Oche del Campidoglio: differenze tra le versioni

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== La leggenda ==
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I [[Galli]] di [[Brenno]] stevano
I [[Galli]] di [[Brenno]] assediavano [[Roma]] e cercavano un modo per penetrare nel colle: Qui si erano rifugiati i romani che non erano fuggiti a [[Veio]] o a [[Caere]] all'arrivo degli assalitori. Il condottiero romano [[Marco Furio Camillo]] era in esilio ad [[Ardea]] a causa delle sue posizioni anti-plebee. Un messaggero, mandato dai romani di [[Veio]] prima a Roma e poi ad [[Ardea]] per richiamare il generale, era riuscito ad entrare sul Campidoglio nonostante l'assedio. Avendolo seguito, i Galli stavano per riuscire, nottetempo, a entrare nel Campidoglio. Un'altra fonte, invece, parla di un cunicolo sotterraneo scavato dagli assedianti. La leggenda narra che le oche, unici animali superstiti alla fame degli assediati perché sacre a [[Giunone]], cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo l'ex [[Console (storia romana)|Console]] [[Marco Manlio Capitolino|Marco Manlio]] e i romani assediati. Marco Manlio venne per questo episodio denominato ''Capitolino''.
[[Roma]] e cercavano un modo per penetrare nel colle: Qui si erano rifugiati i romani che non erano fuggiti a [[Veio]] o a [[Caere]] all'arrivo degli assalitori. Il condottiero romano [[Marco Furio Camillo]] era in esilio ad [[Ardea]] a causa delle sue posizioni anti-plebee. Un messaggero, mandato dai romani di [[Veio]] prima a Roma e poi ad [[Ardea]] per richiamare il generale, era riuscito ad entrare sul Campidoglio nonostante l'assedio. Avendolo seguito, i Galli stavano per riuscire, nottetempo, a entrare nel Campidoglio. Un'altra fonte, invece, parla di un cunicolo sotterraneo scavato dagli assedianti. La leggenda narra che le oche, unici animali superstiti alla fame degli assediati perché sacre a [[Giunone]], cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo l'ex [[Console (storia romana)|Console]] [[Marco Manlio Capitolino|Marco Manlio]] e i romani assediati. Marco Manlio venne per questo episodio denominato ''Capitolino''.


L'[[assedio]] fu respinto e l'imminente arrivo di Camillo cominciò a ribaltare le sorti della guerra a favore dei romani: i Galli cominciarono a subire le prime sconfitte mentre l'esercito del [[condottiero]] avanzava da Ardea. Gli assedianti cercarono quindi un compromesso: a fronte di un tributo pari a mille libbre d'[[oro]], questi avrebbero tolto l'assedio. I romani, al momento di pagare, si accorsero che le bilance erano truccate e, alle loro rimostranze, Brenno, in gesto di sfida, aggiunse la sua spada alla bilancia pretendendo un maggiore peso d'oro e pronunciò la frase ''«[[Vae victis]]!»'' («Guai ai vinti!»). Qui la tradizione narra un secondo episodio leggendario: mentre i romani chiedevano tempo per procurarsi l'oro che mancava, Camillo raggiunse Roma con il suo esercito. Una volta di fronte a Brenno, gli mostrò la sua spada e gli urlò in faccia: ''«[[Non auro, sed ferro, recuperanda est patria]]»'' ("Non con l'oro, ma con il ferro, si riscatta la patria").
L'[[assedio]] fu respinto e l'imminente arrivo di Camillo cominciò a ribaltare le sorti della guerra a favore dei romani: i Galli cominciarono a subire le prime sconfitte mentre l'esercito del [[condottiero]] avanzava da Ardea. Gli assedianti cercarono quindi un compromesso: a fronte di un tributo pari a mille libbre d'[[oro]], questi avrebbero tolto l'assedio. I romani, al momento di pagare, si accorsero che le bilance erano truccate e, alle loro rimostranze, Brenno, in gesto di sfida, aggiunse la sua spada alla bilancia pretendendo un maggiore peso d'oro e pronunciò la frase ''«[[Vae victis]]!»'' («Guai ai vinti!»). Qui la tradizione narra un secondo episodio leggendario: mentre i romani chiedevano tempo per procurarsi l'oro che mancava, Camillo raggiunse Roma con il suo esercito. Una volta di fronte a Brenno, gli mostrò la sua spada e gli urlò in faccia: ''«[[Non auro, sed ferro, recuperanda est patria]]»'' ("Non con l'oro, ma con il ferro, si riscatta la patria").


Secondo la tradizione, in seguito a questo episodio si procedette alla costruzione del [[Tempio di Giunone Moneta]] ("Moneta" vuol dire ''che avverte, che ammonisce''), che sorgeva proprio in luogo del cortile dove dimoravano le oche.
Secondo la tradizione, in seguito a questo episodio si procedette alla costruzione del [[Tempio di Giunone Moneta]] ("Moneta" vuol dire ''che avverte, che ammonisce''), che sorgeva proprio in luogo del cortile dove dimoravano le oche.



== Collegamenti esterni ==
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Versione delle 16:15, 10 apr 2021

Henri-Paul Motte, Oche del Campidoglio, 1889

L'avvenimento leggendario che vide come protagoniste le Oche del Campidoglio fa parte della storia di Roma; secondo la leggenda sarebbe avvenuto sul colle del Campidoglio nel 390 a.C.

La leggenda

I Galli di Brenno stevano Roma e cercavano un modo per penetrare nel colle: Qui si erano rifugiati i romani che non erano fuggiti a Veio o a Caere all'arrivo degli assalitori. Il condottiero romano Marco Furio Camillo era in esilio ad Ardea a causa delle sue posizioni anti-plebee. Un messaggero, mandato dai romani di Veio prima a Roma e poi ad Ardea per richiamare il generale, era riuscito ad entrare sul Campidoglio nonostante l'assedio. Avendolo seguito, i Galli stavano per riuscire, nottetempo, a entrare nel Campidoglio. Un'altra fonte, invece, parla di un cunicolo sotterraneo scavato dagli assedianti. La leggenda narra che le oche, unici animali superstiti alla fame degli assediati perché sacre a Giunone, cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo l'ex Console Marco Manlio e i romani assediati. Marco Manlio venne per questo episodio denominato Capitolino.

L'assedio fu respinto e l'imminente arrivo di Camillo cominciò a ribaltare le sorti della guerra a favore dei romani: i Galli cominciarono a subire le prime sconfitte mentre l'esercito del condottiero avanzava da Ardea. Gli assedianti cercarono quindi un compromesso: a fronte di un tributo pari a mille libbre d'oro, questi avrebbero tolto l'assedio. I romani, al momento di pagare, si accorsero che le bilance erano truccate e, alle loro rimostranze, Brenno, in gesto di sfida, aggiunse la sua spada alla bilancia pretendendo un maggiore peso d'oro e pronunciò la frase «Vae victis («Guai ai vinti!»). Qui la tradizione narra un secondo episodio leggendario: mentre i romani chiedevano tempo per procurarsi l'oro che mancava, Camillo raggiunse Roma con il suo esercito. Una volta di fronte a Brenno, gli mostrò la sua spada e gli urlò in faccia: «Non auro, sed ferro, recuperanda est patria» ("Non con l'oro, ma con il ferro, si riscatta la patria").

Secondo la tradizione, in seguito a questo episodio si procedette alla costruzione del Tempio di Giunone Moneta ("Moneta" vuol dire che avverte, che ammonisce), che sorgeva proprio in luogo del cortile dove dimoravano le oche.


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