anche a elezioni europee, regionali, provinciali,
comunali e referendum, vietando alle pubbliche amministrazioni attività
di comunicazione e la diffusione di sondaggi demoscopici nei quindici
giorni precedenti le elezioni. Tuttavia, l'ampia diversificazione dei canali
mediatici, con il ruolo crescente delle piattaforme online, ha introdotto
nuove sfide, e le disposizioni specifiche dell'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni (AGCOM) mancano di vincolatività giuridica.
Relativamente ai limiti di spesa durante le campagne elettorali, la Legge
n. 515/1993 mira a regolare le spese dei movimenti politici e dei
candidati per prevenire eccessive disparità. I candidati devono nominare
un mandatario elettorale per la raccolta dei fondi, e al termine della
campagna, devono presentare un rendiconto al Collegio regionale di
garanzia elettorale. Questo Collegio, composto da magistrati ed esperti,
approva il rendiconto e può applicare sanzioni pecuniarie in caso di
irregolarità. Violazioni dei limiti di spesa da parte di partiti possono
portare a sanzioni e influenzare i contributi previsti per il rimborso delle
spese elettorali. Inoltre, il contesto attuale delle campagne è fortemente
influenzato dalla diversificazione mediatica e dalle piattaforme online,
rendendo necessarie ulteriori regolamentazioni per affrontare le sfide
emergenti.

5. Le prerogative parlamentari

Le prerogative parlamentari includono la verifica dei poteri, processo


affidato alle Camere stesse per garantire l'autonomia parlamentare. La
verifica dei poteri, disciplinata dall'articolo 66 della Costituzione, accerta
la regolarità delle operazioni elettorali e verifica cause di ineleggibilità o
incompatibilità. Il procedimento è gestito da Giunte parlamentari, ma la
prassi solleva dubbi sull'imparzialità.
Le immunità dei parlamentari, originariamente mirate a preservare
l'indipendenza, comprendono le immunità penali e autorizzazioni
processuali residue. Modifiche del 1993 hanno reso meno favorevole la
situazione per i parlamentari. Le autorizzazioni processuali residue
richiedono l'approvazione della Camera e coinvolgono le competenti
Giunte.
L'insindacabilità dei parlamentari impedisce all'autorità giudiziaria di
interferire con le attività svolte nell'esercizio delle funzioni parlamentari,
con una protezione ampia che include opinioni e voti dati in tale
contesto. La legge n. 140 del 2003 ha introdotto una pregiudiziale
parlamentare, ma la Corte europea dei diritti dell'uomo ha criticato
questo approccio.
La sentenza n. 379/1996 della Corte costituzionale ha stabilito limiti al
controllo giurisdizionale, indicando che l'autorità giudiziaria non può
intervenire se i comportamenti dei parlamentari sono riconducibili al loro
status, anche se influenzano i lavori parlamentari. Questi limiti sono stati
oggetto di dibattito e critica, con la Corte europea dei diritti dell'uomo che
ha ritenuto insufficiente il rimedio nazionale in alcuni casi.
6. L’organizzazione interna delle Camere

L'organizzazione interna delle Camere nel contesto del diritto


costituzionale italiano è caratterizzata da una struttura bicamerale con la
Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. Entrambe le Camere
sono composte da rappresentanti eletti dai cittadini o dalle Regioni,
riflettendo un equilibrio tra rappresentanza popolare e territoriale. La
durata delle legislature è di cinque anni, salvo modifiche. Il Presidente
della Repubblica svolge un ruolo cruciale nella convocazione delle
Camere e nella formazione del governo.
I Presidenti delle Camere sono responsabili di presiedere le sedute e
rappresentare l'organo legislativo. Le commissioni parlamentari
permanenti giocano un ruolo essenziale nell'esame dei disegni di legge
e nell'esercizio delle funzioni di controllo. Le principali funzioni delle
Camere includono l'approvazione delle leggi, il controllo del governo, la
ratifica dei trattati internazionali e la discussione di questioni nazionali.
Il processo legislativo coinvolge diverse fasi, compreso l'esame in
commissioni, la discussione in aula, la votazione e la promulgazione da
parte del Presidente della Repubblica. Le Camere interagiscono
costantemente con il governo attraverso interrogazioni, mozioni e la
possibilità di esprimere sfiducia. Svolgono una funzione di indirizzo
politico, influenzando le politiche nazionali.

7. La formazione delle leggi

In Italia, la formazione delle leggi segue un procedimento legislativo con


il ruolo paritario delle due Camere, la Camera dei Deputati e il Senato
della Repubblica, come stabilito dall'articolo 70 della Costituzione. La
legge è considerata formata solo quando un progetto di legge viene
approvato in un identico testo da entrambi i rami del Parlamento.
L'iniziativa legislativa può essere presa da diverse entità, tra cui il
Governo, i singoli membri delle Camere, i Consigli regionali, il Consiglio
nazionale dell'economia e del lavoro e un numero di elettori non inferiore
a 50.000. I parlamentari devono presentare i loro progetti alla Camera di
appartenenza, mentre gli altri soggetti possono scegliere liberamente a
quale Camera indirizzare la propria iniziativa.
Una volta presentato un disegno di legge, questo viene assegnato a una
Commissione permanente in base alla materia trattata. Il procedimento
legislativo può seguire diverse modalità: l'ordinario, il decentrato e il
misto. Nel procedimento ordinario, la Commissione in sede referente
esamina il progetto, presenta una relazione scritta e lo sottopone
all'approvazione dell'Assemblea. Nel procedimento decentrato, la
Commissione in sede deliberante può approvare definitivamente il
progetto senza coinvolgere l'intera Assemblea. Nel procedimento misto,
la Commissione in sede redigente approva gli articoli, mentre la
votazione finale avviene in Assemblea.
Il procedimento legislativo prevede anche la possibilità di deferire
all'Assemblea su richiesta del Governo, di 1/5 dei membri della
Commissione o di 1/10 dei membri dell'Assemblea, come stabilito
dall'articolo 72, comma 3, della Costituzione. Dopo l'approvazione
definitiva da parte di entrambe le Camere, la legge è promulgata dal
Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, condizionando
così la sua entrata in vigore.

8. La promulgazione e la pubblicazione delle leggi

La promulgazione e la pubblicazione delle leggi in Italia sono fasi cruciali


del processo legislativo. Dopo l'approvazione definitiva da parte delle
Camere, il progetto di legge viene trasmesso al Presidente della
Repubblica per la promulgazione. Tuttavia, il Capo dello Stato può
esercitare il potere discrezionale di richiedere un "rinvio presidenziale"
alle Camere prima di promulgare la legge, motivando la richiesta.
Questo rinvio può avvenire per ragioni di legittimità o merito ed è limitato
a un'unica richiesta.
Se il rinvio presidenziale viene richiesto, le Camere devono procedere a
una nuova delibera, seguendo il procedimento ordinario e iniziando
presso il ramo del Parlamento che ha approvato per primo il disegno di
legge. Se il progetto di legge viene nuovamente approvato, il Presidente
è obbligato a promulgarlo.
Quanto all'entrata in vigore delle leggi ordinarie, il Presidente della
Repubblica deve promulgarle entro trenta giorni dalla loro approvazione,
a meno che non sia stabilito un termine più breve nella stessa legge. La
formula di promulgazione contiene l'attestazione dell'approvazione delle
Camere, l'ordine di pubblicazione, la clausola esecutiva, il visto e la
firma del Guardasigilli. La pubblicazione avviene sulla Gazzetta Ufficiale
e sulla Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana
entro il trentesimo giorno dalla promulgazione. L'entrata in vigore
avviene dopo un periodo di quindici giorni dalla pubblicazione, a meno
che la legge prescriva un termine di vacatio diverso.

9. Il procedimento di approvazione delle leggi costituzionali

Il procedimento di approvazione delle leggi costituzionali in Italia,


regolato dall'art. 138 della Costituzione, richiede una seconda
deliberazione di ciascuna Camera con intervallo di almeno tre mesi dalla
prima, durante la quale si passa direttamente alla votazione finale senza
ammettere emendamenti. La maggioranza richiesta è assoluta. Le leggi
costituzionali possono essere sottoposte a referendum se richiesto da
elettori, Consigli regionali o membri delle Camere entro tre mesi dalla
pubblicazione. Se entrambe le Camere approvano il progetto con i 2/3
dei voti, non è possibile richiedere un referendum, e la legge entra in
vigore dopo la pubblicazione. Nonostante le revisioni e i tentativi di
Commissioni bicamerali per le riforme, il procedimento ha contribuito a
plasmare la Costituzione italiana attraverso diverse modifiche nel corso
degli anni.

10. La delega legislativa al Governo

La delega legislativa al Governo in Italia è regolata dall'art. 76 della


Costituzione, consentendo al Parlamento di concedere al Governo il
potere di emanare decreti legislativi con valore di legge ordinaria. La
delega avviene attraverso una legge specifica, adottata secondo la
procedura ordinaria. La discussione dottrinale riguarda l'obbligo del
Governo nell'esercitare i poteri delegati, e ci sono casi in cui ciò non è
avvenuto tempestivamente. La legge di delega deve rispettare limiti
costituzionali, ma nella prassi può essere complessa e dettagliata. Può
imporre obblighi procedimentali al Governo, come richiedere pareri non
vincolanti. I decreti legislativi, una volta deliberati e emanati, entrano in
vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, rispettando un
periodo di vacatio di quindici giorni, a meno di disposizioni diverse. Il
Governo deve trasmettere il testo al Presidente almeno venti giorni
prima della scadenza della delega per verificarne la legittimità, come
stabilito dalla legge del 1988.

11. La valutazione parlamentare dei decreti-legge

In Italia, la valutazione parlamentare dei decreti-legge segue un


procedimento specifico. Il Governo deve presentare un disegno di legge
di conversione il giorno stesso dell'emanazione del decreto. Le Camere
devono decidere entro sessanta giorni; in caso contrario, il decreto
perde efficacia retroattivamente. Se il disegno di legge viene respinto o
non approvato entro i sessanta giorni, la decadenza del decreto è
annunciata in Gazzetta Ufficiale, ma le leggi possono disciplinare i
rapporti giuridici sorti durante la validità provvisoria del decreto non
convertito.
Nonostante i limiti definiti dalla legge del 1988, il ricorso frequente ai
decreti-legge è diventato comune, talvolta senza rispettare
rigorosamente i requisiti di necessità e urgenza. La Corte costituzionale
ha espresso riserve sulla reiterazione dei decreti-legge, annullando
quelli reiterati più volte e censurando la mancanza di presupposti di
necessità ed urgenza, anche quando convertiti in legge.
Il procedimento di conversione prevede l'esame semplificato dei disegni
di legge da parte delle Camere, con valutazione preliminare dei
presupposti costituzionali. La Corte costituzionale ha annullato
emendamenti disomogenei al decreto da convertire, cercando di limitare
l'espansione dei decreti-legge in sede di conversione.
Il Presidente della Repubblica ha richiamato le Camere affinché il
procedimento di conversione non venga utilizzato impropriamente.
Restano dubbi sulla decorrenza degli effetti degli emendamenti, ma la
legge del 1988 stabilisce che hanno efficacia dall'entrata in vigore della
legge di conversione, salvo disposizione contraria.

12. Le funzioni di indirizzo politico e di controllo

Il Parlamento italiano svolge funzioni di indirizzo politico e controllo


attraverso leggi e atti non legislativi. Le leggi su amnistia, indulto, trattati
internazionali e bilanci delineano l'indirizzo politico, mentre mozioni,
risoluzioni e ordini del giorno esprimono orientamenti politici e impegni.
Gli strumenti di controllo includono l'interrogazione, con domande scritte
o orali al Governo, e l'interpellanza, più rilevante politicamente. Entrambi
cercano informazioni specifiche. La legge richiede pareri preventivi del
Parlamento sulle nomine governative, contribuendo alla trasparenza.
Complessivamente, il Parlamento guida l'indirizzo politico e utilizza
strumenti di controllo per supervisionare l'operato del Governo.

13. Le inchieste parlamentari

Le inchieste parlamentari, previste dall'art. 82 della Costituzione,


consentono a ciascuna Camera di formare Commissioni speciali per
esplorare materie di pubblico interesse. Queste Commissioni,
rappresentative dei gruppi parlamentari, hanno poteri autonomi e
possono sollevare conflitti di attribuzione davanti alla Corte
costituzionale.
L'uso delle inchieste mira a esaminare comportamenti statali, esprimere
valutazioni politiche e acquisire informazioni per l'attività legislativa. La
decisione di avviare un'inchiesta è prerogativa della maggioranza
parlamentare, rispettando le norme procedurali legislative.
Le Commissioni di inchiesta operano con poteri simili a quelli
dell'autorità giudiziaria in indagini ed esami. Questa parità può generare
interferenze tra le Commissioni e l'autorità giudiziaria. La Corte
costituzionale sottolinea l'obbligo delle Commissioni di trasmettere atti
richiesti all'autorità giudiziaria, ma insiste sul rispetto del principio di leale
collaborazione tra inchiesta penale e parlamentare. Tuttavia, mancano
disposizioni costituzionali o regolamenti che disciplinino gli esiti delle
Commissioni di inchiesta, le quali concludono con una relazione alle
Camere, senza obbligo di un dibattito parlamentare.

14. Le procedure di informazione

Le procedure di informazione includono le indagini conoscitive condotte


dalle Commissioni parlamentari per raccogliere informazioni utili ai loro
compiti istituzionali. A differenza delle inchieste parlamentari, queste
indagini mirano esclusivamente all'acquisizione di informazioni, senza
concedere poteri coercitivi alle Commissioni verso soggetti esterni, i
quali possono essere invitati a collaborare spontaneamente.
Le Assemblee e le Commissioni possono richiedere in qualsiasi
momento rilevazioni e pareri ad istituti specializzati e organi ausiliari
come il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e la Corte dei
Conti, nelle materie di loro competenza.
Le audizioni rappresentano un altro strumento, consentendo alle
Commissioni permanenti di convocare e ascoltare Ministri, funzionari ed
amministratori degli enti sottoposti al controllo del Governo. Gli
esponenti dell'Esecutivo devono fornire le informazioni richieste e
possono essere chiamati a rendere conto, anche per iscritto,
dell'attuazione di leggi, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni approvati
dalle Camere o accettati dal Governo. Analogamente, funzionari e
amministratori pubblici possono essere oggetto di richieste di
informazioni e audizioni per gli affari di loro competenza.

15. Il controllo parlamentare sulla politica europea

Il controllo parlamentare sulla politica europea avviene tramite la


Commissione Politiche dell'Unione europea, organo permanente del
Parlamento italiano. Questa Commissione dirige e controlla le azioni del
Governo riguardo alla partecipazione italiana all'Unione Europea,
esaminando la relazione governativa annuale. Le determinazioni della
Commissione sono sottoposte all'Assemblea prima del voto del plenum.
Le Commissioni sono coinvolte nell'adeguamento alle norme europee,
esprimendosi su disegni di legge di delegazione europea e leggi
europee. L'adeguamento avviene annualmente attraverso un intervento
normativo, consentendo l'adozione delle disposizioni per recepire le
direttive comunitarie.

La partecipazione parlamentare nelle determinazioni comunitarie implica


il coinvolgimento delle Commissioni permanenti del Senato e della
Camera sulle Politiche dell'Unione europea. Queste Commissioni
contribuiscono alla fase ascendente del diritto comunitario, esaminando i
progetti degli atti comunitari. Il Governo deve apporre una riserva di
esame parlamentare in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione
europea fino a quando le Camere non concludono l'esame.
Il Trattato di Lisbona conferisce ai Parlamenti nazionali un ruolo rilevante
nella verifica del principio di sussidiarietà. Le modalità di attivazione del
meccanismo di verifica sono disciplinate dalla legge, con il Governo
tenuto a fornire un'adeguata e tempestiva informazione alle Camere
sulle iniziative legislative europee.

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