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Condizione della donna in Giappone

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Ragazze giapponesi che fanno le Konami girl.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale la posizione giuridica delle donne giapponesi è stata ridefinita dalle truppe alleate di occupazione del Giappone, che ridefinirono i diritti femminili con una clausola alla Costituzione giapponese entrata in vigore nel 1947 e rivista all'interno del Codice Civile dell'anno seguente nel quale ai diritti individuali fu data la precedenza agli obblighi familiari.

La diversità di ruoli assegnati a uomini e donne in Giappone ha avuto fin dall'inizio della sua Storia un importante ruolo nella cultura del Paese, anche se, alla luce di quanto scoperto negli anni Duemila[?], ciò viene pesantemente messo in discussione.[1] Infatti tale difformità tra i ruoli assegnati alle donne e agli uomini parrebbe già assottigliarsi durante l'VIII secolo, quando comparvero le prime imperatrici, mentre nel XII secolo le donne erano in grado di ereditare le proprietà e di gestirle autonomamente, oltre a essere autorizzate a ricevere un'educazione e, seppur in modo discreto, ad avere amanti.[2] Vi sono inoltre prove di donne che occupavano posizioni elevate nella società durante il periodo Kamakura, e documenti lasciati dal missionario portoghese Luís Fróis risalenti al XVI secolo, i quali descrivono in che modo le donne giapponesi dell'epoca potessero scegliere di sposarsi e divorziare liberamente, effettuare aborti e avere relazioni sessuali aperte.[3] Inoltre si ritiene che, a causa dell'influenza dell'animismo shintoista, il legame tra le donne e il rapporto sessuale era visto come di origine divina nel Giappone antico, mentre il radicale cambiamento di significato (successivamente assunse l'accezione di atto impuro) era dovuto principalmente all'influenza del Buddismo.[4]

Fu dal periodo Edo che la condizione delle donne cominciò a peggiorare. Durante il periodo Meiji la crescente industrializzazione e l'urbanizzazione del Paese fece diminuire l'autorità del ruolo dei padri e dei mariti, ma allo stesso tempo, a causa dell'instaurazione del codice civile Meiji del 1898 (e in particolare dell'introduzione del sistema familiare ie), molti dei diritti fino ad allora riconosciuti alle donne vennero loro negati.[5] Comunque il sistema prettamente patriarcale di cui godeva la società in quel periodo era per lo più un elemento “di facciata” (tatemae) e la differenza tra uomo e donna era ancora piuttosto minima.[6]

Dopo la seconda guerra mondiale, alle donne, così come agli uomini, venne garantita la piena libertà di scegliere il coniuge e l'occupazione, di ereditare e possedere beni con il loro nome proprio, oltre alla garanzia sul mantenimento della custodia dei figli; il diritto di voto per la popolazione femminile è stato ottenuto a partire dal 1946. Altre riforme degli anni successivi hanno aperto alle donne gli istituti d'istruzione d'ogni ordine e grado e hanno concesso parità di trattamento nei luoghi di lavoro, ricevendo egual retribuzione per egual lavoro.

Nel 1986 venne promulgata una legge per le pari opportunità in materia d'occupazione: legalmente, pochissime barriere rimangono per una completa partecipazione paritaria delle donne nella vita sociale, tra cui la controversia scoppiata nel 2005 riguardante la linea di successione al trono riservata ai maschi.

Istruzione e partecipazione sociale

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Ragazze a Tokyo.

Tradizionalmente, il concetto espresso nella frase proverbiale "buona moglie, madre saggia" (良妻賢母?, ryōsai kenbo) ha influenzato fino alla metà del Novecento e oltre la credenza circa i ruoli di genere: l'ideale e dovere della donna è quello di occuparsi degli interessi della casa e dei figli, almeno fino a che questi sono piccoli, piuttosto che entrare nella competizione sociale. Nella maggior parte dei nuclei familiari la responsabilità dei bilanci, quindi dello stile di vita da far assumere alla famiglia - ma anche la formazione e carriera dei figli -, è ancora completamente della donna; tanto che eventuali problemi dei vari membri della casa ricadono come colpa sociale su di essa.

Lungo tutto il corso del Novecento le opportunità d'istruzione femminile sono aumentate; nel 1989 tra i nuovi impiegati il 37% delle donne aveva conseguito un'istruzione oltre la scuola secondaria superiore, contro il 43% degli uomini. La maggior parte delle donne però aveva ricevuto la sua istruzione post-secondaria in junior college e scuole tecniche, piuttosto che in università e scuole di specializzazione.

Donne giapponesi in Kimono.

Partecipazione alla forza lavoro

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Nell'ultimo ventennio del XX secolo ha iniziato a emergere una nuova generazione di donne istruite, alla ricerca primariamente di una carriera come donna che lavora prima ancora che come moglie e madre; la componente femminile della forza lavoro in tutto il paese è aumentata senza precedenti: nel 1987 vi erano 24,3 milioni di donne nel mercato lavorativo (il 40% dell'intera forza lavoro).

Nel 1990 la metà di tutte le donne oltre i 15 anni di età era retribuita per un proprio impiego autonomo: l'allontanamento dal lavoro domestico di base ha coinciso con un forte aumento del lavoro autonomo femminile, anche con una maggior partecipazione di donne sposate, rompendo così lo schema consuetudinario di netta separazione tra casa e posto di lavoro. Nel 1950 la maggior parte delle dipendenti erano giovani e single, il 62% delle donne lavoratrici nel 1960 non era sposata: nel 1987 invece i due terzi della partecipazione femminile alla forza lavoro era costituita da donne sposate, mentre solamente il 23% era composto da single.

Donne giapponesi

Cambiamenti interni alla società

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Ancor oggi è abbastanza comune che le donne lascino il lavoro subordinato dopo il matrimonio, eventualmente ritornandovi dopo che i figli più piccoli hanno iniziato a frequentare le scuole; queste donne di mezza età però generalmente hanno bassa retribuzione, lavorando in fabbrica o venendo occupate attraverso servizi part time. Continuano ad avere la responsabilità quasi totale nei riguardi di casa e figli, e spesso il loro impiego viene giustificato come estensione delle proprie responsabilità alle cure familiari.

Alcune donne continuano attivamente a lavorare anche dopo il matrimonio, più spesso in impieghi altamente professionali e governativi, ma il loro numero non è alto; altre possono iniziare una propria attività o assumere l'azienda di famiglia. Nonostante il supporto legale a favore di un miglioramento di status e di una piena uguaglianza di genere, le donne sposate ritengono che il lavoro fuori casa richieda un impegno lungo e continuativo; poiché nella maggioranza dei casi guadagnano mediamente il 60% di quanto prendono gli uomini, molte non hanno ritenuto vantaggioso assumere a tempo pieno posti di responsabilità dopo il matrimonio, se così facendo avessero dovuto trascurare la gestione familiari e la cura dei propri figli.

Giovani donne giapponesi.

Lo status femminile nel mondo del lavoro comincia a variare considerevolmente a partire dalla fine degli anni '80, molto probabilmente a causa dei cambiamenti dovuti al progressivo invecchiamento generale della popolazione: sempre più lunghe aspettative di vita, famiglie più piccole e minori nascite — abbassando così le aspettative di cura familiari — hanno portato sempre più donne a partecipare pienamente alla forza lavoro. Allo stesso tempo essendovi meno laureati maschi si sono avute per la popolazione femminile maggiori opportunità di riempire quei settori di lavoro lasciati scoperti dagli uomini.

La condizione femminile nel Giappone contemporaneo è in fase d'aggiornamento: le posizioni socio-economiche delle donne stanno cambiando, così come le politiche generali nei riguardi dei doveri e impegni delle madri, grazie anche ai saggi critici di genere pubblicati dalle studiose femministe.[7]

Nel 2010 l'80% delle donne giapponesi oltre i 25 anni aveva completato almeno l'istruzione secondaria; nel 2011 il 49,4% della popolazione femminile aveva un impiego retribuito; nel 2012 il 13,4% dei parlamentari erano donne, collocando il Giappone al 21º posto in classifica su un totale di 148 paesi.[8][9]

Ragazza giapponese.

Figure artistiche importanti

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  1. ^ Amino 2005, p. 143.
  2. ^ (EN) Heian Period (794-1192 C.E.), su womeninworldhistory.com. URL consultato il 5 ottobre 2013.
  3. ^ Amino 2005, p. 145.
  4. ^ Amino 2005, p. 174.
  5. ^ (EN) The Meiji Reforms and Obstacles for Women Japan, 1878-1927, su womeninworldhistory.com. URL consultato il 5 ottobre 2013.
  6. ^ Amino 2005, p. 164.
  7. ^ Darling-Wolf, F. (2004) "Sites of Attractiveness: Japanese Women and Westernized Representations of Feminine Beauty". Critical Studies in Media Communication, 21. 4. pp 325-345.
  8. ^ Rapporto ONU sui diritti umani, indice di disuguaglianza di genere, p. 156 (PDF), su hdr.undp.org. URL consultato il 23 settembre 2013 (archiviato dall'url originale il 29 aprile 2013).
  9. ^ Rapporto globale sull'uguaglianza di genere del World Economic Forum, p. 10-11
  • Yoshihiko Amino, Nihon no Rekishi wo Yominaosu, Chikuma Gakugei Bunko, 2005.

Voci correlate

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