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Ghia

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Ghia s.r.l.
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StatoItalia (bandiera) Italia
Forma societariasocietà a responsabilità limitata
Fondazione1916 a Torino
Fondata daGiacinto Ghia
Chiusura2001
Sede principaleTorino
GruppoFord of Europe
Persone chiaveFelice Mario Boano
SettoreAutomobilistico

La Carrozzeria Ghia è stata una carrozzeria fondata nel 1916[1][2] a Torino da Giacinto Ghia e dalla famiglia di imprenditori dolciari Gariglio come Carrozzeria Ghia & Gariglio in corso del Valentino 4 (oggi corso Marconi).

Inizialmente si occupò di carrozzare con leggere scocche in alluminio telai provenienti da altri marchi italiani, come l'Alfa Romeo 6C 1500 e la Fiat 508 Balilla in varie versioni in numero limitato, incluse alcune che primeggiarono nelle competizioni come la Mille Miglia. Nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica venne bombardata dagli angloamericani e Giacinto Ghia diresse la ricostruzione di un nuovo stabilimento in via Tommaso Grossi fino alla sua morte, avvenuta il 21 febbraio 1944.

L'azienda venne venduta a Felice Mario Boano e Giorgio Alberti, che strinsero accordi con altri marchi italiani e stranieri per la fornitura di autotelai sui quali realizzare vetture Special esclusive o in piccola serie. Ghia si occupò anche della carrozzatura di vari telai Ferrari dal 1950 al 1956, ma la collaborazione più prolifica fu con i colossi americani Ford e Chrysler a partire dagli anni cinquanta, che portò alla presentazione di molti prototipi e versioni speciali di modelli di serie. Particolarmente stretta la collaborazione tra Virgil Exner, capo designer di Chrysler e la carrozzeria torinese, con oltre 18 modelli speciali in 15 anni, realizzati a Torino su licenza, come la Crown Imperial. Tra le più celebri realizzazioni di quel periodo sono la Lincoln Futura e il prototipo di coupé extra lusso "Norseman", andato perduto nel naufragio dell'Andrea Doria, prima che potesse essere visionato dal pubblico e dagli stessi tecnici e dirigenti della committente Chrysler.

In questo periodo l'azienda formò delle joint-venture creando la Ghia-Aigle nel 1948 in Svizzera e la Dual-Ghia nel 1956 negli Stati Uniti.

La Karmann Ghia

Nel 1953 Boano lasciò la Ghia per trasferirsi in FIAT, e la società passò nelle mani di Luigi Segre e si trasferì in via Agostino da Montefeltro, prima con Giovanni Savonuzzi e poi con Pietro Frua alla guida del design. Nello stesso anno la carrozzeria torinese firmò lo stile della Volkswagen Karmann Ghia, coupé e cabriolet, derivata dal Maggiolino e assemblata in Germania dalla Karmann. Altri modelli famosi disegnati dalla Ghia in quel periodo furono la Renault Caravelle, la Renault Floride, la Volvo P1800 e la Fiat 1500 GT.

Dettaglio posteriore di una Ford Escort MKII Ghia 2.0 del 1978

Alla morte di Segre nel 1963, l'azienda subì alcuni passaggi di proprietà, e fu venduta a Ramfis Trujillo che la rivendette nel 1967 a Alejandro de Tomaso, proprietario dell'omonima casa automobilistica. Durante questo periodo viene sviluppato il design della De Tomaso Pantera, ma le difficoltà economiche di gestione portarono alla cessione dell'azienda alla Ford nel 1973, assieme alla Vignale. Il reparto carrozzeria venne chiuso alla fine del 1973 e i 60 operai rimasti furono assorbiti dalla Vignale. Negli anni successivi la Ghia divenne uno dei centri stile del colosso americano, continuando a proporre versioni e prototipi, mantenendo un ruolo molto attivo nella definizione della corrente di design detta New Edge Design, che caratterizzò la produzione Ford tra il 1998 e il 2005. L'ultima vettura disegnata dalla Ghia prima della chiusura del centro stile nel 2001 è la Ghia Saetta, poi tramutata nella Ford StreetKa e prodotta da Pininfarina dal 2003.

Per alcuni anni, dal 1965 al 1968, la Ghia poté annoverare tra le sue file anche un altro designer destinato a fare strada nel mondo delle quattro ruote, Giorgetto Giugiaro.

Dal 1973 al 2010 Ford utilizzò il marchio Ghia per identificare le versioni più lussuose dei propri modelli di auto, inizialmente in Europa e successivamente anche in Nord America e Sud America. L'allestimento Ghia per la Fiesta venne venduto ininterrottamente sul mercato britannico dal 1977 al 2008, un primato di 31 anni e 7 mesi. Nel 2010 Ford sostituì l'allestimento Ghia con Titanium, eliminando il nome del carrozziere dalle proprie vetture.

La produzione Ghia si caratterizza soprattutto per l'elevato numero di prototipi ed esemplari unici o in serie limitatissima prodotti.[3] I modelli prodotti in serie (piccola o grande) sono evidenziati in grassetto.

Chrysler Ghia Special GS-1 coupe, 1954

Anni '40

Anni '50

  • 1980 Ford Granada Altair
  • 1980 Ford Mustang RSX
  • 1980 Ford Pockar
  • 1981 AC ME3000
  • 1981 Ford Aerovan
  • 1981 Ford Avant Garde
  • 1981 Ford Cockpit
  • 1981 Ford Shuttler
  • 1981 Ford Super Gnat
  • 1982 Ford Brezza
  • 1982 Ford Quicksilver
  • 1982 Ford Topaz
  • 1982 Ghia Mini Max
  • 1983 Ford Barchetta
  • 1983 Ford Trio
  • 1984 Ford Vignale Mustang
  • 1984 Ford Vignale TSX-4
  • 1985 Ford Probe V
  • 1985 Ford Urby
  • 1986 Ford Vignale TSX-6
  • 1987 Ford HFX Aerostar
  • 1987 Lincoln by Vignale
  • 1989 Ford Saguaro
  • 1989 Ford Via
  • 1990 Ford Fiesta Bebop
  • 1990 Ford Zag
  • 1990 Ford Zig
  • 1992 Ford Connecta
  • 1992 Ford Focus Concept
  • 1993-1998 Ford Mondeo
  • 1993 Aston Martin Lagonda Vignale
  • 1994 Ford Arioso
  • 1996 Ford Alpe
  • 1996 Ford Lynx
  • 1996 Ford Saetta
  • 1996 Ford Vivace
  • 1998 Ford Focus[5]
  • 1998 Ford Ka
  • 1998 Ford Touring Ka

Direttori del design

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  1. ^ Conferenza tra ex designer Ghia. virtualcar.it, su virtualcar.it. URL consultato il 26 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 27 maggio 2014).
  2. ^ www.uniquecarsandparts.com.au, https://www.uniquecarsandparts.com.au/heritage_ghia.htm. URL consultato il 14 gennaio 2024.
  3. ^ http://www.carstyling.ru/en/studios/studio/Ghia/ Elenco dei modelli e relativa pagina.
  4. ^ Copia archiviata, su automotonews.com. URL consultato il 28 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 29 maggio 2014). Concept car Ghia dagli anni '70 agli anni '90.
  5. ^ (EN) It Still Runs, su It Still Runs. URL consultato il 14 gennaio 2024.

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