Iosif Stalin

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Iosif Stalin
Иосиф Сталин
იოსებ ბესარიონის ძე ჯუღაშვილი
Stalin nel 1945, alla Conferenza di Potsdam

Segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica
Durata mandato3 aprile 1922 –
16 ottobre 1952
PredecessoreVjačeslav Molotov
(segretario responsabile)
SuccessoreNikita Chruščёv
(primo segretario)

Presidente del Consiglio dei ministri dell'Unione Sovietica
fino al 19/3/1946 Presidente del Consiglio dei commissari del popolo
Durata mandato6 maggio 1941 –
5 marzo 1953
ViceNikolaj Alekseevič Voznesenskij
Vjačeslav Michajlovič Molotov
Nikolaj Aleksandrovič Bulganin
PredecessoreVjačeslav Molotov
SuccessoreGeorgij Malenkov

Commissario del Popolo per la Difesa dell'Unione Sovietica
Durata mandato19 luglio 1941 –
3 marzo 1947
PredecessoreSemën Konstjantynovyč Tymošenko
SuccessoreNikolaj Aleksandrovič Bulganin

Capo supremo dell'Unione Sovietica
Durata mandato19 luglio 1941 –
3 marzo 1947
Predecessorecarica istituita
Successorecarica abolita

Dati generali
Partito politicoPartito Operaio Socialdemocratico Russo (1898-1918)
fazione "bolscevica"
Partito Comunista dell'Unione Sovietica
(1918-1953)
FirmaFirma di Iosif Stalin Иосиф Сталин იოსებ ბესარიონის ძე ჯუღაშვილი
Iosif Vissarionovič Džugašvili
Ritratto di Stalin in alta uniforme
SoprannomeStalin ("uomo d'acciaio")
Koba ("indomabile")
NascitaGori, 18 dicembre 1878
MorteMosca, 5 marzo 1953
Cause della morteictus cerebrale
Luogo di sepolturaMausoleo di Lenin
(1953-1961)
Necropoli delle mura del Cremlino
(1961-oggi)
Etniageorgiano
Dati militari
Paese servito Unione Sovietica
Forza armata Forze armate sovietiche
Arma Armata Rossa
Anni di servizio1918-1921
1943-1953
GradoMaresciallo dell'Unione Sovietica
(Effettivo)
Generalissimo dell'Unione Sovietica
(Onorario)
GuerreGuerra civile russa
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte orientale (1941-1945)
BattaglieBattaglia di Caricyn
Battaglia di Varsavia
Operazione Barbarossa
Battaglia di Mosca
Operazione Blu
Battaglia di Stalingrado
Battaglia di Kursk
Operazione Bagration
Operazione Vistola-Oder
Battaglia di Berlino
Comandante di Forze armate sovietiche (comandante supremo)
DecorazioniEroe dell'Unione Sovietica
Ordine della Vittoria
Ordine di Lenin
Ordine della Bandiera Rossa
Ordine di Suvorov di I Classe
Medaglia per la difesa di Mosca
Medaglia per la vittoria sulla Germania nella grande guerra patriottica 1941-1945
Medaglia per la vittoria sul Giappone
Altre carichePolitico
Statista
"fonti citate nel corpo del testo"
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Iosif Vissarionovič Džugašvili (in russo Ио́сиф Виссарио́нович Джугашви́ли (Ста́лин)? ascolta; in georgiano იოსებ ბესარიონის ძე ჯუღაშვილი?, Ioseb Besarionis Dze Jughašvili; Gori, 18 dicembre 1878[1]Mosca, 5 marzo 1953) è stato un rivoluzionario, politico e militare sovietico.

Conosciuto anche come Iosif Stalin[2] (in russo Ио́сиф Ста́лин?), fu segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e, in tale ruolo, assumendo sempre più potere, a partire dal 1924, instaurò progressivamente una dittatura nel proprio Paese (l'Unione Sovietica), fino alla morte, avvenuta nel 1953.

La prima apparizione di Stalin come leader bolscevico in una pubblicazione a stampa (con lo pseudonimo di Ivanovich): Protokoli Obyedinitel’nago Syezda Rossiyskoy Sozial’demokraticheskoy Rabochey Partii, sostoyavshagosya v Stokgol’me v 1906 - Moskva 1907 - copia del bibliofilo italiano Paolo Barbieri

Nativo della Georgia,[3] di umili origini, visse un'avventurosa giovinezza come rivoluzionario socialista attivista, prima di assumere un ruolo importante di dirigente all'interno della fazione bolscevica del Partito Operaio Socialdemocratico Russo guidata da Lenin. Capace organizzatore, dotato di grande energia e di durezza di modi e di metodi, nonché strettamente fedele alle direttive di Lenin, Stalin divenne uno dei principali capi della rivoluzione d'ottobre e del nuovo Stato socialista: l'Unione Sovietica. Il suo ruolo e il suo potere politico crebbero durante la guerra civile russa in cui svolse compiti politico-militari di grande importanza, entrando spesso in rivalità con Lev Trockij.

Nonostante le critiche mossegli da Lenin nell'ultima parte della sua vita e il duro contrasto con Trockij, alla morte di Lenin assunse progressivamente, grazie alla sua abilità organizzativa e politica e al ruolo di segretario generale del partito, il potere supremo in Unione Sovietica. Dopo aver sconfitto politicamente prima la sinistra di Trockij, poi l'alleanza tra Trockij, Zinovev, Kamenev e poi la destra di Bucharin, Rykov e Tomskji, Stalin adottò una prudente politica di costruzione del "socialismo in un solo Paese", mentre nel campo economico mise in atto le politiche di interruzione della NEP, di collettivizzazione forzata delle campagne e di industrializzazione mediante i piani quinquennali, lo stakanovismo e la crescita dell'industria pesante.[4]

A metà degli anni trenta, in una fase di superamento delle difficoltà economiche e di crescita industriale, Stalin cominciò il tragico periodo delle purghe e del grande terrore in cui progressivamente eliminò fisicamente, con un metodico e spietato programma di repressione, tutti i suoi reali o presunti avversari nel partito, nell'economia, nella scienza, nelle forze armate e nelle minoranze etniche. Per rafforzare il suo potere e lo Stato sovietico contro possibili minacce esterne o interne di disgregazione, Stalin organizzò un vasto sistema di campi di detenzione e lavoro (gulag) in cui furono imprigionati in condizioni miserevoli milioni di persone.[5]

Nel campo della politica estera Stalin, timoroso delle minacce tedesche e giapponesi alla sopravvivenza dell'Unione Sovietica, in un primo momento adottò una politica di collaborazione con l'Occidente secondo la dottrina della sicurezza collettiva; dopo l'accordo di Monaco Stalin, sospettoso delle potenze occidentali e intimorito dalla potenza tedesca, preferì ricercare un accordo temporaneo con Adolf Hitler che favorì l'espansionismo sovietico verso occidente e i Paesi Baltici.

Colto di sorpresa dall'attacco iniziale tedesco con il quale la Germania nazista violava il patto di non aggressione sottoscritto dalle due potenze solo due anni prima,[6] nonostante alcuni errori di strategia militare nella fase iniziale della guerra, Stalin seppe riorganizzare e dirigere con efficacia il Paese e l'Armata Rossa fino a ottenere, pur a costo di gravi perdite militari e civili, la vittoria totale nella grande guerra patriottica. Stalin rivestì un ruolo di grande importanza nella lotta contro il nazismo e nella sconfitta di Hitler; le sue truppe, dopo aver liberato l'Europa orientale dall'occupazione tedesca, conquistarono Berlino e Vienna, costringendo lo stesso Hitler al suicidio.[7]

Dopo la vittoria Stalin, divenuto detentore di un enorme potere in Unione Sovietica e nell'Europa centro-orientale e assurto al ruolo di capo indiscusso del comunismo mondiale, accrebbe il suo dispotismo violento riprendendo politiche di terrore e di repressione. Morì a causa di un'emorragia cerebrale nel 1953, lasciando l'Unione Sovietica ormai trasformata in una grande potenza economica,[8][9][10] una delle due superpotenze mondiali dotata di armi nucleari e guida del mondo comunista.

Dal 1956, a partire dal XX Congresso del PCUS, Stalin, che era stato oggetto di un vero e proprio culto della personalità da parte di dirigenti e simpatizzanti del comunismo mondiale, è stato sottoposto a pesanti critiche da parte di politici e storici per la sua attività politica e per i suoi spietati metodi di governo.

Anni giovanili

Stalin a sedici anni nel 1894

Stalin nacque nel 1878 da Vissarion Džugašvili (1853-1909) e da Ekaterina Geladze (1858-1937), in una povera famiglia georgiana di origine ebraica[11]. Picchiato spesso dal padre alcolizzato, ma anche dalla madre, devota ortodossa, Stalin ebbe per tutta la sua esistenza rapporti difficili con la propria famiglia; alcuni studiosi hanno ritenuto che tali conflitti familiari abbiano provocato in lui diverse turbe psicologiche, tuttavia le affermazioni furono smentite dal diretto interessato che, di fronte a una precisa domanda del biografo Emil Ludwig, rispose negando: "Assolutamente no. I miei genitori non mi maltrattavano affatto".[12] In seguito, in un suo manuale di marxismo scolastico, Stalin parlò del padre come un classico esempio di proletario con una coscienza ancora "piccolo-borghese",[13] ma prescindendo da tali conflitti il famoso psichiatra Erich Fromm lo avrebbe poi classificato nel suo libro Anatomia della distruttività umana come un «sadico non sessuale».[14]

Il carattere di Stalin è stato variamente descritto, da freddo (raramente lo si vedeva ridere o arrabbiarsi) a paranoico (specie in tarda età), a normale e perfino gradevole. William Bland, nella sua opera Il culto della personalità, riporta le memorie personali del leader albanese Enver Hoxha secondo cui "Stalin era molto modesto e gentile con le persone"; l'ambasciatore americano in Unione Sovietica, Joseph Davies, disse che Stalin era "un uomo semplice, dagli atteggiamenti piacevoli". Secondo molti, usava una "maschera di bonarietà" nei rapporti interpersonali, che nascondeva un carattere aspro, aggressivo e talvolta vendicativo.[15] Tra i suoi hobby vi erano la musica, la letteratura e il giardinaggio mentre non amava la caccia e la pesca.[16][17][18]

Stalin aveva inoltre varie patologie fisiche congenite e acquisite: due dita del piede sinistro, il secondo e il terzo, erano fuse insieme. L'infanzia di "Soso" (diminutivo georgiano di Iosif) non fu inoltre priva di momenti critici per la sua salute fisica, dapprima per una forma acuta di varicella (o forse di vaiolo, del quale si ammalò, sempre nell'infanzia, all'età di cinque anni: l'epidemia colpì pesantemente soprattutto i bambini e morirono molti suoi vicini di casa), poi quando, a dieci anni, davanti alla scuola ecclesiastica da lui frequentata, fu investito e travolto da un cavallo che trainava un calesse, nel corso di una festa di Paese: rimase gravemente ferito al braccio sinistro, perdendone parte della capacità di articolazione (il braccio gli rimase per sempre semiparalizzato e più corto del destro di 5 cm; anche se poteva muovere e usare la mano, oltre che usarlo per sollevare qualcosa, la mobilità rimase compromessa). Nel 1894, a 16 anni, poté frequentare, grazie a una borsa di studio, il seminario teologico ortodosso di Tbilisi: fu scelto per le doti canore e l'eccezionale memoria. L'istruzione in seminario era un desiderio della madre, che lo voleva vescovo, mentre il padre preferiva diventasse calzolaio del paese. Ebbe ancora un incidente all'età di dodici anni, sempre con un calesse che gli passò sulle gambe danneggiandole, rendendone la camminata incerta anche dopo anni e che gli procurò l'epiteto di "claudicante".

A causa di questi handicap venne scartato alla visita di leva per la prima guerra mondiale dalla commissione zarista; per vergogna di questi problemi fisici e per la sua altezza non elevata rispetto alla media degli uomini russi (sebbene le fotografie e i manifesti di propaganda gli conferissero un aspetto di imponenza, era alto solo 164 cm)[19] avrebbe sempre avuto una certa ritrosia a farsi riprendere nei filmati o fotografare se non era prima avvertito e si era messo in posa; in numerose immagini e filmati reali e non propagandistici (come quelli della conferenza di Jalta) lo si nota infatti tenersi il braccio con la mano destra o nasconderlo, ad esempio nella manica lunga del cappotto o nelle tasche.[20]

Rivoluzionario di professione

Lo stesso argomento in dettaglio: Poetica di Stalin.

In questo periodo si dedicò anche alla letteratura (suo interesse dall'età di quindici anni), scrivendo poesie che sarebbero poi state giudicate, sebbene anonime (pubblicate sotto lo pseudonimo di "Soselo") fino a dopo la morte, di buon livello. Nel 1949 bloccò l'iniziativa di Beria di pubblicare le sue opere letterarie sotto l'egida di Boris Pasternak e altri traduttori.[21]

Il contatto con le idee e con l'ambiente dei deportati politici lo avvicinò al socialismo e alla convinzione sulle teorie del marxismo. Entrato nel 1898 nel partito socialdemocratico (Partito Operaio Socialdemocratico Russo, POSDR), lavorò per qualche tempo al locale osservatorio astronomico. Da allora cominciò soprattutto un'intensa attività politica di propaganda, oltre che di istigazione agli scioperi nelle varie fabbriche georgiane, che lo portarono ben presto a conoscere il rigore della polizia del regime.

Stalin a ventiquattro anni nel 1902

Dopo essere stato arrestato nel 1900 e continuamente sorvegliato, nel 1902 lasciò la sua città per stabilirsi a Batumi, dove però venne subito imprigionato e condannato a un anno di carcere, seguito da un triennio di deportazione in Siberia. Fuggito nel 1904, Stalin tornò a Tbilisi e nei mesi successivi partecipò con energia e notevole capacità organizzativa al movimento insurrezionale, che vide la formazione dei primi soviet di operai e di contadini.

Nel novembre del 1905, dopo aver pubblicato il suo primo saggio, A proposito dei dissensi nel partito, divenne direttore del periodico Notiziario dei lavoratori caucasici e in Finlandia, alla conferenza bolscevica di Tampere, incontrò per la prima volta Vladimir Lenin, accettandone le tesi sul ruolo di un partito marxista compatto e rigidamente organizzato come strumento indispensabile per la rivoluzione proletaria.

Attuò anche rapine in banca per il finanziamento del partito,[21] alleandosi con alcuni gruppi di banditi del Caucaso;[22] in questo periodo viene chiamato col nome di battaglia di Koba.[22] Spostatosi a Baku, dove fu in prima linea nel corso degli scioperi del 1908, Stalin venne di nuovo arrestato e deportato in Siberia; riuscì a fuggire, ma fu ripreso e internato nel 1913 a Kurejka sul basso Enisej, dove rimase per quattro anni fino al marzo del 1917. Nei brevi periodi di attività clandestina riuscì progressivamente a imporre la sua personalità pragmatica e le sue capacità organizzative (nonostante un approccio talvolta eccessivamente "ruvido" che i compagni di partito gli rimproveravano) e a emergere come dirigente di livello nazionale, tanto da essere chiamato da Lenin nel 1912 a far parte del comitato centrale del partito.

Protagonista nella rivoluzione bolscevica e nella guerra civile

Sempre nel 1917 contribuì a far rinascere a San Pietroburgo la Pravda mentre definiva, nel saggio Il marxismo e il problema nazionale, le sue posizioni teoriche (non sempre però in linea con quelle di Lenin, di cui non comprendeva la battaglia contro i deviazionisti, né la decisione di prender parte alle elezioni per la Duma). Tornato a San Pietroburgo (nel frattempo ribattezzata Pietrogrado) subito dopo l'abbattimento dell'assolutismo zarista, Stalin, insieme con Lev Kamenev e Murianov, assunse la direzione della Pravda, appoggiando il governo provvisorio per la sua azione rivoluzionaria contro i residui reazionari. Tuttavia questa linea fu sconfessata dalle Tesi di aprile di Lenin e dal rapido radicalizzarsi degli eventi. Nelle decisive settimane di conquista del potere da parte dei bolscevichi Stalin, membro del comitato militare, non apparve in primo piano e solo il 9 novembre 1917 entrò a far parte del nuovo governo provvisorio (il Consiglio dei commissari del popolo) con l'incarico di occuparsi degli affari delle minoranze etniche.

Stalin in trincea controlla le operazioni durante la battaglia di Caricyn

A lui si deve l'elaborazione della "Dichiarazione dei popoli" della Russia, che costituisce un documento fondamentale del principio di autonomia delle varie nazionalità nell'ambito dello Stato sovietico. Membro del comitato esecutivo centrale Stalin fu nominato, nell'aprile del 1918, plenipotenziario per i negoziati con l'Ucraina. Nella lotta contro i generali "bianchi" fu incaricato di occuparsi del vettovagliamento delle forze bolsceviche sul fronte di Caricyn (poi Stalingrado, oggi Volgograd). In questa circostanza dimostrò grande energia nella difesa della città sul Volga contro le ripetute offensive dei "bianchi" e cominciò a organizzare un suo gruppo di fedeli seguaci. Spesso in contrasto con le direttive di Trockij, Stalin venne infine richiamato a Mosca da Lenin, che tuttavia apprezzò la sua capacità di direzione e la sua spietata decisione.[23]

Lenin si preoccupò della crescente rivalità tra Stalin e Trockij e richiese a entrambi di comporre le loro divergenze e collaborare per la vittoria della rivoluzione bolscevica; in effetti Stalin in questa fase elogiò ripetutamente in alcuni discorsi l'operato e l'efficienza di Trockij e sembrò mosso dal desiderio di riavvicinarvisi.[24] Considerato da Lenin e anche da Trockij il dirigente bolscevico più duro e efficiente,[25] Stalin venne inviato successivamente negli Urali, dove contribuì alla nomina del generale Sergej Kamenev al comando supremo,[26] quindi nel maggio 1919 si recò a Pietrogrado, dove denunciò e represse una presunta cospirazione antibolscevica e organizzò la riconquista di alcune piazzeforti.

Infine partì il 3 ottobre 1919 per il fronte sud, come commissario politico del fronte meridionale, dove riallacciò i rapporti con i suoi fedeli amici della prima armata a cavallo: Kliment Vorošilov, Grigorij Ordžonikidze e Semën Budënnyj.[27] Durante la guerra sovietico-polacca Stalin, commissario politico del fronte sud-occidentale del generale Egorov, inizialmente condivise con Trockij le forti riserve sui progetti di offensiva verso il cuore dell'Europa promossi da Lenin; dubbioso sulla possibilità di una insurrezione socialista in Polonia o in Germania, egli evidenziò invece come fosse prudente occuparsi soprattutto della situazione in Crimea e nel Kuban', dove le forze "bianche" avevano ripreso la loro attività e minacciavano la sicurezza delle retrovie del suo fronte. Alla fine però si imposero i progetti strategici di Lenin e del generale Michail Tuchačevskij e Stalin finì per votare disciplinatamente nel Politburo a favore dell'offensiva su Varsavia.[28]

Durante la battaglia, che terminò con la sconfitta dell'Armata Rossa, sorse un nuovo violento contrasto con Trockij quando Stalin si rifiutò, in ragione degli inevitabili pericoli che l'operazione avrebbe comportato, ma anche per rivalità personale, di distaccare una parte delle sue forze in appoggio al generale Tuchačevskij e decise di concentrarle invece nella inutile conquista di L'viv.[29] Nel X Congresso del partito del 1921 la condotta e le decisioni di Stalin vennero criticate in una sessione a porte chiuse, nonostante le spiegazioni che egli fornì del suo operato.[30] Le controversie sulle responsabilità nella sconfitta di Varsavia sarebbero continuate fino agli anni trenta e concorsero a rovinare i rapporti tra Stalin e il generale Tuchačevskij[28]

Lenin espresse anche esplicite riserve nei suoi confronti, manifestate nel testamento politico in cui accusava Stalin di anteporre le proprie ambizioni personali all'interesse generale del movimento. Lenin era preoccupato che il governo perdesse sempre più la sua matrice proletaria e diventasse esclusivamente un'ala dei burocrati di partito, sempre più lontani dalla generazione vissuta tanto tempo in clandestinità prima delle rivolte del 1917. Oltretutto intravedeva un futuro dominio incontrastato del comitato centrale ed è per questo che propose nei suoi ultimi scritti una riorganizzazione dei sistemi di controllo, auspicandone una formazione prevalentemente operaia che potesse tenere a bada la vasta e nascente nomenclatura di funzionari di partito[31]

Il segretario generale

«Non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta.[32]»

File:Vladimir Lenin and Joseph Stalin, 1919.jpg
Stalin e Lenin nel 1919
Stalin con il rivoluzionario azero Gazanfar Musabekov in una foto del dicembre 1928

Nominato nel 1922 segretario generale del comitato centrale, Stalin, unitosi a Zinov'ev e Kamenev (la famosa troika), seppe trasformare questa carica, di scarso rilievo all'origine, in un formidabile trampolino di lancio per affermare il suo potere personale all'interno del partito dopo la morte di Lenin (avvenuta il 21 gennaio 1924). Fu allora che nel contesto di una Russia devastata dalla prima guerra mondiale e dalla guerra civile, con milioni di cittadini senza tetto e letteralmente affamati, diplomaticamente isolata in un mondo ostile, scoppiò violento il dissidio con Lev Trockij, ostile alla nuova politica economica (NEP) e sostenitore dell'internazionalizzazione della rivoluzione.

Stalin sosteneva al contrario che la "rivoluzione permanente" fosse una pura utopia e che l'Unione Sovietica dovesse puntare sulla mobilitazione di tutte le proprie risorse al fine di salvaguardare la propria rivoluzione (teoria del "socialismo in un Paese solo"). Trockij accusava Stalin e il partito di burocratizzazione e autoritarismo e riteneva, assieme alla crescente opposizione creatasi in seno al partito (tra cui i decei, critici del centralismo democratico), che ci volesse invece un rinnovamento democratico all'interno degli organi dirigenti, che sempre più venivano scelti su matrice non elettiva dall'alto verso il basso, contrariamente agli spiriti che accesero la rivoluzione.

Espresse queste sue posizioni al XIII congresso del partito, ma la sua accusa venne respinta e Trockij venne sconfitto, oltretutto accusato da Stalin e dal triumvirato (Stalin, Kamenev, Zinov'ev) di "frazionismo", tendenza contraria alla direzione "monolitica" presa dal partito dal X congresso. Trockij venne isolato anche a causa delle norme di emergenza (prese precedentemente dallo stesso Lenin nel pieno della guerra civile sempre nell'ambito del X congresso) tese a strutturare un partito compatto, eliminando le tendenze ritenute frazionistico-scissioniste. Le tesi staliniane trionfarono nel 1926, quando il comitato centrale si schierò sulle posizioni di Stalin, isolando Trockij (con il quale, nel corso del dibattito, avevano finito per associarsi anche Kamenev e Zinov'ev).

Nel corso di questi anni sia l'opposizione operaia di Aleksandra Kollontaj, che si batteva per il ritorno alla democrazia dei soviet contro la burocratizzazione,[33] sia l'opposizione di sinistra, guidata da Trockij, e la sua momentanea trasformazione in opposizione unificata, con Kamenev e Zinov'ev, che poi capitolarono, furono sconfitte con i metodi più brutali di intimidazione e di persecuzione, dalla propaganda perniciosa di falsità da parte dell'apparato del partito dominato dagli staliniani, all'irruzione nelle sedi di partito, che ospitavano riunioni e assemblee, con la devastazione delle stesse e il pestaggio degli intervenuti.[34] Lo psichiatra russo Vladimir Bechterev nel 1927 visitò Stalin e gli diagnosticò una sindrome paranoide. Poco tempo dopo morì in circostanze non chiarite: secondo lo storico Isaac Deutscher, Stalin avrebbe ordinato l'assassinio del medico perché non d'accordo con la diagnosi.[35]

Durante un incontro avvenuto nel 1928 tra Bucharin e Kamenev il primo confidò al secondo che Stalin era divenuto una sorta di mostro, paragonabile solamente a Gengis Khan.

Lo stalinismo

Lo stesso argomento in dettaglio: Stalinismo e Grandi purghe.
Francobollo sovietico anni cinquanta: "La pace sconfiggerà la guerra", che fa parte delle raffigurazioni del dopoguerra e sul cui manifesto c'è scritto: "Grazie, caro Stalin, per la nostra infanzia felice"

Stalin diede anche alcuni contributi allo sviluppo teorico del marxismo-leninismo, in particolare sul rapporto tra socialismo e movimenti nazionalisti.[36] La prassi politica realizzatasi nei trent'anni del suo governo è stata definita dai suoi oppositori (in particolare trotskisti e anticomunisti) "stalinismo" al fine di evidenziare una sua parziale differenza rispetto alla formulazione classica del marxismo-leninismo.

Partendo dal concetto leninista di "dittatura del proletariato", secondo il quale dopo la rivoluzione e prima della realizzazione di una società comunista compiuta sarebbe necessaria una fase politica di transizione in cui i mezzi dello Stato conquistato dai lavoratori vengano da essi impiegati contro la resistenza della minoranza capitalista sconfitta[37] e dalla teoria dell'estinzione dello Stato una volta terminato il periodo della dittatura del proletariato,[38] Stalin seguì la teoria della violenza rivoluzionaria crescente all'interno del periodo di transizione[39][40][41] già elaborata da Lenin.[42]

Le caratteristiche distintive della gestione stalinista del potere in politica interna sono il culto della personalità e l'impiego del terrore,[43] partendo nominalmente dal concetto leninista di "dittatura del proletariato". Lenin, in Stato e rivoluzione, aveva previsto che immediatamente dopo la presa del potere rivoluzionario l'apparato di repressione dello Stato, fin dall'inizio del periodo di transizione, avrebbe cominciato a indebolirsi fino a estinguersi una volta raggiunto il comunismo. Di fatto la pratica staliniana di governo andava nella direzione opposta: una crescita abnorme dell'apparato repressivo dello Stato. Questo creava dei problemi teorici e pratici di difficile soluzione in cui ci si chiedeva che socialismo poteva essere quello che si serviva di un apparato repressivo di tal fatta. Sul punto "dell'intensificarsi della lotta di classe man mano che si procedeva verso il socialismo" Stalin fu chiaro e disse nel riunione plenaria del febbraio-marzo 1937: "Quanto più andremo avanti, quanti più successi avremo, tanto più i residui delle classi sfruttatrici distrutte diverranno feroci".[44] Con il 1928 ebbe inizio la cosiddetta "era di Stalin": da quell'anno infatti la vicenda della sua persona si identificò con la storia dell'Unione Sovietica, di cui fu l'onnipotente artefice fino alla morte. Dopo aver posto bruscamente termine alla NEP con la collettivizzazione forzata e la meccanizzazione dell'agricoltura e soppresso il commercio privato (i kulaki arricchiti furono declassati a semplici contadini dei kolchoz e quelli che si opponevano venivano avviati a campi di lavoro), fu dato avvio al primo piano quinquennale (1928-1932) che dava la precedenza all'industria pesante.

Modernizzazione del Paese

Mentre il mondo capitalistico attraversava la crisi della Grande depressione, l'Unione Sovietica sviluppava considerevolmente la propria produzione, aumentando la propria ricchezza.[45] Circa la metà del reddito nazionale fu dedicata all'opera di trasformazione di un Paese povero e arretrato in una grande potenza industriale. Furono fatte massicce importazioni di macchinari e chiamate alcune decine di migliaia di tecnici stranieri. Sorsero nuove città per ospitare gli operai (che in pochi anni passarono dal 17 al 33% della popolazione), mentre una fittissima rete di scuole debellava l'analfabetismo e preparava i nuovi tecnici. Anche il secondo piano quinquennale (1933-1937) diede la precedenza all'industria che compì un nuovo grande balzo in avanti; ma non altrettanto brillante fu il rendimento agricolo per cui, in concomitanza con l'entrata in vigore di una nuova Costituzione (1936), ne fu modificata la troppo rigida struttura.

A quest'opera indubbiamente gigantesca corrisposero tuttavia un ferreo autoritarismo e un'implacabile intransigenza: ogni dissenso ideologico fu condannato come "complotto".[46] Furono le terribili "purghe" degli anni trenta (successive al misterioso assassinio di Sergej Kirov) che videro la condanna a morte o a lunghi anni di carcere di quasi tutta la vecchia guardia bolscevica, da Kamenev a Zinov'ev, da Radek a Sokol'nikov e Jurij Pjatakov; da Bucharin e Rykov a G. Jagoda e a M. Tuchačevskij (1893-1938); in totale 35.000 ufficiali su 144.000 che componevano l'Armata Rossa.[47]

Secondo le stime del KGB (1960, rese note dopo la caduta dell'Unione Sovietica) 1.118 persone vennero condannate a morte nel 1936, 681.692 persone nel 1937-1938 (353.074 nel 1937 e 328.018 nel 1938), e 2.552 nel 1939 per reati politici. Il totale di condanne a morte politiche tra il 1930 e il 1953 è, sempre secondo queste stime, di 786.098, anche se molti storici le considerano sottostimate per diversi motivi.[48] Stalin e i suoi collaboratori giustificarono il bagno di sangue che spazzò via dal PCUS ogni residuo di opposizione alla linea stalinista (operazione che privò, fra l'altro, l'Armata Rossa di oltre la metà dei suoi comandanti più prestigiosi e il partito dei dirigenti della generazione rivoluzionaria), con il timore di complotti e di moti reazionari, nonché con la presenza di una "quinta colonna" borghese-fascista nei vertici dell'esercito.

La totale riabilitazione delle vittime di Stalin ha definitivamente dimostrato che non è mai esistito alcun "complotto militare fascista" nell'esercito,[49] anche se non tutti gli studiosi (neostalinisti e antirevisionisti a parte, i quali sostengono la posizione stalinista, seppur in maniera solitamente ideologica, come ad esempio Ludo Martens)[50] concordano su questo: si veda Domenico Losurdo, che ha sostenuto che esisteva realmente una "quinta colonna" di tipo golpista o filo-capitalista all'interno dell'Unione Sovietica e che quindi Stalin non fosse completamente nel torto; pur avendo commesso repressioni non giustificate, per gli studiosi revisionisti (oltre a Losurdo, si ricorda anche Giorgio Galli)[51] non bisogna comunque usare la figura di Stalin per condannare in toto l'esperienza sovietica.[52]

In questo periodo, al di là dalle interpretazioni storiografiche, venne comunque intrapresa una lotta senza tregua contro i reali o presunti nemici del socialismo o antipartito. Vennero allontanati dal potere i più famosi capi della rivoluzione: Trockij, Kamenev, Zinov'ev, Bucharin, fino a giungere al culmine, coi processi di Mosca e con l'eliminazione fisica di tutta la vecchia guardia bolscevica e infine di Trockij (assassinato da un sicario nel 1940 a Città del Messico), già in esilio da più di un decennio[53] Per dare un'idea dell'entità della repressione, solo considerando i componenti del Politburo degli anni venti, perirono nelle purghe i seguenti "vecchi bolscevichi", in gran parte "compagni d'armi di Lenin": Lev Kamenev, Nikolaj Krestinskij, Lev Trockij, Nikolaj Bucharin, Grigorij Zinov'ev, Aleksej Rykov, Jānis Rudzutaks, Grigorij Sokol'nikov, Nikolaj Uglanov, Vlas Čubar', Stanislav Kosior e Sergej Syrcov.

Foto del 1930 in cui sono presenti: Stalin, Vorošilov, Molotov e Nikolaj Ivanovič Ežov, che venne ucciso nel 1940. e la foto fu in seguito ritoccata per far sparire Ežov; questo tipo di falsificazione a scopo propagandistico fu ampiamente utilizzato durante il governo di Stalin

Dei 139 membri e supplenti del Comitato centrale del partito, eletti al XVII congresso del 1934, nei due anni successivi 98 furono arrestati e fucilati. Dei 1.966 delegati con diritto di voto o di consulenza 1.108, cioè chiaramente più della maggioranza, furono arrestati sotto l'accusa di delitti controrivoluzionari (dati del rapporto Krusciov).[54] Ammessa alla Società delle Nazioni nel 1934, l'Unione Sovietica avanzò proposte di disarmo generale e cercò di favorire una stretta collaborazione antifascista sia fra i vari Paesi sia al loro interno (politica dei "fronti popolari"). Nel 1935 concluse patti di amicizia e reciproca assistenza con la Francia e la Cecoslovacchia; l'anno successivo appoggiò con aiuti militari la Spagna repubblicana contro Franco.

Tuttavia il patto di Monaco (1938) costituì un duro colpo per la politica "collaborazionista" di Stalin che a Litvinov sostituì Vjačeslav Molotov (1939) e alla linea possibilista alternò una politica puramente realistica. Per lunghi mesi nel 1939 l'Unione sovietica tentò di stringere accordi con l'Inghilterra e la Francia[55] per giungere a un patto che garantisse l'aiuto delle due nazioni all'Unione Sovietica in caso di invasione tedesca, ma le due potenze occidentali inviarono a Mosca solo delegazioni di secondo grado senza il potere di stringere alcun accordo.

Di fronte alle tergiversazioni occidentali e temendo il sostegno di Francia e Inghilterra alla Germania nazista per costruire un unitario fronte anticomunista, Stalin preferì la "concretezza" tedesca (patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939) che, secondo lui, se non era più in condizione di salvare la pace europea, poteva almeno momentaneamente assicurare la pace all'Unione Sovietica e prepararlo a quella che poi sarebbe stata chiamata la "grande guerra patriottica".[9][10][56]

Una diversa interpretazione storiografica è, tuttavia, quella che vede il Patto Molotov-Ribbentrop come un tentativo di Stalin di far uscire l'URSS dall'isolamento internazionale in cui si trovava da almeno un biennio, reso palese dalla Conferenza di Monaco del 29-30 settembre 1938 a cui l'Unione Sovietica non era stata invitata. Una ulteriore interpretazione storiografica (ad esempio, quella dello storico russo marxista-leninista Roy Medvedev, che ha scritto diverse opere su Stalin) vede uno Stalin in attesa degli eventi, pronto a schierarsi dalla parte del vincitore appena si fosse palesato come tale. La spartizione della Polonia (1939) e l'annessione di Estonia, Lettonia e Lituania e la guerra alla Finlandia (1940) rientrarono nella stessa concezione: garantire al massimo le frontiere sovietiche "calde". In seguito al patto di non aggressione con la Germania, il Comintern, strettamente controllato da Stalin, riesumò il vecchio slogan leniniano della guerra tra opposti imperialismi, attribuendo le maggiori responsabilità a Francia e Inghilterra[57]. Tale linea provocò non poco scompiglio e disorientamento tra le file dei comunisti, molti dei quali erano approdati alle idee del comunismo proprio in funzione dell'anti-nazismo e dell'antifascismo[58].

La grande guerra patriottica

Lo stesso argomento in dettaglio: Grande guerra patriottica.

«Quando volgo indietro lo sguardo mi permetto di dire che nessun'altra direzione politico-militare di qualsiasi Paese avrebbe retto a simili prove, né avrebbe trovato una via d'uscita dalla situazione eccezionalmente grave che si era creata [...]»

I "tre Grandi": il primo ministro inglese Winston Churchill, il presidente degli Stati Uniti d'America Franklin Delano Roosevelt e Stalin alla conferenza di Jalta nel febbraio 1945, insieme anche a Molotov (estrema sinistra), Sir Andrew Cunningham, Sir Charles Portal (alle spalle di Churchill) e William D. Leahy (dietro Roosevelt)

La successiva guerra contro i Paesi dell'Asse nazifascista (1941-1945) costituì una pagina importantissima e decisiva della vita di Stalin. Dopo un cedimento psicologico iniziale, di fronte alla sorpresa dell'attacco tedesco che sconvolgeva tutte le sue previsioni e i suoi piani, seppe organizzare e guidare l'Armata Rossa e l'Unione Sovietica nella durissima lotta contro la Germania nazista, che metteva in pericolo la sopravvivenza stessa dello Stato bolscevico e anche delle popolazioni sovietiche destinate, secondo i piani di Hitler, allo sterminio, alla schiavitù e alla deportazione.

Durante la seconda guerra mondiale l'Unione Sovietica subì enormi perdite, quantificabili in circa 11.000.000 di militari morti o dispersi, a cui vanno aggiunti circa 15.000.000 di feriti[59] e 12.000.000 di civili, imputabili in parte alle disastrose sconfitte iniziali, a causa anche della cocciutaggine con cui Stalin vietò qualsiasi ritirata esortando i suoi generali a non cedere neanche un centimetro di terreno e condannando intere armate ad essere circondate e distrutte dalle potenti forze tedesche[60], nonché delle straordinarie dimensioni delle battaglie sul fronte orientale.

La Germania impiegò sempre il grosso delle sue forze armate in Russia e subì anch'essa gravi perdite, quasi 4 milioni di militari, cioè oltre l'80% del suo totale su tutti i fronti. Stalin si ritrovò a governare l'esercito così come governava lo Stato, non ammettendo né errori né debolezze, e fece fucilare il comandante del Fronte Occidentale generale D. G. Pavlov poco dopo l'inizio dell'Operazione Barbarossa così come il comandante della 4ª Armata A. A. Korobkov.[61] Bollò i soldati arresisi come traditori condannandoli a essere internati nei campi di rieducazione una volta liberati, oltre a ordinare di sparare su quelli che si ritiravano senza ordini espliciti[62]; suo fu infatti il celebre Ordine numero 227, diresse la lotta con determinazione e grande energia, anche se non senza alcuni momenti di pessimismo, specie a Mosca nel 1941 e a Stalingrado nell'estate 1942.[senza fonte]

Col tempo si costruì una notevole competenza militare strategica per ammissione degli stessi esperti occidentali che lo conobbero[63] e coordinò con abilità le grandi operazioni strategiche ideate e pianificate da alcuni suoi competenti generali, a cui diede fiducia (come Žukov, Rokossovskij, Vasilevskij, Konev e Vatutin). Stalin e l'Armata Rossa svolsero un ruolo fondamentale nella sconfitta di Hitler e del nazismo, prima respingendo l'attacco nazista, con la battaglia di Mosca del dicembre 1941, poi con la decisiva vittoria di Stalingrado dell'inverno 1942-1943 e il grande scontro di mezzi corazzati a Kursk; infine con le grandi offensive degli anni 1943-1945 (i "dieci colpi di maglio", secondo la terminologia staliniana dell'epoca),[64] che distrussero la potenza della Wehrmacht, fino alla conquista finale della capitale tedesca a seguito della battaglia di Berlino e del suicidio di Hitler.[65]

Durante la guerra il nome in codice di Stalin nelle direttive segrete e nelle comunicazioni con i vari comandi era Vasilev[66] Oltre al suo apporto – notevole e decisivo – alla conduzione della guerra, fu anche estremamente significativo il ruolo di Stalin come grande diplomatico, evidenziato dalle conferenze al vertice: un negoziatore rigoroso, logico, tenace e non privo di ragionevolezza.[67] Fu assai stimato da Franklin Delano Roosevelt, meno da Winston Churchill, cui fece velo la vecchia ruggine (rinforzata dai fatti del 1939) anticomunista.[68]

Stalin fu candidato al Premio Nobel per la Pace due volte[69]. La prima volta nel 1945, dallo storico e politico norvegese Halvdan Koht[70]. La candidatura fu riproposta da Wladislav Rieger, professore della Università Carolina di Praga, nel 1948[71].

Il dopoguerra e la morte

Si è sostenuto che stimasse Chiang Kai-shek più di Mao Tse-tung[72] (che tra l'altro aveva di lui un'ottima opinione, come testimoniano la visita che fece allo statista sovietico il 21 dicembre 1949, in occasione del suo settantesimo compleanno, nonché gli onori che gli tributò nei giorni successivi alla sua scomparsa). Durante la guerra civile cinese l'Unione Sovietica fornì al Partito Comunista Cinese un contributo in materiale bellico e un certo numero di consiglieri; fin dall'agosto del 1945; inoltre, dopo la sua dichiarazione di guerra al Giappone, appoggiò i maoisti conquistando la Manciuria e lasciando al Partito Comunista Cinese il bottino ottenuto.

Ritratto di Stalin eseguito da Isaak Brodskij

Per ciò che concerneva la Germania Stalin fu un assertore della divisione in due Stati: Repubblica Federale Tedesca capitalista e Repubblica Democratica Tedesca socialista. Quando le potenze occidentali decisero unilateralmente di introdurre il marco tedesco al posto della valuta di occupazione per convincere Stalin a lasciar riunificare la Germania, questi rispose con il blocco della città: il 24 giugno 1948 l'Unione Sovietica impedì gli accessi ai tre settori occupati da statunitensi, inglesi e francesi di Berlino, tagliando tutti i collegamenti stradali e ferroviari che attraversavano la parte di Germania sotto controllo sovietico. Gli statunitensi risposero con il celebre ponte aereo che convinse l'Unione Sovietica a togliere il blocco il 12 maggio 1949 (tuttavia le missioni aeree da parte degli Stati Uniti perdurarono fino al 30 settembre).

Il dopoguerra trovò l'Unione Sovietica impegnata nuovamente su un doppio fronte: la ricostruzione all'interno e l'ostilità verso l'Occidente all'esterno, Nell'immediato dopoguerra l'Unione Sovietica infranse il monopolio statunitense sul possesso della bomba atomica sperimentata nel 1949. Furono gli anni degli inizi della guerra fredda, che videro Stalin irrigidire ancor più il monolitismo del partito comunista fuori e dentro i confini, ma al contempo del rispetto dei patti post-bellici, di cui è espressione evidente lo scioglimento del Comintern e la creazione del Cominform e la "scomunica" della deviazionista Iugoslavia.

In occasione della guerra di Corea Stalin offrì all'alleato Kim Il Sung l'appoggio di 26.000 soldati sovietici (un apporto molto moderato, se confrontato con quello concesso invece da Mao pari a 780.000 militi) e regalò delle forniture alimentari e di mezzi corazzati ai nordcoreani, ma fu sempre restio a intervenire direttamente nel conflitto. Durante la guerra civile greca rispettò i patti firmati con le potenze alleate e non supportò i comunisti ellenici, lasciando che Gran Bretagna e Stati Uniti, sempre nel rispetto dei patti che dividevano l'Europa in aree d'influenza, a rotazione dessero aiuti determinanti al governo di Atene nella repressione dell'insurrezione comunista: in sostanza, Stalin lasciava mano libera agli occidentali in Grecia e in Italia, ma pretendeva i medesimi diritti su tutta l'Europa orientale.

File:Stalin.JPG
Stalin a pochi mesi dalla morte

Stalin, ormai in età avanzata, subì un colpo apoplettico nella sua villa suburbana di Kuntsevo, la notte tra il 28 febbraio e il 1º marzo 1953, ma le guardie di ronda davanti alla sua camera da letto non osarono forzarne la porta blindata fino alla sera del 1º marzo, quando Stalin era già in condizioni disperate: metà del corpo era paralizzata e il dittatore aveva perso l'uso della parola. Il comandante delle guardie avvertì telefonicamente Malenkov e Berija, ma i medici, scelti personalmente dal ministro della sanità Tret'jakov, arrivarono solo la mattina del 2 marzo e le fonti ufficiali riportarono che il malore era avvenuto nella notte tra il 1° e il 2 marzo.[73] Stalin morì all'alba del 5 marzo dopo aver dato per diverse volte segnali di miglioramento. Drammatico è il racconto dell'ultimo istante di vita del dittatore fatto dalla figlia Svetlana: convinto di essere vittima di una congiura, Stalin maledisse i capi comunisti riuniti attorno al divano sul quale giaceva[74]

Alcuni storici hanno accettato l'ipotesi dell'assassinio per avvelenamento, ipotesi categoricamente smentita dallo storico Roy Medvedev, secondo cui non sono emerse dagli archivi sovietici prove a sostegno di questa tesi.[73] Il suo funerale fu imponente, con una partecipazione stimata in un milione di persone:[75] il corpo, dopo essere stato imbalsamato e vestito in uniforme, fu solennemente esposto al pubblico nella Sala delle Colonne del Cremlino (dove era già stato esposto Lenin). Almeno 500 persone morirono schiacciate nel tentativo di rendergli omaggio;[75] fu sepolto accanto a Lenin nel mausoleo sulla piazza Rossa.

File:Busto di Stalin presso il mausoleo di Lenin.jpeg
Busto di Stalin presso le mura del Cremlino

Quando Stalin morì, la sua popolarità come capo del movimento di emancipazione delle masse oppresse di tutto il mondo era ancora intatta presso tutti i partiti comunisti al mondo: Palmiro Togliatti, capo del Partito Comunista Italiano, affermò che Stalin «è un gigante del pensiero, è un gigante dell'azione. Col suo nome verrà chiamato un secolo intero, il più drammatico forse, certo il più denso di eventi decisivi della storia faticosa e gloriosa del genere umano», mentre il socialista Sandro Pertini lo commemorò in parlamento in qualità di capogruppo del suo partito:

«Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L'ultima sua parola è stata di pace. [...] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l'immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.»

Alla fine del decennio, con la pubblicazione del discorso tenuto da Nikita Chruščёv durante il XX Congresso del PCUS, l'Unione Sovietica rinnegò ufficialmente gran parte delle scelte politiche e ideologiche di Stalin (a cui Chruščёv stesso aveva però preso parte), ridimensionò il suo ruolo durante la grande guerra patriottica, rimosse i riferimenti a lui in campo culturale e politico (con un processo definito, in Occidente, destalinizzazione), riabilitò alcuni degli esponenti politici condannati a morte durante le purghe, mise in pratica un radicale programma di riforme economiche e intraprese rapporti più distesi con l'Occidente capitalista. Il programma di riforme non fu accettato all'unanimità dai numerosi partiti comunisti sparsi nel mondo: tra le reazioni più clamorose vanno ricordate quelle dell'Albania (allora parte del patto di Varsavia) e soprattutto della Cina, che ruppero i rapporti di collaborazione con l'Unione Sovietica definendo "revisionista" l'operazione di Chruščёv; essi si definirono quindi "antirevisionisti".

Uno dei primi provvedimenti della politica di destalinizzazione fu la rimozione della salma di Stalin dal mausoleo di Lenin, accanto al quale era stato deposto subito dopo la morte. Da allora è sepolto in una tomba poco distante sotto le mura del Cremlino. Tra le opere di Stalin hanno notevole importanza ideologica e politica: Il marxismo e la questione nazionale (1913), Principi del leninismo (1924), opera che avrebbe avuto un'influenza anche su Antonio Gramsci,[76] Questioni del leninismo (1926), Del materialismo dialettico e del materialismo storico (1938), Il marxismo e la linguistica (1950) e Problemi economici del socialismo nell'URSS (1952).

Il tributo di sangue

Foto scattata nel 1943 dell'esumazione della fossa comune di soldati polacchi uccisi dal NKVD nel massacro di Katyń

Prima della dissoluzione dell'Unione Sovietica i ricercatori che hanno tentato di determinare il numero di persone uccise sotto il regime di Stalin hanno prodotto stime che vanno dai 3 ai 60 milioni di individui.[77] Dopo la fine dell'Unione Sovietica la disponibilità di accesso agli archivi sovietici, prima segreti, ha permesso di reperire la documentazione ufficiale di 799,455 esecuzioni tra il 1921 e il 1953,[78] di circa 1,7 milioni di morti nei gulag e di 390.000 morti nei lavori forzati, con un totale di circa 2,9 milioni di vittime ufficialmente registrate in queste categorie.[79]

I documenti ufficiali d'archivio sovietici non contengono dati completi per altre categorie di vittime, come quelle conseguenti alle deportazioni etniche o all'emigrazione dei tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale. Eric Weitz ha scritto: "Nel 1948, secondo Nicolas Werth, il tasso di mortalità dei 600.000 deportati dal Caucaso tra il 1943 e il 1944 aveva raggiunto il 25%".[80][81] Altre rilevanti esclusioni includono il massacro di Katyń, ulteriori omicidi nelle aree occupate e le fucilazioni di massa da parte dell'Armata Rossa. Durante la guerra i sovietici videro circa 158.000 disertori tra le fila del loro esercito.[82] Le statistiche ufficiali sulla mortalità nei gulag escludono inoltre le morti dei prigionieri avvenute subito dopo il loro rilascio, ma che furono diretta conseguenza del duro trattamento subito nei campi.[83] Tuttavia alcuni storici ritengono che le cifre contenute negli archivi ufficiali registrate dalle autorità sovietiche siano inaffidabili e incomplete.[84]

Gli storici che affrontarono il problema dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica hanno stimato un numero totale di vittime che varia tra i circa 4 milioni a i quasi 10 milioni di individui, senza contare coloro che non sono sopravvissuti alle carestie.[85][86][87] Lo scrittore russo Vadim Erlikman, per esempio, ha formulato le seguenti stime: esecuzioni: 1,5 milioni; gulag: 5 milioni; deportazioni: 1,7 milioni su 7,5 milioni di deportati; prigionieri di guerra e civili tedeschi: 1 milione; per un totale di circa 9 milioni di vittime conseguenti alla repressione.[88]

Alcuni studiosi hanno incluso anche la morte di 6-8 milioni di persone per fame, tra il 1932-1933, tra le vittime della repressione di Stalin. Tuttavia questa categorizzazione è controversa: infatti gli storici non sono unanimemente concordi sul fatto che la carestia fosse una parte deliberata della campagna di repressione contro i kulaki e altri oppositori,[89][90][91][92][93] o semplicemente una conseguenza involontaria della collettivizzazione forzata.[94][95][96]

Secondo Aleksandr Jakovlev, che diresse la commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni, creata dal presidente Eltsin nel 1992, i morti causati dal regime di Stalin furono oltre 20 milioni.[97]

Secondo quanto affermato invece da Robert Conquest nel suo libro Il grande terrore i morti nei Gulag e nei campi di lavoro sarebbero stimabili tra i 13 e i 15 milioni, su una popolazione di 30 milioni di internati.[98]. Conquest aveva affermato che i dati di archivio che sarebbero stati pubblicati dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica avrebbero corroborato le sue analisi,[99] ma Viktor N. Zemskov, uno degli storici che hanno potuto accedere agli archivi desecretati del NKVD/MVD, ha pubblicato dati fortemente contrastanti con le supposizioni di Conquest:[100]

Confronto tra i dati ricavati dagli archivi dell'NKVD/MVD e le stime esterne[100]
Arresti nel 1937-1938 Popolazione dei gulag nel 1938 Popolazione dei gulag e delle carceri nel 1938 Popolazione dei gulag nel 1952 Morti nei gulag nel 1937-1938 Esecuzioni nel 1937-1938 Esecuzioni totali tra il 1921 e il 1953
A. Antonov-Ovseenko 18,8 milioni 16 milioni 7 milioni
R. A. Medvedev 5-7 milioni 0,5-0,6 milioni
O. Shatunovskaia 19,8 milioni 7 milioni
D. Volkogonov 3,5-4,5 milioni
R. Conquest 7-8 milioni ~7 milioni ~8 milioni 12 milioni 2 milioni 1 milione
Accertati ~2,5 milioni ~1,9 milioni 2,0 milioni 2,5 milioni 160.084 681.682 799.455

La discrepanza tra le stime di Conquest e i dati di archivio ha portato lo storico Stephen G. Wheatcroft a sostenere un'aspra diatriba con il collega: mentre Conquest sostiene che gli archivi del NKVD sono inaffidabili e presentano dati palesemente contraffatti,[101] Wheatcroft afferma che l'analisi di Conquest abbia esagerato il numero di prigionieri e di morti nei campi di lavoro e sia in contraddizione con le analisi demografiche, gli studi condotti sull'uso dei lavori forzati in Unione Sovietica e i dati di archivio desecretati.[102]

Il 20 agosto 1940 un agente dell'NKVD assassinò Lev Trockij, l'antico avversario di Stalin esiliato in Messico, su suo personale ordine. Oltre alla morte nei lager Stalin è accusato di aver provocato in Ucraina la morte di diversi milioni di persone per fame (Holodomor): le stime oscillano tra un milione e mezzo di vittime (stima ufficiale degli archivi sovietici) e dieci milioni. Occorre precisare che Stalin è considerato direttamente responsabile di questi decessi, poiché negli archivi sovietici sono numerosi i documenti che confermano la pianificazione della carestia tramite la confisca del grano dei contadini.[103]

Violazioni dei diritti umani

Parte del memoriale, datato 5 marzo 1940, di Lavrentij Pavlovič Berija indirizzato a Stalin in cui si proponeva l'esecuzione di soldati polacchi

Il 5 marzo 1940 Stalin e altri alti funzionari sovietici, tra cui Lavrentij Pavlovič Berija, firmarono l'ordine di esecuzione di 25.700 cittadini polacchi, tra cui 14.700 prigionieri di guerra. Questo episodio è noto come massacro di Katyń.[104][105] Mentre lo stesso Stalin disse ad un generale polacco che avevano "perso le tracce" degli ufficiali in Manciuria,[106][107] alcuni lavoratori delle ferrovie polacche trovarono la fossa comune dopo l'invasione nazista del 1941.[108] Il massacro divenne fonte di scontro politico,[109][110] con i sovietici che, dopo aver riconquistato la Polonia nel 1944, accusarono i tedeschi di essere stati gli artefici del massacro. I sovietici non ammisero la loro responsabilità fino al 1990.[111]

Stalin introdusse regolamenti militari controversi, come ad esempio l'ordine numero 270 dell'agosto 1941 in cui si richiedeva ai superiori di sparare ai disertori sul posto,[112] mentre i loro familiari fossero oggetto di arresto. Da allora in poi Stalin condusse una purga di diversi comandanti militari che furono giustiziati per "codardia" senza un processo.[113] Stalin emise, nel luglio del 1942, l'ordine numero 227, con cui i comandanti che si ritiravano senza un permesso erano soggetti a un tribunale militare e i soldati colpevoli di infrazioni disciplinari erano costretti a servire nei "battaglioni penali", particolari gruppi schierati nei settori più pericolosi della prima linea.[114] Dal 1942 al 1945, 427.910 soldati furono assegnati a questi battaglioni.[115]

Nel giugno 1941, settimane dopo l'inizio dell'invasione tedesca, Stalin adottò la strategia della "terra bruciata" con lo scopo di distruggere le infrastrutture e le forniture alimentari in viarie zone del Paese prima che i tedeschi potessero usufruirne. Ordinò inoltre alla NKVD di uccidere circa un centinaio di migliaia di prigionieri politici nelle zone dove la Wehrmacht si avvicinava.[116][117]

Dopo la cattura di Berlino le truppe sovietiche violentarono decine di migliaia di donne (fino a due milioni secondo alcune fonti) mentre 50.000 furono oggetto di stupri durante e dopo l'occupazione di Budapest.[118][119] Molte di queste donne morirono o si suicidarono in seguito a queste violenze. Nei Paesi facente parti dell'Asse, come la Germania, la Romania e l'Ungheria, gli ufficiali dell'Armata Rossa generalmente considerarono le città, i villaggi e le fattorie come disponibili per saccheggi.[120]

Nella zona di occupazione sovietica della Germania del dopoguerra i sovietici realizzarono dieci "campi speciali" subordinati ai gulag.[121] Questi erano ex stalag, prigioni o campi di concentramento nazisti, come Sachsenhausen (campo speciale numero 7) e Buchenwald (speciale numero campo 2).[122] Secondo le stime del governo tedesco "65.000 persone sono morte in quei campi sovietici o mentre venivano trasferite in essi".[123]

Secondo dati recenti dei circa quattro milioni di prigionieri di guerra presi dai sovietici, tra cui tedeschi, giapponesi, ungheresi, rumeni e altri, 580.000 non fecero mai ritorno a casa e presumibilmente furono vittime della malnutrizione o della vita nei gulag.[124][125] Prigionieri di guerra sovietici e lavoratori forzati che sopravvissero alla prigionia tedesca furono inviati al "transito" speciale (o "filtrazione") per determinare quali fossero dei potenziali traditori.

Controversia tra il numero di vittime e il censimento dell'Unione Sovietica

Alcuni studiosi di correnti minoritarie spesso avvicinati al revisionismo storiografico, sia marxista-leninista sia neutrale, tra cui Giorgio Galli, Domenico Losurdo, Ludo Martens (di area neostalinista/antirevisionista), Grover Furr, Robert W. Thurston, J. Arch Getty, Gabor Rittersporn e Douglas Tottle, ridimensionano invece i morti e la responsabilità dello stalinismo,[52] affermando inoltre che molti furono dovuti alla seconda guerra mondiale e a carestie non volute dal governo sovietico: Galli abbassa la cifra, contando tra vittime dirette e no, tra 2.700.000 e 9.000.000 di morti durante il periodo 1924-1953[126] mentre Martens e altri sostengono che ci furono 1.400.000 morti tra la guerra civile russa e la morte di Stalin, ma gran parte dovuti agli scontri armati (ultima parte della guerra civile russa e grande guerra patriottica/seconda guerra mondiale) e alla carenza di cibo, anziché a esecuzioni di condanne capitali; Martens attribuisce inoltre, con una posizione controversa e poco condivisa, ai nazisti – e non ai sovietici – il massacro di Katyń.[50] Questi studiosi hanno anche attaccato i redattori del Libro nero del comunismo, in cui si attribuiscono a Stalin i 20 milioni di morti sovietici nella guerra contro la Germania nazista in cui l'URSS fu parte lesa, essendo stato attaccato per primo e a sorpresa dalle Potenze dell'Asse, nonostante il patto di non aggressione.[127]

Coloro che negano che le vittime del periodo staliniano siano statisticamente rilevanti si basano soprattutto sul confronto tra i censimenti della popolazione. Infatti in base ai dati del censimento russo,[128] se si confronta la popolazione dell'Unione Sovietica nel gennaio del 1959 che è di 208.827.000, mentre nel 1913 negli stessi confini era di 159.153.000, si può stabilire che l'incremento annuale della popolazione è dello 0,60%. Se confrontiamo questi dati con altri Paesi otteniamo:

Paese 1920 1960 Aumento annuo
Regno Unito 43.718 52.559 0,46%
Francia 38.750 45.684 0,41%
Germania 61.794 72.664 0,41%
17.241
2.199
53.224
Unione Sovietica 159.153 208.827 0,68%
Crescita della popolazione, in migliaia[128]

A differenza degli altri Stati la popolazione dell'Unione Sovietica, nonostante nel calcolo sia compreso il periodo della prima guerra mondiale e della guerra civile e nonostante i 26 milioni di morti nella seconda guerra mondiale, ha registrato un incremento demografico corrispondente a un tasso medio di aumento annuale del 50% superiore agli altri Stati menzionati nella tabella. Angus Maddison, nel suo libro Economic growth in Japan and the USSR, presenta risultati simili, citando un incremento di popolazione tra il 1913 e il 1953, aggiustato alle variazioni territoriali, del 23% per l'Unione Sovietica, del 19% per la Gran Bretagna e del 2% per la Francia.[129]

Anche considerando che l'Unione Sovietica, tra il 1939 e il 1945, estese i propri confini nazionali inglobando la Carelia, gli Stati baltici, parte della Polonia e della Prussia orientale, la Bessarabia e l'isola di Sachalin, l'incremento della popolazione non può aver alterato in modo radicale il tasso di crescita, trattandosi di territori che hanno tutt'oggi una densità demografica molto bassa e che all'epoca furono percorsi da emigrazioni conseguenti all'annessione sovietica, riducendo ulteriormente una popolazione locale già decimata dalla guerra. In base a questi dati gli studiosi citati hanno ridimensionato il numero di vittime di Stalin, suscitando spesso ampie polemiche e venendo talvolta accusati di negazionismo, a loro parere gonfiato dalla propaganda filo-occidentale e anticomunista e usato per screditare l'Unione Sovietica e il socialismo nel loro insieme, tramite la creazione di una "leggenda nera di Stalin".[50][52] Diversi storici hanno, tuttavia, messo in dubbio i dati riguardanti il numero della popolazione russa a causa delle repressioni effettuate dal regime staliniano: un censimento effettuato nel 1937 venne annullato (e i responsabili che vi avevano lavorato, giustiziati) perché indicava una cifra inferiore rispetto a quella annunciata dai dirigenti sovietici. I responsabili del censimento successivo furono perciò incentivati a gonfiare i numeri per evitare la condanna a morte.[130]

Film e documentari

La figura di Stalin è stata soggetto di alcuni film e documentari. Tra i più importanti: La caduta di Berlino, pellicola del 1949 di Michail Čiaureli; Stalin di Jean Aurel, documentario del 1985 basato sulla biografia di Boris Souvarine; Pentimento, pellicola del 1984 di Tengiz Evgen'evič Abuladze; nel 2017 è stata realizzata una pellicola di genere commedia nera sulla morte di Stalin, intitolata Morto Stalin, se ne fa un altro (Death of Stalin).

Nel racconto Il pappagallo di Ennio Flaiano si racconta dell'immaginario rapporto tra Stalin e un pappagallo detentore del segreto della morte del dittatore all'interno del bunker.[131]

Famiglia

Stalin e la figlia Svetlana (1935)

Mogli

  • Ekaterina Svanidze (1880-1907), sposata nel 1903 e morta nel 1907; Stalin ne era molto innamorato e, quando morì di tubercolosi a soli ventisette anni, avrebbe affermato che i suoi sentimenti umani erano morti con lei.[132]
  • Nadežda Allilueva (1901-1932), sposata nel 1919,[133] morta suicida con un colpo di arma da fuoco nel 1932, dopo numerosi contrasti e litigi col marito e una vita coniugale infelice; Stalin mostrò rimorso per la fine della moglie: lo storico Robert Conquest scrive che «fu l'unica occasione in cui gli videro gli occhi pieni di lacrime».[134]

Figli

  • Jakov Džugašvili (1907-1943), avuto dalla prima moglie, morto prigioniero dei tedeschi nel 1943, forse suicida.
  • Vasilij Džugašvili (1921-1962), avuto dalla seconda moglie, generale dell'Armata Rossa, morto per eccessi di alcool nel 1962.
  • Konstantin Stepanovich Kuzakov anche Kostantin Džugašvili (?1908, 1911 o 1912?-1996) avuto da una donna durante la prigionia, di cui non si hanno molte notizie.
  • Artyom Sergeyev (1921-2008), adottato.
  • Svetlana Allilueva (1926-2011), avuta dalla seconda moglie, emigrata negli Stati Uniti nel 1967 e deceduta nel 2011.

Edizioni in italiano degli scritti di Stalin

  • Principi del leninismo, Napoli, G. Macchiaroli, 1924.
  • Su Lenin. Discorso agli allievi della scuola del Cremlino. 28 gennaio 1924, Roma, Edizioni del Partito Comunista Italiano, 1924.
  • Il leninismo. Teoria e pratica, Roma, Libreria editrice del Partito Comunista d'Italia, 1925.
  • La crisi mondiale e l'edificazione socialista. Rapporto del C.C. al 16. Congresso del P.C. dell'Unione Soviettista, Paris, Edizioni di coltura sociale, 1931.
  • Bolscevismo e capitalismo. [scritti di] Iosif Stalin, V. Molotov, V. Kuibyscev, G. F. Grinko. Con un'avvertenza di Giuseppe Bottai, Firenze, Sansoni, 1934.
  • Due mondi. Rapporto sull'attività del Comitato centrale presentato al XVII congresso del PC dell'URSS, gennaio 1934, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1934.
  • Per una vita bella e felice. Discorso alla prima conferenza generale degli stakhanovisti dell'Unione sovietica, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1935.
  • Il socialismo e la pace!, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1936.
  • Per la conquista del bolscevismo. Rapporto e discorso di chiusura alla sessione di marzo del Comitato centrale del Partito comunista (bolscevico) dell'URSS, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1937.
  • Il trionfo della democrazia nell'U.R.S.S. Rapporto all'VIII congresso straordinario dei soviet dell'U.R.S.S. sul progetto di costituzione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1937.
  • Lettera a Ivanov, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1938.
  • Il materialismo dialettico ed il materialismo storico, Marseille, Editions du Parti communiste francais, 1938.
  • Sulla scienza d'avanguardia, con Vjačeslav Michajlovič Molotov, Bruxelles, Edizioni di coltura sociale, 1938.
  • Il marxismo e la questione nazionale, Paris, Edizioni di cultura sociale, 1939.
  • Rapporto al XVIII congresso del Partito Comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S. sull'attività del Comitato Centrale, Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1939.
  • L'Unione Sovietica alla vigilia della guerra, Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1939.
  • Questioni del leninismo, Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1940.
  • XXVI anniversario della grande rivoluzione socialista d'ottobre, Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1943.
  • Ordine del giorno del comandante supremo delle forze armate dell'U.R.S.S. G. Stalin n. 195. Mosca, 1º maggio 1943, Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1943.
  • Sulla grande guerra patriottica dell'U.R.S.S., Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1943.
  • Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S., con altri, Roma, l'Unità, 1944.
  • XXVII anniversario della grande rivoluzione socialista d'ottobre, Mosca, Edizioni in lingue Straniere, 1944.
  • Bilancio di vittorie, programma di combattimento. Rapporto presentato alla seduta solenne del Soviet dei deputati dei lavoratori di Mosca il 6 novembre 1943 in occasione del XXVI anniversario della grande rivoluzione socialista d'ottobre, Roma, l'Unità, 1944.
  • Discorsi di guerra. 1941-1944, Napoli, G. Macchiaroli, 1944.
  • Ordine del giorno n. 16 del comandante supremo delle forze armate dell'U.R.S.S. G. Stalin. Mosca, 23 febbraio 1944, Mosca, Edizioni in lingue estere, 1944.
  • Ordine del giorno n. 70 del comandante supremo delle forze armate dell'URSS G. Stalin. Mosca, 1º maggio 1944, Mosca, Edizioni in lingue estere, 1944.
  • Vita dell'U.R.S.S. nel panorama politico europeo. Discorso di Stalin al XVIII Congresso del Partito comunista bolscevico di tutta l'Unione, s.l., Ed. del Tirreno, 1944.
  • Il carattere internazionale della rivoluzione d'ottobre. Per il X Anniversario dell'ottobre, S.l., Casa editrice Giulia, 1945.
  • Discorso alla riunione elettorale della circoscrizione "Stalin" di Mosca. Pronunciato l'11 dicembre 1937 nel Gran Teatro, Mosca, Edizioni in lingue estere, 1945.
  • Lenin, Roma, l'Unità, 1945.
  • La questione contadina, Napoli, Soc. Tip. Anon. Libraria Italia Nuova, 1945.
  • Il socialismo e la pace, Roma, l'Unità, 1945.
  • Lo stakhanovismo. Discorso alla prima conferenza degli stakhanovisti dell'U.R.S.S., 17 novembre 1935, Roma, l'Unità, 1945.
  • Sulla grande guerra dell'URSS per la difesa della patria, Mosca, Edizioni in lingue estere, 1945.
  • L'uomo, il capitale più prezioso-Per una vita più bella e felice, Roma, l'Unità, 1945.
  • Come abbiamo vinto, Roma, l'Unità, 1946.
  • Il marxismo e la questione nazionale e coloniale, Torino, Einaudi, 1948.
  • Lenin è morto. Discorso pronunciato da Stalin al II Congresso dei Soviet dell'URSS il 24-1-1924, Roma, CDS, 1949.
  • Opere complete, 10 voll., 1901-1927, Roma, Rinascita, 1949-1956.
  • Anarchia o socialismo?, Roma, Rinascita, 1950.
  • Sul marxismo nella linguistica, Roma, Edizioni Italia-URSS, 1950.
  • Sul progetto di Costituzione dell'URSS, Roma, Rinascita, 1951.
  • Verso il comunismo. Resoconto del XIX Congresso del P.C. (b.) dell'U.R.S.S., con Georgij Maksimilianovič Malenkov e Vjačeslav Michajlovič Molotov, Roma, Edizioni di Cultura Sociale, 1952.
  • Problemi economici del socialismo nell'URSS, Roma, Rinascita, 1952; 1953.
  • Problemi della pace, Roma, Edizioni di Cultura Sociale, 1953.
  • La seconda guerra mondiale nel carteggio di I. V. Stalin con Churchill, Roosevelt, Attlee, Truman, 2 voll., Roma, Editori Riuniti, 1957.
  • Roosevelt-Stalin. Carteggio di guerra, Milano, Schwarz, 1962.
  • Carteggio Churchill-Stalin. (1941-1945), Milano, Bonetti, 1965.
  • Da Teheran a Yalta. Verbali delle conferenze dei capi di governo della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale, con Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt, Roma, Editori Riuniti, 1965.
  • Per conoscere Stalin, Milano, A. Mondadori, 1970.
  • Principi del leninismo e altri scritti, Roma, La nuova sinistra, 1970.
  • Il libretto rosso di Stalin, Roma, Napoleone, 1973.
  • Opere scelte, Milano, Movimento Studentesco, 1973.
  • Opere complete XI. 1928-Marzo 1929, Roma, Nuova Unità, 1973.
  • Opere complete XV. Storia del partito comunista (b) dell'URSS, breve corso. Redatto da una commissione del Comitato centrale del PC (b) dell'URSS diretta da Giuseppe Stalin. Approvato dal Comitato centrale del PC (b) dell'URSS nel 1938, Roma, Nuova Unità, 1974.
  • Intervista a Stalin, Roma, Carecas, 1979.
  • Sulla parola d'ordine della autocritica, Napoli, Laboratorio politico, 1994.
  • La dittatura del proletariato, Milano, M&B Publishing, 1995. ISBN 88-86083-35-1
  • Soselo Stalin poeta, Pasian di Prato, Campanotto Editore, 1999.

Onorificenze

Onorificenze sovietiche

Eroe dell'Unione Sovietica - nastrino per uniforme ordinaria
«Ha guidato l'Armata Rossa nei giorni difficili del nostro paese e della sua capitale Mosca e ha condotto la lotta contro la Germania nazista»
— 26 giugno 1945
Eroe del Lavoro Socialista - nastrino per uniforme ordinaria
«Per altissimi meriti nell'organizzazione del partito bolscevico, una società socialista in Unione Sovietica e l'amicizia tra i popoli dell'Unione Sovietica e in occasione del suo sessantesimo compleanno»
— 20 dicembre 1939
Ordine della Vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
«Per il contributo straordinario all'organizzazione e allo svolgimento di operazioni offensive da parte dell'Armata Rossa, che hanno portato alla più grande sconfitta dell'esercito tedesco e un cambiamento radicale della situazione sul fronte della lotta contro gli invasori tedeschi a favore dell'Armata Rossa»
— 10 aprile 1944
Ordine della Vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
«Per altissimi meriti nell'organizzazione delle forze armate dell'Unione Sovietica e la sua leadership della grande guerra patriottica, che si concluse con la completa vittoria sulla Germania nazista»
— 26 giugno 1945
Ordine di Lenin - nastrino per uniforme ordinaria
«Per altissimi meriti nell'organizzazione del partito bolscevico, una società socialista in Unione Sovietica e l'amicizia tra i popoli dell'Unione Sovietica e in occasione del suo sessantesimo compleanno»
— 20 dicembre 1939
Ordine di Lenin - nastrino per uniforme ordinaria
«Ha guidato l'Armata Rossa nei giorni difficili del nostro paese e della sua capitale Mosca e ha condotto la lotta contro la Germania nazista»
— 26 giugno 1945
Ordine di Lenin - nastrino per uniforme ordinaria
«In occasione del settantesimo compleanno del compagno. Stalin ha dato il suo eccezionale contributo alla promozione e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, costruendo il comunismo nel nostro Paese, l'organizzazione nello sconfiggere i nazisti e gli imperialisti giapponesi e nella ricostruzione dell'economia nazionale nel dopoguerra»
— 20 dicembre 1949
Ordine della Bandiera Rossa - nastrino per uniforme ordinaria
«In occasione del suo contributo alla difesa del lavoro di Pietrogrado e dedicato sul fronte del Sud»
— 27 novembre 1919
Ordine della Bandiera Rossa - nastrino per uniforme ordinaria
— 13 febbraio 1930
Ordine della Bandiera Rossa - nastrino per uniforme ordinaria
«Per venti anni di servizio»
— 3 novembre 1944
Ordine di Suvorov di I Classe - nastrino per uniforme ordinaria
«Per le operazioni di gestione dell'Armata Rossa nella seconda guerra mondiale contro gli invasori tedeschi e per i risultati ottenuti»
— 6 novembre 1943
Medaglia per il giubileo dei 20 anni dell'Armata Rossa dei lavoratori e dei contadini - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia per la difesa di Mosca - nastrino per uniforme ordinaria
«Per la partecipazione e la gestione alla eroica difesa di Mosca e per l'organizzazione della sconfitta delle forze tedesche vicino a Mosca»
— 20 luglio 1944
Medaglia per la vittoria sulla Germania nella grande guerra patriottica 1941-1945 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia per la vittoria sul Giappone - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia per l'800º anno di fondazione di Mosca - nastrino per uniforme ordinaria
Ordine della Stella Rossa di Bukhara di I Classe - nastrino per uniforme ordinaria
immagine del nastrino non ancora presente

Onorificenze straniere

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Leone Bianco (Cecoslovacchia) - nastrino per uniforme ordinaria
Croce militare cecoslovacca (2 - Cecoslovacchia) - nastrino per uniforme ordinaria
Eroe della Repubblica Popolare di Mongolia (Mongolia) - nastrino per uniforme ordinaria
Ordine di Sukhbaatar (Mongolia) - nastrino per uniforme ordinaria
— 1945 e 17 dicembre 1949
immagine del nastrino non ancora presente
immagine del nastrino non ancora presente

Note

  1. ^ Sebbene le fonti pubblicate sulla data di nascita di Stalin siano contrastanti, Josif Dzhugashvili si trova nei registri della chiesa Uspensky di Gori, come nato il 18 dicembre 1878 del calendario gregoriano. La stessa data di nascita si trova nel suo certificato scolastico, in un rapporto della polizia russa, per l'arresto del 18 aprile 1902 e in altri documenti pre-rivoluzionari. Nel 1921 Stalin, in un curriculum vitae scritto di suo pugno, affermò di essere nato il 18 dicembre 1878. Dopo l'ascesa al potere nel 1922, Stalin cambiò la data al 21 dicembre 1879 e proprio in tale data si celebrava ufficialmente in Unione Sovietica il suo compleanno. Cfr Prominent figures
  2. ^ Il soprannome 'Stalin' significa 'uomo d'acciaio', da сталь, stal’, che significa 'acciaio'.
  3. ^ Stalin, l'uomo dello Stato Socialista, su raistoria.rai.it. URL consultato il 21 dicembre 2014.
  4. ^ (EN) David Engerman, Modernization from the Other Shore, Harvard University Press, 2003, p. 194, ISBN 0-674-01151-1.
  5. ^ Aleksandr Solženicyn, Arcipelago Gulag, 1973.
  6. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, vol. III, pp. 27-31.
  7. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, vol. III, pp. 195-197.
  8. ^ (EN) R.W.Davies, The Socialist Offensive, The Collectivisation of Soviet Agricolture, 1929-1930, MacMillan Press
  9. ^ a b Anna Louise Strong, L'era di Stalin, La città del sole. ISBN 88-87826-26-9
  10. ^ a b Ludo Martens, Stalin, un altro punto di vista, Zambon, 2004. ISBN 88-87826-28-5
  11. ^ Massoneria e sette segrete, p. 147.
  12. ^ Henri Barbusse, primo capitolo, in Stalin, Universale economica, 1975.
  13. ^ G.Rocca, Stalin, p. 16.
  14. ^ Erich Fromm, undicesimo capitolo, in Anatomia della distruttività umana, Milano, 1975.; Fromm definisce Stalin "un caso clinico di un sadismo non sessuale".
  15. ^ 5 marzo 1953: la morte di Stalin
  16. ^ Breve nota su Il secolo breve di Eric Hobsbawm
  17. ^ E. Hoxha, With Stalin: Memoirs; Tirana; 1979; p. 14-15, citato in “The cult of the Individual”, di William Bland.
  18. ^ William Bland, The cult of the Individual
  19. ^ Nikolai Tolstoy. Stalin's Secret War. Holt, Rinehart, and Winston (1981), ISBN 0-03-047266-0. pp. 19–21. ISBN 0-03-047266-0.
  20. ^ Le cicatrici e il braccio rigido che Stalin voleva cancellare - Corriere.it
  21. ^ a b Simon Sebag Montefiore, Before the terror, su The Guardian, 19 maggio 2007. URL consultato il 12 aprile 2011.
  22. ^ a b pag.293 de Il partito armato di Giorgio Galli, Kaos edizioni Iª Edizione Milano aprile 1993 ISBN 88-7953-022-4.
  23. ^ R.Conquest, Stalin, pp. 92-97.
  24. ^ A.Bullock, Hitler e Stalin, vite parallele, p. 141.
  25. ^ R.Conquest, Stalin, p. 99.
  26. ^ W.Bruce Lincoln, I Bianchi e i Rossi, pp. 193-194.
  27. ^ R.Conquest, Stalin, pp. 98 e 101.
  28. ^ a b A.Bullock, Hitler e Stalin, vite parallele, pp. 143-144.
  29. ^ W.Bruce Lincoln, I Bianchi e i Rossi, pp. 370-371.
  30. ^ R.Conquest, Stalin, pp. 102-103.
  31. ^ Isaac Deutscher, Il profeta armato, Longanesi, 1956.
  32. ^ citato in John Gunther, Soviet Russia Today, in John Dunn, The Russian Revolution, San Diego, Lucent, 1994, pag. 234, e in altri autori.
  33. ^ Gabriele Raether. Kollontaj. erre emme
  34. ^ Boris Souvarine, Stali, Adelphi.
  35. ^ Isaac Deutscher, Il profeta armato, Longanesi, 1956.
  36. ^ Stalin, Il socialismo e la questione nazionale, 1924.
  37. ^ "Ora la questione si pone in questo modo: il passaggio dalla società capitalista, che si sviluppa in direzione del comunismo, alla società comunista è impossibile senza un "periodo politico di transizione" e lo Stato di questo periodo non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato" (Lenin, Stato e rivoluzione, cap. V).
  38. ^ "Soltanto nella società comunista, quando la resistenza dei capitalisti è definitivamente spezzata, quando i capitalisti sono scomparsi e non esistono più classi (non v'è cioè più distinzione fra i membri della società secondo i loro rapporti con i mezzi sociali di produzione) soltanto allora lo Stato cessa di esistere e diventa possibile parlare di libertà (Lenin, Stato e rivoluzione, cap. V).
  39. ^ Franco Livorsi, I concetti politici nella storia. Dalle origini al XXI secolo, Torino, Giappichelli, 2007.
  40. ^ Per conoscere Stalin, pp. 257-320.
  41. ^ Giuseppe Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, Mondadori, Milano, 1976.
  42. ^ "Il passaggio dal capitalismo al comunismo abbraccia un'intera epoca storica. Finché essa non sia terminata gli sfruttatori conservano inevitabilmente la speranza in una restaurazione e questa speranza si traduce in tentativi di restaurazione. Anche dopo la prima disfatta seria gli sfruttatori rovesciati, che non si aspettavano di esserlo, che non ci credevano, che non ne ammettevano neanche l'idea, si scagliano nella battaglia con energia decuplicata, con furiosa passione, con odio cento volte più intenso, per riconquistare il «paradiso» perduto alle loro famiglie, che vivevano una vita così dolce e che la «canaglia popolare» condanna ora alla rovina e alla miseria" (Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, cap. III).
  43. ^ Gianfranco Pasquino, Dizionario di politica, Gruppo Editoriale l'Espresso, p. 498.
  44. ^ Giuseppe Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, Arnaldo Mondadori Editore L'Unità, p. 252.
  45. ^ Rosario Villari, Storia contemporanea, editori laterza, 1995, ISBN 8842102229.
  46. ^ 1937, Stalin Year Of Terror. Vadim Z. Rogovin. Mehering Books.
  47. ^ Nel 1937 da Stalinist terror - New Perspective, Cap. 9 "The Red Army and the Great Purge" (AA.VV. il capitolo in questione di R. R. Reese).
  48. ^ Nicolas Werth, Nemici del popolo. Il Mulino. P 157.
  49. ^ Stalin, Year of Terror, p. 458-464.
  50. ^ a b c Ludo Martens, Stalin, un altro punto di vista (Zambon, 2004). ISBN 88-87826-28-5.
  51. ^ Giorgio Galli, Stalin e la sinistra: parlarne senza paura, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2009.
  52. ^ a b c Domenico Losurdo, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Roma, Carocci, 2008. ISBN 978-88-430-4293-7.
  53. ^ G. Pasquino, Dizionario di politica, Gruppo Editoriale l'Espresso, p. 498.
  54. ^ Robert Conquest. Il Grande Terrore. Bur.P. 59.
  55. ^ (EN) Roberts, Geoffrey (1992). "The Soviet Decision for a Pact with Nazi Germany". Soviet Studies (Taylor & Francis, Ltd.) 55 (2): 57–78. http://www.jstor.org/stable/152247.
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  57. ^ Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea Il Novecento, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp. 138-139, ISBN 88-424-9367-8.
  58. ^ Si vedano a questo proposito le testimonianze di due comunisti italiani: Aldo Natoli e Pietro Ingrao [1]
  59. ^ In D.Glantz e J.House "La grande guerra patriottica".
  60. ^ in Stalin di Oleg Chlevnjuk
  61. ^ "Operazione Barbarossa-III", Osprey Publishing, pag. 18-19.
  62. ^ in Inferno di Max Hastings
  63. ^ In E. Bauer 'Storia controversa della seconda guerra mondiale', volume 6 e 7, DeAgostini 1971.
  64. ^ G. Boffa 'Storia dell'Unione Sovietica',parte II,Mondadori 1979.
  65. ^ Sulla conduzione di guerra di Stalin: John Erickson, The road to Stalingrad e The road to Berlin, Cassel, 1975 e 1983; A. Werth, La Russia in guerra, Mondadori, 1968; R. Overy, Russia in guerra, il Saggiatore, 1998.
  66. ^ J. Erickson 'The road to Berlin', Cassel 1983.
  67. ^ Sulle conferenze tra i "tre Grandi" e sul ruolo politico-diplomatico vedere: J. Erickson The road to Berlin, Cassell 1983; G. Boffa Storia dell'Unione Sovietica, parte II, Mondadori 1979; R. Sherwood La seconda guerra mondiale nei documenti segreti della Casa Bianca, Garzanti 1949; G. Vitali Franklin Delano Roosevelt, Mursia 1991; la versione di Churchill polemica, ma che non nega l'abilità di Stalin in: W. Churchill 'La seconda guerra mondiale, volumi 4, 5 e 6, Mondadori 1951-53.
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Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Commissario del Popolo per le questioni nazionali della RSFS Russa Successore
Nessuno 8 novembre 1917-25 aprile 1923

Predecessore Commissario del Popolo per il controllo statale della RSFS Russa Successore
marzo 1918-1922

Predecessore Segretario generale del comitato centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica Successore
Vjačeslav Molotov
(segretario responsabile)
3 aprile 1922-16 ottobre 1952 Nikita Chruščёv
(primo segretario)

Predecessore Presidente del Consiglio dei ministri dell'Unione Sovietica
Presidente del Consiglio dei commissari del popolo fino al 19 marzo 1946
Successore
Vjačeslav Molotov 6 maggio 1941-5 marzo 1953 Georgij Malenkov

Predecessore Presidente del Comitato di Difesa dello Stato Successore
Nessuno 30 giugno 1941-27 giugno 1945 Nessuno

Predecessore Ministro della difesa dell'Unione Sovietica
Commissario del Popolo fino al 19 marzo 1946
Successore
Semën Tymošenko 19 luglio 1941-3 marzo 1947 Nikolaj Bulganin

Predecessore Generalissimo dell'Unione Sovietica Successore
Nessuno 27 giugno 1945-5 marzo 1953 Nessuno

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