Vai al contenuto

Crisi dei rifiuti in Campania

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Una discarica a cielo aperto.[1]

La situazione dei rifiuti in Campania è uno stato di emergenza che riguarda lo smaltimento della spazzatura a Napoli e nella regione di cui è capoluogo. Si considera in stato di emergenza dal 1994, quando venne nominato il primo Commissario di Governo per risolvere la situazione.

Cause

Le cause principali alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono individuate nei ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee avvenute solamente dal 2003, nell'inappropriato trattamento dei rifiuti nei sette impianti di produzione di CDR (combustibile derivato dai rifiuti), gestiti e posseduti da società del Gruppo Impregilo (né il combustibile da rifiuto in uscita rispetta le specifiche che consentanto di bruciarlo in sicurezza in un inceneritore, né la frazione organica è sufficientemente stabilizzata da poter essere utilizzata per ripristini ambientali e quindi viene comunque inviata in discarica), nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate ad una maggiore tutela dell'ambiente, ostruzioni ai piani della Regione da parte della popolazioni di alcuni territori e anche da parte della camorra, nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata, ed infine nei livelli di raccolta differenziata molto bassi. Al di la delle cause meramente tecniche, va sottolineato come l'emergenza rifiuti sia un settore di introito per la camorra napoletana anche maggiore rispetto al traffico della droga o del pizzo. Si comprenderà così, come, quante e di quale entità siano le pressioni che esercita la mala-vita organizzata sulle istituzioni e sulla politica che si è dimostrata sinora incapace di contrastare questi interessi, quando non li abbia invece coadiuvati.

Problemi

Dal 1994 fino ad oggi, ripetendosi in più periodi, i rifiuti solidi urbani non sono raccolti perché le aree di smaltimento sono sature, in alcuni casi poste sotto sequestro dalla magistratura o bloccate da manifestanti locali, che ne rifiutano la presenza nei pressi delle loro abitazioni. Il risultato è la presenza per le strade della regione, soprattutto di Napoli e del suo hinterland, di cumuli disordinati e malsani di rifiuti che creano gravi rischi igienico-sanitari per le popolazioni locali, oltre a diversi problemi di ordine pubblico. Quando i rifiuti sono dati alle fiamme dai cittadini esasperati, si verificano emissioni di diossina e casi di intossicazione. Le discariche abusive e gli incendi di rifiuti, soprattutto nelle campagne del casertano, stanno creando grossi problemi per quel che concerne la salubrità delle produzioni agroalimentari.

Sanità e igiene

La Protezione Civile nel 2004 ha commissionato uno studio scientifico sulle conseguenze sanitari della mancata gestione dei rifiuti in Campania ad un team di specialisti composto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, dal Centro Europeo Ambiente e Salute, dall'Istituto Superiore di Sanità, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall'Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania e dall'Agenzia Regionale per la Protezione Ambiente.

L'analisi dei dati epidemiologici raccolti tra il 1995 al 2002 hanno consentito ai ricercatori di mettere in correlazione diretta i problemi osservati sulla salute pubblica con la mancata gestione del ciclo dei rifiuti urbani e con la presenza di discariche abusive, gestite dalla criminalità organizzata, dove sono stati versati enormi quantitativi di rifiuti industriali, provenienti presumibilmente dall'Italia settentrionale e dall'estero. In particolare è stato misurato un aumento del 9% della mortalità maschile e del 12% di quella femminile[2], nonché l'84% in più dei tumori del polmone e dello stomaco, linfomi e sarcomi, e malformazioni congenite.

Nel gennaio 2008, a seguito dell'ennesima emergenza, la Procura della Repubblica di Napoli ha avviato un'inchiesta per epidemia colposa[2].

Effetto NIMBY (Not In My Back Yard, non nel mio giardino)

La scarsa sensibilità dei cittadini alla gestione dei cosidetti "beni collettivi", si manifesta in tutta la sua drammaticità quando non si tratta di decidere sulla decorazione di una piazza, ma sono in gioco le condizione stesse di una vita sostenibile.

Nella fattispecie alla produzione di rifiuti che procede quotidianamente ed instancabilimente da parte di tutti i cittadini, corrisponde l'assoluta contrarietà a dotare il proprio territorio (secondo le normative ciò dovrebbe essere risolto a livello provinciale) delle infrastrutture necessario al loro riciclaggio o, dove ciò non sia possibile, al loro smaltimento.

Da questa solo apparente contraddizione nasce e si protrae la situazione di emergenza, alimentata anche da politici ed amministratori che non se la sentono di contrastare queste tendenze particolaristiche ed egoistiche dei cittadini (per molti di essi si tratta dei loro elettori).

Fino a che permane questa situazione, l'effetto NIMBY sarà soverchiante e non sarà possibile trovare alcuna soluzione alternativa alle barricate e alle quotidiane dichiarazioni di non responsabilità dei soggetti politici coinvolti.

E' anche giusto sottolineare che i cittadini oppositori alla riapertura delle discariche, hanno codesta posizione perchè si tratta di siti e discariche stesse fuori norma ed inadeguate, sia per struttura che per posizione geografica. Ci sono casi in cui siti utilizzati come discarica distano da abitazioni civili per poche decine di metri.

Istituzione del Commissariato

Alcune strade cittadine ricolme di rifiuti[1].

L'emergenza dei rifiuti a Napoli e nella sua regione inizia convenzionalmente l'11 febbraio del 1994, con l'istituzione del primo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del giorno successivo. Con questa disposizione il Governo prendeva atto dell'emergenza ambientale che si era venuta a creare nelle settimane precedenti in numerosi centri campani, a causa della saturazione di alcune discariche. Si individuava, per questa ragione, nel Prefetto di Napoli l'organo di Governo in grado di sostituirsi a livello territoriale a tutti gli altri enti territoriali coinvolti a vario titolo e preposto quindi a gestire i poteri commissariali straordinari. Tra il 1994 ed il 1996 la gestione dell'emergenza rifiuti passò attraverso l'ampliamento della capacità di versamento grazie alla requisizione di diverse discariche private in tutta la regione, poi date in gestione all'Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente.

Cambio di gestione

Nel marzo 1996 il Governo interviene nuovamente nella gestione commissariale del Prefetto quella dal Presidente della Regione: al prefetto rimane la gestione del servizio di raccolta, al Presidente della Regionale è affidato il compito di redazione del Piano Regionale e per gli interventi urgenti in tema di smaltimento. Nel giugno 1997 è pubblicato il Piano Regionale per lo smaltimento dei rifiuti che prevedeva la realizzazione di due termovalorizzatori e sette impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti.

Commissione Parlamentare d'Inchiesta

Nel luglio 1998 un'apposita commissione parlamentare constata che, passati quattro anni, la Campania rimane in uno stato di emergenza, giudicando insufficienti gli impianti realizzati o individuati e poco collaborative le amministrazioni locali. Nel dicembre 2000 Carlo Ferrigno, nuovo prefetto di Napoli, in qualità di Commissario dichiara che le discariche esistenti sono state ormai tutte saturate ed in alcune sono state portati rifiuti al di là delle loro capacità, con gravi conseguenze igienico-sanitarie per chi vive nei paraggi; inoltre stigmatizza l'opposizione delle amministrazioni locali ad ospitare gli impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti. La regione decide allora di continuare ad utilizzare comunque la discarica di Palma Campania, la cui bonifica è condizionata all'individuazione di altre soluzioni. Nel frattempo entrano in funzione tre impianti di vagliatura e triturazione, e quattro di imballaggi.

Crisi del 2001

All'inizio del 2001 si registra una nuova pesante crisi risolta solo riaprendo provvisoriamente le discariche di Serre e Castelvolturno e inviando mille tonnellate al giorno di rifiuti verso altre regioni, quali la Toscana, l'Umbria e l'Emilia Romagna, nonché all'estero, in Germania. Nei due anni successivi entrano in funzione gli impianti di produzione di combustibile derivato a Caivano, Avellino e Santa Maria Capua Vetere (alla fine del 2001), in seguito a Giugliano, a Casalduni e a Tufino (nel 2002), infine a Battipaglia nel 2003.

Ciononostante la Campania non è ancora autosufficiente mancando di un'autonoma capacità di trattare quasi un milione tonnellate annue con il combustibile derivato dai rifiuti, e più di un milione di tonnellate annue di conferimento diretto in discarica e stoccaggio per gli scarti relativi.

Crisi del 2007-2008

Tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008 si è registrata l'ennesima crisi dei rifiuti che ha indotto il governo centrale ad intervenire direttamente orientando la soluzione del problema verso la regionalizzazione della gestione dei rifiuti autorizzando la costruzione di 3 termovalorizzatori, superando in questo modo il vincolo imposto dalla gestione Bassolino che ruotava tutto sul costruendo inceneritore di Acerra.

Procedure d'inchiesta

Alcune ecoballe prima di essere avviate alla combustione.[1]

Il 27 giugno 2007 la Commissione Europea ha avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia per la crisi cronica dei rifiuti che coinvolge Napoli e il resto della regione Campania[3]. Il 31 luglio 2007 la Procura della Repubblica di Napoli ha depositato le richieste di rinvio a giudizio per gran parte degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sull'emergenza rifiuti in Campania, ipotizzando i reati di truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture a carico anche di Antonio Bassolino, già Commissario Straordinario ed attuale Presidente della Regione Campania, nonché Piergiorgio Romiti e Paolo Romiti, vertici della Impregilo, affidataria dell'appalto dello smaltimento dei rifiuti).[4]. I sette impianti che avrebbero dovuto produrre il combustibile da rifiuto hanno prodotto invece milioni di ecoballe che non presentano le caratteristiche necessarie e non possono essere bruciate rispettando la normativa ambientale sui fumi, giacendo oggi stoccate in aree apposite, prive delle necessarie misure di sicurezza per l'ambiente. Anche la frazione umida prodotta dagli impianti non è nelle specifiche: non subisce un trattamento sufficiente a renderla biologicamente non pericolosa tant'è che, preso atto di ciò, adesso il Commissariato Straordinario ne dispone comunque, all’uscita dall’impianto, l'invio a discarica.

Il processo è iniziato a metà gennaio 2008, nel pieno dell'ennesima crisi dei rifiuti [5].

Commissari Straordinari

Economia del problema

L’export verso la Germania costa 215€ per tonnellata equivalenti nel 2007 a 400mila € al giorno, metà dei quali per il trasporto. Ciononostante il prezzo è competitivo rispetto al loro smaltimento in Italia o nella stessa Campania dove costa da un minimo di 290€ euro a tonnellata fino ad oltre 1.000 euro (120€ per farne ecoballe, 20€ per il trasporto, 150€ l'anno per lo stoccaggio provvisorio che in alcuni casi ormai va avanti da un decennio)[9].

L'impossibilità di costruire inceneritori e termovalorizzatori in Campania nonostante l'insistente disponibilità di città come Salerno ha portato alcune aziende italiane e straniere a proporsi per smaltire tutti i rifiuti prodotti[9]: la bresciana Asm, la francese Veolia, la spagnola Abertis e la tedesca Remondis.

Criminalità

La commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha indagato sulle attività illecite ad esso connesse in Campania concludendo che:[10]

«La criminalità organizzata di stampo camorristico continua ad intervenire in maniera diretta sui traffici illeciti di rifiuti, lucrando notevoli somme di denaro: si tratta di un'affermazione che ha avuto una corale evidenza nel corso delle audizioni e che quindi va assunta in questa relazione. Del resto, sono stati anche i collaboratori di giustizia a illustrare a questa Commissione lo schema di intervento della camorra, nonché una versione storicizzata dei fatti. La criminalità organizzata si pone come terminale del traffico, nel senso che assicura il territorio ove smaltire illecitamente i rifiuti: può fare ciò perché è la camorra stessa a controllare e gestire ogni metro quadro di ampie aree del territorio campano. In particolare la provincia di Caserta presenta zone controllate manu militari dalla criminalità organizzata, che addirittura organizza staffette per pattugliare le strade e attua attività di controllo sulle macchine non conosciute che transitano per quelle vie.»

Note

  1. ^ a b c Le immagini contenute nell'articolo sono puramente indicative e NON si riferiscono a siti e materiali campani.
  2. ^ a b
  3. ^ Richiamo delle norme procedurali, dal sito dell'Unione Europea.
  4. ^
  5. ^ Rifiuti: Bassolino, ora un processo sprint, in Corriere del Mezzogiorno. URL consultato il 15 gennaio 2008.
  6. ^ DPCM dell'11 febbraio 1994, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.35 del 12 febbraio 1994
  7. ^ DPCM n. 3341 del 27 febbraio 2004
  8. ^ Inizialmente rimette nelle mani del Presidente del Consiglio dei Ministri le sue dimissioni, ma il Governo lo riconferma alla guida del Commissariato.
  9. ^ a b
  10. ^ Stenografico della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse del 14 maggio 1998

Collegamenti esterni