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Geografia OpenBook/Geografia fisica

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Indice del libro

Introduzione

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La geografia fisica è uno dei due principali settori della geografia (l’altro è la geografia umana). La geografia fisica è compresa nel campo delle scienze naturali (mentre la geografia umana in quello delle scienze sociali). Studia gli elementi naturali della superficie terrestre riconducibili alla litosfera, idrosfera, atmosfera e biosfera, e le relazione che intercorrono fra loro. La geografia umana, o antropica, compresa nel campo delle scienze sociali, studia invece gli elementi della superficie terrestre prodotti dall’attività umana.

La geografia fisica, a sua volta, è composta da vari settori, ciascuno dei quali si concentra sullo studio di una diversa categoria di elementi naturali. Va sottolineato che tali classificazioni comportano spesso sovrapposizioni e altrettanto spesso differenti opinioni.

La geomorfologia è il settore più ampio ed importante della geografia fisica, e studia l’ambiente non-vivente e cioè gli elementi della litosfera, dell’idrosfera e dell’atmosfera, anche nella loro rispettiva interazione.

La climatologia si occupa prevalentemente dello studio dell’atmosfera ed in particolare del clima, dei suoi fattori[1] e dei suoi elementi[2].

La biogeografia studia le caratteristiche della biosfera e cioè la diffusione dei maggiori ecosistemi (biomi) e delle specie viventi di flora e fauna.

Geomorfologia

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La geomorfologia descrive le forme e le caratteristiche dalla superficie terrestre (litosfera) nella sua interazione con le acque marine e continentali (idrosfera), con l'atmosfera e con la vegetazione naturale (biosfera). Oltre alle caratteristiche, la geomorfologia ne studia anche le cause, le trasformazioni e le possibili evoluzioni future.
Per fare questo integra nel proprio ambito di conoscenze anche altre discipline, come ad esempio: geologia, idrologia, glaciologia, climatologia, oceanografia.

Le principali forme (elementi naturali) della superficie terrestre possono essere classificate in base alle loro caratteristiche comuni.

  • Acque marine: danno origine ad oceani e mari, insenature, stretti;
  • Coste (linee di costa, sulle carte geografiche) separano le acque marine dalle terre emerse e danno origine ad: arcipelaghi ed isole, penisole;
  • Orografia: consiste in rilievi, pianure;
  • Acque continentali: danno origine a fiumi, laghi;

Altri due importanti elementi naturali riferiti alla superficie terrestre sono:

  • Clima: caratteristiche dell'atmosfera nel tempo (in particolare temperatura e precipitazioni, vedi paragrafo successivo);
  • Biomi: caratteristiche della biosfera (in particolare la vegetazione naturale, cioè la flora, vedi paragrafo successivo)

Ciascuna elemento naturale (p.es. fiume) può avere caratteristiche particolari da poter essere identificato con un nome specifico più appropriato (p.es. ruscello, torrente, immissario, emissario, affluente, ecc.). E' quindi necessario conoscere le caratteristiche ed il nome dei diversi elementi naturali per conoscere meglio la varietà delle loro forme, sia sulla superficie terrestre sia sulle carte geografiche che li rappresentano.

Paesaggio d'esempio in B/N (da stampare in A3

La figura illustra, a titolo d'esempio, un paesaggio immaginario (non una carta geografica) in cui sono disegnate numerose forme delle acque marine, delle coste, dell'orografia e delle acque continentali. Esercitatevi nell'individuarne quante più possibile utilizzando il glossario.
Qui di fianco una versione in bianco e nero ottimizzata per la stampa.

Giochi sul web

Per rendere meno noioso lo studio e la memorizzazione dei significati delle parole del glossario di geografia fisica è possibile, dopo una sua prima lettura, provare a risolvere un gioco di parole crociate realizzato appositamente con le sue definizioni.

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Glossario di geografia fisica

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La conoscenza dei differenti elementi naturali della superficie terrestre inizia con la conoscenza dei loro nomi specifici. Una raccolta di parole (e significati) riferiti ad un ambito specifico è chiamato glossario. Ecco dunque un glossario di geografia fisica, breve ma completo.

I termini sono classificate in base alle loro caratteristiche comuni: acque marine, coste, orografia, acque continentali, clima, biomi.

   Acque marine

Baia: tratto di mare che entra profondamente nella terraferma, con coste che all'entrata sono più strette e si allargano internamente; generalmente più piccola di un golfo.
Fondale: altezza fra il fondo e la superficie di un corpo d'acqua sovrastante (fiume, lago, mare, ecc.).
Golfo: tratto di mare che si estende verso la terraferma formando una linea di costa curva, ampia e profonda; generalmente più grande di una baia.
Insenatura: termine generico per indicare un golfo o una baia.
Stretto, canale: tratto di mare che separa due coste ed unisce due mari.

   Coste

Arcipelago: gruppo di isole poco distanti tra loro.
Atollo: isola formata da una scogliera corallina circolare al cui interno c'è una laguna.
Capo: terra emersa che si protende verso il mare meno pronunciata di una penisola; se montuosa promontorio, se bassa punta.
Costa (linea di costa): limite, confine fra le acque marine e le terre emerse.
Costa alta: versanti di una montagna o collina che terminano direttamente in mare.
Costa bassa: pianura che termina direttamente in mare.
Costa frastagliata: linea di costa movimentata con ripetute insenature o penisole.
Costa rettilinea: linea di costa priva di insenature o penisole.
Falesia: costa alta formata da una parete rocciosa pressoché verticale.
Isola: terra emersa circondata interamente dal mare (o dalle acque di un lago, o di un grande fiume).
Istmo: sottile lingua di terra, bagnata da ambo i lati dal mare, che congiunge tra loro due aree di terra emersa.
Penisola: terra emersa che si protende verso il mare.
Promontorio: terra emersa con rilievo montuoso che si protende verso il mare.
Spiaggia: costa bassa costituita da sabbia depositata da fiumi o da correnti marine litoranee che può subire modifiche per azione del moto ondoso.
Tombolo: striscia di sabbia che unisce la terraferma ad una vicina isola costiera, formando insieme ad essa una penisola.

   Orografia

Altitudine: altezza di un punto rispetto al livello medio del mare.
Altopiano, tavolato: area pianeggiante posta ad un'altitudine superiore rispetto alle zone circostanti, delimitato generalmente da valli o scarpate.
Bacino: conca, avvallamento naturale in cui si raccolgono le precipitazioni.
Bassopiano: area pianeggiante, posta a basse altitudini, circondata da rilievi.
Caldera: larga depressione, di forma generalmente circolare, di origine vulcanica.
Catena montuosa: successione di montagne allineate ed appartenenti al medesimo gruppo geologico.
Colata lavica: ammasso di magma solidificato fuoriuscito da un cratere vulcanico e sceso a valle.
Collina: termine generico che indica un rilevo con cima non superiore ai 600 m slm (metri sul livello del mare) generalmente dal profilo arrotondato, non scosceso.
Cratere: bocca eruttiva sulla cima o sui fianchi di un vulcano.
Cresta: successione di due o più cime di montagna, a forma di tetto a due falde.
Crinale: linea immaginaria che unisce i punti più alti di una catena montuosa; funge da spartiacque.
Depressione: area, pianura o vallata, situata al di sotto del livello del mare (altitudine < 0 msl).
Duna: accumulo di sabbia dovuto all'azione del vento o del mare.
Faglia: frattura della crosta terrestre più o meno visibile in superficie.
Frana, smottamento: distacco di masse rocciose o di suolo dalla propria sede (nicchia di frana) in zone a forte pendenza a causa della forza di gravità e dell'azione di fenomeni atmosferici (erosione).
Gola: valle a V stretta e dai versanti ripidi con il fondo generalmente occupato da un corso d'acqua.
Litosfera: parte rigida esterna del pianeta terra, formata dalla crosta e dal mantello esterno, composta in gran parte da rocce e superficialmente da suolo.
Massiccio montuoso: gruppo di montagne relativamente isolato o separato dalle altre da valichi o valli.
Montagna: termine generico che indica un rilevo con cima superiore ai 600 m slm, alta montagna se superiore ai 1500 m slm (metri sul livello del mare); forme arrotondate ed altitudine modesta sono segni di formazione geologicamente antica e di erosione avanzata, forme aguzze sono segni di formazione più recente.
Morene: accumuli di pietre e rocce provenienti dallo smantellamento dei rilievi operato dai ghiacciai attuali o del passato.
Orografia: forme e caratteristiche dei rilievi della superficie terrestre.
Parete rocciosa: fianco di un rilievo formato da rocce con pendenza molto ripida, quasi verticale.
Pianura alluvionale: pianura formata da sedimenti fluviali depositati nel tempo da ripetute esondazioni.
Pianura costiera: pianura formata dall'accumulo di sedimenti provenienti da rilievi retrostanti o redistribuiti dalla correnti litoranee marine e da un successivo abbassamento del mare.
Pianura: termine generico con cui indicare un'area con andamento pianeggiante con scarsi o nulli rilievi fino a 300 m slm (sul livello del mare).
Rilievo: termine generico che indica un'altura o l'orografia di una zona.
Rocce: minerali aggregati allo stato solido; generalmente costituiscono i rilievi.
Scarpata: brusco cambiamento di pendenza dovuto all'erosione, che forma come un gradino.
Sedimento: sostanza di origine minerale od organica, originata dall'erosione, ridotta in piccoli frammenti da processi di decomposizione fisica chimica o meccanica, depositata dall'azione delle acque continentali.
Spartiacque: confine che delimita due bacini fluviali, costituito da creste di rilievi che distribuiscono le acque meteoriche in direzioni opposte.
Suolo: strato superficiale della litosfera che può avere profondità di pochi centimetri o molti metri; formato da piccole parti di provenienti dall'erosione rocciosa e decomposizione di organismi viventi e mescolate ad acqua ed aria.
Terreno: termine generico che fa riferimento alle caratteristiche chimico-fisiche del suolo.
Valico, passo: struttura a forma di sella che rappresenta il punto più basso per l'attraversamento di una catena montuosa.
Valle: forma del rilievo allungata, costituita dall'erosione fluviale (valli a V) o dall'erosione dei ghiacciai (valli a U), costituita da due fianchi o versanti che in alto terminano in creste o spartiacque.
Versante: fianchi di una catena montuosa, di un monte o di una collina.
Vetta, cima: punto più alto di una montagna.
Vulcano: rilievo di forma generalmente conica formato dall'accumulo di eruzioni laviche.

   Acque continentali

Acque continentali: acque presenti sulle terre emerse (continenti); fiumi, laghi, ghiacciai, ecc.
Affluente: corso d’acqua che sfocia in un altro corso d’acqua.
Alveo: letto in cui scorre un corso d’acqua.
Ansa: curva del corso di un fiume, generalmente in pianura.
Argine: rilievo generalmente modesto che contiene (riva, sponda) o sbarra (diga) un corso d'acqua.
Bacino fluviale, idrografico, imbrifero: area delimitata da spartiacque posti sui rilievi circostanti in cui le precipitazioni si raccolgono dai versanti in corsi d'acqua che via via confluiscono verso un unico punto (confluenza, lago o foce) a valle.
Carsismo: erosione di rocce calcaree che permette alle precipitazioni di attraversare gli strati superiori permeabili e raccogliersi nel sottosuolo; non si forma un reticolo idrografico superficiale. Al termine dell'erosione delle rocce si formano terre rosse.
Cascata: caduta verticale dell'acqua fluviale a causa di un gradino roccioso.
Confluenza: punto d'incontro fra due o più corsi d'acqua.
Deflusso: flusso dell'acqua meteorica (precipitazioni) che dalle terre emerse giunge al mare, seguendo la pendenza, attraverso il reticolo idrografico e la circolazione sotterranea.
Delta: accumulo di sedimenti presso la foce di un fiume che avanza oltre la linea di costa originaria suddividendosi in più rami.
Emissario: corso d'acqua che esce da un lago.
Endoreico: bacino idrografico o corpo idrico (fiume, lago) che non sfocia in mare aperto ma rimane all'interno di un continente, a volte situato in una depressione.
Erosione: smantellamento dei rilievi causato dall'azione dei fenomeni atmosferici (prevalentemente precipitazioni), delle acque fluviali, marine o ghiacciai.
Esondazione: straripamento (ossia il traboccare) delle acque che fuoriescono dagli argini o dalle rive di un fiume o di un torrente, inondando le zone circostanti poste ad una quota altimetrica inferiore.
Estuario: foce fluviale ampia ed aperta che può formare un'insenatura in presenza di ampie maree.
Fiume: corso d'acqua perenne che scorre, secondo la pendenza, dalla sorgente alla foce.
Foce: punto in cui un fiume si immette in mare o in un lago.
Fonte, sorgente: punto in cui l'acqua scaturisce dal suolo o da fessure delle rocce.
Ghiacciaio: ampio accumulo neve che a causa del gelo e della pressione si trasforma in ghiaccio; in lento movimento verso valle a causa della gravità.
Ghiacciaio alpino: ghiacciaio permanente; si forma sui rilievi grazie all'accumulo di precipitazioni nevose nelle aree a clima temperato.
Ghiacciaio polare: ghiacciaio permanente; si forma grazie all'accumulo di precipitazioni nevose anche a basse o nulle altitudini a causa del clima freddo.
Immissario: corso d'acqua che si immette in un lago.
Lago: corpo d'acqua raccolto in una depressione della superficie terrestre senza contatto diretto con il mare.
Laguna: corpo d’acqua compreso tra una duna litoranea e la terraferma, in prossimità delle acque marine.
Meandro fluviale: elemento tortuoso di un fiume, formato da una successione di strette anse (che formano delle S), in una pianura alluvionale o re-incisa.
Palude: area in cui si presenta una combinazione di acqua, suolo e vegetazione.
Portata: volume d’acqua trasportato da fiume.
Regime di un fiume: variazioni stagionali della portata di un fiume, possono essere torrentizi o regolari, con periodi di magra o di piena.
Rete o reticolo fluviale: l'insieme corsi d'acqua scorre in un'area.
Ruscello: piccolo corso d'acqua che generalmente confluisce in uno più grande.
Sponda: margine del terreno o roccia che delimita un corso d’acqua.
Stagno, acquitrino: specchio d'acqua ferma (stagnante) di dimensioni ridotte e fondale poco profondo.
Torrente: corso d'acqua relativamente breve, dalla portata variabile in funzione delle precipitazioni (pioggia).

   Clima

Arido: clima secco a causa delle scarse o nulle precipitazioni; la copertura vegetale è scarsa o assente.
Atmosfera: miscela gassosa che avvolge la terra, contiene anche acqua allo stato gassoso (vapore acqueo).
Clima: insieme delle condizioni atmosferiche di lungo periodo; andamento annuale della temperatura, delle precipitazioni (ed eventualmente direzione dei venti, umidità, insolazione).
Umido: clima caratterizzado da continue e/o abbondanti precipitazioni; la copertura vegetale è abbondante.

   Bioma

Bioma: vegetazione naturale prevalente in un'area.
Biomassa: massa, quantità, peso della materia vivente (flora e fauna) presente in un'area.
Biosfera: insieme degli organismi viventi presenti sulla terra; flora e fauna.
Bosco: vegetazione arborea gestita dall'uomo per ricavare legname (silvicoltura).
Conifere, Aghifoglie: alberi con frutti di forma conica quasi tutti sempreverdi e con foglie aghiformi.
Foresta: vegetazione arborea naturale e fitta presente in un'ampia area.
Latifoglie: alberi ed arbusti con foglie laminari (contrappose alle aghifoglie) sempreverdi o caducifoglie.
Prateria: ampia zona di vegetazione dove sono dominanti le erbe alte.
Steppa: ampia zona di vegetazione dove sono presenti erbe basse e rade.

   Altro

Carta a grande scala: carta geografica che si riferisce ad aree di superficie limitata, locali (p.es. Comuni o Provincie, 1:25.000 o 1:100.000).
Carta a piccola scala: carta geografica che si riferisce ad aree di superficie globale o continentale (p.es. 1:10.000.000 o 1:100.000.000).
Climogramma o diagramma climatico: rappresentazione grafica, utilizzata per lo studio dell'atmosfera (clima), che pone a confronto i valori mensili delle temperature medie e delle precipitazioni totali riferiti ad una specifica località. Diffusione: processo di espansione nello spazio geografico.
Idrografia: forme e caratteristiche delle acque continentali e marine.
Idrosfera: insieme delle acque presenti sulla terra; continentali (superficiali e sotterranee) e marine, siano esse solide (ghiaccio) o liquide.
Riva: termine generico per indicare un tratto di costa bassa, di un lago, o la sponda di un fiume.
Scala (scala di riduzione): nelle carte geografiche il rapporto fra una unità di misura sulla carta (numeratore) e il corrispettivo nella realtà (denominatore); p.es. in una carta con scala 1:100.000 un centimentro equivale a 100.000 centimentri (un chilometro, km) sulla superficie terrestre.
Slm: abbreviazione di "sul livello del mare", riferito alle misure delle altitudini dei rilievi.
Territorio: area antropizzata, modificata dalla presenza umana.
Toponimo: nome proprio di un luogo geografico.


Bacino Idrografico
Bacino Idrografico

Fra i termini e significati meno semplici c'è quello di bacino idrografico (o bacino fluviale): area delimitata da spartiacque posti sui rilievi circostanti in cui le precipitazioni si raccolgono dai versanti in corsi d'acqua che via via confluiscono verso un unico punto a valle (confluenza o foce).
Il modello tridimensionale, rappresentato nell'immagine a fianco, ne chiarisce le caratteristiche. Il bacino idrografico (detto anche bacino fluviale) è quello colorato in verde; lo spartiacque che corre lungo i crinali montuosi è colorato in rosso; i corsi d'acqua in blu. In questo caso il bacino idrografico termina con una confluenza, appartenendo così ad un bacino idrografico più ampio.
Ai lati del bacino idrografico, delimitato in rosso a titolo di esempio, si trovano altri bacini ciascuno intorno al proprio corso d'acqua principale (e relativi affluenti) che scorre nel fondovalle. Il bacino idrografico di un fiume principale, quindi, comprende anche quelli dei suoi affluenti. Nelle immagini qui sotto altri bacini idrografici, delimitati in rosso, a titolo di esempio. Nell'immagine del bacino idrografico del fiume Po, delimitato in giallo, si possono notare in rosso i confini dell'Italia; questi coincidono in buona parte con quelli del bacino idrografico visto che vennero utilizzati come "confini naturali" al tempo della formazione dello Stato italiano.

Planisfero fisico da satellite: animazione mensile nel 2004.

Il clima è la sequenza annuale delle condizioni atmosferiche giornaliere, misurate nell'arco di un anno per 20-30 anni.

Le condizioni atmosferiche, o condizioni meteorologiche, sono comunemente note come condizioni del tempo. E' meglio parlare di condizioni atmosferiche o di condizioni meteo (abbreviazione di meteorologiche) invece di condizioni del tempo perché la parola tempo fa riferimento in modo più appropriato alla misura ed al trascorrere degli eventi.

Le condizioni atmosferiche fanno riferimento allo stato dell'aria (atmosfera) ed ai fenomeni che vi si verificano. Le condizioni atmosferiche sono rilevate misurando 2 aspetti principali: temperatura (in gradi Celsius) e precipitazioni (in millimetri al giorno, all'anno). Altri aspetti sono: l'intensità e la direzione del vento, l'umidità dell'aria, la copertura nuvolosa, l'insolazione (energia solare che raggiunge il suolo).

Elementi del clima

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Il clima dunque è rappresentato dall'insieme delle misurazioni giornaliera (mensili, annue) delle condizioni atmosferiche. Il clima è caratterizzato, come le condizioni meteo, da 2 elementi principali: temperatura (in gradi Celsius) e precipitazioni (in millimetri al giorno, all'anno). Altri elementi secondari del clima sono: l'intensità e la direzione del vento, l'umidità dell'aria, la copertura nuvolosa, l'insolazione (energia solare che raggiunge il suolo). Bisogna ricordare che oltre al valore medio annuale della temperatura e al valore totale annuale delle precipitazioni, ha grande importanza anche l'andamento stagionale durante il corso dell'anno per ciascun mese.
Per visualizzare in modo complessivo tali valori si ricorre al diagramma climatico, o climogramma. Si tratta di un grafico a doppia scala in cui sulle ordinate (asse x) sono riportati i mesi e sulle ascisse (assi y, destro e sinistro) sono riportati i valori delle precipitazioni e delle temperature. Le precipitazioni vengono ususalmente rappresentate con delle barre verticali mentre le temperature con delle linee.

Le stagioni conseguenza dell'inclinazione dell'asse terrestre

Inclinazione dell'asse terrestre: stagioni, tropici e circoli polari

La presenza delle stagioni, cioè la regolare alternaza di mesi più caldi e di mesi più freddi nel corso dell'anno, è dovuta all'inclinazione (23° circa) dell'asse terrestre rispetto al piano dell'orbita intorno al sole. L'effetto delle stagioni è minimo (nullo) all'equatore mentre diviene più evidente verso i poli. Il ciclo annuale delle stagioni in un emisfero è opposto a quello dell'altro: quando nell'emisfero nord è estate nell'emisfero sud è inverno.

Quando l'emisfero nord (boreale) è in inverno la radiazione solare colpisce la superficie terrestre con una maggiore inclinazione rispetto allo zenit (ombre più allungate); di conseguenza il flusso di energia solare si distribuisce su una superficie più ampia riscaldando meno la terra e tutto l'emisfero risulta più freddo. Contemporaneamente nell'emisfero sud (australe) è estate: la radiazione solare giunge quasi perpendicolare sulla superficie (ombre più corte) riscaldandola al massimo con un conseguente aumento di temperatura.

Orbita terrestre e stagioni

In questa videografica viene riprodotta l'orbita terrestre vista dal sole durante l'anno (estate nell'emisfero nord, autunno, inverno, primavera ed ancora estate nell'emisfero nord). Si nota come l'inclinazione dell'asse terrestre esponga alternativamente durante l'anno gli emisferi verso il sole.

L'effetto delle stagioni è massimo ai poli, dove l'estate coincide col giorno (il sole non tramonta mai durante l'estate, vedi sole di mezzanotte https://it.wikipedia.org/wiki/Sole_di_mezzanotte) e l'inverno con la notte (il sole non sorge mai durante l'inverno).

I tropici ( paralleli di latitudine 23°26'16" N e S) sono le latitudini più vicine all'equatore in cui il sole può raggiungere lo zenit (perpendicolare) durante il giorno in estate. I circoli polari sono le latitudini più vicine ai poli in cui vi è almeno un giorno senza luce durante l'inverno.

Fattori del clima

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I fattori del clima sono le cause che determinano le caratteristiche di un clima. Essi sono: latitudine, altitudine, continentalità/marittimità, circolazione atmosferica, circolazione oceanica.

La latitudine incide direttamente sulla temperatura: all'aumentare della latitudine (dall'equatore ai poli) la temperatura diminuisce.

Anche l'altitudine incide direttamente sulla temperatura: all'aumentare dell'altitudine (dal livello del mare all'alta montagna) la temperatura diminuisce.

La continentalità (ed il suo opposto, la marittimità) consiste nella distanza dal mare: se si è più vicini alla costa la variazione (escursione) stagionale della temperatura sarà minore, se si è più distanti la variazione (escursione) stagionale della temperatura sarà maggiore.

Circolazione oceanica

Anche la circolazione atmosferica e la circolazione oceanica influiscono sulla temperatura per cui a parità di latitudine, altitudine e continentalità, si avranno temperature differenti a seconda che i luoghi siano interessati da venti e/o correnti marine (se si è sulla costa) che provengono da latitudini inferiori più calde o maggiori più fredde. Sia la circolazione atmosferica sia quella oceanica sono provocate dalla differenza di temperatura fra le zone polari ed equatoriali, a causa della diversa insolazione. Il loro perpetuo movimento rende le temperature più uniformi sul pianeta, sia fra i poli e l'equatore sia durante le stagioni.

Tutti i fattori del clima influiscono come visto sulla temperatura. Sulle precipitazioni, invece, incide prevalentemente la circolazione atmosferica che attraverso il ciclo dell'acqua distribuisce le piogge spostando le masse d'aria umide e calde (evaporate dagli oceani) verso zone più fredde. Alcune zone sono interessate dalle precipitazioni, altre no (zone aride). Sulle zone aride transitano solo masse d'aria secche, che hanno già ceduto altrove, con le precipitazioni, la propria umidità.

Molto interessante il video in cui viene illustrata la circolazione atmosferica globale, come fattore delle precipitazioni e delle temperature:

In questo video viene illustrata la circolazione oceanica globale di superficie, altro importantissimo fattore climatico.

La circolazione oceanica profonda è determinata non solo dalla differenza di temperatura fra le masse d'acqua polari ed equatoriali ma anche dalla differenza di salinità fra le masse d'acqua polari che risentono della formazione dei ghiacciai e quelle equatoriali.

In questo video, vengono illustrati i due aspetti della circolazione oceanica, superficiale e profonda.

Ciclo dell'acqua e circolazione atmosferica

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Ciclo dell'acqua

Il ciclo dell'acqua (ciclo idrologico) è il principale fenomeno che, insieme alla fotosintesi clorofilliana, è responsabile della vita sulle terre emerse. Senza acqua la vita sulle terre emerse non è possibile e l'acqua sulle terre emerse è presente a causa del ciclo idrologico.
Il ciclo dell'acqua è costituito dall'evaporazione, trasporto, precipitazione, deflusso e dai relativi cambi di stato (gassoso, fluido e a volte solido).
Non c'è un inizio o una fine nel ciclo idrologico: le molecole d'acqua si muovono in continuazione tra le differenti parti dell'idrosfera mediante processi fisici. L'acqua evapora dagli oceani, forma le nuvole dalle quali l'acqua torna alla terra. Non è detto, tuttavia, che l'acqua segua il ciclo nell'ordine: prima di raggiungere gli oceani l'acqua può evaporare, condensare, precipitare e scorrere molte volte.
L'energia che attiva il ciclo idrologico è costituita dalla radiazione solare che riscaldando l'acqua superficiale degli oceani ne provoca una maggiore evaporazione. Sempre la radiazione solare è responsabile della circolazione atmosferica. Questa è provocata, infatti, dalla differenza di temperatura fra le zone equatoriali (calde) e le zone polari (fredde) determinando il trasporto delle masse d'aria umide dagli oceani alle terre emerse.
Si può concludere dicendo che il ciclo idrologico è il modello interpretativo della circolazione atmosferica (che è il fenomeno reale).
E' possibile visualizzare un'animazione (planisfero tematico animato) in cui è raffigurata la circolazione atmosferica globale nel corso di un anno (in rosso le masse d'aria umide)

Circolazione oceanica

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Circolazione Oceanica Superficiale

Come l'atmosfera anche l'idrosfera, in particolare gli oceani sono in continuo movimento. La circolazione superficiale degli oceani è in gran parte dovuta alla cicrcolazione atmosferica e ne segue generalmente il percorso contribuendo a redistribuire la differenza di temperatura fra regioni polari fredde ed equatoriali calde. E' possibile visualizzare un'animazione delle correnti superficiali oceaniche.

Circolazione Termoalina

Esiste anche una circolazione profonda, detta termoalina, causata dalla differenza di densità dell'acqua marina dovuta alla temperatura ed alla salinità. La circolazione profonda termoalina interessa l'intera massa oceanica globale e la rimescola lentamente e continuamente. E' possibile visualizzare un'animazione con spiegazione della circolazione termoalina.

Anche la circolazione oceanica, superficiale e profonda, incide fortemente sul clima locale e globale. E' noto, ad esempio, l'influsso della Corrente del Golfo che rende il clima meno freddo nelle regioni dei Paesi europei che si affacciano sull'oceano Atlantico (Portogallo, Spagna, Francia, Irlanda e Gran Bretagna e Islanda, fino alla Scandinavia e oltre) rispetto a regioni poste a latitudini equivalenti. La corrente del Golfo inizia nel golfo del Messico trasportando in prossimità della superficie acqua calda tropicale verso l'Atlantico settentrionale; quando le sue acque in prossimità del circolo polare artico si raffreddano tendono ad inabissarsi congiungendosi alla circolazione profonda termoalina.

Tipi di clima

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In base alla combinazione di temperatura, precipitazioni ed al loro andamento stagionale si possono individuare diversi tipi di clima.

Semplificando al massimo si hanno 5 diversi climi, utilizzando la classificazione Koppen (ciscun clima ha ulteriori sotto-categorie).

A Climi tropicali umidi

A Climi tropicali umidi: manca la stagione invernale, le precipitazioni annue sono abbondanti e superano l'evaporazione annua; sono presenti tra i 15°-20° di latitudine N e S.
In prossimità dell'equatore le precipitazioni sono costanti tutto l'anno; allontanandosi dall'equatore si determina una maggiore stagionalità che si concretizza in un clima tropicale monsonico in cui prevale una stagione con maggiori precipitazioni o ancor più in un clima caratterizzato dalla presenza di una stagione secca (assenza di precipitazioni).







B Climi aridi

B Climi aridi: scarse precipitazioni con forte evaporazione; le maggiori aree aride si trovano vicino alle latitudini tropicali N e S.









C Climi temperati delle medie latitudini

C Climi temperati delle medie latitudini: è presente la classica alternanza stagionale con inverno ed estate.
In alcune aree (verde più scuro) le precipitazioni sono presenti anche nella stagione calda, in altre (verde chiaro) le precipitazioni sono scarse nella stagione calda (clima mediterraneo).









D Climi freddi delle medie latitudini

D Climi freddi delle medie latitudini: sono situati a latitudini più elevate del precedente clima C, con inverno molto prolungato ed estate breve.









E Climi polari di altitudine

E Clima polare (e di altitudine): situato prevalentemente all'interno del circolo polare artico (emisfero nord) ed antartico (emisfero sud) e, al di fuori di tali aree, nelle regioni di alta montagna (prevalentemente in Tibet); è privo di una vera estate.









Zone climatiche

In generale quando si utilizzano in senso climatico aggettivi come polare, temperato, tropicale si fa riferimento a specifiche zone climatiche. Le aree tropicali sono quelle poste fra i due tropici (a cavallo dell'equatore). Le aree temperate, o delle medie latitudini, sono quelle poste fra i tropici ed i circoli polari. Le aree polari sono quelle delimitate dai circoli polari.
A volte si utilizza anche il termine subtropicale, che però non è presente nella classificazione dlimatica di Koppen. Con questo temine si individua, all'interno dell'area climatica temperata, una fascia prossima a quella tropicale che presenta caratteristiche termiche e vegetazionali simili a quest'ultima seppure in modo meno pronunciato.

Una descrizione più precisa della classificazione Koppen del clima e dei relativi sottoclimi (indicati nelle mappe sopra con sfumature di colore nel medesimo gruppo) è consultabile su wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Classificazione_dei_climi_di_K%C3%B6ppen
Una descrizione (in lingua inglese) corredata di specifici grafici climatici per ciascun tipo di clima e sottoclima è consultabile qui http://www.physicalgeography.net/fundamentals/7v.html


Le aree climatiche (Koppen) visualizzate in G.Earth

E' possibile osservare con maggiore dettaglio le differenti aree climatiche del mondo, con le rispettive sotto-categorie, scaricando il file *.kml da aprire in G.Earth dalla pagina http://people.eng.unimelb.edu.au/mpeel/koppen.html o direttamente da http://people.eng.unimelb.edu.au/mpeel/Koppen/World_K%C3%B6ppen.kml

Un bioma è un'ampia area della superficie terrestre delimitata e classificata in base al tipo di vegetazione naturale prevalente (alberi, arbusti, erbe).

Il tipo di vegetazione naturale di un'area è determinato dal tipo di clima e dal tipo di suolo, che quindi agiscono come fattori (cause) dei biomi. Ne consegue, abbastanza direttamente, che ciascuna area climatica determinerà un particolare tipo di vegetazione prevalente.

Clima, biomi e biomassa

Per vivere una pianta ha bisogno di acqua (precipitazioni atmosferiche), energia solare ed alcuni sali minerali presenti nel suolo. Poca acqua, temperature inferiori a 0° e mancanza di suolo rendono la vita delle piante difficile, impossibile se tali condizioni durano troppo a lungo.

Le piante più esigenti sono gli alberi perenni, quelle meno esigenti le erbe stagionali. Gli alberi sono gli organismi più grandi, ed arrivano a produrre un enorme quantitativo di materia vivente per mq, detta biomassa (per essere più precisi: fitomassa). Le erbe sono gli organismi più piccoli e leggeri, ed arrivano a produrre uno scarso quantitativo di biomassa (dettagli quantitativi possono essere consultati qui:
https://en.wikipedia.org/wiki/Primary_production#Primary_Production_and_Plant_Biomass_for_the_Earth).

I più grandi quantitativi di biomassa (foreste) vengono prodotti in presenza di elevate e continue disponibilità di acqua e di energia solare (Clima tropicale umido). I più scarsi quantitativi di biomassa (deserti) vengono prodotti in presenza di basse e rare disponibilità di acqua o di energia solare (Clima Polare, clima di altitudine, clima arido) visto che temperatura e precipitazioni possono costituire ciascuno un fattore limitante).

E' possibile, quindi, classificare e comprendere i biomi anche in funzione del loro crescente quantitativo di biomassa: dai deserti, alle steppe, alle praterie, alle savane/macchie, alle foreste (aghifoglie, latifoglie, pluviali). E' possibile notare l'incremento della biomassa procedendo da grandi aree desertiche (p.es. Sahara, o aree polari) verso nord o verso sud, via via che disponibilità idriche e/o temperature divengono meno limitanti per la vegetazione.


Generalizzando e semplificando, ciascuna area climatica determina un tipo di bioma:

  • il clima tropicale umido (A) dove precipitazioni e temperatura sono costanti ed elevate determina il bioma della foresta equatoriale; dove è presente una stagione più asciutta si genera la foresta tropicale (meno compatta) e dove è presente una stagione arida la savana (ancor meno folta);
  • il clima arido (B) in presenza di elevate temperature determina il bioma del deserto caldo, della prateria se è presente almeno una stagione di deboli precipitazioni e temperature medie, della steppa in condizioni di accentuata continentalità, scarse precipitazioni e temperature più basse;
  • il clima temperato delle medie latitudini (C) determina il bioma della foresta di latifoglie, della macchia (mediterranea) in presenza di una stagione più asciutta, e delle praterie se il periodo asciutto è molto prolungato;
  • il clima freddo delle medie latitudini (D) determina il bioma della foresta di aghifoglie (taiga);
  • il clima polare (E) ed il clima di altitudine determinano il bioma del deserto freddo e, in presenza di una stagione con temperature medie appena superiori allo zero, la tundra.

Nelle immagini qui sotto sono illustrati i principali biomi.

I biomi visualizzati in G.Earth

E' possibile osservare meglio le aree di diffusione dei differenti biomi del mondo (secondo la classificazione Olson, con le rispettive sotto-categorie), scaricando il file *.kml da aprire in G.Earth da http://ecotope.org/anthromes/biodiversity/plants/maps/kmz/ellis_2012_Olson_biomes.kmz (legenda in http://ecotope.org/anthromes/biodiversity/plants/maps/png/ellis_2012_Olson_biomes.png)

I diversi tipi di vegetazione che formano i biomi sono:

  • Vegetazione arborea

La vegetazione arborea (alberi ad alto fusto, 5 m o più) è dominante nelle foreste. Si tratta di una vasta zona, non antropizzata, dove gli alberi crescono e si diffondono spontaneamente (se l'estensione della foresta è limitata, si parla di bosco). Nelle foreste la volta è generalmente chiusa ed occupata dalle fitte chiome degli alberi. Le condizioni climatiche per tale abbondanza di vegetazione sono dovute ad un clima ne' troppo asciutto ne' troppo freddo: condizioni climatiche diverse danno origine a foreste di tipo diverso: conifere (abeti e pini) nelle zone fredde (detta taiga), latifoglie decidue (faggi, querce, aceri) nelle zone temperate, latifoglie sempreverdi (magrovie, ceiba, mogano) nelle zone tropicali umide, latifoglie sempreverdi (palme, acacia) nelle zone tropicali più asciutte. In quest'ultimo caso (a causa di minori precipitazioni) se la vegetazione arborea è discontinua si parla di savana. Nelle zone temperate più asciutte si trova la foresta di latifoglie semprevedi (leccio, olivo) di tipo mediterraneo (non tropicale); se la vegetazione arborea è discontinua si parla di macchia mediterranea.

  • Vegetazione arbustiva

Vegetazione prevalente di tipo arbustiva (arbusti: rosmarino, ginestra, lentisco) e caratteristica della macchia. Costituita tipicamente da specie sclerofille, cioè con foglie persistenti poco ampie, coriacee e lucide, di altezza media variabile dai 50 cm ai 4 metri. Spesso si tratta di formazioni derivanti dalla degradazione per scarse precipitazioni della foresta di latifoglie sempreverde mediterranea (la savana è la degradazione della foresta sempreverde tropicale). Un arbusto è una pianta legnosa i cui rami si separano dal tronco centrale molto vicino al terreno, o in cui il tronco è del tutto assente.

  • Vegetazione erbacea

E' formata da erbe: piante basse con fusto verde non legnoso. Si tratta generalmente di piante con ciclo di vita stagionale-annuale (per approfittare delle precipitazioni concentrate in una breve stagione umida), ma non rare sono le specie biennali o perenni che, dopo l'appassimento della parte aerea, rinascono l'anno successivo grazie alla sopravvivenza della radice in stato quiescente durante la stagione sfavorevole. La vegetazione erbacea è prevalente nelle steppe e praterie. Le praterie possono essere costituite da erbe alte (più di 1,5 m) o erbe basse (meno di 0,5 m). Le steppe sono costituite da prevalente vegetazione erbacea, quindi simili alle praterie, in condizioni climatiche di tipo continentale: estate calda ed inverno molto freddo, anche in questo caso con scarse precipitazioni.

  • Muschi e licheni

Si tratta di vegetazione adattata a condizioni climatiche estreme (bassissime temperature e brevissima stagione estiva). I muschi sono piccole piante prive di tessuto vascolare (per il trasporto a delle soluzioni nutritive). I licheni sono organismi formati dall'associazione simbiotica tra un fungo ed un'alga. Quando la vegetazione prevalente è di questo tipo, il bioma è la tundra.

Tettonica delle placche

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La tettonica delle placche è la teoria che interpreta la forma dei continenti, la natura e la posizione delle principali catene montuose emerse e sottomarine, l'attività sismica e vulcanica attraverso i lentissimi movimenti della crosta terrestre dovuti a quelli degli strati più interni della Terra. Si tratta quindi di una "scoperta" fondamentale nell'ambito delle scienze naturali. Video introduttivo: La teoria della tettonica a placche - Treccani scuola 1min.

Planisfero: placche tettoniche

Questa teoria, integrando dati e scoperte di altre discipline, come accennato, spiega la natura e la posizione dei principali fenomeni della crosta terrestre: attività sismica, attività vulcanica e principali strutture tettoniche (catene montuose continentali, fosse oceaniche, archi vulcanici, dorsali oceaniche, rift continentali; nonché la distribuzione geografica delle faune e flore fossili.

Per comprendere la tettonica delle placche e l'azione delle forze endogene (interne alla Terra) che ne sono la causa, è necessario considerare la struttura interna della Terra.

In base a studi geofisici, basati sulla propagazione e registrazione delle onde sismiche dei terremoti (video: Come si indaga l'interno della Terra - Treccani scuola 1min), si è scoperto che la crosta terrestre (l'involucro esterno del pianeta) insieme alla parte sottostante più esterna del mantello, forma la cosiddetta litosfera, un involucro caratterizzato da un comportamento fragile con uno spessore che va da 0 a 100 km per la litosfera oceanica raggiungendo un massimo di 200 km per quella continentale (in corrispondenza della orogenesi).

Più all'interno, la temperatura e la pressione aumentano, modificando sia la composizione che le proprietà dei materiali rocciosi che si presentano allo stato semi-fuso (mantello) o fuso (nucleo esterno) e più internamente di nuovo solido (nucleo interno). Video La struttura dell'interno terrestre - Treccani scuola 1min.

Struttura interna della Terra e moti convettivi

L'astenosfera, che è la parte del mantello a contatto con la crosta terreste, per effetto sia delle elevate temperature che aumentano all'aumentare della profondità, sia della pressione e sia del tempo, pur essendo allo stato solido, ha un comportamento plastico, con movimenti significativi solo a scala geologica, ovvero per tempi dell'ordine di decine e centinaia di milioni di anni.

La litosfera terrestre è frammentata in una decina di placche tettoniche principali (dette anche "zolle tettoniche") e di numerose altre micro placche. Le placche si possono paragonare a zattere che "galleggiano" (in equilibrio isostatico sugli strati sottostanti) aderendo allo strato immediatamente sottostante del mantello, l'astenosfera.

Le zolle tettoniche scorrono trascinate dai movimenti sottostanti dell'astenosfera e possono divergere (allontanandosi), convergere (avvicinandosi) o scorrere l'una accanto all'altra causando terremoti lungo i margini di contatto. Si può dire, insomma, che la terraferma non è affatto ferma!

I movimenti della astenosfera sono a loro volta causati dalla differenza di temperatura esistente fra il nucleo interno (5000 gradi circa, paragonabile alla parte esterna del Sole) e la superficie terrestre (zero gradi circa).

Questa differenza enorme di temperatura innesca dei lentissimi movimenti convettivi del materiale interno alla Terra che dalle zone centrali del nucleo incandescente tendono ad allontanarsi verso l'esterno relativamente freddo e raffreddandosi tendono poi a riavvicinarsi verso il nucleo in base alla forza di gravità che attrae i materiali più densi (freddi) al posto di quelli meno densi (incandescenti). Il tutto ad una velocità bassissima di pochi mm l'anno rispetto al raggio terrestre di circa 6000 km.

Per questi motivi, nel corso della storia della terra, l'estensione e la forma di continenti ed oceani hanno subito importanti trasformazioni.

Oggi ampiamente accettata, la teoria della tettonica delle placche (o zolle) non ebbe vita facile nella sua fase iniziale.
Inizialmente, intorno al 1910, un climatologo tedesco, Alfred Wegner, illustrò nella sua "deriva dei continenti" la separazione di un precedente continente (Pangea) in due grandi zolle: quella africana e quella sudamericana. Lo studio si basò su reperti fossili comuni alle due sponde dell'atlantico distanti oggi migliaia di km. Nonostante questo, a causa dell'ignoranza della struttura interna della terra e della sua immensa energia endogena, la "deriva dei continenti" rimase ampiamente inascoltata. Video Prove della teoria di Wegener 7min, Zanichelli.

Planisfero: età dei fondali oceanici

Solo nella seconda metà del Novecento, lo studio dei fondali marini evidenziò altre prove a favore della "deriva dei continenti", in particolare riferiti all'età geologica maggiore nelle coste atlantiche e minore nella fascia centrale (dorsale atlantica). In seguito studi analoghi portarono a mappare la maggior parte dei fondali oceanici terrestri scoprendo così una rete di dorsali oceaniche globale. Video L’espansione dei fondali oceanici - Treccani scuola 1min.

Planisfero: epicentri dei principali terremoti dal 1963 al 1988

Inoltre, lo studio dei fenomeni sismici (terremoti) e vulcanici portò ad illustrare come questi si verificano prevalentemente lungo specifici allineamenti sulla crosta terrestre e sui fondali oceanici evidenziando in tal modo i margini di placca continentali. Da quel momento la tettonica delle placche si affermò decisamente convincendo gli studiosi dei continui movimenti in atto della crosta terrestre.

  1. Astenosfera;
  2. Litosfera;
  3. Punto caldo;
  4. Crosta oceanica;
  5. Placca in subduzione;
  6. Crosta continentale;
  7. Rift continentale (dorsale nascente);
  8. Placca a margine convergente;
  9. Placca a margine divergente;
  10. Placca a margine trasforme;
  11. Vulcano a scudo;
  12. Dorsale oceanica;
  13. Margine di placca convergente;
  14. Strato vulcano;
  15. Arco insulare;
  16. Placca;
  17. Astenosfera;
  18. Fossa oceanica

I movimenti che avvengono tra le zolle, lungo i margini, sono di tre tipi:

  • divergenti (allontanamento) con costruzione di nuova crosta terrestre di tipo oceanico;
  • convergenti (avvicinamento) con distruzione di crosta terrestre esistente;
  • scorrimento laterale con conservazione della crosta terrestre esistente.

La crosta terrestre è prevalentemente di due tipi:

  • crosta oceanica: formata nelle dorsali oceaniche dalle effusioni laviche (forze endogene), molto densa e pesante (affonda maggiormente nell'astenosfera);
  • crosta continentale: formata dall'accumulo continuo di sedimenti erosi dalla superficie terrestre dall'azione dell'atmosfera e dell'idrosfera (forze esogene), meno densa e relativamente meno pesante (affonda meno nell'astenosfera).

Video Struttura zolle litosferiche 3min, ediz. SEI

Le strutture tettoniche che si formano come conseguenza dei movimenti ai margini delle placche, secondo le loro caratteristiche (crosta oceanico o continentale), sono principalmente di 4 tipi (inserire esempi geografici):

  • le forze divergenti (allontanamento) formano dorsali oceaniche nella crosta oceanica e rift valley nella crosta continentale; video Margini divergenti 3min, ediz. SEI
  • le forze convergenti (avvicinamento) formano archi vulcanici insulari e fosse oceaniche quando a scontrarsi con subduzione sono due croste di tipo oceanico; formano archi vulcanici continentali e fosse oceaniche quando a scontrarsi con subduzione sono crosta oceanica e crosta terrestre; (video successivo Margini subduzione e di collisione)
  • le forze convergenti (avvicinamento) formano catene montuose con orogenesi, quando a scontrarsi sono due croste di tipo continentale; video Margini subduzione e di collisione 3min, ediz. SEI
  • le forze di scorrimento laterale formano faglie trasformi/trascorrenti quando due placche (generalmente di tipo simile) scorrono lateralmente fra loro sullo stesso piano; Video Margini conservativi 3min, ediz. SEI.

Le tre figure qui sotto illustrano le strutture tettoniche che si formano sulla crosta terrestre in corrispondenza dei movimenti convergenti delle placche tettoniche, secondo il tipo differente di crosta oceanica o continentale.

Lungo tutti i tipi di strutture tettoniche che si formano ai margini di placca si verificano ripetuti fenomeni sismici (terremoti) prodotti dal movimento relativo delle placche (allontanamento, avvicinamento e scorrimento); nelle aree lontane dai margini non si verificano terremoti.
Lungo tutti i tipi di strutture tettoniche che si formano ai margini di placca, tranne lungo le faglie trasformi/trascorrenti e le collisioni con orogenesi, si verificano ripetuti fenomeni vulcanici (eruzioni laviche); nelle aree lontane dai margini si verificano solo isolati fenomeni vulcanici detti "punti caldi" e dovuti a movimenti di magma ascensionale che attraversano il mantello come in un tunnel verticale.

Tettonica delle placche e geografia fisica

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Come detto, la teoria della tettonica delle placche spiega la natura e la posizione dei principali fenomeni della crosta terrestre: attività sismica, attività vulcanica e principali strutture tettoniche (catene montuose continentali, fosse oceaniche, archi vulcanici, dorsali oceaniche, rift continentali).

È fondamentale per l'interpretazione geografica fisica, saper individuare la posizione dei margini delle placche in corrispondenza della superficie terrestre, dove si generano le principali strutture tettoniche che modellano la superficie terrestre e la rendono come la conosciamo oggi.

Per questo scopo si può utilizzare il link al Servizio Geologico Statunitense (USGS) da aprire in Google Earth. In tal modo si possono visualizzare i margini delle principali placche della crosta terrestre: a seconda del colore si hanno movimenti convergenti, divergenti, trasformi. Di seguito alcuni classici esempi.

In Italia, ad esempio, si può notare molto schematicamente la come il margine convergente sia responsabile della orogenesi alpina (crosta continentale contro crosta continentale) e di un piccolo sistema arco/fossa appenninica/insulare (crosta continentale euroasiatica ad ovest contro crosta oceanica adriatico/africana in subduzione ad est). Nel primo si sviluppano le Alpi, prive di vulcanismo, nel secondo l'Appennino ed un sistema di vulcani attivi e spenti che dal Lazio si sviluppa fino alla Sicilia.

Nel mezzo dell'Oceano Atlantico si può notare la dorsale medio atlantica che da nord dell'Islanda si propaga fino all'emisfero sud, tanto da costituire la più lunga catena montuosa della Terra. Di origine vulcanica e sottomarina, alta rispetto alla pianura oceanica circostante, circa 2000 mt costituisce testimonianza di margini di placca divergenti.

La dorsale oceanica emerge formando l'isola islandese

L'isola islandese è, geologicamente, un caso molto speciale: costituisce l'unico esempio al mondo in cui la dorsale oceanica emerge in superficie lasciandosi osservare all'aria aperta. Questo fenomeno avviene perché al di sotto dell'isola si trova un "pennacchio caldo" che spinge la crosta terrestre innalzandola fino ad emergere.
La dorsale oceanica in Islanda documentario, 4 min.

Tettonica della rift valley africana

La rift valley nell'Africa orientale è, geologicamente, un caso molto speciale: costituisce l'unico esempio di una nuova dorsale oceanica in formazione all'interno di una placca continentale. Si tratta di un ampio e prolungato avvallamento (fossa tettonica) nella crosta continentale africana dovuto all'instaurarsi di un (geologicamente) recente movimento divergente a causa di un neonato (geologicamente) moto convettivo del mantello sottostante. La valle varia in larghezza dai 30 ai 100 km e in profondità da centinaia a migliaia di metri; è possibile notare come lungo la fossa tettonica si siano formati alcuni dei maggiori laghi del continente africano.
Video Rift valley africana documentario (primi 5 min.)

La catena dell'Himalaya è il risultato più straordinario dell'orogenesi, dovuto alla convergenza fra la placca continentale euroasiatica (nord) e la placca continentale indo-australiana (sud), tutt'ora attiva e sede di intensa attività sismica. La catena montuosa himalayana è la più alta del mondo e raggiunge ripetutamente gli 8000 mt.

L'arcipelago malese (arcipelago della Sonda), fra la penisola indiana ed il continente australiano, forma il più grande arco insulare vulcanico della Terra, dovuto alla convergenza fra due placche oceaniche.

Anche l'arcipelago giapponese ha la medesima natura: arco insulare ed antistante fossa oceanica.

La fossa delle Marianne è la più profonda depressione oceanica al mondo ed è costituita da una fossa oceanica (fino a 10.000 mt sotto il livello del mare) e l'arco vulcanico delle isole Marianne dovuto alla convergenza con relativa subduzione di due placche oceaniche.

L'intera catena montuosa delle Ande, nel continente sudamericano, costituisce un arco vulcanico su crosta continentale convergente rispetto all'antistante crosta oceanica pacifica al cui margine si sviluppa parallelamente una profonda fossa.

Per concludere, l'esempio più noto di faglia trasforme/trascorrente, formato dallo scorrimento laterale (sullo stesso piano) è quello tra la placca nordamericana (est) e la placca pacifica (ovest), in California: la faglia di Sant'Andrea. Lunga circa 1300 km con andamento nord/sud è responsabile di ripetuti ed intensi terremoti nelle vicinanze di Los Angeles (a sud) e San Francisco (a nord)

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Per verificare il proprio livello di preparazione può essere utile provare a rispondere a dei questionari on-line sulla tettonica delle placche:

Questionario Zanichelli
Questionario Ravazzi (dubbi sull'interpretazione della domanda n.11 e 12)
Questionario Sei
Questionario Bagatin

Servizio geologico statunitense:
posizione dei margini delle placche tettoniche Illustra la posizione dei margini delle placche tettoniche sulla superficie terrestre (fondamentale; da aprire in google earth)

Collegamenti a video in YouTube

Deriva dei continenti documentario 26 min, NG.

Struttura zolle litosferiche 3 min, ediz. SEI

Margini divergenti 3 min, ediz. SEI

Margini subduzione e di collisione 3 min, ediz. SEI

Margini conservativi 3 min, ediz. SEI

Prove della teoria di Wegener 7 min, Zanichelli

Come si indaga l'interno della Terra - Treccani scuola 1 min

La struttura dell'interno terrestre - Treccani scuola 1 min

L’espansione dei fondali oceanici - Treccani scuola 1 min

La teoria della tettonica a placche - Treccani scuola 1min

Fenomeni connessi ai movimenti delle placche - Treccani scuola 1min (margini costruttivi/divergenti e distruttivi/convergenti)

La teoria della deriva dei continenti - Treccani scuola 1 min

Il pianeta terra Breve (13 min) ed ottima introduzione alle scienze della Terra; dal min 2 al min 6 origine e tettonica

Plate Tectonics Explained per ascolto in inglese + sottotitoli in inglese (nelle impostazioni) 2min

Rift valley africana documentario (primi 5 min)

La dorsale oceanica in Islanda documentario 4 min

Altri Link

Carta tematica dei principali terremoti nel mondo (cliccare su settings per farli apparire)

The story of plate tectonics Versione on line dell'omonimo libro

Catastrofi naturali ed antropiche

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2004 Propagazione dello tsunami dall'Indonesia all'oceano indiano

Generalmente le catastrofi naturali sono eventi eccezionali, improvvisi di origine naturale che hanno delle conseguenze disastrose sulla popolazione, sugli insediamenti e sulle infrastrutture di un territorio.

In base alle caratteristiche dell'evento naturale, si hanno catastrofi:

  • geologiche: terremoti, tsunami, frane, eruzioni vulcaniche;
  • atmosferiche: uragani, tempeste, siccità, carestie, alluvioni, incendi di origine naturale (la minoranza), valanghe, ondate di freddo o di caldo;
  • biologiche: epidemie, invasioni di insetti, parassiti;
  • astronomiche: meteoriti.

Esempio - Lo Tsunami che ha interessato le coste dell'Oceano Indiano nel dicembre 2004 è stato uno dei più catastrofici disastri naturali del mondo ed ha causato centinaia di migliaia di morti. L'evento ha avuto inizio con un fortissimo terremoto (magnitudo di 9.1, fra i 3 più forti degli ultimi 50anni nel mondo) al largo della costa nord-occidentale di Sumatra (Indonesia). Le devastazioni sono state sia conseguenza diretta del terremonto sia del successivo tsunami che ha colpito tra i quindici minuti e le dieci ore successive le coste dell'Oceano Indiano.

Esempio - Il cratere di Barringer, è un cratere meteoritico situato in Arizona, negli Stati Uniti; il cratere è largo circa 1.200 metri, profondo 170 ed è stato generato 49.000 anni fa dall'impatto di un meteorite del diametro di circa 25-30 metri. Vedi il cratere su G.Earth

Uragano Katrina 2005

Esempio - L'uragano Katrina è stato un uragano atlantico tropicale abbattutosi sulle costa degli Usa nel golfo del messico nell'agosto del 2005. È stato fra i cinque uragani più gravi della storia americana. Le maggiori devastazioni in termini di vite umani e danni alle infrastrutture sono avvenute a New Orleans (Louisiana) quando il sistema di argini cedendo ha inondato violentemente la città. Alcune foto che illustrano la distruzione provocata dall'uragano.

Esempio - Il Monte Sant'Elena (in inglese Mount St. Helens) è uno stratovulcano attivo che si trova nello Stato di Washington, negli Stati Uniti, sulla costa pacifica. A partire da circa 20.000 anni fa, il Monte St. Helens è stato caratterizzato da pochi fenomeni eruttivi intervallati da periodi di riposo variabili da 5.000 anni fino a un minimo di 200. Ed è proprio a distanza di circa 180 anni dall'ultima eruzione che il vulcano ricomincia a dare segni di risveglio. Esso è noto in particolare per la sua catastrofica eruzione del 18 maggio 1980, avvenuta alle 8:32 ora locale, l'evento vulcanico più mortale ed economicamente più distruttivo nella storia degli Stati Uniti. Vedi il cratere su G.Earth


E' evidente che a parità di forza dell'evento naturale il verificarsi in un territorio abitato, piuttosto che in un territorio disabitato, possa fare una grande differenza in termini di danni materiali ed umani.

Se il massimo della casualità è dato da un evento astronomico come la caduta di un meteorite, in ogni altra catastrofe naturale che produce dei danni c'è in qualche misura, come concausa, l'azione dell'uomo. Ad esempio, costruire degli insediamenti ai piedi di versanti montani soggetti a frane o ai piedi di un vulcano attivo espone la popolazione ad un elevatissimo rischio sia di origine naturale sia di origine antropica.

Quando il danno alla popolazione, agli insediamenti, alle infrastrutture o all'ambiente naturale di un territorio è causato direttamente dall'azione umana si parla invece di catastrofe antropica o tecnologica (a volte di disastro ambientale).

Si può trattare di incidenti causati da impianti chimici, minerari/petroliferi, nucleari, idroelettrici (dighe), dei trasporti (navali, aerei, terrestri), biologici (inserimento nell'ambiente di organismi viventi ex-novo).

  1. I fattori che condizionano il clima: latitudine, altitudine, continentalità, circolazione atmosferica.
  2. Gli elementi che distinguono in clima dall'altro: temperatura, precipitazioni, venti, radiazione solare e loro andamento annuale.