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Hippotragus leucophaeus

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Antilope azzurra
Stato di conservazione
Estinto[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaBovidae
SottofamigliaAlcelaphinae
GenereHippotragus
SpecieH. leucophaeus
Nomenclatura binomiale
Hippotragus leucophaeus
(Pallas, 1766)
Sinonimi

Antilope leucophaeus
Pallas, 1766
Hippotragus capensis
(P. L. S. Müller, 1776)
Capra leucophaea
(Thunberg, 1793)
A. leucophaea
(Lichtenstein, 1814)
Bubalis leucophaea
(Lichtenstein, 1814)
Cemas glaucus
(Oken, 1816)
H. glauca
(Oken, 1816)
Cerophorus leucophaeus
De Blainville, 1816
Oryx leucophaeus
De Blainville, 1816
Egocerus leucophaea
(Desmarest, 1822)

Areale

L'antilope azzurra (bluebuck in inglese e bloubok in afrikaans; Hippotragus leucophaeus (Pallas, 1766))[2][3] è una specie estinta di antilope che viveva in Sudafrica fino al 1800 circa. Era più piccola delle altre due specie del genere Hippotragus, l'antilope roana e l'antilope nera. Qualche volta veniva considerata una sottospecie dell'antilope roana, ma le analisi genetiche hanno confermato che si trattava di una specie a sé.

Il più grande degli esemplari conservati misura 119 cm di altezza al garrese e le sue corna misurano 56,5 cm lungo la curvatura. Il mantello era di colore grigio-bluastro uniforme, con l'addome biancastro. La fronte era marrone, più scura della faccia. La criniera non era così sviluppata come quella dell'antilope roana e nera; le orecchie erano più corte e smussate, prive di macchia nera all'estremità; inoltre, il ciuffo della coda era più scuro e i denti erano più piccoli. Era anche priva della «maschera» bianca e nera che orna la faccia dei suoi parenti. L'antilope azzurra era erbivora e forse partoriva in concomitanza del picco delle precipitazioni – e pertanto della maggiore disponibilità di erba. Quando gli europei la incontrarono, il suo areale era limitato al Capo sud-occidentale, ma le testimonianze fossili e le pitture rupestri indicano che in passato aveva una distribuzione più ampia.

Gli europei scoprirono l'antilope azzurra nel XVII secolo, ma allora era già divenuta rara, forse a causa del fatto che il suo habitat di prateria preferito si era ridotto a una zona di appena 4300 km², distribuito principalmente lungo la costa meridionale del Sudafrica. Anche i cambiamenti del livello del mare durante l'Olocene inferiore potrebbero aver contribuito al suo declino, frammentando le popolazioni. L'antilope azzurra viene citata per la prima volta nel 1681, ma furono pochi coloro che descrissero l'animale quando la specie era ancora in vita. Le poche illustrazioni del XVIII secolo sembrano essere basate su esemplari impagliati. Cacciata dai coloni europei, l'antilope azzurra si estinse intorno al 1800; fu il primo grande mammifero africano a estinguersi in epoca storica, seguita dal quagga nel 1883. Ne rimangono solo quattro esemplari impagliati, nei musei di Leida, Stoccolma, Vienna e Parigi, oltre a corna e possibili ossa conservate in vari musei.

Secondo la zoologa tedesca Erna Mohr, che nel 1967 scrisse un libro sull'antilope azzurra, il primo riferimento a questa specie si troverebbe tra le testimonianze di un viaggio al Capo di Buona Speranza effettuato dal viaggiatore Peter Kolbe, pubblicate nel 1719. La descrizione di Kolbe comprendeva anche un disegno, che secondo la Mohr si basava sui ricordi personali e sulle annotazioni scritte. Nel 1975, Husson e Holthuis esaminarono la versione originale olandese del libro di Kolbe e giunsero alla conclusione che il disegno non raffigurava un'antilope azzurra, bensì un kudù maggiore (Tragelaphus strepsiceros), e che l'errore era dovuto a una traduzione errata in tedesco. La più antica raffigurazione di un'antilope azzurra, o più precisamente di una parte di essa, è il disegno di un corno realizzato nel 1764.[4][5] In seguito si è scoperto che l'animale era già stato menzionato (come blaue Böcke) in un elenco di mammiferi sudafricani del 1681.[6]

La successiva raffigurazione pubblicata, correlata da una descrizione, dove la specie viene chiamata blue goat, comparve nel 1771 su Synopsis of Quadrupeds del naturalista gallese Thomas Pennant; essa si basava su una pelle proveniente dal Capo di Buona Speranza acquistata ad Amsterdam. Nel 1778 un disegno del filosofo naturale svizzero Jean-Nicolas-Sébastien Allamand venne inserito nell'Histoire Naturelle del conte di Buffon; qui l'antilope viene chiamata tzeiran, con lo stesso nome siberiano con cui è conosciuta la gazzella gozzuta (Gazella subgutturosa). Si ritiene che il disegno si basi in gran parte sull'esemplare conservato a Leida: si tratta del primo disegno pubblicato che raffigura l'intero animale.[4][7][8] Un altro accenno all'antilope azzurra si trova nelle memorie dell'esploratore francese François Levaillant, pubblicate negli anni '80 del XVIII secolo, in cui sono descritti i suoi viaggi nel paese a est del Capo di Buona Speranza, la cosiddetta «Olanda ottentotta». Lo zoologo tedesco Martin Lichtenstein parlò dell'antilope azzurra nel 1812, ma da allora la specie viene menzionata sempre meno di frequente nella letteratura scientifica.[3]

Il disegno del 1778 di Allamand, probabilmente basato sull'esemplare tipo di Leida.[4]

Nel 1776, lo zoologo tedesco Peter Simon Pallas descrisse ufficialmente l'antilope azzurra come Antilope leucophaeus.[9] Nel 1853, lo zoologo olandese Coenraad Jacob Temminck affermò che l'esemplare tipo era un maschio adulto impagliato attualmente conservato al Naturalis di Leida (già Rijksmuseum van Natuurlijke Historie), catturato a Swellendam e giunto ad Haarlem prima del 1776. Alcuni studiosi hanno messo in dubbio che fosse proprio questo l'esemplare tipo, ma nel 1969 gli zoologi olandesi Antonius M. Husson e Lipke Holthuis lo selezionarono come lectotipo di una serie di sintipi, dal momento che Pallas potrebbe aver basato la sua descrizione su più esemplari.[10]

Nel 1846 lo zoologo svedese Carl Jakob Sundevall trasferì l'antilope azzurra e i suoi parenti più stretti nel genere Hippotragus, che aveva istituito per l'antilope roana (H. equinus) nel 1845.[11] Tale revisione venne comunemente accettata dagli altri autori, come gli zoologi britannici Philip Sclater e Oldfield Thomas, che limitarono il genere Antilope alla sola antilope cervicapra (A. cervicapra) nel 1899.[3] Nel 1914 il nome Hippotragus, con l'antilope azzurra come specie tipo, venne sottoposto all'esame della Commissione internazionale di nomenclatura zoologica (ICZN) per essere conservato (in modo che i nomi dei generi più antichi e non utilizzati potessero essere soppressi). Tuttavia, la denominazione originaria del 1845, quella con l'antilope roana come unica specie, venne trascurata e successivamente soppressa dalla ICZN, causando una certa confusione tra i tassonomisti. Nel 2001 l'ecologo britannico Peter J. Grubb propose alla ICZN di revocare la soppressione della denominazione del 1845 e rendere l'antilope roana la specie tipo di Hippotragus, dal momento che l'antilope azzurra è troppo poco conosciuta per essere una specie tipo affidabile.[11] Tale richiesta venne accolta dalla commissione nel 2003.[12]

Il nome comune «antilope azzurra» è la semplice traduzione dell'afrikaans blaubok, nome composto da blauw e bok («antilope» o «capra»).[13] Varianti dello stesso nome sono blaawwbok e blawebock.[3] Il nome del genere, Hippotragus, è di origine greca e vuol dire letteralmente «cavallo-capra»,[14] mentre l'appellativo specifico leucophaeus deriva dalla fusione di due termini greci: leukos («bianco») e phaios («brillante»).[15]

Rimangono in tutto quattro esemplari impagliati di antilope azzurra: un maschio adulto a Leida, una giovane femmina al museo zoologico di Stoccolma, una femmina adulta al museo di storia naturale di Vienna e un altro maschio adulto al museo di storia naturale di Parigi. Fino al XIX secolo un altro esemplare impagliato si trovava nel museo zoologico di Uppsala, ma oggi ne rimangono solo le corna. Alcune testimonianze indicano anche la presenza di una pelle ad Haarlem, ma la sua attuale ubicazione è sconosciuta. Alcune di queste spoglie sono state utilizzate per realizzare diverse illustrazioni nel corso del XVIII secolo.[6][16] Resti scheletrici sono stati rinvenuti sia in contesti archeologici che paleontologici.[17]

Nel 2021 la genetista tedesca Elisabeth Hempel e i suoi colleghi hanno esaminato sedici presunti campioni museali di antilope azzurra per verificare la loro identità, e hanno scoperto che solo quattro di loro appartenevano veramente ad antilopi azzurre. Le spoglie conservate a Stoccolma e a Vienna sono state confermate come appartenenti all'antilope azzurra, così come i frammenti di cranio conservati a Leida, che potrebbero appartenere al lectotipo, e le corna di Uppsala. Quattro crani (a Glasgow, Leida, Parigi e Berlino) sono risultati appartenere ad antilopi nere o roane, così come due paia di corna (a Città del Capo e a St. Andrews). Di conseguenza, l'antilope azzurra è risultata essere più rara nelle collezioni museali di quanto ritenuto in precedenza; in più non si conoscono crani completi della specie. I ricercatori sostengono che ci sono altri quattro potenziali resti che potrebbero appartenere ad antilopi azzurre, ma non sono ancora stati sottoposti ai test: due crani a Berlino, un paio di corna a Londra e un cranio e un paio di corna a Bruxelles.[18]

L'esemplare del museo nazionale di storia naturale di Parigi.
Disegno di Gordon di fine XVIII secolo, forse raffigurante l'esemplare di Parigi.[6]

Sulla base delle somiglianze morfologiche, l'antilope azzurra è stata storicamente considerata una specie distinta o una sottospecie dell'antilope roana.[17] Dopo la sua estinzione, alcuni naturalisti del XIX secolo iniziarono a dubitare della sua validità come specie: ritenevano che gli esemplari conservati nei musei fossero antilopi roane immature o di dimensioni inferiori alla norma, ed entrambe le specie vennero raggruppate sotto il nome di A. leucophaeus dallo zoologo inglese George Robert Gray nel 1821. Nel 1866, tuttavia, lo zoologo austriaco Franz Friedrich Kohl elencò una serie di caratteristiche distintive dell'antilope roana, seguito a sua volta da Sclater a Thomas, che rifiutarono la sinonimia nel 1899.[3] Nel 1974 il biologo americano Richard G. Klein dimostrò (sulla base dei fossili) che l'antilope azzurra e l'antilope roana convissero simpatricamente nella pianura costiera del Capo sud-occidentale tra Oakhurst e Uniondale durante l'Olocene inferiore, fornendo ulteriori prove a sostegno della teoria che si trattasse di due specie separate.[17][19]

Nel 1996 il biologo sudafricano Terence J. Robinson e i suoi colleghi analizzarono il DNA mitocondriale estratto dall'esemplare di antilope azzurra conservato a Vienna e scoprirono che la specie si trovava fuori dal clade in cui si trovano l'antilope roana e l'antilope nera. Tale studio dimostrò quindi una volta per tutte che l'antilope azzurra era una specie distinta, e non una semplice sottospecie dell'antilope roana come era stato ipotizzato.[19] Nel 2017, comunque, la ricostruzione dell'intero mitogenoma dell'antilope azzurra da parte dei biologi portoghesi Gonçalo Espregueira Themudo e Paula F. Campos, a partire dalla polvere di osso estratta dalle corna di Uppsala, ha contraddetto i risultati del 1996. Secondo questo studio l'antilope azzurra sarebbe in realtà una specie sorella dell'antilope nera, mentre l'antilope roana sarebbe un loro outgroup. L'antilope azzurra e quella nera si separarono 2,8 milioni di anni fa, mentre l'antilope roana si discostò da entrambe 4,17 milioni di anni fa. Tra 3,5 e 2 milioni di anni fa l'Africa attraversò un lungo periodo di oscillazioni climatiche e, durante un periodo più freddo, gli antenati dell'antilope nera e di quella azzurra potrebbero essersi separati e la popolazione dell'Africa meridionale sarebbe divenuta infine una nuova specie.[20]

I cladogrammi seguenti mostrano la posizione filogenetica dell'antilope azzurra secondo le analisi genetiche del 1996 e del 2017:[19]

Robinson e colleghi, 1996:[19]

blesbok (Damaliscus pygargus phillipsi)

bontebok (D. p. pygargus)

Hippotragus

antilope azzurra (H. leucophaeus)

antilope roana (H. equinus)

antilope nera (H. niger)

Themudo e Campos, 2017:[20]

Hippotraginae

addax (Addax nasomaculatus)

orici (Oryx spp.)

antilope roana (H. equinus)

antilope azzurra (H. leucophaeus)

antilope nera (H. niger)

Basandosi su un campione più ampio di esemplari esaminati, anche Hempel e colleghi, nel 2021, hanno riscontrato che l'antilope azzurra era più strettamente imparentata con l'antilope nera.[18]

Disegno di un maschio e una femmina (sullo sfondo), effettuato da Smit e Wolf prima del 1899; il disegno potrebbe essere basato sull'esemplare di Parigi e la criniera del maschio sembra essere troppo lunga.[3]

Il maschio adulto di Leida è alto 119 centimetri al garrese ed è forse il più grande esemplare tra quelli conosciuti.[21] Secondo Sclater e Thomas l'esemplare più alto sarebbe quello di Parigi, un maschio che misura 110 centimetri al garrese; l'esemplare di Vienna, una femmina alta 100 centimetri, è invece il più basso. L'antilope azzurra era notevolmente più piccola dell'antilope roana e dell'antilope nera, ed era pertanto il più piccolo rappresentante del suo genere.[3]

Il manto era di colore grigio-bluastro uniforme, con il ventre biancastro, senza alcuna divisione netta sui fianchi. Lungo la superficie anteriore degli arti era presente una debole linea scura. La fronte, più scura della faccia, era marrone, e il labbro superiore e la macchia davanti agli occhi erano più chiari del corpo. La criniera lungo il collo era diretta in avanti e non era così sviluppata come quella dell'antilope roana e dell'antilope nera, e la criniera sulla gola era quasi assente. Inoltre, l'antilope azzurra si differenziava dai suoi parenti ancora esistenti per le orecchie più corte e smussate, prive di macchia nera all'estremità, il ciuffo della coda più scuro (sebbene solo leggermente più scuro della sua colorazione generale) e i denti più piccoli.[3][6] Era priva anche della «maschera» bianca e nera che orna la faccia dei suoi parenti.[21]

Dal momento che il colore delle pelli degli esemplari impagliati è probabilmente sbiadito, è piuttosto arduo ricostruire la colorazione originaria dell'antilope azzurra partendo da esse.[22] Pennant osservò che vi erano delle macchie bianche sotto agli occhi e che il ventre era bianco; il manto era di un «azzurro delicato» negli esemplari in vita, mentre diveniva «grigio-bluastro, misto a bianco» negli animali morti. Lo stesso studioso ipotizzò anche, basandosi sulla lunghezza dei peli e sulla morfologia delle corna, che la specie costituisse una sorta di forma intermedia tra le antilopi e le capre. Continuò la sua descrizione parlando delle orecchie, appuntite e lunghe oltre 23 centimetri, e della coda, lunga 18 centimetri e terminante con un ciuffo lungo 6 centimetri.[7]

Le corna dell'antilope azzurra erano significativamente più corte e sottili di quelle dell'antilope roana, ma forse proporzionalmente più lunghe.[3] Quelle dell'esemplare di Leida misurano 56,5 centimetri lungo la curvatura.[21] Pennant indicò come lunghezza delle corna 51 centimetri, aggiungendo che esse, acuminate e ricurve all'indietro, erano composte da venti anelli.[7] Sembra che esse avessero dei peduncoli (strutture ossee dalle quali emergono le corna) cavi.[23]

Possibili corna di antilope azzurra al museo di storia naturale di Londra.

L'antilope azzurra, come afferma Klein, si estinse prima che «scienziati qualificati potessero fare osservazioni su esemplari vivi». Secondo le testimonianze storiche, formava gruppi composti anche da 20 individui.[6] Molto probabilmente, possedendo una morfologia dentale simile a quella dell'antilope roana e dell'antilope nera, era prevalentente un erbivoro selettivo che si nutriva soprattutto di graminacee.[24][25] La fila dei premolari era più lunga di quella degli altri rappresentanti del genere, implicando la presenza di dicotiledoni nella dieta.[26] Uno studio del 2013 condotto dal paleontologo australiano J. Tyler Faith e dai suoi colleghi ha messo in evidenza la mancanza di caratteristiche morfologiche correlate alla sopravvivenza durante i mesi estivi nella parte occidentale della Regione floristica del Capo (RFC), quando le graminacee non sono né appetibili né nutrienti. Ciò potrebbe aver indotto una migrazione da ovest a est, in quanto la parte orientale riceve precipitazioni durante tutto l'anno, mentre nella parte occidentale sono limitate all'inverno.[26]

Una testimonianza del XVIII secolo suggerisce che le femmine forse lasciavano i piccoli appena nati da soli, per poi tornare regolarmente ad allattarli fino a quando non fossero stati abbastanza grandi per unirsi alla mandria, un comportamento simile a quello dell'antilope roana e dell'antilope nera. Come altre antilopi che si nutrono di erba, l'antilope azzurra partoriva probabilmente dove le precipitazioni, e quindi la disponibilità di cibo, raggiungevano il picco. Tali regioni corrispondono con la parte occidentale della RFC durante l'inverno e la parte orientale della RFC durante l'estate. Faith e i suoi colleghi hanno scoperto che la presenza dei giovani esemplari tra i resti fossili di antilope azzurra diminuisce linearmente da ovest a est, indicando che la maggior parte delle nascite avveniva nella RFC occidentale; a causa della predilezione per le precipitazioni, si può inoltre presumere che la maggior parte delle nascite avvenisse durante l'inverno, periodo durante il quale la RFC occidentale riceve la maggior quantità di precipitazioni. La migrazione annuale da ovest a est avrebbe avuto luogo in estate, coerentemente con il maggior numero di giovani più anziani nella parte orientale che si sarebbero uniti alle mandrie. Fossili di giovani esemplari si trovano anche in altre parti dell'areale, ma sembrano essere concentrati nella RFC occidentale.[26]

Distribuzione e habitat

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L'esemplare di Vienna.

Endemica del Sudafrica, l'antilope azzurra era confinata al Capo sud-occidentale. Uno studio del 2003 ha valutato l'estensione del suo areale storico a 4300 chilometri quadrati, distribuiti principalmente lungo la costa meridionale;[25] i suoi resti fossili, tuttavia, sono stati scoperti su una superficie più ampia, che comprende la RFC meridionale e occidentale e persino gli altopiani del Lesotho.[26] Le testimonianze storiche ne consentono di stimare in maniera approssimativa l'areale. Il 20 gennaio 1774 il naturalista svedese Carl Peter Thunberg registrò un avvistamento a Tigerhoek, nello Mpumalanga. Nel marzo o nell'aprile del 1783 Levaillant affermò di aver visto due esemplari a Soetemelksvlei, nel Capo occidentale. Sulla base di queste annotazioni, lo zoologo sudafricano Graham I. H. Kerley e i suoi colleghi, in uno studio del 2009, hanno stimato che l'areale dell'antilope azzurra si limitasse ad un'area triangolare nel Capo occidentale, delimitata dalle località di Caledon a ovest, Swellendam a nord-est e Bredasdorp a sud.[27] Tra le pitture rupestri nella valle del fiume Caledon della provincia dello Stato libero, nel Sudafrica orientale, sono state rinvenute figure identificate come antilopi azzurre: anche questo confermerebbe una distribuzione storica più ampia della specie.[28]

Nel 1974 Klein effettuò uno studio sui resti fossili delle specie di Hippotragus rinvenuti in Sudafrica, scoprendo che la maggior parte di questi apparteneva ad antilopi azzurre e roane. La documentazione fossile suggerisce che l'antilope azzurra era presente in gran numero durante l'ultimo periodo glaciale (circa 100000 anni fa) e che era la più diffusa tra le antilopi con cui condivideva l'areale. Forse, diversamente dall'antilope roana, era più adatta agli habitat aperti. Fossili di antilope azzurra sono stati trovati nelle grotte del Klasies River e della Nelson Bay (nei pressi di Plettenberg Bay) e a Swartklip (nella parte occidentale delle Hottentots Holland).[17] Faith e i suoi colleghi hanno sottolineato che le parti occidentali e meridionali della RFC erano separate dal resto del paese da barriere biogeografiche, come la Cintura di pieghe del Capo e le foreste afromontane.[26]

Secondo uno studio del 2011 l'abbassamento del livello del mare avrebbe facilitato le migrazioni ai grandi mammiferi;[29] pertanto, il successivo innalzamento del livello del mare avrebbe portato alla frammentazione delle popolazioni di antilope azzurra e all'allontanamento di molte popolazioni dalla costa occidentale (i fossili risalenti a questo periodo sono infatti scarsi lungo la costa occidentale, ma ben rappresentati lungo quella meridionale). Pertanto, potrebbe aver avuto luogo un'estinzione di massa, alla quale sarebbero sopravvissute solamente le popolazioni rimaste nella RFC occidentale, più ricca di risorse.[26] Le cause del drastico declino delle popolazioni avvenuto appena prima del XV e XVI secolo non sono ancora state indagate, ma la competizione con il bestiame domestico e il degrado ambientale potrebbero essere stati i fattori principali.[17]

Faith e colleghi hanno inoltre ipotizzato che l'antilope azzurra, essendo erbivora, probabilmente prediligesse gli habitat di prateria.[26] Questa ipotesi è supportata da evidenze fossili – i suoi fossili, infatti, appaiono in numero significativo accanto a quelli delle antilopi di prateria.[30][31] Kerley e colleghi hanno ipotizzato che l'antilope azzurra frequentasse le praterie ed evitasse le aree boscose e le zone più fitte.[27] In uno studio dei fossili rinvenuti nel Capo meridionale pubblicato nel 1976, Klein osservò che le preferenze ambientali dell'antilope azzurra erano simili a quelle del bufalo cafro (Syncerus caffer) e delle cervicapre (Redunca).[32]

Disegno dell'esemplare di Leida realizzato da Levaillant nel 1781.[6]

Dato che al momento dell'insediamento europeo nella regione del Capo, nel XVII e XVIII secolo, l'antilope azzurra occupava solamente un areale limitato se paragonato a quello più ampio evidenziato dai resti fossili, gli studiosi ritengono che la specie fosse già in declino da tempo. Fino a 70000-35000 anni fa era l'unica specie di Hippotragus presente nella regione, ma a partire da 11000 anni fa circa l'antilope roana sembra essere divenuta predominante. Ciò potrebbe aver coinciso con la sostituzione delle praterie, che si ritiene fossero l'habitat prediletto dell'antilope azzurra, con altri tipi di habitat, ad esempio boscaglie e foreste.[19] Anche le conseguenze legate al cambiamento del livello dei mari all'inizio dell'Olocene potrebbero aver giocato un qualche ruolo nel declino della specie: comunque siano andate le cose, solo la popolazione meridionale sarebbe sopravvissuta fino ai tempi storici.[26] Hempel e colleghi hanno riscontrato un basso livello di diversità genetica tra i quattro esemplari confermati di antilope azzurra, aspetto che conferma che la popolazione era già scarsa all'epoca della colonizzazione europea.[18]

L'antilope azzurra venne cacciata fino all'estinzione dai coloni europei; nel 1774 Thunberg notò che stava diventando sempre più rara.[5] Il biologo tedesco Hinrich Liechtenstein affermò che l'ultimo esemplare venne ucciso nel 1799 o nel 1800.[10] L'antilope azzurra divenne così il primo grande mammifero africano estintosi in epoca storica,[17][19][33] seguita dal quagga (Equus quagga quagga), il cui ultimo esemplare morì nel 1883.[34][35] Più o meno all'epoca della sua estinzione, l'antilope azzurra era relegata in quella che sarebbe stata chiamata regione dell'Overberg (Capo occidentale), più precisamente nell'area di Swellendam.[5] Nel 1990 lo zoologo sudafricano Brian D. Colohan affermò che un testimone oculare avrebbe visto quello che chiamò un bastard gemsbok (cioè un animale simile al gemsbok, l'orice gazzella) vicino a Bethlehem, nello Stato libero, 50 anni dopo l'abbattimento degli ultimi esemplari a Swellendam.[28] Tuttavia, la Lista rossa IUCN accetta come data valida dell'estinzione quella riportata da Liechtenstein.[1]

Importanza culturale

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Le pitture rupestri della valle del fiume Caledon sono state attribuite ai boscimani. Esse raffigurano sei antilopi di fronte a un uomo e si ritiene che rappresentino un caso di trance sciamanica, forse un boscimano che visita il mondo degli spiriti attraverso un tunnel. I boscimani forse credevano che l'antilope azzurra fosse dotata di poteri soprannaturali, come gli altri animali del loro ambiente. Gli animali raffigurati hanno una sagoma simile a quella della cervicapra, ma le grandi orecchie, le corna e la mancanza di criniera escludono qualsiasi altra specie di antilope a eccezione dell'antilope azzurra.[28]

Una favola sudafricana, La storia della Lepre, accenna a un'antilope azzurra (denominata inputi) che, insieme ad altri animali, è incaricata di fare la guardia a un kraal.[36] L'antilope azzurra viene menzionata anche in Cinque settimane in pallone (1863) del romanziere francese Jules Verne; essa è descritta come un «magnifico animale di un turchino pallido che dava sul grigio, con il ventre e la parte interna delle zampe bianchi come la neve».[37]

  1. ^ a b (EN) Kerley, G. & Child, M.F. 2017, Hippotragus leucophaeus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Hippotragus leucophaeus, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  3. ^ a b c d e f g h i Philip Sclater e Oldfield Thomas, The Blue-Buck, su The Book of Antelopes, IV, Londra, R. H. Porter, 1899, pp. 4-12. URL consultato il 13 giugno 2016.
  4. ^ a b c A. M. Husson e L. B. Holthuis, The earliest figures of the blaauwbok, Hippotragus leucophaeus (Pallas, 1766) and of the greater kudu, Tragelaphus strepsiceros (Pallas, 1766), in Zoologische Mededelingen, vol. 49, n. 5, 1975, pp. 57-63.
  5. ^ a b c Chris Stuart e Tilde Stuart, Africa's Vanishing Wildlife, 1ª ed., Shrewsbury, Swan Hill Press, 1996, ISBN 978-1-85310-817-4.
  6. ^ a b c d e f L. Rookmaaker, Additions and revisions to the list of specimens of the extinct blue antelope (Hippotragus leucophaeus) (PDF), in Annals of the South African Museum, vol. 102, n. 3, 1992, pp. 131-41.
  7. ^ a b c T. Pennant, Synopsis of Quadrupeds, Londra, B. & J. White, 1771, p. 24.
  8. ^ Georges-Louis Leclerc de Buffon, Histoire naturelle, générale et particulière. Servant de suite à l'histoire des animaux Quadrupèdes (Supplement 4), Amsterdam, Netherlands, Chez J.H. Schneider, 1778, pp. 151-3. URL consultato il 13 giugno 2016.
  9. ^ (LA) P. S. Pallas, P.S. Pallas Medicinae Doctoris Miscellanea zoologica, Apud Petrum van Cleef, 1766, p. 4.
  10. ^ a b A. M. Husson e L. B. Holthuis, On the type of Antilope leucophaea preserved in the collection of the Rijksmuseum van Natuurlijke Historie Leiden, in Zoologische Mededelingen, vol. 44, 1969, pp. 147-157.
  11. ^ a b P. Grubb, Hippotragus Sundevall, 1845 (Mammalia, Artiodactyla): Proposed Conservation, in Bulletin of Zoological Nomenclature, vol. 58, 2001, pp. 126-132, ISSN 0007-5167 (WC · ACNP).
  12. ^ Intl Commission on Zoological Nomenclature, Opinion 2030 (Case 3178). Hippotragus Sundevall, 1845 (Mammalia, Artiodactyla): conserved, in Bulletin of Zoological Nomenclature, vol. 60, 2003, pp. 90-91, ISSN 0007-5167 (WC · ACNP).
  13. ^ "Blauwbok, n.", su Dictionary of South African English, Dictionary Unit for South African English, 2018. URL consultato il 25 febbraio 2019.
  14. ^ Hippotragus, su Merriam Webster Dictionary. URL consultato il 1º aprile 2016.
  15. ^ James A. Jobling, The Helm Dictionary of Scientific Bird Names from Aalge to Zusii, Londra, Christopher Helm, 2010, p. 224, ISBN 978-1-4081-3326-2.
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